L’iniziativa è ideata e gestita in toto dall’associazione TORET ARTIST Tre Sei Zero
Dopo il successo di critica e di pubblico ottenuto con il concerto di apertura a Torino il 19 Ottobre
scorso presso la Chiesa Parrocchiale della Gran Madre di Dio, che ha visto protagonista il Duo
Violoncello e Pianoforte – Christiana Coppola e Ludovica De Bernardo – (allieve del Conservatorio G.
Cantelli di Novara) prosegue il tour “I CONSERVATORI IN PIEMONTE” con la seconda tappa di
Saluzzo, presso il prestigioso Monastero della Stella, Domenica 28 Novembre alle ore 17:00.
L’iniziativa, ideata e gestita in toto dall’associazione TORET ARTIST Tre Sei Zero – appendice senza
scopo di lucro della prestigiosa Agenzia TORET ARTIST Management di Torino – ha lo scopo di
traghettare i giovani talenti emergenti della musica – allievi dei quattro Conservatori Piemontesi –
dalla scuola al pubblico, attraverso una rete di concerti distribuiti in tutta la Regione, in
collaborazione con i Comuni e le Associazioni Culturali del Territorio.
L’appuntamento vedrà protagonista il Quintetto pianoforte e fiati (Matteo Cotti pianoforte –
Niccolò Capone flauto – Valeria Lupi clarinetto – Francesca Cristina Chiesa corno – Luca Vacchetti
fagotto) che eseguirà il Quintetto in do minore, Op. 52 di L. Spohr e il Quintetto in si bemolle
maggiore, Op. postuma di N. A. R. Korsakov.
L’evento è organizzato in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Torino; la raffinata
Associazione Amici del Teatro e della Musica “Magda Olivero” di Saluzzo e grazie al prezioso
sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo.
Questo concerto darà il via a una rassegna saluzzese di altri quattro eventi tra Gennaio e Febbraio
2022 con la medesima struttura e filologia.
Vincenzo Buonaguro unisce nei suoi soggetti fotografici, quali quelli intitolati “Polvere di stelle”, “Giorno” e “Spirale”, la spontaneità dell’immagine alla costante sperimentazione tecnica, unite all’esigenza di comunicare allo spettatore una rappresentazione intrisa di significati e di sensibilità. L’artista propone, infatti, un percorso fatto di messaggi provenienti dal mondo della natura e che invitano al suo rispetto, senza tralasciare i suoi veri valori, il tessuto poetico e il vissuto evocati da visioni cariche di simbolismo. Le sue opere fotografiche risultano ricche di fantasia e progettualità, capaci, al tempo stesso, di recuperare una dimensione di narrazione umana e emotiva con cui l’artista conquista il pubblico, invitandolo a scoprire sensazioni uniche. Il contrasto tra pieni e vuoti evidenzia un senso di movimento e tridimensionalità presente nella sua opera e capace di dimostrare una visione fotografica innovativa.
Mostra travagliata come poche altre, quella dedicata alle “opere recuperate” di Mario Lattes – pittore, scrittore, editore e personaggio di spicco nel mondo culturale piemontese, e non solo, del secondo dopoguerra – dalla “Fondazione Bottari Lattes”, aperta per rendergli giusta memoria dalla moglie Caterina nel 2009, a Monforte d’Alba, in via Marconi 16 (tel. 0173/789282). Inaugurata online, causa emergenza sanitaria, il 22 dicembre dell’anno scorso, la rassegna é stata aperta al pubblico, a seguito del passaggio del Piemonte in “zona gialla”, il 10 febbraio e da lunedì primo marzo, di nuovo trainata dal passaggio della Regione in “zona arancio”, in visione web. E l’apri-chiudi non s’è fermato. Dal 4 novembre scorso, infatti la retrospettiva è ritornata ad aprire le porte al pubblico, pur continuando a rimanere visitabile anche on line sul sito
presenti. Lavori che raccontano, nella quasi totalità, il viaggio nei “mondi di Mario Lattes”, come recita il titolo dell’attuale rassegna con l’aggiunta di quell’ “# 1” , teso a connotarsi come prima tappa di una complessa esplorazione che verrà arricchita nel tempo attraverso ulteriori recuperi, resi disponibili al pubblico a più riprese. Articolata in quattro sezioni su progetto di Caterina Bottari Lattes, curata da Alice Pierobon con Chiara Agnello e accompagnata da un testo critico di Vincenzo Gatti, la mostra ci racconta, ancora una volta (ma ogni volta è sempre un cammino nuovo, inatteso e coinvolgente) il tormento, gravante ma ampiamente accettabile, di dipinti che – al pari dei romanzi e racconti pubblicati da Lattes fra il 1959 ed il 1985- risentono delle vicende e delle ferite dell’anima derivate dal suo essere parte ben senbile e partecipe, sia pure nell’ottica di una laicità mai negata, di quel popolo ebraico vittima di un abominio storico senza pari, sul quale è impossibile calare la fronda dell’oblio. Nell’iter espositivo spiccano alcuni oli su carta intelata, come “Il cardinale” e “Il Re” del ’69, dove il segno anarchico e graffiante pare quasi voler irridere con sarcastico umorismo le immagini del potere; così come quelle “Marionette e manichino” del ’90 che raccontano non di squarci gioiosi legati all’infanzia ma di ricordi che “sono cicatrici di memoria” o come quella spettrale figura de “L’enfant et le sortilege” del ’67, incubo emergente da ragnatele di sogni ed emozioni che sono per Lattes eterne prigioni del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti: “L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso. Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non potrà disvelarsi”.

Sarà presente lo scrittore David Grossman, premiato per il libro “Sparare a una colomba”, edito in Italia da Mondadori. La presenza dello scrittore israeliano sulla scena internazionale va oltre i suoi romanzi: i suoi saggi e interventi su politica, società e letteratura sono ormai diventati un punto di riferimento ineludibile per tantissimi lettori ai quattro angoli del mondo. “La situazione è troppo disperata per lasciarla ai disperati” sostiene Grossman. Nei saggi e nei discorsi che compongono questo libro, lo scrittore nato nel 1954 a Gerusalemme non si limita ad analizzare la situazione di Israele cinquant’anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, descrivendo le conseguenze dell’impasse politica in Medio Oriente, o a parlare dell’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia da Covid ma finisce sempre per raccontare qualcosa della sua esperienza personale. Infatti il libro è un’appassionata e lucida difesa dei valori della libertà e dell’individualità dove la strenua opposizione a disfattismo e disimpegno prendono corpo nei testi. Grossman è l’ultimo scrittore ad aggiudicarsi il più importante riconoscimento letterario a livello nazionale dedicato alla memoria della lotta di Liberazione Questo concorso è riservato a libri di narrativa, poesia o saggistica che “coniugando valori letterari e impegno civile” abbiano dato risalto a una delle “questioni fondamentali del nostro tempo”. Dal 1959 al 1974,l’appuntamento omegnese rappresentò un evento di notevole rilievo nel panorama culturale italiano e internazionale. Nato da un incontro tra l’allora sindaco Pasquale Maulini con il comandante partigiano Cino Moscatelli e gli scrittori Mario Soldati e Mario Bonfantini, vide la collaborazione di prestigiosi nomi della cultura italiana nel corso delle tredici edizioni che si svolsero nella città che aveva dato i natali al celebre Gianni Rodari. Della giuria fecero parte scrittori e intellettuali importanti. Tra i tanti vanno ricordati Guido Piovene, Mario Soldati, Carlo Salinari, Paolo Spriano, lo stesso Gianni Rodari, Cesare Zavattini, Rossana Rossanda, Orio Vergani, Raffaele De Grada, Italo Calvino, Franco Fortini, Filippo Frassati. Una rapida lettura del “libro d’oro” dei premiati offre l’idea del valore e dell’importanza dell’evento nella sua prima e storica edizione. Henry Alleg fu il primo ad essere premiato nel 1959 per “La tortura”; l’anno successivo il riconoscimento toccò ad un mostro sacro come Jean-Paul Sartre per l’intera opera. Nel 1961 Gunther Anders, filosofo e scrittore tedesco, vinse con “Essere o non Essere” e nel 1962 Frantz Fanon psichiatra e antropologo francese, nativo della Martinica e rappresentante del movimento terzomondista per la decolonizzazione, per “I dannati della terra”. Dopo il poeta spagnolo Blas de Otero per l’opera omnia (1963), Roberto Battaglia con “Risorgimento e Resistenza” nel ’64 e gli statunitensi Paul M. Sweezy e Leo Huberman per “Il presente come storia” e i volumi sulle teorie della politica estera americana e dello sviluppo capitalistico (1965), il premio venne assegnato simbolicamente ai lavoratori della “Cobianchi” di Omegna in lotta per la difesa del posto di lavoro. Dopo una pausa di quattro anni, nel 1970, la scelta venne replicata per i lavoratori della “Rodhiatoce” di Pallanza, impegnati in una durissima vertenza. Nel 1971 il premio venne destinato alla memoria di George Jackson, uno dei leader delle “pantere nere”, autore de “I fratelli di Soledad”, ucciso da un secondino nel carcere di San Quentin
Classe ’86, di origini palermitane, Salvatore Vitale è un artista visivo, ma anche editore e docente, residente oggi a Zurigo. E proprio dal risiedere in uno dei Paesi, la Svizzera, noti per essere politicamente e socialmente fra i più sicuri al mondo, deriva il suo interesse ad esplorare le strutture di potere, la mediazione tecnologica e l’influenza di questi elementi nella società. Così, quando nel 2014 gli svizzeri votarono a favore di un’iniziativa popolare federale “contro l’immigrazione di massa”, l’immigrato Vitale sentì il bisogno di mettere mano ad un progetto teso ad esplorare le misure di sicurezza nazionale del Paese che lo ospitava, concentrandosi “su istruzioni, protocolli, burocrazie e soluzioni concrete adottate”, da lui visualizzate in fotografie, diagrammi e illustrazioni grafiche. Nel 2015, quel progetto dal titolo “How to Secure a Country” riceve un premio dallo “Swiss Arts Council” e oggi ne troviamo testimonianza nella “Project Room” di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. Prima personale dell’artista palermitano in un’istituzione italiana, la mostra è curata da Giangavino Pazzola, con il sostegno della “Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia” in collaborazione con OGR Torino e la Galleria “Ncontemporary” di Milano. Oltre quaranta le opere esposte realizzate con differenti media e appartenenti a due nuclei di lavori, relativi ad altrettante ricerche di lungo periodo realizzate da Vitale a partire dal 2014 sino ad oggi. La maggior parte di esse appartengono alla serie “How to Secure a Country +” (2014 – 2019), racconto quasi didattico, neutro e acritico del sistema di sicurezza nazionale svizzero esplorato dal suo interno. “Articolando il discorso in diversi capitoli, Vitale ricostruisce un quadro esaustivo – sottolineano gli organizzatori – del sistema di sicurezza di uno stato, portando lo spettatore a riflettere sull’idea di protezione nella relazione tra autorità e individuo”. Incluse nel percorso espositivo, sono anche due opere del progetto “Persuasive System”, ricerca iniziata dall’artista nel 2020, e attualmente ancora in corso, incentrata sul tema dell’influenza della sorveglianza digitale nel controllo sociale degli individui. E proprio in quest’ottica, nella “Corte Est”, antistante l’ingresso principale di OGR Torino, è stata ospitata l’installazione di tre telecamere di sorveglianza che registrano in tempo reale il passaggio delle persone in una area delimitata, e segnalata per mezzo di un segno grafico, in conformità con le direttive europee. Le immagini sono state trasmesse contestualmente in diretta sia sui grandi schermi allestiti nel foyer di OGR (rimossi dopo la prima settimana di mostra) sia in due monitor installati a “CAMERA”, tutt’oggi in funzione, per “rafforzare così l’idea di pervasività della sorveglianza nella vita sociale odierna”. Sempre a “CAMERA” troviamo anche l’installazione di un “video-essay” realizzato per l’occasione da Vitale, con il quale viene messa in scena la rievocazione di un esperimento sociale sul comportamento delle persone. “Combinando immagini fisse e in movimento, filmati d’archivio, dati fattuali e testo, l’opera si avvale della ‘metafora dell’aeroporto’ per svelare i paradossi connaturati alla logica della sorveglianza sistemica, evidenziando la necessità di porre maggior attenzione ai processi di omologazione dei comportamenti collettivi e dei sistemi che regolano la loro formazione”.
A completamento della mostra, Salvatore Vitale terrà un incontro aperto al pubblico il 25 novembre alle ore 18.30 a “CAMERA” e dal 26 al 27 novembre un workshop teorico-pratico, “The Narrative Impulse”, in cui condurrà i partecipanti nella creazione di un progetto narrativo costruito mediante la combinazione della fotografia con media diversi come suono, video, piattaforme social, web, immagini d’archivio. Per informazioni e iscrizioni,