CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 69

Al Museo MIIT una personale dedicata allo scultore Fernando Delìa

 

 

Il Museo MIIT di Torino presenta la mostra antologica dedicata allo scultore Fernando Delìa, dal titolo “Artistico guazzabuglio”, in programma da sabato 25 maggio a domenica 2 giugno prossimi. L’inaugurazione sarà sabato 25 maggio alle ore 18.

Saranno in mostra una cinquantina di sue opere, tra sculture in terracotta, bronzo, altorilievi e pannelli.

Fernando Delìa era non solo a Torino, ma per tutti “l’avvocato scultore”. Il ricordo del museo MIIT e di Italia Arte, unitamente alla famiglia dell’artista e alla Fondazione Faro, a cui è dedicata la raccolta fondi organizzata in occasione dell’esposizione, intende omaggiare la figura di uomo e di creatore di sogni, di quegli “artistici guazzabugli”, come recita il titolo dell’esposizione, che lui amava comporre dapprima nella sua immaginazione e poi plasmando e modellando le crete con fare rapido e istintivo, come se si corresse il rischio che quei personaggi e quelle forme immaginate potessero svanire del tutto all’improvviso.

La genesi dell’opera, il suo essere concepita, pensata e poi realizzata descrive al meglio l’attività del maestro e la sua attenzione meditata al messaggio artistico, attraverso un procedimento che si sviluppa in seguito ad un fare immediato, istintivo, gestuale, nel modellare la materia e nel plasmare forme, volumi e idee.

L’arte di Fernando Delìa è un’arte quotidiana e intimista, caratterizzata fortemente da uno sguardo interiore e profondo sull’uomo, sulla sua storia e sul suo destino.

Nato a Trieste, fin da piccolo ha manifestato una spiccata attitudine per il disegno e la scultura, tanto da frequentare a Bologna privatamente anatomia artistica e tecnica del modellato. A Torino ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e vi ha esercitato la professione forense. La prima mostra personale risale al 1975, presso la galleria della Conchiglia e, da allora, ha partecipato a diverse importanti mostre collettive a Roma, Milano e Torino. Ha organizzato mostre personali a Finalborgo e Saint Vincent e a Torino, tra le altre, presso la Società Promotrice di Belle Arti, il Piemonte Artistico, la Fondazione Fulvio Croce presso palazzo Capris, Villa Gualino e la Galleria Fogliato.

I personaggi immortalati da Delìa potrebbero essere i nostri vicini di casa o chi la casa non ce l’ha più, come “Gli sfrattati”, tristemente in cammino sulla scala di un’esistenza tra alti e bassi, lo sconosciuto osservato nel parco, seduto su una panchina a meditare sulla sua vita, il collega di lavoro frustrato e sommerso da scartoffie, il perenne insoddisfatto, l’annoiato.

Delìa osserva il mondo, le persone che incontra sul suo cammino, ne scandaglia pregi e difetti, caratteri, ne coglie l’essenza e la trasforma in maschere universali. La sua è una commedia dell’arte contemporanea, specchio di una società spesso confusa e disorientata, mascherata e ipocrita, che l’artista è capace a cogliere nelle espressioni, nelle pose, nei gesti, nella verità del momento, nell’anima dell’Essere.

La sua tecnica è volutamente quella del non finito, dell’abbozzato e sembra volerci comunicare che tutto è effimero e passeggero, che la vita può mutare all’improvviso, senza guardare in faccia nessuno, in uno scorrere degli anni vorticoso e affannato.

Il tempo nell’Opera di Delìa assume una valenza concettuale profonda e la realtà diventa istante vissuto, ma anche immagine dello spirito, in un moto interiore subitaneo, che passa rapidamente per lasciare spazio ad altri affanni o ad altre gioie.

Sarebbe errato definire l’arte di Delìa malinconica o solitaria, a volte abitata da incubi, come alcune sculture indubbiamente ci inducono a pensare.

“Verso il baratro”, “Davanti un’intera giornata da affrontare”, “L’attesa”, “La deposizione” narrano lo stato d’animo universale e condiviso in una società sospesa e ineluttabilmente condannata. Nelle sue creazioni non mancano, però, sfumature ironiche, divertenti, sarcastiche e argute, quasi una sorta di vignette storiche da gustare con gli amici, riconoscendo in un personaggio o in un altro qualche parente o conoscente.

La terracotta modellata da Delìa, come i bellissimi bronzi a cera persa, fanno rinascere ogni volta l’Uomo, plasmato da un Dio benevolmente, come noi, di carne e di spirito, consapevole di tutti i difetti e di tutta la piccolezza della nostra specie, ma anche capace di gesti e di atti eroici, sacrali, quotidiani e immortali.

Basti considerare le opere celebrative di Delìa, quali i busti dedicati a Bruno Caccia e a Fulvio Croce nell’atrio d’ingresso e nell’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Torino, o quello che ricorda il papa Emerito Benedetto XVI presso la casina Pio IV.

A volte in Delìa si accende anche la scintilla divina che riaccende la speranza in un futuro migliore come nelle opere “L’importante è non arrendersi’” e “Sogni di adolescente”, o nei ritratti affettuosi e palpitanti dei nipotini, mentre in altri lavori non manca mai il sorriso dolceamaro dell’artista, una firma che sancisce il destino di ognuno.

“Trovo difficile spiegare – affermava Fernando Delìa – come sia nato in me il desiderio di modellare e per quale motivo. È una necessità che ho sempre avuto e che non riesco a definire razionalmente. Posso cercare di spiegarlo guardando quello che più spesso è l’oggetto delle mie opere, cioè la figura umana, di preferenza il volto e le mani, nella quale non è il bello che mi attira, ma la caratterizzazione, forse la deformazione, mai la deformità.

Se questo è il mio motivo ricorrente posso ipotizzare che la mia “ricerca” sia quella di rappresentare, attraverso l’esasperazione dei lineamenti, il modo di essere, il vissuto, l’originalità di ciascuno di noi. Non penso che nella rappresentazione dei miei personaggi ci sia la cattiveria necessaria perché li si possa definire grotteschi. Forse c’è la semplice ironia, il divertimento triste di ridere di noi stessi. E ai miei personaggi mi affeziono, forse perché in fondo non fanno altro che rappresentarmi. Mi dicono che, secondo la psicoanalisi, sognare la casa significhi rappresentare la propria interiorità. Penso che la sensazione che provo quando riesco a chiudermi nel mio luogo dove mi fermo a modellare, il mio studio, sia la stessa. È il luogo dove ( a differenza di Machiavelli che, prima di prendere la penna in mano, si paludava da antico romano) riesco a spogliarmi di tutti i personaggi, le convenzioni, dietro le quali mi nascondo nella vita quotidiana. È come se quello spazio costituisse una prosecuzione immaginaria della mia persona. Uno spazio che, oltre che delle mie opere, ho riempito di vecchi ricordi e oggetti di affezione. Confesso che, forse, proprio per questo, aprire il mio studio a estranei un poco mi spaventa come farmi sorprendere scoperto nella mia intimità”.

MARA MARTELLOTTA

Italia Arte. Museo MIIT Corso Cairoli 4

Tel. 0118129776

Info@italiaarte.it

Apertura da martedì a sabato 15.30-19.30, domenica 26 maggio e domenica 2 giugno orario 15.30-19.30.

Lettura di pensieri di Fernando Delìa con Cristiana Voglino giovedì 30 maggio alle ore 18.

“Ridicola” di e con Annamaria Troisi al Torino Fringe Festival

Lombroso 16, via Cesare Lombroso 16, Torino 21-26 maggio, ore 20

 

In prima assoluta un racconto liberamente ispirato a Dostoevsky riadattato al femminile

 

 

“Ridicola” di e con Annamaria Troisi, liberamente ispirato al racconto “Il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij e riadattato al femminile, è la storia di una prostituta, di una donna e del suo dolore, un dolore silenzioso e sapientemente nascosto agli occhi di un mondo che vede e che finge di non vedere. Un mondo pronto a giudicare senza farsi troppe domande, senza provare ad andare oltre l’immagine, oltre lo stereotipo; un mondo affaticato, abituato a sputare sentenze e prendere le distanze, con sconvolgente indifferenza, da ciò che solo in apparenza non lo riguarda.

Annamaria Troisi, attrice diplomata nel 2021 alla Scuola del Teatro Stabile di Torino sotto la direzione di Valter Malosti. Negli anni ha recitato per diverse produzioni.

 

Oltre a “Ridicola”, nella prima settimana del Torino Fringe Festival, dal 21 al 26 maggio, sono in programma 20 spettacoli di artisti e compagnie nazionali e internazionali, tra cui 6 eventi speciali, con Igor Sibaldi, lo scrittore, studioso di teologia e storia delle religioni; Marianna Folli, vincitrice del Premio Troisi 2023 come migliore attrice comica, Sofija Zobina, attrice di origine lituana di cinema e teatro; Marco Ripoldi, l’attore che ha studiato giurisprudenza per poi finire nei più grandi teatri italiani a recitare al fianco di Paolo Rossi; Stefano Santomauro, nel cast del film The Return con Ralph Fiennes e Juliette Binoche, di prossima uscita. In programma la parata con incursioni d’opera open air in piazza della Repubblica, la performance sui suoni del Moby Dick di Melville, i talk e il workshop, lo spettacolo di giocoleria, quelli che si fanno satira feroce sull’attualità (le guerre, il sesso, la femminilità e la mascolinità) e quelli liberamente ispirati ai testi di Dostoevsky o all’Ulisse di Joyce in un’inedita fusione di parole e musica.

INFO

Dal 21 al 26 maggio, ore 20

Lombroso 16, via Cesare Lombroso 16, Torino

Ridicola

Di e con Annamaria Troisi

Progetto sonoro Daniva

Tecnica Niccolò Mazzon

Assistente alla regia Sara Consoli

Produzione AMA Factory

Spettacolo per maggiori di 14 anni

Biglietti: intero 12 euro, ridotto 10 euro

 

TORINO FRINGE FESTIVAL

Dal 21 maggio al 2 giugno, la XII edizione del festival di teatro off e delle arti performative tra i più originali d’Italia, mette in scena a Torino 154 repliche di 27 spettacoli, tra cui 6 prime assolute, e 14 eventi speciali in 16 spazi performativi con 38 compagnie nazionali e internazionali selezionate tra più di 700 artisti candidati.

“Una fetta di sorriso”, quando la tv privata era leggenda

Un viaggio tra gli aneddoti di Antenna 3 Lombardia fondata dal mitico Renzo Villa, compiuto da Cristiano Bussola con la giornalista Mara Martellotta 

Ha avuto luogo nei giorni scorsi a Torino la presentazione del libro di Cristiano Bussola, dal titolo “Una fetta di sorriso”, editrice Paola Caramella, moderata dalla giornalista Mara Martellotta.

 

Lo Studio Uno di Antennatre: ospitava 1200 spettatori

Cristiano Bussola si è  appassionato alla televisione e al giornalismo sin da bambino seguendo proprio le trasmissioni andate in onda su Antenna 3 Lombardia, la mitica televisione fondata dal patron Renzo Villa negli studi di Legnano, in viaperbusto15, negli anni Settanta.

Martellotta e Bussola

Renzo Villa fu un grande sognatore, ma anche un abile imprenditore. Lasciata la città  natale, Luino, per approdare a Roma per ricevere una scrittura come aspirante attore, che non arrivò,  a Varese fondò  una compagnia di filodrammatici. Erano gli anni delle prime televisioni via cavo come Telebiella di Peppo Sacchi.

La comparsa in scena dell’imprenditore Giuseppe Mancini rese concreto il sogno di Renzo Villa che, insieme a Enzo Tortora, dal 1975 animò la prima televisione via etere d’Italia, TeleAltoMilanese, dando vita ad un sodalizio che li accompagnò per tutta la vita.  Nel ’77 fondarono a Legnano Antenna 3 Lombardia, di cui Villa fu editore ma anche ideatore di molti fortunati programmi delle stagioni 1977-1986, tra le quali Bingo, che considerava una delle sue più  care.

Bussola ripercorre il cammino di Antenna 3 attraverso le interviste rivolte a più di quaranta dei suoi protagonisti, con garbo e con quel pizzico di malinconia che non può mancare in chi ha seguito la storia di questa emittente, nata dalla trasformazione di un capannone in viaperbusto15, oggi abbandonata, ma che è stata il primo fenomeno della televisione commerciale via etere italiana.

A margine della presentazione Cristiano Bussola e Mara Martellotta hanno consegnato una copia del libro al presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, che partecipava a un precedente incontro.

Cuneo, “Città in note. La musica dei luoghi”

A Cuneo, non solo i teatri, ma anche parchi e giardini si aprono alle note della quarta edizione del “Festival” di primavera

Dal 22 al 27 maggio

Cuneo

Oltre 30 appuntamenti (aperti al “Teatro Toselli” dall’attesissimo concerto di Noemi) e sei giorni di programmazione ospitati nelle location più suggestive del capoluogo della Granda. Dalla musica classica al pop, dalla world music all’elettronica, dal jazz alla “contemporanea” senza escludere eventi site specific, a Cuneo con la primavera ritorna – per la sua quarta edizione – il Festival “Città in note”, la rassegna ideata e promossa da “Fondazione Artea” con il “Comune di Cuneo” e la direzione artistica di Claudio Carboni e Carlo Maver. Importanti novità di quest’anno la conquista di nuovi spazi verdi, con il progetto “Note di Verde” realizzato in collaborazione con “Società Orticola del Piemonte-Festival del Verde” ed il maggiore coinvolgimento delle “Scuole” e delle “Istituzioni Musicali” del territorio. Non mancheranno poi due fiori all’occhiello dell’attività concertistica della Città di Cuneo: l’“Orchestra sinfonica Bartolomeo Bruni” e, per la prima volta, la “Società Corale Città di Cuneo”.

Impossibile dare nota di tutti gli eventi in programma (per il cui calendario e costo biglietti si può consultare il sito: www.fondazioneartea.org), cominciamo col dare conto dei tre “highlights”, da sicuro “sold out”, in programma al “Teatro Toselli” (via Teatro Giovanni Toselli, 9), dove, mercoledì 22 maggio, alle 21, si terrà il concerto di Noemi, straordinaria cantautrice romana (classe ’82) che, con la sua voce unica e graffiante, porterà sul palco, in “versione inedita al pianoforte”, le canzoni che l’hanno resa dal 2009 (dopo la partecipazione alla seconda edizione italiana di “X Factor”) una delle voci italiane più amate di sempre.

Giovedì 23 maggioalle 21, a salire sul palco sarà l’indimenticata Nada, che, accompagnata dal talentuoso chitarrista della scuola jazz-bluessenese Andrea Mucciarelli, proporrà un viaggio nella musica d’autore italiana. Il concerto di Nada sarà aperto dagli studenti dei corsi di “Pop e Jazz” del “Conservatorio G.F. Ghedini” di Cuneo, coordinati dal Maestro Paolo Franciscone.

Sabato 25 maggio, alle 21, il Trio russo Boriso-Glebsky, Tchaidze, Rummukainen, composto da musicisti giovani e di alto profilo internazionale, eseguirà musiche di F. Schbert, J. Suk e A. Dvořák.

Altra importante location, il “Complesso Monumentale di San Francesco” (via Santa Maria, 10). Classificato come “monumento nazionale” e rara testimonianza architettonica di epoca medievale, come negli anni passati, sarà luogo destinato, in specifico, a “crocevia” di vari generi musicali da tutto il mondo. Mercoledì 22 maggio, alle 22,45, Andrew Quinn, video-artist e musicista australiano che ha curato gli effetti digitali di molti film e che ora si occupa di “sound reactive” per la musica, sarà protagonista insieme al “METS”, il Dipartimento di Musica Elettronica del Conservatorio “G. F. Ghedini” di Cuneo, di una performance immersiva de “La création du monde” di Bernard Parmegiani, capolavoro “acusmatico” (musica elettronica creata per essere ascoltata tramite altoparlanti) del 1984 nel quale il celebre compositore francese ripercorre la storia dell’universo, dal “Big Bang” fino alla comparsa della vita e dell’uomo. “San Francesco”, nei giorni del Festival, diventerà anche, luogo ospitante una micro-rassegna dal titolo “EFFETTO NOT(T)E” per tre suggestivi concerti notturni.

Altri incontri di indubbio interesse. Nell’ambito di “Note di Verde”, domenica 26 maggio, alle 11 e alle 12, nell’area del “Parco Fluviale”, si potrà ascoltare e vedere lo spettacolo di teatro musicale “Il Mototrabasso” di e con Luigi Lullo Mosso.  “Mototrabbasso” che altro non è che uno stravagante “strumento-veicolo” frutto dell’unione tra un “contrabbasso” ed una “motocicletta”, che permette di “viaggiare” spostandosi tra una canzone e l’altra. Il suo pilota, quasi “condannato” al movimento, ci racconta un viaggio nell’universo della musica narrando storie e personaggi sotto forma di suoni.

Appuntamento clou, sabato 25 maggio, alle 11,30, nella “Chiesa di Santa Croce” (Centro storico), l’“Orchestra Sinfonica Bartolomeo Bruni”, celebra il Maestro Giovanni Mosca, suo infaticabile animatore e direttore per oltre mezzo secolo, in occasione dei 100 anni dalla nascita, proponendo un programma con musiche di Mozart e Puccini. Sempre sabato 25, alle 19, nel cortile della “Biblioteca Civica” (via Cacciatori delle Alpi, 9) il “Quintetto” composto da Dan Kinzelman(sassofono), Beatrice Miniaci (flauto), Ludovico Franco (tromba), Nicola Traversa(chitarra e voce) e Nicolò Masetto(contrabbasso) proporrà “Six Memos for the Next Millennium”, una performance ispirata alle “Lezioni Americane” di Italo Calvino.

Da sottolineare ancora che il Festival, oltre a spettacoli e concerti, proporrà anche“workshop” e “incontri paralleli” con alcuni dei suoi protagonisti e con altri musicisti e critici in un’ottica formativa e di scambio culturale. La conclusione, lunedì 27 maggio, alle 20,30, al “Palazzetto dello Sport” di via Aldo Viglione, con l’esecuzione dei Carmina Burana” dell’Orchestra e del Coro del “Conservatorio Ghedini” di Cuneo, diretti rispettivamente dai professori Presutti e Peiretti.

Gianni Milani

Nelle foto: Noemi; Nada (ph. Simone Cecchetti); Andrew Quinn; Luigi Lullo Mosso (ph. Motofo); “Il Quintetto” (A.D.A. Vicenza)

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Daniel Mason “La foresta del nord” – Neri Pozza- euro 20,00

Daniel Mason, biologo e medico, nato a Palo Alto nel 1976, ha esordito nella letteratura nel 2002 ed è stato finalista al Premio Pulitzer nel 2022. Ora torna in libreria con questo suo quinto romanzo.

La trama è impossibile da riassumere in poche righe, ma tutto ruota intorno a una casa dalla facciata giallo limone in New England. Si parte dal XVII secolo quando un uomo e una donna fuggono nei boschi, più lontano possibile dalla Colonia puritana di cui sono membri. Nella loro vita adamitica e libera gettano le fondamenta di quella casetta.

Non possono saperlo, ma sarà l’avvio di una storia lunga 4 secoli, in cui le 4 mura nei boschi del Massachusetts diventano testimoni dell’avvicendarsi delle stagioni, con le comparse vegetali e animali. Spore, funghi, insetti e roditori si adattano all’habitat e lo manipolano; come quando uno scoiattolo fa cadere una ghianda e i frutteti si arricchiscono di una specie in più.

Ma più di tutto nella casetta transiteranno infinite vite dal 600 in poi: nascite, morti, vendette, uccisioni, e le suppellettili che ogni inquilino porta, usa, e poi lascia dietro di sé. Infinite testimonianze di vite che travalicano il tempo.

Rimangono in un certo senso anche i fantasmi dei morti, e in queste pagine Daniel Mason riesce a connettere meravigliosamente la condizione umana con i ritmi e gli equilibri della Natura. Da foresta selvaggia a orto, da alberi da frutto a prato, passando e sopravvivendo a catastrofi naturali, deforestazioni e la devastazione dei parassiti.

 

Jane Sautière “Corpi mobili” -La Nuova Frontiera- euro 16,90

Jane Sautiere è nata a Teheran nel 1952 ed ha trascorso la sua adolescenza in Cambogia, al seguito del padre che era una spia dei servizi segreti, salvo scappare quando i Khmer rossi presero il potere.

Arrivata in Francia, è lì che diventa educatrice penitenziaria. Nella letteratura ha esordito nel 1998. Questo libro narra gli anni vissuti a Phnom Penh con la famiglia, da luglio 1967 a quello del 1970. Tanti echi di memoria e storia, una meravigliosa ricerca del tempo perduto.

Corpi mobili” intreccia le vite e l’esperienza personale con le vicende di un popolo. I ricordi sono riaffiorati e hanno chiesto di essere raccontati per essere strappati all’oblio. Pagine struggenti in cui compaiono persone che hanno fatto parte della vita dell’autrice. I genitori, i fratelli morti prima che lei nascesse, poi le sue vicende personali con i primi moti amorosi e la spinta a crescere.

Soprattutto tornano le vittime del genocidio, il popolo cambogiano annientato dalla follia dei Khmer rossi che hanno falciato intere generazioni.

Poco più di 100 pagine in cui la Sautiere riporta a galla i suoi 15 -18 anni del liceo trascorsi in Cambogia; con le emozioni, il caldo umido, l’incrocio con vite altrui. La storia di un paese martoriato, ma bellissimo.

 

 

Guendalina Middei “Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera” -Feltrinelli- euro 16,00

Quante emozioni può suscitare un libro? Infinite, come quelle che in queste pagine l’autrice vive quando legge soprattutto i classici, che definisce amici con cui dialogare.

Guendalina Middei è nata nel 1992 e da sempre adora leggere. Dopo la laurea in lettere e un master in giornalismo culturale ha aperto, nel 2019, la pagina facebook Professor X e poi si è affacciata anche su Instagram dove è seguitissima.

Ora la brillante idea di questo libro da considerare una sorta di guida letteraria in cui ha scelto alcuni grandi autori classici; da Tolstoj a Kafka, da Austen a Tomasi di Lampedusa.

Di ognuno racconta brevemente la biografia, ripercorre le loro tematiche principali, le pagine che più l’hanno colpita e ci avvicina all’essenza delle loro opere.

Accorcia drasticamente le distanze tra noi e scrittori di altre epoche che hanno fatto la storia della letteratura universale e ce li racconta in un modo lieve e profondo al contempo.

Non è il solito manuale e neppure un saggio critico; piuttosto il tentativo –riuscito- di trasmettere ai lettori l’incanto e la magia di opere senza tempo.

Lei le conosce a fondo, le rilegge e ci contagia con le sue emozioni e i suoi pensieri invogliandoci a leggere sempre di più e con occhi nuovi.

 

Emily Austin “Moriremo tutti, ma non oggi” -Blackie Edizioni- euro 21,00

La Austin è una giovane scrittrice canadese, nata in Ontario, oggi residente a Ottawa, e questo è il suo primo romanzo con cui ha vinto il premio canadese per la letteratura umoristica Leacock Medal Award.

Il libro è ispirato ad alcuni tragicomici spaccati della sua vita e delle sue esperienze. Protagonista è Gilda: ha 20 anni, è atea, lesbica e con il chiodo fisso della morte a ossessionarla.

Incapace di conservare a lungo un impiego, finisce per trovarsi a lavorare come rimpiazzo della segretaria di una chiesa cattolica, morta da poco. Tutto quello che segue è il racconto paradossale di come il pensiero fisso della morte possa essere potentissima molla che accresce la vitalità dell’esistenza.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Loredana Bertè e Stewart Copeland

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Blah Blah suonano i TVOD.

Mercoledì. Inaugurazione a Cuneo all’ex convento San Francesco di “Città in note” con Andrew Quinn e Noemi che canta al Toselli. All’Alfieri omaggio a Mina da parte di Silvia Mezzanotte con il recital “Vorrei che fosse amore”.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour suonano i Delicatoni. All’Ex convento di San Francesco di Cuneo è di scena Edmondo Romano mentre al Toselli canta Nada. Al Blah Blah suona il quartetto di Marco Piccirillo.

Venerdì. All’Hilton canta Rossana Casale. Al Bunker inaugurazione di “Jazz is Dead!” con Massimo Silverio, William Basinski, Marta Salogni, Moritz Von Oswald e Valentina Magaletti. Al Diavolo Rosso di Asti si esibisce Tricarico. Al Blah Blah è di scena il trio Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere. Al Capolinea 8 suona il trio del trombettista Giovanni Falzone. Al Colosseo “sold out” per Loredana Bertè. All’Hiroshima si esibisce Lou Seriol. Allo Spazio 211 è di scena Puma Blue. All’Off Topic si esibisce Alessio Bondì. Al Castello di Rivoli sono di scena Enrico Intra e Carlo Balzaretti. A Cuneo per “Città in note” si esibisce Michel Godard con Natasa Mirkovic. Al Museo Storico Reale suonano i Rebel Bit.

Sabato. All’Alfieri di Asti va in scena “The Witches Seed” di Stewart Copeland. All’ Inalpi Arena suonano i Thirty Seconds To Mars.  Per “Città di note” si esibisce il percussionista Kalifa Kone e il quintetto di Dan Kinxelman. Allo Ziggy sono di scena gli Undertakers.  Al Bunker  per “Jazz is Dead!” si esibiscono DJ Storm, Dave Okumu, Le Cri Du Caire e I Hate My Village. Al Barrio sono di scena Heimdall e Ulvedharr. Al Blah Blah suonano i Kadabra. Al Capodoglio sono di scena i Somedays  mentre a El Paso suonano i Transmission N.

Domenica. Al Barrio si esibiscono i Secret Sphere e i Inner Vitriol. Per “Jazz is Dead!! Rob Mazurek con Gabriele Mitelli , Daniela Pes, Godflesh, Zu e Ruins. Al Blah Blah metal con Sanguine Relic , Black Cilice e Warmoon Lord.  

Pier Luigi Fuggetta

Erwin Olaf. Scatti di ordinaria solitudine

Nell’ambito dell’“Extend Programme” di “EXPOSED Torino Foto Festival”, la Galleria “metroquadro” di Torino ricorda il celebre fotografo olandese

Fino al 1° giugno

Credo di non sbagliare. All’interno dei lavori fotografici di Erwin Olaf Springveld, in arte solo Erwin Olaf (Hilversum, 1959 – Groningen, 2023), sono parecchie  e insistenti le citazioni e i riferimenti (tributo) a quel senso di ovattata, triste e inquietante solitudine, propria del grande, realistico cantore dell’“Amercan Way”, Edward Hopper. Di quel profondo, spirituale, “realismo americano”, in parte sbirciante alla più “intimististica” e “romantica” (ma per Olaf meno pregnante) architettura narrativa dell’altrettanto celebre pittore e illustratore statunitense Norman Rockwell.

Di fronte agli scatti sospesi in un deserto di silenzio ed attesa, propria delle opere di Olaf raccolte in un’interessante retrospettiva (l’artista è di recente scomparso) organizzata da Marco Sassone, fino a sabato 1° giugno, nella “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino, non si può non andare con occhi e mente agli interni – universi senza voci e scatole del tutto chiuse all’empatia umana, fino alla celeberrima “I nottambuli” pagina aperta su una notte di solitudine a New York – opere del grande Hopper. Che pare fosse solito ripetere “non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”. Ed Olaf “dovrebbe esserci un enigma in ogni immagine potente, che ti incuriosisca e ti inviti a guardare più e più volte”. Come dire. A te, spettatore, per ogni mia opera, la tua storia. Per la giovane nuda di colore, affogata in un oceano di tormenti e silenziosamente seduta ai bordi di un letto in una misera stanza di albergo o per la distinta signora di antica eleganza appesa al filo della memoria o ad una chiamata dal bianco telefono che sembra per lei non aver più voce … a te, spettatore, il filo della storia. Sono quattro le serie di fotografie messe insieme, nell’ambito del mese dedicato da Torino alla Fotografia, da Marco Sassone: “Rain” (2004), “Hope”(2005), Grief (2007) ed “Hotel” (2010). E proprio in quest’ultima, Olef trasmette con maggiore intensità quel senso di “distacco dal mondo esterno” che diventerà il suo massimo segno distintivo.“La serie ‘Hotel’ – diceva lo stesso artista – riguarda l’alienazione e la sottile gamma di oscure emozioni che essa provoca in una persona. Le stanze di hotel in cui dormo quando viaggio sono tutte diverse, ma la sensazione che trasmettono è sempre la stessa, ha luogo una sorta di distacco”. Camere simili a rifugi anonimi, senz’anima, in cui i personaggi (quasi sempre donne) appaiono intrappolati in un’annoiata e inquieta attesa. Scrive bene Marco Sassone: I bellissimi nudi femminili delle foto sono avvolti in sofisticate atmosfere di velluto che evocano sottilmente le diverse città in cui le camere d’albergo si trovano. L’ambiguità e il senso di nostalgica frustrazione che le immagini trasmettono contrastano con la perfezione meticolosa dei dettagli della rappresentazione, confermando ancora una volta l’abilità dell’artista nel ricostruire il contesto e la scena fin nei minimi dettagli, con un’attenzione quasi cinematografica al trucco, all’acconciatura, all’abito, all’oggetto d’arredo, alla luce dell’ambiente”.


Se n’è andato troppo presto Erwin Olaf. A soli 64 anni, nel settembre del 2023, per un enfisema polmonare che lo aveva portato, qualche settimana prima, al trapianto di un polmone. E qualcuno afferma lo avesse predetto. Nella Galleria newyorkese “Hasted Kraeutler”, in occasione della presentazione della sua serie di “autoritratti” del 2009, si ferma davanti alla parete che espone il trittico “I Wish/I am/I Will Be” … si gira lentamente verso il giovane fotografo che lo sta ritraendo e diventa così il quarto ritratto della serie. “Ovvero un momento già passato all’interno di una storia che va avanti”.

Contemporaneamente alla retrospettiva di Erwin Olaf, prosegue, fino a sabato 22 giugno, alla Galleria “metroquadro”, la mostra “Marks and Traces” di Shinya Sakurai, che con questa rassegna (venti le opere esposte) celebra il ventennale del suo arrivo sotto la Mole.  Nato a Hiroshima nel 1981e laureatosi ad Osaka in “Belle Arti”, Shinya si divide oggi fra l’isola di Honshu e la nostra (ma ormai anche sua) Torino, dove ha studiato “Scenografia” all’“Accademia Albertina”, portando avanti con parametri tutti suoi una pittura di evidente “chiave astratta”, in cui s’intrecciano, su monocrome superfici di raffinato “velluto” e in un perfetto connubio di segno e colore (olio, resine e colle traslucide), citazioni stilistiche, piacevolmente contese ed ammiccanti alla serialità neo-pop, fra cifre di matrice orientale ed occidentale, capaci di tenere ben insieme echi della tradizione e della più audace contemporaneità.

Gianni Milani

Erwin Olaf

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/f, Torino

Fino al 22 giugno

Orari: giov. – sab. 16/19

Nelle foto: Erwin Olaf: “Hope Portrait”, 2005; “Hotel Winston Salem, Room 304”, 2010; “Hotel Paris, Feline Portrait”, 2010; Shinya Sakurai: “Marks & Traces n. 17”, tecnica mista su velluto, 2023

Borgo Cornalese, piccolo gioiello alle porte di Torino

È un borgo millenario alle porte di Torino, dove il tempo si è fermato, tra vecchi granai, scuderie, un mulino, lunghi porticati, un parco di 16 ettari, un giardino con roseto, viali di pioppi, tigli e querce. È poco conosciuto, lo sarà molto di più tra un pò di tempo, merita una visita, magari una domenica con un bel sole. Non è sempre visitabile, quindi bisogna controllare il sito online prima di partire. È il Borgo Cornalese, a Villastellone, presso Moncalieri, un grande complesso architettonico a 20 minuti di auto da Torino. Si tratta di un’area molto vasta e molto pratica tanto che i giornali locali la chiamano il “cinecittà” della provincia torinese, dotata di ampi spazi tra il borgo, la villa del Settecento, un antico mulino del ‘500, ormai abbandonato, sulle rive di un canale di irrigazione e una chiesa neoclassica.

Non manca un piccolo “giallo” ancora tutto da risolvere. La villa padronale settecentesca, di proprietà dei Conti de Maistre che ci abitano da diverse generazioni, è circondata da un grande parco e si trova all’interno del borgo composto da due corti agricole di 11.000 metri quadri e una chiesa dell’Ottocento dedicata alla Beata Vergine dei Dolori. La Villa è chiusa al pubblico, si può vedere il giardino all’italiana dal cancello di ingresso con oltre 100 rose di vari colori ed è comunque
è una delle principali attrattive del territorio. L’intera area di Borgo Cornalese è inserita tra le bellezze principali del programma MAB (Man and Biosphere) dell’UNESCO. In origine l’insediamento era una costruzione fortificata a difesa del territorio e in seguito è stato individuato un insediamento templare del 1100 attorno al quale si sarebbe sviluppato il ricetto fortificato. La sua storia inizia dalla stirpe degli Aleramo e si snoda tra il Marchesato di Saluzzo, quello del Monferrato e quello del Vasto. Dal Cinquecento in poi il Borgo si trasforma e diventa un centro agricolo alle dipendenze della famiglia de Maistre, originaria di Chambery. Nella villa di Borgo Cornalese i de Maistre ospitarono personaggi illustri tra cui la marchesa Giulia di Barolo. La cappella accolse anche Don Bosco di cui i de Maistre furono benefattori. Borgo Cornalese sarà presto oggetto di un complesso e ambizioso progetto di restauro conservativo che durerà anni e vedrà la ristrutturazione delle corti agricole, degli immobili e del mulino ad acqua non più funzionante che era messo in movimento dalle acque della bialera locale. Borgo Cornalese e in particolare la Villa de Maistre è una location che viene utilizzata per produzioni cinematografiche , televisive e pubblicitarie. Già, il “giallo” di cui si parlava.
Nella chiesa ottocentesca c’è un’Assunta, un grande quadro di cui non si conosce il pittore, forse, si dice, un allievo di Michelangelo. Neppure il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, giunto a Cornalese per sciogliere l’enigma, ha risolto il caso. Quando è aperto il borgo è animato dalle iniziative organizzate dagli “Amici di Borgo Cornalese”,  info@borgocornalese.it
Filippo Re
nelle foto, veduta di Borgo Cornalese con Villa de Maistre, chiesa Madonna dei Dolori, quadro dell’Assunzione

“Festival della TV 2024”. A Dogliani, tre giorni di incontri

“Tv e dintorni” nell’anno che celebra i 70 anni della Rai e della televisione in Italia

Dal 24 al 26 maggio

Dogliani (Cuneo)

Per tre giorni, da venerdì 24 a domenica 26 maggio, fra le meglio vigne e colline di Langa, un piccolo ma delizioso centro di 4mila e rotti abitanti, celebre per il suo magnifico Dolcetto, diventa indiscussa “capitale dei media, un paese-antenna”, in cui far festa intorno a “Sua Signoria, Madame la Tv”.

Siamo a Dogliani, dove anche quest’anno si celebrerà la tre giorni dedicata al “Festival della Tv”, tredicesima edizione ed unica manifestazione italiana del genere, con oltre cento ospiti, invitati a confrontarsi fra di loro e con il (sempre numeroso) pubblico sui temi di più stretta attualità della “comunicazione televisiva” e delle molteplici contaminazioni con i “media digitali”. Tema scelto quest’anno dagli organizzatori: i “Tempi Esponenziali”, ovvero “il tempo dilatato e apparentemente inafferrabile che stiamo oggi vivendo”. Dicono Federica Mariani (direzione artistica), Simona Arpellino (direzione organizzativa) e Mauro Tunis (direzione tecnica) dell’Agenzia “IL IDEE AL LAVORO” cui si deve il progetto, in collaborazione con “Dogliani Eventi”: “Il ‘Festival della TV’ sarà anche quest’anno l’occasione per ascoltare le storie e i retroscena della carriera di personaggi notissimi e giornalisti iconici, ma non solo. Al centro dell’attenzione anche il meccanismo della produzione delle trasmissioni più interessanti, dal percorso che porta un’idea a diventare un ‘format’ e poi una trasmissione”.

Tutti gratuiti, i numerosi appuntamenti si proporranno come un perfetto mix fra gli interventi più tecnici, legati all’informazione ed all’attualità, e occasioni di divertimento e leggerezza: musica, sport, cinema e arte insieme a politica, ambiente e ai grandi temi dell’inclusione, in un palinsesto ricchissimo e tutto da scoprire, per “una immersione di tre giorni al centro del contemporaneo”.
Anche in questa edizione saranno tantissimi i nomi coinvolti. Le tre piazze di Dogliani (Umberto I, Belvedere e Carlo Alberto) ospiteranno oltre cinquanta “panel”, incontri, interviste, spettacoli, per un incontro ravvicinato con i personaggi al centro del mondo dei media.

Il programma completo di relatori e orari di ciascun incontro è disponibile su: www.festivaldellatv.it e sui canali social del Festival.

Fra gli ospiti e gli eventi di maggior richiamo, ci limitiamo a ricordare, in piazza Umberto I, l’incontro – dialogo fra Barbara Palombelli e Urbano Cairo (mercoledì 24 maggio, ore 16) e sempre mercoledì (ore 19) quello fra Francesca Sforza e Monica Maggioni (past-president della Rai e vicepresidente dell’“Unione Europea di Radiodiffusione”), cui verrà assegnato il “Premio Diversità e Inclusione”.

Particolarmente intenso il programma di sabato 25 maggio. In agenda fra gli altri, in piazza Belvedere, l’incontro intitolato “Europa/America: elezioni a confronto nel quadro della crisi geopolitica mondiale” con Stefania Aloia, Francesco Cancellato, Emiliano Fittipaldi, Andrea Malaguti, Mario Sechi, Barbara Stefanelli e Annalisa Bruchi. E poiCristina Parodi, Gerry Scotti, Paola Perego,Giovanni Floris e la “belva” Francesca Fagnani in dialogo con Massimo Giletti, mentre Elvira Serra avrà il compito di farsi raccontare cosa significa fare il manager delle star da Lucio Presta.

Domenica 26 maggio il programma dell’ultimo giorno di Festival, in piazza Carlo Alberto, sarà ricchissimo e vedrà fra gli alti un dialogo fra Enrico Mentana con la vicedirettrice de “La Stampa” Annalisa Cuzzocrea, la comicità surreale di Dario Vergassola, un inedito “faccia a faccia” fra Giovanni Minoli e Salvatore Merlo, seguito da quello (per la grande “fiction”) fra Luca Zingaretti e Corrado Formigli.
Tanto spazio anche alla musica “che gira intorno”venerdì 24 maggioin piazza Carlo Alberto, Luca Morino racconterà il suo ultimo “De West”, mentre Luca De Gennaroincontrerà i “Santi Francesi”, Vinicio Capossela e Anna Bonalume.

Fra le novità, anche due spettacoli teatrali al “Teatro Sacra Famiglia” (piazza San Paolo, 10), con Aldo Cazzullo che porterà in scena venerdì 24 maggio (ore 19,30) lo script tratto dal suo ultimo libro “Quando eravamo i padroni del mondo”, “best seller” da oltre 250mila copie vendute, e con Linus, sabato 25 maggio (ore 18,30) con il suo primo spettacolo teatrale “Radio Linetti Live”, portato a Dogliani dopo lo straordinario successo delle dieci repliche milanesi.

Da ricordare ancora che, oltre al “Premio Diversità e Inclusione” assegnato, come ricordato, a Monica Maggioni, un altro Premio, quello alla “Sostenibilità” verrà consegnato, in accordo con “Ente Turismo Langhe, Monferrato e Roero” al biologo e conduttore televisivo, Vincenzo Venuto.

Gianni Milani

Nelle foto: Lo staff organizzativo; Monica Maggioni; Francesca Fagnani (credit Fabio Lovino); “Santi Francesi” (credit Mattia Guolo)

Pseudonimi, chitarre rosse e angeli

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

A proposito di etichette dall’assetto variabile… Gli elementi mutevoli potevano essere nello stile musicale, nei loghi, nelle colorazioni di fondo, nelle componenti grafiche del testo. In alcuni casi la variabilità era tale da instillare perfino dubbi sull’omogeneità e sulla continuità di una casa discografica (tempo, luogo, responsabili, produttori correlati etc.); in particolar modo la colorazione di base era elemento ingannevole, che non di rado fa tuttora incappare in errori cronologici non secondari, confondendo le idee specialmente riguardo alla spinosa questione delle copie promozionali, dei “reprinting” o dei problematici “bootleg”.

Un esempio di etichetta dai caratteri abbastanza mutevoli e dalle indicazioni di responsabilità “enigmatiche” fu la “Miramar Records [of Hollywood]”, attiva appunto a Los Angeles tra 1965 e 1969, che copriva generi e stili differenti (tra cui ovviamente il garage rock). Ne era responsabile tale Tony Cary (pseudonimo di Tony Luton), personalità eclettica e autore egli stesso di un paio di 45 giri e produttore di The Dovers e in parte anche di The Road Runners, Jimmy Burton ed altri.

Sull’etichetta compariva non di rado anche un’altra indicazione enigmatica: tale produttore “Alborn”, che nient’altro era che uno pseudonimo collettivo che fondeva le due persone di Alton Leo Jones (Al Jones) e Joe Osborn, anche nella forma “Alborn Music BMI”.

Da segnalare inoltre che l’indicazione “of Hollywood” dell’etichetta venne a cadere a grandi linee attorno a metà 1967. I loghi dapprima erano assenti (colore in tinta unita bianco, grigio antracite, rosso), poi comparve una chitarra rossa su campo nero con stelle rosse; dal 1967 circa, tutto mutò in un logo piuttosto ibrido, con immagine “borderline” tra volto di angelo con ali e farfalla, su fondo blu.

Si riporta qui di seguito la discografia Miramar finora ricostruita, sebbene ancora parecchio lacunosa nonostante le molteplici segnalazioni degli ultimi anni:

– Tony Cary “Dream World / One Of These Days” (107) [1965];

– James Burton “Love Lost / Jimmy’s Blues” (108) [1965];

– THE MEMPHIS MEN “Act Naturally / Oh What A Night” (109) [1965];

– Glenn and The Good Guys “Party A Go Go / Only In My Heart” (110) [1965];

– Tony Cary “She Belongs To Me” [promo] [1965];

– THE SPELLBINDERS “Casting My Spell / To Take A Heart” (115) [1965];

– THE ROAD RUNNERS “I’ll Make It Up To You / Take me” (116) [1965];

– THE DOVERS “She’s Gone / What Am I Going To Do” (118) [1965];

– Nick Hoffman “King Of The Moon / Blind And Leaving Blues” (119) [1965];

– THE DOVERS “I Could Be Happy / People Ask Me Why” (121) [1965];

– THE DOVERS “The Third Eye / Your Love” (123) [1966];

– THE DOVERS “She’s Not Just Anybody / About Me” (124) [1966];

– Fellowship “Just Like A Woman / Palace Of The King” (125) [1966];

– Miramar Soul Band [& Friends] “Mr. Tambourine Man / Party A Go Go” (127);

– Sonny Firmature “Love Lost / Mr. Tambourine Man” (128);

– Alexander’s Timeless Bloozband “Love So Strong / Horn Song” (101) [1967];

– Charles Lamont “Poems Of Carole Ann / Maybe Baby” (103/105) [1968];

– Zebra “Helter-Skelter / Wasted” (M-130) [1969];

– Sonny Firmature “Love Lost” [LP] (1002).

Gian Marchisio