CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 51

Orchestra sinfonica nazionale Rai: le molte vite dell’auditorium

/

TORINO CITTA’ DELLA RADIO E DELLA TELEVISIONE / 1

Sta volgendo al termine la stagione 2024/2025 dell’Auditorium di Torino, che è stata ricca di concerti sold out e grandi serate all’insegna della musica. Dal tradizionale concerto di Natale alle serate di Rai NuovaMusica, il programma variegato di Rai Orchestra ha conquistato, anche quest’anno, il pubblico nazionale e non solo.

Anche se la musica è considerata l’arte del tempo per antonomasia, ha comunque bisogno di uno spazio all’altezza che le permetta di essere composta e suonata.

L’Auditorium Arturo Toscanini è, da più di un secolo, il punto di riferimento dell’arte teatrale e musicale del capoluogo piemontese. Lo è stato durante gli anni della monarchia, durante e dopo le guerre mondiali, e continua ad esserlo tutt’oggi, sotto la linea guida di Rai Cultura.

Quando si varcano le porte dell’Auditorium di Torino, si percepisce immediatamente che si tratta di un luogo strabordante di storia e racconti dal passato.

Gran parte della struttura attuale è risultato della grande opera di Carlo Mollino, architetto torinese che ha progettato anche il palazzo della Camera di Commercio in via San Francesco da Paola ed ha partecipato alla realizzazione del nuovo Teatro Regio, inaugurato nel 1973.

Quando si entra nel foyer si è accolti da uno spazio ampio, che mescola materiali e geometrie in teoria in contrasto tra loro, ma che, in realtà, sono perfettamente armonizzate. Il marmo di Carrara marrone scuro del pavimento riprende quello del parapetto della scala che collega il piano terra con la balconata del piano superiore, molto più chiaro, con tonalità del bianco. Oltre al marmo, il lato esterno del parapetto è arricchito da un mosaico delicato color panna e oro, lo stesso delle colonne che scandiscono lo spazio del foyer. Un dettaglio che a molti può sfuggire è la quasi totale assenza di angoli acuti: Mollino ha, infatti, cercato l’armonia e la morbidezza in ogni spigolo. Dalle colonne al design della balconata, ogni possibile incontro tra i vettori è stato smussato, riprendendo la sinuosità del marmo e, ovviamente, della musica.

Non c’è dubbio che gli ossimori visivi e percettivi siano ciò che rende questa architettura così interessante nel suo genere: la durezza del marmo si confronta con la fragilità del vetro di Murano del lampadario imperiale, così come la completezza delle colonne si compone dei frammenti del mosaico.

Nel 2006 si conclude l’ultima restaurazione ad opera dell’architetto Camerana, necessaria in quanto l’Auditorium di Via Toscanini non risultava adatto per accogliere la neo-nata orchestra nazionale, frutto dell’unione di quelle di Torino, Milano, Roma e Napoli nel 1993. Durante gli anni del restauro l’Orchestra fu momentaneamente spostata all’Auditorium Giovanni Agnelli al Lingotto. E’ proprio nel 2007 che l’Auditorium viene intitolato ad Arturo Toscanini, direttore d’orchestra di fama internazionale scomparso nel 1957.

LE TANTE VITE DELL’AUDITORIUM

Prima di diventare la casa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale, l’Auditorium è stato un teatro lirico, ed addirittura un circo equestre.

La sua storia risale al 1856, durante la sovranità di Vittorio Emanuele II, re del Regno di Sardegna. Durante quegli anni, sorgevano in Europa i circhi stabili, che accoglievano spettacoli equestri a cui assisteva l’alta borghesia. Tali circhi erano costituiti da un’arena circolare di circa 14 metri di diametro circondata da gradinate, dalle scuderie e dai locali destinati al pubblico come i vestiboli, i palchi e le gallerie.

Il circo dell’attuale Via Rossini nasce in seguito alla scadenza della privativa che il sovrano aveva concesso al circo Sales, il primo della città, che però dopo vent’anni risultava inadatto ad accogliere una popolazione che da inizio secolo era salita dai sessantaseimila ai centottantamila abitanti.

Questo spiega anche come mai il foyer che è oggi il nostro ingresso per il teatro fosse in origine l’entrata per le carrozze del re. Quello che è oggi il parcheggio, un tempo era l’entrata che comodamente collegava i giardini del Re – e quindi la residenza di Piazza Castello – al circo stabile. Solitamente, infatti, la corretta entrata del pubblico dovrebbe avvenire dal lato opposto a quello del parco, come avveniva in origine, da Via Rossini, e non lateralmente, come facciamo noi oggi quando andiamo ad assistere ad uno dei concerti della stagione.

Tuttavia, il ruolo di circo equestre è stato presto scavalcato da quello di teatro di opere in musica e balli già nel 1869.

Come è ben noto, questi furono degli anni di profonda trasformazione per l’Italia, che nel 1861 si unisce in un unico Regno.

La prima restaurazione del Teatro Vittorio avviene solo nel 1901, quando il conte ingegnere Vandone di Cortemilia rinnova architettonicamente l’intero edificio. L’Auditorium inizia ad assumere le sembianze del teatro che conosciamo noi oggi: furono eliminate le entrate per i cavalli, si sostituì la luce a gas con quella elettrica, si inserirono la biglietteria e il guardaroba, così come i locali di servizio e la zona ristoro, il cui bancone è ancora visibile sulla balconata. I lavori di restaurazione terminarono definitivamente nel 1926: il teatro era stato rinnovato completamente nel suo aspetto e nella sua struttura. Ora è più moderno, ottimizzato negli spazi e nei servizi, con un’estetica più pulita e funzionale.

Infine, nel 1952, il Teatro Vittorio diventa una delle sedi di registrazione radiofonica della RAI e acquista il ruolo che ha oggi.

Come si è dimostrato da questo breve viaggio nella storia del tanto amato Auditorium Rai di Torino, questo teatro ha un passato invidiabile che traspare ancora vividamente dalle sue mura. L’edificio di Via Rossini è una testimonianza viva del passato del nostro Paese, che ha affrontato monarchie, Guerre Mondiali, rivoluzioni tecnico-industriali ed ora cerca di stare al passo con il futuro, che è già qui.

Da più di trent’anni l’Auditorium Rai è la casa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai che, da ottobre a giugno, porta sul palco numeri musicali internazionali suonati dai migliori musicisti.

A pochissimi appuntamenti dalla conclusione della stagione, potete scoprire gli imperdibili concerti sul programma ufficiale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale.

Beatrice Pezzella

Foto: PiùLuce Orchestra Rai

“Tutta l’Italia” per Gabry Ponte: il dj torinese in finale a Eurovision

Il torinese Gabry Ponte con “Tutta L’Italia” passa alla finale dell’Eurovision Song Contest 2025 in rappresentanza della Repubblica di San Marino. Ieri sera, in Svizzera, alla St.Jakobshalle di Basilea si è svolta la prima semifinale della oramai seguitissima manifestazione europea, ovvero il vecchio Eurofestival, una volta lo chiamavamo così, che ha visto sul podio ben tre volte l’Italia nel corso delle sue 68 edizioni (con Gigliola Cinquetti nel 1964, Toto Cutugno nel 1990 e con i Maneskin nel 2021). L’Italia quest’anno è rappresentata da Lucio Corsi che ieri sera si è esibito con il brano “Volevo essere un duro”, e pure con i sottotitoli in inglese, ma non ancora in gara perché il nostro paese come altre quattro nazioni, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e la Spagna accedono da anni direttamente alla finale, essendo le “Top five”, ovvero le nazioni fondatrici dell’Ebu, l’Unione Europea di Radiodiffusione che sovraintende dal 1956 la manifestazione.

Oltre a San Marino hanno passato il turno e si sono aggiudicate il passaggio alla finale di sabato sera: l’Albania, l’Estonia con l’ “Espresso macchiato” di Tommy Cash che non ha però portato sul palco come promesso le “nonnine di Ostuni”, le quali sempre ieri comunque si sono esibite nella “Città bianca” nel corso della tappa del Giro d’Italia”. E poi ancora: l’Ucraina, la Norvegia, la Polonia, la Svezia, il Portogallo e l’Olanda che per la prima volta ha presentato all’Eurovision un brano in lingua francese.

La finale di sabato 17 maggio, sempre in diretta da Basilea, per la terza volta in Svizzera dopo la prima edizione del 1956 e quella del 1989 svoltasi nella Confederazione Elvetica, perché l’anno prima aveva vinto il concorso eurovisivo con la canadese Céline Dion che ieri sera è stata omaggiata e l’abbiamo potuta vedere ed ascoltare nel corso di un videomessaggio, sarà presentata da Michelle Hunziker. Affiancherà le due presentatrici delle due semifinali, la prossima giovedì, Hazel Brugger e Sandra Studer che partecipò all’edizione italiana del 1990 svoltasi a Roma a Cinecittà cantando in gara nella nostra lingua.

Igino Macagno

Il trono del Palazzo Reale di Napoli esposto alla Reggia di Venaria

Dal 13 maggio all’autunno 2025

L’esposizione temporanea alla Reggia di Venaria del prezioso trono del Palazzo Reale di Napoli è frutto della collaborazione tra il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, il Palazzo Reale di Napoli e il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale che ne ha realizzato il restauro.

L’intera operazione, resa possibile dal contributo di Intesa Sanpaolo, costituisce un ulteriore tassello del metaforico viaggio nelle regalità italiane intrapreso da tempo dalla stessa Reggia con numerose mostre, convegni e pubblicazioni.

Gli interventi di restauro e approfondite ricerche sull’opera hanno comportato importanti conoscenze inedite come la scoperta che si tratti di un trono sabaudo e non borbonico (come a lungo erroneamente creduto), aggiungendo così un ulteriore senso alla presenza del trono nelle auliche sale di parata della Reggia. Un rapporto – quello fra Torino e Napoli – in linea col ruolo delle due antiche capitali e delle strette relazioni culturali che esse ebbero. Rapporti rinnovati oggi dalle collaborazioni fra i palazzi di Venaria e Napoli, entrambi membri dell’Associazione delle Residenze Reali Europee.

La presentazione del restauro alla Reggia di Venaria costituisce una significativa preview della XX edizione di Restituzioni, una delle più importanti iniziative del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo a sostegno della tutela e della valorizzazione del patrimonio artistico italiano, che si terrà a Roma il prossimo autunno presso il Palazzo delle Esposizioni.

Il restauro

Il restauro del trono, eseguito dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, ha permesso, sulla base dei risultati emersi da specifiche analisi scientifiche, di riconsegnare lo straordinario arredo completamente restaurato nella struttura lignea scolpita e dorata e rinnovato per quanto riguarda la parte tessile e la passamaneria.

Buona parte della pulitura superficiale è stata condotta con l’utilizzo del laser, che ha consentito alla sottile lamina metallica dorata di ritrovare una perduta e inaspettata luminosità; a ciò è seguito un lungo intervento di consolidamento delle aree decoese e un’attenta riequilibratura cromatica, a garanzia di una piena godibilità estetica.

Dove

“La bianca signora” di Paolo Catalano al MIIT per il Salone OFF

Presentazione al Museo MIIT, nell’ambito del Salone del Libro OFF, sabato 17 maggio, alle 18.30, dell’opera

Nell’ambito della programmazione del Salone Internazionale del Libro OFF,  il Museo MIIT, diretto da Guido Folco, presenterà sabato 17 maggio prossimo, alle ore 18.30, l’incontro sul volume “La bianca signora” di Paolo Catalano, edito dal Gruppo Albatros Il Filo. Modererà l’evento la giornalista Mara Martellotta.

“Una brillante commedia in cui a fare da vero protagonista è l’equivoco e ciò che innesca. Tutto accade in un solo giorno: uno scrivano inizia a lavorare per un nuovo padrone e così incontra, tra i clienti, un uomo geloso e insospettito che vuole mettere alla prova la virtù della sua fidanzata, facendole recapitare una lettera d’amore da un finto spasimante che chiede d’incontrarla. Se la donna accetterà l’appuntamento, l’uomo capirà di essere stato tradito, altrimenti tutto filerà liscio. Il piano sembra semplice e fattibile, ma troppi equivoci e malintesi si metteranno in mezzo a complicare le cose. L’azione teatrale domina le scene, in un gioco di equilibri i personaggi acquistano corpo e profondità, così che il lettore possa  immaginare ogni scena della commedia ed entrare nel vivo della storia, in cui l’apparenza dei fatti e la realtà si scontrano in un conflitto senza soluzione”.

Museo MIIT – corso Cairoli 4, Torino

Info: 011 8129776 – www.museomiit.it

Gian Giacomo Della Porta

Arte e sacro, la chiesa di San Dalmazzo a Torino

In centro citta’ un gioiello molto antico

Dopo un lungo periodo di chiusura, e’ di nuovo possibile visitare la chiesa di San Dalmazzo, situata tra via Garibaldi, una volta via Dora Grossa, e via delle Orfane.

Costruita nel lontano 1271 e destinata all’assistenza dei pellegrini e alla cura degli infermi, nel tempo la sua struttura subi’ un consistente deterioramento e fu cosi’ che nel 1573, periodo in cui fu affidata ai frati Barnabiti, si decise per una riedificazione. Qualche anno dopo per volere del cardinale Gerolamo della Rovere fu nuovamente restaurata e decorata, anche grazie alle numerose donazioni dei Savoia mentre alla fine dell’800 furono ripresi ulteriormente i lavori che la riportarono al suo stile originario. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu bombardata riportando seri danni al tetto e agli infissi, il suo ultimo restauro risale al 1959.

L’esterno e’ l’unica parte rimasta in stile Barocco con i suoi pilastri di ordine corinzio, i finestroni da cui entra la luce e un timpano semicircolare che avvolge un prezioso affresco. La chiesa, di medie dimensioni, trova la sua bellezza, oltre che nei suoi sorprendenti interni in stile neogotico che catturano subito l’occhio del visitatore, ma anche nella superficie proporzionata che la rende accogliente e affascinante.

Al suo interno lo sfondo e’ quello tipico dello stile gotico caratterizzato dallo slancio verticale, da vetrate colorate, da stucchi, dipinti neo-bizantini di Enrico Reffo e dorature. L’elemento che attira legittimamente l’attenzione e’ la fonte battesimale originale ereditata dalla vecchia chiesa di San Dalmazzo Martire. La struttura e’ a tre navate decorate da edicole, il bellissimo pulpito incorniciato da mosaici e il ciborio a baldacchino.

Spesso la chiesa di San Dalmazzo si fa scenario di concerti di musica, dal gospel alla musica da camera, il prossimo appuntamento? Domenica 15 Dicembre 2024 ore 17:00 TORINO CHAMBER MUSIC FESTIVAL, vibrazioni all’interno di un contesto suggestivo e incantevole.

Per informazioni sugli eventi

www.diocesi.torino.it

Maria La Barbera

Ettore Canepa: saggista, giornalista e scrittore

RITRATTI TORINESI 

Ettore Canepa (1950), saggista, giornalista e scrittore, noto per aver curato l’introduzione de “La Ballata del Vecchio Marinaio”(Feltrinelli, 1994) e pubblicato, tra gli altri, “Il fiume sacro – dieci anni nella poesia di Roberto Mussapi, 1990-2000”(Le Lettere, 2010), “Rimandi danteschi nella poesia di Roberto Mussapi”(2016) sulla rivista Otto/Novecento e “La caduta di Eva nel Paradise Lost di John Milton rivissuta nella Digitale purpurea di Giovanni Pascoli”, nel 2019, è autore del romanzo “Nella foresta di stelle”(Algra, 2022) e del più recente “Per l’alto mare aperto – Nei mari dell’immaginazione: Coleridge, Carlyle, Melville, Fenoglio, Mussapi” (Moretti&Vitali, 2024).

Ettore Canepa ci ha svelato alcuni aspetti della sua attività letteraria.

“All’Università Di Torino mi sono laureato in Estetica con Luigi Pareyson, Gianni Vattimo e Sergio Givone – ha raccontato Ettore Canepa – ognuno dei quali è stato fondamentale per la mia formazione, basata su un approccio ermeneutico. Ho presentato una tesi su Coleridge e sulla letteratura anglosassone, fonti di ispirazione durante tutto il mio percorso di saggista e scrittore”.

“Uno dei grandi temi che ho approfondito e sviluppato nel tempo riguarda quella sorta di atmosfera esoterica che domina nella provincia di Cuneo, declinata attraverso le opere d’avventura tipiche, tra l’altro, di molti scrittori angloamericani – continua Ettore Canepa – La ricerca di un senso che possa riempire la vita di contenuto e significato è uno tra i grandi temi contemporanei alla base della mia ultima opera ‘Per l’alto mare aperto – Nei mari dell’immaginazione: Coleridge, Carlyle, Melville, Fenoglio, Mussapi’. Forse, in una società che sta velocemente mutando e che soffre di una perdita di contenuti, tornare a questi grandi autori e perdersi nel mare dell’immaginazione può aiutarci a mantenere una rotta. In questa mia opera, già pubblicata da Jaca Book nel 1991 e che è uscita in un’edizione aggiornata alla fine del 2024, cerco di dimostrare filologicamente quanto la ricorrente immaginazione sia rappresentata dalla metafora del mare, luogo estremo della ricerca metafisica, come riscontriamo nel Moby Dick di Melville, un trattato sapienziale e libro sacro che, grazie ad Achab e alla sua volontà di fare naufragio cercando di uccidere la balena bianca, ci consegna l’idea di un’immaginazione che, se da una parte può essere profetica, dall’altra è anche portatrice di delirio.

Le mie origini cuneesi e quell’atmosfera che pervade la mia terra, di cui parlavo pocanzi (perché è proprio vero che, osservate da Cuneo, le Langhe assomigliano a un mare azzurro), mi hanno portato ad approfondire quel ‘romanzo oceanico’ di Beppe Fenoglio che è ‘Il partigiano Johnny’, in cui, attraverso almeno sessanta metafore, lo scrittore langarolo ci consegna un’immagine della sua terra come immersa nel mare”.

“In quest’ultima edizione di ‘Per l’alto mare aperto’ – conclude Ettore Canepa – ho voluto inserire l’opera ‘Antartide’ del poeta Roberto Mussapi. Mi legano a lui, oltre all’amicizia e alla stima che risalgono ai tempi della nostra giovinezza, molti parallelismi nati negli anni tra il mio lavoro critico e il suo di poeta. Ritengo che questi temi di cui ho parlato nell’intervista siano basilari nella formazione di Mussapi. Egli è riuscito a estrapolarli e a portarli nella letteratura contemporanea, rendendo universale e comune il concetto di ‘potenza eroica’, declinandola ‘nella sua normale umanità’”.

Mara Martellotta

 

 

 

***

“Tour Cesare Pavese”: sette presentazioni de “Il mestiere di vivere”

Anche il cinema, in occasione del “Salone Off – Salone internazionale del Libro” omaggia Cesare Pavese 

Da mercoledì 14 a martedì 20 maggio

“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”. 26 agosto 1950. E’ una domenica sera affogata negli ultimi lampi di una triste soffocante estate, quando, dopo aver vagolato per una Torino verosimilmente deserta, solo e in preda a mille spietati “fantasmi” di cuore e memoria, Cesare Pavese decide di mettere fine alla sua vita nella camera dell’albergo “Roma” di piazza Carlo Felice, che aveva occupato il giorno prima. Lo scrittore di Langa avrebbe compiuto 42 anni il 9 settembre successivo. Sulla prima pagina dei suoi “Dialoghi con Leucò” (scritti fra il 1945 ed il 1947) che si trovava sul tavolino da notte, chi lo soccorse trovò le poche, scarne, definitive parole succitate. Parte proprio di qui la storia raccontata nel docufilm (2024) “Il mestiere di vivere”, tratto dall’omonimo “diario” dello scrittore di Santo Stefano Belbo, iniziato nel 1935 (durante il confino politico di Brancaleone Calabro) e continuato fino alla sua morte per essere pubblicato postumo, per la prima volta, da “Einaudi” nel 1952, a cura di Massimo Mila, Italo Calvino e Natalia Ginzburg. Il film, realizzato (regia e sceneggiatura) dalla cuneese, sua conterranea, oggi residente a Roma, Giovanna Gagliardo (Monticello d’Alba, 1941), e distribuito da “Luce Cinecittà” è stato lodevolmente inserito in un percorso di sette proiezioni che si terranno, tra mercoledì 14 e martedì 20 maggio, nell’ambito del programma per il “Salone Off” del “Salone Internazionale del Libro di Torino”.

Un vero e proprio “Tour Cesare Pavese” (organizzato da “Piemonte Movie” e “Distretto Cinema” in collaborazione con “Film Commission Torino Piemonte”, “Museo nazionale del Cinema”, “Agis – Anec – Acec Piemonte e Valle d’Aosta”, “Luce Cinecittà” e “Fondazione Cesare Pavese”) che prenderà il via mercoledì 14 maggioalle 21, al “Cinema Lux”, in Galleria San Federico a Torino. Al centro del lavoro della Gagliardo troveremo un Pavese (uomo – intellettuale) raccontato attraverso i vari capitoli che illustrano i tanti mestieri che egli ebbe a sperimentare nella sua breve vita, ricreando “un nuovo mondo letterario e culturale che ha dato identità alla seconda metà del Novecento italiano: un poeta che appena ventenne scopre la poesia narrativa, per poi cimentarsi nel romanzo breve, portare in Italia la letteratura americana e contribuire, infine, alla nascita della ‘Casa Editrice Einaudi’”. Scrive Giovanna Gagliardo“Quel Pavese che ricordiamo frettolosamente come il poeta infelice, suicida per amore, probabilmente è molto di più. Forse è l’intellettuale scomodo che oggi ci manca, l’antipatico mai compiacente che ti complica la giornata, il magnifico compagno di viaggio che – nelle colline di Santo Stefano Belbo- ti fa intravedere il mare azzurro di Itaca. Ho lasciato un Pavese che credevo locale e generazionale, ho ritrovato uno scrittore con il respiro dei ‘classici’”.

Dopo Torino, le proiezioni proseguiranno giovedì 15 maggio, alle 21, ad Asti (“Cinema Lumière”: qui sarà presente, con la regista Gagliardo, anche Laurana Lajolo, figlia di Davide), venerdì 16sempre alle 21, a Vercelli (“Cinema Italia”), sabato 17alle 21, a Dogliani (“Cinema Multilanghe”), domenica 18alle 18 e alle 21 a Villar Perosa (“Cinema delle Valli”), lunedì 19 e martedì 20alle 21, a Bra (“Cinema Vittoria”) e a Cuneo (“Cinema Lanteri”).

E non finisce qui. A chiudere il “Tour Cesare Pavese”martedì 20 maggio (ore 21) al “Cinema Romano”, in Galleria Subalpina a Torino, sarà infatti la proiezione speciale de “Le amiche” di Michelangelo Antonioni, in occasione del 70° anniversario dell’uscita in sala. Il film del 1955 fu liberamente tratto dal romanzo di Pavese “Tra donne sole” (da lui scritto nel 1949 a conclusione del trittico de “La bella estate”) e vinse il “Leone d’argento” alla “Mostra internazionale d’arte cinematografica” e tre “Nastri d’argento” nel 1956 (“Miglior regista”; “Migliore attrice non protagonista” a Valentina Cortese; “Migliore fotografia” a Gianni Di Venanzo). “In contrasto aperto con le tematiche ed i modi rappresentativi neorealisti, Antonioni – è stato scritto – presenta qui una storia in cui i personaggi sono già dei ‘vinti’, aggrappati al loro vuoto interiore, in una situazione di crisi ambientale e sociale di cui è partecipe tutta la gretta borghesia torinese”. A colpire é la “nuova”, singolare personalità stilistica del grande regista ferrarese, complice l’incontro con la ruvida sensibilità etica e linguistica dello scrittore di Santo Stefano Belbo. Introducono il film Stefano Boni del “Museo del Cinema” e Laurana Lajolo, figlia di Davide Lajolo (partigiano, giornalista, scrittore, amico di Cesare Pavese), oltre a due rappresentanti della “Fondazione Cesare Pavese”, la presidente Laura Capra e il direttore Pierluigi Vaccaneo.

Gianni Milani

Nelle foto: Frame da “Il mestiere di vivere”; Giovanna Gagliardo; “Le amiche”: Yvonne Furneaux, Valentina Cortese, Anna Maria Pancani, Eleonora Rossi Drago; Madeleine Fisher

Arturo racconta il Varietà al Torino Fringe Festival

Giovedì 15 maggio, ore 20.30

Polo del ‘900, Torino

 

Per il Torino Fringe Festival Arturo Brachetti veste i panni dello showteller in una conversazione con Matthias Martelli

 

Arturo Brachetti, il grande Maestro del trasformismo internazionale, per il Torino Fringe Festival, veste i panni dello showteller, cioè colui che racconta il mondo dello spettacolo attraverso le sue storie, nell’appuntamento speciale Arturo racconta il Varietà condotto dall’attore e amico Matthias Martelli (giovedì 15 maggio ore 20.30, Polo del ‘900).

Una conversazione dedicata al mito del varietà, ai suoi luoghi iconici (Parigi, con le luci della Tour Eiffel e il Paradis Latin) e gli incredibili personaggi che ne hanno fatto la storia, primi fra tutti Fregoli, Wanda Osiris e Petrolini tra aneddoti ed episodi che in questi anni il ciuffo più famoso d’Italia ha raccolto nei teatri di tutta Europa. Il pubblico intraprenderà un viaggio dietro le quinte, scoprendo come il varietà abbia cementato la nostra identità nazionale diventando parte integrante della vita quotidiana delle persone. Un rapporto così radicato che ancora oggi utilizziamo, spesso senza saperlo, gesti ed espressioni nati su quei palcoscenici… siamo uomini o caporali?

Non era solo intrattenimento di qualità, ma anche satira e critica al potere (come dimenticare il Nerone di Petrolini), formazione di nuovi talenti che poi la televisione avrebbe reso giganteschi (Renato Rascel, Totò, Franca Valeri, Tognazzi, Erminio Macario per citarne alcuni, ma anche Raffaella Carrà che da ragazza era in compagnia proprio con Macario), “prove” a tu per tu con il pubblico. Il varietà era tappa obbligata per la gavetta dell’artista, fosse un ballerino o un’attrice comica.

 

Da sempre l’uomo subisce e provoca il meccanismo giocoso e mentale di poter assistere in un tempo breve a diversi contenuti. A teatro, un tempo, si chiamava Varietà ma poi è poi diventato lo zapping televisivo ed ora sono i contenuti social. Siamo attratti da sempre dal menù degustazione, dalla parata, dalla curiosità di saltare da una cosa all’altra sorprendendoci piacevolmente.

Arturo Brachetti

 

Arturo Brachetti è un artista italiano, famoso e acclamato in tutto il mondo, considerato univocamente the Legend of quick change, il grande Maestro del trasformismo internazionale. Il Guinness Book of Records lo annovera come il più veloce trasformista del mondo. Profondo conoscitore del teatro internazionale e dello spettacolo, da anni affianca a quello di artista il ruolo di showteller (letteralmente colui che racconta lo spettacolo), cioè divulgatore teatrale, con lo scopo di diffonderne la conoscenza in maniera semplice e coinvolgente. Inoltre è un regista e direttore artistico attento e appassionato, capace di spaziare dal teatro comico al musical, dalla magia al varietà. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti nella sua carriera figurano il premio Molière (FR) e il Laurence Olivier Award (UK). Nel 2014 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo nomina Commendatore con un decreto motu proprio.

Tra i suoi libri: Le ombre cinesi (Priuli&Verlucca, 2005); Uno, Arturo, centomila. Vita, magie e salti mortali dell’uomo dai mille volti (Rizzoli, 2007); Tanto per cambiare (Baldini&Castoldi, 2015). Altri progetti: podcast Et voilà, la belle epoque! (Storielibere, 2022); audiolibro Diario di una signorina snob di Franca Valeri (Emons, 2022); serie Poltrona spiona (Mediaset Infinity, 2023). Per la seconda stagione è regista e interprete del musical Cabaret in cui ha rivestito il ruolo di Emcee; da febbraio 2025 Brachetti è nuovamente sui palcoscenici di tutta Italia con il suo one man show SOLO, considerato un classico del teatro contemporaneo.

Info:

Giovedì 15 maggio, ore 20.30

Polo del ‘900, piazzetta Franco Antonicelli, Torino

Arturo racconta il Varietà

Ingresso gratuito

Prenotazione online su www.tofringe.it

Turinalia, la Nazione che non c’è

Venerdì 16 maggio alle 19 Umberto Gianni presenterà il suo libro “Turinalia – Trattato storico-fantasy” (Ed. Abrabooks) al Salone del libro. 

Turinalia è una Nazione utopistica che si trova in un’isola del mar Mediterraneo, scoperta da Pietro Ciapa, suo fondatore. Il libro racconta la storia di questa Repubblica attraversando i diversi periodi storici come la Belle Epoque e le due guerre mondiali, arrivando fino ai giorni nostri, più nello specifico all’anno 2020.

Umberto Gianni nasce nel 2003 a Torino, dove ha trascorso la sua infanzia. Dopo aver conseguito il diploma alle scuole superiori ad Alassio, ha frequentato il primo anno nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, studi che ha interrotto per iniziare l’esperienza di lavoro a Disneyland Paris. Fin da giovanissimo ha coltivato la sua passione per la scrittura, la politica e l’imprenditoria.

(Da Sanremo News)