CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 66

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La lapide di Matteotti  sfregiata – Tocqueville a Cannes – Ricordi di scuola che pesano ancora – La Russa – Lettere

La lapide di Matteotti  sfregiata
Ricordo che tanti anni fa andai anch’io ad inginocchiarmi davanti alle lapide di Giacomo Matteotti sul lungotevere romano dove nel 1924 venne rapito. Avevo anche la fotografia- andata perduta in un trasloco maldestro della mia biblioteca – con a fianco l’ex presidente Saragat e il mio amico Orsello ed alcuni amici del Movimento Europeo di cui ero vicepresidente. I socialdemocratici erano praticamente assenti perché gente come Nicolazzi non era certo  in grado di capire chi fosse stato Matteotti , fortemente avversato dai comunisti e dai fascisti. Pochi giorni fa ignoti teppisti hanno danneggiato quella lapide che era stata distrutta nel 2017 e nuovamente sfregiata nel 2024, l’anno del centenario della morte di Matteotti per mano violenta di sicari fascisti. Il Ministro della cultura Giuli è andato sul lungotevere e ha baciato la lapide, condannando l’accaduto, definito “un atto di viltà che non deve restare impunito“.
Mi auguro che si proceda celermente alla identificazione dei vandali politici o non politici che siano. A Torino la lapide di Mario Soldati (che  nel  1924 andò a scrivere con il gessetto sui muri di Torino viva Matteotti !) è stata ripetutamente ricoperta di scritte tali da renderla illeggibile. Nulla al confronto dello sfregio e all’offesa al martire della libertà per definizione , l’uomo politico che coniugò l’antifascismo e l’anti comunismo con lucida coerenza. Oggi ci sono vandali drogati e/o ubriachi o magari anche lucidi ( si fa per dire ) che si accaniscono con violenza belluina  contro monumenti che ricordano la storia da loro, ovviamente, non conosciuta. Ma ci sono anche vandali politici che vanno denunciati con assoluta fermezza  perché appartengono all’ala violenta di chi vorrebbe riscrivere la storia.
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Tocqueville a Cannes
Un mese fa a Cannes (dove morì nel 1859) e’ stata intitolata una piazza al visconte Alexis de Tocqueville. Un riconoscimento importante, ma un po’ in ritardo. Tocqueville, oltre ad essere stato un importante politico (fu ministro degli Esteri di Francia e deputato ) , è stato un pensatore  di primo piano che ha studiato la democrazia americana e l‘ antico regime e la Rivoluzione francese. Le sue  opere sono sempre vive, è stato il primo a denunciare i guasti provocati dal giacobinismo sanguinario, come evidenzio’ il grande Nicola Matteucci. Egli  pose dei limiti entro i quali l’eguaglianza non può straripare perché finirebbe di uccidere la libertà che per  Tocqueville e per i liberali è la parola più importante, la ”pense’e me’re“  della democrazia liberale di cui Tocqueville fu uno dei sostenitori più acuti. Fu lui a coniare l’espressione “dittatura della maggioranza“.
Tocqueville

 

La Francia di oggi con Macron, modestissimo presidente egocentrico che si ritiene leader internazionale, una estrema destra ancorata al passato e una sinistra barricadera, sono quanto di più lontano da Tocqueville. Assume un valore speciale che a Cannes si siano ricordati di lui. Sono grato alla mia amica Luisa Millari di avermi segnalato l’evento. Se l’avessi saputo, sarei andato molto volentieri alla inaugurazione anche come – per due volte negli anni- insignito del “premio Tocqueville“.
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Ricordi di scuola che pesano ancora
All’ improvviso oggi mi è tornato alla mente un mio professore della scuola media . Si chiamava don Giovanni Mano che non vidi più dopo la licenza media. Fu mio professore di matematica per un solo anno e ricordo i problemi ostici che ci assegnava. Un professore amico di mio padre, il matematico Guelfo Campanini (che aveva combattuto nell’Areonautica nell’ ultima guerra, come si diceva allora) era in grossa difficoltà ad aiutarmi. A volte attraversavo la strada e andavo a casa sua, ma alcune volte dovetti tornare a mani vuote perchè i quesiti posti si rivelavano senza soluzione. In qualche occasione  entrava in gioco anche il figlio del professore che era ingegnere, ma proprio non c’era nulla da fare. Don Mano il giorno dopo risolveva il busillis molto in fretta ,come se tutto fosse del tutto evidente. Sembrava che si divertisse a creare problemi ai suoi studenti.Oggi lo contesterebbero in primis i genitori, rendendogli la vita impossibile. Mio padre invece sarebbe stato dalla parte del professore comunque, perché ai docenti si doveva portare rispetto. L’anno dopo ebbi il prof. Carmelo Bonanno, figura di ben altro spessore intellettuale ed umano. Lo ritrovai dopo tanti anni nel 1997 ai funerali solenni di mio padre  e diventammo amici. Mi disse, appagando la mia vanità, che erano anni che mi seguiva e mi leggeva  e che si ricordava dell’ambasciatore che veniva a parlargli e al cui funerale non volle mancare. Con mia somma sorpresa Don Mano passo’  l’anno dopo all’ insegnamento delle materie letterarie dimostrando un enciclopedismo eccezionale.
Seppi tempo dopo che, in realtà,  era un semplice maestro elementare e che non era laureato. Una volta, già allora ero appassionato di storia, ebbi una discussione con il don, come si direbbe oggi. Alla fine sostenne una tesi che  mi apparve già in quegli anni molto bislacca e poi del tutto inaccettabile. Don Mano mi disse di affidarmi al manuale del suo confratello Franco Amerio, che usava per i libri di storia firmarsi Moroni, che era il cognome della mamma. Mi disse di affidarmi a lui perché era “super partes“ in quanto la Chiesa non sta con nessuno se non con la verità.
Era  un discorso peggiore dei problemi di matematica insolubili perché fondato o su una candida ingenuità o sulla più totale malafede. Timidamente gli replicai che proprio il Risorgimento dimostrava che la Chiesa era invece parte molto attiva e vivace di un conflitto con lo Stato volto ad impedire l’ unificazione italiana. Non aggiunsi altro e non ebbi repliche. Qualche anno dopo ,studiando Machiavelli, capii le ragioni per cui la Chiesa impedì per secoli quel processo unitario che si ebbe  invece in Francia e in Spagna . Ma sicuramente ,se avessi riincontrato don  Mano, mi avrebbe obiettato che Machiavelli era immorale e quindi inattendibile. In quel caso sarei stato io a fargli una lezioncina su politica e morale che sono distinte e spesso distanti,come scriveva Croce . Don Mano, sapendo qualcosa della mia famiglia, a volte mi chiamava il “piccolo lord “con tono leggermente canzonatorio. In effetti in quella classe di scuola media non c’era proprio la crema di Torino e io potevo sembrargli diverso dai miei compagni: solo in tre o quattro andammo infatti al Ginnasio -Liceo classico. Non era però una questione solo sociale perché io avevo dalla mia gli insegnamenti privati del prof. Salvatore Foa che mio padre mi aveva messo alle costole come precettore. Dopo un solo anno di Ginnasio, Foa morì lasciandomi parte della sua biblioteca che ancora oggi conservo con cura e ho integrato nella mia. Forse anche per il magistero di Foa, che periodicamente andava in Israele, sono sempre stato dalla parte del piccolo Stato aggredito dagli arabi e dal terrorismo. Tra don Mano e il prof. Foa non ho mai avuto dubbi da che parte stare.
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La Russa
Riconosco a  Ignazio La Russa delle qualità personali che ebbi modo di apprezzare quand’era ministro della Difesa nel centenario della Grande Guerra. Ebbe il coraggio di replicare al giornalista Sansonetti  che celebrava i disertori di guerra a cui volevano dedicare una targa nel luogo più improprio: il Vittoriano dove riposa il Milite ignoto. Da quando è presidente del Senato però  non ha  ancora appreso l’arte di rappresentare  la seconda carica dello Stato con quella formale imparzialità che oggettivamente  è estranea ad un uomo di partito di lungo corso e di poca cultura istituzionale.
Ma nella storia italiana ci sono stati presidenti del Senato, da Merzagora a Spadolini, che hanno saputo estraniarsi dalla mischia politica . Per una sola intervista considerata di parte Merzagora  fu costretto a dimettersi. La Russa in questi giorni polemizza addirittura sulla politica della sua città di adozione, dicendo cosa debbono fare Sala e la sua Giunta .
In questo caso non è più il fatto privato del  busto del Duce in casa, ma uno schierarsi polemicamente   in  un conflitto  incandescente,  incompatibile con il suo ruolo di presidente del Senato . Persino Luigi Federzoni , presidente del Senato del Regno sotto il fascismo, era in  un certo modo più istituzionale. La stessa Premier, nel caso di Milano, si è astenuta dall’intervenire come donna di parte e come presidente del Consiglio.

LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Ricordando Soleri
Ho ascoltato su YouTube la sua video- conferenza su Marcello Soleri del 23 luglio , ad ottant’anni dalla  sua morte. Mentre Lei nei diversi articoli su Soleri  ha dimostrato di essere uno storico distaccato come sempre dimostra di essere, nel ricordo su YouTube  ha detto di sentirsi coinvolto emotivamente per ragioni famigliari ed ha anche raccontato i legami con Soleri della sua famiglia. Cosa le è accaduto? In effetti però  non ha mai smarrito la lucidità storica di sempre. Gino Bessone
Non credo sia stata una performance riuscita il mio ricordo su YouTube. Io sono ancora un principiante perché ho iniziato su YouTube solo durante il covid. Per parlare io ho bisogno di un  pubblico davanti a cui ispirarmi: appartengo alla vecchia scuola ed appartengo alla schiera dei professori abituati a parlare nelle aule affollate. Il contatto con le persone mi ispira. Infatti i  video che faccio non li riascolto mai, per non entrare in crisi. A volte li faccio cancellare dopo poco perché non voglio lasciare ricordi di algide lezioncine a distanza. Certo però parlando di Soleri mi sono sentito molto coinvolto: io ricordo che  mio nonno  già  da quando ero bambino mi parlava di Soleri come di un mito con il quale ebbe una frequentazione di cui c’è traccia anche nei suoi diari. In estrema sintesi nel video ho definito Soleri “ministro della buona vita“ , capovolgendo l’ingiusto ed errato giudizio di Salvemini su Giolitti considerato il “ministro della mala vita“. Il giolittiano Soleri fu l’esempio della più alta moralità politica. Ho letto oggi uno sconclusionato articolo dell’ottuagenario ex preside di Saluzzo pieno di divagazioni fuori tema. Un vero peccato . Lo storico saluzzese,  grande esperto di massoneria, ha ritenuto di specificare che – al di là delle voci – Soleri non fu massone. Io non ho mai dubitato del contrario. Croce scrisse sulla Massoneria giudizi severissimi di cui Soleri fu  certamente a conoscenza. Massone fu invece Giovanni Amendola, un liberale meridionale molto diverso dal cuneese Soleri.
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Eutanasia
Il  75 per cento degli Italiani  è favorevole all’eutanasia. Visto che la classe politica è latitante e non decide perché non fare un referendum che ponga fine alla sudditanza alla Chiesa cattolica in materia di fine vita? Giuseppina Orsi
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Sono decine di anni che sento parlare di eutanasia che dal greco significa “buona morte“. Io personalmente non ritengo  mai buona, la morte, anche se capisco che il dolore puo’ portare le persone a desiderare di porre fine alla loro esistenza tribolata. Ma il termine “suicidio assistito“ suscita in me forti perplessità. Ho letto i giudizi frettolosi e superficiali di Vittorio Feltri sul tema e dissento dalle sue semplificazioni che sicuramente avranno il consenso di tanti. Per me il valore della vita nello stadio nascente e in quello terminale è cosa molto importante. E ‘ innanzi tutto un  affare di coscienza che in una società inaridita, più profana che laica, come quella attuale appare qualcosa di insensato . La coscienza oggi risulta essere parola ignota ai più. Arrigo Benedetti definì Pannunzio un “laico direttore di coscienze“, una dizione oggi incomprensibile ai più.
Bobbio
Io resto con i miei dubbi di coscienza senza pretendere di essere ascoltato nei miei dubbi  che poi sono gli stessi, laicissimi, di Norberto Bobbio, non di don Giussani. Certi radicalismi mi sono  da sempre estranei. Non per ragioni di coscienza ma per ben più concrete ragioni  anche giuridiche sarei assolutamente contrario ad un referendum in materia di fine vita . Problemi così complessi ed eticamente sensibili  non si possono ridurre ad un plebiscito tra un sì e un no. In ogni caso in Italia esiste il referendum abrogativo e quello confermativo. La Costituzione non prevede referendum propositivi. E questo è un bene perché nella confusione attuale bastano ed avanzano i referendum abrogativi di Landini & soci.

Rora’, il borgo in Val Pellice protagonista della cultura valdese

Natura, storia ed eccellenze del Piemonte.

Piccolo, ma prezioso, Rorà è un borgo speciale dove fare gite e passare del tempo in maniera lenta, riflessiva.

Luogo alternativo in estate alle affollate e calde spiagge nella vicina Liguria, questo gioiello, sito a 1000 metri di altezza, è un rifugio naturale contro la calura estiva che giorno dopo giorno diventa sempre più estenuante.

Il paesaggio, fatto di boschi di castagni e bellissimi scenari montani, è quello straordinario della Val Pellice, una valle alpina nei pressi di Torino che prende il nome dal torrente che la bagna, posta a sud della Val Chisone e di quella del Po e ad ovest del confine con la Francia.

Parte delle Alpi Cozie quest’area è circondata da alte montagne e da diversi valichi, qui si custodiscono biodiversità rare e protette, come nella Zona Speciale di Conservazione Bosco di Pian Prà, dove camminare significa respirare storia e ascoltare nel profondo le natura circostante.

Da non perdere sicuramente è il famoso castagno secolare il Lou Fraisi, simbolo di forza e longevità, spesso al centro di racconti locali.

Rorà è nota anche per la Pietra Luserna e le cui cave, attive dal ‘500, possono essere visitate, inoltre, in estate, molte di queste originali location ospitano eventi culturali e spettacoli teatrali, creando così un connubio perfetto tra natura e arte. È presente anche il museo, il Loze di Rora’, che racconta la storia del lavoro estrattivo e della cultura materiale legata alla famosa pietra.

Memoria della comunità valdese, una delle più antiche chiese protestanti europee, nata nel XII secolo con il movimento di Pietro Valdo e perseguitata per secoli, che ha trovato rifugio nelle Valli del Piemonte, a Rorà ha scritto pagine di resistenza civile e religiosa. Il paese fu teatro della Gloriosa Riantata, l’epopea del ritorno dei valdesi dall’esilio, guidati da Henri Arnaud, nel 1689. A raccontare questi eventi c’è il Museo della Pietra e della Cultura Valdese, ospitato in un’antica casa rurale, dove strumenti, documenti e oggetti quotidiani danno voce a una storia di dignità e perseveranza. 

Il Tempio Valdese è l’edificio simbolico del borgo, legato proprio alla storia di questa comunità religiosa e testimonia la secolare lotta per la libertà di culto.

Molto famoso anche il nome di Giosuè Gianavello, il condottiero ribelle, chiamato “il Leone di Rorà”, che riecheggia nei racconti locali, nei sentieri storici e nel piccolo Ecomuseo della pietra che non è un semplice spazio espositivo, ma un progetto diffuso, immerso tra il centro del paese e l’antica cava Tupinet, dove manichini e strumenti originali rievocano il duro lavoro degli scalpellini. 

Oltre ad un viaggio a ritroso in una storia che è rimasta radicata nelle pietre di questo borgo, sono apprezzabili anche i progetti attuali come quello della Stone Oven House una residenza per artisti contemporanei in mezzo ai boschi che attira ogni anno creativi da tutta Europa.

Anche le donne Rorà hanno lasciato una traccia indelebile all’interno delle case e delle strade di questo luogo straordinario ed emblematico e, anche se non citate nei libri di storia come spesso avviene, queste ultime hanno avuto un ruolo centrale nella costruzione della vita comunitaria.

Le donne delle cave e delle fornaci, per esempio, normalmente figlie di scalpellini, erano custodi delle case e spesso erano coinvolte nella raccolta del legname e nel sostegno alle attività delle fornaci; le istitutrici valdesi e poi le resistenti silenziose che, durante le persecuzioni religiose ebbero l’importante compito di proteggere i rifugiati, non possono non essere ricordate e celebrate.

https://www.comune.rora.to.it/

Ad Albugnano si balla con i Lou Dalfin

 

Domenica 27 luglio si chiude in musica l’edizione 2025 del Quadila Festival 


Il Quadila Festival si chiude in musica ospitando i Lou Dalfin e il concerto gratuito “Bistrò Dalfin”, in programma domenica 27 luglio alle 21,30 al Belvedere di Albugnano (Asti).

Il Festival, organizzato da Lo Stagno di Goethe, saluta così l’edizione 2025. La performance dei Lou Dalfin unisce il ritmo delle danze occitane a storie intense, il tutto su un sound che fonde strumenti tradizionali con chitarre elettriche e batteria. Con oltre 1300 concerti e 12 album, i Lou Dalfin hanno conquistato festival e club in tutta Europa, coinvolgendo chiunque voglia ballare, cantare o semplicemente emozionarsi. Per loro, la cultura occitana è un’esperienza personale e vitale, vissuta attraverso la musica popolare.

Il concerto “Bistrò Dalfin”, nella formazione con cinque musicisti, è un ritorno alle origini del loro folk rock occitano. “Siediti e ascolta le nostre canzoni alla luce dell’essenziale: chitarra, armonica e fisarmonica ti riporteranno all’acustico incanto dei primi concerti in cui nasceva la nostra storia. Incontrerai nuovamente la batteria discreta degli esordi, spazzole e leggerezza per imboccare le rotaie del treno blues, come un hobo nella Val Maira del ricordo. Ti troverai come compagno di viaggio Briga, con la sua viola, sempre alla ricerca di una piazza in cui far risuonare bordoni. E il basso che ci tiene in piedi, come un amico che ti accompagna a casa dopo le troppe birre, bevute al Bistrò Dalfin”. L’invito è quello ad unirsi, e ballare.

In caso di maltempo, il concerto sarà riprogrammato.

“Il liberale Pannunzio. Tutto l’oro del Mondo?”. Tiziana Parenti dialoga con Quaglieni

Venerdì 8 agosto alle ore 21,30 nell’Auditorium “Roberto Baldassarre” della Biblioteca civica di Alassio (piazza Airaldi e Durante, 7)

Lo storico Prof. Pier Franco Quaglieni, in dialogo con l’on. Tiziana Parenti, celebre magistrato a Milano, deputato di Fi  e  noto avvocato penalista a Genova presenterà il libro di cui è il autore  “Il liberale Pannunzio. Tutto l’oro del Mondo?”, Pedrini Editore.
Nel volume, oltre ad alcuni testi “canonici” per conoscere Mario Pannunzio, giornalista e scrittore (Lucca, 1910 – Roma, 1968), sono riportate oltre 60 testimonianze che costituiscono una preziosa novità. A volte anche solo una battuta fulminante, quasi un tweet ante litteram, viene condensato un ricordo su Pannunzio ed “Il Mondo” del tutto inedito.
In appendice è pubblicato per la prima volta il carteggio intercorso fra Benedetto Croce e Mario Pannunzio.
Al libro è stato assegnato recentemente il Premio “Cavour Risorgimento” perché, si legge tra l’altro nella motivazione, “consente una lettura di Pannunzio nuova collocandolo nel suo rapporto con il liberalismo di Tocqueville e di Croce (…) tenendo viva anche la lezione pannunziana del Risorgimento” (…)
Ingresso libero 

Una notte al Castello di Govone

Per la prima volta Club Silencio porta il format “Una Notte al Museo” nella cornice settecentesca del Castello Reale di Govone, tra storia e musica, alla scoperta della Residenza Sabauda Patrimonio dell’UNESCO e del suo parco all’italiana

 

Sabato 26 luglio, ore 19
Castello Reale di Govone – Piazza Roma 1, Govone

 

Per la prima volta, Club Silencio presenta Una Notte al Castello di Govone – Candle Concert, portando il suo format “Una Notte al Museo” nel cuore di un’altra Residenza Reale Sabauda, Patrimonio UNESCO, per un’esperienza immersiva tra arte, musica e suggestioni architettoniche in uno dei luoghi più affascinanti del Piemonte.

 

Durante la serata, sarà possibile visitare il Castello Reale di Govone, un viaggio nel tempo dal Settecento ai giorni nostri. Gli ospiti potranno scoprire ambienti intrisi di Storia e storie straordinarie: dal mecenatismo illuminato dei Conti Solaro, che accolsero figure come Juvarra e Rousseau, ai fasti ottocenteschi della corte sabauda con Carlo Felice di Savoia e Maria Cristina di Borbone-Napoli. Tra sontuosi saloni e preziosi arredi, si potranno ammirare autentiche meraviglie come il Salone d’Onore e lo scenografico scalone monumentale realizzato con le sculture della Fontana d’Ercole provenienti dalla Reggia di Venaria.

 

La serata sarà accompagnata da una raffinata selezione musicale a cura di Pigalle, produttore musicale, dj e fondatore del progetto ROOM, che ha calcato palchi prestigiosi come Fabrique Milano, RedRoom Milano, OGR Torino, Capodoglio Murazzi e location d’eccezione come il Castello di Barolo e la Torre di Barbaresco. Tra i momenti più emozionanti, l’appuntamento con il Candle Concert nel Giardino all’italiana, dove le note musicali si fonderanno con l’atmosfera magica creata da centinaia di candele, offrendo al pubblico un’esperienza unica e suggestiva sotto il cielo estivo.

 

Con Una Notte al Castello di Govone vogliamo regalare al pubblico un incontro speciale tra patrimonio storico-artistico e nuove forme di fruizione culturaleÈ la prima volta che il format Una Notte al Museo approda in questa magnifica residenza sabauda: sarà un’occasione irripetibile per vivere il Castello in una veste nuova, immersi tra storia, musica e bellezza” – Alberto Ferrari, presidente Fondazione Club Silencio.

 

Ad arricchire ulteriormente l’esperienza, la wine experience dedicata ai vini di produttori locali, per scoprire e degustare le eccellenze vitivinicole del territorio.

 

Per partecipare all’evento Una Notte al Castello di Govone – Candle Concert è necessario accreditarsi sul sito di Club Silencio al link https://to.clubsilencio.it/govone/?src=cs

 

 

CHE COS’È FONDAZIONE CLUB SILENCIO

Club Silencio è una fondazione culturale torinese impegnata in progetti esperienziali che stimolino la partecipazione attiva dei giovani under 35 alla vita culturale, sociale e democratica del proprio territorio. Tra i suoi progetti più noti vi è Una notte al Museo, che dal 2017 ad oggi ha portato più di 280.000 giovani in oltre 50 musei tra Piemonte, Liguria e Lombardia. Da ottobre 2022 Club Silencio è certificata ISO 20121 per la Gestione eventi sostenibili.

 

www.clubsilencio.it

Fb e IG @Clubsilencioofficial

Linkedin @Clubsilencio

Ai 2mila e passa del “Fauniera”, le note di Haydn e Beethoven

Mentre a Saluzzo e a Cuneo prende ufficialmente il via “Occit’amo” con la grande orchestra catalana “Cobla Sant Jordi”

Domenica 27 e mercoledì e giovedì 30 /31 luglio

Castelmagno (Cuneo)

L’entusiasmo è alle stelle. L’evento è stato definito la “cima Coppi” dell’edizione 2025 della stagione musicale organizzata dai “Polifonici del Marchesato” e dalla “Fondazione Bertoni” di Saluzzo, che hanno condiviso appieno la frase che accoglie i visitatori sul sito del Rifugio “Fauniera: “Ci sono sogni che nascono nella nostra testa e che il nostro cuore trasforma in realtà”. Il riferimento è all’evento musicale che, domenica 27 luglio, alle 13, si terrà proprio sulla terrazza del “Fauniera” a Castelmagno (Cuneo) e che vedrà impegnati – nell’ambito della rassegna “Suoni delle Terre del Monviso”, nata dalla collaborazione tra “Occit’amo Festival” e “Suoni dal Monviso” – i giovani del “Sunrise Quartet en plein air”, “ensemble di archi” nato nel contesto del Conservatorio “G. F. Ghedini” di Cuneo, che proporrà al pubblico musiche da Franz Joseph Haydn (“Quartetto op. 76 n.4 in Sib maggiore”) e da Ludwig van Beethoven (“Quartetto op. 18 n.4 in Do minore”). I loro nomi: Luca Costantino e Anna Peano al violino, Ludovica Ciafardone alla viola e Sofia Artioli al violoncello.

La scelta artistica della formazione dei quattro giovani del “Conservatorio” cuneese “rappresenta – dicono gli organizzatori – la precisa volontà di ‘Suoni delle Terre del Monviso’ di scommettere da sempre sulle nuove generazioni e di dare visibilità a quella che, già dal classicismo, è considerata una delle forme compositive più alte, espressione di unitarietà ed armonia. In onore di questo, le composizioni proposte sono due degli esempi più riusciti di autori quali Haydn e Beethoven. I fasti della Vienna imperiale rivivranno là dove il panorama è mozzafiato: dalla pianura a perdita d’occhio, fino alla Langa e alle Prealpi Liguri, in un clima davvero magico”.

Per ulteriori info: www.occitamo.it o www.suonidalmonviso.it . Per contattare il Rifugio “Fauniera”, tel. 388/1295174

Secondo appuntamento. A pochi giorni di distanza dal Concerto dei “Sunrise Quartet”, e dopo tanti vivaci appuntamenti collaterali, entra ufficialmente nel vivo il “Festival Occit’amo”(direzione artistica, Sergio Berardo, leader dei “Lou Dalfin” e anima della riscoperta della “musica occitana”) con due grandi e imponenti spettacoli dell’orchestra catalana “Cobla Sant Jordi”(fondata nel 1983), a Cuneo e a Saluzzo . La formazione ufficiale della città di Barcellona, unanimemente considerata come una delle più qualificate di tutta la Catalogna, si esibirà, infatti, mercoledì 30 luglio, alle 21,30, a Cuneo, presso il complesso monumentale di “San Francesco” (via Santa Maria, 10), e giovedì 31 luglio, alle 21,30, a Saluzzo, presso la chiesa “Cattedrale” (piazza Giuseppe Garibaldi, 1). L’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria su“Eventbrite” .

Ad anticipare i grandi spettacoli, due appuntamenti “più intimi”: martedì 29 luglio, alle 21,30 , presso la Chiesa della Confraternita di “San Sebastano” a Roccasparvera, si terrà il coinvolgente incontro tra la cantante di Barcellona Magalì Sare ed il polistrumentista, anche lui di Barcellona, Manel Fortià (fra i contrabbassisti più singolari della nuova generazione) che si esibiranno nel Concerto “Re – Tornar”; mercoledì 30 luglio, alle 10, a Crissolo, Silvia Mattiauda con altri giovani della “Grande Orchestra Occitana” si esibiranno durante la giornata di chiusura del percorso “Montagna Terapia” con “Officina Monviso”. Gli appuntamenti di “Occit’amo Festival” rientrano nell’ampio cartellone di eventi di “Suoni delle Terre del Monviso”.

Spiega Sergio Berardo: “L’avvio del Festival, con questa incredibile occasione di ascolto e partecipazione della ‘Cobla Sant Jordi’, vuole cogliere una delle anime più vive  di ‘Occit’amo’, ovvero il concetto di scambio tra i territori, ospitando la straordinaria formazione di fama internazionale, composta da dieci fiati tradizionali e un contrabbasso, unico strumento a corde. La scelta, inoltre, di due imponenti Chiese per l’allestimento dei concerti vuole invitare lo spettatore a calarsi in un momento introspettivo e di raccoglimento, grazie anche alla straordinaria emozione che saprà convogliare la ‘Cobla’ con la sua musica popolare ma raffinata che rispecchia l’arte identitaria catalana  nella sua accezione più particolare”.

Per maggiori info:  www.occitamo.it

g.m.

Nelle foto: Il “Sunrise Quartet en plein air” e “La Cobla Sant Jordi”

25 luglio 1943, la pastasciutta antifascista dei Cervi

Marco Travaglini

Il TorinoFilmLab alla Mostra del Cinema di Venezia con tre film

La selezione dell’ottantaduesima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia , che si terrà dal 27 agosto al 6 settembre prossimo, accoglie tre film sviluppati da Torinofilmlab, che dal 2008 supporta autrici e autori nella realizzazione delle proprie opere. Fuori concorso figura “Landmarks” (Nuestra Terra), primo lungo documentario della regista Lucrecia Martel, argentina, vincitrice nel 2020 del TFL Co-Production Fund e già Presidente della giuria della Biennale Cinema del 2019.

In concorso nella sezione Orizzonti  il film intitolato “Grand Ciel” del giapponese Akihiro Hata, che ha lavorato al film all’interno del programma TFL ScriptLab 2018 e “ Milk Teeth” ( Dinti de lapte) del rumeno Mihai Mincan, che torna a Venezia dopo il debutto del suo lungo d’esordio intitolato “To the North” del 2022. Mincan ha preso parte al programma FeatureLab 2023, insieme al produttore connazionale Radu Stancu e ha ottenuto il TFL Production Award. Sound designer del film ora in concorso il Premio Oscar Nicolas Becker.
Presenti anche tre nuovi film di alumni  TFL. In concorso ufficiale “Duse” di Pietro Marcello, che aveva partecipato a ScriptLab nel 2014 e vinto il TFF nel 2009, e “Orphan” dell’ungherese Lászĺó Nemes, alumnus ScriptLab nel 2012 e FeatureLab nel 2015.
È stato selezionato per Orizzonti  anche il film dal titolo “Un anno di scuola” di Laura Samani, già  regista di ”Piccolo Corpo”, sviluppato nei programmi ScriptLab 2017 e FeatureLab 2018.

Il Torino FilmLab è organizzato dal Museo Nazionale del Cinema, con il supporto di Creative Europe, sottoprogramma Media dell’Unione Europea.

Mara Martellotta

Arte Liberata al castello di Ivrea

Al Castello di Ivrea, è stata inaugurata la mostra Arte liberata, un progetto espositivo curato da Elisabetta Tolosano che fa dialogare tre protagonisti dell’arte contemporanea: Riccardo Cordero, scultore di fama internazionale e figura centrale dell’arte plastica italiana e il duo composto da Elizabeth Aro, artista argentina di rilievo internazionale specializzata in arte tessile, scultura e installazione e Luisa Valentini, voce autorevole della scultura italiana contemporanea, che spazia nell’uso di diversi materiali, in dialogo con “Natura condivisa”. Le opere, allestite negli spazi interni ed esterni del Castello, daranno vita ad un confronto riuscito tra passato e presente, in cui le architetture storiche incontrano con efficacia le creazioni
degli artisti. Arte liberata è un’iniziativa promossa da Kalatà, con il sostegno della Città di Ivrea e la collaborazione della Regione Piemonte. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 28 settembre e sarà visitabile esclusivamente nell’ambito del percorso di visita al Castello con i seguenti orari: venerdì alle ore 17 – 18; sabato, domenica e festivi alle ore 10.30 – 11.30 – 15 – 16 – 17.
www.kalata.it

Torino nella Storia: Risorgimento e Resistenza

SCOPRI – TO  Alla scoperta di Torino

Torino è una città che ha avuto un ruolo fondamentale nel Risorgimento italiano, un periodo storico che ha segnato la nascita della nazione unita. Sebbene oggi sia famosa per la sua cultura, i suoi musei e la gastronomia, Torino conserva al suo interno molti luoghi che raccontano questa epoca cruciale. Passeggiando per la città, è possibile scoprire angoli e monumenti che testimoniano l’impegno dei torinesi nella lotta per l’indipendenza e l’unità del paese. La città è un vero e proprio scrigno di storia, che invita a esplorare oltre le sue bellezze più conosciute, in un viaggio che riporta indietro nel tempo, ai momenti che hanno cambiato il corso della nazione.
Il cuore del Risorgimento torinese si trova in Piazza Castello, che ha ospitato eventi determinanti come le Cinque Giornate di Torino nel 1848, quando la città si sollevò contro l’occupazione austriaca. In questa piazza si affacciano alcuni dei palazzi storici più importanti della città, come Palazzo Madama, che oggi ospita il Museo Civico d’Arte Antica, ma che nel 1848 fu teatro di scontri tra soldati e cittadini. Non lontano da lì, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, situato in Palazzo Carignano, è uno dei luoghi più significativi per comprendere le fasi cruciali dell’unità d’Italia. Qui fu proclamato il primo Parlamento italiano nel 1861, e oggi il museo custodisce testimonianze preziose dei protagonisti di quei giorni. Al di là dei monumenti più noti, Torino conserva molte tracce del Risorgimento nei suoi angoli meno frequentati. In alcune zone della città, come il quartiere di San Salvario, si possono ancora notare le tracce di una città che ha vissuto il fermento di quegli anni, tra fermento culturale e lotte politiche.
La Resistenza e le tracce di una lotta quotidiana
Nel Risorgimento torinese non si sono distinti solo i grandi personaggi storici, ma anche un’intera popolazione che ha contribuito alla causa della libertà. Tra le vie del centro e nei quartieri più popolari, come la Crocetta o le Vallette, si è vissuto uno spirito di resistenza che non sempre ha trovato voce nei libri di storia. Qui giovani patrioti e cittadini comuni si sono uniti nella lotta per la libertà, spesso agendo nell’ombra e in modo clandestino. Molti di questi luoghi, come il Liceo Cavour, che un tempo ospitava giovani rivoluzionari, sono ancora oggi punti di riferimento per la città. Le scuole, le piazze e le vie di Torino sono stati luoghi di confronto, dove i valori della libertà e dell’unità italiana venivano insegnati e vissuti ogni giorno. La città, dunque, non è solo un museo di edifici storici, ma un palcoscenico che ha visto la lotta quotidiana di uomini e donne che hanno dato vita a una nuova nazione. Le tracce di questa storia sono ancora visibili nelle strade e negli edifici, testimoniando un passato che ha forgiato l’identità della città e della nazione. Ogni angolo di Torino racconta una storia, e ogni edificio, con le sue mura, conserva la memoria di chi ha lottato per un ideale di libertà che si è trasformato in realtà.
Oggi, Torino non è solo una capitale culturale e gastronomica, ma anche un custode della memoria storica del Risorgimento. I luoghi che hanno fatto la storia d’Italia sono vivi e raccontano continuamente la lotta di chi ha creduto nell’unità del paese. Passeggiando per Torino, si può avvertire il legame con quella storia, e ogni angolo della città sembra sussurrare i racconti di un’epoca che non può essere dimenticata. La Torino del Risorgimento è una città che continua a vivere nel cuore dei suoi abitanti, una città che ha saputo trasformare la lotta e la resistenza in un patrimonio culturale che dura ancora oggi. Le nuove generazioni, pur vivendo in una città profondamente diversa, sono chiamate a preservare questo legame con il passato, per non perdere mai il senso di ciò che Torino rappresenta nella storia dell’Italia.
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NOEMI GARIANO