CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 598

Tango e territorio

“The Art of Sharing” (L’arte di condividere)

APPUNTAMENTO GRATUITO PER CONDIVIDERE LUOGHI, ABBRACCI, ARTI E CULTURA TANGUERA

Patrocinio istituzionale dell’Anno Europeo del Patrimonio 2018. Evento multidisciplinare ideato e diretto da Monica Mantelli in collaborazione con:. Direzione Generale Biblioteche e Enti Culturali (DGBEC) Biblioteca Nazionale di Torino ABNUT Amici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e un rete virtuosa di operatori culturali territoriali. Evento multidisciplinare ideato e diretto da Monica Mantelli

DOMENICA 23 SETTEMBRE  ORE  17 – 19

Auditorium Vivaldi, Biblioteca Nazionale di Torino,  Piazza Carlo Alberto 5/A

Ingresso libero sino ad esaurimento posti.

FILM, TEATRO, MOSTRA FOTOGRAFICA, BALLO, MUSICA LIVE, DANZA E TANTO ALTRO

“Tango e Territorio” è una proposta di eventi aperti a tutti come chiave per la partecipazione delle comunità alla cura dei loro luoghi di vita quotidiana. Le attività di valorizzazione culturale e paesaggistica di oggi si connotano sempre più per iniziative di mediazione educativa interdisciplinare attraverso linguaggi come musica/ danza/ architettura& paesaggio/ fotografia/ cinema/ teatro etc, che mettono in collegamento le bellezze strutturali accessibili del nostro territorio alla crescente presa di coscienza – in particolare quest’anno che è dedicato alo Patrimonio Europeo – che tali patrimoni sono una eredità di cui ognuno di noi è portatore /ambasciatore che può e deve scambiare con gli altri in un’ottica di mutua crescita. Un appuntamento con la Community Tanguera ETNOTANGO LCMM e con tanti contenuti artistici intorno al tango e il territorio con film, concerto, spettacolo teatrale, mostra fotografica, esibizioni, improvvisazioni coreutiche di teatrodanza e performance di ballo su musiche live.

DOMENICA 23 SETTEMBRE a partire dalle ore 17 presso il bellissimo Auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale di Torino (Piazza Carlo Alberto 5/A) si parte con lo storytelling di Monica Mantelli, direttrice artistica della community tanguera ETNOTANGO LCMM, gruppo informale di ballerini appassionati di ballo e cultura tanguera che eseguiranno improvvisazioni di tango e teatrodanza durante tutto l’evento, circondando anche il pubblico! Nel mentre: la suggestiva proiezione di POEMA CIRCULAR film onirico e surreale sul tango e paesaggio di Torino, co-presentato da Alessandro Avataneo regista della pellicola e docente Scuola Holden di Torino. Inoltre, le esibizioni dei Maestri Ballerini professionisti: Carolina Gomez(Argentina) Scuola Aires Nuevos, Alessandro Guerri y Anna Boglione (Italia). Il ricchissimo pomeriggio procede con un mini –concerto di brani di Salsedo, Ortiz e Piazzolla dei Musicisti Sara Terzano (arpa) e Roberto Mattea (percussioni) del Gruppo Cameristico Alchimea. Il climax della performance si raggiunge quando gli oltre trenta ballerini di Etnotango & Libera Compagnia Musicale Migrante danzeranno intorno al pubblico, coinvolgendolo. Infine, per non mancare con il teatro, la divertente pièce estratta dallo spettacolo “EvoluViTango”, uno spaccato tra storia e società che riassume in piccolo ben 100 anni di storia sociale e tanguera, proposta dal gruppo di tangoteatro Vantango Microarte fondato e diretto dal Maestro Beppe Vanetto. Conclude il tutto la partecipazione con uno slideshow di immagini estratte dall’archivio ventennale di eventi di tango di strada ideati da Monica Mantelli e realizzati sotto il cappello di RossoTango, Libera Compagnia Musicale Migrante, Iani del Tango,  Etnotango Festival che scorrerà durante gli speech degli Ospiti. Infine la mostra personale fotografica di Sergio Giunipero “Tangerine Tango Attitude”: 30 immagini a colori, formato 20×30 su volti, codici corporei e “landmark” del territorio, in esposizione nel Foyer dell’Auditorium Vivaldi. La mostra sarà esclusivamente fruibile durante la due giorni delle giornate Europee Patrimonio. Ingresso libero sino ad esaurimento posti.

PROGRAMMA

(Dalle ore 16,00)

Incontro con l’autore di “Tangerine Tango Attitude”

Ingresso nel Foyer per visitare la mostra e conoscere il fotografo di tango Sergio Giunipero, l’autore della mostra fotografica. La mostra è esposta solo sabato 22/9 ore 15 – 23, domenica 23/9 ore 14 -21.

Ore 17

Proiezione film POEMA CIRCULAR

(33’, 2014 – 2016, Italia)

Una carrellata di luoghi speciali di Torino, nella luce sognante del tango. Personaggi e spiriti si incrociano in una narrazione surreale, tra passato e futuro. Non è un documentario ma un racconto fatto per immagini surreali e oniriche, ricco di scenari torinesi, di atmosfere e di sguardi, con la visione prospettica di chi danza live nel paesaggio urbano di Torino, senza palchi o palchetti, ma strade e piazze. “Viviamo in un’epoca di contatti virtuali, abbiamo mille amici su Facebook ma stiamo disimparando il valore di un abbraccio. Il tango è un fenomeno sociale che spinge le persone a ritrovare il linguaggio corporeo e a rimettersi nell’abbraccio. Del resto “tangere” in latino vuol dire toccare…” in un poema circolare.

Segue

Speech degli autori del film

Alessandro Avataneo, Regista e docente SCUOLA HOLDEN di Torino

Monica Mantelli, Soggetto, progettista culturale territoriale, direttrice artistica ETNOTANGO

Esibizioni dei Ballerini e Musicisti professionisti

Carolina Gomez, Insegnante e coreografa scuola Aires Nuevos (Torino /Argentina)

Alessandro Guerri y Anna Boglione (Torino/Italia)

Sara Terzano (arpa) e Roberto Mattea (percussioni) del Gruppo Cameristico Alchimea

Ore 18

Spettacolo teatrale estratto da EVOLUVITANGO  ( 2018, Italia)

Ideazione e regia di Beppe Vanetto. Con il gruppo Vantango Microarte: Carlo Pavone – Angela Morreale, Claudio Trombetta – Barbara Balestra, Marco Cavalli – Laura Fasano, Michele Liuzzi – Fiorella Locurcio, Paolo Maffi – Lucia Fabiano, Beppe Vanetto – Renata Zanovello

Estratto da Opera in 5 atti. “Alternando momenti di drammatizzazione e di danza, il gruppo Vantango MicroArte si propone di raccontare l’evoluzione socioculturale che ha contraddistinto il periodo dagli anni ’20 ad oggi e contemporaneamente quella del tango, genere musicale riconosciuto come prima forma di arte urbana e patrimonio dell’Umanità, nato, proprio, dalla pluralità d’influenze e contaminazioni culturali. Un excursus degli eventi storici che hanno influenzato il singolo periodo, mostrerà alcuni aspetti del modo di vivere, dapprima narrati e poi sottolineati da una performance di tango dell’epoca. In questo caso il tango argentino non è inteso semplicemente come ballo, bensì come forma d’arte completa.”

Ore 18,30

Improvvisazione di tango e teatrodanza con ETNOTANGO LCMM friends

TANGO LIVE PERFORMANCE PER LE STRADE DAL 1998. Praticare il tango all’aperto è un modo di abitare il paesaggio e condividere il territorio urbano, le sue strade, marciapiedi, portici e parchi. Etnotango è un modo vivere, conoscere e approfondire la cultura che sta intorno al tango e l’argentinità attraverso la live performance tra la gente. La community si è sviluppata a Torino a partire dal 1998 e propone occasioni interdisciplinari dove il tango è il “legame” che rende protagoniste le persone comuni. Un’occasione per diffondere messaggi di solidarietà sociale in maniera naturale attraverso l’abbraccio, l’accoglienza, l’ascolto interiore e la connessione con l’altro. Ma è anche un modo di abitare attivamente i luoghi, presidiandoli. Quante volte ci siamo riuniti in zone abbandonate della città oppure rimaste vuote in estate – persino nei centri storici – tenendo compagnia agli anziani, alla cittadinanza residente, ai bambini e non solo. Etnotango, preceduto storicamente da RossoTango e le Milonghe “Pirata/Clandestine/Illegal” è dal 1998 un’opportunità per vivere la nostra città in toto e diffondere valori socio-culturali, ambientali e umani in maniera artistica contagiosa.

Performance “VARIATIONS ON BUENOS AIRES”

Musica di Astor Piazzolla

Con i ballerini e performer di Etnotango LCMM:

Alessandro Amerio, Silvana Varaschini

Alessandro Capellaro, Anna Cervasio

Antonio Tartaglia, Teresa Bardella,

Augusto Poldo, Ida Peinetti

Carlo Pavone, Angela Morreale

Demetrio Marrara, Monica Mantelli

Dino De Palma, Donatella Benetollo

Ezio Maida, Roberta Zamboni,

Francesco Calabrò, Elisabetta Fanzago

Juan Carlos Gutierrez, Patrizia Milani

Marco Cavalli, Laura Fasano

Mario Nigra, Cristina Giacometti

Roberto Sedici, Raffaela Virdò

Rudy Basile, Dominique Peinetti

Valerio Dimonte, Marina Doria

E la partecipazione speciale di Sergio Giunipero, fotografo.

 “TANGERINE TANGO ATTITUDE” Personale esposta nel Foyer dell’Auditorium

Trenta immagini sul tema Tango & Territorio. Periodo espositivo:

sabato 22/9 ore 15 – 23 ; domenica 23/9 ore 14 -21.  Ingresso libero e gratuito.

“TANGERINE TANGO ATTITUDE”

Immagini di Sergio Giunipero

Curatela e presentazione critica di Monica Nucera Mantelli

Foyer dell’Auditorium Vivaldi, Biblioteca Nazionale, piazza Carlo Alberto 5/A, Torino

Periodo espositivo: sabato 22/9 dalle 15.00 alle 23.00 / domenica 23/9 dalle 14.00 alle 21.00.

Ingresso libero.

“Raccontare con una mostra fotografica le emozioni del tango significa dare la possibilità a chi guarda di riflettere più attentamente sui fenomeni che oltrepassano le veloci forze creative di questo ballo/ danza /stile di vita che è Patrimonio UNESCO dal 2019. La sfida per un reporter, ovvero per chi vuol cogliere l’attimo di verità, è quella di immortalare nell’atto stesso di scambio tra due partner del momento il prezioso e quanto mai difficile connubio tra gli elementi tangibili e intangibili del codice espressivo del tango. Un viaggio poi, quello del tango nel territorio, che conduce quasi sempre verso l’enigma, la provocazione, la condivisione di qualche nuova epifania che vola oltre il tran tran quotidiano. E che per quanto cannibale e sovraesposto, riesce ancora a darci scosse potenti verso la non dormienza. La realtà espressiva in cui si muove questo fotografo – che cresce di anno in anno nella sua passione verso il linguaggio dello stile di vita rioplatense – è in continua evoluzione. Pertanto il suo paesaggio tanguero, essendo simbolico, cambia significanza a seconda del livello di consapevolezza di chi osserva i suoi scatti.”

Tra Rubber Soul e Psychedelia

Era l’estate del 1964 e Ken Kesey, Neal Cassady e Ken Babbs trainavano la sgangherata e chiassosa carovana della “Merry Band of Pranksters” su un ex scuolabus ricoperto di colori psichedelici, per realizzare un coast-to-coast pacifico-atlantico dall’area di San Francisco a New York, metafora del viaggio fisico e mentale della controcultura. Partivano da La Honda (sud di San Francisco, contea di San Mateo) e in territorio californiano toccarono San Jose, Los Angeles, San Juan Capistrano, per poi addentrarsi in Arizona e puntare a est Houston, Louisiana, nord Florida e risalire verso la Grande Mela. I Pranksters presero la direzione sud-est, aprendosi ad aree selvagge e “libere”; a nord-est c’era fin troppa presenza (anche militare) dell’Establishment, soprattutto verso Sacramento, in primis nell’area di Fairfield, sede della Travis Air Force BaseEra il 1964 e… proprio nel giro delle famiglie dei dipendenti della base militare sopra citata si costituì la band The Tears, che ebbe come nucleo originario i fratelli Robert (R.T.) e Richard Salazar (V, chit) e Jim Brackett (batt), cui si aggiunse presto Eddie Guillerme (b). I punti di riferimento erano i “soliti noti”, ossia Beatles, Rolling Stones, ma anche Young Rascals e la realtà Motown. Il versante manageriale della band, dapprima “in proprio”, venne poi curato da Icon Studios e Trident Management (Fantasy Records); dopo il solito “allenamento sul campo” in teen clubs, concerti per eventi sportivi e veterans’ halls nelle aree di Fairfield, Napa, Vacaville e Davis, il raggio si allargò più a sud, specialmente nella Contea di Contra Costa (tra Concord, Richmond, Walnut Creek ed Antioch). La notorietà locale aumentò nel 1966 con l’affermazione dei The Tears alla State Fair Battle of the Bands di Sacramento e il radar delle esibizioni si estese a sud-est fino a Modesto, Merced e Fresno, con puntate in Nevada (anche Reno e Las Vegas); la band ebbe quindi l’opportunità di aprire concerti di Music Machine, Grass Roots, Mojo Men e Seeds. Praticamente in parallelo The Tears esordirono negli studi di registrazione. Ne derivò il primo 45 giri a fine 1966: “Weatherman” [Salazar – Brackett] (Scorpio 409; side B: “Read All About It” [Salazar]), inciso negli studi della Fantasy Records di San Francisco, con arrangiamento di Eirik Wangberg; il sound è chiaramente di ispirazione Beatles e si notano i forti richiami a Rubber Soul uscito esattamente un anno prima. Per la band ci fu anche l’occasione di comparire in TV, in un evento musicale (presso il South Shore Mall di Alameda) organizzato dalla mitica KFRC di Bill Drake, radio che soprattutto tra 1966 e 1968 fu attivissima nella scena musicale di San Francisco e nel periodo sella Summer of Love. La cultura psichedelica era in pieno fulgore e la musica andava trasformandosi radicalmente, travolgendo stile, suono e modus operandi di quasi tutte le band in circolazione nell’area californiana. Non ne furono immuni nemmeno The Tears, che tuttavia proprio in quella fase di passaggio persero Brackett e Guillerme (il primo si sarebbe sposato, il secondo era tornato per motivi familiari in Portogallo) e tornarono al nucleo base dei fratelli Salazar. Il secondo 45 giri (uscito a fine 1967) ebbe carattere del tutto psichedelico e tra i cultori del genere è considerato un esempio importante della “psychedelia minore” del periodo: “Rat Race” [Salazar – Brackett] (Onyx 2201; side B: “People Through My Glasses” [Salazar]), anch’esso inciso presso gli studi della Fantasy Records di San Francisco, prodotto da Paul Rose. In particolare Rat Race è il tipico rock psichedelico con uso diffuso di fuzzy tones contagiosi, armonie vocali stratificate e effetti eco avvolgenti. Il singolo segnò lo scioglimento definitivo della band, ma resta una chicca per gli appassionati…

 

Gian Marchisio

Saper ascoltare il melodramma

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Nell’ambito delle proposte educational della De Sono si rinnova, per il secondo anno scolastico consecutivo al Liceo Classico «V. Alfieri», il progetto Saper ascoltare: un ciclo di lezioni tenute dal prof. Paolo Gallarati sull’ascolto del melodramma attraverso la lettura critica di una grande opera del repertorio verdiano

Mentre nella scuola primaria e nella secondaria di I grado in questi anni si sono fatti molti progressi, nella secondaria di II grado l’educazione musicale praticamente non esiste, se si esclude il liceo musicale. I ragazzi escono dalle scuole superiori senza sapere nulla di Rossini, Bellini, Donizetti, Puccini e soprattutto di Verdi, compositore che ha contribuito in maniera significativa alla costruzione del nostro patrimonio culturale.Di qui l’idea nata per iniziativa di De Sono Associazione per la Musica con Paolo Gallarati – professore ordinario di Storia della musica e di Drammaturgia musicale all’Università di Torino – di un ciclo d’incontri, dedicati agli studenti dei licei classici e scientifici, finalizzati alla comprensione del melodramma e in particolare all’educazione all’ascolto di un’opera di Verdi: “Seguendo una sola opera nella sua totalità molto meglio di quanto non possa accadere con un discorso antologico che prenda in considerazione alcuni pezzi provenienti da opere diverse – spiega Paolo Gallarati – è possibile illustrare i mezzi attraverso i quali la musica realizza il teatro, in un progetto coerente.” La prima edizione del progetto si è svolta con successo durante l’anno scolastico 2017/2018 al Liceo classico V. Alfieri con l’analisi dell’opera La traviata; il prossimo 24 settembre si ricomincia, sempre tra le classi dell’Alfieri, con lo studio di un altro grande capolavoro di Giuseppe Verdi: Il trovatore.Durante ogni singolo incontro, in un primo momento si esegue una lettura accurata delle singoli parti del libretto; segue un ascolto guidato di ogni brano per illustrare come la musica definisca la situazione, l’ambiente, i singoli personaggi, la loro vita psicologica, il rapporto con gli altri caratteri e l’architettura teatrale; infine l’intero atto viene riascoltato senza interruzioni, attraverso la proiezione di un video che permetta di discutere anche le possibilità della regia. Grazie a questo metodo gli studenti a fine corso sono in grado di comprendere i meccanismi che regolano la drammaturgia del teatro musicale e le sue possibilità espressive e acquisiscono un metodo di ascolto applicabile a gran parte della produzione operistica, compresa tra il ‘600 e il ‘900.Al termine del progetto, grazie alla disponibilità del Teatro Regio di Torino, che ha in cartellone proprio Il trovatore dal 10 al 23 ottobre, gli studenti avranno la possibilità di effettuare una visita guidata del Teatro Regio, di assistere in modo privilegiato ad alcuni momenti di prova e infine di vedere lo spettacolo nella sua completezza.

Laura Rossi e la figurazione innovativa

Laura Rossi si inserisce di diritto tra i più interessanti artisti del panorama contemporaneo distinguendosi dall’attuale imperante moda, spesso banalmente ripetitiva di quelle che sono state le geniali avanguardie storiche, mantenendo un’arte che, non annullando la figurazione, la tratta in modo innovativo, antiretorico con capacità di sintesi modernissima. Nata a casale Monferrato, dove vive, laureata in scienza naturali, ha all’attivo importanti mostre personali e collettive che l’hanno resa nota in Italia e all’estero (tra le tante la mostra itinerante in Australia per il gemellaggio Conzano –Ingram, per il Monferrato-Santiago di Compostela, la partecipazione alle biennali di Grafica ex Libris a Casale, per i 500 anni della Sinagoga della città, la personale alla “Giornata italiana” a Milwaukee, la collettiva “Visioni pittoriche” di Praga).

Costante ed apprezzata la collaborazione con Stat viaggi e col bisettimanale “Il Monferrato” per cui realizza incisioni e piatti ricordo per la Costa Crociere. Possedendo ricchezza di idee, formazione, capacità esecutiva che, uniti a sostegno della propria poetica danno luogo ad un unicum, ad uno stile personalissimo della pittura ad olio, ad acquerello, su vetro e della scultura, dagli anni 80 si è specializzata nell’incisione. I soggetti, in particolare monumenti, chiese, palazzi, pur nella rigorosa essenzialità di poche linee bianche su nero che miracolosamente creano atmosfere colorate, riescono a produrre visioni esaurienti e immediatamente riconoscibili. Non occorre dovizia di particolari per raggiungere lo scopo: basta il crocifisso pensile della Cattedrale di Casale inciso sulla facciata a rendere l’idea complessiva dello stile romanico dell’antica costruzione; basta la stella sulla cima della Mole Antonelliana che si erge sulle case appena accennate di Torino per comunicare il rapporto di empatia tra il monumento e la città facendo scaturire la memoria collettiva di ampi significati artistici, storici e psicologici. Le ultime incisioni riguardano la celebrazione del centenario del volo su Vienna del 9 agosto del 1918 compiuto dalla Serenissima al comando di Natale Palli sullo SVA biposto con D’Annunzio per lanciare i manifestini tricolore esortanti la fine del conflitto bellico. Anche in questo caso con la solita capacità di sintesi e la sola rappresentazione dei monumenti simbolo di Pescara patria di D’Annunzio, di Vienna che diede il nome al volo e di Casale patria di Natal Palli, l’artista ha dato efficacemente corpo alla memoria dell’evento.

Giuliana Romano Bussola

 

 

 

Micillina: storia di una masca piemontese

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Folletti e satanassi, gnomi e spiriti malvagi, fate e streghe, questi sono i protagonisti delle leggende del folcklore, personaggi grotteschi, nati per incutere paura e per far sorridere, sempre pronti ad impartire qualche lezione. Parlano una lingua tutta particolare, che si avvicina al dialetto dei nonni e dei contadini, vivono in posti strani, dove è meglio non avventurarsi, tra bizzarri massi giganti, calderoni e boschi vastissimi. Mettono in atto magie, procurano molestie, fastidi, fanno sgambetti, ci nascondono le cose, sghignazzano alle nostre spalle, cambiano forma e non si lasciano vedere, ma ogni tanto, se siamo buoni e risultiamo loro simpatici, ci portano anche dei regali. Questa serie di articoli vuole soffermarsi su una figura della tradizione popolare in particolare, le masche, le streghe del Piemonte, scontrose e dispettose, mai eccessivamente inique, donne “magiche” che si perdono nel tempo e nella memoria, di cui pochi ancora raccontano, ma se le loro peripezie paiono svanire nei meandri dei secoli passati, esse, le masche, non se ne andranno mai. Continueranno ad aggirarsi tra noi, non viste, procurandoci dispetti, mentre tutti – forse – fingiamo di non crederci, e continuiamo a “toccare ferro” affinchè la sfortuna e le masche non ci sfiorino. (ac)
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Masca, termine diffuso prevalentemente nel Roero, nelle Langhe, in Astesana, nel Biellese, nel Canavese, nelle Valli cuneesi e nell’Alessandrino, significa propriamente strega, fattucchiera, maga, incantatrice, fata. Per lo più il vocabolo è usato per disprezzo o ingiuria. Nel latino tardo, (VII sec.d.C.), era sinonimo di lamia, mostro con faccia di donna maliarda e vampiro. Il termine assume una certa rilevanza con l’Editto di Rotari, (643), dove viene utilizzato per indicare una strega i cui poteri sono molto temuti, una donna malvagia che divora i propri simili, e che è quindi contrassegnata con caratteristiche antropofaghe e pregne di reminiscenze pagane. La masca -strega è anche voce di ambito occitano e francoprovenzale, pur se più propriamente tipica del Piemonte. Molte sono le donne -masche piemontesi con un’identità specifica, delle quali ancora si racconta… C’era una volta una fanciulla, originaria di Barolo, di nome Micillina, conosciuta purtroppo per essere capace di produrre effetti negativi che si abbattevano sulla gente del suo villaggio, tanto che, secondo alcuni, essa si divertiva a causare al suo prossimo danni fisici e malattie. Un giorno Micillina decise di andarsene e si spostò a Pocapaglia, dove trovò marito e una nuova dimora. Non passò molto tempo, e anche qui gli abitanti della comunità notarono i malefici della nuova arrivata: tutti sospettavano che essa procurasse danni alle persone anche solo con lo sguardo, ben convinti che la giovane si dedicasse ad oscure arti magiche per portare malattie e disgrazie all’intero paese. Tali imputazioni non potevano però essere provate e così gli abitanti di Pocapaglia si limitarono a guardarla di sottecchi e a fare di tutto per non includerla nella vita del paese. La cattiva reputazione della donna cresceva senza tregua, qualsiasi avvenimento sgradevole faceva capo a lei e le accuse divenivano sempre più colme di odio, finché arrivarono alle orecchie di Paucapelea, il marito di Micillina. Questi, invece di difendere la moglie, si schierò dalla parte dei compaesani, gridando a gran voce contro la compagna per distoglierla dagli insani interessi. Micillina però non cambiò nulla del suo comportamento, così le invettive contro di lei aumentarono ulteriormente. Fu allora che Paucapelea iniziò a picchiarla ogni giorno, dopo essere rientrato a casa dal lavoro, sempre nell’intento di cambiare l’indole della moglie: i suoi sforzi si rivelarono vani e si vide costretto a cacciare di casa la sposa. Avvenne però un fatto strano. Dopo qualche giorno dall’accaduto, il povero Paucapelea, cadde da un albero, sul quale si era arrampicato per raccogliere della frutta, rompendosi l’osso del collo. Micillina si trovò vedova e di nuovo in possesso della casa. Forse che la donna, con l’aiuto del Demonio, aveva messo lo zampino in tale sfortunato e sinistro avvenimento? La comunità non volle approfondire, tuttavia iniziò a temere in maggior misura la donna, che continuava ad aggirarsi per le strade del paese, guardando tutti malamente e sogghignando quando qualcuno inciampava o si feriva o si procurava qualche tipo di disgrazia. Un giorno il fornaio perse la pazienza e si infuriò con lei, e, per qualche bizzarra coincidenza, venne trovato morto sull’entrata del suo negozio la sera stessa. Di lì in avanti i compaesani iniziarono ad accusare la donna apertamente di aver cagionato loro ogni sorta di male, anche se non così grave e definitivo come la morte. 
La vicenda divenne fin troppo nota, tanto che di Micillina si parlava anche nei vicini paesi, e le voci giunsero al Tribunale dell’Inquisizione, che si vide costretto ad intervenire.  Non si hanno notizie del processo, né del dibattimento, né dell’eventuale indagine, si sa però che il 29 luglio del 1544 Micillina fu portata su un carro trainato da due buoi sulle rocche del Roero, dove era stato allestito il rogo per bruciarla. I racconti ci dicono che Micillina morì quel giorno, ma riuscì, in punto di morte a provocare ancora alcuni danni. Mentre ardeva, la donna lanciò le ultime maledizioni: i buoi, impazziti, trascinarono dietro di sé il carro pesante, con il quale travolsero molti presenti, causandone la morte. Alcuni tizzoni del rogo caddero sulla folla, procurando ustioni gravissime e ulteriori vittime. Questo è ciò che tramandano le dicerie, che la malvagia Micillina fu tale finché il Demonio non la portò via con sé: chissà se anche lui se n’è pentito? La vicenda si compenetra di realtà e fantasia, i protagonisti che la animano sfumano nel passato tanto da apparire fantasmi inventati, eppure questa donna misteriosa ha lasciato una traccia consistente e profonda nel Roero, e risulta pressoché impossibile considerare tali avvenimenti frutto solo della superstizione e dell’immaginazione. Il fuoco del rogo che arse la donna pare ancora bruciare, proprio là dove era stato appiccato secoli fa: esso colora diversamente la terra di un poggio rialzato, tuttora chiamato Bric d’la masca Micillina.
Alessia Cagnotto

Il castello Stregato

Dopo l’incontro tra Nicola Lagioia e Stefano Petrocchi del 16dicembre 2017, la Fondazione Bellonci sceglie ancora il Castello degli Orsini per ospitare un nuovo progetto


Ventiquattro tra gli scrittori vincitori della Strega saranno virtualmente presenti nelle sale della
Biblioteca Silvio Grimaldi dal 29 settembre al 28 ottobre nella mostra AUTORItratti per il
Premio Strega. L’esposizione, ideata e curata dalla Fondazione Bellonci, propone una carrellata di alcuni tra i principali protagonisti della letteratura italiana, ritratti da fotografi di fama internazionale come Riccardo Musacchio e Flavio Iannello con la collaborazione di Chiara Pasquini. Il progetto nasce nel 2015 con lo scopo di fotografare la scena letteraria italiana e straniera: ritrarre gli scrittori in un set appositamente allestito e metterli istantaneamente di fronte alla propria immagine, chiedendo loro di scrivere a margine un pensiero, un ricordo, una sensazione che la stampa ha suscitato. Ogni fotografia, riprodotta su carta “fine art”, diventa così una copia irripetibile, un “positivo unico”, caratteristica propria dei ritratti d’epoca. Particolarità dell’esposizione è proprio la natura unica degli scatti: ciascuna delle 24 fotografie in mostra conserva, accanto all’autografo dello scrittore, un suo personale commento “a caldo” che rispecchia la prima impressione suscitata dallo scatto fotografico. La mostra sarà anche occasione per riproporre al pubblico e ai frequentatori della biblioteca i grandi della nostra letteratura, offrendo al contempo l’opportunità ai gruppi di lettura rivaltesi di incontrarsi e confrontarsi sugli autori e sulle opere che hanno attraversato la storia del Premio. All’inaugurazione della mostra, in programma sabato 29 settembre alle ore 17, sono stati invitati alcuni tra gli scrittori dello Strega. Sabato 20 ottobre, poi, sarà a Rivalta Helena Janeczek: la scrittrice, intervistata da Stefano Gobbi, presenterà La ragazza con la Leica, il suo ultimo romanzo vincitore della 52° edizione del Premio Strega. L’appuntamento è alle ore 18. Nelle domenica 14, 21 e 28 ottobre, alle 15,30 16,30 e 17,30 sarà possibile partecipare a “Dalla letteratura alla voce”, visite guidate al Castello con le letture d’autore a cura di Rivalta Millenaria e Raffaele Folino.

“Caporetto, 100 anni dopo”, convegno a Palazzo Lascaris

Uno storico con capacità comunicative straordinarie e un burocrate d’altri tempi impegnato volontariato: il docente universitario, scrittore e conduttore televisivo di Rai Storia Alessandro Barbero e l’ingegner Sergio Crescimanno, Segretario Generale del Consiglio regionale oggi in pensione ma attivissimo all’interno del Lions Club International, la più grande associazione di volontariato del mondo. Sono stati loro, ieri pomeriggio nell’Aula di Palazzo Lascaris, a Torino in via Alfieri 15, i protagonisti di un convegno che ha richiamato l’attenzione di oltre 150 persone. “Caporetto, 100 anni dopo” il titolo dell’incontro, organizzato dal Lions Club Pino Torinese, di cui Crescimanno è Presidente, e dal Club satellite Villarbasse.A introdurre il tema, Chantal Balbo di Vinadio, discendente diretta di Cesare Balbo, il grande uomo politico risorgimentale. “Caporetto”, la battaglia incominciata il 24 ottobre 1917 e conclusasi con le truppe austriache e tedesche attestate lungo la linea del Piave e 300 mila soldati italiani fatti prigionieri, nella storia militare italiana è diventato sinonimo di disfatta. “Una sconfitta che ha lasciato ferite aperte, che non si sono ancora rimarginate”, ha detto Barbero. Da cento anni la disfatta di Caporetto suscita le stesse domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l’esercito italiano si rivelò all’improvviso così fragile? Barbero ha offerto una ricostruzione della battaglia e di tutto lo scenario inedita e appassionante, frutto di anni di ricerca e di studio di documenti originali custoditi negli archivi storici di Stato.Crescimanno ha colto l’occasione per annunciare un importante evento per il prossimo 13 ottobre: Lions e Rotary poseranno presso la caserma Cernaia di Torino una campana appositamente forgiata per esaltare i principi della libertà e della pace da sempre fortemente sostenuti da entrambe le associazioni. “Un momento in cui l’associazionismo e le istituzioni militari e civili – ha precisato – sanciranno nuovamente un legame di fondamentale importanza per la nostra comunità”.

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Le fidèle – Drammatico. Regia di Michael R. Roskam, con Matthias Schoenaerts e Adèle Exarchopoulos. Quando Gino incontra Bénédicte, è amore a prima vista, appassionato, incondizionato. La ragazza lavora nell’azienda di famiglia e guida anche auto da corsa. Gino è quel tipo di ragazzo normale, attraente che tuttavia nasconde in sé un segreto. Quel tipo di segreto che può mettere in pericolo la propria vita e quella delle persone vicine. Gino e Bénédicte dovranno lottare contro il destino, la ragione e le proprie debolezze per salvare il loro amore. Durata 130 minuti. (Classico)

 

Gotti – Il primo padrino – Drammatico. Regia di Kevin Connolly, con John Travolta e Stacy Keach. Presentato a Cannes fuori concorso, fortemente voluto da Travolta, occasione per Al Pacino e Joe Pesci per darsela a gambe a lavorazione iniziata, questo è il classico esempio di film schiacciato dalla critica, in special modo quella statunitense, che ha visto una buona dose di ambiguità in quell’alternarsi di scene pronte a tratteggiare con amore un buon padre come il benefattore per cui i questuanti della grande città stravedono e il lato buio delle sparatorie, delle successioni a sangue freddo, dei processi in tribunale. Vedere e ricalibrare. Come l’interpretazione del divo: applaudita per le tante sfaccettature del personaggio o accusata di portare per tutto il film la stessa maschera, immobile e incartapecorita. Durata 112 minuti. (Massaua, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Hotel Transilvania 3 – Animazione. Regia di Genndy Tartakovski. Terzo capitolo, doveroso considerando il successo dei due che lo hanno preceduto, per l’occasione il conte Dracula si regala un periodo di vacanza con i suoi fedelissimi. Durata 97 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Gli incredibili 2 – Animazione. Regia di Brad Bird. La famiglia di supereroi, accresciuta del piccolo Jack Jack, ha aspettato 14 anni per riapparire sugli schermi ma ha fatto letteralmente il botto se soltanto si pensa agli incassi da capogiro raccolti nei soli States. Sarà il disegno o la storia pronta a dare una bella spolverata agli ideali americani, sarà il mestiere collaudato del medesimo sceneggiatore/regista, la puntata numero 2 ha incrociato un largo pubblico e gli effetti benefici si dovrebbero risentire anche qui da noi. Questa volta è mamma Helen a salire in solitaria agli onori della cronaca, chiamata a imprese piuttosto ardue che dovrebbero rivalutare i veri valori dei supereroi caduti per qualche guaio commesso in disgrazia. Per cui papà Bob è obbligato a restarsene in casa, a badare ai primi batticuori dell’adolescente Violet, ai primi exploit di Jack Jack che subito rivela poteri inaspettati: ma il cattivo di turno ricomporrà la famiglia nuovamente pronta a nuove avventure. Durata 118 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Lola + Jeremy – Commedia. Regia di July Hygrek, con Charlotte Gabris e Syrus Shahidi. Jeremy gestisce un’agenzia che fornisce alibi ai fidanzati infedeli, Lola lavora in un negozio di fumetti ed è appassionata di fumetti. Un bel giorno decidono di riprendere ogni momento della loro vita insieme e di costruire un video-diario, con la promessa di rivederlo soltanto tra una decina d’anni. Ma un bel giorno Lola non resiste alla tentazione e si imbatte in immagini che non avrebbe dovuto vedere. Jeremy farà di tutto per riconquistarla. Durata 85 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Uci)

 

Lucky – Drammatico. Regia di John Carroll Lynch, con Harry Dean Stanton e David Lynch. Stanton è scomparso un anno fa, a 91 anni, eccellente caratterista e indimenticabile interprete di Paris, Texas di Wenders nell’84. Questo film è il suo definitivo crepuscolo, anche un omaggio che passa attraverso le piccole azioni quotidiane di Lucky, ateo, che ha combattuto nel secondo Conflitto Mondiale, che ha trovato il proprio esclusivo angolo di mondo in Arizona, che quasi in un magico ed eterno rituale incontra il mattino con i suoi esercizi yoga, i cruciverba, prosegue con i bar e gli incontri con gli amici, mentre la sua giornata si chiude immancabilmente con un vecchio buon Bloody Mary. E’ l’inno al trascorrere lento della vita, alle abitudini ormai solidificate ma mai pesanti, all’amicizia e al piccolo divertimento: anche al confronto quotidiano con la paura del distacco, della morte. Durata 87 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Il maestro di violino – Commedia drammatica. Regia di Sergio Machado, con Làzaro Ramos. Da anni intenzionato ad entrare a far parte della più prestigiosa orchestra sinfonica dell’America Latina, il violinista Laerte, al momento dell’audizione si blocca e vede il suo sogno svanire. La sua nuova vita sarà il nuovo insegnante di musica in uno scuola di Heliopolis, problematico quartiere di San Paolo. Durata 102 minuti. (Romano sala 3)

 

Mamma mia! Ci risiamo – Commedia musicale. Regia di Ol Parker, con Amanda Seyfried, Meryl Streep, Colin Firth, Andy Garcia e Cher. La stessa isola greca, per fortuna ancora le musiche e le canzoni degli Abba, passato e presente si rincorrono intorno alla vita di Donna, Cher chiamata a travestirsi da nonna, qualche vistosa forzatura per ripetere il successo del precedente appuntamento. Durata 114 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space Uci)

 

Mission Impossible – Fallout – Azione. Regia di Chrisopher McQuarrie, con Tom Cruise, Henry Cavill, Simon Pegg e Rebecca Fergusson. Si inizia a Belfast per il ritrovamento di una valigetta che contiene tre bombe al plutonio: ma ahimè soltanto una finirà nelle mani di Ethan Hunt e dei suoi amici eroi. Poi s’aggiunge al gruppo il personaggio ben solido che ha i tratti di Cavill (non per nulla Superman: qui da tenere parecchio d’occhio), un atterraggio sui tetti vetrati del Grand Palais parigino in notturna, la ricerca di John Lark colpevole d’aver rapito il barbuto scienziato terrorista Solomon Lane, già conoscenza nostra in Rogue Nation, una Vedova Bianca che pare Veronica Lake, epidemie scongiurate, voli in elicottero mozzafiato, lotte all’ultimo sangue sul ciglio del burrone, eccetera eccetera. Una gran bella materia, uscita dalla mente e dalla gran voglia di stupire del regista qui anche in scoppiettante veste di sceneggiatore, un’invenzione dall’inizio alla fine di trovate del tutto inattese, di sbandate intelligenti della storia, di personalità e facce che sono ben lontane dall’essere in realtà quelle che sino a quel momento abbiamo visto sullo schermo. In successone. In cui chiaramente si calano le acrobazie di Cruise che, non più verdissimo all’anagrafe, senza nessuna controfigura si lancia da altezze non indifferenti, guida mezzi nel cielo, corre a perdifiato tra i tetti londinesi sino a rimetterci una caviglia, si scazzotta in modo vertiginoso senza fare una grinza. Sempiterno. Da vedere per la gioia dei fan, per il ritmo che questa volta – più di ogni altro episodio – fa faville. Durata 147 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

La profezia dell’armadillo – Drammatico. Regia di Emanuele Scaringi, con Simone Liberati, Valerio Aprea, Pietro Castellitto e Laura Morante. Zero è un disegnatore ma non avendo un lavoro fisso si arrabatta con ripetizioni di francese, cronometrando le file dei check-in all’aeroporto e creando illustrazioni per gruppi musicali punk indipendenti. La sua vita scorre sempre eguale, tra giornate spese a bordo dei mezzi pubblici attraversando mezza Roma per raggiungere i vari posti di lavoro: quando torna a casa, lo aspetta la sua coscienza critica, un Armadillo in carne e ossa, o meglio in placche tessuti molli, che con conversazioni al limite del paradossale lo aggiorna su cosa succede nel mondo. Alla notizia della morte di Camille, una compagnadi scuola e suo amore di adolescente mai dichiarato, lo costringe a fare i conti con la vita e ad affrontare, con il suo spirito dissacrante, l’incomunicabilità, i dubbi e la mancanza di certezze della sua generazione di “tagliati fuori”. Durata 99 minuti. (Massimo sala 1, Nazionale sala 2, Uci)

 

La ragazza dei tulipani – Drammatico. Regia di Justin Chadwick, con Alicia Wikander, Dane Dehann, Judy Dench e Christoph Waltz. Nella Amsterdam del 1634 una giovane donna viene strappata al convento e data in moglie ad un vecchio mercante, desideroso di accumulare ricchezze e di un figlio sopra ogni cosa. L’incontro con un giovane pittore farà scattare la passione tra i due, innestando una storia di sotterfugi, false gravidanze, fughe e false morti assai poco credibili ma regalate allo spettatore come se fossero le cose più normali di questo mondo. Nel pasticciaccio brutto che ne deriva, gli attori sono immancabilmente coinvolti, sia quelli che recitano in maniera piuttosto anonima (i giovani) sia i più vecchi che con un gran mestiere tentano si salvare la baracca. Non si resta che apprezzare costumi e ambientazioni, pollice verso per la fastidiosa voce fuori campo e il montaggio convulso. Tratto dal romanzo Tulip Fever di Deborah Moggach. Durata 107 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Resta con me – Drammatico. Regia di Balthasar Kormàkur, con Shailene Woodley e Sam Claflin. L’autore di Everest porta sullo schermo un’altra storia vera, quella che Tami Oldham Ashcroft ha narrato nel libro omonimo. Il suo incontro nel 1983, a Tahiti, con il giovane Richard, il colpo di fulmine e la comune passione per le barche e i viaggi in mare, la proposta da parte dei proprietari di riportare il loro lussuoso yacht sino a San Diego, la furia dell’Uragano Raymond, il compito della donna di salvare se stessa e il compagno gravemente ferito deviando il percorso in direzione delle Hawaii. Durata 96 minuti. (Massaua, Reposi, Uci)

 

Saremo giovani e bellissimi – Commedia. Regia di Letizia Lamartire, con Barbora Bobulova, Alessandro Piavani e Massimiliano Gallo. Un’opera prima che è la storia di Isabella, un tempo cantante di successo, brani che ti fanno ascoltare ogni giorno in radio e poi più nulla, oggi chiamata per poche serate in un locale, e del suo rapporto con il figlio che l’accompagna alla chitarra, Bruno, un rapporto strano, mentre lui e lei sembrano più fratello e sorella che madre e figlio. Finché non arrivano per entrambi due anime gemelle che porteranno aspetti sconosciuti a quella storia. Durata 92 minuti. (Massimo sala 2)

 

Sembra mio figlio – Drammatico. Regia di Costanza Quatriglio, con Basir Ahang e Dawood Yousefi. Da anni approdato in Italia, l’afgano Ismail continua a provare un senso di estraneità per la terra che lo ha ospitato, il tutto accresciuto da certe telefonate che gli giungono dalla madre rimasta nel paese d’origine. La donna, rimasta vedova, è ora sposata a un pakistano e dalle poche parole che pronuncia gli gli pare più serena e a proprio agio. Non resta ad Ismail che intraprendere un viaggio verso la patria di un tempo, nella necessità di ritrovare la sicurezza e la propria famiglia. Durata 103 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

Separati ma non troppo – Commedia. Regia di Dominique Farrugia, con Gilles Lellouche e Louise Bourgoin. Delphine e Yvan divorziano. Poiché la situazione economica di lui non gli permette di trovare una nuova sistemazione, si ricorda che in realtà è detentore del 20% della casa in cui vive ancora la ex moglie. Torna allora a vivere sotto lo stesso tetto con Delphine, in quel 20% che gli spetta: sarà in questya situazione particolare e per molti versi assurda che i due ex si renderanno conto della bellezza dei piccoli momenti di felicità in questa convivenza forzata. Durata 93 minuti. (Eliseo Blu)

 

Sulla mia pelle – Drammatico. Regia di Alessio Cremonini, con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano. Una tragedia dell’Italia recente, la tragedia della morte di Stefano Cucchi a soli 31 anni in un carcere italiano. L’arresto, il susseguirsi dei giorni di prigionia, il passato e il presente, il grande coinvolgimento della famiglia, soprattutto della sorella Ilaria. La prova di Borghi che si è ricreato appieno nel fisico (perdendo 18 chili) e nel calvario del ragazzo, come nella sua psicologia, la stagione dei premi cinematografici dovrà guardarlo con un occhio di riguardo. Da vedere per discutere. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

The Equalizer 2 – Senza Perdono – Azione. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington e Melissa Leo. Agente della CIA ora in pensione, vive a Boston, porta avanti la sua vita in modo tranquillo dopo che s’è inventato un impiego di taxista, impensabile ma legge anche Proust, dà una mano ad un ragazzino che la solita giovane gang vorrebbe portare dalla sua. I guai ci sono, gli aleggiano attorno, ma cerca di restarne fuori. Ma se una vecchia amica viene uccisa tra le strade di Bruxelles, Robert sa che deve pareggiare il conto. Regista e interprete di Training day nuovamente insieme per il divertimento degli spettatori amanti degli eroi raddrizzatori di ogni torto. Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space Uci (anche V.O.)

 

The Nun – Horror. Regia di Corin Hardy, con Demian Bichir e Taissa Farmiga. Altro successo inaspettato negli Stati Uniti questo film girato completamente in Romania, dove è ambientata la vicenda di un gruppo di suore, alla ricerca all’interno di un convento di una reliquia che dovrebbe portare serenità in un luogo dove sembrano al contrario governare forze malefiche. Dopo il suicidio di una monaca, il Vaticano invia là padre Burke e la novizia Irene. Dovranno combattere il Male con ogni loro forza. Durata 93 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Un affare di famiglia – Drammatico. Regia di Kore’eda Hirokazu. Palma d’oro a Cannes lo scorso maggio. Nella Tokio di oggi, una famiglia (ma la considereremo così fino alla fine?) sbarca il lunario facendo quotidiane visite ai supermercati: per rubare. Ruba il padre che si porta appresso il figlio (?), torna a casa da una moglie che ha accanto una ragazza che potrebbe essere la sorella minore e una vecchia dolcissima che tutti chiamano nonna. Sentimenti, aiuti reciproci, l’arte di arrangiarsi, il coraggio di tentare a vivere insieme. Finché un giorno il capofamiglia porta a casa togliendola al freddo e alla solitudine una ragazzina, abbandonata da una madre forse violenta che non si cura di lei. Il mattino si dovrebbe riconsegnarla, ma nessuno è d’accordo: la nuova presenza farà scattare nuovi meccanismi mentre un incidente imprevisto porta definitivamente alla luce segreti nascosti che mettono alla prova i legami che uniscono i vari componenti. Durata 121 minuti. (Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Nazionale sala 1)

 

Un figlio all’improvviso – Commedia. Regia di Vincent Lobelle e Sébastien Thiery, con Christian Clavier, Catherine Frot e Sebastien Thiery. Tornando a casa, i coniugi Prioux scoprono che un certo Patrick si è trasferito nella loro abitazione. Il ragazzo sostiene di essere loro figlio e di essere tornato per presentare la fidanzata: tutto bene se non per il fatto che i Prioux non hanno mai avuto figli. Allora chi è davvero Patrick? Un bugiardo? Un manipolatore? O forse i Prioux hanno dimenticato di avere un figlio? Durata85 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 1, Uci)

 

Una storia senza nome – Drammatico. Regia di Roberto Andò, con Micaela Ramazzotti, Alessandro Gassmann, Renato Carpentieri e Laura Morante. Valeria, giovane segretaria di un produttore cinematografico, scrive in incognito per uno sceneggiatore di successo. Un giorno la ragazza riceve da uno sconosciuto, un poliziotto in pensione, la trama di un film. Ma quel plot è pericoloso, la “storia senza nome” racconta infatti il misterioso furto, avvenuto a Palermo nell’ottobre del 1969, di un celebre quadro di Caravaggio, “La natività”. Da quel momento, la sceneggiatrice si ritroverà immersa in un meccanismo implacabile e rocambolesco. Durata 110 minuti. (Eliseo Grande, Romano sala 2, The Space)

Moretti con “Santiago, Italia” chiuderà il Tff

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Il film di chiusura della 36.ma edizione del Torino Film Festival (23 novembre – 1 dicembre 2018) sarà “Santiago, Italia” di Nanni Moretti. Il film-documentario racconta, attraverso le parole dei protagonisti e i materiali dell’epoca, i mesi successivi al colpo di stato dell’11 settembre 1973 che pose fine al governo democratico di Salvador Allende, e si concentra in particolare sul ruolo svolto dall’ambasciata italiana a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime del generale Pinochet, consentendo poi loro di raggiungere l’Italia. Prodotto da Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media e Rai Cinema. Il film uscirà al cinema giovedì 6 dicembre 2018 distribuito da Academy Two.  

Nomadi dell’Asia, storie di donne e uomini

FINO AL 14 OTTOBRE

Un viaggio, lungo migliaia di chilometri nei Paesi dell’Asia Centrale e Settentrionale, che percorre e descrive in primo luogo e con la debita oggettività i sentieri logici e rigorosi del Paesaggio. Naturale ed umano. Ma che altresì vuol porsi (e ci riesce perfettamente) come accorato viaggio dell’anima. Un reportage fotografico di indubbio interesse scientifico oltreché artistico, ma anche una stupenda antologia di immagini, “tanto descrittive quanto evocative”, che incrociano occhi e cuore lasciando in chi le osserva segni profondi di grande impatto emotivo. Sono i cento– o quasi- scatti fotografici di grande formato realizzati da Carla Parato Milone e da Giorgio Milone (coppia perfetta di viaggiatori e fotografi torinesi che da sempre, macchina a tracolla, bruciano i sentieri più remoti del Pianeta alla ricerca di territori e di vite le più insolite e inimmaginabili che sia dato a pensare) esposte al Mao, Museo d’Arte Orientale di Torino, e dedicate alla quotidianità delle popolazioni che in territorio asiatico ancora oggi praticano il nomadismo. Fenomeno che, per ragioni culturali politiche e climatiche, ha ormai i giorni contati in quasi tutte le regioni del pianeta ma che assolutamente, al contrario di quanto potrebbe credersi, “è l’opposto della solitudine”. Raccontano infatti i Milone, coppia ben collaudata anche nella vita: “Non c’è alcuna forma di ospitalità più calorosa di quella ricevuta da una famiglia nenet o kirghiza, nulla di più festoso e scatenato del ritrovarsi dei popoli delle tende in occasione di feste, cerimonie religiose, corse di cavalli, gare di lotta o di tiro con l’arco. Questo viaggio per immagini incontra il nostro desiderio di purezza, di semplicità, di assoluto”. In mostra si alternano così piccole e grandi storie, che prendono avvio dai Monti Zagros in Iran per svilupparsi, seguendo le rotte dell’Asia centrale, in Kirghizistan, in India, nelle regioni himalayane e lungo le praterie mongole fino ad arrivare alla Cina e alla Siberia; storie di famiglie e di tribù, di imprese collettive e singole esperienze, momenti di riposo e di lavoro, con le donne che tessono e cucinano e cullano i bambini o adornano la casa – concedendosi pur anche lo sfizio d’indossare gioielli e abiti sontuosi – accanto agli uomini che cacciano con l’aquila, che si scambiano segni di amicizia o si occupano dei lavori più pesanti, dedicandosi con grande attenzione alle mandrie e agli animali, dalla cui presenza dipende tutto il loro esistere quotidiano. Dai tempi dei tempi, infatti, i nomadi dell’Asia perpetuano le tradizioni e le tecniche dell’allevamento. Che si tramandano di generazione in generazione. Solo a parole. Come i tracciati del loro peregrinare, sostando sull’erba o sulla neve o ai piedi delle montagne o sulle rive di laghi e di mari senza l’ausilio di una mappa né di alcuna bussola o sestante, spostandosi a piedi o a cavallo, a dorso di dromedari o in slitta, talvolta in barca, portandosi appresso tende, yurte e tutto ciò che serve per ricomporre, di volta in volta, in luoghi e in condizioni sempre diverse – spesso difficili e a volte estreme – il nucleo di una famiglia e di una comunità. Tutto questo troviamo nelle vivide immagini portate a casa da Carla e Giorgio Milone e ben contestualizzate nella mostra al Mao dall’esposizione degli antichi tessuti da collezione risalenti alla seconda metà del XIX secolo prestati dalla Galleria Battilossi di Torino. Fra i manufatti esposti, un qasqay iraniano, un kilim tagiko, una sacca shasavan curda, una guida da meditazione e un coprisella tibetani. A corollario della rassegna, il Museo di via San Domenico (Palazzo Mazzonis) offre anche la possibilità di visite guidate con la stessa Carla Milone, in programma sabato 15 settembre, sabato 6 e domenica 14 ottobre alle ore 17, oltreché la proiezione di un documentario a tema per mercoledì 3 ottobre, sempre alle 17.

Gianni Milani

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“Nomadi dell’Asia. Storie di donne e uomini tra steppe e altopiani”

Mao – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436927 – www.maotorino.it Fino al 14 ottobre

Orario: mart. – ven. 10/18, sab. e dom. 11/19; chiuso il lunedì.

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Nelle foto

– “Cavallo nella prateria, Mongolia”

– “Migrazione, Iran”
– “Case di nomadi Nenet, Siberia”
– “Donna che cucina, Gujarat, India”
– ” Festa dei cacciatori con l’aquila, Mongolia”