CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 50

… Se un lampo di luce (di nuova vita) squarcia il buio della città!

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Grande affluenza di pubblico e un notevole riscontro di giudizi positivi per la mostra “Fari nella Città” da poco conclusasi presso la sede dell’ “ACI” torinese

Settantotto (dicasi settantotto!). Un grande sforzo e un encomiabile impegno per gli organizzatori, che hanno saputo mettere insieme un così nutrito drappello di artisti per dare spazio a immagini, a idee, sogni e speranze legate a un nuovo (da ricercare) modo di vivere e di intendere la “città” – la nostra, insieme a tante altre – come spazio non di singola “pertinenza” ma luogo in cui intrecciare, in modo saldo e convinto, culture, passioni, affetti e tradizioni che siano base necessaria ad un vivere più umano e aperto, a visioni future meno bieche e meno povere di speranze. Su questo non facile tema si sono cimentati gli intrepidi 78 (di cui sopra), operanti nell’ambito della pittura, della fotografia, della scultura e pur anche della poesia, partecipanti all’esposizione “Fari nella città. Riflessi di vita ” conclusasi, nei giorni scorsi presso i prestigiosi Saloni della nuova sede di “CASA ACI”, in piazzale “San Gabriele di Gorizia” a Torino. Ormai giunta alla sua quinta edizione, la mostra è stata organizzata con passione ed encomiabile competenza da Anna Sciarrillo, da quarant’anni “delegata ACI” e lei stessa affermata pittrice, in collaborazione con il subalpino “Circolo degli Artisti”.

E’ lei stessa ad affermare, a conclusione della “Mostra”, anche quest’anno concepita come Mostra – Premio Arti Visive”“I Saloni della nuova ‘CASA ACI’ hanno rappresentato , ancora una volta, il palcoscenico di un sogno, dove ogni artista ha interpretato in pittura, scultura, poesia e fotografia il suo personale sentire e ha donato un pezzettino della sua anima”“Le opere – prosegue la Sciarrillo – meritevoli tutte di attenzione, sia per la qualità del lavoro sia per il soggetto rappresentato, hanno riscontrato un alto gradimento da parte dei visitatori, della Direzione dell’ ‘ACI’ e dei critici che, insieme al voto del pubblico, hanno premiato le opere più gradite”.

Giuria di critici e pubblico, insieme. Scelta non facile per la premiazione di lavori che, nel complesso e nella loro originalità (pur se spesso occhieggianti a “grandi” prove del “passato” o del “contemporaneo” più o meno attuale) hanno comunque dimostrato d’aver inteso a fondo l’invito e la proposta concettuale dell’evento, che riassumo con mie (spero centrate) parole: Guardati intorno, osserva con gli occhi dell’anima la tua città, quel groviglio di case, monumenti, antichi palazzi, la gente che ti sfiora e cerca il tuo sguardo, un tuo cenno, quel passaggio lento o veloce di un’auto, dei suoi fari che stropicciano il buio… e poi fermati, osservati, dentro e fuori, cerca di capire chi sei, chi vuoi essere, chi mai vorresti essere. Accendi i fari!  Come ci ricordano i versi di Marisa Bordiga, autrice di “Fari nella città”, fra le poesie portate in mostra: “E domani forse/ci vorranno fari …/fari in tutte le città/ O sopra le città/ A rischiarare nebbie/ di uomini accecati/dalla grigia polvere/ di un frettoloso andare …”.

Fermiamoci allora ad osservare, nel contrastante blu, scuro e luminoso, di una notte, che s’apre (quasi fosse la prima volta) alle sagome scultoree di una “nuova” monumentale Torino, rappresentata da Pippo Leocata – in un continuo frenetico girovagare fra temi di arcaica classicità e segni gestuali di rapida incisiva grafia – attraverso legni di recupero e acrilici, agli splendori della Cupola del Duomo o della sommità della Mole così come a quei virtuosi Dioscuri, (opera di Abbondio Sangiorgio), posti, in segno di buon auspicio, all’entrata della centrale Piazzetta Reale. La notte, sembra ricordarci l’artista siciliano (torinesissimo d’adozione e allievo dell’indimenticato Mollino), è fatta anche per perderci nel gioco suggestivo delle emozioni.

“Di notte un ateo crede quasi in un Dio” diceva, tre secoli or sono, il poeta e prelato britannico Edward Young. E, a pensarlo, è anche Leocata. E, di sicuro, anche noi. Fra le più “votate”, la sua opera, “Omaggio a Torino”, del 2019. Così come “La voce della città”, pittura su vetro, della stessa Sciarrillo, di tutt’altra atmosfera, racconto di Cupole, Chiese, Santuari, antiche e nuove architetture urbane, tutte unite in un unico gioco dialettico, gestuale e cromatico, che è voce luminosa ed illuminante di benedetta “inclusività”, di culture diverse che si riconoscono e si danno la mano nel vociare festante di luci che sono speranza, serenità e amore. Sul podio anche la sfocata, notturna e informale “visione” di Giancarlo Galizio, dove quanto resta di un’ormai sfaldata “sfera di fuoco” incrocia gli impercettibili fanali (che poco possono) di un’auto che timidamente varca il muro della notte, per addentrarsi a fatica in un mondo di cui ben poco riuscirà a far parte viva. Di tutt’altra tempra la foto di Mirco Saletti. Nitida! Qui la città, la città ambientalista scende in piazza. E’ protesta. Anche questa è città. Filtrata attraverso i segni della più spicciola cronaca. Ricca di voci. Di gesti. Di attese in un domani … che sia altro! Ma … che sia!

Gianni Milani

Nelle foto: “Fari nella città”, immagine-guida e opere di Anna Sciarrillo, Pippo Leocata, Giancarlo Galizio e Mirco Saletti

Al Mastio della Cittadella  la mostra dedicata a Paul Gauguin 

 

“Gauguin – il diario di Noa Noa e altre avventure”  visitabile fino al 29 giugno prossimo.

“Il percorso di questa mostra intende raccontare l’avventura umana e artistica di Paul Gauguin – ha dichiarato il curatore Vincenzo Sanfo – uno dei grandi protagonisti dell’arte moderna, un artista che ha cambiato il volto dell’arte ispirando pittori come Munch, Matilde, Picasso e gli espressionisti tedeschi da Nolde a Heckel”.

L’esposizione, che è ospitata al Mastio della Cittadella – Museo storico nazionale di artiglieria di Torino, è prodotta da Navigare srl, con il patrocinio della Regione Piemonte e della Città di Torino. La rassegna prende le mosse da un libro scritto da Gauguin durante il suo primo soggiorno nella Polinesia francese, “Il diario di Noa Noa”(1893-1894) arricchito da splendide xilografie stampate dal suo amico Daniel de Monfreid, realizzate con l’antica tecnica dell’incisione su legno. La mostra si compone di oltre 160 opere, tutte provenienti da collezioni private italiane, francesi e belghe, e da alcune collezioni museali francesi e italiane. Presenta oltre cento tra xilografie, disegni e litografie realizzate da Gauguin, insieme a due opere a lui attribuite: l’olio su tela “Femme de Tahiti”, del 1891, e l’acquerello “Paysage Tahitien”.

All’antica Polinesia, guardata con curiosità e sospetto dai contemporanei francesi per la sua cultura primitiva, ma luogo di elezione per l’irrequieto outsider Gauguin, che vi si trasferì negli ultimi 10 anni della sua vita, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, fanno riferimento anche le 16 litografie a colori della serie “Ancien culte Mahorie” del 1892, due sculture del 1893, di cui una in bronzo e l’altra in terracotta, e la pregiata maschera di donna tahitiana “Tehura”, in bronzo patinato, proveniente dal Musée Despiau-Wlérick in Francia, oltre al carnet di 38 disegni con bozzetti raffiguranti studi su ritratti, dettagli del colpo umano e del mondo animale. Importanti anche le stampe litografiche, in fax simile, contenute nell’ultimo libro scritto da Gauguin, dal titolo “Avant et après”, terminato due mesi prima di morire, nel 1903, e pubblicato postumo. Si tratta di una sorta di manifesto-diario con appunti e considerazioni sull’arte, sui rapporti di amicizia e su altri argomenti cari all’artista. Se la cultura e il quotidiano vissuti a Tahiti ebbero su di lui una grande influenza, non meno importanti furono i suoi rapporti con il mondo occidentale, con la Francia, con i suoi colleghi e amici artisti.

La mostra ospita anche 45 opere, disegni, incisioni e dipinti realizzati da 13 nomi illustri dell’arte francese dell’Ottocento, tra cui un’opera dell’amico-nemico Vincent Van Gogh, del quale sono presenti 12 litografie a colori, a Jean-François Millet, con la splendida acqueforte “L’Angelus”, fino ad Adolphe Beaufrère, presente con 4 acquaforti, e Louis Anquetin. Non potevano mancare artisti del gruppo Nabis di Pont – Aven, in Bretagna, altro luogo determinante per la vita di Gauguin. Del gruppo Nabis si ricordano Maurice Denis, autore in questa mostra di litografie a tema religioso, Émile Bernard, qui con una serie di 6 litografie acquerellate “Bretonnières”, in esposizione insieme a un suo olio su cartone, e Paul Sérusier, autore di un olio su tela “L’adieu a Gauguin”, in prestito dal museo francese di Quimper. È inoltre presente uno schizzo realizzato da Gauguin ad Arles, in cui ritrae Van Gogh nell’atto di dipingere i girasoli. Da segnalare anche il disegno “Studio di braccia, mani e piedi”, opera che si salvò miracolosamente da un incendio che distrusse la casa di Gauguin dopo la sua morte, sull’isola della Polinesia dove viveva.

La mostra aprirà al pubblico dall’1 marzo al 29 giugno 2025

Orari: martedì-venerdì 9.30-18.30 / sabato, domenica e festivi 9.30-19.30 / lunedì chiuso

Biglietteria in sede e su Ticketone

Mara Martellotta

Ton Koopman, Justina Gringyte e il duo Vengerov- Osetinskaya, le “stelle” di marzo

Note di Classica

 

Domenica 2 alle 16.30 e in replica alle 19, al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, il Trio Debussy eseguirà musiche di Mozart, Poulenc, Borodin, Morricone, Sostakovic, Piazzolla, Schnittke, Gardel, Gade. Sempre domenica 2 alle 18 all’auditorium Toscanini,l’Orchestra Rai diretta da Giulio Cilona e con Stefan Milenkovic al violino, presenta “concerto di carnevale”. Verranno eseguite musiche di Rossini, Saint-Saens, Johann Strauss, Glinka, de Sarasate, Ponchielli, de Falla, Grofè, Offenbach. Lunedì 3 alle 18 per Polincontri Musica, nell’aula magna del Politecnico il Trio di Torino, eseguirà musiche di Beethoven e Mendelssohn. Martedì 4 alle 20.30 nella sala 500 del lingotto, Angela Hewitt al pianoforte eseguirà le Variazioni Goldberg di Bach.

Mercoledì 5 alle 20.30 al conservatorio, Les Musiciennes du Concert des Nations diretti da Jordi Savall e con Alfia Bakieva al violino, eseguiranno musiche di Vivaldi. Sabato 8 alle 18 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Eugenio Catale violoncello, Matteo Borsarelli pianoforte e con Antonio Valentino, eseguiranno musiche di Bartòk, Stravinskij, Piazzolla. Lunedì 10 alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, il Duo Gazzana eseguirà musiche di Janacek, Beethoven, Schnittke. Martedì 11 alle 20.30 all’auditorium Agnelli per Lingotto Musica, l’Amsterdam Baroque Orchestra diretta da Ton Koopman, eseguirà i 6 concerti Brandeburghesi di Bach. Giovedì 13 alle 20.30 e venerdì 14 alle 20, all’Auditorium Toscanini l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino e con Justina Gringyte soprano, eseguirà musiche di Berio e Sostakovic. Sabato 15 alle 18 al teatro Vittoria il Trio Kobalt eseguirà musiche di Turina e Mendelssohn. Il concerto sarà preceduto dall’invito all’ascolto a cura di Antonio Valentino. Lunedì 17 alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, Olaf Laneri pianoforte eseguirà musiche di Scarlatti, Beethoven, Debussy, Chopin. Lunedì 17 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, I fiati dell’Orchestra Theresia, eseguiranno musiche di Myslivecek, Mozart, Triebensee.

Mercoledì 19 alle 20.30 al conservatorio, Benjamin Grosvenor al pianoforte eseguirà musiche di Brahms, Schumann, Musorgskij. Giovedì 20 alle 20.30 e venerdì 21 alle 20 all’auditorium Toscanini ,l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino e con Augustin Hadelich al violino, eseguirà musiche di Brahms e Elgar. Lunedì 24 alle 18 al Politecnico per Polincontri Musica, Jonathan Leibovitz clarinetto e Monserrat Bravo al pianoforte, eseguiranno musiche di Schumann, Slkalkottas, Bartòk, Feidman, Harel/Tarras, Kovàcs. Martedì 25 alle 20 al teatro Vittoria, Le Fil Rouge eseguiranno musiche di Debussy, Bartòk, Komitas, Piazzolla, Mompou. Il concerto sarà preceduto alle 19.30 dall’aperitivo. Mercoledì 26 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, Maxim Vengerov al violino e Polina Osetinskaya al pianoforte, eseguiranno musiche di Beethoven, Brahms, Sostakovic-Dreznin e Sostakovic. Lunedì 31 marzo alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, Francesco Manara violino e Claudio Voghera pianoforte, eseguiranno un programma interamente dedicato a Beethoven.

Pier Luigi Fuggetta

Alla scoperta del Castello degli Orsini di Rivalta

Il Castello degli Orsini, a Rivalta, si prepara a vivere un‘interessante stagione di valorizzazione del proprio patrimonio storico e artistico grazie al progetto intitolato “Il nostro castello – perché è come ce ne prendiamo cura ?”, promosso dalla Città di Rivalta, a cura di KEART KEEP AN EYE ON ART e sostenuto dal bando Restauro e Cantieri Diffusi 2023 di Fondazione CRT.

Partendo dai recenti ritrovamenti di decorazioni medievali, e dal loro imminente restauro, l’iniziativa si propone di offrire ai cittadini un’occasione unica per partecipare in prima persona alla cura di un bene culturale. L’obiettivo è stimolare un senso di appartenenza e responsabilità condivisa, sensibilizzando la collettività sull’importanza della conservazione della manutenzione del patrimonio artistico e architettonico. L’iniziativa prevede tre incontri tematici, ciascuno dedicato a un aspetto chiave della manutenzione del Castello degli Orsini. Gli eventi sono stati pensati per la partecipazione attiva di bambini dai 5 anni in su, insieme alle loro famiglie.

Il primo incontro, che si terrà l’8 marzo prossimo ha il titolo “Abbiamo trovato una chiave – tracce ritrovate” e sarà diviso in due turni, il primo alle 14.30 e il secondo alle 16.30. Un’esperienza esplorativa alla scoperta del Castello e della sua storia, guidata dal Signor Tempo, un esperto che racconterà le trasformazioni del maniero nei secoli. I partecipanti raccoglieranno indizi e scopriranno insieme ai volontari di Rivalta Millenaria come sia cambiato il Castello nel tempo.

Il secondo incontro, dal titolo “Incontriamo il restauratore – il Castello prende vita”, è previsto per il 12 aprile prossimo e avverrà su due turni, il primo alle 14.30 e il secondo alle 16.30. Si tratta di un’opportunità per scoprire da vicino come lavora un restauratore e le sfide legate alla conservazione dei beni culturali. I partecipanti potranno interagire con i restauratori della ditta Consorzio San Luca e osservare da vicino i lavori in corso, immaginando insieme, in un’attività guidata da KEART KEEP AN EYE ON ART come avvenga il consolidamento e l’integrazione di un’antica decorazione.

Il terzo incontro, dal titolo “Anch’io proteggo il mio castello”, è calendarizzato il 10 maggio prossimo ed è diviso in 2 turni, alle 14.30 e alle 16.30. Si tratta di un workshop interattivo dedicato alla manutenzione del Castello e del suo parco. Con il supporto di esperti, i partecipanti esploreranno il sito individuando segni di degrado. Scatteranno delle fotografie sullo stato di conservazione e immaginerai possibili soluzioni per la manutenzione.

L’iniziativa è organizzata dalla Città di Rivalta, in provincia di Torino, è da KEART KEEP AN EYE ON ART con il supporto di esperti, mediatori culturali e realtà associative locali, per garantire un’esperienza coinvolgente e formativa per tutti i partecipanti. Al termine del primo turno e all’inizio del secondo verrà offerta una merenda a tutti i bambini che parteciperanno all’attività.

Ingresso libero su prenotazione fino ad esaurimento posti

Sito web: www.keart.it – email: hello@keart.it

Per prenotazioni whtasapp: 338 4716770

Mara Martellotta

Collodi e l’invenzione di Pinocchio

Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini, nacque a Firenze il 24 novembre del 1826 e divenne celebre come autore del romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Il padre Domenico era un cuoco e la madre, Angiolina Orzali, una domestica, entrambi a servizio dei marchesi Ginori. Angiolina era originaria di Collodi , frazione di Pescia, nel  pistoiese.

Fu proprio il nome del paese natale della madre ad ispirare a Carlo lo pseudonimo che lo rese famoso in tutto il mondo come autore di Pinocchio. A diciotto anni il giovane Lorenzini  entrò in contatto con il  mondo dei libri come commesso nella libreria Piatti a Firenze e un anno dopo, nel 1845, ottenne una dispensa ecclesiastica che gli permise di leggere l’Indice dei libri proibiti . La passione per la lettura lo indusse a cimentarsi con la scrittura e iniziò a redigere recensioni e articoli per La Rivista di Firenze.

Allo scoppio della Prima guerra d’indipendenza, nel 1848, Lorenzini si arruolò volontario combattendo contro gli austriaci al fianco di altri studenti toscani a Curtatone e Montanara. Tornato a Firenze fondò una rivista satirica Il Lampione che subì ben presto la censura, cessando le pubblicazioni. La passione non venne meno, impegnandolo in un’intensa attività culturale nel campo dell’editoria e del giornalismo, dove si occupò di letteratura, musica e arte. Trentenne, nel 1856, durante la sua collaborazione con la rivista umoristica La Lente, iniziò a firmarsi con lo  pseudonimo di Collodi e a pubblicare i primi libri. Allo scoppio della Seconda guerra d’indipendenza non si tirò indietro, partecipandovi come soldato regolare piemontese nel Reggimento Cavalleggeri di Novara. Terminata la campagna militare fece ritorno a Firenze, occupandosi di critica teatrale. Invitato dal Ministero della Pubblica Istruzione a far parte della redazione di un dizionario di lingua parlata, il “Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze”, si impegnò con slancio e  passione in questa nuova impresa culturale. Il suo approccio al mondo delle favole iniziò all’alba dei cinquant’anni quando ricevette dall’editore Paggi il compito di tradurre le fiabe francesi più famose. Collodi non si limitò ad una pura e semplice opera di traduzione, effettuando anche l’adattamento dei testi integrandovi una morale. Un lavoro di grande interesse che venne poi pubblicato sotto il titolo I racconti delle fate. Nel 1877 apparve Giannettino, il primo di una lunga serie di testi per l’educazione dei più giovani che spaziavano dalla geografia alla grammatica e all’aritmetica .

Questa serie di libri faceva parte della Biblioteca Scolastica dell’editore Felice Paggi: un libro era venduto a due lire e, se era legato in tela con placca a oro, il prezzo saliva a tre. Sia questa serie che il successivo Minuzzolo anticiparono di fatto la nascita di Pinocchio. Il 7 luglio 1881, sul primo numero del periodico per l’infanzia Giornale per i bambini (praticamente l’archetipo dei periodici italiani per ragazzi) uscì la prima puntata de Le avventure di Pinocchio con il titolo Storia di un burattino. Due anni dopo, raccolte in volume e arricchite dalle illustrazioni di Enrico Mozzanti, le vicende del burattino che voleva diventare un bambino in carne e ossa vennero pubblicate quasi in contemporanea con la sua nomina a direttore del periodico che ne aveva anticipato il testo. Carlo Lorenzini, ormai per tutti Collodi, morì a Firenze nel 1890 dove riposa nel cimitero delle Porte Sante. Pinocchio, nonostante abbia compiuto il suo 140° compleanno, è ben vivo e vegeto: pubblicato in 187 edizioni, tradotto in 260 lingue o dialetti, protagonista di film, cartoni animati e sceneggiati, riprodotto in mille maniere. In molti hanno provato a catalogarne significati e morali per spiegarne l’incredibile longevità e freschezza. Per Italo Calvino Pinocchio è stato l’unico vero protagonista picaresco della letteratura italiana, proposto in forma fantastica; le sue avventure rocambolesche, a volte scanzonate, a tratti drammatiche, rimandano alla letteratura di genere che ebbe origine in Spagna con  Lazarillo de Tormes e il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes, l’opera che segnò la nascita del moderno romanzo europeo.

A noi che lo incontrammo da piccoli e che imparammo ad amarlo piace pensarlo all’Osteria del Gambero Rosso, seduto in compagnia del Gatto e della Volpe, mentre fugge con Lucignolo nel paese dei Balocchi e finisce per trasformarsi, dopo cinque mesi di cuccagna, in un asinello. Mastro Ciliegia, Geppetto, il Grillo Parlante, Mangiafuoco e la Fata Turchina lo accompagnano fin quando smette di essere un burattino e diventa un ragazzo in carne ed ossa. Pinocchio è ben più che un libro per bambini perché ci aiuta a non perdere il contatto con la fantasia, nutrendo la creatività. Come ricordava Gianni Rodari, non vi è nulla di più sbagliato che etichettare la fantasia come “roba da bambini”; al contrario, dovremmo accoglierla, svilupparla ed utilizzarla per conoscerci e vivere meglio.

Marco Travaglini

“All’Arme, all’arme. I priori fanno carne!”

Il professor Barbero ha pubblicato nel 2023 un testo centrato sulle rivolte medievali in Europa.

Come nel consueto stile del noto storico torinese, viene tracciato un dettagliato affresco delle condizioni del cosiddetto Uomo Medioevale, sospeso tra la definitiva scomparsa del mondo classico ma non ancora lanciato verso le luci del Rinascimento.

Durante il XIV secolo il continente fu interessato da molte rivolte. L’autore ne inquadra però quattro, probabilmente le principali: in Francia la cosiddetta Jacquerie (da Jacques Bonhomme, appellativo spregiativo che la nobiltà dava ai tanti contadini del regno, senza nome), la rivolta dei Tuchini, nel nostro canavese (il termine deriva da precedenti sommosse dei Tuchins nella Francia meridionale di Alvernia e Linguadoca), il tumulto a Firenze del 1378 dei Ciompi e tre anni dopo, la drammatica insurrezione dei Commons in Inghilterra.

Prima di entrare nei fatti narrati, importante sarà un chiarimento semantico fra Rivolta e Rivoluzione.

La prima è un movimento spontaneo, di massa, non sempre controllato da vertici, anche perché spesso non esistono. La rivolta è violentissima, arriva all’improvviso e si spegne in breve tempo, spesso nel sangue.

La Rivoluzione assomma le caratteristiche iniziali della Rivolta, ma che poi si organizza, diventa organica e rovescia vittoriosamente gli equilibri del potere precedente. Se non si arriva a un nuovo Ordine Costituito non si potrà parlare di Rivoluzione.

Casi eclatanti che hanno addirittura cambiato il mondo sono la rivoluzione americana, la francese e, secoli dopo, quella russa. In scala ridotta, anche la vittoriosa impresa di Garibaldi, dalla Sicilia verso il nord Italia, si può incorporare come Rivoluzione.

I fatti narrati raccontano invece di improvvise sollevazioni popolari, violente, non etero-dirette e poi crudelmente, quanto velocemente, terminate.

In questo breve commento sottolineeremo il caso toscano, perché divergente rispetto agli altri. I Ciompi non sono contadini che si ribellano, ma incorporano una realtà lavorativa cittadina che lavora sotto padrone in attività produttive locali, soprattutto nell’Arte della Lana. Questi salariati non si ribellano alla nobiltà (come sempre capita dappertutto) ma a popolani come loro, poi arricchiti, che li utilizzano come forza lavoro.

Firenze nel medioevo era un faro di progresso rispetto ad altre realtà agricole europee, tutte umiliate da classi nobiliari unicamente guerriere, rapaci, latifondiste. A Firenze si respirava altra aria, arricchita da una forte componente di banchieri, mercanti, imprenditori, soprattutto dell’industria di lana, tessuti e altre merci esportate in ogni dove.

I ciompi sono quindi sostanziale parte salariata del tessuto produttivo di una realtà emergente, che però li angaria sotto il proprio potere economico. Questo potere è espresso dai Priori (dei quali fa parte il Gonfaloniere di Giustizia Alamanno de’ Medici), tutte figure che arrivano dal basso della società e che, proprio per questo, nei governi fiorentini dovrebbero difendere i diritti del popolo.

Sia i primi, che i secondi, sono in qualche maniera condizionati dai Magnati, la classe aristocratica dei cavalieri, considerati come i veri parassiti della città (seppur temuti e potentissimi).

Questi tre strati sociali indirettamente – e con doppi e tripli giochi sotterranei fra loro – creeranno tutti insieme la Rivolta dei Ciompi.

Un po’ criptico il significato del titolo: All’Arme, all’arme. I priori fanno carne!

Fanno carne vuol dire: ammazzano la gente…. Ma vuol anche dire, poveretti: armatevi poveri voi, se no, siete tutti morti”.

Non si possono riassumere decine di pagine di socio-politica trecentesca in poche righe, ma questo testo vale, vale tanto in quanto portatore di profonde riflessioni su chi siamo noi ora e da quali realtà (lontane e contemporaneamente vicinissime) tutti proveniamo.


Alessandro Barbero,
All’arme! Allarme! I priori fanno carne! Edizioni La Terza, 2023, Roma, costo 18 euro, 163 pagine

 

FERRUCCIO CAPRA QUARELLI

Concerto di Carnevale dell’Orchestra Nazionale della Rai

Il direttore d’orchestra Giulio Cilona e il violinista serbo Stefan Milenkovich debuttano  domenica 2 marzo

 

Il tradizionale Concerto di Carnevale dell’Orchestra Sinfonica della RAI è in programma domenica 2 marzo alle 18 all’Auditorium RAI Arturo Toscanini, trasmesso in live streaming sul portale di RAI Cultura e registrato da Radio 3 che lo proporrà in differita.

Sul podio è impegnato il ventinovenne direttore d’orchestra belga americano Giulio Cilona, al suo debutto con l’Orchestra Nazionale della Rai, attualmente Kappelmeister alla Deutsche Oper di Berlino, ruolo che ha ricoperto fin da giovanissimo. Con lui debutta anche il violinista serbo Stefan Milenkovich, che ha iniziato la sua carriera giovanissimo, suonando in un concerto di Natale di fronte al presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, e proseguendola nelle sale da concerto più prestigiose, dalla Carnagie Hall di New York alla Suntury Hall di Tokyo. Per la prima volta impegnato con la compagine Rai, Milenkovich propone l’Introduzione e Tarantella op. 43 del virtuoso spagnolo Pablo de Sarasate. Seguono l’introduzione e il Rondò capriccioso in la minore per violino e orchestra op. 28 che Camille Saint- Saëns scrisse per Pablo de Sarasate. Il brano, eseguito per la prima volta nel 1867, coniuga gli effetti del più acrobatico virtuosismo con una chiarezza di scrittura che si avvicina allo stampo razionalista.

A completare il programma saranno Erinnerung an Ernst oder “Der Karneval in Venedig” di Johann Strauss padre e Mardi Grass dalla Mississippi suite di Ferde Grofé, in pieno spirito carnascialesco. Non mancheranno poi una celebre pagina operistica, quale la Sinfonia tratta da La Gazza Ladra di Rossini e la sognante Barcarolle da Les contes d’Hoffmann di Offenbach.

I biglietti per il concerto, fuori abbonamento sono in vendita online sul sito dell’OSN della RAI e presso l’Auditorium RAI in piazza Rossaro.

Mara Martellotta

Olivola: story telling tra edifici romanici, artigianato e paesaggio

Genius Loci approda ad Olivola, prima Città dell’Olio del Piemonte

Prosegue l’attività di animazione territoriale “Genius Loci – Pomeriggi nei borghi monferrini”, con una nuova data in programma domenica 2 marzo ad Olivola, recentemente fregiata prima Città piemontese dell’Olio.

Il ritrovo è previsto alle ore 15 in piazza Europa, per i saluti di benvenuto del sindaco Gianmanuele Grossi e la partenza del percorso guidato a cura di Anna Maria Bruno. La prima tappa sarà presso la suggestiva chiesa romanica dei Santissimi Pietro e Paolo che, situata su un’altura panoramica al bordo meridionale del paese, si affaccia su assolati vigneti di Grignolino del Monferrato Casalese, vitigni bandiera del Monferrato. Parrocchiale fino al XVI secolo, la SS Pietro e Paolo è divenuta nel tempo di proprietà comunale e, dopo lunghi lavori di restauro, ha conservato dell’impianto primitivo la parte inferiore del campanile risalente al XII secolo d.C. All’esterno dell’edificio sono presenti alcuni graffiti su arenaria, uno dei quali riporta la data del 1633.

A seguire, si tornerà in piazza Europa per visitare l’Ottocentesca parrocchiale dedicata a San Pietro realizzata dall’ingegnere e architetto fubinese Crescentino Caselli, mentre la torre campanaria, fatta edificare dal Comune, risale alla fine degli anni ’80 del secolo scorso (1987); opera successivamente rivisitata dall’architetto Ezio Rossi (nel 2003), per riconquistare l’idea originale del Caselli. Sempre in piazza Europa, proseguirà il viaggio nella bottega-laboratorio di artigianato artistico del maestro scultore della Pietra da Cantoni Gianmaria Sabatini, le cui creazioni sono complementi d’arredo abilmente plasmati e assemblati a mosaico e/o anche in abbinamento a materiali da costruzione della tradizione locale, per rendere il percepito di un po’ di “Monferrato in salotto”.

L’ultima tappa è prevista presso il vicino auditorium San Pietro, per una colta prolusione di arte contemporanea in compagnia della gallerista Rossella Filippini, titolare della Galleria d’Arte NUMM Contemporary Art di Casale Monferrato, al cui attivo annovera la mostra diffusa, divenuta permanente, dal titolo “Rami Erratici” di Vincenzo Paonessa, ospitata nel 2024 anche ad Olivola.

In chiusura, verrà offerto un caldo tea da Mauro Salvaneschi della vicina Vineria Ca’ Nosta.

“Tra le municipalità più piccole del Monferrato, Olivola rappresenta un concentrato delle virtù di questo territorio, fatto di storia, arte, paesaggio e cultura contadina” apprezza il Presidente della Fondazione Ecomuseo della Pietra da Cantoni Corrado Calvo. “Proprio su queste colline si ritrovano i migliori cru enoici del Monferrato casalese, mentre rigogliosi ulivi si rimpossessano di un passato non troppo lontano, per esprime fragranze dalle elevate proprietà organolettiche; il tutto, accomunato da un singolare e qualificante fil rouge dato dalla geologia del luogo, caratterizzata da Pietra da Cantoni, nobile per l’agricoltura e per l’edilizia rurale oggi come un tempo. Edifici romanici e laboratori artigiani, poi, completano il ritratto di uno dei borghi più suggestivi del Monferrato casalese”.

Un “Passepartout” alla Palazzina di Stupinigi

La juvarriana “Palazzina di Caccia” ritorna ad aprire le porte dei suoi spazi più segreti normalmente chiusi al pubblico

Da sabato 1° marzo a sabato 25 giugno

Saranno visite guidate “straordinarie”. Quattro i mesi di tempo per poterne approfittare, soddisfacendo curiosità impossibili da appagare in altri mesi dell’anno. E curiosità che appartengono a molti, se si giudicano i totali sold out registrati in tutte le precedenti edizioni dell’iniziativa. Così, anche per quest’anno, la “Fondazione Ordine Mauriziano” torna a confermare le “visite guidate straordinarie” alla “(ri)scoperta” degli spazi segreti, normalmente chiusi al pubblico, della “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. Dal prossimo sabato 1° marzo a sabato 28 giugno, saranno attivati i “due percorsi” che raccontano la storia della “Palazzina”, dal 1997 “Patrimonio dell’Umanità UNESCO”, nelle sue diverse fasi abitative e il progetto architettonico juvarriano (1729) alla base della sua costruzione.

“Passepartout” (nome “chiave”, è proprio il caso di dirlo, dell’iniziativa) conduce dietro le “porte segrete” della nobile residenza sabauda pensata per la caccia e le feste della famiglia reale, fino agli “ambienti nascosti della servitù”, ai “passaggi” e ai “corridoi” ricchi di fascino e di storia e permette di raggiungere la “sommità della cupola juvarriana”, per camminare lungo i suggestivi “balconi concavi/convessi” che affacciano sul grandioso “salone centrale”, ammirando da vicino il “tetto a barca rovesciata”, dalla complessa orditura in legno, e dall’alto, dopo aver percorso i 50 scalini di una stretta scala a chiocciola, un panorama unico che si estende a 360 gradi sotto il “Cervo”, copia dell’originale “Statua del Cervo”, realizzata nel 1766 (in bronzo, rame e foglia d’oro) da Francesco Ladatte, oggi sistemata nell’atrio di fronte alla biglietteria e simbolo della stessa “Palazzina.

Due, si diceva, i percorsi proposti: “Dietro le porte segrete” e “Sotto il Cervo” (Orari: 10,30/12 e 14,30/16)

Per il primo, la visita è in programma sabato 1, 15 e 29 marzo, 12 aprile, 17 e 31 maggio, 14 e 28 giugno. Il percorso guiderà fino agli ambienti della servitù, ai passaggi e ai corridoi segreti usati per divincolarsi nel dedalo di stanze e raggiungere discretamente le sale e gli appartamenti privati, proprio dietro le “porte segrete”, negli spazi nascosti dove si muoveva la servitù e dove si trova ancora il quadro dei “campanelli automatici” che permette di comprendere da vicino il funzionamento di una residenza come quella di Stupinigi.

“Sotto il cervo”, in programma sabato 8 22 marzo, 5 aprile, 10 e 24 maggio, 7 e 21 giugno, è invece una visita “in verticale” al meraviglioso “ambiente ligneo” che ospita la cupola del padiglione centrale, realizzato da Filippo Juvarra, con una vista mozzafiato a 360 gradi sul paesaggio circostante. Dal grandioso salone centrale ovale a doppia altezza si percorrono 50 gradini per raggiungere la caratteristica balconata ad andamento concavo-convesso e infine arrivare, attraverso una stretta scala a chiocciola di ulteriori 50 scalini, alla sommità della cupola juvarriana per ammirare il particolare “tetto a padiglione” e riconoscere dall’alto il grandioso progetto architettonico di Juvarra che con perfette geometrie, lungo un asse longitudinale che porta con lo sguardo fino a Torino, realizza un impianto scenografico straordinario per l’epoca.

Per partecipare alle visite guidate è obbligatoria la prenotazione.

Vista la particolarità dei luoghi oggetto della visita, normalmente non accessibili al pubblico, i visitatori saranno dotati di “caschetto di protezione” e, proprio per questo motivo, possono accedere solo gli adulti e i ragazzi al di sopra dei 12 anni di età ed i gruppi non possono essere superiori alle 10 persone. Per partecipare è necessario essere in condizioni fisiche tali da permettere di salire, a piedi, alcune rampe di scale. È vietato l’accesso con borse e/o zaini ingombranti, visto che il percorso è piuttosto impegnativo. A causa degli spazi limitati, non agibili a persone con disabilità, e della stretta scala a chiocciola, i due percorsi sono sconsigliati a chi soffra di claustrofobia o di vertigini e, in generale, a chi non sia in buono stato di salute.

Il costo del biglietto per accedere a “Dietro le porte segrete” è 22 euro (12 euro biglietto di ingresso + 10 euro visita guidata), ridotto 18 euro

Per accedere a “Sotto il cervo”, il costo del biglietto è, invece, di 25 euro (15 euro biglietto di ingresso + 10 euro visita guidata), ridotto 22 euro

Per i possessori di “Tessera Abbonamento Musei”: 10 euro (ingresso gratuito alla Palazzina)

Per info: “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Nichelino-Torino); tel. 011/6200601 o stupinigi@info.ordinemauriziano.it

G.m.

 foto: La “Palazzina di Caccia”

Il cinema di James Cameron, la visionarietà sui banchi della scuola

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Sino al 15 giugno (per ora) nello spazio della Mole

 

James Cameron ha dei ricordi – “da bambino, nella città canadese in cui vivevo, disegnavo su carta con penna, matita e pastelli, molto prima di mettere mano alla mia prima cinepresa” oppure “il film “Quando i mondi si scontrano”, del 1951, ha esercitato una profonda influenza su di me, ne feci un adattamento in fumetti durante l’ultimo anno di superiori, senza tuttavia riuscire a completarlo, gli esami finali si avvicinavano e mi trovai improvvisamente a corto di tempo e talento” – e delle ferree certezze, delle leggi personali – “un personaggio non è mai soltanto uno schizzo ma dev’essere uno schizzo molto convincente”.

Oggi James Cameron, con tutto il suo mondo di regista visionario – “il luogo della Mole è perfetto per la mostra, architettura e arte cinematografica s’incontrano e sottolineano quello sguardo verso il futuro che già Antonelli ebbe, come il regista ha, avrebbero molte cose da dirsi se si incontrassero”, dice Carlo Chatrian, direttore del Museo del Cinema. Mentre il presidente Enzo Ghigo riprende “è qui e oggi la vera risposta a quanti continuano a chiederci ma Cameron c’è o non c’è? Oggi all’interno della Mole c’è tanto di quel Cameron che la sua presenza finisce col passare in secondo piano”. Ma Cameron verrà, un po’ più in là (si vocifera a fine marzo?), durante il periodo lungo di questa mostra che nei programmi scorre sino a metà giugno ma che qualcuno già sussurra di dover essere prolungata sino a dopo l’estate (un investimento di oltre un milione di euro, ma, assicura lo staff del Museo, si è guardato ben oltre la mostra dal momento che un certo materiale rimarrà al Museo oltre la chiusura): oggi Cameron è in Nuova Zelanda, impegnato nella postproduzione di “Avatar 3.

 

Fuoco e cenere (uscita sugli schermi di tutto il mondo il 19 dicembre, il regista ne parla già come “il più emozionante e forse migliore dei tre finora”), lo ha promesso, magari in compagnia di qualche stella di prima grandezza scelta dal cilindro magico di una filmografia che in poco più di quarant’anni, ha “soltanto” superato i dieci titoli, con l’esclusione di documentari e sceneggiature. Dopo le tempeste (non propriamente in un bicchiere) organizzative di alcuni mesi fa con la Cinémathèque francese capitanata da Costa-Gavras e qui rappresentata da Agathe Moroval e già ospite della mostra in onore del “pioniere” – o se volete di “una” mostra, dal momento che a Torino ha una sua propria e indiscussa veste, non per nulla si sottolinea più volte l’impronta della “nuova e inedita dimensione”, la nostra città può essere considerata la seconda tappa, altre seguiranno nei prossimi anni -, oggi circolano sorrisi e foto di rito che inquadrano altresì le più strette collaboratrici del regista, Kim Butts e Maria Wilhelm, della Avatar Alliance Foundation, “per la loro disponibilità e sostegno nell’adattamento della mostra per il Museo”, come si legge alla voce ringraziamenti che sta al fondo del ricco volume edito da SilvanaEditoriale in occasione di “The Arts of James Cameron”, pronte loro a ricordare “il rigore e la disciplina” trovati durante l’intera collaborazione, ampliando le parole a quella che suona “perfezione”.

Senza nascondere che la mostra, durante la permanenza torinese, s’arricchirà di altri materiali, non ultima l’intervista al regista da parte di Chatrian, durata quattro giorni e realizzata in 3D. Mentre s’ammira al centro della grande Aula la struttura cilindrica di “tripoline” che cade dall’alto e su cui vengono proiettati immagini e momenti di alcune opere del regista, si prende a salire la passerella elicoidale: per incontrare le primissime esperienze di un giovanissimo Jim, di un tredicenne (siamo nel 1967) che con i pastelli a olio disegna un paio di aerei, di un ragazzo che l’anno successivo a Niagara Falls vince il concorso annuale, per Halloween, e ancora nei due anni dopo, indetto dalla banca Lincoln Trust and Savings, un metro quadrato sulle proprie vetrine, ed è la nascita di un primo mostro che ha per viso una zucca intagliata, dell’adolescente che ama le storie di Conan e tratteggia e colora e deve assoldare un amico grande e grosso per impedire a quelli impallinati con il solo sport di bullizzarlo, solo perché lui possa continuare a disegnare in santa pace. Che nel 1971, a diciassette anni, ha appena visto “L’uomo che fuggì dal futuro” di Lucas o legge “1984” di Orwell o “Il mondo nuovo” di Huxley e ne trae idee e impulsi, che stampa 500 esemplari di un manifesto di sua invenzione: ne venderà quattro o cinque al massimo, i rimasti gli serviranno per anni come carta su cui schizzare. Guarda a Dalì e a Magritte e al simbolismo tutto (“molte delle mie illustrazioni di questo periodo sono fatte su carta a righe perché le abbozzavo nei quaderni di scuola, per non farmi scoprire dagli insegnanti.

Ero lì per imparare, ma della scuola mi interessavano solo quelle sei o otto ore in cui disegnavo. Insomma, perché avrei dovuto limitarmi a farlo nelle lezioni di arte?”), alla metafora e a Platone con la sua caverna, riflette ed esplora, a poco a poco si fa “costruttore di visioni” come titola il proprio intervento nel volume il critico Frédéric Strauss. Cameron inventa oggetti e strutture e mondi, è artista completo, affronta “i confini estremi della conoscenza scientifica” e segue le precise orme di quella realtà, “nel suo epico progetto di fantascienza mai realizzato, “Xenogenesis”, l’astronave Cosmos Kindred rappresenta la sintesi di anni di teorizzazioni sulla funzionalità di un tale veicolo, come per “Aliens – Scontro finale” co-progetta la navicella futuristica Dropship, simile a un elicottero d’assalto, basandosi sui principi dell’aerodinamica”. Non soltanto il futuro con le proprie scommesse, anche il passato è per lui un punto d’orgoglio, con la necessità di garantire la maggiore fedeltà storica possibile. Sono ben quattordici le immersioni subacquee che Cameron e la sua squadra effettuano durante la preparazione di “Titanic”, con macchine sottomarine comandate a distanza, lo scopo è la reinvenzione storica degli ambienti per l’esecuzione di una esatta scenografia.

Schizzi allora, eccezionali, la preparazione di quel futuro generatore di grande cinema che avremmo visto realizzato sullo schermo: “si tratta di bozzetti che ho realizzato e che mostrano alcune stanze della nave affondata, si basano sulle mie osservazioni reali durante la mia spedizione al relitto del Titanic nel 1995”. Studi e scommesse e re-invenzioni che hanno modo di divenire sprazzi di una felicità senza confini. Lo pensiamo felice e stupefatto insieme come un bambino, Cameron: “il mio disegno esplora fondamentalmente ciò che ho immaginato fosse il risultato di decenni di immersione sul fondale oceanico. Il legno della cabina è un po’ consumato, ma è sopravvissuto abbastanza bene e l’intarsio in oro è ancora intatto. Al centro a sinistra c’è un’applique capovolta, rimasta sospesa per i cavi. Durante una successiva spedizione al Titanic nel 2005 sono riuscito a far entrare uno dei bot in una vera cabina del ponte C e indovinate un po’ cosa abbiamo scoperto? L’intarsio d’oro era ancora lì, proprio come nel mio disegno. Inoltre, due applique erano state strappate dal muro e penzolavano, capovolte, appese per i cavi, una a ciascun lato della porta. L’unica differenza rispetto al disegno era che queste lampade erano in ottone placcato oro e poiché l’ottone diventa verde quando si corrode, presentavano bugnature verdi”. Non soltanto gli ambienti, Cameron corre a definire le mani dei suoi personaggi, le posture e i volti – non sfuggono nemmeno le creature immerse nella natura, mostruose e no, non ultima quel Xenogenesis che non ha mai visto la luce, una sorta di cavalletta alata che si regge a un piccolo ramo: “l’ho vista in sogno quando avevo diciannove anni, sognai una foresta bioluminescente popolata da lucertole volanti le cui ali erano composte da segmenti disposti a ventaglio, parecchio tempo dopo avrei rispolverato le idee delle lucertole e della foresta per ‘Avatar’” -, accennando, approfondendo, offrendo particolari che definiranno completamente.

Schizzi e bozzetti per arrivare a un risultato che pareva “generico”. Poi con l’impegno e la ricerca di ogni giorno è arrivato il ritratto di Rose/Kate Winslet, gli occhi e lo sguardo, la mano posata sul lato della fronte e il pollice rientrato, il gomito poggiato sull’elegante cuscino, il “cuore dell’oceano” posato sul petto. Non è Jake Dawson ad averlo seguito, è la mano di Cameron (“ho fatto la controfigura di Di Caprio”), precisa e sognatrice ancora una volta. Un’ultima nota per chi visiterà la mostra. Non fermatevi al nero nastro che sale verso l’alto, tra disegni e fotografie e filmati, addentratevi nelle salette laterali alla grande Sala per non perdervi quegli angoli che ancora di più vi sveleranno i mostri di “Alien” o la realizzazione di “Titanic” o le sembianze del “terminator” Schwarzenegger: per godervi appieno il regista che ha saputo unire arte e i migliori incassi della storia cinematografica.

Elio Rabbione

Nelle immagini: angoli dell’allestimento della mostra; e – tutte Avatar Alliance Foudation © James Cameron – “Schizzo del ritratto di Neytiri”, “Studio su Terminator” (prima del casting di Arnold Schwarzenegger), “Ritratto di Rose” e “Il pianeta Mesa di Xenogenesis” (metà anni ’80).