CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 677

Andrea Doria, la “nave più bella del mondo” rivive in un romanzo

Il Consiglio regionale sale a bordo di uno storico transatlantico e ne ripercorre la drammatica vicenda. Un viaggio ideale, reso possibile dal libro Clandestino sull’oceano. Andrea Doria, otto giorni di navigazione prima del disastro, dello scrittore Claudio Cantore, presentato giovedì 27 luglio presso la sala Udp di Palazzo Lascaris, a Torino.

Sono intervenuti, oltre all’autore, Daniela Ruffino, vicepresidente del Consiglio regionale, Silvana Rizzato, sindaca di San Martino Canavese, Celestino Torta, sindaco di Reano, il professor Piero Leonardi, divulgatore letterario ed esperto di teatro di narrazione che ha letto alcuni brani tratti dal romanzo e, quale ospite speciale Pierette Simpson, statunitense originaria di Pranzalito (frazione di San Martino Canavese), che ha portato la sua testimonianza di sopravvissuta al naufragio del transatlantico, avvenuto nella nelle prime ore del 26 luglio 1956, mentre l’imbarcazione stava per raggiungere la sua meta finale, nel porto di New York.“È necessario tornare sulle cause e sulle responsabilità di quella irreparabile sciagura che non furono mai del tutto chiarite e che, all’epoca dei fatti, vennero addossate al capitano Piero Calamai e all’equipaggio dell’Andrea Doria, gettando forte discredito sulla Marina italiana. Ma ‘la storia non muore’ ed è giusto che qualcuno voglia ripercorrerla per approfondire la realtà dei fatti. È il caso della giovane fanciulla natia di Pranzalito – diventata in America professoressa di lingue e letteratura – che, forse anche per rimuovere i tristi ricordi della tragedia vissuta, si è incamminata su questo impegnativo percorso. Su questa strada, con i sindaci di Reano e San Martino, con tutti i presenti e con l’autore Claudio Cantore – che attraverso Johnny ripercorre quei momenti – noi la vogliamo accompagnare per saperne di più”, ha affermato Daniela Ruffino, vicepresidente del Consiglio regionale.

Il romanzo intreccia la storia e le avventure a lieto fine di Johnny, un giovane apprendista pasticcere, salito a bordo dell’Andrea Doria come clandestino, con gli ultimi giorni di navigazione prima dello speronamento che decretò l’affondamento della nave. “L’Andrea Doria era il simbolo della rinascita di un’Italia uscita sconfitta e distrutta da una Guerra mondiale”, afferma Cantore. “Lei era la ‘nave dei sogni’ e solo uno sperone rinforzato di una rompighiaccio, colpendola sul fianco, poteva spezzare questo sogno, tramutandolo in leggenda”.

Il racconto, nel precisare le responsabilità del disastro, attribuito all’errata e fatale interpretazione della scala della distanza del radar a bordo dello Stockholm, l’altra nave coinvolta nell’incidente, getta una luce nuova sulla figura del comandante Piero Calamai. Costui venne infatti colpevolizzato sul momento dalle circostanze di comodo della compagnia assicurativa, mentre i suoi uomini e i fatti, così come si sono svolti, lo hanno riabilitato evidenziandone il coraggio e la correttezza delle scelte.

L’impegno dei membri dell’equipaggio e del comandante Calamai  – costretto dai suoi a lasciare la nave quando ormai a bordo non c’era più nessuno da salvare – sono stati sottolineati dalla toccante testimonianza di Pierette Simpson, che aveva 9 anni quando, con i nonni, si imbarcò sulla nave ammiraglia della flotta italiana per intraprendere il viaggio verso l’America e ricongiungersi con la madre, già emigrata anni prima a Detroit. Il ricordo della sciagura che fece 52 vittime, le storie degli immigrati che si erano imbarcati in cerca di fortuna oltreoceano e il salvataggio dei naufraghi con un’operazione di soccorso perfetta sono stati raccontati anche in un libro scritto dalla stessa SimpsonL’ultima notte dell’Andrea Doria e trasposto nel docu-film, Andrea Doria: i passeggeri sono in salvo?, diretto da Luca Guardabascio. La proiezione del film in Piemonte, a Ivrea e a San Martino Canavese rivolta alle scuole e alla cittadinanza tutta, è stata promossa l’anno scorso dal Consiglio regionale e dalla sua Consulta femminile. La pellicola è stata girata tra Genova, gli Stati Uniti (in special modo a Detroit) e nel Canavese (a Pranzalito e San Martino) dove la popolazione locale, dalle istituzioni ai singoli cittadini, si è messa a disposizione per realizzare un vero miracolo cinematografico, facendo rivivere con dispendio di mezzi ed energie, la storia della partenza della piccola Piera con i suoi nonni.

Le operazioni di soccorso dell’Andrea Doria  da parte del transatlantico Île de France e di tutti gli altri mezzi navali a disposizione, vista la rapidità e il modo in cui si svolsero, fecero del disastro di quel ‘grattacielo viaggiante’, con 700 cabine distribuite su 11 livelli e  1.706 persone a bordo, la più grande operazione di soccorso della storia marittima dell’epoca. Il relitto dell’Andrea Doria, mai recuperato, giace tuttora posato sul fianco di dritta a una profondità di 75 metri.

ec – www.cr.piemonte.it

Speciale Venere di Botticelli a #Realedisera

Dalle 18,30 con visita guidata al capolavoro. Ingresso al prezzo speciale di 3 Euro

 

Dopo essersi fatta ammirare negli Stati Uniti e aver entusiasmato i pubblici d’oltreoceano, torna a casa la Venere di Botticelli dei Musei Reali di Torino, ospite d’onore di una serata speciale di #Realedisera interamente dedicata a lei, proprio di venerdì, nel giorno che gli antichi consideravano consacrato a Venere. Il 28 luglio, dalle ore 18,30 i visitatori possono vedere il capolavoro del maestro fiorentino nell’ambito delle serate di apertura straordinaria dei Musei Reali, usufruendo dell’ingresso al vantaggioso prezzo di 3 Euro. Ma non solo: per tutti coloro che vogliono conoscere di più sulla “Venere di Torino” e sulla sua storia, è prevista una visita guidata all’opera a cura della direttrice della Galleria Sabauda Annamaria Bava alle 21 (inclusa nel biglietto d’ingresso).

Qual è la storia che si cela dietro al rapporto tra Sandro Botticelli e Simonetta Vespucci, amata da Giuliano de’ Medici e morta tragicamente all’età di ventitré anni, la cui bellezza è stata resa immortale in quest’opera, amata e riconosciuta in tutto il mondo? Già durante la vita dell’artista, il mercante fiorentino Antonio Billi scriveva che l’artista dipingeva bellissime donne nude e Giorgio Vasari, nelle sue Vite, confermava la testimonianza con queste parole: “Per la città, in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai”. Solo tre Veneri sopravvivono, attribuibili a Sandro o alla sua bottega: la Venere di Berlino, quella di Torino e una già in collezione privata a Ginevra. Le prime due sono state esposte entrambe ai Musei Reali in occasione della prima edizione di Confronti, nel 2016. Si tratta di nudi monumentali, che possono essere annoverati tra i primi dipinti profani dell’Europa postclassica e che trovano ispirazione in un modello antico che conosciamo come Venere de’ Medici, o Venere pudica, dove la Dea è sorpresa a coprirsi con le mani il seno e il pube. La “Venere di Torino” proviene dalla collezione Gualino. La prima traccia dell’opera risale al 1844 quanto fu acquistata da un reverendo inglese, che in seguito la cedette a un barone. L’opera si pensava perduta nell’incendio della casa di quest’ultimo ma fu ritrovata dagli eredi da cui la acquistò il grande collezionista biellese Riccardo Gualino. Nel 1930 la Venere, realizzata da Botticelli con la collaborazione dei suoi allievi, divenne patrimonio della Galleria Sabauda. L’opera rientra brevemente in Italia dopo un lungo viaggio negli Stati Uniti (Boston in Massachusetts, e Williamsburg in Virginia); in autunno potrebbe riprendere il suo ruolo di testimonial dell’italianità nel mondo. #Realedisera rappresenta anche un’ottima occasione per ammirare le diverse mostre in corso ai Musei Reali, con visite guidate tenute dai curatori di ognuna. Gli appuntamenti previsti per i prossimi venerdì sono:

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Venerdì 28 luglio

–      19,45 – Museo di Antichità

Prima del bottone. Accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità, con Elisa Panero

–      21 – Galleria Sabauda

Visita alla Venere di Botticelli, con Annamaria Bava

–      21,30 – Galleria Sabauda

Le bianche statuine. I biscuit di Palazzo Reale, con Franco Gualano

 

Venerdì 4 agosto

–      19,45 – Museo di Antichità

Prima del bottone. Accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità

–      21 – Galleria Sabauda

Visita alla Venere di Botticelli, con Annamaria Bava

–      21,30 – Galleria Sabauda

Le invenzioni di Grechetto, con Giorgio Careddu

 

#Realedisera Si tiene ogni venerdì fino al 6 ottobre e prevede l’accesso ai Musei Reali fino alle 22,30 (ultimo ingresso alle 21,30). Il costo del biglietto è di 3 Euro (fatte salve le gratuità di legge e possessori dell’Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card); la tariffa speciale si applica dalle 18,30.

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MUSEI REALI TORINO

www.museireali.beniculturali.it

I “ribelli” di Camasca

L’alpe di Camasca è sempre stato uno dei luoghi più sfruttati dagli abitanti di Quarna per il pascolo del bestiame, dalla primavera all’autunno. Considerato da secoli per estensione e bellezza, oltre che per l’invidiabile esposizione al sole, il più importante alpeggio di Quarna Sotto, ospitò nelle sue baite – nel settembre 1943 –  i primi partigiani, guidati dal capitano Filippo Maria Beltrami. L’alpeggio cusiano, tra l’ottobre e il dicembre 1943, divenne il centro operativo della formazione partigiana guidata dal “Signore dei Ribelli” che aveva posto il suo comando nella baita del cavalier Sigisfredo Meneveri. Da Camasca, il nucleo partigiano s’irrobustì in numero e forza, operando attorno al lago d’Orta: da Pettenasco a Lagna, da San Maurizio d’Opaglio a Cesara, a Pella e in altre località cusiane non si contarono le audaci azioni degli uomini del “Capitano” per procurarsi armi, munizioni e di che vivere in quegli anni di fuoco e di neve.  Da Camasca venne organizzata la guerriglia contro i nazifascisti. L’11 novembre del ‘43 una squadra, al comando del tenente Bruno Rutto, attaccò il presidio di Gravellona Toce, mentre una sessantina di uomini, al diretto comando del “Capitano”, si spostarono verso Ornavasso in appoggio all’insurrezione di Vilaldossola . Tra le formazioni operanti nelle zone tra la Valsesia e il Verbano-Cusio-Ossola si stipularono intese e alleanze operative. Il 30 novembre ‘43 , proprio il gruppo “Quarna” guidato da Filippo Maria Beltrami, insieme alle formazioni garibaldine valsesiane del comandante Eraldo Gastone (“Ciro”) e del commissario politico Vincenzo Moscatelli (“Cino”), occupò Omegna . La prima “calata al piano” impegnò una sessantina di uomini, con uno scopo chiaramente dimostrativo. L’azione si svolse, infatti, nel giro di poche ore tra la folla festante e senza necessità di scontri armati.Il “Capitano”” e ” Cino” , in piedi sul cassone di un autocarro, rivolsero due brevi discorsi alla popolazione, per ringraziarla e incoraggiarla a resistere e ad aver fiducia nei partigiani intenzionati a battersi fino alla vittoria finale. Ma nel pomeriggio, quando ormai i partigiani se n’erano già andati da un pezzo, la milizia fascista locale rientrò in città sparando a casaccio e colpendo a morte un bambino di cinque anni, Luciano Masciadri. Al funerale del piccolo, il 3 dicembre, parteciparono più di cinquemila persone (tra le quali numerosi resistenti) mentre i fascisti, impauriti, si rifugiarono in caserma. Tra le corone una portava un grande nastro tricolore con la scritta “I Patrioti non ti dimenticheranno”. Fino all’antivigilia di Natale del ‘43 gli uomini di Beltrami, partendo dagli alpeggi di Camasca, insidiarono il controllo del Cusio alle forze della Repubblica di Salò. Poi, il 23 dicembre, il gruppo “Quarna” fu obbligato a trasferirsi dall’alpe a Campello Monti, in Valle Strona,  in seguito alla minaccia dei tedeschi di bombardare per rappresaglia l’abitato di Quarna. Dopo la tragica battaglia di Megolo , in bassa Val d’Ossola, dove Beltrami e altri dodici uomini persero la vita il 13 febbraio del ’44 dopo quattro ore di aspro combattimento, l’intera zona fu rioccupata dai partigiani guidati da Bruno Rutto. Ma la rappresaglia non tardò e il 14 aprile 1944, approfittando dell’assenza della Divisione Alpina d’Assalto “Filippo Maria Beltrami” , milizie nazifasciste, nel corso di un rastrellamento, raggiunsero l’alpeggio, appiccando il fuoco a tutte le cascine e alle baite. Da Quarna videro levarsi in cielo dense colonne di fumo e il vento portò lontano l’acre odore dell’incendio. In poche ore le fiamme mandarono in fumo il lavoro e la fatica di intere generazioni, cancellando parte della storia di quella comunità di montanari. Bruciarono trentadue tra case, cascine e baite, in quella tristissima giornata di metà aprile. Ma la Resistenza non si fiaccò, crescendo fino ai giorni della liberazione, nell’aprile del 1945.

Marco Travaglini

Marco “Baz” Bazzoni e Alexia al Parco Dora Live

Gran finale, dopo due mesi di successo di pubblico e critica per il calendario della rassegna nazionale di spettacolo ‘#Parco Dora Live’, che sino a fine luglio offre concerti e spettacoli di cabaret gratuiti di grandi artisti italiani nella piazzetta esterna del Centro Commerciale ‘Parco Dora’ a Torino in Via Livorno angolo Via Treviso. Dopo gli ottimi show di grandi nomi della musica e del teatro comico, venerdì 28 luglio, presentato dal noto attore comico torinese Gianpiero Perone, sarà di scena Marco ‘Baz Bazzoni’, attore amatissimo dal pubblico, messosi anche recentemente in luce all’Edizione 2017 di ‘Made in Sud’, su Raidue. Domenica 30 luglio, invece, presentata da Gino Latino di Radio GRP (media partner dell’evento) e Carlotta Iossetti, sarà la volta del concerto di Alexia, regina della cosidetta italodance, cantautrice pop dalla grande grinta ed energia, che a settembre pubblicherà il nuovo album di inediti, che vede la produzione del fidato Mario Lavezzi. Tutti gli spettacoli sono gratuiti e iniziano alle 20.30. Per informazioni, www.parcocommercialedora.it.

L’Italia si è desta

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Malgrado tutto, non sono un antiitaliano alla Bocca, alla Prezzolini e alla Montanelli e non sono neppure un seguace  delle vacanze  smodate alla Briatore che  anzi mi ripugnano .Io continuo ad amare disperatamente l ‘Italia , come diceva Francesco Carnelutti, grande  avvocato, ma anche grande italiano. E quando l’Italia va male, ci soffro

 

Sta per giungere in aula alla Camera, con qualche decennio di ritardo, la legge che stabilisce come inno ufficiale della Repubblica italiana il Canto degli italiani di Novaro -Mameli ,scelto come inno provvisorio il 12 ottobre 1946 dopo il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, in seguito al referendum del 2 giugno di quell’anno. I comunisti ,anche supportati dal convertito al PCI Massimo Mila che godeva fama di critico musicale, anche se non riuscì mai a vincere una cattedra universitaria, volevano l’Inno di Garibaldi. Dopo l’ 8 settembre la Marcia Reale era stata paradossalmente  sostituita con la “Leggenda del Piave” che ricorda l’unica gloria militare Italiana culminata nelle vittoria del 4 novembre 1918.Ma forse fu anche un atto di orgoglio nazionale richiamarsi al Piave nel momento del disfacimento dello Stato e di quella che ,forse a torto, venne considerata la fuga di Pescara. Era lo  stesso re che nel 1917 salvo’ l’Italia a Peschiera con la resistenza sul Piave quello che nel 1943 trasferì il governo a Brindisi ,in territorio non occupato, sapendo che con quel gesto impopolare comprometteva il futuro della dinastia sabauda, ma salvava la continuità dello Stato.

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Adesso , dopo mille rinvii e ripensamenti, l’Inno di Mameli forse diventerà inno ufficiale, anche se c’è il solito sciocchino incolto e fazioso che gli oppone  la pur famosa canzone “Sole mio” ,forse per meglio  rappresentare ciò che è diventata l’Italia di oggi senza spina dorsale patriottica :un paese di furbi  disincantati , di mandolinisti, di pizzaioli, di disoccupati, di astenuti schifati e qualunquisti  alle  elezioni, di debosciati, di drogati, di mafiosi, di perseguitati da una giustizia troppo spesso  politicizzata , di evasori e di tartassati fiscali… Un’idea che neppure la Napoli di ” Sole mio” rispecchia perché la canzone esprime la gioia di vivere dei napoletani, espressa nel Sole con la s maiuscola , già amato da Foscolo e Carducci come simbolo di vita.  Certo quella di oggi  e’ un ‘Italia molto lontana da quella di Mameli che mori’  per i suoi ideali risorgimentali. Anche chi canta “Siam pronti alla morte ”  oggi lo fa con  fortissima riserva mentale  e ,in cuor suo ,fa anche le corna .I tempi del popolo di eroi e’ finito, irrimediabilmente finito da tanto tempo con il disastro della guerra perduta. Ci ha tentato Ciampi a  farci sentire orgogliosi di essere italiani, ma è durata poco .

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Il decomporsi dell’Italia che non ha più neppure l’acqua  in misura sufficiente ai suoi bisogni quotidiani  e brucia in incendi spesso dolosi, non consente più alla maggioranza di amarla .E ‘ un’Italia invasa di centinaia migliaia di immigrati economici camuffati da profughi che ci porteranno al collasso. Amare questa Italia non è possibile. Specie se ci si prepara alle vacanze e i pensieri sono rivolti a tutt’altro. Io vorrei invece provare, anche se sono stonato, a cantare o canticchiare sotto voce  l’Inno di Mameli e anche la leggenda del Piave. Malgrado tutto, non sono un antiitaliano alla Bocca, alla Prezzolini e alla Montanelli e non sono neppure un seguace  delle vacanze  smodate alla Briatore che  anzi mi ripugnano .Io continuo ad amare disperatamente l ‘Italia , come diceva Francesco Carnelutti, grande  avvocato, ma anche grande italiano. E quando l’Italia va male, ci soffro. Come sarebbe bello pensare ad un “‘Italia che s’e ‘ desta ” ,come dice il nostro Inno.

Superga, i 300 anni della Real Basilica

Alla basilica di Superga sabato e domenica si è celebrata la ricorrenza del 300° Anniversario della posa della prima pietra della Real Basilica

Tra gli appuntamenti il convegno con il  coordinamento di Valerio Corino, di taglio storico-artistico, e con lo sguardo rivolto alla tutela e alla conservazione dello straordinario monumento torinese. Un altro  storico, col coordinamento di Giovanni Seia e interventi di Franco Cravarezza, Ugo d’Atri, Giancarlo Melano, Piergiuseppe Menietti e Gustavo Mola di Nomaglio. Si sono inoltre tenute le visite ai sepolcri sabaudi, la presentazione della medaglia commemorativa (certamente destinata a divenire oggetto di collezionismo) e la deposizione di una corona d’alloro al monumento di Re Umberto I.

LA STORIA

“300° Anniversario della posa della prima pietra della Real Basilica di Superga” Torino 1706. La città viene invasa dall’esercito Franco-Spagnolo di Luigi XIV e le milizie piemontesi, insieme alle truppe alleate austriache, si trovano in difficoltà. Il Duca Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio di Savoia Soissons, che guidano l’esercito locale, salgono sul colle di Superga per osservare dall’alto il campo di battaglia. In una piccola chiesa sul colle, davanti alla Statua della Madonna delle Grazie, il Duca e il Principe fanno un voto: se avessero vinto, avrebbero fatto costruire in quello stesso posto una grande chiesa in onore della Vergine. Dopo una dura battaglia l’esercito nemico viene sconfitto e la città liberata. Il Duca Vittorio Amedeo II fa fede al suo impegno, affidando la costruzione del Santuario all’architetto di Corte, Filippo Juvarra. Il 20 Luglio 1717 è posta la prima pietra, mentre l’ inaugurazione avviene quattordici anni dopo, nel 1731.

 

(foto: Valerio Minato)

 

Oggi al cinema

TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Black Butterfly – Thriller. Regia di Brian Goodman, con Antonio Banderas e Jonathan Rhys Meyers. Paul è uno scrittore in profonda crisi per l’abbandono della moglie, per l’abuso di alcol che lo perseguita, per un’ispirazione che non arriva. Si è ritirato in solitudine in una piccola casa alla periferia di Denver, dove sopraggiunge un misterioso quanto strano vagabondo per imporgli un personalissimo programma di recupero. Il protagonista dovrà ben presto accorgersi che non si tratta di un autentico aiuto. Durata 93 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Chips – Azione. Regia di Dax Shepard, con Dax Shepard, Michael Pena, Vincent d’Onofrio e Kristen Bell. Jon riesce ad essere accettato nel corpo di polizia motorizzata della California. Non soltanto un lavoro ma anche l’occasione per riconquistare una moglie che lo ha appena piantato in asso. Viene assegnato come partner a Frank Poncherello, in realtà un agente dell’FBI che sta indagando in incognito su certe rapine miliardarie che potrebbero portare al coinvolgimento di qualche pezzo grosso del Corpo. Durata 100 minuti. (Massaua, Uci)

 

Civiltà perduta – Avventura. Regia di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson e Sienna Miller. L’autore mai troppo lodato di film intimisti o immersi in un ambiente noir ottimamente descritto come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

2:22 – Il destino è già scritto – Thriller. Regia di Paul Currie, con Michael Huisman e Teresa Palmer. Il controllore del traffico aereo Dylan Boyd si ritrova a veder ripetere strani eventi che sempre eguali a se stessi culminano alle 2:22 in punto alla stazione ferroviaria di New York. Tutti quei fatti prendono il via da un significativo accadimento avvenuto sul luogo di lavoro, ovvero la collisione tra due aerei turistici evitata all’ultimo momento. Tra coloro scampati all’incidente Sarah, una bellissima ragazzata cui Dylan si sente attratto. Durata 99 minuti. (The Space)

 

Maryland – Drammatico. Regia di Alice Winocour, con Matthias Schoenaerts, Diane Kruger e Paul Hamy. Vincent è un soldato francese delle Forze Speciali appena tornato dall’Afghanistan, affetto da un disturbo da stress post-traumatico. È stato assunto per garantire la sicurezza di Jessie, la moglie di un ricco uomo d’affari libanese nella lussuosa villa a “Maryland”. Mentre inizia a provare uno strano fascino per la donna che deve proteggere, Vincent sembra vedere sempre più in paranoia. A meno che non si stia sbagliando e il pericolo sia davvero reale. Durata 100 minuti. (Classico)

 

La mummia – Avventuroso. Regia di Alex Kurtzman, con Tom Cruise, Russell Crowe, Sofia Boutella e Annabelle Wallis. Nell’antichità, una principessa egizia in odore di divenire faraone fino al giorno in cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (The Space, Uci)

 

Operazione Chromite – Bellico. Regia di John H. Lee, con Liam Neeson e Jung-Jae Lee. L’invasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord, con l’aiuto di Cina e Russia, nel giugno del ’50: in risposta a quell’attacco, che ha visto Seul cadere in tre giorni, il generale MacArthur, comandante delle forze ONU, prepara uno sbarco nella città portuale di Incheon. Nonostante le pochissime probabilità di successo, è l’unico modi per capovolgere le sorti del conflitto. Durata 111 minuti. (Due Giardini sala Nirvana)

 

Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les uns et les autres” – “Bolero” da noi – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – Avventura. Ragia di Joachim Ronning e Espen Sandberg, con Johnny Depp, Javier Bardem, Orlando Bloom e Geoffrey Rush. Cambio di regia e quinto episodio per Jack Sparrow e le sue avventure attraverso i mari, questa volta alle prese con la ricerca di un tridente magico che ha il potere, per chi ne viene in possesso, di assicurargli il comando dell’oceano e di fare piazza puliti di precedenti incantesimi. Se la dovrà vedere contro una squadraccia di letali marinai fantasma fuggiti dal Triangolo del Diavolo e guidati dall’orripilante Capitano Salazar e dovrà chiedere l’aiuto di un’affascinante astronoma e e di un ardimentoso quanto giovane marinaio. Durata 129 minuti. (Uci)

 

Prima di domani – Thriller. Regia di Ry Russo-Young, con Zoey Deutch, Logan Miller e Halston Sage. Samantha, una giovane ragazza americana, si ritrova improvvisamente a rivivere, fin dal giorno successivo ad un incidente d’auto, quello stesso giorno di paura. Sempre. Tratto dall’omonimo libro di Lauren Oliver. Durata 98 minuti. (Massaua, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Spider-Man: Homecoming – Fantasy. Regia di Jon Watts, con Tom Holland, Michael Keaton, Marisa Tomei e Robert Downwy jr. Ancora un’avventura per il giovane Peter Parker, che questa volta ha il volto del ventunenne Tom Holland – anche sugli schermo come spirito intraprendente e avventuriero e figlio del viaggiatore Fawcett in “Civiltà perduta” -, dopo quelli di Tobey Maguire e Andrew Garfield. Ancora la ricerca di un perfetto equilibrio nella vita quotidiana, con l’aiuto del miliardario Iron Man, sempre a mezza strada tra lo studente liceale in mezzo alle strade di New York e la maschera rossoblù del supereroe, una ricerca continua fino a che si profila all’orizzonte la figura del nuovo nemico da sconfiggere: l’avvoltoio. Durata 130 minuti. (Massaua, Grenwich sala 1, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci anche in 3D e V.O.)

 

The War – Il pianeta delle scimmie – Avventura. Regia di Matt Reeves, con Woody Harrelson, Judy Greer, Amiah Miller e Andy Serkis. Dallo stesso regista del precedente “Apes Revolution”, un nuovo capitolo della lotta tra l’Uomo e la Scimmia, una guerra voluta da quelle frange estremiste che stanno dall’una e dall’altra parte. Da un lato le truppe del feroce colonnello Woody Harrelson, armate fino ai denti, dall’altro, con tutti i suoi compagni, Cesare, la scimmia evoluta, che nella ricerca di vendetta del nemico, incontra una giovanissima orfana, dal significativo nome di Nova, cui insegna le parole della semplicità e della fratellanza. Durata 142 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Ideal, Lux sala 2, The Space anche in 3D, Uci anche in 3D)

 

Transformers – L’ultimo cavaliere – Fantasy. Regia di Michael Bay, con Mark Wahrlberg, Stanley Tucci e Anthony Hopkins. L’origine degli alieni e della loro presenza nel nostro mondo sta ben ancorata nel tempo di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Mago Merlino che ha nascosto nella propria tomba un segreto di cui l’uomo di oggi dovrà venire a conoscenza se vorrà salvare il mondo da creature non poco pericolose. Poi, oggi, ci sono i transformers, coloro pronti a mutarsi in mostruose automobili o in robot altrettanto terrificanti, una colonia di alieni in cui si nascondono buoni e cattivi che l’uomo dovrà comunque conoscere sino in fondo. Durata 150 minuti. (The Space, Uci)

 

Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Greenwich sala 2)

 

USS Indianapolis – Drammatico. Regia di Mario van Peebles, con Nicolas Cage, Thomas Jane e Tom Sizemore. La tragedia dell’incrociatore pesante che, con una missione segreta a tutti, consegnò nell’isola di Tinian la cassa di uranio arricchito e gli altri componenti che avrebbero dato vita a Little Boy, la bomba atomica che il 6 agosto sarebbe stata sganciata si Hiroshima. Era partito da San Francisco, privato di una scorta, soltanto tre giorni dopo, il 30 luglio 1945, venne affondato nel mar delle Filippine da un sottomarino nipponico. Alla partenza, erano stati imbarcati 1197 marinai, poco più di trecento riuscirono a salvarsi, risparmiati dalla fame, dalla disidratazione e dagli squali che infestavano la zona. I soccorsi arrivarono tardi e fortuiti e le alte gerarchie, pur con le testimonianze a suo favore, finire con l’addossare la completa colpa della tragedia al capitano Charles McVay, che dovette subire un processo con l’accusa di non aver reso al meglio i propri compiti. Durata 128 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Una doppia verità – Thriller. Regia di Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Jim Belushi e Renée Zellweger. L’avvocato Ramsey ha deciso di difendere il giovane Mike dall’accusa di aver ucciso il padre. Ma il verdetto sembra già scritto, il ragazzo è stato trovato accanto al cadavere con un coltello in mano e ora si trincera dietro un silenzio assoluto. Nuove prove, interrogatori, assolute certezze, la reticenza di una vedova, depistaggi, ambigui personaggi, depistaggi, le regole di quelle storie ambientate in un’aula di tribunale più che rispettate: ma forse quello che appare è ben lontano dalla verità. Diretto dall’autrice dell’indimenticabile “Frozen River” girato otto anni fa. Durata 93 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Wish Upon – Horror. Regia di John R. Leonetti, con Sherilyn Fenn e Joey King. La diciassettenne Claire è vittima del bullismo di alcuni coetanei: ma un giorno riceve in dono un carillon e da quel giorno la sua vita avrà una svolta inaspettata, vincente e vendicativa. Durata 93 minuti. (The Space, Uci)

Gran ballo d’estate sulle colline del Monferrato

Sabato 22 inaugurazione di tre mostre a Palazzo Callori

PER LA CHIUSURA DELLA TERZA EDIZIONE IL 23 LUGLIO

 

 

Si conclude la terza edizione del Vignale Monferrato Festival con Un Gran Ballo d’Estate, festa conclusiva aperta a tutti domenica 23 luglio. Protagonisti i balli e le musiche dei Tre Martelli, con un concerto gratuito in piazza del Popolo a partire dalle ore 21.30. Dal 1977 il gruppo è impegnato nella riproposta della musica della tradizione popolare piemontese. Ha all’attivo undici incisioni, varie partecipazioni ad altre produzioni discografiche ed un migliaio di concerti in tutta Europa. A seguire ai Giardini Bassi di Palazzo Callori, la festa continua con i Pitularita Trio, espressione musicale spontanea di una coppia di fratelli e un amico, musicisti valdostani cresciuti tra le sonorità della terra d’origine. Il trio vanta un repertorio ricco: brani di propria composizione e melodie cantate e suonate per la danza, estratte dal bacino della musica tradizionale europea e alpina, aprono l’esibizione serale a chiusura del festival. I concerti sono preceduti nel pomeriggio dallo stage “Danze rare del Piemonte”, dalla Burea delle Langhe alla Curenta dei Butei e altre danze ancora. Il workshop verterà sull’apprendimento di alcune danze tradizionali piemontesi meno conosciute nell’ambito dell’attuale folk-revival; un momento di coinvolgimento diretto che vede il corpo nuovamente protagonista, anche della tradizione popolare del luogo. Il weekend si apre sabato 22 con l’inaugurazione alle ore 18.30 a Palazzo Callori di tre mostre dedicate ai paesaggi del Monferrato, promosse dal Comune in collaborazione con il Club per l’Unesco di Vignale. Le mostre restano aperte fino al 30 settembre, tutti i sabati e le domeniche.

 

Marco e i maggiolini (melolontha melolontha)

Conosco Marco Travaglini da una vita e ne apprezzo la scrittura. Marco è nato a Baveno, sulla sponda occidentale del lago Maggiore. Forse ciò che più è conosciuto di questo borgo lacustre è il granito rosa, non sicuramente le ormai esauste fonti che avevano sollevato dalla gotta e dalla renella generazioni di illustri che, nel secolo passato, come era il detto, “passavano le acque”. Ancora oggi un triste leone, alle porte di quelle che erano le rinomatissime “Fonti di Baveno”, guarda con occhio spento l’andirivieni di turisti dalla calzettina bianca e dal sandalo sdrucito. Ma non è certo questo il luogo dove ricercare le origini di Marco Travaglini. Lui sta dentro le cave del rosa , tra gli scalpellini, nella polvere da silicosi, tra gli scoppi della mina. Ha in sé l’igneo granito rosa di Baveno che entra profondamente nei suoi scritti. Mette in fila parole che sembrano fatte degli stessi componenti di quel granito di Baveno che ha dato forme all’Operà di Parigi, alla chiesa di San Carlo a Vienna, al monumento a Cristoforo Colombo a New York, così come ai muretti a secco che portano ai circoli operai o ai piccoli cimiteri delle frazioni bavenesi , o al gioco del “filetto” degli scalpellini. In quel granito troviamo il feldspato, che “colora” di rosa il cielo dei tramonti sulle  isole Borromee, il quarzo – gelido come il fiato di un inverno al Mottarone – e poi epidoto, zircone, olivina: pietre usate in gemmologia, soprattutto lo zircone che per la sua durezza è considerato il diamante “povero”. In quel granito c’è un pot- pourri di elementi come lo sono i racconti  contenuti nel suo bel libro intitolato “Il tempo dei maggiolini”. I maggiolini hanno un odore del tutto particolare. Ritorno all’infanzia e ricordo che ne raccoglievamo a maggio delle intere scatole di latta, scrollando gli alberi. Si diceva, ed era una delle prime favole metropolitane, che la “forestale” pagasse per ogni scatola consegnata. Una balla colossale che ci ha fatto sperare in guadagni astronomici, ma poi le scatole finivano sui falò con un crepitio ed un profumo di gamberetti alla griglia (l’elitra di questi insetti coleotteri è composta da chitina, la stessa del carapace dei gamberi). Per noi che manco sapevamo cosa fossero i gamberetti alla griglia (negli anni ‘60 e nelle famiglie che abitavano le case popolari non entravano gamberetti..) quel profumo è ritornato in seguito, in occasione di qualche grigliata tra amici. Come tutto, come sempre,  prima o poi, ritorna. Il “melolontha melolontha”, secondo la classificazione linneana, è un coleottero (ho anche un diploma di perito agrario..) e lo avevo studiato illo tempore sul testo di entomologia agraria come animalaccio dannosissimo alle colture. Ora l’ho ritrovato nel libro di Marco Travaglini che riporta in copertina l’albero dei maggiolini, regalandoci spaccati di vite fiorite o trascinate sui contrafforti o sulle rive di questa terra di laghi e di montagne dove entrambi siamo nati. Sedici storie raccolte in centodieci pagine da bere tutte d’un fiato, come si potrebbe sorseggiare un calice di buon bianco fresco nella calura di quest’anomala estate. Leggendo mi sono ritrovato in quella “comédie humaine” a me particolarmente cara, in quella “dimensione” del “buon tempo che fu” che mi ha ricondotto alla “luciferina”, da lux fero, portatrice di luce, come la stella del mattino, che si trova in quelle lucciole che mettevo sotto al bicchiere nella mia stanza e che, spenta la luce dell’abatjour, mi accompagnavano nei miei sogni di bambino. Queste storie mi riportano alle erbe di prato raccolte sotto la guida di mia madre  – Marco, nel raccontare, ha però dimenticato le verzole

(selenia) e i “lavartiis”( il luppolo) – o a quegli insetti neri e gialli ribatezzati “prividitt”, i “preti”. Ma già l’amara conclusione del primo racconto ci dice che quel “piccolo mondo antico” è sparito, sopravvive come “mito” dentro noi, come il profumo delle madeleines di proustiana memoria. Alcuni di questi racconti mi hanno colpito particolarmente. “Arrigo e i Trambusti” ha evocato in me suonatori d’altri tempi, spesso autodidatti, quelli che giravano le osterie con la fisarmonica in spalla. Ricordo, ad esempio, il “Ligio”. Era di Nonio – sulla sponda occidentale del lago d’Orta –  e spesso lo incontravo a Omegna, al circolo della Madonna del Popolo o all’enoteca del “Ferro”, sempre alticcio : gli offrivo un bicchiere, bevevamo insieme e gli ho dedicato un quadro che lo ritrae con la sua fisa. E poi i “Bruno’s’”: onnipresenti alle feste de L’Unità, ma anche a quelle “di fede e devozione” con un repertorio che andava  da “Bandiera Rossa” a compiacenti o casti valzerini. “Fuochi fatui” propone un’avventura cimiteriale, un noir nostrano e grottesco, con un protagonista burlone che provocava un bel po’ di “strizza”. Mi ha rammentato una “leggenda metropolitana” dei miei tempi, leggenda che ci aveva impauriti e che ci aveva dato l’immagine del cimitero  del romanticismo di Hoffmann  e non certamente di quella dimensione di pace eterna o di luogo di passaggio  ad altre dimensioni. Il “tipo” in questione per dimostrare di non aver paura dei morti aveva scommesso che si sarebbe recato nottetempo  al cimitero e che avrebbe girato tra le tombe, ma impigliatasi la giacca in una di quelle basse inferiate che spesso erano poste intorno alle tombe, sentendosi “tirar per la marsina”, potete immaginare a cosa potesse aver pensato. Lo trovarono stecchito e ormai “freddo”, appeso alla sua marsina. Ne “Il mio Gianni”, Marco ci parla forse dell’omegnese più illustre e più conosciuto, proponendo una bella storia che richiama alla memoria anche i giocattoli di latta prodotti a Omegna negli anni venti. I ricordi sono molti. Gianni Rodari nasce nel 1920, come mio padre; muore nel 1980, come mio padre; era maestro di scuola,come mio padre. Anch’io ho giocato con la motonave di latta della Cardini: si chiamava “Saturnia”. “La pentola d’oro delle Quarne” è un bel racconto da cui emergono ancestrali odi che mi hanno riportato alle Novelle della Pescara di D’Annunzio, alle rivalità – finite poi nel sangue – tra gli abitanti di Miglianico, piccolo paese di terra d’Abruzzo, tra i sostenitori di San Gonselvo e quelli di San Pantaleone. Non è accaduto così tra i “quarnelli” di Sotto e di Sopra, ma residuati di queste rivalità sopravvivono. Nel racconto però interviene l’intelligenza dei bambini ed allora è un’altra storia. Didattica pura! Ne “L’ombrello di Sissi” s’incontra la storia degli ombrellai del Vergante, soprattutto quella dei bambini affidati ogni anno al “lusciàt”, all’ombrellaio che li portava in giro per l’Europa. Non avevano fortune, dormivano nei fienili, mangiavano quando capitava, sopportando ogni cosa. Se capitate a Gignese, visitate il museo dell’Ombrello e avrete un’immagine degli strumenti del “lusciàt” e delle vere e proprie opere d’arte che essi creavano. Non mi sono stupito quindi del bel racconto sull’ombrellino della principessa Sissi che, come ci dice la storia,  fu fatta passare a miglior vita dall’ anarchico Luigi Luccheni. Triste fine anche la sua, “suicidato” in carcere nel 1910. La sua testa recisa fu conservata in un contenitore sotto formalina all’Hotel Mètropole, mostrata agli illustri ospiti come Lenin, Molotov Malenkov e poi regalata nel 1998, nel centenario del regicidio, dal governo svizzero all’istituto di patologia di Vienna. “Una spina nel cuore” e “Villa Morlini” ci rammentano che sia il lago d’Orta che il Maggiore sono stati anche set cinematografici come ci racconta Marco Travaglini in queste due saporite storie che mi hanno riportato al tempi in cui venne girato ad Omegna “La banca di Monate” o ai racconti di Piero Chiara ambientati dei “casini” o “bordelli” che dir si voglia. Infine,senza nulla voler togliere agli altri racconti, “Vincent che disegnava le stelle”. La sua lettura mi ha fortemente emozionato. E’ il racconto che più mi ha colpito , forse per la vicinanza ideale a Vincent, per le affinità elettive, perché amo le stelle e guardo il cielo, perché anch’io dipingo stelle. Buona lettura, allora. E’ un libro che non vi deluderà.

 

Giorgio Rava

 

Il Salone del Libro vuole fare rete

Il Salone del Libro di Torino dello scorso maggio – quello n.30, il Salone della sfida con Milano –  ha promosso la rete dell’intero mondo del libro: bibliotecari, librai, editori, festival letterari e lettori. Un eccellente  risultato dimostrato dagli accordi e dai percorsi iniziati allora e poi proseguiti anche a Salone ormai concluso. E infatti il 23 luglio a Prali (Torino) si continua con la rassegna Pralibro ‘Caduti nella rete’. I bibliotecari e le associazioni di librai hanno contribuito a scrivere il programma del Salone del Libro 2017, cosa che si verificherà anche nelle prossime edizioni. La Piazza dei Lettori, promossa dai librai di Colti – Consorzio Librerie Indipendenti Torinesi, promotori  di Portici di Carta in autunno è stata un’altra prova di successo. Avanti così.

 

(foto: il Torinese)