CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 547

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità librarie. A cura di Laura Goria

Audur Ava Ólafsdóttir   “Miss Islanda”   -Einaudi- euro 18,50

 

Islanda anni 60 del secolo scorso, la giovane e brillante Hekla vuole diventare scrittrice ma, in un mondo conservatore e patriarcale, quello che le viene riconosciuto è soprattutto il merito per la sua bellezza mozzafiato. Le propongono di partecipare al concorso di Miss Islanda, senza accorgersi che lei sotto il vestito non è che abbia niente. Anzi la sua è una mente brillante che surclassa quelle di molti uomini; a partire dal suo borioso e inconcludente fidanzato.

Hekla porta il nome di un vulcano e spara incandescente lava nel tentativo di emergere come scrittrice in un paese -l’Islanda- che nel 1963 mostra pesantemente il suo volto maschilista e retrogrado. Possiamo leggere questa storia come metafora di tutti i talenti sprecati al mondo, e come ritratto di un’epoca in cui la letteratura al femminile era un sogno impossibile. Ekla lascia le distese di prati del suo paesino e plana a Reykjavík, la capitale islandese, crogiolo di circoli letterari e case editrici. Ma nulla sarà facile. Dovrà pubblicare sotto pseudonimo, verrà invidiata dal giovane poeta senza talento che si innamora di lei, troverà amicizia e comprensione nell’amico gay col quale condividerà anche il letto per una volta sola. Invece constaterà la differenza abissale rispetto alla sua amica che si limita ad essere moglie e madre, convinta che questo sia il vero, unico destino femminile. Hekla ha talento, coraggio a bizzeffe, macina le delusioni passando oltre e, con indistruttibile tenacia, rifiuterà le lusinghe del concorso di bellezza.

 

 

Emmanuel Carrère  “Vite che non son la mia”   -Adelphi-  euro 19,00

Due drammi sono al centro di questo coinvolgente e bellissimo libro di Emmanuel Carrère. Lui è stato testimone di entrambi e riesce a raccontarli con maestria, delicatezza, sensibilità e partecipazione strepitose. Caso volle che si trovasse nel 2003 in Sri Lanka, insieme alla sua compagna Helene, con la quale  il rapporto era in crisi. Poi tutto è cambiato con l’onda alta come un grattacielo che ha travolto ogni vita e cosa sulla sua strada. Lo Tsunami che ha falciato le coste del Pacifico ha distrutto interi villaggi di povera gente e, tra le tante esistenze che si è portato via, c’è anche quella della piccola Juliette, risucchiata mentre giocava con un amichetta in riva al mare. Aveva solo 4 anni ed era l’unica figlia di una coppia di turisti, Delphine e Philippe, giovani, belli, allegri e socievoli. Carrere assiste alla loro disperazione e li aiuta nella ricerca del corpo della piccola -tra un ospedale improvvisato e l’altro- poi a recuperarlo e a dirgli addio. Aspettatevi pagine che toccano l’anima e aiutano a sviluppare un’empatia profonda per l’orrore che passa attraverso i vari gironi dell’inferno delle calamità naturali. Unico lato positivo di questo disastro, il riavvicinarsi di Carrere alla sua compagna. La seconda tragedia riguarda proprio la sorella di lei. E’ la 33enne Juliette, moglie di Patrice, madre di tre bimbe piccole, magistrato tenace che già in passato ha combattuto con la malattia. Ora le è stato diagnosticato l’ennesimo tumore che in poco tempo finirà per stroncarla. Carrere racconta il calvario di questa morte annunciata che tutti i familiari affrontano con immenso coraggio. Vi troverete a leggere pagine sublimi e struggenti che vi portano al centro di tutto ciò che comporta una malattia terminale: soprattutto racconta la forza di grandi e piccini di fronte all’irreparabilità di una sentenza di morte inappellabile..

 

 

 Camilla Baresani   “Gelosia”  -La Nave di Teseo-   euro 18,00

Per raccontare il dramma della gelosia -e derivati disastrosi di questo pungente sentimento- la Baresani mette in scena i difficili rapporti tra il protagonista Antonio e le sue donne. Lui è un affascinante giovane che dal paradiso di Capri si trasferisce a Milano dove mette in piedi un’attività. Il romanzo inizia subito con un colpo di scena e un rebus. Il bell’Antonio Gargiulo riceve la telefonata della sua ex collaboratrice (ed ex amante) Sonia che si era lasciato indietro da tempo. Di più non vi dico perché sarà proprio l’esito di questo incontro a tenervi sulla corda per le successive 376 pagine, fino all’epilogo… imprevedibile.

Nel mezzo c’è la storia d’amore di Antonio e dell’intraprendente imprenditrice del lago di Garda Bettina. Lui che aveva già una tresca amorosa tenuta sottotraccia, all’epoca in cui la incontra dà una svolta alla sua vita e, dopo pochi mesi di appuntamenti su e giù per l’Italico stivale, le chiede di sposarlo. Poi il dolore i delle gravidanze finite male, una davvero malissimo col bimbo che nasce morto. Le attese e i progetti di nido familiare che si infrangono contro l’incapacità della moglie di portare a termine con successo una gestazione. La soluzione arriva dall’India, con l’adozione della piccola Maya di 4 anni. Ma in parallelo a questo matrimonio oscillante tra alti e bassi, vicinanza e  lontananza, Antonio si lascia travolgere dall’infuocato rapporto con la sua giovane collaboratrice Sonia: secca secca, quasi androgina. Un tradimento che pareva essere da poco, col tempo deflagra, perché lei non si accontenta più del sotterfugio. Vanno in scena la gelosia e i ricatti della giovane perché lui lasci definitivamente la moglie, o almeno porti alla luce la sua seconda vita. Il resto a voi scoprirlo.

 

 

 

 

 

 

Quattro artisti alla galleria Malinpensa by Telaccia

Tra loro lo scultore esistenzialista Carlo Pazzaglia 

La galleria d’arte torinese Malinpensa by La Telaccia ha ospitato una mostra nel periodo natalizio dedicata a quattro artisti, Sasa Ceraudo, Giancarlo Cerri, Elio Marino e lo scultore Carlo Pazzaglia.

Giancarlo Cerri è un pittore milanese classe 1938, da oltre dieci anni ipovedente. Definisce le sue opere “quadri dipinti senza vedere i colori, ma solo ricordandone la forza e l’intensità”. I quadri recentemente realizzati da Giancarlo Cerri sono costruiti con una tecnica molto particolare, posizionando sulla tela alcune carte di varia misura, adatte a creare spazi geometrici all’interno dei quali dipingere. Perciò le sue opere, prima di essere create sulla tela, vengono dipinte per “immaginazione compositiva”.

Elio Marino, pittore nativo di Napoli e da oltre trent’anni attivo nel panorama artistico nazionale ed internazionale, con studio a Milano, ha aderito a vari gruppi artistici ispirati alla pittura astratta-informale ed al Gruppo 70 Milano, prediligendo il collage materico ed anche l’uso della vernice industriale nei suoi quadri. Oggi la sua ispirazione stilistica astratto-informale si è orientata verso la creazione di un mondo fantastico, in cui le stesse forme si contrappongono e si dissolvono nell’ambiguita’ della metafora dell’esistenza umana.

Carlo Pazzaglia, nato a Bologna nel 1952, ma ora residente a Sestola, sul confine tosco emiliano, è passato attraverso diverse attività, tra cui lo scalpellino, prima di approdare alla scultura, che rappresenta la matrice e l’espressione della sua arte. La durezza e la compattezza dei sassi da lui raccolti lungo il corso dei fiumi, nell’Appennino modenese, la resistenza di materiali da lui usati, il marmo ed il ferro, o il legno, contraddistinto da una grande fisicità, rappresentano le sue  materie prime. Fonte di ispirazione del suo lavoro scultoreo, che si concentra nell’amore per l’essenziale e nella sintesi e semplificazione materica, rimane la scultura esistenzialista di Giacometti.

Prossimo appuntamento espositivo per la galleria Malinpensa sarà in Austria ad Art Innsbruck dal 16 al 19 gennaio prossimi, in occasione della ventiquattresima kermesse, dove sarà presente con artisti selezionati del panorama internazionale contemporaneo. Quindi la galleria torinese prenderà parte, dal 14 al 17 gennaio prossimi, alla sedicesima mostra mercato di Arte moderna e contemporanea ad Arte Genova, con le opere di celebri artisti, quali Ugo Nespolo, Piero Gilardi, Lavinia Salvatori, Giuseppe Pontella, la scultrice Rabarama, Antonio Salinari, Rossana Chiappori ed Anna Maria Terracini.

 

Mara Martellotta

Sugli schermi “Pinocchio” di Matteo Garrone

PIANETA CINEMA
A cura di Elio Rabbione

Un’opera mancata, dai toni lugubri e dai trucchi eccessivi

Al termine della proiezione del Pinocchio di Matteo Garrone (quanto al confronto grande, diciamolo subito, con quel precedente Racconto dei racconti, visivamente entusiasmante, narrativamente perfetto), la prima domanda che ti fai è a chi sia rivolto il film, a chi è dedicato. E ti rispondi: non ai bambini, che certo s’intimoriscono ai toni lugubri della vicenda, alle tinte spesso scure, forse anche a certi trucchi animaleschi che confinano con il babau, a certa noia che t’assale in non pochi tratti; e non agli adulti, cui viene infelicemente sottratto il senso dello spettacolo, il guizzo del divertimento, il piacere del sorriso e salendo più su della risata, il palpito della sorpresa. Perché anche quando l’accoppiata di sceneggiatori Garrone e Massimo Ceccherini (il secondo a firmare come cosceneggiatore? perché? in che modo? per quale manna dal cielo: pronto pure a gonfiarsi inverosimilmente il ruolo della Volpe, un make up tenuto bene a bada, unghie lunghe e luride, una forestucola di capelli arruffati, un paio di baffi striminziti, tenendosi quello del Gatto – Rocco Papaleo – tre passi indietro a ripetere stancamente le sue battute) s’inventa un’andata di Geppetto nella misera trattoria a ricevere per pietà un misero pasto caldo, nel momento stesso in cui cercherebbe un piccolo lavoro, un tavolo, una sedia o una porta da aggiustare, ogni battuta, ogni movimento del parolaio Benigni diventa piano, ripetitivo, inconcludente, di troppo.

Benigni che nella parte centrale (per grande fortuna) sparisce per lasciare il posto al burattino di legno e alle sue tante avventure – calate in un’Italia ottocentesca di borghi con quattro case, di povertà, di distese di grano, di bettole scalcinate, di aie, di gente che vuol fregarti e che ti frega, di una giustizia che è tutta un teatrino, di un mare che sputa mostri -, il teatrino e Mangiafuoco (uno dei tanti luoghi bui con Proietti inutilizzato tra lacrime e perdoni, l’incontro con il Gatto e la Volpe che s’è detto e il campo dei miracoli, le cinque monete da seppellire e il raggiro, la Fatina azzurra che più anonima non si sarebbe potuta scegliere, quasi da dar ragione a Pinocchio a fuggire da lei, il tribunale, Lucignolo e il paese dei balocchi buttati via con quattro pennellate e così sia, la trasformazione in ciuco, la pancia della balena e il ritrovamento del padre seppellito dentro, la resurrezione a bambino vero e pieno di buoni propositi. Un lentissimo srotolarsi di episodi che tutti conosciamo (qualcuno per durata o economia è stato abolito), fedelissimi all’opera di Carlo Lorenzini ovvero Collodi ma senza che nessuno si sollevi dalla freddezza dei toni e ti afferri, ti faccia per un attimo soltanto tornare bambino (anche questo potrebbe essere un bel risultato), faccia sì che tu t’abbandoni al percorso di vita del povero burattino. E credo che questa negazione sia in gran parte dovuta proprio là dove regista e produttori più hanno creduto, spendendo ore di lavoro e quattrini (e allora pensate al candore di Comencini e Manfredi e dell’impareggiabile Andrea Balestri nello sceneggiato televisivo datato 1972), voglio dire in zona trucco: perché tutto quel posticcio, quel carnevale di piume, quelle barbe e quei baffi, quelle squame, quella patina fintolegno che ricopre il viso del piccolo Federico Ielapi impediscono ai sentimenti, alle emozioni di venir fuori, di prendere spazio, di essere lo scheletro del film. Che è un’opera mancata, destinata all’indignazione di chi guarda, all’occhiata all’orologio, alla pazienza, alla definitiva indifferenza verso una delle più belle figure della letteratura infantile. Con buona pace della Poesia, incredibilmente spazzata via.

Rock Jazz e dintorni: Niccolò Fabi e i Diaframma

Gli appuntamenti musicali della settimana 

Lunedì. Omaggio a Pino Daniele al Jazz Club con il quintetto del vocalist Lele Piras.

Martedì. Sempre al Jazz Club  suona il quartetto Balto.

Mercoledì. Ancora al Jazz Club concerto dei Fraubers in The Sky.

Giovedì. All’Off Topic il chitarrista Mosè Morsut presenta il progetto “Pizzicando le Alpi”.

Venerdì. Al Diavolo Rosso di Asti si esibisce il duo femminile I’M Not a Blonde. Al Blah Blah suonano i Diaframma, storica rock band degli anni ottanta. All’Off Topic tributo del Consorzio Anime Salve a Fabrizio De Andrè. Al Folk Club si esibiscono i Gang.

Sabato. Al Blah Blah sono di scena i Permanent impegnati ad riarrangiare il classico dei Joy Division “Unknown Pleasures”. Al Teatro Colosseo suona Giovanni Allevi. Al Concordia di Venaria si esibisce l’esponente dell’hip hop Rkomi. Al Jazz Club suona il quartetto del sassofonista Piergiorgio Elia. Al Big Lebowski si esibisce la cantautrice Marianne Mirage.

Domenica. Al Teatro Colosseo arriva Niccolò Fabi per presentare l’album “Tradizione e tradimento.”

 

Pier Luigi Fuggetta

A Nichelino il Gran Concerto dell’Epifania

Al Teatro Superga di Nichelino è previsto il Gran Concerto dell’Epifania, con la partecipazione della solista americana Laura Bennett Cameron, fagottista di fama internazionale.

In occasione dell’Epifania l’orchestra di fiati nata a Buttigliera Alta si esibirà al Teatro Superga di Nichelino. La Filarmonica San Marco è riconosciuta come una delle più promettenti realtà musicali italiane, nata con lo scopo di divulgare la cultura musicale fra i giovani del proprio territorio. Cresciuta nel corso degli anni, l’orchestra svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero ed è composta da circa 50 musicisti.

Dal 2018 la direzione artistica è affidata a Matteo Dal Maso con l’obiettivo di delineare un progetto culturale di grande respiro attento alla professionalità e alla qualità musicale, elementi fondamentali del processo di crescita dell’orchestra che aspira ad essere una formazione sempre più innovativa pur mantenendo tracce solide della tradizione orchestrale italiana.

Per il Gran concerto dell’Epifania, la Filarmonica San Marco eseguirà brani dei più grandi compositori del passato come Rossini, Verdi, Weber, Mascagni e Bizet, con la partecipazione della solista americana Laura Bennett Cameron, fagottista di fama internazionale.

Dove e quando 

Lunedì 6 gennaio, ore 17.30

Teatro Superga, via Superga 44, Nichelino (TO)

Info

www.teatrosuperga.it

011 6279789 biglietteria@teatrosuperga.it

In visita a Novara ripercorrendo la storia del Divisionismo

Dal Piemonte / Eventi culturali

Sta registrando un notevole successo in termini di afflusso del pubblico la mostra ‘Divisionismo. La rivoluzione della luce’ che si svolge a Novara al Castello Visconteo Sforzesco e che chiuderà il 5 aprile prossimo

L’evento è promosso ed organizzato da Comune di Novara, Fondazione Castello Visconteo ed associazione Mets Percorsi d’Arte ed è curata dalla studiosa Annie-Paule Quinsac, tra i primi storici dell’arte ad essersi occupata del Divisionismo sul finire degli anni Sessanta a partire da Giovanni Segantini, Carlo Fornara e Vittore Grubicy de Dragon. In otto sale, con un’esposizione di facile comprensione per chiunque, anche non cultore della materia, si ripercorre il cammino del Divisionismo, nato a Milano e poi sviluppatosi in tutto il Nord Italia, allargandosi in particolare al Piemonte, terra di Giuseppe Pellizza da Volpedo ed Angelo Morbelli (del quale nel 2019 ricorrevano i 100 anni della scomparsa). E proprio per la sua posizione geografica a 45 chilometri dal Monferrato, fonte iconografica imprescindibile nell’opera di Morbelli, ad appena 100 dalla Volpedo di Pellizza, senza dimenticare la Valle Vigezzo di Fornara, che Novara è stata designata come il punto di incontro ideale di questi artisti e deputato ad ospitare la rassegna. In esposizione ci sono 70 opere suddivise in 8 sezioni: ‘Prologo’, ‘La I Triennale di Brera.

Uscita ufficiale del Divisionismo Italiano’, ‘L’affermarsi del Divisionismo’, ‘Pellizza da Volpedo. Tecnica e simbolo’, ‘Il colore della neve’, ‘Previati verso il sogno’, ‘Segantini. Il gioco dei grigi’ e ‘Il nuovo secolo, gli sviluppi del divisionismo’.Un catalogo scientifico accompagna l’esposizione, il saggio della curatrice è corredato da schede biografiche degli artisti, con schede critiche delle singole opere affidate agli specialisti di riferimento.

L’apertura è tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 10 alle 19, con chiusura della biglietteria dalle 18.30. Aperture straordinarie sono previste il 6 ed il 22 gennaio. Costo del biglietto 10 euro, ridotto 8.

Massimo Iaretti

 

I libri più letti nel 2019

Dal gruppo FB  Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

RASSEGNA MENSILE – Dicembre 2019 – Anno Ⅲ n. 12

Si è  concluso il 2019 e anche la nostra rassegna letteraria tira le sue somme: tra i libri più discussi, che hanno animato la nostra pagina FB, ricordiamo i titoli e gli autori che si sono guadagnati più spesso la parte alta della pagina: l’inossidabile Donato Carrisi con il suo Il gioco del suggeritore , romanzo di recente uscita che sembra aver colpito di nuovo nel segno, visto l’entusiasmo che ha suscitato;  il saggio di Liliana Segre e Enrico Mentana, La memoria rende liberi il libro più amato dell’anno è stato, senza dubbio, I leoni di Sicilia, di Stefania Auci, che ripercorre la storia della famiglia Florio; ormai va di moda e quindi anche questo libro è solo il primo di una serie che sta appassionando i lettori.

E’ stato un anno segnato dalla scomparsa di due autori molto amati dalla nostra community: Andrea Cammilleri, i cui libri vengono proposti con regolarità e Toni Morrison, autrice del celebre Amatissima.

In tema di tv, la recente riduzione de Il nome della Rosa ha riacceso i riflettori sul capolavoro di Umberto Eco e ai lettori interessati segnaliamo altri due titoli trasformati in serie di successo: Il racconto dell’ancella, di Margareth Atwood  e quella tratta dal romanzo L’alienista, di Caleb Carr .

Abbiamo portato la vostra attenzione sui titoli noti, di nicchia, a volte dimenticati, da scoprire e riscopre: vi invitiamo a seguirci anche l’anno prossimo perché ogni giorno è un buon giorno per iniziare un nuovo libro; intanto, la redazione di Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri vi augura un buon anno nuovo, pieno di ottime letture!

 

Testi di Valentina Leoni, grafica e impaginazione di Claudio Cantini redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Cenerentola il Musical, la riscoperta di una fiaba tanto amata

Cenerentola il Musical va in scena al Teatro Alfieri. La premiata Compagnia Le Formiche mette in scena una delle fiabe più belle di sempre, creando così l’occasione perfetto per rivivere la magia dell’infanzia con uno spettacolo all’altezza di grandi e piccini.

Lasciatevi incantare dalla fiaba più bella di sempre. Al Teatri Alfieri torna Cenerentola – il musical, un’opera per riscoprire la celebre storia dei fratelli Grimm con un testo originale, ricco di magia e divertimento. Un cast eccellente ricrea sul palco l’atmosfera di un’epoca passata, con sontuosi costumi settecenteschi, scenografie curate nei minimi dettagli ed effetti scenici. Lo spettacolo prende vita grazie a musiche orchestrali inedite, che accompagnano le vivaci e coinvolgenti coreografie corali,

Chi è La Compagnia delle Formiche

La Compagnia delle Formiche nasce nel 2003 in provincia di Firenze, e unisce il sogno e la passione di un gruppo di amici in una realtà complessa ed articolata attiva nel panorama del musical con produzioni destinate a tutta la famiglia. Ha alle spalle importanti collaborazioni con il mondo dell’opera lirica e con gli istituti scolastici attraverso la realizzazione di numerosi progetti. Nel 2016, con lo spettacolo “La spada nella roccia”, vince il concorso nazionale del musical inedito (Premio Primo). Oggi il marchio Compagnia delle Formiche rappresenta una delle realtà più affermate in Italia nel settore del musical, e produce numerosi spettacoli di successo rappresentati nei maggiori teatri italiani e internazionali.

Dove e quando

Teatro Alfieri Torino

sabato 4 GENNAIO h. 15.30 e h. 18.30

Sito ufficiale: Cenerentola – Il Musical

Biglietti disponibili su: Ticketone

“Sulle sponde del Tigri”. Meraviglie archeologiche al Mao

 Da Seleucia e Coche, in esclusiva esposizione a Torino. Dal 21 settembre 2019 al 12 gennaio 2020

Ceramiche, terrecotte, vetri e oggetti d’uso comune. In tutto 40 piccoli reperti che raccontano la storia quotidiana di antichissime civiltà cariche di fascino e dell’inevitabile, intraducibile mistero che il tempo addebita alla solo apparente banalità delle cose prodotte dall’uomo nello scorrere dei millenni. Esposti al MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino, provengono dagli scavi, svolti a partire dal 1964 e che portarono alla luce strutture abitative e manufatti di varia natura, dal subalpino “Centro Ricerche Archeologiche e Scavi per il Medio Oriente e l’Asia”, nei siti di Seleucia e Coche, due fra le maggiori capitali di importanza e dimensioni ineguagliate, sorte in uno dei punti più nevralgici di quella rete globale – la Mesopotamia centrale – che, nei lunghi secoli intercorsi fra l’impresa di Alessandro Magno e l’avvento dell’Islam, univa il Mediterraneo alla Cina. Fondata in quel luogo alla fine del IV secolo a. C., Seleucia al Tigri, assunse al tempo i caratteri di una metropoli estesa quanto Torino nel Settecento; a seguirla, sull’altra sponda del fiume, la mitica Ctesifonte, poi integrata nel III secolo d. C. con la città di Coche (o Veh Ardashir).

Entrambe rappresentarono due potenti e fra loro rivaleggianti poli d’attrazione sulle sponde opposte del Tigri, alternandosi nel reggere le sorti di imperi che furono nei secoli la controparte di Roma. All’approfondimento della loro storia civile e culturale, messa in dialogo fra la produzione di età ellenistico-partica proveniente dal sito di Seleucia, con quella sasanide (secondo impero persiano) di Coche, contribuisce certamente la rassegna “Sulle sponde del Tigri”, ospitata al MAO e curata da Vito Messina, Alessandra Cellerino ed Enrico Foietta con la collaborazione di Claudia Ramasso.

Fra i pezzi più interessanti presenti in mostra il “Versatoio di kernos (vaso a fontana)” a forma di pesce, ritrovato a Seleucia e risalente all’incirca al II secolo d. C. e – come tutti i vasi a fontana – impiegato presumibilmente in importanti e particolari cerimonie durante le quali si effettuavano offerte di bevande come acqua, latte o vino; curioso e di semplice ingegnosità anche il “Vasetto a cestino”, quasi certamente un incensiere portato alla luce nel sito di Coche e collocabile fra il III e il IV secolo d. C., insieme al “Sacerdote” del II secolo d. C. (con la lunga tunica e l’alto copricapo riferibili al culto di divinità locali o iraniche) di età seleuco – partica e all’essenziale “Figura femminile nuda distesa su un fianco” ( II secolo d. C. ), rinvenuta in un corredo funerario a Seleucia dove simili “figure” erano particolarmente diffuse e paiono riprodurre modelli di origine occidentale, sebbene la “variante nuda” si ispiri, proprio per questa sua caratteristica, anche alla tradizione mesopotamica.

Immaginata nell’ambito del progetto “Collezioni (in)visibili” promosso dal “Dipartimento di Studi Storici” dell’Università di Torino e finanziato dalla Fondazione CRT, la mostra allestita nelle sale del Museo di via San Domenico, fino al 12 gennaio 2020, è decisamente preziosa (pur nelle sue contenute dimensioni) e meritevole di particolare attenzione, in quanto non esistono in Europa collezioni di reperti archeologici provenienti da Seleucia e Coche, ad eccezione di quella conservata oggi, per l’appunto, al MAO: nel mondo, solo il Kelsey Museum di Ann Arbor (Michigan) e l’Iraq Museum di Baghdad vantano analoghe collezioni.
Durante il periodo di apertura dell’esposizione, sono previste conferenze ed attività didattiche rivolte a scuole e a famiglie, mirate ad avvicinare bambini e ragazzi al mestiere dell’archeologo e alla lavorazione dell’argilla.

Gianni Milani

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“Sulle sponde del Tigri”
MAO – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Dal 21 settembre 2019 al 12 gennaio 2020
Orari: mart. – ven. 10/18; sab. e dom. 11/19

 

 

Nelle foto:

– “Versatoio di kernos (vaso a fontana) a forma di pesce”, Seleucia, età seleuco-partica, ceramica – doppia matrice, ca. II secolo d. C
-“Vasetto a cestino”, Coche, età sasanide, ceramica invetriata, III-IV secolo d. C.
– “Sacerdote”, Seleucia, età seleuco-partica, terracotta-matrice singola, II secolo d. C.
– “Figura femminile nuda”, Seleucia, età seleuco-partica, terracotta-doppia matrice, II secolo d. C.
– “Piccola anfora con collo dipinto a bitume”, Coche, età sasanide, ceramica-fattura al tornio e a mano, V secolo d. C.

“Shoreless”. Guler Ates per il MAO fino all’Epifania

Fino al 6 gennaio 2020

Sono immagini femminili sinuose e misteriose, di cui s’intuisce appena la fisionomia sotto i lunghi veli colorati, spesso realizzati con stoffe preziose, che ne fanno presenza poetica e statuaria senza volto né identità.

Colte dall’obiettivo fotografico, attraversano, con la morbida intrigante leggerezza di performance sospese fra danza e teatro, luoghi di conclamata storicità e di toccante forza evocativa. Presenze metafisiche. “Shorless”, come dire: creature senza limiti e confini. Sono loro le modelle (o la modella?) protagoniste delle venti opere fotografiche al centro del progetto che la fotografa inglese di origini turche, Guler Ates, ha realizzato e collocato lungo il percorso di visita del MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino, all’interno di una proposta didattica formulata dalle Aziende e dagli Enti Soci della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali per gli allievi dell’Accademia Albertina, con la Royal Academy of Schools di Londra, dove l’artista è Tutor. La mostra, quest’anno alla sua quinta edizione, é curata da Domenico Maria Papa ed è parte di Art Site Fest 2019, festival dedicato alle arti contemporanee in dialogo con alcune delle più belle residenze del Piemonte.

Nel corso della sua permanenza torinese, Guler Ates ha prodotto alcune immagini tratte da shooting fotografici all’interno delle sale del MAO, dove ha allestito un vero e proprio set, per proporre e raccontare con il suo linguaggio una personale visione del Museo. Durante il suo lavoro l’artista è stata seguita da 25 selezionati studenti dell’Accademia Albertina, che hanno potuto partecipare alle diverse fasi del lavoro e seguire un workshop sulla creatività e i contenuti del progetto che ha portato a “Shoreless”, evento espositivo in cui troviamo – accanto alle foto scattate al MAO – anche altre immagini riprese in più Paesi del mondo e in particolare in India, sull’onda di un costante interesse al dialogo fra Occidente e Oriente. “Nell’approfondire i molti rapporti, intessuti nel corso dei secoli, rimango affascinata – dice l’artista – da come la cultura occidentale sia debitrice di forme e immagini verso l’Oriente, prossimo o lontano. E da come l’Oriente guardi da sempre all’arte europea come ad una fonte di ispirazione. La nostra epoca spesso dimentica questa millenaria storia di scambi, finendo paradossalmente per allungare le distanze, proprio in un momento storico che ci permette di accorciarle.”

Opere “site-responsive”, quelle di Guler Ates “si caricano –sottolinea Domenico Maria Papa delle qualità e dei significati dei luoghi in cui sono esposte. A differenza di una parte importante della produzione contemporanea, che spesso si astrae da un contesto per essere osservata nello spazio neutro di una galleria, la ricerca di Ates è da sempre indirizzata a cultura e storia degli ambienti ai quali si rivolge. Ogni sua opera mira, attraverso lo spiazzamento provocato dalle sue misteriose figure, a sollecitare lo spettatore, inducendolo a riconsiderare le sue abitudini percettive”. Al punto – aggiungiamo noi- di divenire parte integrante dell’ambiente che le racchiude. Un tutt’uno che pare, come tale, concepito (e non pretestuosamente annesso) fin dalle origini. Senza limiti né confini. “Shoreless”, per l’appunto.

Gianni Milani

“Shoreless”

MAO – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 6 gennaio 2020

Orari: da mart. a ven. 10/18 e sab. – dom. 11/19

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Nelle foto

– “Whirled”, 2019
– “The Shoreless Flower (II)”, 2014
– “Song”, 2019
– “Buddha and Woman in Blue ( I )”, 2019