CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 653

Vedere la musica. Ascoltare le immagini

Se un fotografo rock (fra i più celebri della storia musicale internazionale) incontra, in un faccia a faccia all’ultima parola, uno scrittore ancor   giovane ma già con una bella serie di titoli in saccoccia- l’ultimo “La guerra dei Murazzi” per Marsilio Editore – e collaborazioni molteplici con quotidiani e riviste (anche musicali), programmi tv, case di produzione cinematografiche e compagnie teatrali… Ebbene sì, l’occasione è proprio di quelle intriganti. Di quelle che sarebbe opportuno non perdere. Perché da quell’incontro (vivamente consigliato agli appassionati di fotografia e di musica e di parole) potresti portarti dietro un impensabile e forse imprevedibile fagotto di emozioni, su cui riflettere e giocarci sopra per meglio capire   il segreto di mestieri -il fotoreporter, lo scrittore e mille altri – impegnati ogni giorno a svelare la complessità dell’animo umano e del senso più profondo ( “anche se un senso – dice un grande – non ce l’ha”) della vita. A conferma, ecco infatti, i temi di dialogo possibile fra i due: Come si vede la musica? O megliocome si ascoltano le immagini? Come può uno scatto raccontare davvero un artista, coglierne il percorso e la poeticaCoglierne l’anima, le paure, le gioie, i dubbi, il suo personale rapporto con il pubblico con la gente con i fatti del mondo che gli girano intorno? Guido Harari (è lui il fotografo rock, origini egiziane e albese d’adozione) cercherà di rispondere a queste domande illustrando la sua quarantennale carriera e chiacchierando con lo scrittore torinese Enrico Remmert

 

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L’appuntamento (ingresso libero) è per martedì 28 novembre, alle ore 18.30, allo “Spazio Don Chisciotte” della Fondazione Bottari Lattes, in via della Rocca 37b, a Torino. La conversazione sarà un viaggio nel mondo della musica, della fotografia e delle intersezioni possibili e impossibili tra queste due arti. Occasione, la mostra “Wall of Sound 10” che Harari presenta allo “Spazio Don Chisciotte” fino al 24 dicembre. Tra i fotografi italiani più apprezzati e conosciuti all’estero, capace di raccontare i grandi artisti in un solo scatto, Guido Harari ha collaborato con artisti del calibro di Fabrizio De André, di cui è stato uno dei fotografi personali, Lou ReedGiorgio GaberBob DylanVinicio CaposselaKate BushVasco Rossi, Lucio Dalla, Peter GabrielEnzo Jannacci e molti altri. Le sue immagini colgono gli artisti su set spesso improvvisati, in atteggiamenti inusuali, con espressioni talvolta inattese, da cui emerge in maniera immediata la loro personalità. In molti casi la vera molla di tutto si conferma una complicità autentica tra il fotografo e il suo soggetto. Sono ritratti che esprimono l’approccio umanistico umanizzante che muove da sempre il lavoro di Harari, la sua intima cifra stilistica.

 

g.m.

Info:Fondazione Bottari Lattes , tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it

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Foto
– Guido Harari. Credit Ricardo Piccirillo
– Enrico Remmert

 

Il Premio Flaiano a Patrizia Asproni

Sabato 25 novembre alle ore 16,30 Patrizia Asproni riceverà il Premio Flaiano Cultura 2017 .Sala blu del Collegio San Giuseppe via San Francesco da Paola 23 . La dott. Asproni è stata la presidente della Fondazione Torino Musei. Il Premio consiste in una targa d’argento con una caricatura di Federico Fellini rappresentante Flaiano, soggettista della “Dolce vita”

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PREMIO ENNIO FLAIANO a PATRIZIA ASPRONI

La dottoressa Patrizia Asproni ha l’indubbio merito di aver individuato nella collaborazione tra impresa e cultura museale uno dei settori trainanti, in prospettiva, dell’economia italiana. Da oltre quindici anni si occupa di management culturale e di industrie creative. Dal 2001 è Presidente di Confcultura, (Associazione Nazionale delle Imprese per la valorizzazione e la promozione dei beni culturali, del turismo culturale, dell’innovazione tecnologica) e dal 2006 è Presidente della Fondazione Industria e Cultura, creata con l’obiettivo di creare un meeting place per aiutare le imprese ad utilizzare la cultura come leva di sviluppo economico e sociale.

È Presidente della Fondazione Museo Marino Marini a Firenze, e inoltre, Chairman della Piattaforma Tecnologica Europea Beni Culturali IPOCH2 e Co-chair della Joint Commission Italy-USA Cooperation on Science and Technology on Cultural Heritage. La dottoressa Asproni è altresì membro di prestigiose istituzioni e enti no-profit, quali Amici degli Uffizi, nel cui board of advisory è operativa, così come nella Rondine Cittadella della Pace ONLUS – promozione della cultura del dialogo e della pace – e nella Fondazione Palazzo Blu, in entrambe in qualità di membro del CDA.

Va altresì evidenziata la sua attività come direttore dei beni culturali per il Gruppo Giunti.

Presidente della Fondazione Musei di Torino dal 2013, si è dimessa da tale carica, ricoperta a titolo gratuito, nell’autunno 2016. Sotto la sua presidenza, i musei sono cresciuti visibilmente sia in termini di pubblico che di posizionamento sul territorio nazionale.

Il Premio intitolato a Ennio Flaiano è conferito alla dottoressa Patrizia Asproni in segno di riconoscimento dei suoi meriti di organizzatrice di importanti mostre, di promotrice di cultura, e della sua indipendenza di giudizio e spirito libero nei confronti dei pubblici poteri. Il suo ruolo internazionale onora la cultura italiana e contribuisce a diffonderla nel mondo in cui il nome di Patrizia Asproni è conosciuto ed apprezzato.

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La consegna del premio a Patrizia Asproni prosegue con la cerimonia di consegna del  Concorso “Mario Pannunzio” 2017:

– Sezione A – Poesia: I Premio: Alessandra CHIAVEGATTI magistrata

– Sezione B – Narrativa: I Premio: Annella PRISCO SAGGIOMO

– Sezione C – Giornalismo, Critica, Saggistica: I Premio: Francesca Romana FANTETTI

ex aequo: Gianmarco PONDRANO ALTAVILLA

– Sezione D – Tesi di Laurea: I Premio: Maria Teresa GASBARRONE

– Categoria Giovani: I Premio: Aurora CAIME

– Premio speciale del Presidente: Vittoria CAIAZZA

Graziella CARASSI

Mingo MUSSO

Isabella PIERSANTI

Antonio STOLFI

 

TFF al via. Il messaggio di Alice Filippi

Oggi, venerdì 24 novembre prende il via la nuova edizione del TFF. “ Il nostro impegno nel sostenere questo Festival – dichiarano Antonella Parigi e Francesca Leon, assessori alla Cultura rispettivamente per la Regione Piemonte e per la Città di Torino – guarda sia alla qualità culturale espressa sia alla valorizzazione messa in campo nel settore cinematografico, ambito strategico per lo sviluppo espressivo del territorio”. E il principale intento di valorizzare il territorio della nostra regione è appunto quello che caratterizza la Film Commission Torino Piemonte. Uno dei film che ha avuto il suo sostegno è “ Vai piano ma vinci” di Alice Filippi, che sarà proiettato al Reposi domenica 26 novembre alle ore 20,30 e lunedì 27 novembre alle ore 11,15 . Prodotto dalla MOWE di Roberta Trovato, è stato realizzato anche con il sostegno di Mibact –Direzione Generale per il Cinema. Si tratta di una storia vera,che ricostruisce la vicenda del rapimento dell’industriale monregalese Pier Felice Filippi ad opera della ‘ndrangheta ai tempi degli Anni di Piombo. Il film è stato girato a Mondovì nell’estate 2016 da Alice Filippi, figlia di Pier Felice, che, oltre ad averlo scritto e diretto, ne è anche protagonista come attrice, recitando nel ruolo della madre. Per approfondire le motivazioni e i retroscena del film abbiamo rivolto alcune domande alla regista.
Per quale motivo solo ora, dopo tanto tempo, è stato deciso di parlare di questa vicenda, che risale al 1978?
“ Subito dopo l’evento, mio padre non aveva più voluto parlarne. All’inizio non ci fu nessuno strascico, nessun racconto a casa. Ma nel 2011 si era pensato di riportare alla luce quella tragica vicenda. Erano passati molti anni e forse proprio per questo, dato che esperienze così drammatiche e dolorose hanno bisogno appunto di tempo per decantarsi, mio padre aveva pensato di riportarle alla luce. Inizialmente si era pensato di farlo con un libro, ma io, non essendo particolarmente versata nella scrittura, scartai quell’idea e pensai invece di farne un film. Iniziai a contattare tutte quelle persone che in qualche modo avevano avuto a che fare con quei fatti, sia familiari sia amici stretti sia forze dell’ordine. Chiamai un fonico e un operatore, poi contattai Roberta Trovato, che accettò di produrlo. Per ricostruire la vicenda, iniziai a fare mille domande a mio padre. Durante le riprese del film mio padre scherzosamente mi disse che nemmeno i carabinieri ,dopo che era riuscito a scappare dai rapitori, gli avevano fatto un interrogatorio così lungo. “
Fu un’esperienza che segnò in modo profondo tutta la vostra famiglia.
“Quando avevo 18 anni, se uscivo ricordo che mia nonna diceva a mio nonno di seguirmi con la macchina fino a casa, perchè Pier Felice era stato rapito a tarda sera proprio sotto casa. Per mia nonna fu una ferita grande. Senza parlare del nonno… Le telefonate erano intercorse proprio tra il nonno e il telefonista della banda dei rapitori e furono tutte registrate. Le registrazioni di queste telefonate furono conservate per anni dentro un cassetto da mio nonno. Dopo la sua morte e durante il trasloco che ne conseguì le ritrovai per caso proprio in quel cassetto. Si trattava di qualcosa di veramente molto forte. Una di quelle cassette riportava la dicitura. “ Paura di un padre”.
Suo padre era un appassionato rallysta, come del resto suo nonno, come Giancarlo, suo fratello morto prematuramente in un incidente , senza parlare di Luca…
“ Il rally si può dire faccia parte del DNA della nostra famiglia. Luca Filippi, mio fratello, è infatti un grande campione e sarà l’unico pilota italiano al via della Formula E che scatta il 2 e 3 dicembre a Hong Kong al fianco di Oliver Turvey.”
Il suo film contiene un messaggio particolare?
“ E’ una storia di speranza e di determinazione. Quella di mio padre fu una fuga calcolata nell’attesa del momento giusto. Dopo essersi tolto inizialmente la catena , se la rimise per non destare sospetti e poter così sfruttare il momento favorevole. Usò intelligenza e fermezza per arrivare all’obiettivo ma senza strafare, come si vede invece nelle fughe sensazionali e rocambolesche dei film.”

Helen Alterio

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

 

A cura di Elio Rabbione

 

Addio fottuti musi verdi – Commedia. Regia di Francesco Ebbasta, con Simone Ruzzo, Fabio Balsamo, Beatrice Arnera, Roberto Zibetti e Ciro Priello. Il gruppo di videomaker The Jackal arriva al cinema con il tema della disoccupazione: scomodando persino gli alieni. Napoletano in cerca di lavoro, Ciro, di professione grafico, quel lavoro proprio non lo trova. I culliculum li ha mandati in ogni parte ma niente. Perché, ultima spiaggia, non mandarne pure uno nello spazio? Là troverà una società aliena che ha i propri pilastri nella professionalità, nella estrema competenza e nella meritocrazia, cose che in terra manco sanno che sono. Durata 93 minuti. (Reposi)

 

American Assassin – Azione. Regia di Michael Cuesta, con Michael Keaton, Shiva Negar e Dylan O’Brien. Tratto dal romanzo di Vincent Flynn, tratteggiato tra Istanbul e Roma, tra Londra e Tripoli, è la storia di Mitch Rapp, che poco più che ventenne, vuole vendicarsi della morte della fidanzata, vittima di un attentato. Verrà allenato da un veterano dei Navy Seals per entrare in un programma della Cia volto ad addestrare gli “assassini americani” implacabili pedine dell’antiterrorismo. Il suo primo obiettivo sarà colpire il misterioso Ghost, che è in possesso di una bomba di settanta chili di plutonio in grado di scatenare la Terza Guerra mondiale. Durata 112 minuti. (Greenwich sala 3, Massaua, The Space, Uci)

 

Auguri per la tua morte – Horror. Regia di Christopher Landon, con Israel Broussard, Ruby Modine e Jessica Roth. Tree, giovane studentessa, si sveglia dopo una notte di bevute nella camera dell’altrettanto giovane Carter. La sera è vittima di un assassino: per risvegliarsi il giorno successivo nelle medesime modalità e per vedere continuamente ripetute vita e morte. Dovrà scoprire il proprio assassino se vorrà interrompere gli eventi. Durata 96 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Borg McEnroe – Drammatico/biografico. Regia di Janus Metz Pedersen, con Shia LaBeouf, Sverrir Gudnason e Stellan Skarsgård. Due campioni, due storie e due personalità diversissime, gli stili che catturano opposte folle di fan, i movimenti freddi e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e impetuosi dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Reposi, The Space, Uci)

 

Caccia al tesoro – Commedia. Regia di Carlo Vanzina, con Vincenzo Salemme, Serena Rossi, Cristiano Filangieri e Carlo Buccirosso. Siamo dalle parti di “Operazione San Gennaro”, con un impareggiabile Nino Manfredi e la bonomia della Senta Berger, anno di grazia 1966, regia perfetta di Dino Risi. Anche oggi il fine, nobilissimo, è quello di rubare il tesoro del santo partenopeo, mentre la causa è il figlio malato della vedova Rossi, operabile negli States con la complicità del cognato Salemme. Durata 90 minuti. (Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)

 

La casa di famiglia – Commedia. Regia di Augusto Fornari, con Lino Guanciale, Stefano Fresi, Libero De Renzo, Matilde Gioli e Luigi Diberti. Alex è rimasto al verde: non gli rimane che chiedere un prestito alla sorella e ai gemelli amici. Per aiutarlo, di comune accordo decidono di vendere la casa del padre Sergio, che da anni è in coma irreversibile. Ma un bel giorno il padre da quel coma esce: con quali risultati? Durata 95 minuti. (Reposi, Uci)

 

Detroit – Drammatico. Regia di Kathryn Bigelow, con Hanna Murray, John Boyega, Will Poulter e Anthony Mackie. Premio Oscar, l’autrice di “The hurt rocker” e di “Zero Dark Thirty” guarda oggi a quei fatti sanguinosi scoppiati nel luglio del 1967 in un locale privato – privo di licenza – dove un gruppo di persone di colore festeggiavano due ragazzi, anch’essi di colore, ritornati a casa dalla guerra del Vietnam. Lo sguardo sulla repressione seguita, le violenze della reazione, l’invio da parte del governatore Romney della Guardia Nazionale e da parte del presidente Johnson dell’esercito: contro chi vorrebbe seguire ogni regola della legalità c’è chi con violenza la oltrepassa, facendosi forte dell’omertà che nelle forze di comando si fa ben visibile. Lo sguardo sui fatti dell’hotel Algiers, dove tre ragazzi, tra i 17 e i 20, sono barbaramente trucidati. I responsabili, al processo, non subiranno nessuna condanna. Durata 143 minuti. (Ambrosio sala 1, Lux sala 3, Uci)

 

Il domani tra di noi – Drammatico. Regia di Hans Abu-Assad, con Kate Winslet e Idris Elba. Un aereo privato con a bordo una giornalista e un medico, incidente sulle montagne innevate dello Utah, mancanza di soccorsi, sopravvivenza ad ogni costo, lacrime disperazione ferite vedrai che ce la faremo non ce la potremo mai fare, primi sentimenti, amore. Catastrofe finale o salvezza? Durata 112 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)

 

Flatliners – Linea mortale – Drammatico. Regia di Niels Arden Oplev, con Diego Luna, Nina Dobrev, Ellen Page e James Norton. Una studentessa di medicina, ossessionata dalla morte della sorella, spinge i suoi compagni di corso ad un esperimento: dovranno fermarle il cuore con un defibrillatore per sessanta secondi e registrare i ricordi del suo cervello prima di riportarla in vita. Se non ci fosse modo di interrompere le allucinazioni che scoppiano in quel breve tempo? Remake di un film del ’90 di Joel Schumaker, con una giovanissima Julia Roberts. Durata 110 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Gifted – Il dono del talento – Regia di Marc Webb, con Chris Evans, Mckenna Grace e Octavia Spencer. Al centro Mary, una ragazzina di sette anni, che come la madre ha una passione incondizionata per la matematica; accanto a lei lo zio Franck che vorrebbe offrire alla nipotina una vita normale e la nonna materna per cui quella passione va di giorno in giorno accresciuta. Durata 101 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Justice League – Fantasy. Regia di Joss Whedon e Zack Snyder, con Ben Affleck, Amy Adams, Henry Cavill e Jeremy Irons. A Gotham City, Batman nutre la speranza di riunire un valoroso gruppo di eroi per fronteggiare l’ultima terribile pericolo. Chiaro che per la salute del film tutti aderiscano, da Wonder Woman a Flash più veloce della luce, da Aquaman ipertecnologici signore degli oceani a Cyborg. Manca soltanto Superman ma prima o poi anche lui sarà della partita. Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Mistero a Crooked House – Drammatico. Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Christina Hendricks, Max Irons, Julian Sands e Gillian Anderson. Basato sul romanzo di Agata Christie pubblicato in Italia con il titolo “È un problema”, il film è un giallo corale, quelli che tanto piacevano all’autrice: un confronto incrociato tra i componenti di una ricca famiglia inglese. Per ottenere finalmente la mano della ricca Sophia, il giovane investigatore privato Charles Hayword deve risolvere il mistero che avvolge la morte del nonno della ragazza. Mentre tutti puntano il dito contro la giovane seconda morte dello scomparso, spetterà a Charles scoprire nuovi moventi e indizi e la verità. Per chi già non conosce il romanzo di partenza, una inaspettata risoluzione finale, magari anche troppo fuori da quella umanità corrotta su cui la Christie ha per anni indagato. Un buon prodotto, con le carte in regola, di sceneggiatura e interpretative soprattutto, con il piacere da parte dello spettatore di inseguire sviluppi e finali. Durata 105 minuti. (Eliseo Blu, Nazionale sala 2)

 

Mr. Ove – Commedia. Regia di Hannes Holm, con Rolf Lassgård, Ida Engvoll e Bahar Pars. Il signor Ove è un pensionato isolato e sempre di malumore, che trascorre le proprie giornate a far rispettare le regole dell’associazione dei condomini – che un giorno presiedeva – e andando a far visita alla tomba della moglie, un uomo che pare aver rinunciato del tutto alla vita. Finché un giorno ecco comparire i nuovi vicini di casa: con essi il signor Ove pare stringere una nuova amicizia. Durata 116 minuti. (Massimo sala 2)

 

Ogni tuo respiro – Drammatico. Regia di Andy Serkis, con Andrew Garfield e Claire Foy. È la storia vera dei genitori del film, Jonathan Cavendish. L’avventuroso e carismatico Robin Cavendish ha tutta una vita di successi quando si ritrova paralizzato a causa della poliomielite che contrae nel continente africano. Contro il parere di tutti, sua moglie lo fa dimettere dall’ospedale e lo porta a casa, dedicandosi completamente a lui e usando intelligentemente tutta la determinazione di cui è capace. Non vogliono diventare prigionieri della malattia di lui, appassionano e incantano gli altri con il loro umorismo, il coraggio, l’intera sete di vita. Durata 117 minuti. (Romano sala 1, Uci)

 

Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

La ragazza nella nebbia – Thriller. Regia di Donato Carrisi, con Toni Servillo, Alessio Boni, Galatea Renzi, Michela Cescon e Jean Reno. Lo scrittore Carrisi passa dietro la macchina da presa, adattando per lo schermo un suo romanzo di successo. Narrando del detective Vogel inviato in un piccolo paese di montagna, vittima sotto choc di un incidente, incolume ma con gli abiti sporchi di sangue, un mite e paziente psichiatra che tenta di fargli raccontare quanto è accaduto. Vogel è lì per occuparsi della sparizione di una ragazzina di soli sedici anni, avvenuta alcuni mesi prima: un groviglio di segreti che arriva dal passato, un piccolo paese dove nulla è ciò che sembra e nessuno dice tutta la verità. Impianto ferreo ma pure con qualche scricchiolio nella parter finale; soprattutto un gioco di scatole cinesi che suona come uno snocciolarsi di colpi di scena ma che è anche un aggrovigliarsi che sbanda e fuoriesce dal campo della chiarezza. Servillo è ormai Servillo, quasi monumento a se stesso, Boni produce qualche bella emozione in più, la Cescon piuttosto inverosimile, gli altri a far parte di un piccolo presepe di montagna ormai cristallizzato. Comunque se dovessimo buttar giù una classifica con “L’uomo di neve” l’Italia batterebbe la fredda Norvegia per molti punti a zero: da noi c’è parecchia più vita, pur tra rapimenti e morti. Durata 127 minuti. (Eliseo Rosso, Reposi)

 

Gli sdraiati – Commedia. Regia di Francesca Archibugi, con Claudio Bisio e Gaddo Bacchini. Giorgio e Tito sono padre e figlio. Due mondi opposti che si scontrano all’interno di un appartamento a Milano. Giorgio è un giornalista di successo, apprezzato dai colleghi e dal pubblico, famoso volto televisivo, separato dalla moglie, discorsi con il figlio a livello pressoché zero. Il quale ultimo è un adolescente indolente, chiuso, refrattario a tutto e a tutti, incapace o senza la minima voglia di trasmettere le proprie emozioni agli altri, che si sente soffocato dalle attenzioni altrui, il suo (ristretto, piccolo) mondo sono gli amici per parlare di niente e i videogiochi Nemmeno l’invito del padre ad andare a fare insieme la vendemmia lo smuove: o forse sì, e allora potrebbe essere il modo per tentare di costruire insieme un minimo di comunicazione. Dal romanzo di Michele Serra. Durata 103 minuti. (Massaua, Due giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho, Reposi, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

La signora dello zoo di Varsavia – Drammatico. Regia di Niki Caro, con Jessica Chastain e Daniel Bruhl. Storia vera, ispirata a Antonina Zabinski che con il marito dirige la struttura dello zoo della capitale polacca, bombardata e occupata dalle forze naziste. Con l’inizio delle deportazioni verso i campi di concentramento, nel 1942, la coppia inizia a nascondere intere famiglie all’interno del luogo. Sarà l’inizio della salvezza. Durata 127 minuti. (Lux sala 2, The Space)

 

The Place – Drammatico. Regia di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini, Silvio Muccini, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi. Un film corale, un’ambientazione unica, una bella carrellata di attori italiani per altrettanti personaggi che Paolo Genovese – l’autore di quel piccolo capolavoro che è “Perfetti sconosciuti” – ha basato su una serie americana, ripensata e adattata, “The Booth at the Edge”, creta dall’autore e produttore Christopher Kubasik nel 2010. Un uomo misterioso, giorno e notte ospite abituale di un bar, con il suo tavolo sul fondo del locale, e personaggi e storie che a lui convogliano, di uomini e donne, lui pronto a esaudire desideri e a risolvere problemi in cambio di alcuni “compiti” da svolgere. Tutti saranno pronti ad accettare quelle richieste? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

The Big Sick – Commedia drammatica. Regia di Michael Showalter, con Zoe Kazan, Kumail Nanjiani e Holly Hunter. È l’autobiografia del protagonista maschile del film, un giovane comico che di giorno a Chicago guida il suo taxi per conto di Uber e che la sera si fa conoscere nei piccoli club della città. La famiglia crede molto in lui, ritenendolo uno studente di successo e un ragazzo destinato al miglior partito pakistano che si possa immaginare. Sino al precipitare delle cose, l’amore che unisce Kumail e Emily, bianca e ancor più sposata, la malattia di lei, le due diverse famiglie che si ritrovano allo stesso capezzale. Durata 120 minuti. (Ambrosio sala 2, Due Giardini sala Ombrerosse, Uci)

 

The broken Key – Fantascienza. Regia di Louis Nero, con Andrea Cocco, Geraldine Chaplin, Rutger Hauer, Franco Nero, Christopher Lambert e Michael Madsen. Nel futuro descritto dal film la carta è diventata un bene prezioso, quindi è proibito stampare e le biblioteche sono luoghi cui pochi studiosi possono accedere. L’arrivo in Italia di un celebre accademico è l’occasione per indagare su una serie di delitti, con strane testimonianze e indizi che scomodano Dante e Hieronymus Bosch. Girato in parte a Torino e in località facilmente riconoscibili dal pubblico piemontese. Solita compagnia di celeberrimi attori che da sempre (ri)vivono nel cinema di Nero. Durata 120 minuti. (Ideal)

 

The Square – Drammatico. Regia di Ruben Östlund, con Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary e Linda Anborg. Palma d’oro all’ultimo Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di Stoccolma, divorziato e amorevole padre di due bambine, sempre all’inseguimento delle buone cause. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione, “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione (“il quadrato è un santuario di fiducia e altruismo”): ma quando gli vengono rubati il cellulare e il portafoglio per strada, Christian reagisce in modo scomposto. Nel frattempo, l’agenzia che cura le pubbliche relazioni del museo crea un’inaspettata campagna pubblicitaria a promuovere l’installazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico che manda in crisi sia Christian che il museo stesso. Strano e brillante, pieno di interrogativi, simpatico (si ride! si ride!), certo meno “chiarito” rispetto a quel “Forza maggiore” che ci aveva fatto conoscere il regista svedese all’interno del TFF, da guardare (e da ammirare) con occhio decisamente interessato non nella sua complessità ma nei grumi di scene che via via si susseguono e si solidificano, tra il filosofico e il divertito (eccezionale la scena della performance dell’uomo scimmia, costellata dalla curiosità e dallo scetticismo e dalla allegria attenta del pubblico, pronti a farsi terrore), nello sguardo ironico buttato sulla pochezza e sulle turlupinatura di certa arte contemporanea (i vari mucchietti di sabbia che danno vita ad una installazione recuperati in un sacco della spazzatura da un addetto alle pulizie). Durata 142 minuti. (Eliseo Grande, Massimo sala 1 anche in V.O., Nazionale sala 1)

 

Thor: Ragnarok – Fantasy. Regia di Taika Waititi, com Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Cate Blanchett e Tom Hiddleston. Il verde Hulk a dare una mano al dio del tuono, questa volta privato del suo fantastico martello e in lotta con Hela, la dea della morte, che vorrebbe prendersi il trono di Asgard, e ancora prigioniero in una terra lontana dove è costretto a combattere per il piacere di un tiranno amante del rischio e pronto a manipolare le deboli vite altrui. Durata 130 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Una questione privata – Drammatico. Regia di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Dal romanzo di Beppe Fenoglio. “Over the rainbow” è il disco più amato da tre ragazzi nell’estate del ’43. Si incontrano nella villa estiva di Fulvia, che gioca con i sentimenti di entrambi: con quelli di Milton, pensoso e riservato, con quelli di Giorgio, bello ed estroverso. Un anno dopo Milton, partigiano, si ritrova davanti alla villa di Fulvia ormai chiusa, il custode lo riconosce e insinua un dubbio, che Fulvia, forse, abbia avuto una storia con Giorgio. Ogni cosa pare fermarsi per il ragazzo, la vita, le amicizie, la lotta partigiana, è ossessionato dalla gelosia e vuole scoprire la verità. Deve ritrovare Giorgio ma l’amico di un tempo è stato fatto prigioniero dai fascisti. Atmosfere tavianiane, le colline delle Langhe scambiate con montagne della val Maira, tutto pare molto teatrale ma come privo di anima, sognano l’età dell’oro della “Notte di San Lorenzo” che non arriva, la Bellè e Richelmy sono due belle quanto insignificanti statuine, Marinelli unico cerca di costruire veri sentimenti. Meglio tornare alla scrittura di Fenoglio. Durata 84 minuti. (Romano sala 1)

 

Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

Jurij Ferrini orchestra alla perfezione una eccellente compagnia ma perde del tutto la musicalità di un testo

Forse è già tutto chiaro, fin da quel semplice puzzle in locandina che ci mostra un Goldoni di cui non resta che l’immagine mentre il resto, giacca calzoni rossi e sneakers immacolate, è catapultato nei giorni nostri. Ieri e oggi, insomma. Senza tanto sottilizzare. Per cui la scena, in gran movimento da parte degli attori (cresciuti tutti alla scuola dello Stabile torinese), di queste Baruffe chiozzotte firmata da Carlo De Marino è un gran tripudio di trovarobato ligneo, porte e finestre, scalette e piccole pedane a dare sul porto per l’attracco delle tartane, tutto illuminato a dovere; come gli abiti che sono quelli di ogni giorno, jeans e magliette e quant’altro di pratico, salvo poi solleticarci (il lavoro è dovuto ad Alessio Rosati) per un attimo quantomai inconsistente di una mezza dozzina di abiti della festa che nessuno indosserà mai. Perché tutto è immaginato dalla regia di Jurij Ferrini come una prova, una tappa in divenire, pronta tuttavia a consolidarsi, tanto da sentirsi costretto all’inizio a nominarci i personaggi, il dove, a leggerci le didascalie della commedia. Un gioco che potrebbe continuare, le baruffe alla prova, forse quei costumi alla fine dei conti potrebbero ben servire a qualcosa. Un’idea che avrebbe dovuto trovare forse più spazio, maggior concretezza: e invece nulla.

Poi c’è il testo, le parole di questa gioventù del luogo che urla e si spintona, che sarebbe pronta per amore a prendersi a rasoiate, anzi è pronta a tirar fuori i coltelli (e le ultime cronache ci dicono quanto poco sia cambiato da Goldoni a noi), che sbraita e si tira i capelli, che ruzzola a terra, che sbrodola maldicenze, che inganna e fa la sfrontata, che innesta liti. Insomma c’è la lingua che accompagna le Baruffe, quella goldoniana, che era un originale chioggiotto e di cui Ferrini ci risparmia. Sì, ci dice una parlata più aspra della veneziana, ma pur sacrosanta. Certo i capelli bianchi non ci devono obbligare ad andare a riassaporare il (solito) lavoro di cesello che in decenni ormai lontanissimi fece Giorgio Strehler con la sua edizione (ma comunque chi vuole se la vada a rispolverare!), ma certo ci spingono a rimpiangere quella musicalità che ne nasceva, quel panorama di laguna che era un tutt’uno, parole gesti caratteri, quel cantilenare che imboccava questo o quel personaggio. C’è ancora chi combatte per l’arroccamento di Eduardo nella difesa della propria lingua, c’è chi fa carte false per la genuinità di Camilleri e Montalbano, c’è chi si rilegge con avidità il “Pasticciaccio” di Gadda: e Ferrini si preoccupa della nostra comprensione, si lascia intimorire dalle chiusure e affida a Natalino Balasso una “traduzione”, “non è stato operato un adattamento, ma una vera traduzione”, forse per il ricordo delle antiche collaborazioni, forse perché il sunnominato era in un periodo di pausa lavorativa? Aggiornando inoltre e immettendo in quella “traduzione”, per abbracciare meglio la spiccia quotidianità degli abiti, i vari “stronza” e “vacca” e “vaffa” e altro ancora, sdoganatissimi, che ormai “necessariamente” devono far scoppiettare i tanti alterchi della meglio gioventù.

Ce ne faremo una ragione, chiosava dall’alto il nostro amato ex premier. E anche noi, in questa occasione. Anche perché lo spettacolo è divertente e diverte, Ferrini gioca un paternalistico coadiutore, specchio dell’autore che ricoprì la carica per una quindicina di mesi proprio a Chioggia, e soprattutto agita con grande slancio il materiale giovanile che ha per le mani. In una commedia che manca di nobili e di vecchi, sono i giovani che tornano dalla pesca durata per mesi e le ragazze che mentre cercano gli occhi del moroso lavorano al tombolo, che strepitano e baruffano, che con una stretta di mano, per qualcuno sembra una camminata sui carboni ardenti, si maritano. È un piacere guardarli e sentirli, la forza che ci mettono, quello che un tempo veniva chiamato il sacro fuoco, irose, svenevoli, bugiarde, passionali, incantevoli, tutte da citare: Sara Drago che è Checca, la scoperta da continuare a seguire che è l’Orsetta di Barbara Mazzi, Rebecca Rossetti e la sua Lucietta che mi pare un istrice, Elena Aimone e Beatrice Vecchione; mentre sul versante maschietti da tener d’occhio le prove di Matteo Alì, un Titta-Nane sanguigno e pronto a chiamare in causa il pubblico sulle sue tragedie amorose e sulla loro conduzione, e di Raffaele Musella, un Toffolo tutto vivacità, pronto a punteggiare con Ferrini un elenco di pericolosi manigoldi e di testimoni degno di tutto l’umorismo di Totò e Peppino. Bravi, e lo spettacolo finisce con l’essere in gran parte davvero loro.

 

Elio Rabbione

Il Premio “Pannunzio” 2017 a Dacia Maraini

A Palazzo Ceriana Mayneri, Circolo della Stampa (Corso Stati Uniti, 27). Dopo un incontro conviviale, iI Presidente Alan Friedman consegnerà il Premio 

Nata a Fiesole, trascorse l’infanzia in Giappone dove, dal 1943 al 1946, la famiglia fu internata in un campo di concentramento giapponese subendo maltrattamenti e privazioni. Tornata in Italia frequenta le scuole dapprima in Sicilia ed in seguito a Roma. Questi anni sono raccontati dalla stessa Maraini nel suo romanzo “Bagheria”. Fonda, assieme ad altri giovani, la rivista letteraria “Tempo di letteratura”, e comincia a collaborare a riviste quali “Paragone”, “Nuovi Argomenti”, “Il Mondo”. Interessata al teatro, ha scritto molti testi teatrali, rappresentati in Italia e all’estero, e fu tra le fondatrici a Roma del teatro della Maddalena. Negli anni seguenti continua con la sua attività di scrittrice pubblicando, fra le sue tante opere, “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, la raccolta di racconti “Buio” che ha vinto il Premio Strega, “Il gioco dell’universo”, Il treno dell’ultima notte”, “La seduzione dell’altrove”, “La grande festa”. Nel 2014 l’Università Bocconi, per iniziativa degli studenti, le ha riconosciuto il “Dante d’oro” per l’opera omnia.

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Alle ore 20,30 nel Salone del Camino del Palazzo Ceriana Mayneri, si terrà l’incontroconviviale. La cena sarà servita ai tavoli nella Sala “Toniolo”, dopo l’aperitivo a buffet nella Sala degli specchi. Quota di partecipazione Soci € 56, Ospiti € 58. Iscrizioni in segreteria. Non si accettano prenotazioni telefoniche, se non seguite da immediato bonifico bancario. www.centropannunzio.it

 

 

OGR is (more) music

Continua la grande musica alle OGR

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In via Castefidardo 22, a Torino, le “Officine Grandi Riparazioni” – dopo il grande successo registrato per i concerti del Big Bang e dell’art week torinese – rilanciano con un programma di nove straordinari appuntamenti a partire dal 25 novembre. L’apertura del calendario invernale dei live delle “Officine Nord” è affidato al progetto di solidarietà Rise Up!” che sabato 25 e domenica 26 novembre vedrà sul palco artisti della musica e della parola uniti per raccogliere fondi destinati a Castelluccio di Norcia, uno dei comuni del centro Italia maggiormente colpiti dal terremoto del 2016. I primi ad esibirsi saranno i “Marlene Kuntz”sabato 25 novembre, che riempiranno la “Sala Fucine” di OGR con le loro inconfondibili sonorità alternative rock. A seguire,domenica 26, la musica e la letteratura daranno vita a una serata unica, in cui la voce di noti narratori si mescolerà agli accordi dei musicisti, sotto la conduzione di Sara Zambotti, voce di “Caterpillar” di Radio2. Tema della serata sarà l’idea di “Rinascita”, argomento scelto per questa edizione del festival letterario Borgate dal vivo, promotore delle due serate alle OGR, che chiuderanno il festival stesso.

 

Il mese di dicembre alle OGR si apre con un live, in programma sabato 2, di Ezio Bosso: accompagnato da un’orchestra di venti elementi, il pianista e direttore d’orchestra darà vita alla prima delle quattro “Piano Lessons”, progetto unico dedicato al pianismo internazionale, creato appositamente per OGR, e che  vedrà esibirsi sul palco delle “Officine Grandi Riparazioni” quattro grandi maestri che racconteranno il loro rapporto con lo strumento e con la musica più in generale. Dopo l’artista torinese sarà la volta del pianista jazz statunitense Brad Mehldauvenerdì 16 febbraio 2018, del compositore francese Yann Tiersen, venerdì 9 marzo, e infine del compositore, musicologo e librettista inglese Michael Nymansabato 14 aprile. La spiritualità è invece il fil rouge che lega i quattro appuntamenti di “La Musica dei cieli”, festival diffuso sul territorio nazionale e ospitato in diversi luoghi esclusivi in cui artisti provenienti da tutto il mondo affrontano in chiave musicale il tema dell’incontro tra culture e del rispetto reciproco. Il primo appuntamento alle OGR sarà, venerdì 8 dicembre, all’insegna del jazz italiano: la “Sala Fucine” ospiterà “Paolo Fresu Quintet” in Jazzy Christmas, featuring Daniele di BonaventuraIl giorno successivo, sabato 9 dicembre, salirà sul palco l’ israeliana Noa; per proseguire nella settimana prima di Natale (mercoledì 20 dicembre) con la danza magnetica dei “Dervisci roteanti di Galata” diretti dal musicista turco Mercan Dede. Ultimo appuntamento e serata di chiusura del festival alle OGR con Vinicio Capossela, accompagnato da Paolo Rossi e dal Mago Wonderland, protagonisti, venerdì 22 dicembre, di una serata in omaggio a San Nicola, alle origini della leggenda moderna del Natale.

GM

 

Le prevendite on line per tutti gli appuntamenti sono aperte sul sito www.ogrtorino.it

Per info: OGR – tel. 011/2764708

L’eco delle palpitazioni

LE POESIE DI ALESSIA SAVOINI
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Ventre piatto, in apnea
dopo aver inspirato e poi trattenuto
il perpetuarsi di coiti aviti, ancestrali
incensurati al primogenito degli istinti
che indusse l’uomo a procacciar sensazioni
anestetizzato dalla comprensione del tutto
che
tal immensità
gli mise a tacere l’intelletto.
E l’ontologica comprensione è sfiorata appena
Nei corpi che si respirano, nelle pelli che si scoprono limite,
che si manifestano orgasmici e collaterali palpiti di oltre
e l’universo replica la sua origine
in due corpi che si uniscono.
Gravido il ventre astrale
Si incarna la temporalità affinché possa esistere
Respirando nei corpi, limitandosi nella pelle
Partorito da circostanze eterne.
A ogni orgasmo
Prende vita un numero infinito di universi.

Moving your art!

Generare benessere attraverso un’esperienza sensoriale, creativa e di apprendimento attraverso l’arte: è questa la filosofia assolutamente fuori dagli schemi alla base dell’innovativo progetto Wellness Creative®, la prima palestra creativa in Italia. E proprio per mostrare i risultati ai quali si può arrivare con un allenamento personalizzato, anche senza avere una formazione artistica di base, debutta alla Mirafiori Galerie “MOVING YOUR ART!”, la prima mostra collettiva delle opere dei migliori allievi della struttura, selezionati dal Direttore Artistico, e founder, Silvia Dicembre, e dei trainer Fabrizio Visone, Nice & The Fox, Ernesto Casciato, Sofia Rondelli, Beatrice Botto, Alice Del Giudice, Carmine Cassese, Jacopo Tagliasacchi, Francesco Marinaro, Annalisa Gallo, Giada Simonetti, Fabrizio Fulio Bragoni. 
Presso lo spazio permanente dedicato all’arte contemporanea di piazza Cattaneo a Torino, da giovedì 30 novembre a domenica 13 gennaio 2018, saranno esposte le creazioni nate dai percorsi d’arte della Wellness Creative®Fumetto, illustrazione, calligrafia, scultura, pittura, elaborazioni digitali: dalla rassegna emerge un panorama fluido di arte libera e in movimento, un progetto ampio in grado di accogliere, far crescere e valorizzare i talenti di ognuno, adulti e bambini, in un cammino assolutamente personale dove l’arte e lo spirito si fondono in un’unica esperienza di benessere.  “La nostra è una proposta di avvicinamento all’arte che non ha paragoni in Italia – spiega Silvia Dicembre – Alla Wellness Creative® l’arte è sempre in movimento, ma con un ritmo scandito e modulato sull’esperienza dei singoli, perché la nostra non è un’accademia classica, ma è, a tutti gli effetti, una palestra di allenamento artistico e una scuola per l’anima che fonde emozioni, benessere, socialità e apprendimento”.

a cura di Silvia Dicembre

 

Opening 30 novembre 2017, dalle 19 alle 21

In esposizione da giovedì 30 novembre 2017 a domenica 13 gennaio 2018

Mirafiori Galerie, Piazza Riccardo Cattaneo, Torino – INGRESSO LIBERO

 

Recuperiamo le culture sommerse di Torino?

di Enzo Biffi Gentili

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Elisabetta Chicco, Jesi, De Maria non beneficiarono della promozione, ad altri attuali autori di minor valore concessa, della cultura progressista. Nonostante fossero tutti e tre di sinistra, vera, ma “nera”…

 

Le culture sommerse. Mi è ritornata in mente questa definizione, già usata in un vecchio polemico fascicolo intitolato Recuperiamo le culture sommerse di Torino (Federazione Provinciale dello PSI, 1982), alla notizia della morte della scrittrice Elisabetta Chicco. Perché non è mai stato a sufficienza riconosciuto il rilievo della sua importante opera, articolata virtuosisticamente in diversi generi, dalla storia della gastronomia all’autobiografia, dalla letteratura “gotica” alla riflessione filosofica e psicologica. C’è a mio avviso una ragione, che può essere spiegata facendo anche solo riferimento a due suoi testi fondamentali: l’ultimo pubblicato, Nietzsche. Psicologia di un enigma ( Castelvecchi 2017) e un romanzo di circa tre lustri precedente, La quarantaduesima carta (Robin 2003). Il primo libro interpreta originalmente fatto per cui Torino fu per Nietzsche la città “terminale”, propizia al cupio dissolvi; nel secondo ambientato in una capitale subalpina “spettrale”, il protagonista, chiesta in sposa una giovane sensitiva, e portata a vivere in un castelletto tra il neogotico e l’art nouveau -gli stili preferiti dalla scrittrice, come risulta da molte sue prove- affermerà, a cifra e sigla finale della narrazione, “tout est mort”. Qui si trovano probabilmente i primi motivi delle limitate attenzioni critiche, e delle scarne notizie al momento della sua scomparsa: Elisabetta infatti non ha mai aderito o concorso alla “narrazione” tutta positiva della città in cui viveva così come si è colpevolmente diffusa e imposta negli ultimi anni. Di Torino, lei ha rappresentato magistralmente il dark side, e tra i suoi ispiratori ha sempre dichiarato le figure di grandi marginali. A partire dal padre Riccardo, il pittore, grande eccentrico (e come tale ricordato nel volume EccentriCity. Arti applicate a Torino 1945-1968 (Fondazione per il Libro la Musica e la Cultura e MIAAO 2003), curato da chi scrive con Francesca Comisso e Luisa Perlo. Ma Elisabetta Chicco, rara figura di dandy al femminile, si scelse altri maestri e compagni non iscrivibili tra i produttori di idee ricevute: su tutti, Italo Cremona, pittore e scrittore cultore dell’isolamento, non inseribile in un’altra narrazione, quella della Torino politicamente “regolare”, comunque sempre da venerare, con i suoi numi tutelari, da Gramsci a Gobetti al gruppo degli allievi antifascisti del Liceo d’Azeglio. E autore di due libri centrali nella formazione di Elisabetta: Il tempo dell’art nouveau (1ª ed. Vallecchi 1964) e La coda della cometa (1ª ed. Vallecchi 1968), un altro romanzo sulla fine del mondo, osservata da Torino. La Chicco fu anche compagna di scuola, amica e fine lettrice di Furio Jesi, eminente studioso di miti, esoterici misteri e di letteratura tedesca, ma anche narratore con L’ultima notte (Marietti 1987) , un romanzo “vampirico” nel quale si prefigura una battaglia finale tra umani e immorti. Concludo, a proposito di mancata considerazione di uno scrittore, segnalando la recentissima riedizione del perturbante romanzo “lovecraftiano” di un altro torinese scomparso e dimenticato, Giorgio De Maria, critico, autore teatrale e fondatore del gruppo musicale “impegnato” Cantacronache: Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo (Frassinelli 2017), apparso per la prima volta nel 1977 presso un piccolo editore, Il Formichiere, ma riscoperto, tradotto e pubblicato agli inizi di quest’anno a New York per i tipi di W.W. Norton. Morale della storia: Elisabetta Chicco, Jesi, De Maria non beneficiarono della promozione, ad altri attuali autori di minor valore concessa, della cultura progressista. Nonostante fossero tutti e tre di sinistra, vera, ma “nera”…