CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 66

Da martedì 2 giugno ‘Il codice del volo’ con Flavio Albanese

Spettacolo dell’attore e autore barese Flavio Albanese, nell’ambito del Fringe Festival

 

Ai Musei Reali di Torino prosegue la mostra dedicata al genio di Leonardo e al suo Autoritratto, nella biblioteca Reale con due percorsi collaterali alla galleria Sabauda, che espone fino al 30 giugno il Codice sul volo degli uccelli. Nello stesso periodoTorino ospita uno spettacolo ispirato a quel codice che si intitola “Il codice del volo” dell’attore e autore barese Flavio Albanese.Sarà in scena al Lombroso 16 nell’ambito del Torino Fringe Festival da martedì 2 giugno.

L’opera è nata quindici anni fa al Piccolo Teatro di Milano, ha all’attivo ben 450 replich3 e approda per la prima volta sotto la Mole. L’attore si è  documentato con numerosi libri e f9nti dirette per elaborare il testo relativo al percorso che fece Leonardo da quando intuì che si poteva costruire una macchina per volare con il primo presunto tentativo di volo di Tommaso Masini che fu un insuccesso.

“Vedendo una foglia – aggiunge l’attore –  si dice che Leonardo abbia intuito come planare”. Da questa intuizione nacque quello che noi chiamiamo aliante.

“Leonardo era uomo di poche lettere ed è stato autodidatta – precisa Albanese – ma  cercava di andare oltre i limiti ispirandosi alla natura. Come per tutte le grandi cose, non sempre riusciva al primo tentativo. Racconto di un grande fallimento dimostrando che anche attraverso gli errori si possono compiere associazioni mentali geniali”.

Nel testo teatrale vengono anche narrate vicende poco note, come l’apertura di una trattoria a Firenze da parte di Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli, poi chiusa, forse perché vi furono degli intossicati.

“Quando avrete imparato a volare, è  la frase conclusiva dello spettacolo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché è lì che siete stati e che volete stare”.

 

Mara Martellotta

Sabine Salamé per Tradui/zioni d’Eurasia Reloaded

 

Performance nell’ambito del public program di Tradui/zioni d’Eurasia Reloaded

a cura di Chiara Lee e freddie Murphy

Mercoledì 29 maggio ore 18.30

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Il secondo appuntamento musicale del public program di Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded porta al MAO la rapper libanese Sabine Salamé che, all’interno del dinamico panorama dell’hip hop in lingua araba, rappresenta una voce unica, capace di riportare il genere alla sua essenza.

Sabine Salamé, rapper e poetessa libanese, con il suo ultimo lavoro “Taffe Daw…”, composto insieme al produttore libanese Jawad Nawfal (Munma), accompagna gli ascoltatori in un viaggio attraverso le fasi emotive della sua migrazione. Miscelando vari stili musicali e una narrazione sincera, “Taffe Daw…” va oltre la semplice raccolta di canzoni, diventando un riflesso delle esperienze di Salamé e delle sue complesse emozioni.

Usando il potere della vulnerabilità per affrontare questioni politiche e personali da una prospettiva non convenzionale, Salamé costruisce una testimonianza per il futuro con l’obiettivo di far sentire meno soli tutti coloro che attraversano un simile tumulto.

Costo: 15 € intero – 10 € ridotto studenti (disponibile solo in museo).

I biglietti sono acquistabili il giorno del concerto presso la biglietteria del museo e in prevendita sul nostro sito e su Ticketone.

“Nessuno come te che mi guardi con gli stessi occhi tristi”

“Al mondo non esiste nessuno come te

che mi guardi con gli stessi occhi tristi

quando fuori c’è il sole

è una strana forma di malinconia che

che mi ricorda che ogni cosa è mia

solamente a metà”

Il Mengoni nazionale si presenta con un featuring, a mio parere, molto interessante.

Di Marco sappiamo già molto di ciò che dobbiamo sapere, ma chi è questo Franco 126?

Nasce e cresce a Roma, nel quartiere Trastevere, circondato dai suoi amici, Ketama126, Drone126, Pretty Solero, Asp126 e Gordo, i quali nel 2006 fondano il gruppo 126 (dal quale prende anche il suffisso), il quale indica il numero dei gradini della famosa “Scalea del Tamburino” situata nel rione Trastevere, dove i membri erano e sono soliti ritrovarsi. In seguito entrano a far parte del collettivo anche Ugo Borghetti e il produttore Nino Brown. Il collettivo entrerà a far parte in seguito della Lovegang, movimento concepito da Pretty Solero aperto a tutti.

Nel 2015 collabora in un album con Asp126 previsto sotto l’etichetta Smuggler’s Bazaar e intitolato Asso di guasconi, mai pubblicato; le tracce rimangono caricate su YouTube sul canale Guasconi Channel.

L’esordio musicale avviene nel 2016 con la pubblicazione del mixtape Buchi neri, in collaborazione con il DJ producer Il Tre Beats (nome d’arte di Florian Sergola) e distribuito gratuitamente. Terminato il liceo, Franco si iscrive al corso di laurea in informatica e successivamente a quello di matematica, senza tuttavia ultimare gli studi.

Nel 2017 il rapper ha intrapreso una collaborazione musicale con Carl Brave, con il quale debutta in etichetta, formando il duo Carl Brave x Franco126. I due pubblicano dapprima i singoli Sempre in due e Pellaria, e in seguito il joint album in studio Polaroid, certificato in seguito disco di platino dalla FIMI per le oltre 50 000 copie vendute.

Nel 2018 i due artisti mettono in pausa il duo per concentrarsi sulle proprie carriere come solisti.

“Un’altra storia” è una canzone del cantautore tratto dall’album “MATERIA”. Il pezzo, realizzato in collaborazione, appunto, con il cantautore romano Franco126 e che arriva dopo gli straordinari successi delle hit “Pazza Musica” e “Due Vite”, è scritto con Francesco Catitti e Davide Petrella.

Pezzo questo che tratta i temi dei ricordi e delle emozioni.

La canzone invita a vivere appieno ogni momento e a non evitare le emozioni, positive o negative, che ne derivano. È una celebrazione dell’umanità e dell’importanza di custodire i ricordi, sia quelli vissuti intensamente che quelli idealizzati o non vissuti appieno, come parte della propria storia personale.

“L’unica ragione per cui le persone si aggrappano ai ricordi così fortemente è che i ricordi sono le uniche cose che non cambiano mentre tutto il resto lo fa. ”

      Buon ascolto

 

CHIARA DE CARLO

 

https://www.youtube.com/watch?v=0K4-lkFs4hg

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Arriva dal TorinoFilmLab il film vincitore del Grand Prix di Cannes

All We Imagine as Light di Payal Kapadia

Sono  stati annunciati i film vincitori della Competizione Ufficiale del 77° Festival di Cannes e nel ristretto numero di opere premiate il TorinoFilmLab, organizzato dal Museo Nazionale del Cinema, ha visto spiccare anche un suo film.

Il Grand Prix è stato assegnato a All We Imagine as Light di Payal Kapadia, il primo film indiano in concorso a Cannes da 30 anni a questa parte e uno dei 4 titoli diretti da registe donne in questa categoria.

Il film fa parte del lungo elenco dei TFL FILM; quasi 200 opere alla cui realizzazione il TorinoFilmLab ha contribuito in diversi modi, dallo sviluppo della sceneggiatura, fino al supporto per la distribuzione, il TFL Audience Design Fund (€ 45.000) che proprio All We Imagine as Light si è aggiudicato quest’anno.

Opera seconda della regista indiana che ha esordito proprio a Cannes nel 2021 con Night of Knowing Nothing, vincitore del premio Golden Eye per il Miglior Documentario alla Quinzaine des Cinéastes.

Le protagoniste Prabha e Anu, due infermiere che vivono a Mumbai, sono entrambe coinvolte in situazioni d’amore impossibili. Un giorno le due donne partono per un viaggio on the road verso una località di mare dove la foresta mistica diventa uno spazio in cui i loro sogni possono svelarsi. Una co-produzione Francia, India, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Menzione Speciale Caméra d’or per la migliore opera prima a Mongrel di Wei Liang Chiang, autore singaporiano che grazie al percorso ‘ScriptLab’ ha scritto la sceneggiatura accompagnato dagli esperti del TorinoFilmLab. Attraverso la storia di Oom, cittadino tailandese che pur non avendo qualifiche né formazione assiste malati e anziani, il film porta a galla il lavoro dei migranti e la criminalità organizzata nella provincia di Taiwan. Coproduzione tra E&W Films (Singapore), Le Petit Jardin (Taiwan) e Deuxième Ligne Films (Francia).

Inoltre, il Premio Oeil d’Or per il Miglior Documentario è andato a The Brink of Dreams documentario diretto della regista Nada Riyadh e del regista Ayman El Amir e sostenuto economicamente dal TorinoFilmLab con il fondo per la distribuzione TFL Audience Design Fund 2024 (45.000 €).

Il TorinoFilmLab è organizzato dal Museo Nazionale del Cinema con il supporto di MiC – Ministero della Cultura e Creative Europe – Programma MEDIA dell’Unione Europea.

 

Se Chiara Mastroianni tenta (confusamente) di riappropriarsi del padre

Arriva da Cannes “Marcello mio” di Christophe Honoré

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

La piazza parigina di Saint Sulpice, il primo sole del mattino, un set che si va preparando, una roulotte da cui esce Chiara Mastroianni, agghindata come fosse la Ekberg, abito nero e stola bianca di pelliccia, al suono di “Mi sono innamorato di te” di Tenco un tuffo nella fontana con stivaloni verdi e senza: la regista urla “brava, va bene” ma tutto quanto sa di un gran pasticcio. Poi l’immagine del padre che va a sovrapporsi sul suo viso, riflessa nello specchio del bagno. E quando la regista Nicole Garcia, durante un provino, dice a Chiara – sotto lo sguardo amichevole e sostenitore, quasi paterno, di Fabrice Luchini – “ti vorrei più Mastroianni e meno Deneuve”, ecco che l’attrice, arrivata ai suoi 52 anni (li compirà domani), figlia di tanta coppia, sente di dover rivedere e ricostruire il proprio rapporto con il padre, con la sua figura indolente e multiforme, con il suo genio cinematografico, con i riferimenti familiari forse sbrindellati. Chiara decide di “essere” Marcello (“chiamami Marcello” è l’imperativo da oggi in poi), mentre chi sta attorno a lei – mamma Catherine, l’antico amore dell’adolescenza che è Melvil Poupaud, l’ex consorte Benjamin Biolay – guarda a quel “progetto” con una certa apprensione: nella memoria ricostruita, tra sentimenti che rinascono e ricordi che prendono nuovamente corpo, indossa il cappello e gli occhiali di “8 e mezzo”, mette l’abito scuro ed elegante di “Ginger e Fred”, con il gran carico di tristezza di quel film, ne imita la gestualità e lo sguardo e il modo di porsi, guarda ai vecchi personaggi e alle immagini dei film, si esprime in italiano e girovaga per le strade della Parigi notturna sino a incontrare un soldatino inglese, bisex tra l’attesa di un lui e l’innamoramento di lei, all’ombra di un ponte che rimanda i cinefili alle “Notti bianche” di Visconti.

Un gioco, una scommessa, una necessità? La casualità soltanto di aprire un vecchio album di fotografie? Questo “Marcello mio” con cui Christophe Honoré – arrivato alla settima collaborazione con l’attrice, vera e propria complicità, qui un percorso tra pubblico e privato che per buona parte del film si fa intrigante, ti spinge a una attenta partecipazione – non districa soltanto un antico rapporto (è bello e commovente riascoltare, nell’appartamento dove Chiara abitò con i genitori, poggiando l’orecchio al pavimento, la musica di un tempo, quando s’alzava la voce della Callas) ma rende pure un omaggio al Mastroianni attore, il camuffamento è affascinante, ottimistico, calato nell’amore di una figlia, un omaggio doveroso che rimetterà i conti a posto. Tutta questa costruzione per un po’ regge, il disegno di sovrapposizione regge. Con una certa forza, con convinzione da parte di chi abita lo schermo e di chi ne guarda le immagini. Poi Chiara viene chiamata a Roma, negli studi della Rai, in uno di quei programmi fatti di interviste insulse e lacrimevoli, con la Sandrelli che dovrà giudicare, mentre scorrono le immagini di “Divorzio” con il barone Fefè e il suo paio di baffi, il miglior sosia dell’attore scomparso. Al grido di “verità, verità”, si sfascia tutto quanto, si arriva alla sagra di paese, l’imitazione spicciola ha il sopravvento e il castello che speravamo costruito su basi solide si rivela stupidamente di carte. Pronto a crollare. Tutto diventa stanco e assurdo, ti viene il dubbio che anche quelle tante citazioni cinematografiche altro non siano che un voler riempire altri attimi del film, ma senza convinzione, senza un disegno preciso. E “Marcello mio” barcolla, non sa bene che strada prendere d’ora in avanti, dove andare a parare.

Senza contare che, fuggita Chiara a gambe levate dalla stupidità dello studio televisivo, quel dubbio ti fa parere altresì incompiute, semplice scimmiottatura, il ritrovamento del micetto bianco e il tuffo nella fontana di Trevi, la spiaggia del finale della “Dolce vita” da cui Chiara, spogliata degli abiti del padre, assaggerà la libertà del mare, forse felice per la prima volta e autentica, seguita da quanti l’hanno assecondata in quella affettuosa ricerca. Poteva dare molto di più “Marcello mio”, presentato a Cannes in concorso e giustamente snobbato dalla giuria capitanata da Greta Gerwig, doveva calarsi maggiormente in quella ricerca di privata paternità che aveva aperto la strada all’inizio. Per quella strada si è perso. Chiara Mastroianni ha creduto nel progetto e fino ad un certo punto cerca di convincerci della sua bontà, poi è vittima della scrittura del suo regista, che non le rende davvero un buon servizio. Con il benservito che anche le altre presenze, di vita e di finzione, seguono la storia (ormai falsa) aggrappandosi ad una convinzione che è svaporata del tutto.

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Olivia Manning “La grande fortuna” -Fazi Editore- euro 18,50

Già solo la vita di Olivia Manning è stata un romanzo e aiuta a inquadrare la sua sorprendente modernità.

E’ nata in Inghilterra agli inizi del Novecento (1908 – 1980) ed è cresciuta tra Londra e l’Irlanda sviluppando il senso di non appartenenza a nessun luogo. Poi con il marito tra – 1938 e 1946- ha condotto una vita da giramondo vivendo in Romania, Grecia, Egitto e Palestina.

In quegli anni la Manning ha scritto le due trilogie dei Balcani e del Levante, pubblicate tra anni Sessanta e Settanta. Protagonisti sono i novelli sposi Guy e Harriet Pringle, oggi li chiameremmo due expat che viaggiano a lungo e provano a ricostruirsi una comunità fuori dal loro paese.

Guardano l’Est con gli occhi del cittadino britannico che tende a vivere all’interno della sua enclave e guarda al resto del mondo con cauto sospetto.

L’autrice mette a fuoco le dinamiche dell’enclave britannica di Bucarest alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Più che raccontare il mondo dei Balcani, ritrae quello degli espatriati, spie, diplomatici britannici che patiscono sentirsi sradicati.

Tra i vari personaggi che la coppia incrocia ci sono il principe Yakimov, russo bianco, nobile decaduto sempre in bolletta che campa di espedienti, a metà tra parassita e marionetta. E Sophi, studentessa romena che ha evidenti mire su Guy e scombussola Harriet. Sullo sfondo serpeggia subdolo lo spettro della guerra.

 

 

Elspeth Barker “O Caledonia” -Bompiani- euro 18,00

L’autrice è nata come Elspeth Langlands a Edimburgo nel 1940, (morta nel 2022), cresciuta in un castello neogotico a Drumtochty in Scozia dove i genitori avevano aperto una scuola per maschi, aperta poi anche alle femmine.

A 20 anni si innamora del poeta George Baker, molto più grande di lei e con 10 figli nati da legami precedenti. Si sposano e ne mettono al mondo altri 5. “O Caledonia” è il suo unico romanzo e fu subito un caso letterario; salvo poi essere dimenticato, mentre Elspeth si dedicò al giornalismo e alle collaborazioni con prestigiose testate, e per aiutare la famiglia dava anche lezioni di latino e greco.

La protagonista di “O Caledonia” è Janet, una fanciulla fuori dagli schemi, ribelle, solitaria, amante degli animali e poco dell’umanità. Il prologo del romanzo è di quelli ad alto impatto.

La 16enne Janet viene trovata morta con indosso un abito da sera nero della madre. I genitori, che poco la tolleravano da viva, la seppelliscono in un angolo, lontano dalla tomba di famiglia, nel cimitero, poi il suo nome non verrà mai più pronunciato. Janet andava dimenticata e leggendo capirete anche perché…

 

 

Mirina Lee “Le otto vite di una centenaria senza nome” -NORD- euro 19,00

E’ affascinante la vita della protagonista del romanzo di esordio di Mirina Lee, nata e cresciuta nella Corea del Sud, oggi residente a Hong Kong. Racconta la rocambolesca vita di una quasi centenaria che ha attraversato i drammi di due guerre – del Pacifico (1941-1945) e quella di Corea (1950-53)- per sopravvivere è ricorsa a tutti gli espedienti possibili, cambiando spesso identità.

Il suo vero nome non è dato sapere, però ora, agli sgoccioli di una vita lunga e parecchio perigliosa, nella casa di riposo dove vive e si fa chiamare signora Mook (ennesimo nome falso) rivela il suo passato a un’impiegata che raccoglie i ricordi degli anziani per scrivere i loro necrologi.

Un’autentica vita da romanzo, dalla nascita nella Corea occupata dai Giapponesi, fino ai giorni nostri. Un’esistenza che per il suo necrologio riassume in 8 parole: schiava, artista della fuga, assassina, terrorista, spia, amante, madre….ne manca una sola e verrà svelata solo all’ultimo.

Il corposo romanzo narra una vita camaleontica, sfuggente, che ha affrontato prove durissime con coraggio e, quando proprio necessario, anche ferocia…

 

 

Valentina Cresta, Simonetta Mazzi, Luciano Rosselli “Urbex. La seduzione

dell’abbandono” -Erga edizioni- euro 12,00

E’ la raccolta di foto di tre esploratori urbani che per passione, mestiere, curiosità e molto altro cercano luoghi abbandonati e ne ritraggono segreti, meraviglie, tracce del passato.

Urbex è l’abbreviazione di “Urban exploration” ovvero la riscoperta di case, ville, fortificazioni, cimiteri, fabbriche, edifici religiosi e altri luoghi che l’uomo non ha più abitato da tempo, consegnandoli a un oblio polveroso che racconta vite passate. Fascino a tonnellate.

Anche luoghi da tutelare e nei quali si entra con rispetto profondo, perché ormai sono invasi dalla natura che rischia di distruggere il poco che ancora resta.

La passione che muove gli urbex è anche denuncia e grido di aiuto per tutelare e recuperare un prezioso patrimonio che l’incuria dell’uomo ha lasciato indietro.

Rock Jazz e dintorni a Torino: il trio Calderazzo-Patitucci-Weckl e Nada

/

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Blah Blah si esibisce Paolo Dellapiana con Lori Goldston e Fabrizio Modenese Palumbo.

Mercoledì. Al Lambic suona la Banda Bondioli. Al MAO si esibisce Sabine Salamè.

Giovedì. Al Blah Blah sono di scena i My Plastic Bones. Al Bunker “jazz torinese” con i quintetti di Claudio Bonadè e Alfredo Ponissi insieme all’ensemble di Giorgio Diaferia. Alla bocciofila Rami Secchi suona il chitarrista Calum Graham.

Venerdì. All’Off Topic sono di scena Filippo Cattaneo Ponzoni e Maelys. Allo Juvarra prima di due serate consecutive per “Torino Soul Night” con Chiara Corallo, Tormento, Tony Finch Marino e Davide Shorty. Al Blah Blah suonano gli Origod. Allo Ziggy sono di scena Vicious Rumours e i Crying Steel. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce il rapper Spender.

Sabato. Al Blah Blah suonano i Knives Brothers. All’Alfieri di Asti si esibisce il trio “stellare” Calderazzo- Patitucci- Weckl. A Cocconato canta Nada.

Domenica. Al Barrio “Prima Era Fest” con Mille e i Kutso. Allo Ziggy suonano i Los Crueles.

Pier Luigi Fuggetta

Montalto Dora, la sentinella della via Francigena

Storie romantiche e leggende struggenti, amori infelici e fughe amorose volteggiano da secoli, insieme a falchi e poiane, sulle mura merlate del castello medioevale di Montalto Dora, eterna sentinella del tratto eporediese dell’antica Via Francigena. Menestrelli, cantastorie, dame e signori in costume d’epoca ci introducono nel maniero che si staglia a 400 metri di altezza sul monte Crovero e si specchia nel piccolo lago Pistono sulla riva sinistra della Dora Baltea.
In perfetta posizione strategica per controllare la via d’accesso alla Valle d’Aosta e la sottostante via Francigena. Lungo l’autostrada Torino-Aosta, poco dopo Ivrea, è uno spettacolo vederlo dominare l’Anfiteatro morenico con il suo profilo medievale e immaginarlo con decine di arcieri su torri e camminamenti di guardia pronti a respingere gli assalitori. Più volte danneggiato e distrutto nei secoli, ricostruito e ristrutturato, il castello presenta quattro torri circolari e un’alta massiccia torre, il mastio, che domina la parte interna in cui si trova la cappella con gli affreschi del Quattrocento. Nel corso della sua storia il castello ha subito molteplici attacchi e tra essi va ricordato quello avvenuto durante l’assedio di Ivrea del 1641 da parte dei francesi di Enrico di Lorena conte d’Harcourt in guerra contro il ducato di Savoia. Quel giorno fu incendiato l’interno del castello di Montalto mentre rimasero in gran parte intatte le strutture esterne con la torre e la cinta muraria. Costruito nella prima metà del 1100, come testimonia un documento del 1140, è passato dai Savoia agli spagnoli, dai francesi ai tedeschi. Nel Trecento entrò a far parte dei possedimenti dei Savoia. I documenti d’archivio del Cinquecento attestano uno stato di abbandono e decadenza, seguito da saccheggi e devastazioni nei due secoli successivi.
Nel Settecento il Castello passò alla famiglia Vallesa e verso la fine dell’Ottocento il nuovo proprietario Severino barone di Casana avviò una serie di interventi con il recupero delle strutture murarie del complesso affidando i lavori di restauro agli architetti Alfredo d’Andrade e Carlo Nigra, gli artefici del Borgo medievale di Torino. Il risultato è quello che si vede oggi. Nel 1963 il castello divenne proprietà della famiglia Allioni di Brondello che continuò nell’opera di restauro degli edifici all’interno della cinta muraria e nella valorizzazione del parco. Il mastio, posto all’interno delle mura, era il baluardo difensivo e da lassù si controllava la piana lacustre di Ivrea e la strada che porta in Valle d’Aosta. La fortezza di Montalto Dora si sviluppa su una superficie di 2500 metri quadri intorno al grande cortile e ospita le antiche cantine, sale e saloni, grandi camini, cucine, biblioteche e numerose camere da letto. Nel castello sono stati girati vari film come la nuova edizione dello sceneggiato televisivo Rai “La freccia nera” dal romanzo di Robert Louis Stevenson e alcune scene del film “Dracula 3D” di Dario Argento.
 E a proposito di cinema, da qualche settimana si aggira per il castello il “fantasma” di Johnny Depp che, incantato dal fascino del maniero, sarebbe interessato ad acquistare la fortezza che il proprietario ha messo in vendita. A Torino per le riprese di un film, Johnny Depp avrebbe approfittato delle pause dal set per visitare le colline intorno a Ivrea. Giunto a Montalto Dora si sarebbe innamorato del piccolo borgo e del suo castello. Johnny ci sta facendo un pensierino anche se al castello giurano di non averlo mai visto. Undici camere, 13 bagni, castelletto e cascina, superficie interni 2500 metri quadri, un valore di quasi 5 milioni di euro. È aperto occasionalmente su prenotazione per ospitare conferenze, convegni ed eventi privati. Prima di partire è meglio informarsi sul sito del castello.
Filippo Re

Viaggio nella storia al castello di Marchierù

Anche quest’anno, nell’ambito della XIV Giornata nazionale dell’ Associazione Dimore Storiche Italiane,   DOMENICA 26 MAGGIO il castello di Marchierù sarà aperto al pubblico 
CASTELLO DI MARCHIERU‘ ( Villafranca Piemonte * via S.Giovanni 77)
* visita gratuita del parco alle ore 10, 11 * 15,16 ( per la giornata ADSI ) 
Visite guidate al parco, alla cappella gentilizia, alle scuderie settecentesche ed alle sale ammobiliate del castello con gli stessi proprietari, discendenti dai primi feudatari del 1220, che  accompagneranno gli ospiti facendo rivivere con oggetti, reperti e documenti storici originali, la vita, gli usi ed i costumi di una Dimora nobiliare dell’epoca. 

( ore 10/11*15/16/17 )

adulti € 8 * bimbi gratis fino a 10 anni*      

Prenotazione obbligatoria al 3394105153 /3480468636 * segreteria@castellodimarchieru.it 

Stavolta, visti gli accordi raggiunti con associazioni storiche e nobiliari francesi che nei prossimi mesi visiteranno il castello, sarà particolarmente curata, con esposizione di ricordi e documenti, la storia delle Casate facenti parte dei rami d’Oltralpe dei proprietari del castello, dai Richelieu ai Galliffet ai Coriolis de Limaye, ai Rostopchine. ai Segur.

Oggi al cinema. le trame dei film nelle sale di Torino

/

A cura di Elio Rabbione

Anselm – Documentario. Regia di Wim Wenders, con Anselm Kiefer. Dopo il grande successo di “Perfect days”, Wim Wenders torna al cinema con l’omaggio ad Anselm Kiefer, uno dei più innovativi e importanti artisti del nostro tempo. Girato in 3D e risoluzione 6K, il film racconta il percorso di vita del pittore e scultore tedesco, la sua visione, il suo stile rivoluzionario e il suo immenso lavoro di esplorazione dell’esistenza umana e della natura ciclica della storia. Wenders realizza un’esperienza cinematografica unica, che mette in luce il linguaggio di Kiefer, fortemente influenzato dalla poesia, la letteratura, la filosofia, la scienza, la mitologia e la religione. Per oltre due anni, il regista è tornato sulle tracce di Kiefer partendo dalla nativa Germania fino alla sua attuale casa in Francia, ripercorrendo le tappe di un viaggio dietro le quinte della sua arte. Un nuovo incredibile ritratto d’artista dopo il lavoro fatto su Sebastião Salgado ne “Il sale della Terra”, Pina Bausch in “Pina” e “Buena Vista social club”. Durata 90 minuti. (Nazionale sala 4)

Back to Black – Biografico, drammatico. Regia di Sam Taylor-Johnson, con Marisa Abela, Eddie Marsan e Jack O’Connell. La tragica vita di Amy Winehouse, la sua morte dopo i devastanti problemi di alcol, di droga e di Bulimia/anoressia, ancor prima il divorzio dei genitori quando lei aveva soltanto nove anni, la figura di un padre assente che torna a casa quando per la figlia scocca l’ora del successo, i suoi rapporti con il palcoscenico e con il modo dell’industria discografica, la voglia di essere felice, di vivere e di essere compresa. Durata 122 minuti. (Uci Lingotto)

Il caso Goldman – Drammatico. Regia di Cédric Kahn, con Arieh Worthalter e Arturo Harari. La storia vera del secondo progetto a cui fu soggetto Pierre Goldman, militante della sinistra estrema francese nel 1975. Accusato di reali multipli, Goldman ammette tutti i capi d’accusa con la veemente eccezione di quelli per omicidio (durante una rapina all’interno di una farmacia erano state uccise due persone), per i quali non soltanto si proclama innocente ma si scaglia polemicamente contro tutto e tutti nell’aula di tribunale, rifiutando qualunque caratterizzazione moralistica della sua difficile vita. Durata 115 minuti. (Greenwich Village sala 2)

Cattiverie a domicilio – Commedia. Regia di Thea Sharrock, con Olivia Colman, Jessie Buckley e Timothy Spall. 1922. Una cittadina affacciata sulla costa meridionale dell’Inghilterra è teatro di un farsesco e a tratti sinistro scandalo. Basato su una bizzarra storia realmente accaduta, il film segue le vicende di due vicine di casa: Edith, originaria del posto e profondamente conservatrice, e Rose, turbolenta immigrata irlandese. Quando Edith e altri suoi concittadini iniziano a ricevere lettere oscene piene di scabrosità, i sospetti ricadono immediatamente su Rose. Le lettere anonime scatenano una protesta a livello nazionale che scaturisce in un processo. Saranno le donne – guidate dalla poliziotta Gladys – a indagare sul crimine, sospettando che le cose potrebbero non essere come sembrano. Durata 90 minuti. (Nazionale sala 3)

C’era una volta in Bhutan – Commedia drammatica. Regia di Pawo Choyning Dorji. Un americano si reca in Bhutan alla ricerca di un prezioso fucile antico e incrocia un giovane monaco che vaga tra le serene montagne, istruito dal suo maestro a rimettere le cose a posto. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 2)

Challengers – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Il film che avrebbe dovuto inaugurare l’ultima Mostra di Venezia. Con la sceneggiatura dell’esordiente Justin Kuritzkes – che sarà pure lo sceneggiatore del prossimo film di Guadagnino, “Queer”, dal romanzo di William Borroughs, interprete Daniel Craig -, è la storia di Tashi, ex tennista prodigio, che ritiratasi dalle gare prende ad allenare il marito Art, il quale si ritroverà a gareggiare in un concorso con l’ex fiamma della moglie, Patrick, nonché suo vecchio e migliore amico. Quando il gioco diventa metafora del potere e della vita, quando attraverso il ritmo delle gare e lo specchio che si viene a creare tra passato e presente, accade la rappresentazione di un rapporto a tre. Durata 132 minuti. (Lux sala 3, Massimo anche V.O., Reposi sala 2, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Civil War – Drammatico. Regia di Alex Garland, con Kirsten Dunst, Wagner Moura, Cailee Spaeny e Nick Offerman. In un’America raccontata in un futuro più o meno prossimo a noi, si assiste ad una seconda guerra civile, dove Texas e California si sono staccati dagli altri stati, eleggersi a indipendenti e marciare contro l’autorità di Washington, Quattro giornalisti, tra cui la Lee della Dunst ritagliata sulla figura della reporter di guerra Lee Miller (dalle copertine di Vogue raccontò i bombardamenti di Londra e le imagini atroci dei campi di concentramento), hanno un unico, immediato scopo, quello di intervistare il presidente degli Stati Uniti. Il loro viaggio è in un clima di guerra, dove sparatorie e attacchi si susseguono, dove militari e persone comuni sono ormai dedite alla violenza. Durata 109 minuti. (Greenwich Village sala 3 V.O.)

Confidenza – Drammatico. Regia di Daniele Luchetti, con Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati e Isabella Ferrari. Pietro vive con Teresa un amore tempestoso. Dopo l’ennesimo litigio, a lei viene un’idea: raccontami qualcosa che non hai mai detto a nessuno – gli propone -, raccontami la cosa di cui ti vergogni di più, e io farò altrettanto. Così rimarremo uniti per sempre. Si lasceranno, naturalmente, poso dopo. Ma una relazione finita è spesso la miccia per quella successiva, soprattutto per chi ha bisogno di conferme. Così, quando Pietro incontra Nadia, s’innamora all’istante della sua ritrosia, della sua morbidezza dopo tanti spigoli. Pochi giorni prima delle nozze, però, Teresa magicamente ricompare. E con lei l’ombra di quello che si sono confessati a vicenda, quasi un avvertimento, “attento a te!”. Da quel momento in poi la confidenza che si sono scambiati lo seguirà minacciosa: la buona volontà poggia sulla cattiva coscienza, e Pietro non potrà mai più dimenticarlo. Anche perché Teresa si riaffaccia sempre, puntualmente, davanti a ogni bivio esistenziale. E è lui che continua a cercarla? Durata 136 minuti. (Eliseo, Romano sala 3)

Il coraggio di Blanche – Drammatico. Regia di Valérie Donzelli, con Virginie Efira e Melvil Poupaud. Blanche Renard vive a un passo dal mare dove attende l’amore, che arriva e ha lo charme di Grégoire Lamoureux, un perfetto sconosciuto che sembra avere tutto quello che cerca. Cresciuta tra una madre affettuosa e una sorella gemella più intraprendente, Blanche sposa Grégoire e la lascia la famiglia per la sua niova casa. Lontana dalla Bretagna e dagli affetti più cari, la sua idea romantica dell’amore si scontra presto con la realtà e un uomo possessivo, che mente e tesse una rete di menzogne e ricatti. Tra cucina e soggiorno, ufficio e camera da letto, la tragedia domestica si consuma. Vessata dal marito, manipolatore nocivo e inquisitore feroce, Blanche precipita in una disperazione profonda. Non resta che decidere se restare o partire, tacere o denunciare. Durata 109 minuti. (Classico)

I dannati – Drammatico. Regia di Roberto Minervini, con René W. Salomon, Cuyler Ballanger e Timothy Carlson. Presentato in concorso nella sezione Un certain regard al 77mo festival di Cannes, il film, ambientato nel 1862, narra l’avventura tragica di un gruppo di volontari nordisti inviati a presidiare i territori dell’Ovest non ancora esplorati. Con continui rimandi storici e politici all’attualità che circonda noi a distanza di centosessant’anni, c’è la guerra e il nemico in agguato, a tratti invisibile, ci sono i ragazzi che ripensano alla casa e alla famiglia, che giocano a carte o esprimono pensieri religiosi, che guardano a una guerra civile che sta distruggendo il loro paese, che montano le tende e la guardia. E poi il tempo dell’attesa: un tempo sospeso, tra Buzzati e Malick. A leggere le cronache dalla Croisette, accoglienza con grande disaccordo, chi glorifica e chi butta nella polvere. Il film è oggi sui nostri schermi, non resta che verificare. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 4 anche V.O.)

Furiosa – A Mad Max Saga – Azione, Fantascienza. Regia di George Miller, con Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth. C’è una bambina con i capelli rossi nel giardino dell’Eden, una terra verde da qualche parte nel deserto australiano dove la gente vive in pace e coglie le mele senza peccato. Ma l’irruzione di barbari mascherati strappa la bambina a sua madre e al suo paradiso per andare incontro a un destino di dominazione, non senza lottare. Perché Little D, così la battezza il sanguinario Dementus, non si arrende e si fa spazio in un mondo di uomini, crescendo in mezzo a loro ma diversa da loro. LO sguardo all’orizzonte e un chiodo fisso nella testa. Il piano è venticare la morte della madre e ritornare a casa. Dementus non sente ragione e le mette di nuovo il bastone tra le ruote. Ceduta per una manciata di benzina e un misero privilegio all’Immortan Joe, sovrano mostruoso della Cittadella, Furiosa farà fruttare l’esilio sviluppando competenza e bellezza, la bellezza dei giusti. Durata 148 minuti. (Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Fratelli Marx sala Chico, Greenwich Village sala 1 anche V.O., Ideal anche V.O., Lux sala 2, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Il gusto delle cose – Drammatico. Regia di Tran Anh Hung, con Juliette Binoche e Benoît Magimel. 1885. L’impeccabile cuoca Eugénie lavora da oltre vent’anni per il famoso gastronomo Dodin. Il loro sodalizio dà vita a piatti, uno più delizioso dell’altro, che stupiscono anche gli chef più illustri del mondo. Con il passare del tempo, la pratica della cultura gastronomica e l’ammirazione reciproca si sono trasformate in una relazione sentimentale. Eugénie è però affezionata alla propria libertà e non ha mai voluto sposare Dodin. Così lui decide di fare qualcosa che non ha mai fatto prima: cucinerà per lei. Durata 136 minuti. (Eliseo, Romano sala 2)

Io e il Secco – Drammatico. Regia di Gianluca Santoni, con Andrea Lattanzi, Francesco Lombardo e Barbara Ronchi. Denni ha dieci anni, un padre violento e una madre che ne incassa le botte. Il bambino coltiva il desiderio di mettere la madre in salvo, e quando la sua amica Eva gli racconta di avere un cugino killer a pagamento pensa di avere trovato la soluzione ideale. Denni avvicina dunque il cugino di Eva, soprannominato il Secco, e lo incarica di fare fuori papà, promettendogli un compenso che il bambino preleva dalla cassaforte del padre. Ma il Secco è soltanto un piccolo delinquente che ha causato l’incarcerazione del fratello maggiore a causa della sua imbranataggine e vigliaccheria, e dunque non sembra il tipo più adatto a portare a termine l’incarico. Però i soldi gli farebbero comodo, per cui promette il suo aiuto al ragazzino e intanto lo mette al riparo dai balletti del quartiere che gli hanno rubato la bicicletta. Fra i due non può che nascere un sodalizio, che arriverà a soluzioni inaspettate. Durata 100 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Marcello mio – Commedia. Regia di Christophe Honoré, con Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Fabrice Luchini, Nicole Garcia, Benjamin Biolay e Melvil Poupaud. La sceneggiatura è incentrata sulla figlia del grande Marcello, circondata dalla madre e dagli uomini e dagli amici della sua vita, una vita dove la figura di un padre ha avuto e continua ad avere un peso predominante. Chiara se ne vuole impossessare, non soltanto attraverso il camuffamento degli abiti, non soltanto attraverso i ricordi cinematografici ma anche attraverso il nuovo nome che adotta (“chiamami Marcello”), i gesti, il modo di comportarsi, il trucco del viso che a poco a poco diviene pressoché eguale a quello del grande attore scomparso. Tutti intorno a lei pensano che si tratti di uno scherzo temporaneo, ma Chiara è decisa a non rinunciare alla sua nuova identità. Presentato in concorso a Cannes. Versione originale. Durata 120 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci Moncalieri)

Il mio posto è qui – Drammatico. Regia di Cristiano Bortone e Daniela Porto, con Ludovica Martino, Marco Leonardi e Giorgia Arena. La storia, ambientata nella Calabria rurale della fine degli anni Quaranta, racconta un’amicizia tra una ragazza madre e l’organizzatore di matrimoni locale, l’unico gay del paese, che la porta a sfidare i pregiudizi della comunità e a lottare per trovare il proprio posto nel mondo. Durata 90 minuti. (Romano sala 3)

Ritratto di un amore – Biografico. Regia di Martin Provost, con Cecile de France e Vincent Macaigne. Una storia a cavallo di due secoli, l’amore per l’arte e il mondo degli Impressionisti, la vita di Pierre Bonnard che a quel mondo si avvicinò con l’intento sempre di superarlo, il trionfo della luce e del colore, l’unione tra un artista e una donna che da semplice fioraia divenne la donna più ritratta di Francia, pure lei esempio di un eccezionale talento. Vita bohémienne e paesaggi agresti, arte e sregolatezza, sentimenti e litigi e passioni, non soltanto artistiche. Durata 122 minuti. (Centrale anche V.O., Fratelli Marx sala Harpo)

The Fall Guy – Commedia. Regia di David Leitch, con Ryan Gosling. Emily Blunt e Aaron Taylor-Johnson. Leitch è un ex stunt e ci parla di un mondo che ha conosciuto benissimo. Ispirato alla seie TV degli anni Ottanta “Professione pericolo”, “The fall guy” narra le avventure dello stunt Colt Seavers costretto a ritirarsi dal mondo del cinema per un grave infortunio capitatogli nel girare una scena. Lascia il cinema e la ragazza di cui è innamorato, Jody, un’assistente alla regia. Ma dopo alcuni mesi viene contattato dall’agente dell’attore Tom Ryder, di cui lui è sempre stato la controfigura, che lo rivuole con sé come Jody, passata alla regia con la sua opera prima “Metalstorm” avrebbe ancora il desiderio di averlo al suo fianco. Nulla di vero: la ex innamorata non ne sa nulla e il divo del nuovo film, incappato in un gruppo di delinquenti, è letteralmente sparito. Spetterà a Colt correre a salvarlo tra mille insidie, con la capacità di Gosling di non prendersi troppo sul serio, anzi spremendo risate a favore di un pubblico che lo vedrà di nuovo in pace con la sua ragazza Jody. Durata 126 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi sala 4, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Una storia nera – Drammatico. Regia di Leonardo D’Agostini, con Laetitia Casta, Andrea Carpenzano e Cristiana Dell’Anna. Carla ha divorziato da Vito da cui ha avuto tre figli, affidati alla madre. Un divorzio non facile dal momento che l’uomo aveva avuto e continuava a mantenere dei comportamenti ossessivi e violenti nei confronti della moglie. Una sera è invitato al compleanno della figlia più piccola, Mara, ma al termine della serata scompare senza avvertire nessuno. Il suo cadavere, con ferite da arma da taglio, verrà ritrovato vicino al Tevere e inizieranno le indagini. Durata 100 minuti. (Massimo sala Cabiria, Reposi sala 1, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Vangelo secondo Maria – Drammatico. Regia di Paolo Zucca, con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann. Tratto dal romanzo di Barbara Alberti. Sogna l’Egitto Maria e la grande biblioteca d’Alessandria, sogna di andarsene lontano verso freschi giardini dove i frutti si possono mangiare ma il mondo intero la vuole maritare, scambiandola con pecore e miseria. Selvaggia e ribelle, Maria rifiuta un ricco pretendente e poi è promessa a Giuseppe, un “vecchio gigante” che la rispetta e di cui diventa l’allieva prediletta, perché questa giovane donna vuole conoscere la lingua greca e la meridiana. Almeno fino a quando un angelo appare, batte le ali e l’annuncia madre del figlio di Dio. Durata 105 minuti. (Ideal, Massaua, Romano sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)