CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 52

“Eleganza in uniforme” al Museo della Cavalleria di Pinerolo

“Un racconto di moda e storia militare”

Dal 16 giugno al 14 novembre

Pinerolo (Torino)

La location è un “unicum” nella storia d’Italia: il “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria”di Pinerolo, ospitato, in via Giolitti 5, nell’antica Caserma “Principe Amedeo” (poi intitolata al generale Dardano Fenulli) e, sicuramente, uno dei più importanti Musei d’Europa dedicati alla “Cavalleria”, istituito nella sede dell’antica (aperta da Alfonso La Marmora) “Scuola di Cavalleria”  e voluto nel 1961  dall’allora Ministro della Difesa, Giulio Andreotti, con apertura al pubblico nell’ottobre del ’68. Per tutta l’estate e l’autunno – da domenica 16 giugno fino a giovedì 14 novembre– in questi storici spazi si potrà gratuitamente esplorare la “connessione tra moda femminile e uniformi militari dal 1849 al 1943”, attraverso la mostra “Eleganza in uniforme: un racconto di moda e storia militare”, organizzata (con la curatela della storica del costume Laura Tessaris) dal “Consorzio Turistico Pinerolese e Valli”, in collaborazione con il “Comune di Pinerolo” e “Zonta Club Pinerolo”.

Complessivamente, sono una quarantina i capi esposti, ai quali si sommano cappelli, copricapi e corsetti. Obiettivo: “Esplorare – sottolinea la curatrice – non solo le trasformazioni stilistiche ma anche le storie umane che si celano dietro le vesti per un viaggio nella ‘storia del costume’, dalle frivolezze degli abiti da ballo della seconda metà dell’Ottocento al rigore dei completi femminili ispirati alle uniformi negli Anni Quaranta”. E, a leggere fra le righe, la mostra può anche indicarci “rivendicazioni” ante litteram rispetto alla già solleticante voglia di giuste e sacrosante “pari opportunità”. Pur anche nell’abbigliamento. Dicono gli organizzatori: “In un contesto tradizionalmente dominato dalla figura maschile, la mostra ridefinisce e amplia il concetto di partecipazione e contributo femminile in questi ambiti: la figura femminile è accanto alle uniformi maschili, per riconoscere il ruolo attivo e significativo delle donne nella storia della cavalleria, dedicando uno spazio significativo alle amazzoni della ‘Scuola di Cavalleria’, donne coraggiose e abili cavallerizze che hanno sfidato le convenzioni sociali del tempo per seguire la loro passione per l’equitazione e la Cavalleria”.

Chicca fra le molte, un abito da cavallerizza invernale del 1890 (con corpetto beige, gonna e finiture di lana tartan marrone) della Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio (1867-1950), pittrice e filantropa. Altro capo di notevole valore, non solo dal punto di vista stilistico ma anche da quello storico-sociale, la toga di Lidia Poet (esposta accanto a due abiti valdesi), prima avvocatessa d’Italia, protagonista di una serie Tv su “Netflix”, originaria del piccolo e vicino Comune di Perrero.

Alcuni dei capi arrivano dall’ “Archivio Aldo Passoni” di Torino, altri appartengono alla collezione unica di Alessandro Ubezio, in arte “Anti Costume”, altri ancora sono stati realizzati dalla stessa curatrice Tessaris, come elementi piacevolissimi di una “passeggiata dove i manichini paiono giocare con l’arredo”. Ecco allora un “corsetto”, realizzato proprio dalla Tessaris grazie a un modello conservato in un archivio di Londra: fedelissimo, è un modello del 1888, con fianchi alti, per andare a cavallo. E se non mancano due abiti da sposa, uno dell’austera “epoca vittoriana”, di colore nero, originale, e l’atro, sua fedele riproduzione, ma firmato da Alessandro Ubezio in bianco, lo sguardo si perde, poi, sugli abiti da sera e da giorno, come sulle giacchee sugli abiti Anni Trenta e Quaranta. Il più fotografato? Un capo blu elettrico, in chiffon e seta leggerissima drappeggiata con una piuma che gira intorno al vestito di perline.

Infine, i cappellini, con una collezione che spazia dagli Anni Venti a creazioni con velluto, pelliccia e piume. Un tocco di eleganza, accanto ad “elmi” e “copricapi” già presenti nella mostra permanente del Museo. Curiosa e saggia miscellanea di stili e costume.

Gianni Milani

“Eleganza in uniforme: un racconto di moda e storia militare”

Museo Storico dell’Arma di Cavalleria, via Giolitti 5, Pinerolo (Torino); tel. 0121/376344o www.museocavalleria.it

Dal 16 giugno al 14 novembre

Orari: mart. merc. giov. 9/12 e 13,30/16,30; domenica 10/12 e 14/18

 

Nelle foto: immagini dell’allestimento della mostra; abito di Sofia Cacherano di Bricherasio (1890); “Corsetto” su modello del 1888, conservato in un archivio di Londra

Il “Pannunzio” ricorda le vittime dei totalitarismi

 IL CENTRO CULTURALE CELEBRA IL 23 AGOSTO “GIORNATA EUROPEA DI COMMEMORAZIONE DELLE VITTIME DI TUTTI I TOTALITARISMI”

Quando l’Unione europea si è ingrandita, essa è pure culturalmente maturata. Ed è pervenuta ad una memoria del ‘900 più completa e più onesta. Risoluzione Consiglio d’Europa 2006, Dichiarazione di Praga 2008, Relazione Commissione Europea 2010, Risoluzione Parlamento europeo 19.9.2019, Appello congiunto Baltici Polonia Romania 2022 etc. Si è passati dai soli antifascismo-antinazismo (con lo stalinismo che era una parentesi, un incidente della storia), alla comprensione piena del totalitarismo. Nelle sue due forme, nero-bruno e rosso. E si è colta nel 23 agosto, firma del patto Ribbentrop – Molotov, la data cruciale e simbolica.

Un recente viaggio nei tre Paesi baltici ci conferma l’importanza di questa data.

  1. Furono le vittime, dopo la Polonia, del Patto Ribbentrop – Molotov nella sua versione aggiornata, quella dei Protocolli 28 settembre 1939.
  2. Una Resistenza partigiana antisovietica, i “Fratelli della Foresta”, le cui cifre parlano di oltre 100mila combattenti lituani, 40mila, lettoni, 30mila estoni. Impegnarono 260mila unità sovietiche. Le operazioni si protrassero per anni e furono debellati solo a metà degli anni ’50: l’Occidente, come per l’Ungheria, onorava gli impegni di Yalta, così che senza alcun aiuto militare la Resistenza fu soffocata.
  3. La deportazione: Per la sola Lituania 118mila deportati, di cui 28mila morti laggiù. Abbiamo parlato con lituani e lettoni che nei campi di lavoro ci sono nati, chi in Kazakistan, chi alla Kolyma, chi ben sopra il Circolo polare artico.
  4. l’Esodo: la fuga con imbarcazioni di fortuna, verso Svezia, Finlandia o un qualche paese occidentale, per il popolo estone raggiunse dimensioni bibliche: oltre 80mila su una popolazione di poco più di un milione, quasi uno su dieci.
  5. La Via Baltica. Non appena si allentò la morsa repressiva ( con la Perestroika) i tre popoli nella loro interezza si sollevarono e, scegliendo proprio la significativa data dei 50 anni dalla firma del Patto, il 23 agosto del 1989 attuarono la Via Baltica: da Tallin, passando per Riga, fino a Vilnius, una lunghissima, ininterrotta catena umana che si dispiegava per 680 chilometri, dove si tenevano mano nella mano più di due milioni di persone (su un totale di nemmeno nove milioni di abitanti!).
  6. Le barricate. Contro il potere sovietico nelle tre capitali furono erette barricate: a febbraio del 1991 con macigni e blocchi di cemento portati da trattori e gru, si cinsero a difesa i palazzi delle istituzioni e le torri dei centri radiotelevisivi. Le barricate durarono fino ad agosto, quando fu finalmente proclamata l’Indipendenza.
  7. E proprio sull’annullamento del patto Hitler-Stalin tale indipendenza veniva fondata, chiedendo alla comunità internazionale di riconoscere come questi tre stati, a differenza degli altri, non avessero avuto la restituzione della sovranità all’indomani della 2^ G. M.

La data del 23 agosto è il perno del glorioso triennio 1989-91, un percorso che accomuna e onora queste tre piccole, fiere nazioni.

 

VALTER LAZZARI

 

 

Cinema, musica e attività all’aperto: continuano le iniziative dei Punti estivi

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Prosegue la programmazione dei Punti estivi, iniziata a giugno con un calendario di oltre trecento appuntamenti. I dieci progetti vincitori del bando biennale promosso dall’assessorato alla Cultura della Città di Torino, attraverso la Fondazione per la Cultura Torino e grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo, offrono attività per tutte le fasce d’età, gratuite o a prezzi accessibili.

Musica classica dell’ensemble strumentale dell’Accademia del Santo Spirito classico (domenica 25 agosto ore 11).

Ancora musica, con il palinsesto di Fondazione Cantabile, negli spazi Musica alla spina in vicolo Grosso 3 e Arenamanin in via Manin 18. Venerdì 23 agosto va in scena Dentro le radici, concerto di musica che spazia dal folk, al jazz, dalla classica al cantautorato italiano e internazionale (Musica alla spina, ore 21). Sabato 24 agosto il trio di Fulvio Chiara presenta Artika (Arenamanin, ore 21). Martedì 27 agosto Simona Colonna presenta il suo progetto musicale Colonna sonora (Arenamanin, ore 21) e venerdì 30 agosto il gruppo Svoboda si esibisce in Suoni dal mondo (Musica alla spina, ore 21).

Ancora cinque appuntamenti al Polo culturale Lombroso, in via Cesare Lombroso 16, tra spettacoli musicali (Very open: Fazio, il 24 agosto alle ore 20), di improvvisazione teatrale (Impro favole, dedicato ai bambini, il 25 agosto alle 16.30; Teatro Sequenza, il 31 agosto alle 20), comicità (il 28 agosto alle 20) e stand up comedy (il 30 agosto alle 20).Chiude il mese, il 31 agosto alle ore 21 alla Casa nel Parco di via Panetti 1, la cover band dei Pink Floyd, che porta sul palcoscenico le più grandi hits della band inglese, a cura di Fondazione Mirafiori.

Piero Chiara e il cinema

“Molte volte, rivedendo uno dei film tratti dai miei libri, mi sembra di sognare. È avvenuta, nel passaggio, un’alterazione cromosomica che ha dato vita a una creatura imprevista e imprevedibile, ma non più mia”

I romanzi di Chiara sono stati fonte di ispirazione per il cinema dai primi anni ’70. Alcuni dei più famosi registi della commedia all’italiana – da Dino Risi ad Alberto Lattuada –, tra le pagine dei racconti del narratore del lago Maggiore, scavando nelle storie della “provincia”, all’ombra dei campanili e nel vociare delle osterie, sono andati a scovare i soggetti e i tipi giusti per raccontare il costume italiano. A dire il vero, Piero Chiara nutriva un atteggiamento del tutto particolare, spesso incredulo se non addirittura critico verso il cinema. Riferendosi all’adattamento dei suoi testi sul grande schermo, lo scrittore non nascondeva una vena malinconica: “Molte volte, rivedendo uno dei film tratti dai miei libri, mi sembra di sognare. È avvenuta, nel passaggio, un’alterazione cromosomica che ha dato vita a una creatura imprevista e imprevedibile, ma non più mia“. In un altra occasione, commentando la cessione dei diritti dei suoi libri per le versioni televisive o cinematografiche, appare ancora più sconsolato: “Vendere un libro al cinema è come vendere un cavallo: si può sperare che il padrone lo tratti bene, non lo sforzi, lo nutra a dovere, ma poi non si può andare a vedere come sta. Il nuovo padrone lo può anche macellare“.

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Nonostante questo scarso entusiasmo, sono stati otto, salvo errori ed omissioni, i film tratti da Piero Chiara trasferiti sullo schermo. Ai quali vanno aggiunti almeno quattro riduzioni televisive. Spesso le ambientazioni hanno visto, come scenari naturali, i due laghi Maggiore e d’Orta. Il primo film, diretto da Lattuada nel 1970, è “Venga a prendere il caffè da noi”, tratto da “La spartizione”, con uno straordinario Ugo Tognazzi nella parte del ragionier Emerenziano Paronzini. Il protagonista, in cerca di “sistemazione”, incontra le tre sorelle Tettamanzi, di ognuna delle quali “coglie” il meglio. Interamente girato a Luino, paese natale di Chiara, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, ebbe tra gli estimatori il maestro Luis Buñuel che, dopo averlo visto, scritturò l’altra protagonista, Milena Vukotic, per “Il fascino discreto della borghesia”. Un anno dopo, esce “Homo eroticus”, di Marco Vicario, con Lando Buzzanca, Rossana Podestà, Luciano Salce. La commedia di costume sceneggiata da Piero Chiara, anche interprete nel ruolo del “giudice”, riscosse un grande successo di pubblico e vide tra i protagonisti anche Nanni Svampa e Lino Patruno. “Il piatto piange” di Paolo Nuzzi (1974), è il più “felliniano” dei film tratti dai racconti di Chiara. Le interminabili partite a carte, il profumo delle donne, i sotterfugi sentimentali, gli amici, i coprifuochi dei fascisti. Le avventure del Càmola (Aldo Maccione) nella Luino degli anni ’30, venne adattato da Chiara per lo schermo insieme al regista, con Macario nei panni dello scemo del paese in una delle sue ultime apparizioni e una splendida Agostina Belli. Girato a Orta, con una incursione sopra Luino per le scene finali, è un film dove quasi si sente l’odore del lago.

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Nel 1976, firmata da Francesco Massaro, esce nelle sale “La banca di Monate”, tratto dall’omonimo racconto con Walter Chiari, Magali Noël e Vincent Gardenia, ambientato sulla sponda “magra” del Verbano venne girato ad Omegna, sul lago d’Orta. E il comune ci guadagnò la tinteggiatura del municipio che, nel film, era la sede della banca. Con la regia di Dino Risi, un anno dopo, nel 1977, ecco “La stanza del vescovo”, con Ugo Tognazzi, Ornella Muti e Patrick Dewaere. Un giovane avventuriero in barca a vela, un libertino decadente e senza scrupoli, una fanciulla sposata per procura, tutti insieme sul Lago Maggiore, tra le due sponde, le isole e i castelli di Cannero. Tratto dal romanzo omonimo, il film si presenta come un gotico d’autore che gioca sulle atmosfere lacustri più inquietanti. Tre anni dopo è la volta de “Il cappotto di Astrakan”, per la regia di Marco Vicario con Johnny Dorelli, Carole Bouquet e Andréa Ferréol. Da Luino a Parigi, ospite dell’ambigua madame Lenormand (Andréa Ferréol) e innamorato di Valentine (Carole Bouquet), quella di Piero (Johnny Dorelli) è un’odissea surreale perché le due donne sono rispettivamente moglie e amante del suo sosia Maurice, temutissimo rapinatore che ama indossare un cappotto di astrakan. Il regista sfrutta in questo caso il tema del doppio così caro alla commedia italiana, sfruttando il composito cast internazionale. Con Nanni Svampa tra i protagonisti, è stato uno dei film che hanno incassato di più tra quelli tratti dai romanzi di Chiara. Devono passare quasi 35 anni per vedere nei cinema ( nell’aprile 2014 ) un film tratto da un racconto di Piero Chiara : è “Il Pretore “, diretto da Giulio Base e interpretato da Francesco Pannofino, trasposizione cinematografica di un racconto breve –Il pretore di Cuvio –pubblicato da Mondadori nel 1973, che divenne uno dei migliori successi dello scrittore luinese. Detto dei film, occorre anche menzionare gli sceneggiati per la tv, a partire da “I giovedì della signora Giulia” del 1970, diretto da Massimo Scaglione con un grande Claudio Gora, tratto dal romanzo di Chiara. Nel 1975 lo scrittore collabora alla realizzazione dello sceneggiato Rai “Un uomo curioso”, con Gabriele Ferzetti nella parte del protagonista, tratto dal suo racconto “L’uovo al cianuro” e ambientato sul lago Maggiore. Un altro film per la tv è “Il balordo”, uno sceneggiato di Pino Passalacqua del 1978, girato a Orta con un grande Tino Buazzelli e una straordinaria interpretazione ( nei panni del “ginetta”) di un giovane Teo Teocoli. Infine, la passione per il nobile veneziano Giacomo Casanova, spinge Piero Chiara a sceneggiare per Pasquale Festa Campanile il film per la Rai intitolato “ Il ritorno di Casanova” nel 1980, con Giulio Bosetti. Le storie di Piero Chiara, anche attraverso film e sceneggiati, sono arrivate così al grande pubblico. E con essere la “provincia” profonda, i laghi, i piccoli paesi. Insomma, quell’Italia “minore” che in realtà è il volto del paese vero.

Marco Travaglini

Žute dunje, la gialla cotogna di Istanbul

Ma voi che ne sapete dell’amore? […] della passione che il mondo consuma?” Con questo incipit il lettore è invitato al racconto di un amore struggente e tumultuoso, nato dall’altra parte dell’Adriatico, in Bosnia, “la terra dei lunghi amori e dei lunghi rancori”; una storia di amore e di morte affidata alla potenza della narrazione orale sino a raggiungere Paolo Rumiz che decise di scriverla, scegliendo la forma dell’endecasillabo.

La cotogna di Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna” è un libro importante e bello dove il racconto si snoda come un lungo, magico e dolente poema di paesaggi, donne, passioni, città e morte. Protagonisti di questo romanzo in versi sono Max, un ingegnere austriaco, e Maša Dizdarević, donna bosniaca  austera e bellissima, con un passato intriso dalla storia del suo paese. In una fredda notte d’inverno a Sarajevo con la neve che turbina nel vento, Maša “viso da tartara, femori lunghi e occhi come grani di uva nera” canta a Max  una sevdalinka, antica canzone d’amore di quelle terre:“Žute dunje”, la gialla cotogna di Istanbul. Sulle note di questa malinconica melodia che narra di due giovani amanti e di un destino a loro avverso, scaturisce un legame profondo e indissolubile. Scrive il giornalista-narratore triestino: “Cantò nella sua lingua la struggente / tristezza dei distacchi che i balcanici / adorano ogni tanto condividere / con chi accetta di bere assieme a loro. / C’era un lamento, spesso ripetuto, / nella canzone, ed era lo stesso / che lui aveva sentito anni prima / sotto le muraglie di Diyarbakir…”. Paolo Rumiz non solo incanta ma riesce a far innamorare il lettore di tutti quei luoghi che fanno da sfondo alla narrazione: i Balcani, terra devastata dagli orrori della guerra; l’austera e asburgica Vienna, il Danubio che scorre entro i confini di dieci paesi e infine Sarajevo , la città che contiene tutte le altre da Trieste a Istanbul. Il suo linguaggio ricercato ed elegante descrive non solo i luoghi ma anche tradizioni,riti, odori e profumi di quell’angolo d’Europa nato dall’incontro tra l’oriente e l’occidente. Nella bella Dizdarević si racchiude il mistero di quei luoghi (“Disse Maša: ‘Ancora qui si celebra / la vittoria del luogo sulle stirpi”); con lei arriva il racconto della forza di un amore inamovibile, ampio, tremendamente calato nella cruda realtà ma allo stesso tempo puro e ancestrale. Tra i luoghi emerge potente l’immagine di Sarajevo, serraglio per carovane, “femmina inerme in mezzo a maschi assetati di stupro”. Lì si trova l’orizzonte dove si incontrano Masa e Max alla fine del confitto. Basterà una cena, un timballo di carne e l’aroma del caffè per stregare il viennese in quell’ impasto balcanico “fatto di sangue e miele” che accendere la fantasia e le passioni. Il resto lo faranno una bottiglia di vodka gelata e  Maša che canta con cuore ardente per lui la canzone della cotogna d’Istanbul, dei due amanti in lotta col destino e contro la malattia della donna, la cui cura viene affidata proprio a quel miracoloso frutto giallo (“nasconde in sé anche il fiore”) che però arriverà tardi, troppo tardi. La scrittura di Rumiz ha una potenza evocativa incredibile, quasi sprigionasse un’energia e una profondità sconosciute: non è solo scrittura o lettera ma soprattutto voce, parola, narrazione e ascolto. Ed è una fortuna perché altrimenti saremmo costretti ad associarci al rimpianto di Max: “..che povero mondo è questo che ha perso il gusto delle storie da ascoltare”.

Marco Travaglini

 

Visite al Castello di Marchieru’

Domenica 25 agosto riprendono gli appuntamenti previsti dal Calendario 2024 con l’apertura di cancelli     e portoni di castelli, palazzi ed antiche ville private normalmente non aperti al pubblico,                      aderenti all ’ Itinerario Dimore Storiche del Pinerolese, officiato dall’ ADSI                                                             ( Associazione Dimore Storiche Italiane) ed  inserito nel circuito “Castelli e Dimore Storiche ” di TurismoTorino e Provincia

CASTELLO DI MARCHIERU( Villafranca Piemonte * via S.Giovanni 77)

Visite guidate al parco, alla cappella gentilizia, alle scuderie settecentesche ed alle sale ammobiliate del Gli stessi proprietari, discendenti dai primi feudatari del 1220,accompagneranno gli ospiti facendo rivivere con oggetti, reperti e documenti storici originali, la vita, gli usi ed i costumi di una Dimora nobiliare dell’epoca.  

( visite ore 10/11*15/16/17 )

adulti € 8 * bimbi gratis fino a 10 anni*      

Prenotazione obbligatoria al 3394105153 /3480468636 * segreteria@castellodimarchieru.it  

Barola al Palazzo Paleologo di Trino

Si inaugurerà il 22 Agosto, ore 18,  a Trino presso il Palazzo Paleologo la mostra di Pio Carlo Barola. Barola si è diplomato in Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino sotto la guida del maestro Piero Martina e in Incisione con Francesco Franco e Vincenzo Gatti. Ha insegnato “Discipline Pittoriche” presso il Liceo Artistico “Luigi Canina” di Casale Monferrato e in seguito “Disegno Grafico Pubblicitario” e Discipline Pittoriche” al Liceo Artistico “Angelo Morbelli” dell’Istituto Superiore Statale “Leardi”. Verranno esposte trenta opere pittoriche e 20 opere grafiche realizzate soprattutto in linoleografia tra gli anni ’80 e ’90. Il critico Aldo Spinardi così scriveva nel 1978: “Anche i paesaggi di Pio Carlo Barola sembrano costituiti da onde successive e così i laghi, le colline, i cieli che si chiudono all’orizzonte. Ma non è facile scoprire paesaggi senza il suo fiore preferito, la rosa, senza gli spiritelli verdi che sembrano voler abbandonare la terra per salire verso il cielo, senza le sue fanciulle, che con le loro zone soleggiate, luminose e le zone più scure, ombreggiate, richiamano il profilo delle colline: la terra è madre, su di essa si riflettono i raggi del sole, su di essa cadono le ombre, ora a significare la pace di cui hanno bisogno gli uomini, ora a suggerire un desiderio di intimità.

Rai: Sanremo, il Regolamento del 75° Festival

 

 

Carlo Conti, nella sua qualità di direttore artistico e conduttore, ricomincia da quattro dopo i suoi 3 Festival vincenti (edizioni 2015/2016/2017).

Il Regolamento della 75ª edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo – che andrà in onda, in diretta su Rai 1, dall’11 al 15 febbraio 2025 – è da oggi on line.

 

Queste le principali novità del Festival targato Conti:

  • il ritorno delle Nuove Proposte: 4 artisti in gara che si contenderanno il titolo;
  • 24 il numero dei Big;
  • le votazioni della serata delle “Cover” (in cui i Campioni in gara saranno chiamati a re-interpretare un brano scelto dal repertorio italiano o internazionale) non influiranno sulla vittoria finale del Festival, determinando solo la Cover vincitrice;
  • nella serata finale, quando si riapriranno le votazioni sui 5 finalisti, non saranno azzerati i voti ottenuti dai 5 cantanti fino a quel momento, ma l’ultima sessione di voti andrà ad aggiungersi a quelli ottenuti durante le serate precedenti (esclusa solo la serata Cover);
  •  confermata la Giuria delle Radio.

 

Passando all’analisi delle singole serate, nella prima (il martedì) si esibiranno i 24 Campioni in gara e le canzoni verranno votate dalla Giuria della Sala Stampa, Tv e Web.

 

Durante la seconda serata (il mercoledì) si esibiranno 12 Campioni, che saranno votati dal pubblico – attraverso il Televoto – e dalla Giuria delle Radio, ciascuno con un peso pari al 50%.

Per le Nuove Proposte, si affronteranno 2 artisti in una prima semifinale, giudicati invece dal pubblico con il Televoto, dalla Giuria della Sala Stampa, Tv e Web e dalla Giuria delle Radio, determinando così il primo finalista.

 

Identico il meccanismo e lo svolgimento della terza serata (il giovedì), in cui avrà luogo anche la seconda semifinale tra le altre 2 Nuove Proposte, individuando così il secondo “giovane finalista”.

 

La quarta serata (il venerdì) sarà dedicata alle “Cover”: i cantanti in gara, affiancati da un artista Ospite, re-interpreteranno una canzone edita, tratta dal repertorio italiano ed internazionale.

Le cover saranno valutate da tutte e tre le giurie: Televoto del pubblico, Giuria della Sala Stampa, Tv e Web e Giuria delle Radio. I tre sistemi di votazione avranno un peso percentuale rispettivamente del 34, 33 e 33%, dando luogo ad una autonoma classifica di Serata dei 24 Artisti. Il primo classificato sarà il vincitore della Serata delle Cover.

Sempre nella quarta serata, si svolgerà la finale per la categoria Nuove Proposte fra i due contendenti qualificatisi nelle serate precedenti. Le 2 canzoni/artisti saranno votate dal pubblico con il Televoto, dalla Giuria della Sala Stampa, Tv e Web e dalla Giuria delle Radio, sempre con peso rispettivamente del 34, 33 e 33% sul risultato complessivo della votazione.

 

Nella finalissima della quinta serata (il sabato) verranno dapprima eseguite nuovamente le 24 canzoni in gara, che saranno votate dalle 3 Giurie ancora una volta con un peso di Televoto 34%, Giuria della Sala Stampa, Tv e Web 33 e Giuria delle Radio 33%.

 

Il risultato di questa votazione sarà sommato a quello delle votazioni nella Prima Serata e al risultato congiunto delle votazioni nella Seconda e Terza Serata, al fine di determinare una media percentuale delle votazioni e quindi una classifica delle 24 canzoni/Artisti in gara.

Le canzoni/Artisti nelle prime 5 posizioni in classifica verranno comunicate senza ordine di piazzamento.

Dopodiché, riproposizione delle 5 canzoni finaliste e nuova votazione – con stesse modalità per le tre Giurie. Il risultato di questa nuova votazione in Serata sarà sommato al risultato complessivo delle precedenti votazioni (Prima Serata, Seconda e Terza Serata, Quinta Serata), così come risultante nella classifica generale parziale stilata in Serata, al fine di determinare una nuova media percentuale delle votazioni riferite alle 5 canzoni/Artisti e quindi una classifica finale delle stesse 5 canzoni/Artisti, così da incoronare il vincitore della 75ª edizione del Festival della Canzone Italiana.

 

Queste alcune delle più rilevanti novità del regolamento di Carlo Conti, che non cambia la sua filosofia: la musica, le canzoni al centro dello spettacolo e la ricerca di talenti, in un dinamico e divertente show televisivo.

 

Lo slogan dei festival di Carlo resta lo stesso: TUTTI CANTANO SANREMO!

I piloni della tangenziale diventano opere d’arte

In strada Crosassa nella periferia di Bra il cemento fa da tela all’arte.

L’arte di strada e’ uno strumento molto potente capace di trasformare aree grigie o degradate in musei en plein air. Le opere dipinte, perlopiu’ su muri o su strutture edificate in cemento come in questo caso, non sono solo “tele” colorate che migliorano e valorizzano una parete, ma sono veicoli moderni di diffusione che rivestono una vera e propria funzione sociale. Come abbiamo gia’ visto in precedenza alcuni di questi urlano terribili ingiustizie, riportano alla mente tragedie e affrontano importanti temi che riguardano tutti noi. Non c’ e’ solo la volonta’ , quindi, di rendere piu’ bello un muro di squallido gesso, non e’ solo una vocazione estetica, dietro alla maggior parte delle opere di street art c’e’ un pensiero, un obiettivo e una comunicazione energica che vuole scuotere le coscienze.

In Piemonte e precisamente sulla strada che porta da Bra a Bandito attraversata in un tratto dal cavalcavia dell’autostrada, dei freddissimi e asettici piloni sono stati trasformati in opere d’arte. Giovanni Botta, pittore braidese famoso per i suoi dipinti urbani a cielo aperto, ha voluto donare a quei pilastri un po’ di vita, li ha voluti rendere “parlanti” con le sfumature dell’arte, ma anche con considerazioni e insegnamenti impressi sui colori ; ogni opera, infatti, e’ accompagnata da uno scritto che vuole dare un preciso messaggio e fare di quei sostegni portanti un mezzo divulgativo. Tra i tanti testi spicca quello di Falcone: “Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili”.

Questa vivace iniziativa, ancora in progress, vede dipinti diversi personaggi carismatici tra cui Papa Francesco, Borsellino e Falcone, Madre Teresa di Calcutta, Sandro Pertini, Anna Frank, Chiara Lubich, Martin Luther King e Nelson Mandela, ma riproduce anche quadri famosi come la Gioconda o parti della Cappella Sistina dipinte da Michelangelo; tutti i volti ritratti hanno il viso attraversato dalle lacrime e questo crea oltre allo stupore una grande spinta emotiva sul visitatore indotto ulteriormente alla riflessione.

Ancora una volta la street art cambia uno scenario, converte uno spazio impersonale in una creazione piena di significato, spinge a fermarsi, non solo per ammirare l’opera in se’, ma anche per meditare su eventi ed argomenti di interesse collettivo. Questa arte sotto il cielo di tutti e’ un abile strumento per rilanciare intere aree e coinvolgere attivamente le persone, rappresenta un bene comune accessibile, gratuito e generoso.

MARIA LA BARBERA

“Mi ha cercato un fantasma”

Il coinvolgente e appassionato romanzo storico di Paola Prunas Tola Filippi di Baldissero

Una lettera rimasta tra le pagine di un libro cade leggera come una piuma, una magica coincidenza che suscita curiosità e voglia di approfondire la storia della propria famiglia; il desiderio di conoscere, assecondando una passione nata quando l’autrice era ancora una bambina,  la biografia e le vicende di Maria Filippi di BaldisseroPrima Dama di Maria Teresa di Toscana, principessa di Carignano.

Quasi a rispondere ad una richiesta di aiuto di Maria, per non far fuggire una donna già fuggita e sepolta dalle convenzioniPaola Prunas Tola dà vita a questo incantevole romanzo; racconta di un importante periodo storico del nostro paese, rievocando momenti rilevanti della nostra monarchia, e della vita di questa intraprendente donna appartenente ad un Piemonte d’altri tempi. Ugualmente evidenzia come alcune problematiche del tempo, il rammarico della difficile decisione tra famiglia e professione, tra moglie e dama per esempio, dubbio arduo e frequente di una vita tutta al femminile, siano decisamente attuali.

Il racconto comincia nel 1834 con il viaggio della protagonista da Vienna a  Mosca, un percorso durante il quale ricordi  e nuove avventure si alternano, che la porterà verso una nuova vita in Russia, dal suo Serge . Lungo l’itinerario, verso l’ignoto, la dama ripensa a ciò che è stato, mette in ordine i ricordi della sua infanzia e del suo matrimonio, ricostruisce la storia della sua famiglia e degli avi di suo marito, i Filippi, “una nobile famiglia molto più antica della mia”, parla delle sue case e della vita di corte, sfarzosa certo, ma fatta anche di ordinaria solitudine . Nel libro,  oltre ad eventi storici conosciuti arricchiti con particolari meno noti, si rivelano appassionanti dettagli che trasformano un convenzionale momento di lettura in un interessante viaggio in un mondo affascinante che da sempre seduce e incanta: i reali, loro vita, le loro abitudini, le gioie, la magnificenza, ma anche le loro fragilità – come le marachelle del principe Carlo Alberto -riportandoli decisamente più vicino al nostro mondo, fatto di terrena normalità, rendendoli dunque comuni esseri umani.

 

Originale e suggestivo è il dialogo immaginario tra l’autrice Paola e la protagonista Maria, che sospende piacevolmente il ritmo del racconto riportandoci al presente: “io non la pensavo così, come so, cara Paola, che non lo pensi neanche tu”, parlando delle sue scelte in controtendenza, oppure “…lo sai, cara bisnipote Paola, i miei carichi non erano tanto diversi dai tuoi di adesso”riferendosi al matrimonio. Di indiscusso interesse e rilevanza storica  le immagini delle residenze, gli stemmi e i ritratti di famiglia, i documenti, le poesie, i conferimenti militari e persino la famosa Convenzione di Armistizio tra l’esercito sardo e quello austriaco.

Un libro intenso dunque, dove storia e fantasia si intrecciano riportando in vita, attraverso indagini storiche e scambi epistolaririnvenuti nell’archivio di famiglia del Castello di Marchierù, le memorie di una donna, di un personaggio, come dice Paola PrunasTola, intrigante e quanto mai moderno.

Maria La Barbera