CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 573

“Puccini” chiude l’Estate Reale

In piazzetta Reale. Grande successo per la manifestazione

Manon Lescaut, La Bohème, Tosca, Madama Butterfly. Le eroine di Giacomo Puccini, che il più delle volte hanno dovuto affrontare un destino tragico, saranno in scena per ballare sulle note delle arie più belle. Composta da venti ballerini, la coreografia è un tributo all’opera, alla musica classica, ma soprattutto all’illustre compositore. Come un’eco di questi brani che tutti conoscono, le opere sinfoniche illustrano la padronanza dell’orchestrazione eccezionale di Giacomo Puccini e le molteplici innovazioni armoniche.Lo spettacolo della prima étoile italiana dell’Opéra di Parigi, nonché direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, dal titolo “Puccini, è dedicato alle eroine tragiche che balleranno sulle note delle aree più belle del compositore.

 

 

Una coproduzione Italia-Francia

Daniele Cipriani Entertainment
Compagnie Julien Lestel

 

Con Eleonora Abbagnato e Giorgia Calenda, Giacomo Castellana, Claudio Cocino, Virginia Giovanetti, Federica Maine, Flavia Morgante, Michele Satriano, Alessio Rezza, Arianna Tiberi e la Compagnia Julien Lestel

 

ELEONORA ABBAGNATO

Danseuse Etoile, Ballet de l’Opéra de Paris

Direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma

Foto Rolando Paolo Guerzoni

La donna della luna

“La donna della luna” (Meridiano Zero,2018) è il bel libro con il quale Matteo Severgnini fa conoscere ai lettori Marco Tobia, investigatore privato che vive sull’isola di San Giulio, in mezzo al lago d’Orta. In una storia a metà strada tra il noir e il giallo d’ambiente, il protagonista (un ex poliziotto dall’infanzia difficile,afflitto dalla sindrome di Tourette che complica i rapporti con le persone, spesso intento a “rollarsi” una canna come il vicequestore Rocco Schiavone) affronta  la sua prima indagine nei luoghi di una delle più piccole province italiane, stretta tra monti e laghi a ridosso del confine con la Svizzera. Come un lupo solitario, protetto dal silenzio e dall’acqua dell’isola,Tobia indaga sul presunto suicidio del fratello di una donna dal profilo misterioso. Accanto a lui un ex collega costretto su una sedia a rotelle e l’amico Anselmo,barcaiolo ortese.La sorte di una misteriosa bambina, Marilena, che ha perso il suo zainetto rosa e la necessità di difendere Clara – la sua compagna, di professione sex worker – da uno stalker, rendono ancora più intricata l’indagine. Come scrive in una nota Carlo Lucarelli è “la tranquilla normalità della provincia” che fa paura. “ Perché nasconde sempre qualcosa di eccezionalmente inquietante. Per squarciare quel velo placido e immobile come la superficie di un lago ci vuole qualcuno di speciale, un personaggio bello, tormentato ed eroico come Marco Tobia. E uno scrittore preciso e visionario come Matteo Severgnini”. In un seguirsi di investigazioni e di brillanti invenzioni narrative, il personaggio uscito dalla penna di Matteo Severgnini in questo suo primo romanzo si cimenta con una storia di ricatti e di parentele mai chiarite. Con intelligenza l’autore colloca i fatti in un territorio straordinariamente bello come il lago d’Orta e più in generale i  luoghi più a nord del Piemonte. Un fondale naturale che si presta a rendere ancor più suggestiva la storia, con le sue vicende di confini e contrabbando, di frontiere e di misteri. Del resto in questi luoghi Matteo Severgnini – che è di Omegna, città di Gianni Rodari e delle caffettiere – ci è nato e tutt’ora vive. Collaboratore della Radio Televisione Svizzera Italiana a diversi programmi culturali, radiofonici e televisivi, ha pubblicato racconti su diverse antologie, tra le quali “La spesa del commissario”. Per il cinema ha scritto e co-sceneggiato il film documentario poliziesco “A Omegna non si beve più il caffè” di Erik Bernasconi (prodotto dalla Ventura Film) che sarà nelle sale cinematografiche italiane e svizzere quest’anno. Dopo l’ottimo esordio con “La donna della luna” non resta che attendere la seconda indagine di Marco Tobia.
Marco Travaglini

Al Gru Village è passato il Diablo

Grande rock al GruVillage Music Festival


Ieri sera travolgente concerto del diablo Piero Pelù, probabilmente il maggior esponente del rock italiano, sicuramente uno dei più coinvolgenti con il suo carisma e la sua voce, portatore anche di messaggi che vanno spesso oltre alla musica. Rock esplosivo quello che si è ascoltato dal palco, con l’ex leader e cofondatore dei Litfiba che ha aperto il concerto con lo slogan “la nostra guerra è la pace” di cui oramai si è fatto da numerosi anni portabandiera mandando subito in delirio il pubblico ed esibendosi poi nel suo ampio repertorio di brani degli stessi Litfiba ma senza tralasciare quelli più recenti da solista.Il GruVillage Music Festival, entrato ormai nel suo clou, continuerà martedì sera col molto atteso concerto di Francesco De Gregori… quindi per noi appuntamento a molto presto! Ecco qui le foto del Diablo, buona visione!

Caudio Benedetto www.fotoegrafico.net


Dodi Battaglia, concerto e firmacopie

L’ex Pooh presenta il nuovo doppio cd alle 11 e la sera grande concerto al ‘#Parco Dora Live’

Dodi Battaglia, dal 1968 al 2016 membro storico dei Pooh, prosegue un’estate ricca di successi e grandi soddisfazioni. Domenica 15 Luglio sarà a Torino al ‘#Parco Dora Live’, il più grande Festival gratuito estivo del Piemonte di pregiata musica italiana e cabaret d’autore, anticipato il 13 luglio dai divertentissimi Panpers e il 14 luglio dal valente Claudio Lauretta. Alle 11 incontrerà il pubblico per il firmacopie del nuovo fortunato doppio cd “E la storia continua…”, primo album live della sua carriera solista. Alle 20.30, invece, Dodi Battaglia terrà un grande concerto gratuito, ripercorrendo dal vivo i suoi più grandi successi di sempre. Tutte le informazioni sul sitowww.parcocommercialedora.it, e sulla relativa Pagina Facebook

Sgarbi a Verbania

Credo che a Sgarbi si possa rimproverare di tutto, ma non di mancare di sincerità. Se poi le critiche (dal momento che è un critico) vanno a massacrare qualcuno… A chi la tocca, la tocca. Un Vittorio Sgarbi visibilmente accaldato, lo scorso 12 luglio, in una sala gremita e accaldata, ancor prima di argomentare i suoi commenti, ha descritto alcune fasi del suo viaggio arroventato, compreso il necessario cambio d’abiti all’arrivo.I presenti, nella sala principale di Villa Giulia a Verbania, hanno accolto il critico d’arte Sgarbi con calore, insieme alla sorella Elisabetta. Quest’ultima ha fatto riferimento a “La Milanesiana”, festival da lei stessa organizzato e diretto, che si si sta svolgendo nella prestigiosa Villa e termina il giorno stesso, con lo spettacolo di Neri Marcorè, concludendo poi che “Vittorio ama molto l’opera di Bottoni”.A completare il tavolo dei relatori, anche lo stesso Maurizio Bottoni (la cui mostra resterà aperta fino al 20 agosto) e la Sindaca Silvia Marchionini a fare gli onori di casa e sottolineare l’opportunità culturale per la città di Verbania.”Bottoni è un pittore invernale “ha commentato poi lo stesso Sgarbi” non adatto per questo periodo; d’inverno invece, quando fa freddo, i suoi quadri infondono la felicità”. Di carattere generale, ma che fanno riflettere, le sue considerazioni sulle costruzioni, dai Greci Antichi e dai Romani, fino ai giorni nostri. “L’Italia è un paese brutto che nasconde il paese più bello del modo” facendo riferimento a quel che è stato dopo l’ultima guerra e poi soprattutto negli anni ’50.”Lui presenta tutti, io presento lui” ha detto poi lo stesso Bottoni “un uomo instancabile alla continua ricerca della bellezza: un vero senatore dello stato.”D’altra parte, anche chi scrive, sottoscrive (scusate la ripetizione….) questa considerazione: le stesse identiche sensazioni le provo quando ammiro o anche guardo soltanto alcuni scenari – panorami qui, proprio sul nostro lago; cosa vedo ? bè, ad esempio….. le Isole Borromee, la Rocca di Angera, il Lago d’Orta, la stessa Villa Giulia e tutta Pallanza; vedo, ma non ammiro, per esempi,  i condomini (tanti) di 7-8 piani che dominano Laveno, quando il traghetto mi porta là; ma nemmeno “Il Maggiore”, quando il traghetto mi riporta qua. Provate anche voi ! E poi viaggiate tra paesi e città del Piemonte, della Lombardia….

Elio Motella

 

Rocco Papaleo live

Estate Reale – piazzetta Reale fino al 15 luglio www.torinoestate.it

Sabato 14 luglio il poliedrico artista lucano coinvolgerà il pubblico in un viaggio straordinario in cui le parole incontrano la musica, tra canzoni, racconti poetici e realistici, monologhi e gag surreali. Lo spettacolo nasce dalla volontà di creare un teatro “a portata di mano”, capace di divertire e al tempo stesso emozionare. Uno show come un diario da sfogliare a caso, fatto di pensieri sparsi, brevi annotazioni e rime lasciate in sospeso che si fanno parole in musica, in un riuscito esperimento di teatro-canzone, con un occhio a Gaber e uno alla Basilicata.

 

Rocco Papaleo, voce
Arturo Valiante, pianoforte
Guerino Rondolone, contrabbasso
Davide Savarese, batteria e percussioni
Giorgio Tebaldi, trombone

Allo Zero festival beer sfilano le stelle

Di scena, fra i tanti, anche gli Statuto, Beppe Braida, Gianluca Impastato, Ivan Cattaneo, Gianni Drudi e Fede Poggipollini

Azzerare le bollette può anche far divertire. Creare aggregazione, incontro, e occasioni per vivere d’estate grande musica e cabaret d’autore. Al via a Pianezza (TO), in Via Torino 29/B presso l’area spettacoli ‘Vertigo’ la Sesta Edizione dello ‘ZERO Festival Beer’, affermata kermesse divenuta con successo parte integrante del circuito delle grandi manifestazioni estive piemontesi che quest’anno prende il nome proprio da ‘ZERO’, il primo social utility network della storia nato a Torino che, dal 2015, riesce ad azzerare le bollette di luce e gas, canone Rai e accise comprese, per la gioia dei consumatori. ‘Zero Festival Beer’: un calendario ricco di appuntamenti che spaziano fra i generi più diversi, che si apre il 19 luglio con gli I-Dea e i Senso Unico (Pop-rock). Il 20, invece, di scena le risate d’autore di Beppe Braida e ‘Gli Sconnessi’ con l’altrettanto divertente Gianluca Impastato più ‘I 60 Beat’. Sabato 21, invece, arriva lo ska degli Statuto. Il 22, giornata multidisciplinare con il ‘Beer Tunig Festival’, laboratorio gratuito di pizzica e la Torino Attarantatà 2018 con Simone Campa e La Paranza del Geco. Il 23 Luglio, invece, è la volta degli ‘Standing Ovation’, storica e affermata tribute band di Vasco Rossi guidata dal grintoso Andrea ‘Innesto’ Cucchia. Martedì 24 spazio alle danze caraibiche con ‘Noche Latina Live’, e l’esibizione delle migliori scuole di ballo di Torino. Giovedì 26 è di scena Ivan Cattaneo, mentre il 27 arriva l’energia di Fede Poggipollini, storico chitarrista di Luciano Ligabue, con un omaggio al rocker di Correggio. Appuntamento col revival il 28 luglio: attesi sul palco Gianni Drudi e i Radiostar’ per la ‘Fiki Fiki Night’, dal nome del più grande successo degli anni ’90 del celebre cantautore romagnolo. Gran Finale con ‘Torino Sotterranea’ il 29 luglio. Conduce la manifestazione Claudio Sterpone, attore cinematografico e stimato cabarettista già nel cast di ‘Colorado Cafè’, ‘Zelig Off’ e molti altri. Media partner dell’evento è ‘Radio GRP’, storicamente la Radio più ascoltata e seguita in Piemonte, mentre la Direzione Artistica porta la firma di Andrea Carbonara e Marco D’Angeli. “Riempie di orgoglio il poter aiutare una comunità a sostenere un progetto che altrimenti incontrerebbe maggiori difficoltà nella realizzazione. Specie quando si tratta del paese in cui vivi”, spiega Cristiano Bilucaglia, il noto imprenditore e mecenate piemontese che ha ideato ‘ZERO’ (www.scelgozero.it), la rivoluzionaria start-up che azzera le bollette di luce e gas (canone Rai e accise incluse), quest’anno Main Partner dell’iniziativa. Per poi aggiungere: “In un momento in cui i bilanci dei comuni sono gravati da vincoli stringenti e casse vuote, è dovere di chi produce ricchezza sul territorio redistribuirla in modo equo: con un occhio di riguardo specialmente rivolto a quei settori che danno valore alla nostra Italia come la cultura e lo spettacolo”. Bilucaglia – ingegnere già eletto ‘Imprenditore dell’Anno’ nel 2015 e stimato dalle associazioni consumeristiche italiane – dopo aver dato un segnale di fede insieme al giornalista Maurizio Scandurra con la donazione di un candelabro artistico pregiato per i 150 anni della Basilica di Don Bosco a Torino, ha scelto “di proseguire concretamente nel percorso d’attenzione rivolta ad altri siti storici ugualmente degni di nota. Tale è, infatti, il ‘Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata’ di Grugliasco, dedicato a quell’0autorevole pezzo di storia nazionale rappresentato dal mito dei Caduti di Superga: a favore del quale, al netto delle spese, verrà devoluto l’incasso della serata inaugurale finalizzato all’ampliamento delle collezioni”.

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Per informazioni, è disponibile il sito www.scelgozero.it e la Pagina Facebook ‘ZERO FESTIVAL BEER’ (https://www.facebook.com/FestivalbeerDruento/).

 

Fondazione Cosso: “La timidezza delle chiome”

SABATO 14 LUGLIO – San Secondo di Pinerolo (Torino)


Lui è Pietro Maroè. E’ un giovane friulano di Collalto di Tarcento. Ha ventiquattro anni, un diploma da perito agrotecnico e oggi studia Ingegneria. E’ anche istruttore di treeclimbing e, anni fa, con alcuni amici – “arbonauti” ha fondato SuPerAlberi, un gruppo che si occupa di studiare, misurare e curare gli alberi monumentali. Meglio, tutti gli alberi – monumentali e non – che, per un verso o per l’ altro, abbiano bisogno del loro intervento e della loro assistenza. Dalle gigantesche piante dell’Australia a quelle meno imponenti ma non meno vitali e preziose che abitano i nostri giardini “addomesticati”. Amore senza fine, quello di Pietro per gli alberi. Sbocciato ai tempi del biberon e trasmessogli dal padre Andrea, di mestiere agronomo. In pratica, sugli alberi Pietro da sempre ci vive. “Li cura. Li ascolta – ha scritto di lui, Concita De GregorioHa i palmi delle mani del colore della loro corteccia. Racconta che ci è salito prima di cominciare a parlare: suo padre lo ha portato su in spalla, nello zaino, il primo dei suoi ricordi”. E Pietro: “Sono sceso dagli alberi e ho imparato a camminare”. Con le piante e con i rami ci parla e loro parlano a lui. Lo giura. Parole, sussurri, bisbigli, racconti. Avventure. Mestiere. Tutto questo troviamo nelle 198 pagine che compongono il libro scritto da Pietro, per i tipi di “Rizzoli”, in omaggio alle verdi creature, regine di tutti i boschi del mondo.

Titolo, “La timidezza delle chiome”, il libro verrà presentato, per la prima volta in Piemonte, dalla Fondazione Cosso al Castello di Miradolo (San Secondo di Pinerolo, via Cardonata 2), sabato 14 luglio, a partire dalle ore 17. A ingresso libero e presente l’autore, l’incontro si inserisce nella programmazione estiva del progetto “Invito al Parco” e prevede anche una passeggiata nell’ottocentesco Parco dell’antica dimora guidata dallo stesso Pietro Maroè e da Daniele Pecollo, dottore forestale-ambientale. Sarà una passeggiata improntata alla conoscenza dell’ambiente, ma anche a una migliore conoscenza di noi stessi, poiché le piante, ci insegna Pietro, possono suggerirci – se ben ascoltate e comprese – una misura nuova per il nostro tempo: “Le piante sono lente, molto lente per la rapidità delle nostre vite. E mentre noi, impazienti del mondo di sotto, siamo incapaci di pensare con la misura dei secoli, loro ci vedono passare, ci guardano e sanno”. Senza clamori. Con gentilezza. E timidezza. Ecco il perché del titolo: “Hai mai visto nei boschi – spiega ancora Maroè – quella lama di luce che passa tra una chioma e un’altra, quando alzi la testa? La chioma dell’albero cresce, ma sa, sente, dove cresce l’altra e non si azzarda a toccarla. E’ timida. Quando l’altra chioma è vicina, smette di crescere nella sua direzione. Non la invade, non la tocca”. Questione di rispetto. Anche questo possono raccontarci – e insegnarci – i nostri secolari amici alberi. Per info e prenotazioni: tel. 0121/502761prenotazioni@fondazionecosso.it

Gianni Milani

Vincente la formula estiva dello Stabile: ma attenti ad “adattare” a cuore troppo leggero

Un applauso, immediatamente. Un’occasione nelle intenzioni vinta, ampiamente. Un’estate in cui chi governa la città (ma se ti volti indietro, da quanto tempo è così?) manco si sogna di inventarsi uno straccio di stagione di prosa che soddisfi gli appassionati, ecco che lo Stabile torinese s’inventa quello che nel paleolitico si sarebbe chiamato “punto verde”, un piccolo finale di stagione di 24 recite al di là della stagione ufficiale, e nel proprio gioiello del Carignano, “una sorta di Globe Theatre elisabettiano”, spiana un “prato inglese” – un nuovo palcoscenico, un piano verde che occupa e ricopre oltre la metà della platea – per far posto, a sere alterne, al Sogno di una notte di mezza estate del buon Shakespeare e al Romeo e Giulietta, nemmeno a dirlo, ancora dalla penna del Bardo. Titoli facili, popolari, adatti al palato di ognuno, due ciliegine da leccarsi i baffi, assaporate in un luogo dove la calura estiva nemmeno sai che faccia abbia, dove prendono posto (abbiamo visto e sentito) sorridenti e divertite turiste, grate per il diversivo non solo refrigerante ma anche culturale, dove alzi lo sguardo e ti accorgi dei palchi pressoché affollati di giovani e no, di coppie, di famiglie, di quanti non possono ancora stare sotto l’ombrellone, di quanti grazie ai prezzi stracciati per una sera si sono detti dai!, perché non andiamo a vederci una bella commedia? Ma. Già, perché un ma é in agguato sempre. E quel ma, per l’occasione (o ancora una volta), è in quel termine “adattamento” che spudoratamente campeggia assieme a quell’altro, “traduzione”, dovuti entrambi a chi è stato affidato il compito di guidare la nave. A chi scrive il termine “adattamento” procura quasi sempre una certa allergia, dal momento che è e rimane l’occasione per un certo velleitarismo spicciolo, la superbia d’imboccare la strada di una piena libertà, di una rivisitazione per troppi momenti campata in aria, per l’invenzione facile facile e banale nei risultati pur di far sorridere o sbellicarsi quel certo pubblico che con il Teatro ha poca dimestichezza e lavora più di pancia che di testa. Per la serie, ma che cosa abbiamo da adattare, in questo modo, Shakespeare? Se adattare vuol quasi soltanto dire un bel ciao alla logicità, al modernismo a tutti i costi, inseguire senza riuscirci un progetto che finisce per fare parecchia acqua, allora è meglio “non adattare”. E questo lo diciamo non perché si vogliano tenere gli occhi chiusi davanti alla più piccola innovazione (chiamiamola così?): forse soltanto perché non ci ritrovi quella sincera e logicissima serata di intelligente adattamento, facciamo un esempio che credo molti abbiano saputo apprezzare, quello che abbiamo gustato nel recente Don Giovanni di Binasco. Altrimenti si potrebbe anche scivolare verso quell’alzata di scudi degli abbonati del Regio che ha tagliato qualche testa e che ha suggerito messinscene di una certa maggiore fedeltà.

Prendete per primo (e soprattutto) il Sogno affidato agli ardimenti di Elena Serra. Cui non par vero di poter tagliuzzare a man bassa, di qua e di là, di avere a disposizione tanto ben di dio di superficie calpestabile e allora dai! che ti faccio correre quei poveri undici ragazzi in lungo e in largo, di dare il via con un incomprensibile quanto strassordante “eins zwei drei vier fünf” e alla musica dei Laibach, “ala musicale – mi viene spiegato – del collettivo artistico-politico Neue Kunst Slowenische, di bloccarsi sui tiramolla delle due coppie di amanti, sulla passione di Titania per il bell’asino illuminato da cento piccole luci, sui troppo farfugliati interventi, lontanissimi alla vista, delle figure regali. Di poter rinunciare alla compagnia di bravi ateniesi che dovrebbero preparare gli amori di Piramo e Tisbe in occasione delle nozze di Teseo e Ippolita per convogliare il tutto in una coppia di caciarosi militi partenopei che come il gioco delle tre carte ci scoperchiano con l’inganno i cinguettii amorosi di Giulietta e Romeo, di escogitare nuove frasi, allegre, attuali, allettanti all’orecchio di oggi. Alla fin fine, subdole. Allora, è davvero poco se qualcuno si chiede soltanto perché. Non che non debba confessare i suoi piccoli peccatucci, ma Marco Lorenzi è di un’altra pasta e la “sua” storia degli amorosi di Verona ti risolleva un po’ lo spirito. Sfronda anche lui, anche lui con spavalderia adatta, anche lui assorda con musiche senza ritegno ed esige da alcuni decibel vocali che lasciano il tempo che trovano (l’incazzatura di papà Capuleti), fa appollaiare il principe della città su di un’alta impalcatura manco fosse un deejay impazzito (perché a un certo punto la poesia dei due ragazzi, con tanto di allodola e usignolo, va a finire nella bocca di costui?), anche lui attualizza il linguaggio e gioca furbescamente su qualche personaggio, infiorettandolo di sottolineature dialettali, perde una buona occasione in primo luogo con la morte di Mercuzio. Ma lui ci mette un’anima dentro e una convinzione e un disegno e a sua contemporaneità regge appieno, veste i propri ragazzi come vestono i ragazzi di oggi, i duelli sono le scazzottature e peggio di oggi, la sfrontatezza portata all’eccesso sfocia in certa tragicità che viviamo, il sangue che vistosamente cola è quello dei fatti di certe discoteche o di certe strade. Un’adolescenza senza tempo, che oltre il termine funesto nel freddo della cripta che tutti conosciamo gli lascia restituire i due giovani suicidi alla vita di ogni giorno, vivi ed eterni. Di gran bellezza i costumi di Alessio Rosati e Aurora Damanti e qui winner is il Sogno. Con smisurata passione – chapeau a tutti – gli attori di oggi e maggiormente in via d’affermazione per domani. Qualcuno eccelle, altri hanno ancora necessità di qualche positiva limatura. Guardiamo ai primi. Beatrice Vecchione come Giulietta si conferma quell’attrice ormai a tutto tondo che già in altre occasioni ci è enormemente piaciuta, ben posta sulla scia Morelli/Lazzarini sino alla Rohrwacher di oggi, Raffaele Musella incarna con bravura, con i guizzi giusti, Robin e Frate Lorenzo, Marcello Spinetta esce dal gruppo nelle vesti di Romeo e soprattutto come Lisandro innamorato, come il Tebaldo di Vittorio Camarota, certe eccezionalità di Angelo Tronca come Mercuzio e come Bottom vengono smorzate ahimè da chi lo ha diretto, offrendogli su un piatto poco d’argento una traduzione e un adattamento. Repliche sino al 22 luglio.

 

Elio Rabbione

Nelle foto:

Per il “Sogno”, in ordine: Barbara Mazzi e Marcello Spinetta; Vittorio Camarota e Raffaele Musella; Marcello Spinetta, Barbara Mazzi, Christian di Filippo, Annamaria Troisi.

Per “Romeo e Giulietta”, in ordine: Beatrice Vecchione e Marcello Spinetta; Barbara Mazzi, Beatrice Vecchione, Giorgia Cipolla; Marcello Spinetta (di schiena), Vittorio Camarota.

 

Per le immagini degli spettacoli Copyright Manuela Giusto

L’Orchestra e il Coro del Regio per Torino Estate Reale

Piazzetta Reale, venerdì 13 luglio 2018, ore 21.30

 

L’estate, a Torino, si colora di musica. All’interno della programmazione di Torino Estate Reale – un vero e proprio festival di musica, danza e magia – il Teatro Regio presenta un concerto di grande interesse e fascino. Venerdì 13 luglio, alle 21.30, nella Piazzetta Reale, l’Orchestra e il Coro del Regio, diretti da Alessandro De Marchi, interpretano le musiche di scena del Sogno di una notte di mezza estate di Felix Mendelssohn-Bartholdy (solisti: Maria de Lourdes Rodrigues Martins:  Primo Elfo, soprano; Claudia De Pian: Secondo Elfo, mezzosoprano) e, dalla Carmen di Georges Bizet, il Preludio e i tre Entr’Acte dell’opera nonché, dello stesso autore, la seconda suite per orchestraL’Arlesienne; maestro del Coro: Andrea Secchi. Le musiche di scena per la commedia di Shakespeare A Midsummer Night’s Dream (Sogno di una notte di mezza estate) con la celeberrima “marcia nuziale” e la partecipazione nel finale di due voci soliste e del coro femminile, immergono fin da subito l’ascoltatore in un’atmosfera fiabesca e luminosa. La seconda parte del concerto, dedicata a Georges Bizet, sarà invece caratterizzata da brani dal ritmo e dalla sensualità mediterranea, nei quali l’orchestra brillerà grazie a una strumentazione raffinata e suggestiva. Alessandro De Marchi ha diretto importanti produzioni operistiche nei maggiori teatri europei, affermandosi in Italia e all’estero come interprete di grande prestigio; con il Regio vanta una stretta collaborazione artistica che lo vedrà protagonista anche nella Stagione 2018/2019.Estate Reale è un delicato puzzle di iniziative che permette ai cittadini e ai turisti di godere di uno dei momenti più piacevoli dell’estate torinese. Gli allestimenti dell’area spettacoli e la direzione di produzione sono stati curati dal Teatro Regio di Torino in virtù di una collaborazione ormai consolidata, che utilizza le esperienze e le professionalità presenti in teatro per la produzione di esibizioni dal vivo particolarmente complesse.

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Biglietti a 12 euro (posti numerati platea), 10 euro (posti numerati gradinata) e 5 euro (posti numerati per i nati dal 2004). Sono previsti sconti per i possessori di abbonamenti o biglietti di treni regionali Trenitalia esclusivamente alle biglietterie: Urban Center Metropolitano: piazza Palazzo di Città 8/F: lunedì – sabato 10.30/18.30; tel.01101124777, estatetickets@comune.torino.itInfopiemonte: via Garibaldi angolo piazza Castello: tutti i giorni 10/17; tel. 800.329329 pagamenti accettati esclusivamente con bancomat o carta di credito; Box biglietteria fronte Piazzetta Reale: dalle ore 20.30 nelle sere di spettacolo. L’ingresso alle serate sarà soggetto a controlli di sicurezza. Gli spettacoli avranno luogo anche in caso di maltempo: non è previsto il rimborso del biglietto quando la durata sia stata pari o superiore a 45 minuti.

Online: www.torinoestate.it – www.vivaticket.it; Informazioni accesso disabili: lunedì – sabato 10.30/18.30 tel. 01101124777 estatetickets@comune.torino.it Per ulteriori informazioni e dettagli è possibile consultare il sitowww.torinoestate.it Seguite il Teatro Regio sui nostri social media, e per questa produzione utilizzate l’hashtag: