CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 686

“Cammino popolare” per la Festa del lavoro

 1 coreografo anticipatore di nuovi linguaggi artistici / 1 musicista eclettico
120 interpreti tra cittadini e artisti di ogni età e provenienza

2 spazi industriali riconvertiti in luoghi di cultura e arte contemporanea: l’ex stabilimento Fiat nel quartiere Mirafiori e l’ex centrale termica Officine Lancia nel quartiere San Paolo

8 spazi di prova dalle periferie al centro di Torino e Novara / 2 mesi di produzione

1 assistente della Compagnia Virgilio Sieni / 5 assistenti torinesi alla coreografia

 

TORINO|BALLO 1945_Grande cammino popolare è una performance collettiva ideata dal coreografo di fama internazionale Virgilio Sieni per La Città Nuova – Giovani, lavoro e comunità in cammino, progetto multidisciplinare di Associazione Didee, realizzato in partenariato con le associazioni Filieradarte e Merkurio – progetti musicali, Istituto G. Salvemini e Almaterra, che affronta il tema dell’innovazione civica indagando il ruolo delle arti performative partecipate e il lavoro artistico e di cura come risorsa per la comunità.

 

L’evento coreografico sarà presentato al pubblico in occasione della Festa del Lavoro e dei Lavoratori martedì 1° maggio 2018 alle ore 17 nello Spazio MRF di via Luigi Settembrini 164 a Torino, nel passato stabilimento Fiat, e vedrà il coinvolgimento di oltre un centinaio di cittadini di tutte le età, professioni, estrazione sociale e provenienza. L’accompagnamento musicale dal vivo è affidato al percussionista Michele Rabbia.

 

Al termine della performance collettiva il coreografo si trasferirà alle ore 20,30 negli spazi della Fondazione Merz di via Limone 24, nel popolare quartiere San Paolo di Torino, per tenere una lezione gratuita dal titolo I doveri del corpo sul ruolo del cittadino nella società attraverso i propri gesti: accogliere, ascoltare, sostenere.

 

Nel 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, gli Italiani poterono festeggiare un Primo Maggio di libertà e di pace. E proprio in occasione della Festa del Lavoro TORINO|BALLO 1945 si manifesta al pubblico in un cammino popolare dove protagonisti saranno persone di tutte le età, estrazione sociale e provenienza sullo sfondo di un contesto simbolico in tema di lavoro, archeologia industriale e rigenerazione del tessuto urbano: il quartiere di Mirafiori e lo Spazio Mirafiori MRF di via Settembrini, ex stabilimento produttivo della più grande fabbrica della città: l’ex Fiat.

Le azioni coreografiche, risultato di alcuni mesi di prove intensive negli spazi di diversi quartieri della città, emergeranno in un’operazione che richiama il famoso dipinto ‘Il Quarto Stato’ di Pellizza da Volpedo, esposto per la prima volta proprio a Torino nel 1902.

«L’evento TORINO | BALLO 1945 – spiega il coreografo Virgilio Sieni –  ha racchiuso un periodo di pratiche dove cittadini, performer, danzatori di tutte le età e professioni si sono dati appuntamento con l’intento di creare un’azione coreografica comune, al fine di conoscersi e mettersi in cammino riflettendo sulle qualità del gesto e su come queste possano fungere da dispositivo che, aprendo all’ascolto, scuote e rigenera posture e dinamiche fondative dell’uomo».

Il cammino popolare intende creare un luogo condiviso, abitato da una comunità del gesto che torna a essere ‘polis’, in una ricerca di rinnovate identità e visioni che disegnano architetture ‘altre’ attingendo alla memoria storica. Il senso del progetto non è costruire uno spettacolo, ma proporre un’esperienza condivisa intorno all’idea di “cittadinanza”.

«La pratica della condivisione, come del riconoscersi nell’altro, divengono una mappa tattile e percettiva per elaborare strategie personali tra la consapevolezza rivolta al corpo e la scoperta di uno spazio comune manipolato dalla tattilità, lo sguardo, la gravità, la prossimità, il corpo agito e osservato: capacità biologiche e naturali dell’uomo che in questa esperienza si ritrovano intorno al senso del rito, generato e condiviso dalla comunità, e del gioco, rinegoziando le semplici cose attraverso la densità e l’orizzontalità del respiro – approfondisce il coreografo – Persone che prendono atto della necessità di sospendersi, di vivere a pieno il senso del corpo politico necessario alla vita partecipativa. L’azione richiede di acquisire una tattilità sapienziale verso l’altro e far sì che tutto il gruppo si sposti secondo l’energia degli individui. Ballo che è allo stesso tempo cammino comune, frequentazione di luoghi che tornano a essere agorà, viaggio che sa d’impresa condivisa, pratiche che disvelano spazi rigenerati, “illuminazioni” e memorie che si incontrano, vivere lo stupore dal quale si origina il gesto».

Il percorso ha coinvolto nella preparazione Giulia Mureddu, assistente coreografa della Compagnia Virgilio Sieni, e professionisti del territorio: Francesca Cola, Tommaso Serratore, Aldo Rendina, Aldo Torta e Gabriella Cerritelli. La restituzione pubblica sarà presentata nello Spazio Mirafiori MRF, un’ex stabilimento industriale, oggi svuotato di produzione materiale, ma che si rianima con la ‘produzione’ di relazioni ed esperienze, muovendo proprio dalla storia della fabbrica per approdare alla valorizzazione di ‘produzioni immateriali’, servizi culturali e artistici per la collettività con una specifica attenzione alle vecchie e nuove generazioni, alle donne e ai migranti con la collaborazione dellaCooperativa D.O.C. –  Ostello di Rivoli e dell’Associazione Almaterra – Centro interculturale delle donne Alma Mater.

La partecipazione è gratuita fino ad esaurimento posti. Al termine della giornata dedicata per eccellenza ai diritti, Virgilio Sieni offre, dalle ore 20,30 nel contesto della Fondazione Merz in via Limone 24 a Torino, una breve lezione “agita” e di riflessione sul tema dei doveri del cittadino, che per il coreografo coinvolgono il corpo e la relazione con “ogni uno”. La lezione I doveri del corpo dura 60 minuti ed è aperta a tutti fino a esaurimento posti. Consigliata prenotazione: 011.19719437.

L’edificio della Fondazione Merz, ex centrale termica Officine Lancia, centro d’arte contemporanea dal 2005, apre il suo cortile e i suoi spazi nel popolare quartiere San Paolo, ospitando un primo approccio alla trasmissione del vocabolario del corpo; giusto una suggestione di scuola contemporanea sui linguaggi del corpo e le scienze cognitive, che libera da strumenti digitali, torna a basarsi sull’esperienza del gesto e sulla tattilità delle pratiche, che supportano, accompagnano, accolgono, in risonanza.

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Martedì 1° maggio 2018

  • ore 17.00 Spazio Mirafiori MRF – corso Luigi Settembrini 164, Torino

TORINO|BALLO 1945 _GRANDE CAMMINO POPOLARE

Ingresso libero fino ad esaurimento posti

  • ore 20,30 Fondazione Merz – via Limone 24, Torino

I DOVERI DEL CORPO

Lezione di Virgilio Sieni aperta a tutti

Partecipazione gratuita, consigliata prenotazione 011.19719437

Museo Risorgimento aperto lunedì

In occasione della Festa del 1 maggio il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano resterà straordinariamente aperto anche lunedì 30 aprile, secondo il consueto orario dalle ore 10 alle ore 18 (ultimo ingresso ore 17). Una scelta che intende favorire i turisti che saranno a Torino in occasione del ponte ed offrire un’immagine accogliente della città. Saranno organizzate visite guidate al percorso museale sia domani, sia martedì 1 maggio, sempre alle ore 15.30.

Il pubblico potrà inoltre visitare la mostra fotografica “Arma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni” allestita nel corridoio monumentale della Camera Italiana. Attraverso gli scatti dei

fotoreporter Roberto Travan ePaolo Siccardi, la mostra racconta alcuni dei luoghi del mondo devastati negli anni più recenti e ancora oggi da guerre, scoppiate per motivi diversi (politici, economici, etnici), ma tutte accomunate da una sottile linea rossa: la religione, il dovere di combattere in nome di Dio, oggi come ieri.

La mostra è stata inserita nel programma di Fo.To. – Fotografi a Torino, la manifestazione che dal 3 maggio propone un fitto calendario di esposizioni e di eventi dedicati alla fotografia. Sarà dunque prorogata fino a domenica 9 settembre 2018.

La figura femminile nell’arte tra l’Ottocento e il Novecento

Un delizioso quadro di ampio respiro, in cui troviamo rappresentata una piccola bergera nell’atto di portare al pascolo il suo gregge, potrebbe idealmente aprire la mostra. Colpisce, di quella contadinella, lo sguardo sperduto e malinconico, contenuto (come i gesti) in un armonico scenario alpino che per lei é limite invalicabile di paesaggio e di vita. Sguardo ben diverso dal cipiglio fiero, pronto ad agguantare il mondo, della giovane contadina protagonista di un altro dipinto e che forse ha percepito nell’aria irrequieti sentori di novità “rivoluzionarie” portate, anche per lei – con il secolo dei “lumi” alle spalle e le nuove pulsioni romantiche nell’aria – dal mutare delle idee e dei tempi. Due giovani donne, accomunate dal lavoro sostanzialmente similare e dai tempi pressoché combacianti. Eppure così diverse. Anche perché, in ogni caso, nel Bel Paese di fine Ottocento – e a dispetto di una “questione femminile” già altrove emersa negli ultimi anni del secolo precedente – la donna continua ancora, nell’immaginario collettivo a rappresentare pur sempre e soprattutto l’“angelo del focolare” o, di contro, la figura affascinante, raffinata ed elegante, inquieta e perfino trasgressiva dell’aristocrazia o dell’high society d’allora. Manca ancora, nell’ottica del “femminile”, un’impronta di impegno sociale generalizzato, teso a rivoltare cose e fatti e costumi vecchi di secoli. Quella raccontata dalla pittura di fine Ottocento e dei primissimi anni del Novecento è dunque, proprio per questo, una figura femminile dalle molte e controverse sfaccettature. Lo mettono in chiara evidenza le opere esposte fino al 25 maggio nelle sale della Galleria Aversa di via Cavour 13. Opere prevalentemente a firma di artisti di area subalpina, “girovaghi” (almeno negli anni di lavoro e permanenza a Torino e in Piemonte) fra le tre location allora assolutamente tappe d’obbligo per gli “addetti ai lavori”: dall’Accademia Albertina al Circolo degli Artisti alla Promotrice delle Belle Arti.

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Per lo più si tratta di nomi importanti e noti in una stagione pittorica “di alto fervore culturale – ebbe a scrivere Marziano Bernardi – che fece di Torino fra il 1880 e il 1902, con le Quadriennali e le Triennali, il maggior e più vivo centro artistico italiano”. L’itinerario può aprirsi con il torinese Vittorio Cavalleri. Suo quel vigoroso Ritratto di giovane contadina (cui s’è prima accennato), realizzato probabilmente negli anni in cui il pittore si trasferì nella campagna torinese del Gerbido, ospite del pittore Mario Gachet suo allievo. Di quel ritratto, dal segno incisivo e dai potenti richiami cromatici, balza agli occhi la ferma postura “garibaldina” della contadinella con tanto di foulard rosso al collo su camicia bianca a maniche corte e lunga gonna nera. Lo sguardo fiero e l’aria combattiva. Guerriera dei campi. Assai diversa da La contadina del milanese Carlo Bonomi (1928 circa), stupenda scultura in bronzo di essenziale quasi astratta cifra stilistica, in cui l’artista coglie e trascrive con rara sensibilità e mestiere da vendere la fatica e la rassegnazione della donna curva sotto il peso del carico quotidiano. Che è carico materiale, ma anche dell’anima. Simile, pur se calato in un contesto scenico decisamente meno drammatico, a quello de La Bergera (anche di lei s’è detto), opera di Andrea Marchisio, pittore fortemente orientato ai temi “di genere” e di chiara ispirazione romantica, portato a toni cromatici delicati. Torinese anche lui, come Angelo Garino, di cui in mostra ammiriamo Il riposo della Governante, opera piacevolissima e un po’ “sfrontata” nel quieto ma scomposto (e forse rubato) relax dell’inserviente, agghindata all’uopo come allora s’usava, in un interno borghese ricco di elementi d’arredo e alle spalle una piccola quadreria da buon collezionista. Alla poetica visione di una “Maternità” ben partecipe alle multiformi immagini del paesaggio naturale o all’intimità dell’ambito famigliare si ispirano invece il ricco e composito I Fiori della Mamma e il delizioso Dopo il bagnetto dei torinesi Giovanni Battista Carpanetto, ritrattista generoso nell’esuberanza dei dettagli ma anche apprezzato cartellonista pubblicitario, e Celestino Turletti, artista di gran scuola (all’Accademia Albertina fu allievo di Gamba e Gastaldi) e dotato di una particolare vena ironica che lo rese all’epoca assai popolare.

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Al “tema materno” si lega anche la magnifica Maternità sulla spiaggia, parte di un trittico ambientato ad Albenga e realizzato dal piemontese di San Sebastiano Po Demetrio Cosola, certamente fra i maggiori pittori dell’ultimo Ottocento subalpino per le qualità cromatiche e le preziose sottigliezze luministiche di quadri risolti, come in questo caso, con una capacità di sintesi e un’essenzialità di segno davvero stupefacenti. Ricco di reminiscenze impressioniste anche Dolci Sogni o Damina, l’altro quadro di Cosola presente in mostra. Di forti contrasti cromatici e di rapide e corpose pennellate che con acrobatici guizzi danno vita ad un’animata scena mercatale (siamo probabilmente a Venezia), si compone anche Lo Scialle Rosso di Alessandro Lupo: un altro torinese affascinato dal colore, sussidio formidabile – grandiosa quella scomposta imponente macchia rossa che riesce a dominare l’intera scena – ai canoni della più accademica pittura ottocentesca. E accanto, l’esaltante esperienza parigina di un Carlo Pittara, che lasciata ormai alle spalle l’avventura pur gloriosa della “Scuola di Rivara”, un anno prima della morte dipinge un’inaspettata Malinconia, pastello di delicata poesia e di un imprinting accademico perfino un po’ osé che lo accosta – con le dovute cautele – al gusto per le “divine donne” di un Giacomo Grosso o all’elettrizzante fascino della “Belle Epoque” che fu proprio del grande ferrarese Giovanni Boldini. E su questa linea si inserisce anche La Parigina realizzata nel 1911 dal partenopeo Ulisse Caputo, abile nel miscelare la verve orientaleggiante del maestro Domenico Morelli con effetti cromatici di intenso vigore suggeritigli dalle dame eleganti della Parigi del tempo. Lontani monti e campagne, le contadine, le pastorelle, le inservienti e le liriche affettuosità di mamma, siamo ormai al centro di un mondo medio-alto borghese in cui la donna è dorata espressione di eleganza e raffinata bellezza, instancabile animatrice dei salotti cittadini più à la page. E così è per Giulio Rosati, romano (fra i più importanti orientalisti dell’epoca) che nel 1885 compose quel sontuoso all’eccesso Nell’Atelier, non a caso esposto nella mostra “L’Ottocento elegante” tenutasi a Rovigo nel 2011. “Soggetti impero”, dai quali fu fortemente attratto anche Alpenore Gobbi, emiliano di Montecchio. Suo L’anello, dalla resa quasi miniaturistica delle stoffe, degli abiti e degli arredi. Perfino strabordante nella puntigliosa qualità dei dettagli, al pari di Tornano le rondini del napoletano Salvatore Postiglione, eccellente acquerellista, capace di soggetti potenti, ricchi di vita e di colore. Di intensa e profonda poesia, in una sorta di fiaba chagalliana (ancora a venire), vive infine L’Amour en Bleu del marchigiano Serafino Macchiati.

Gianni Milani

 

Nelle foto:

Celestino Turletti, “Dopo il bagnetto”, olio su tela, firmato

Alessandro Lupo, “Lo scialle rosso”, olio su tela, firmato

Angelo Garino, “Il riposo della governante”, olio su tela, firmato

Circuba alla Pellerina fino al 13 maggio

Dopo gli ultimi sold out, CIRCUBA a grande richiesta aggiunge nuove repliche a Torino dove resterà improrogabilmente fino al 13 maggio battendo ogni record. Un grandissimo successo di pubblico ha decretato CirCuba uno degli spettacoli più applauditi del 2018. CirCuba è lo spettacolo più solare di cui tutti parlano a Torino al Parco della Pellerina. “Dopo Roma ora anche Torino ha decretato questo spettacolo tra i migliori del 2018 – ci dice Heidi Zoppis produttrice dello show – sapevamo di avere un grande spettacolo con grandi talenti con artisti carichi di vitalità ed estrema bravura che hanno letteralmente conquistato il pubblico. E continuano ad arrivarci richieste e prenotazioni che ci hanno convinto di restare ancora Torino dove si conclude la prima parte del tour Europeo. In questo primo periodo trascorso tra Roma e Torino abbiamo avuto veramente tante soddisfazioni a partire dal nostro spettacolo effettuato per Papa Francesco e tante altre. Mi sento di dire con il cuore pieno di calore ricevuto dal pubblico a vori torinesi, restiamo ancora nella vostra città fino all’13 maggio.” “Il segreto di questo spettacolo – conclude Zoppis – e che per due ore la gente si dimentica della vita quotidiana immergendosi in un mondo allegro, pieno di ritmo, di musica dal vivo con attrazioni mozzafiato e quando si esce dal nostro tendone tutti escono allegri appagati di aver visto qualcosa di veramente bello”. Dopo Torino lo show andrà in Spagna per poi tornare in Italia a settembre per effettuare spettacoli a Milano e Napoli. Lo show è composto da un cast di cinquanta artisti dalla più famosa scuola di circo de L’Avana. Tutti condivideranno il palcoscenico sotto lo chapiteaux e ci inviteranno a celebrare con gioia e buon umore, l’ingresso in questa isola ricca di allegria, bella gente e bellezza naturale conosciuta al mondo per il suo splendido mare, per i suoi palazzi colorati ma anche per la sua musica; è proprio attraverso la musica, la danza, il canto e il circo che questo show prende forma con 12 suggestivi quadri. Il protagonista dello show è un simpatico personaggio (comico) che decide di partire per quest’isola e una volta entrato in aereo ed essersi allacciato la cintura di sicurezza atterrerà in mondo magico di colori, ritmo e allegria. Grande talento nelle performances, che hanno addirittura cambiato il modo di eseguire il numero del trapezio, rendendolo più spettacolare non usando la classica altalena, ma dei grandi elastici, che danno agli acrobati le sembianze di veri e propri proiettili umani e tutto soltanto illuminato dalla luce “nera”. Bravissimi gli atleti che saltano in aria per atterrare dopo aver eseguito delle evoluzioni mortali su una piccola sbarra di legno e ancora delle straordinarie contorsioniste alcune appese ad un cerchio aereo altre appese in aria per i propri capelli. Quest’ultima esibizione tipica dell’isola cubana. Quattro gli atleti che mettono alla prova la loro forza fisica, sono bravi verticalisti che attraverso le loro figure di forza formano delle vere e proprie sculture umane. Altri atleti ci danno prova di come si può saltare alla corda in modo spericolato ballando passi di salsa e merengue. Il salto della corda, è ancora oggi uno dei giochi più praticato dai bambini cubani e di tutto il mondo, effettueranno salti mortali da rabbrividire!! Altri ancora salteranno dall’altalena russa atterrando su un letto di paglia volando come dei proiettili umani… e ancora i salti alla bascula con atleti che arriveranno ad atterrare fino ad una piramide umana formata da 5 persone. E il comico Mister Bigai sempre pronto a tenere alto il tenore dell’allegria e della festa…

 

TORINO PARCO DELLA PELLRINA Corso Lecce A grande richiesta fino al 13 MAGGIO 2018 Info 331/5037118 – 331/3194441 www.circuba.it – Prevendite su www.circuba.it e ticketone.it SPETTACOLI Giovedì, venerdì e sabato ore 17:30 e 21:00 La domenica ore 16:00 – 18:30 e 21:00 Lunedì, martedì e mercoledì: Riposo

Together we dance

Torino, Piazza San Carlo – 29 aprile 2018 dalle ore 16. Un progetto di Piemonte dal Vivo/Lavanderia a Vapore in collaborazione con Torinodanza festival – Teatro Stabile Torino, TPE – Palcoscenico Danza, Mosaico Danza- Festival Interplay

 

Il 29 aprile – Giornata Internazionale della Danza promossa dall’International Dance Council dell’UNESCO– un grandelive danzato aperto a tutti animerà dalle ore 16 piazza San Carlo a Torino, con performance coordinate da Piemonte dal Vivo, in collaborazione con diversi soggetti piemontesi che si occupano di danza, per condividere un momento di festa e trascorrere insieme una giornata all’insegna del Together We Dance. Aderiscono e sostengono il progetto Torinodanza festival – Teatro Stabile Torino, TPE Palcoscenico Danza, Mosaico Danza- Festival Interplay, con il patrocinio del Comune di Torino.Fulcro della giornata è l’adesione, da parte della Lavanderia a Vapore, all’invito della compagnia belga Rosas, diretta dalla coreografa Anne Teresa De Keersmaeker, a riproporre la famosissima scena delle sedie della celebre creazioneRosas danst Rosas. Dal sito della compagnia è, infatti, possibile scaricare una sorta di template semplificato, accessibile a tutti coloro che si vogliono cimentare con questa coreografia. Da qui l’idea di Re:Rosas, evento inserito nella stagione 2017/2018 della Lavanderia a Vapore di Collegno e che si realizzerà a Torino il 29 aprile. Per la Lavanderia a Vapore, questa opportunità si traduce in un progetto formativo e performativo da realizzare insieme alle scuole di danza del territorio, con cui fin dal 2015 Piemonte dal Vivo ha iniziato a collaborare. In ottica formativa, la ripresa di una coreografia contemporanea può essere occasione di confronto e studio per tutti i giovani allievi delle scuole, abbinando un momento di esibizione pubblica. Partecipano al progetto, coordinate dalla coreologa Elena Rolla le scuole di danza Eclectica, Danzarea, Arte in movimento, la scuola del Balletto Teatro di Torino, Nuovo Steps, Livingston Dance Studio, Lab22 onthestreetdancefloor e Asd Centro Ricerca Danza.La performance verrà replica due volte, a inizio evento e al termine, inframezzata da altri due brevi interventi. La compagnia Eko Dance International Project, diretta da Pompea Santoro, si esibirà nella performance EVERY VALLEY/ON THE ROAD sulle musiche di Georg Friedrich Haendel, con le coreografie di Paolo Mohovich. A seguireTWELVE TIMES, coreografia di Daniele Ninarello, esito finale del Laboratorio Permanente di Ricerca e Composizione Il Corpo Intuitivo.La giornata del 29 aprile si conclude alle ore 21 al Teatro Vittoria di Torino con l’appuntamento della Fondazione Egri per la Danza, che presenta il suo spettacolo GALA per la Giornata Mondiale della Danza. In apertura i video del contest “La danza in 1 minuto” di COORPI, 12 video di un minuto di artisti provenienti da tutto il mondo. A seguire La Compagnia EgriBiancoDanza per la prima volta al Teatro Vittoria danzerà un estratto dallo spettacolo APPARIZIONI mentre il Balletto Teatro di Torino si esibirà in CONCEPT#1. Durante la serata in programma la prestigiosa esibizione di  Federico Bonelli e Hikaru Kobayashi, principal dancers del ROYAL BALLET COVENT GARDEN di Londra, che danzeranno nel passo a due da “Coppelia” di Michail Baryšnikov.

piemontedalvivo.it

Su e giù per la US 123

E’ quasi impossibile sbagliare seguendo i toponimi. Leggi nomi di fiumi come Chattooga, Tallulah, Tugaloo o di foreste come Chattahoochee o Oconee e scopri che quest’area tra nord della Georgia ed ovest della South Carolina era zona di nativi Cherokee e Muscogee (Creek), prima della “Georgia Gold Rush” e della deportazione forzata tristemente nota come “Sentiero delle lacrime” (Trail of Tears) che li spinse fino in Oklahoma.

Tra Dahlonega e la Georgia Gold Belt si scatenò la corsa all’oro che sradicò i nativi; in seguito sorsero la città di Toccoa (anch’esso toponimo Cherokee) e l’attuale Stephens County. Qui sorse il nucleo preponderante della band The Voxmen, che nell’arco della sua breve esistenza si mosse per i concerti in un’area territoriale riconducibile all’arteria stradale nota come U.S. Route 123 (US 123), tra le propaggini di Toccoa in Georgia e Greenville in South Carolina. La conformazione della band in una prima fase era strutturata in David Westmoreland e Bill Thompson (chit), Eddy Jordan (V, b), Bill Harding (batt); i locali più frequentati nelle esibizioni erano “The Hut” di Toccoa e l’allora stranoto “The Chicken Shack” di Seneca (South Carolina) gestito da Charlie B. Stancil, importante e carismatica figura di riferimento di tanti musicisti esordienti della zona. Qui, tramite il manager Barry Westbrook, The Voxmen entrarono in contatto col sedicenne George Dilworth, che subentrò alla batteria al posto di Harding passato al Vox organ; tra Jordan e Dilworth nacque subito una positiva sinergia creativa, che risentiva anche della comune ammirazione per la British Invasion (soprattutto Beatles e Hollies).

Ne derivò il primo 45 giri: “They Say (You’re Gonna Lose That Girl)” [Dilworth – Harding – Jordan] (VM 1001; side B: “You Tell Me”), inciso ad Atlanta e prodotto da Westbrook con etichetta propria VM records. La visibilità sembrava piuttosto buona e peraltro non mancavano le performances anche come support band in parecchie venues musicali; tanto che il 22 luglio 1967 a Greenville (South Carolina) The Voxmen ebbero l’onore di aprire il concerto degli inglesi The Dave Clark Five (DC5) in un Greenville Memorial Auditorium strapieno ed entusiasta.

Poco dopo subentrarono due elementi dei The Avalons, altra band dell’area di Toccoa: Roy Thompson (chit) e Sam Camp (org, arm). Soprattutto grazie all’apporto di Camp, il sound dei Voxmen mutò e perse la crudezza del primo singolo, con una trasformazione sia nell’impasto sonoro (con l’apporto dell’armonica) sia nelle armonie vocali di sfondo alla voce principale.

Nel dicembre 1967 uscì il secondo (ed ultimo) 45 giri: “Good Things” (VM 7-8438; side B: “Time Won’t Change My Mind” [Jordan – Thompson]), inciso a Charlotte (North Carolina) presso gli Arthur Smith Studios sotto etichetta VM records e prodotto da Clay music; in particolare emergono in “Time Won’t Change My Mind” la brillantezza dei breaks di armonica di Camp e la mobilità fluida della linea di basso di Jordan.

Proseguirono per qualche tempo le esibizioni sul solito asse della U.S. Route 123 tra Georgia e South Carolina, fra Toccoa, Seneca, Clemson, Liberty e Greenville, fino all’uscita del chitarrista Roy Thompson. I superstiti Voxmen cercarono allora rinforzi in Florida, tentando di ricostituire a Toccoa una nuova band dal nome The Fredrick Haze. Il progetto tuttavia ebbe vita breve e naufragò probabilmente entro la fine del 1968, chiudendo l’avventura di un gruppo affiatato che, forse ingiustamente, non ebbe mai la chance adeguata per il “grande salto”.

Gian Marchisio

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Guarda il video: https://www.youtube.com/watch?v=pEmiq6qn6-g

 

Il Castello del Drosso

7 / Questa è la storia breve di un castello la cui disposizione interna si presenta come un lungo susseguirsi di stanze e saloni. Anche le leggende hanno bisogno di tempo per crescere e diventare adulte.

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Esse nascono in forma di “incipit“, nell’infanzia diventano “premesse”, “la trama” si forma nell’adolescenza e si sviluppa nell’età adulta, quando diventano vecchie si tramutano in solenni e saccenti “finali”. La leggenda del Castello del Drosso è ancora una “bambina”, ma le basi sono buone, la piccola diventerà una grande e coraggiosa Valchiria.


È metà pomeriggio di una giornata senza precisi impegni, il sole sta a mezz’asta, inizia ad illuminare le cose di traverso allungandone le forme. D’improvviso l’idea di una gita, una telefonata, pochi accordi e in un lampo sono in macchina con il mio odierno compagno di avventure, il mio impavido papà. Appena oltre i confini cittadini si trova il Castello del Drosso, un’antica grangia cistercense dotata di forti mura e torri massicce, un tempo sotto l’influenza dell’Abbazia di Staffarda, divenne in seguito proprietà dei Vagnone. L’edificio è visibile dalla strada, se uno sa dove guardare. La sua imponenza è ovattata dall’attuale posizione isolata, spersa in mezzo ai campi coltivati, e dallo stato di abbandono che lo sta lentamente divorando.


La sua presenza si inserisce nell’orizzonte senza saltare all’occhio, un bambino lo disegnerebbe senza staccare la matita dal foglio, sullo stesso piano degli alberi che lo affianco su entrambi i lati. Accanto alla torre antica vi è una moderna gru che appartiene al cantiere aperto appena davanti al castello. Da lontano i contorni si perdono, antico e moderno si fondono e danno vita ad una creatura ibrida e sterile, una mostro di Frenkenstein architettonico che per ora è solo un’illusione ottica. Lasciamo la macchina poco distante e percorriamo a piedi una strada sterrata, arriviamo a costeggiare la zona dei lavori, immobile come la condizione del castello.Prima di cercare un modo per addentrarci nella struttura decidiamo di proseguire per ammirare l’aspetto esterno della costruzione. Imbocchiamo un sentiero stretto e leggermente fangoso che costeggia i campi circostanti; la stradina, leggermente in discesa si incurva verso destra e prosegue poi diritta, conducendoci proprio sotto la roccaforte e regalandoci una prospettiva da cartolina. Subito estraggo la reflex e scatto molte fotografie, mi sposto da un’angolazione all’altra come stessi eseguendo un’approssimata ed incerta danza della pioggia.


Il cielo azzurro intenso, già tendente al blu Bondi, fa da sfondo neutro alla struttura in primo piano, due porticati paralleli sostengono sulle proprie spalle altri due piani e altre due torri. I porticati sporgono in avanti, rispetto al resto del corpo della costruzione, svolgendo anche la funzione di terrazzo, a loro volta sprofondano nel terreno della colina sulla quale si ergono. Dal basso, la posizione in cui mi trovi, si intravvede l’antico rosso della parete dietro il porticato del primo piano, il resto delle mura, malate di vitiligine, sono color ocra pallido con chiazze tendenti al bianco. Soddisfatta dei miei scatti cartolina-ricordo, propongo di risalire il sentiero per provare a intrufolarci all’interno del castello. Riusciamo nel nostro intento, anche se con meno facilità rispetto ad altre situazioni in cui mi sono trovata; la fatica però è decisamente ripagata dalla vista che ci si prospetta davanti: sbuchiamo a fianco dell’edificio, il sole delle cinque pomeridiane esalta il color mattone delle alte mura, è come se il castello arrossisse in risposta ai commenti che facciamo riguardo alla sua possanza e al suo bell’aspetto. La costruzione è circondata da un grande giardino, in cui si trovano una fontana scavata, un pozzo decisamente fiabesco, adornato di edera verde dalla base fino all’arco a cui si agganciava il secchio, un grande albero che mi permette di scattare un’altra cartolina-ricordo e, infine, una preziosa cappelletta privata, nascosta timidamente dietro grossi alberi verdeggianti.


È questa piccola costruzione che più mi attrae e che preferisco esplorare per prima. Gli affreschi alle pareti e sul soffitto piangono lo splendore di un tempo, la muffa li sta lentamente ingoiando, e il verdone dell’umido sta cancellando l’oro dei trompe l’oeil. Sopra l’ingresso si legge ancora una vetusta scritta in latino: timentibus deum nihil deest, “a coloro che temono Dio non manca nulla”, parole forti e solenni, degne di un castello come quello del Drosso.Il complesso è di origine medievale, già agli inizi del 1100 si hanno notizie del castello e del suo intorno rurale. Inizialmente era alle dipendenze dei monaci di Staffarda, poi di quelli di Torino, divenne proprietà dei Gorzani nel 1334, da loro passò ai Vagnone. La storia del castello è abbastanza travagliata, ebbe molti proprietari dopo i Vagnone, e nel 1496 si trovò in una surreale situazione di frazionamento che lo vedeva conteso tra più padroni, fino al momento in cui, nel 1539, il Conte Gugliemo Gromis di Trana riuscì ad avere ragione sugli altri pretendenti, ma solo nel 1860 la famiglia Gromis riuscì ad acquistarlo per intero. L’aspetto esteriore del castello è frutto delle varie trasformazioni che ha dovuto subire epoca dopo epoca, per essere sempre al pari con le mode del tempo; guardandolo ora, dato che non ha mai sfigurato in periodi passati, forse siamo noi che dobbiamo porci qualche domanda.


Usciti dalla piccola chiesetta privata, ci addentriamo all’interno della decisamente più ampia struttura che ci si pone davanti. Il primo salone che incontriamo fa da specchio al resto dell’edificio: pareti un tempo minuziosamente decorate stanno lentamente cedendo all’inevitabile trascorrere del tempo, la delicatezza degli ornamenti va scomparendo irreparabilmente, e tutto avviene in silenzio, come si addice ad un valoroso condottiero, che, per quanto stremato dalle ferite, muore in silenzio, senza rendersi supplice di nessuno. È un complesso enorme, ci mettiamo un po’ a girarlo tutto, ogni antro ha il suo fascino, ogni raggio di luce che si insinua mette in risalto qualche dettaglio. Mi è rimasta impressa una nicchia interna, sul cui soffitto erano stati dipinti gruppi di uccelletti canterini, che sembravano ancora emanare gioiosi cinguettii. Mi colpisce la presenza casuale ed improvvisa, in alcune stanze, di alcuni mobili decontestualizzati. Al centro di un salone abbiamo trovato un divano a tre posti, impolverato e consunto, aveva l’aspetto di un viandante perduto, che rimane immobile perché non conosce la lingua e non può chiedere informazioni; anche al piano terra c’è uno frammento di anni ’60, un tavolo apparecchiato, qualche sedia, un frigorifero ed un piano cottura fanno pensare che qualcuno abbia deciso di potersi trasferire lì, ma l’impossibilità di chiudere gli spifferi deve averlo fatto desistere.


Su tutto grava un silenzio rigoroso, che pretende rispetto e che indubbiamente riesce ad ottenerlo. Quando usciamo il sole è al limite dell’orizzonte, il castello è ormai in ombra, lo guardo e mi ricorda un valoroso combattente, un vecchio generale innamorato della propria divisa, con lo sguardo fiero, che non si spaventa di fronte all’invincibile decadimento. C’è chi dice di aver visto delle figure fluttuanti affacciarsi alle finestre, altri iniziano a giurare che ci siano delle luci che si accendono e si spengono sulle torri, ma per ora sono solo parole inconsistenti. La leggenda sta nascendo ma deve ancora formarsi, tuttavia ci sono delle ottime basi per una futura storia di fantasmi: un castello abbandonato che scolorisce al sole, dimenticato nel silenzio della periferia e che, come ultimo dettaglio, fu costretto ad ospitare il comando Torino Sud dell’esercito tedesco durante l’occupazione nazista.

Alessia Cagnotto

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

L’amore secondo Isabelle – Commedia drammatica. Regia di Claire Denis, con Juliette Binoche, Gérard Depardieu, Valeria Bruni Tedeschi, Josiane Balasko e Xavier Beauvois. Il panorama è quello di Parigi, con i suoi rumori e i tetti e i monumenti e i caffè affollati, sotto le luci sempre accese della Tour Eiffel. Isabelle è una pittrice divorziata, cinquantenne, con una figlia di dieci anni. Al momento non ha una persona accanto e aspetta che la sua vita venga riempita da un amore. C’è un banchiere, un tipo eccentrico, che prima le lascia sperare chissà che ma poi le confessa che lui la moglie non la lascerà mai. Forse l’incontro definitivo potrebbe forse essere un attore. Forse, un uomo conosciuto per caso, lontano dall’ambiente delle sue solite frequentazioni. Cosa fa, Isabelle, quando non è innamorato? Niente, dice lei, ma in realtà soffre, si illude, spera e dubita, desidera e piange. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche 3D, Uci anche V.O. e 3D)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre ormai anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Doppio amore – Thriller erotico. Regia di François Ozon, con Marine Vatch, Jérémie Renier e Jacqueline Bisset. Giovane e fragile, Chloé nutre in corpo un dolore che non passa, affronta una terapia nella speranza di una guarigione. Frequenta uno psicoterapeuta che ad un certo punto decide di interrompere le sedute dal momento che si sente attratto da lei. L’amore corrisposto spinge la ragazza a tentare una coabitazione: senonché un giorno scopre che il compagno le sta nascondendo l’esistenza di un gemello monozigote, Louis, che svolge la stessa professione in un altro quartiere parigino. È incuriosita, vuole sapere, decide di prendere un appuntamento con lui. Durata 110 minuti. (Romano sala 1)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana

e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Chico)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Interruption – Drammatico. Regia di Yorgos Zois, con Alexandros Vardaxoglou e Sofia Kokkali. Una tragedia greca, l’Orestea, e una sua rilettura moderna in un teatro di Atene, il pubblico prende posto in sala, lo spettacolo inizia… fino a che un gruppo di giovani vestito di nero, il nuovo Coro, sale sul palcoscenico e invita alcuni fra il pubblico a fare la stessa cosa, a partecipare al dramma, assegnando i ruoli e indicando lo svolgersi della tragedia di Eschilo. Forse la realtà con il procedere delle parole si è sostituita al racconto e ai sentimenti di un tempo. Durata 109 minuti. (Classico V.O.)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia si Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran

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baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho e Chico, Ideal, Lux sala 1, Reposi, Romano sala 1, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Molly’s game – Drammatico. Regia di Aaron Sorkin, con Jessica Chastain, Kevin Costner e Idris Elba. Da una storia vera. Dove Molly è una eccellente sciatrice avviata verso i successi olimpici se una brutta e irrimediabile caduta non ponesse termine ad una promettente carriera. La vita richiede di cambiare registro e sfide. Ecco allora Molly ingegnarsi a divenire apprezzata organizzatrice di serate attorno ai tavoli del poker, con clientela di riguardo, dagli attori – leggi Di Caprio, Damon, Ben Affleck e altri qui ben camuffati – ai politici agli sportivi, tavoli attorno ai quali finiscono anche la droga e tipi russi poco raccomandabili, per cui l’FBI tiene le antenne ben alzate. Regia numero uno di uno dei maggiori sceneggiatori di Hollywood premio Oscar per The Social Network. Durata 140 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (The Space, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu, Ideal, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 2, Reposi)

 

The silent man – Drammatico. Regia di Peter Landesman, con Liam Neeson e Diane Lane. La storia dell’informatore del caso Watergate, della Gola Profonda che trasmise le notizie ai giornalisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, una storia che è stata taciuta per oltre trent’anni e che nel 2005 è venuta alla luce per definitiva ammissione dell’interessato, Mark Felt, all’epoca dei fatti vice direttore dell’FBI. Un film che vuole rinfrescare la memoria di molti e magari cercare qualche legame con il mondo politico di oggi. Durata 103 minuti. (Romano sala 3)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Il tuttofare – Commedia. Regia di Valerio Attanasio, con Sergio Castellitto e Guglielmo Poggi. La storia di Toti Bellastella, di professione avvocato, opportunista e facile all’angheria, che tra serietà (poca) e cialtronaggine (moltissima) sa destreggiarsi perfettamente nella vita, e quella del giovane praticante Antonio Bonocore, di fresca laurea, un giorno accolto nello studio dell’avvocato. Accoglienza e potere, un apprendistato che s’allarga ai ruoli di portaborse, autista e cuoco: sino all’imposizione di diventare pure lo sposo dell’amante argentina dell’avvocato, alla ricerca di una cittadinanza. Durata 96 minuti.

Al via il Concorso Fotografico Cavour

Il CFC, Concorso Fotografico Cavour, è un concorso di fotografia aperto a tutti gli studenti delle scuole superiori organizzato dal Liceo Classico e Musicale Cavour in collaborazione con l‘Associazione Culturale Azimut, con il sostegno del Salone Internazionale del Libro di Torino e con il patrocinio della Regione Piemonte. Dopo il successo delle edizioni precedenti il CFC giunge nel 2018 alla settima edizione con l’intento di fornire una vetrina espositiva interscolastica per gli studenti di ogni paese che utilizzano la fotografia come mezzo artistico di espressione.

Il tema del CFC di quest’anno, ispirato al tema del Salone Internazionale del Libro di Torino Un giorno, tutto questo“, è “Squarci di futuro“, nelle sue più libere interpretazioni, tenendo conto che il Salone del libro propone cinque grandi aree tematiche tramite le domande:

  1. Chi voglio essere?
  2. Perché mi serve un nemico?
  3. A chi appartiene il mondo?
  4. Dove mi portano spiritualità e scienza?
  5. Che cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione?

I partecipanti dovranno iscriversi inviando una fotografia che esprima il concetto di futuro via e-mail all’indirizzo: concorso.cavour@gmail.com, entro il 1 maggio 2018 specificando: oggetto (CFC 2018), autore, titolo, strumento fotografico utilizzato ed istituto scolastico di appartenenza.

 

Il pubblico potrà votare le fotografie nel corso dell’apertura del Salone; l’esposizione delle fotografie sarà allestita al Lingotto, nel padiglione del Bookstock Village. L’autore della foto più votata verrà premiato con un’esposizione a IoEspongo dell’ Associazione Culturale Azimut. Al secondo classificato sarà assegnato un buono libri del valore di 50 Euro.

 

NON SOLO FOTOGRAFIA

Per questa edizione c’è anche la possibilità di inviare un breve testo o un aforisma in risposta alle cinque domande elencate in precedenza. Chiunque volesse rispondere, scrivendo i propri pensieri e opinioni sull’argomento, potrà farlo inviando una mail sempre all’indirizzo concorso.cavour@gmail.com entro il 1 maggio 2018, specificando l’oggetto (CFC 2018 – “Non solo fotografia”). I testi verranno poi utilizzati nella presentazione finale del CFC alla mostra dell’Associazione Azimut.

 

PER INFORMAZIONI

Pagina Facebook: CFC • Concorso Fotografico Cavour

Liceo Cavour: www.lcavour.gov.it

Associazione Azimut: www.associazioneazimut.net

Salone Internazionale del Libro di Torino: http://www.salonelibro.it

Instagram: CFC2018

Geroglifici, che emozione!

Giovedì 26 aprile, alle ore 10:10, il Museo Egizio propone ai bambini dai 6 agli 11 anni, accompagnati dai genitori, l’opportunità di intraprendere un viaggio alla scoperta dell’affascinante scrittura dei faraoni: i geroglifici.

 

La visita guidata, intitolata “Geroglifici: che emozione!”, offrirà ai piccoli visitatori la possibilità di conoscere in prima persona il profondo sapere faraonico celato nelle misteriose iscrizioni.

 

Aiutati dall’egittologo museale, i giovani visitatori e i loro accompagnatori saranno coinvolti nella scoperta del funzionamento base dell’affascinante scrittura geroglifica. Approfittando dell’occasione, inoltre, potrannoosservare con attenzione i reperti egizi distribuiti lungo tutto il percorso della visita, alla ricerca di nomi e formule legate alle superstizioni e ai desideri degli antichi Egizi, talvolta sorprendentemente simili ai nostri.

 

Un percorso intrigante, capace di dare vita ai messaggi trasmessi da alcuni dei protagonisti della civiltà nilotica, che punta l’attenzione sul fascino della scrittura geroglifica, un’arte rivelata a pochi eletti grazie ad un lungo e complicato insegnamento.

 

INFORMAZIONI UTILI

Geroglifici: che emozione!

Pubblico: bambini (6-11 anni) accompagnati dai genitori

Data e orari: Giovedì 26 aprile, ore 10:10

Durata: 90 minuti

Prezzo al pubblico: € 5,00 (biglietto di ingresso escluso)

Prenotazione obbligatoria: dal lunedì al venerdì, 8:30 – 19:00; sabato, 9:00 – 13:00.

Telefono: 011 4406903 – mail: info@museitorino.it