CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 655

Helmut Berger e Romina Falconi al Lovers Film Festival

Presso il Cinema Massimo – MNC a Torino, sino al 28 aprile prosegue per il quarto giorno il più antico festival sui temi LGBTQI (lesbici, gay, bisessuali, trans, queer e intersessuali) d’Europa e terzo nel mondo diretto dalla cineasta Irene Dionisio con la consulenza artistica di Giovanni Minerba, fondatore con Ottavio Mai del Festival

Torna Lovers Goes Industry: dalle 10 alle 20, presso il Circolo dei Lettori la seconda edizione dell’evento promosso da Lovers Film Festival insieme all’Associazione Culturale Drugantis e con il supporto diCompagnia di San Paolo. Produttori, distributori, esercenti, e filmmaker parteciperanno a una giornata di networking. L’evento includerà discussioni, pitching e incontri one to one. L’obiettivo è quello di facilitare il networking tra professionisti dell’industria del settore, con particolare attenzione alla distribuzione dei prodotti cinematografici LGBTQI. La giornata è organizzata in collaborazione con Film Commision Torino PiemonteTorino Film LabFondazione Circolo dei LettoriArci Torino e UCCA APS. Ospiti speciali della giornata saranno Helmut Berger e Romina Falconi. Helmut Berger sarà in sala Soldati alle 16, in occasione dell’omaggio a lui dedicato in collaborazione con Distretto Cinema: verrà proiettato Gruppo di famiglia in un interno (Conversation Piece) di Luchino Visconti (Italia/Francia, 1974, 121’), in cui l’esistenza solitaria di un anziano professore americano viene improvvisamente stravolta. Romina Falconi, invece, nella stessa sala, alle 23, sarà protagonista di Porn Lovers: la cantautrice racconterà tutte le ombre dell’amore attraverso un’analisi dei suoi brani. A seguire la proiezione di due film ad alto contenuto erotico: Sr. Raposo (Brasile, 2018, 23’) e Mr, Leather (Brasile, 2019, 85’), entrambi di Daniel Nolasco. L’evento è preceduto dall’incontro performativo con Romina Falconi al Circolo dei Lettori, per un talk show ad alto contenuto psicologico ed erotico. Proseguono gli incontri di Fronte del Corpo alle 12 in sala Soldati. con la regista Elisa Moruso, chein attesa del docufilm sulla vita di Chiara Ferragni, parlerà di rappresentazione del femminile in un intervento moderato da Chiara Sfregola, autrice queer e produttrice Alle 16.15, invece,  in sala Cabiria per la sezione La verità sugli amori, la carte blanche di Giovanni Minerba, è in programma Jonas (Boys) di Christophe Charrier (Francia, 2018, 82’), la storia di un uomo tormentato dal suo passato traumatico.

Alle 18.30 si torna in sala Soldati, dove continua l’omaggio a Ira Sachs, presente in sala, con la proiezione del suo Keep The Lights On (USA, 2012, 102’), l’avventura di una notte si trasforma per Erik e Paul in una relazione contraddittoria. Per il focus Pride in sala Rondolino alle 18.45, invece, in programma il film Rafiki di Wanuri Kahiu(Kenya/Sudafrica/Germania/Paesi Bassi/Francia/Norvegia/Libano, 2018, 83’), la storia di due giovani keniane costrette a scegliere tra la felicità e la sicurezza. Interverranno Giziana Vetrano del Coordinamento Torino PrideSuad Omar Alliud Indrit del Festival delle Migrazioni.

 Da non perdere l’evento speciale Miss Show Business: Judy Garland oltre l’arcobaleno di/con Federico Sacchi, alle 22.30 in sala Cabiria, in collaborazione con l’Associazione Amiche e Amici della cultura e del Festival LGBT e con le illustrazioni di Clara Patella. Un viaggio alla scoperta della Garland cantante attraverso i film, i dischi, i concerti e le apparizioni televisive che l’hanno resa una leggenda. Dalle 21 alle 22.15 free drink offerto da Compagnia dei Caraibi ai possessori del biglietto di ingresso per questo evento. Per tutto il giorno in programma i film, i corti e i documentari delle sezioni competitive All The Lovers,Real LoversIrregular Lovers e Future LoversIl Lovers Film Festival  Torino LGBTQI Visions dal 2005 è integrato nel Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il contributo del MiBAC – Direzione generale Cinema, della Regione Piemonte e del Comune di Torino.

Paola Cortellesi (malamente) alla ricerca del vivere civile

“Ma cosa ci dice il cervello” di Riccardo Milani

 Anche Schwarzenegger esattamente venticinque anni fa in True Lies camuffava la sua vita di spericolato agente segreto al servizio di un’agenzia segreta di sicurezza del governo degli Stati Uniti dietro quella piuttosto noiosa e anonima di rappresentante di apparecchi informatici: senza pensarci su due volte, doveva salvare moglie, famiglia e l’intero suo Paese dalle grinfie del terrorista mediorientale di turno. Oggi la nostra Paola Cortellesi, nei confini più stretti di una Roma caotica, caciarona e priva di educazione, (stra)facendo la sceneggiatrice in compagnia del marito/regista Riccardo Milani, cui s’aggiungono Furio Andreotti e Giulia Calenda, imbocca la medesima strada, nella lunghissima quanto eccessiva, debordante prima parte di Ma cosa ci dice il cervello, ultimo titolo per uno sguardo sulla povera Italia in cui stiamo vivendo, ma sguardo che avrebbe intenzione di dire ben altro, con il rischio di impantanarsi in un terreno affatto suo. Parliamo di spionaggio, con Remo Girone nella sala comando a impartire ordini e lei tra le dune del Marocco con le movenze simili al Neo di Matrix o sulla Piazza Rossa di Mosca a inseguire i cattivi? Oppure parliamo di strafottenza, di cattivo gusto, di tutti che sanno tutto, di tutti che ti schiacciano e ti guardano dall’alto in basso e tu che cerchi di porci una palizzata di ribellione? Va bene, lasciamo perdere e cambiamo strada. Nell’altro capitolo Giovanna è separata dal marito pilota d’aereo, vive con una figlia e una madre che sta vivendo una seconda giovinezza a suon di balli in discoteca e vestiti di lamé attillatissimi e gambe in bella vista, soprattutto il ritmo delle sue giornate è scandito dal suono del cartellino bollato in entrata e in uscita al Ministero presso cui lavora. Il grigiore, l’anonimato, l’incolore tailleurino sempre cascante, il muso lungo (ma non è troppo il rifugio nello spionaggio?). È chiaro che uno si sente un po’ fuori posto se ai colloqui di classe i giovani compagni della pargola hanno per genitori chi un’astronauta chi un vigile del fuoco che con gesta da fuochi d’artificio salva a più riprese decine di persone, lei sta lì a raccontare che si occupa di ritenute d’acconto e di certo con quelle premesse il morale della piccola non si risolleva di un centimetro. Una premessa per rigirare nuovamente la torta e tentare sulla commedia di costume della nostra quotidianità sfasciata, per acclamare ai buoni sentimenti e alla modalità tutta zen, per dare una aggiustata ai soprusi e agli usurpatori. La molla arriva dalla vecchia compagna di scuola che si rifà viva dopo un secolo e per una cena in riva al Tevere si porta appresso un gruppetto di sfigati, vecchi compagni della nostra o amorucci liceali irrisolti e ormai sfioriti. Il medico Lucia Mascino, la hostess Claudia Pandolfi, l’insegnante Stefano Fresi e l’allenatore Vinicio Marchioni se la devono vedere tutti i giorni con pazienti che vivono di scienza infusa o raffazzonata da Internet, di passeggeri che pretendono di tenere acceso il cellulare in volo perché anche lì è business, di discepoli bulli che menano e ti ficcano il cestino delle cartacce in testa, di padri che credono di conoscere il gioco e se non fai come dicono loro ti stendono sul tappeto verde. Ma le maniere forti sono bandite, all’indignazione si risponde con l’insegnamento, alla prepotenza e all’ignoranza ormai imperante con lo sberleffo. In un’altra (lunga) tappa che ci trasporta a Siviglia, con un orgoglio transfrontaliero raro nel nostro cinema, si tirano le somme: sbiadite, inconcludenti, facili. È la ricarica verso i buoni sentimenti, che negli intenti potrebbe avere anche l’applauso generale: ma il tutto si risolve in una scrittura iniziale piena di disordine e di fragilità, con qualche briciolo di noia e spunti divertenti che si risolvono nel nulla immediatamente, con compagni di viaggio che fanno la loro piccola particina (a dire il vero chi più chi meno, qualcuno sembra capitato sul set per caso o controvoglia) ammodo ammodo ma che sono ben lontani dal far parte di un quadro preciso e compatto (ci voleva insomma un graffio, più cattiveria, andare anche a scovare le cause di un simile dissesto, ci volevano gli sceneggiatori di un tempo a descriverci i “nuovi mostri”) capace di farci vivere oggi questa “aiuola che ci fa tanto feroci”.
 

"Wildlife Photographer of the Year" 54esima edizione

In mostra al valdostano Forte di Bard oltre cento opere vincitrici del prestigioso concorso internazionale dedicato alla fotografia naturalistica

“Quest’immagine è un ritratto. E’ un richiamo simbolico alla bellezza della natura e al modo in cui ci stiamo impoverendo mentre la natura soccombe. E’ un’opera degna di essere esposta in qualsiasi galleria del mondo”: con queste parole Roz Kidman Cox, presidente della giuria internazionale – formata da esperti e fotografi naturalisti fra i più celebri al mondo – ha voluto sintetizzare il valore assoluto di “The Golden Couple”, la foto vincitrice della 54esima edizione del “Wildlife Photographer of the Year 2018”, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra, dove nell’ottobre scorso si sono svolte le premiazioni. Autore dello scatto é il fotografo olandese Marsel Van Oosten, che, con indubbia maestria e scelta perfetta di luoghi e tempi, è riuscito a fermare l’immagine (meglio, il “ritratto”) di due particolarissime scimmie dal “naso dorato”, una rarissima specie di primati che ancora oggi sopravvivono nella foresta temperata delle montagne cinesi di Quinling, unico habitat possibile per evitarne l’estinzione. La foto (che “coglie la bellezza e la fragilità della vita sulla terra”) è esposta in tutta la sua dovuta evidenza nelle sale del valdostano Forte di Bard, principale polo culturale della Vallée, ancora una volta scelto per ospitare l’anteprima italiana del Concorso londinese. In esposizione, fino al prossimo 2 giugno, si possono quindi ammirare, all’interno dell’imponente complesso fortificato fatto riedificare nell’Ottocento dai Savoia, oltre cento emozionanti immagini, vincitrici nelle 19 categorie prestabilite e selezionate fra 45mila scatti provenienti da 95 Paesi del mondo. Fra gli artisti premiati – molti nomi occupano da anni la ribalta internazionale della fotografia – da segnalare anche, per la sezione Young, il giovane sedicenne Skye Meaker (Sud Africa); figlio d’arte, Meaker scatta foto dall’età di sette anni nei posti più incredibili del pianeta ed è sua la suggestiva immagine dal titolo “Lounging Leopard”, un leopardo colto nell’attimo del risveglio nella “Mashatu Game Reserve” in Botswana. “Grazie al timing e alla composizione eseguiti con precisione – sottolinea Alexander Badyaev, giudice di gara e vincitore dell’edizione precedente – riusciamo a gettare uno sguardo nel mondo interiore di uno degli animali fra i più difficili ad essere colti dal vivo”. Sei gli italiani presenti in gara. Un primo premio, nella sezione “Urban Wildlife”, se l’è portato a casa il lombardo Marco Colombo con lo scatto “Crossing Paths” che raffigura un orso marsicano nell’atto di attraversare le strade notturne e deserte di un borgo appenninico del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Menzioni speciali sono inoltre andate al genovese Emanuele Biggi (fotografo e conduttore televisivo su Rai3, insieme a Sveva Sagramola, di “Geo”) per il suo “Eye to Eye”, foto da pugno nello stomaco scattata in Sud America sulla spiaggia della Riserva Nazionale di Paracas, con la carcassa di un leone marino in decomposizione e un iguana che fa capolino da una cavità oculare, e al toscano Valter Bernardeschi, autore di “Mister Whiskers”, simpatica coppia di mega e baffutissimi trichechi immortalati nelle acque artiche. Menzioni speciali anche per Lorenzo Shoubridge, categoria “Behaviour: Amphibians and Reptiles”, per Stefano Baglioni, categoria “Plants and Fungi” e per Georg Kantioler, categoria “Earth’s Environments”. Novità, infine, di questa edizione il premio speciale “alla carriera”, andato al fotografo di origini olandesi (è nato a Rotterdam nel ’51, ma da tempo vive a Santa Cruz in California ) Frans Lanting, per il suo eccezionale contributo dato da oltre trent’anni alla conservazione della fauna selvatica. I suoi incarichi per il “National Geographic” lo hanno anche portato a svolgere lavori pionieristici in Madagascar, mettendo ben bene il evidenza i problemi ambientali dell’isola, ed in Botswana.

Gianni Milani

“Wildlife Photographer of the Year”
Forte di Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it – Fino al 2 giugno
Orari: fino al 3 marzo feriali 10/17, sab. dom. e festivi 10/19; dal 4 marzo feriali 10/18, sab. dom. e festivi 10/19; chiuso il lunedì.
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Foto

– Marsel von Oosten: “The Golden Couple”
– Shye Meaker: “Lounging Leopard”
– Emanuele Biggi: “Eye to Eye”
– Valter Bernardeschi: “Mister Whiskers”

 

Giovani giurati per lo Young Audience Award 2019

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino partecipa a Young Audience Award 2019, la manifestazione  nata per premiare le produzioni cinematografiche destinate al pubblico giovane e promossa da European Film Academy e EFA Productions.
L’evento si svolgerà in contemporanea in oltre 30 paesi europei, il 5 maggio 2019. Per l’Italia, oltre al Museo Nazionale del Cinema, hanno aderito all’evento la Fondazione Stensendi Firenze e  Alice nella città in accordo con Fondazione Cinema di Roma. Una giuria pan-europea, composta da ragazzi di età compresa tra i 12 e i 14 anni, voterà il film preferito nella rosa dei tre nominati: LOS BANDO di Christian LoOLD BOYS  di Toby MacDonald e  FIGHT GIRLS/VECHTMEISJE di Johan Timmers. All’appuntamento del Museo Nazionale del Cinema, in programma al Cinema Massimo – MNCdalle 9 alle 18.30 di domenica 5 maggio, potranno prendere parte come membri della giuria 100 ragazzi. Per partecipare alla selezione, occorre compilare il form a questo LINK entro il 30 aprile. La partecipazione è gratuita.
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I was born to love you

“Io sono nato per amarti

Con ogni singolo battito del mio cuore

Si io sono nato per prendermi cura di te

Ogni singolo giorno (singolo giorno…)

Io sono nato per amarti”

Stone Town il 5 settembre del 1946 fece al mondo ed alla discografia universale un dono mai visto dal nome Freddy Mercury

Ricordato per il talento vocale e la sua esuberante personalità sul palco, è considerato uno dei più celebri e influenti artisti nella storia del rock: universalmente riconosciuto come uno dei migliori frontman nella storia della musica, nel 2008 la rivista statunitense Rolling Stone lo classificò 18º nella classifica dei migliori cento cantanti di tutti i tempi, mentre l’anno successivo Classic Rock lo classificò al primo posto tra le voci rock. Io so molto bene l’inutilità di tale premessa ma è sempre bello dirlo, scriverlo, ricordarlo. Oggi voglio ricordare uno dei suoi brani che prediligo: I WAS BORN TO LOVE YOU Per coloro che non ne fossero a conoscenza, si tratta del primo singolo estratto da Mr. Bad Guy, primo album da solista del cantante, pubblicato nel 1985. La prima versione della canzone, pubblicata nel 1985, presentava un arrangiamento in stile disco, ritmico e registrato prevalentemente con suoni elettronici.

Dopo la morte di Freddie Mercury, i rimanenti Queen riarrangiarono la canzone, inserendola nell’album Made in Heaven, uscito nel 1995. Questa versione presentava un arrangiamento completamente differente in una chiave rock pop, simile a quelli classici dei Queen. Inoltre, nel finale, inserirono alcuni brevi estratti vocali di Mercury ripresi dalle canzoni A Kind of Magic e Living on My Own. La canzone fu ulteriormente riproposta nel 2000, nell’album postumo Freddie Mercury Solo Collection, interpretata soltanto con voce, pianoforte e cori. La prima esibizione dal vivo avvenne solo nel 2005, durante il tour Giapponese di Queen + Paul Rodgers, quando Roger Taylor e Brian May eseguirono la canzone in chiave acustica. Amo questo brano perchè ha tutta la prepotenza di un amore incondizionato, spietato; è il grido di chi non esiterebbe ad uccidere, se solo gliene fosse data la possibilità, per quell’amore. Questo è il mio brano dei Queen, quello che svela chi è Chiara De Carlo, in contrapposizione a “ Blunotte” di Consoli: il sentirsi nata per amare incondizionatamente, violentemente e in modo spregiudicato, a costo della vita stessa, e, allo stesso tempo, il sentirsi inadeguata, mai “abbastanza” sempre troppo poco.

Adoro ascoltare questi due brani e lo faccio regolarmente, quasi a voler bilanciare il mio squilibrio. La cosa bella dell’amore incondizionato è che ti tocca nel profondo. Ha il potere di farti sentire completo, senza nemmeno rendertene conto. Ram Dass diceva che l’amore incondizionato esiste davvero dentro ognuno di noi. È parte del nostro Io più profondo. Non è un’emozione attiva, ma un modo di essere. Non è un “ti amo” detto per un motivo o per l’altro, non è un “ti amo se mi ami anche tu”. È un amore senza motivo, un amore senza oggetto. Questo brano cita la consapevolezza di essere al mondo non per cantare bene, non per essere potenti ma per amare in un modo unico, inimitabile: incondizionato. Amare incondizionatamente qualcuno non significa regalargli il vostro tempo in modo incondizionato. A volte, amare completamente significa non rivedere quella persona mai più. Anche questo è amore. Significa dargli la libertà di esistere e di essere felice, anche se dovrà esserlo senza di voi. Ascoltate questa versione,dolcissima, all’antitesi con il Freddy universale ma pur sempre incantevole, ma poi…vi prego…ascoltate un milione ed ancora un milione di volte l’originale, vi farà tremare il cuore.

Buon ascolto

Chiara De Carlo

 

https://www.youtube.com/watch?v=VC3dOLRNp78

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!

Fronte e retro del trittico di Giovanni Martino Spanzotti

Siamo arrivati all’ottava uscita di “donne (in nero) a Torino” la serie di dieci articoli a carattere artistico-culturale, edita ilTorinese.it, in uscita il martedì. Siamo dunque alle ultime battute, ma abbiamo ancora un tratto di strada insieme. Per chi avesse iniziato solo adesso a seguire la serie, negli articoli precedenti si è trattato di vari quadri accomunati dalla caratteristica comune di ritrarre donne –per la precisione madonne- vestite (o meglio ammantate) di nero. Per ogni uscita “donne (in nero)” ha proposto l’analisi di un quadro, analisi che talvolta si è servita del riferimento ad altre opere per far notare alcuni particolari, come per l’esempio della Ambrosius Benson conservata a Palazzo Madama (articolo del 9 aprile) oppure ha trattato del fermento pittorico entro cui l’opera è da collocarsi, come nel caso del Polittico di Sant’Anna diGaudenzio Ferrari ai Musei Reali (del 19 marzo) o, per dire, dell’influenza bizantina del Cimabue suDuccio di Buoninsegna nella 1a e nella 5a uscita, 5a uscita leggermente più lunga delle altre in termini di tempo di lettura, ma particolarmente interessante anche per il fatto che riassume le precedenti.  Come anticipato, l’opera protagonista di questa ottava puntata è il trittico di Giovanni Martino Spanzotti – di cui, eccezionalmente, pubblichiamo un’immagine anche del retro-. L’opera è dipinta su tavola con la tecnica mista tempera e oro, infine è conservato ai Reali di Torino. Il trittico dello Spanzotti proviene dalla provincia di Alessandria è datato posteriormente al 1480 ed è chiamato Madonna in trono con il bambino e i santi Ubaldo e Sebastiano. Come si vede bene dal retro dell’opera il trittico è così detto per un motivo del tutto pratico, cioè per il fatto che è composto da tre tavole unite insieme. Come di solito avviene per i titoli delle opere pittoriche, anche in questo le tavole sono identificate attraverso i personaggi che ritraggono; al centro è dipinta Santa Maria(assisa su di un trono), alla sinistra del trittico vediamo sant’Ubaldo e all’estrema destra riconosciamo san Sebastiano. A proposito di questi due, se sant’Ubaldo è presente di rado nella storia dell’arte, di lui si notano il copricapo bianco, il mantello rosso e il bastone pastorale, san Sebastiano invece è piuttosto frequente. Sempre raffigurato con frecce, talvolta è stante, altre volte invece è detto San Sebastiano penitente nel caso in cui le frecce lo trafiggano, come nel racconto che riguarda il suo martirio. Considerando anche il Bambin Gesù, tutti e quattro i personaggi del quadro sono dipinti con l’aureola simbolo di santità e beatitudine. Il cerchio dorato intorno al capo di ognuno è particolarmente notevole neltrittico dello Spanzotti per il fatto che ha un ordine prospettico, ossia il cerchio segue l’orientamento del volto, nello spazio; inoltre ha uno spessore considerevole, cosa che non è comune, molto spesso infatti l’aureola è accennata, dipinta con ombreggiatura oppure ancora comunemente è disegnata a colore con tratto semplice. La Madonna del trittico dello Spanzotti ha capelli biondi che le cadono copiosi sulle spalle adagiati sul mantello nero-blu che la copre fino ai piedi. Il mantello casca con morbide pieghe fino a terra, copre anche le braccia, lasciando visibili solo il petto e le mani. La veste rosso-aranciato indossata al di sotto è visibile in petto e spunta sul piede sinistro. Il bambino è adagiato in grembo su un cuscino color acquamarina e non è del tutto nudo, infatti ha una maglia scaldacuore, inoltre il piccolo tiene fra la manina e l’avambaccio destro, un libretto rilegato. L’abbraccio della madre cinge la spalla sinistra e il piede destro del piccolo che le si rivolge supino. Caratteristiche nell’insieme del trittico, a parte lo sfondo a righe verticali bianche e rosse, sono le foglie, sparse sul pavimento del dipinto, pavimento colorato di rosa allo stesso modo del muro che corre lungo il terzo trasversale inferiore, subito sotto l’impalcatura centrale in altorilievo dorato. Lo sapevate che Donne in Nero è anche una manifestazione contro la guerra che si svolge in centro a Torino ogni ultimo venerdì di ogni mese? Alla prossima!      

Elettra_ellie_Nicodemi


https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-trono-bambino-santi-ubaldo-sebastiano/ 

Fede e bellezza sintonia divina

Fede e Bellezza sono due sostantivi che nella storia e nella cultura del Cristianesimo non sono in contrapposizione, anzi. E lo dimostra la recente pubblicazione di Luciano Orsini suddivisa in due tomi, il primo su ‘Le meraviglie del Creato trasformate dall’uomo al servizio del sacro e del bello’ , il secondo ‘Gemme’, realizzato con la collaborazione di Paolo Orsini. Lo stesso autore può essere testimonianza di questo. Infatti, da un lato nel 2004 è stato ordinato diacono permanente dall’allora vescovo di Alessandria, Fernando Charrier, e svolge la sua attività pastorale presso la parrocchia di Pecetto di Valenza, dove è nato ed abita da sempre. Dall’altro vanta invece un lungo curriculum nel settore letterario ed artistico. Allievo ed assistente di Speranza Cavenago Bignami Moneta, luminare della gemmologia internazionale, è stato poi docente alle scuole statali superiori come ordinario di analisi gemmologiche e professore a contratto del Politecnico di Torino-Sede di Alessandria. Per le forze dell’ordine tiene un regolare corso di formazione sulla tutela e conservazione degli arresi e suppellettili sacre, coordinato dalla Diocesi di Alessandria – Ufficio beni culturali, di cui è direttore e delegato vescovile. Nel 1996 è stato nominato Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e ha svolto un’intensa attività anche in Vaticano e curatore di diverse eventi culturali di alto livello tra cui, la mostra ‘Sacrarium Apostolicum’ a Torino in occasione dell’Ostensione della Sacra Sindone nel 1998 e della mostra ‘La Sacrestia Papale’ svoltasi nell’ex complesso conventuale di San Francesco di Alessandria, nell’Anno Santo 2000, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Il primo tomo è introdotto da una presentazione del vescovo di Alessandria, monsignor Guido Gallese, da Pierangelo Taverna (Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria), Gian Paolo Coscia (Camera di Commercio di Alessandria) e dal cardinale Francesco Marchisano, presidente emerito della Pontificia Commissione per i Beni Culturali e presidente emerito della Fabbrica di San Pietro. L’opera, dunque, si suddivide in due parti: la prima è un ampio glossario del sacro, che si sofferma su paramenti, arredi, suppellettili, abitudini e tradizioni della Chiesa, molte della quali dimenticate dai più oppure sotto gli occhi di tutti ma di cui non se ne conosce il significato o l’origine. Il secondo è un testo di gemmologia che contiene anche il simbolismo delle gemme e i suoi riferimenti all’arte sacra. Quell’arte sacra che, come ha evidenziato nel suo contributo il cardinale Marchisano è ‘espressione del bello, quale immagine riflessa di Dio, che segna costantemente il cammino dell’uomo alla ricerca del volto del Salvatore’. In tutto sono oltre 900 pagine la cui lettura, e consultazione (resa agibile anche dall’ordine alfabetico di esposizione degli argomenti) costituiscono un sicuro arricchimento culturale. L’opera è stata realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria che, ancora una volta, ha sostenuto un progetto ad ampio respiro culturale.

Massimo Iaretti

 

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Laura Laurenzi “La madre americana”   – Solferino- euro 18,00
 
E’ sospeso tra pubblico e privato l’ultimo libro di Laura Laurenzi, una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano e grande esperta di costume. In 260 pagine raccoglie le fila della sua infanzia nel pieno della Dolce Vita Romana, pesca nei ricordi di bambina e ci regala la figura splendida della sua madre americana. Un personaggio a tutto tondo, ben diverso dallo stereotipo femminile degli anni 50. Sua madre, Elma Baccanelli, non è come le altre. E’ americana, arrivata in Italia subito dopo la guerra vestendo i panni della divisa da ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti d’America. Una donna piena di joie de vivre, solida, forte, pratica, ma anche idealista. Di origini e cognome italiani, era nata a New York City, laureata alla Columbia University e allieva di Prezzolini, aveva lavorato con il sindaco della Big Apple Fiorello La Guardia. A Roma incontra quello che diventerà suo marito, Carlo Laurenzi, firma storica del giornalismo italiano, spesso inviato speciale nei punti nevralgici del mondo. Con lui avrà due figli, Martino e Laura. Elma però non si limita al ruolo di genitrice, sceglie di mettere la sua vita anche al servizio degli altri -“…perché l’amore si moltiplica ” spiegava- e guarda oltre le mura domestiche. Sull’onda del Piano Marshall, salva dalla povertà 11.385 bambini italiani a cui la guerra aveva strappato tutto. Per 22 anni -fino alla primavera del 1969, poco prima della sua prematura morte- sarà al vertice del Foster Parents Plan, la prima organizzazione umanitaria non governativa, che ideò anche la geniale soluzione delle adozioni a distanza. Un ambizioso progetto a cui aderirono star della caratura di Gary Cooper, Raymond Burr (alias l’avvocato Perry Mason) Peter Ustinov ed Harry Belafonte. Nel libro sono raccontati tanti aneddoti, uno per tutti: quando Laura aveva 10 anni e mezzo, il primo luglio 1963, la madre la portò a vedere il passaggio di John Fitzgerald Kennedy in visita a Roma. Fu allora che scoprì che JFK aveva i capelli rossi e le sembrò che le sorridesse. Mai più avrebbe pensato che poco dopo, il 22 novembre, sarebbe stato assassinato a Dallas; quella fu anche la prima ed ultima volta che vide la madre piangere. Casa Laurenzi, grazie alla professione e al carisma del padre sarà anche il salotto in cui transiteranno grandi menti come Bassani, Cassola, Carlo Levi ed Eugenio Montale. Insomma un libro che raccontando vicende private, di fatto è uno spaccato della storia degli anni in cui Roma era la Hollywood sul Tevere.
 
 
 
Alfred Hayes “Il mio viso davanti a voi” – Rizzoli- euro 16
 
Questo è un classico da riscoprire, scritto dall’inglese Alfred Hayes (1911 -1985) cresciuto in America, volato per molto tempo in Italia e ritornato infine negli Stati Uniti dove si è diviso tra New York e Los Angeles. Partito come giornalista ha poi virato sulle sceneggiature per il cinema e la televisione, diventando uno dei più geniali autori cinematografici. Nel 1946 ottenne una nomination agli Oscar per la co-sceneggiatura di “Paisà” di Roberto Rossellini, ha lavorato con De Sica a “Ladri di biciclette”, con Alfred Hitchcock e con altri mostri sacri, costruendosi una carriera di altissimo profilo. “Il mio viso davanti a voi” è del 1958 e fin dall’inizio il ritmo è quello delle immagini, perfetto anche per lo schermo. La storia è ambientata ad Hollywood a fine anni 50, tra party, alto tasso alcolico e grandi sogni di celebrità. Dietro le sfavillanti luci e il glamour di Los Angeles imperano la solitudine e tante speranze deluse: una città degli angeli che attira miraggi di gloria, ma poi macina indifferente fallimenti devastanti. Durante una festa in una villa sulla spiaggia, uno degli ospiti si accorge che una giovane donna sta per annegare, si tuffa e la salva. Lui è uno sceneggiatore con la moglie a New York; lei è una giovane aspirante attrice che ha tentato il suicidio e non riesce ad assemblare i pezzi della sua vita. Senza tanta convinzione e con una buona dose di inerzia lo sceneggiatore si lascia coinvolgere in una relazione con la ragazza che porta le cicatrici interiori di altre infelici relazioni con uomini sposati. Sarà una passione impossibile? Scopritelo voi stessi.
 
 
 
Rebecca West “Nel cuore della notte” – Fazi- euro 20,00
 
E’ la seconda parte della Saga degli Aubrey, scritta da Cicely Isabel Fairfield, nata a Londra nel 1892 e morta nel 1983, che come nome d’arte scelse quello di Rebecca West (in omaggio all’eroina combattiva di Ibsen). Fu giornalista, viaggiatrice, scrittrice, critica letteraria e femminista ante litteram, ebbe una vita intensa e travagliata, fu amica di Virginia Woolf e amante di H.G.Wells. La trilogia degli Aubrey è ispirata alla sua storia familiare. E’ un libro da prendere con calma e a piccoli sorsi, entrando nelle stanze e nelle abitudini delle protagoniste alle quali ci siamo affezionati nel primo libro. Ora le piccole donne sono cresciute e le ritroviamo giovani adulte alle prese con la vita e con il vuoto lasciato dal padre che sembra averle abbandonate per sempre. Le gemelle Mary e Rose sono diventate pianiste di talento; la sorella maggiore e più ostica, Cordelia ha abbandonato le sue velleità artistiche e scelto di sposarsi, ammorbidendo il suo carattere e dedicandosi totalmente al matrimonio. Poi c’è la cugina Rosamund dall’indole dolce e generosa che dedica la sua vita agli altri diventando infermiera. Maschio ammirato e coccolato della nidiata è l’affascinante e divertente Richard Quinn che promette di diventare un seduttore di sicuro successo. A gestire le fila del quotidiano e punto di riferimento è la madre che però sta diventando sempre più anziana ed è supportata dall’amicizia preziosa del signor Morpugo. Per buona parte del libro gli   accadimenti sono minimi e lenti, si impara a godere delle piccole cose e dei semplici gesti, come le passeggiate, i tè, il tempo trascorso nella locanda “Dog and Duck” e nelle visite alle dimore dei vicini. E’ un luminoso microcosmo al femminile in cui a un certo punto irrompe in modo devastante la guerra…. E niente sarà più come prima.

Al via il Torino Jazz Festival con l’ICP Trio e Gavin Bryars

Gli appuntamenti musicali della settimana
Martedì. Al Blah Blah sono di scena gli High Reeper.
Mercoledì. All’Audiodrome di Moncalieri si esibiscono gli alfieri della techno Spiral Tribe.
Giovedì. Al Jazz Club suona il trio di Valentina Nicolotti. Allo Spazio 211 sono di scena i Cor Veleno. Al Caffè Neruda suona la Svoboda Orchestra, mentre per “Novara Jazz” all’Opificio Cucina e Bottega si esibisce il quartetto Fuwah.
Venerdì. Parte il Torino Jazz Festival. Tra le tante cose il duo Cohen-Strino al Caffè Neruda e la presentazione del libro fotografico di Roberto Masotti Jazz Area al Circolo dei Lettori. Allo Ziggy sono di scena i Vague Scare. Al Magazzino sul Po si esibiscono i Kinky Seven mentre al Blah Blah suonano i Psychokiller. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibiscono i Diaframma.
Sabato. Al Piccolo Regio per il TJF si esibisce l’ ICP Trio, a seguire il CLGEnsemble. Al Folk Club suona il duo Evans-Lorenzo mentre alla Piazza dei Mestieri è di scena il mitico batterista dell’Art Ensemble of Chicago Famoudou Don Moye accompagnato dalla Torino Night Ensemble. Al Blah Blah sono di scena i Liars. Marco Mengoni si esibisce per 2 sere consecutive al Pala Alpitour.
Domenica. Per il TJF doppio appuntamento al Conservatorio. Alle 17.30 suona il chitarrista Fred Frith mentre alle 21 è di scena il Gavin Bryars Ensemble. Al Museo Nazionale della Montagna suona il cornista Martin Mayes. Al Jazz Club si esibisce il sassofonista Don Menza.
 

Pier Luigi Fuggetta

Fuori. Storie dal manicomio

Si replica al Teatro “Concordia” di Venaria

 
A ogni replica, un sold out. Così, dopo nove date, si è ormai arrivati alla decima per “Fuori – Storie dal manicomio”, lo spettacolo creato dall’Associazione Lab22 di Collegno per raccontare la storia dell’ex Ospedale Psichiatrico. Nato, in collaborazione con Arci Valle Susa, per ricordare una pagina decisamente dura di storia locale, a 41 anni dalla Legge Franco Basaglia (la 180 del 13 maggio 1978, che fece dell’Italia il primo Paese al mondo ad abolire i manicomi) e dall’abbattimento del muro, lo spettacolo teatrale é in programma giovedì 25 aprile alle 21, al Teatro Concordia di corso Puccini, a Venaria Reale (tel. 011/4241124). Per la regia di Serena Ferrari che con questo spettacolo si accredita come una giovane di talento nel panorama teatrale torinese e non solo (suo il testo supportato dalle cronache giornalistiche e dalle pagine letterarie di Alberto Papuzzi e Alberto Gaino, non meno che dalle poesie di Alda Merini e dalla testimonianza di Enrico Pascal, ex psichiatra del Manicomio di Collegno), sul palco ci saranno gli attori Annalisa Platania, Giulio Prosperi, Cristina Lella, Andrea Narducci, Paolo Bergonzi e Raimondo Livolsi. Particolarmente intense e cariche di emozioni anche le coreografie (con cinquanta ballerini sul palco), firmate dalla stessa Ferrari, insieme a Claudio D’Ambrosio e a Mohamed Rekka . Presenti, in scena, anche i musicisti Jacopo Angeleri, Giovanni Battaglino, Francesca Chiofalo, Marcello Iaconetti, Simone Rossetti Bazzaro. Tutti insieme daranno forza a racconti e parole durissime che ricordano la vita di un tempo dentro i muri e le stanze del manicomio.  “Negli ultimi anni abbiamo creato degli spettacoli su temi dall’impegno civile. Ne abbiamo fatto uno sulle morti bianche e sui morti della Thyssen Krupp di Torino, uno per contrastare la violenza sulle donne, uno sulla scomparsa del ragazzo collegnese Fabrizio Catalano” spiega il presidente di Lab 22, Claudio Ferrari. “Nessuno ha però ottenuto il riscontro di ‘Fuori’ che è sempre andato in scena alla Lavanderia a Vapore, oggi spazio dedicato alla danza internazionale, in passato parte del manicomio”. La nuova data è quindi la prima fuori da Collegno. 
 

g.m.