CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 43

“Non ho paura della guerra che sei venuto a fare contro i miei peccati…”

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Music Tales, la rubrica musicale 

Non ho paura della guerra che

Sei venuto a fare contro i miei peccati

Non sto bene

Ma posso fare del mio meglio per fingere

C’è un pregiudizio diffuso, spesso inconsapevole, nei confronti del metal: per molti è solo rumore, un’esplosione caotica di chitarre distorte, urla graffianti e atmosfere cupe.

Lo scrive una che il metal non lo ama proprio.

Ma cosa succede quando una canzone metal viene spogliata dei suoi orpelli sonori, ridotta all’essenza più pura come voce e chitarra?

La risposta arriva sorprendentemente chiara ascoltando la versione acustica di “Just Pretend” dei Bad Omens, reinterpretata dal cantautore Nate Vickers.

La band americana, diventata un punto di riferimento nel panorama metalcore contemporaneo, ha sempre avuto una sensibilità melodica nascosta sotto la superficie aggressiva delle loro produzioni. “Just Pretend”, brano già emotivamente potente nella sua versione originale, si trasforma completamente nelle mani (e nella voce) di Vickers.

Il risultato è qualcosa che può toccare anche chi normalmente si tiene lontano da questo genere.

Vickers, con la sua chitarra acustica e un’interpretazione vocale intima, riesce a mettere in luce la bellezza malinconica del testo. La rabbia si fa malinconia, la potenza si converte in delicatezza, e la canzone assume una veste nuova, quasi fragile, ma incredibilmente umana. È una dimostrazione lampante di quanto spesso ci si fermi alla superficie dei generi musicali, senza coglierne la profondità emotiva.

Il metal, infatti, non è solo forza bruta. È un linguaggio, spesso estremo, certo, ma capace di trasmettere dolori, paure, desideri e speranze con un’intensità che pochi altri generi riescono a eguagliare.

La versione acustica di “Just Pretend” è la prova che, tolti gli “effetti speciali”, ciò che resta è una canzone d’amore, di perdita, di resilienza.

E in quel momento, diventa universale.

Questa reinterpretazione, dal mio punto di vista, non è solo un arrangiamento alternativo: è un ponte. Un collegamento tra mondi musicali, tra chi ascolta metal e chi no, proprio come me.

Perché la musica, quando è sincera, non ha bisogno di etichette. E forse, come dimostra questa versione, le barriere tra i generi esistono più nelle nostre teste che nelle nostre orecchie.

In un’epoca in cui tutto è categorizzato, “Just Pretend” ci ricorda che la musica è, prima di tutto, emozione. E che basta una chitarra e una voce per raccontare una storia che può toccare chiunque, anche chi, finora, pensava che il metal non facesse per lui.

La musica è l’arte di pensare con i suoni.”

Jules Combarieu

CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=nV5J5J-SXdk

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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: In difesa della libertà di insegnamento – Landini – Lettere

In difesa della libertà di insegnamento
Non ho mai avuto grande simpatia per i dirigenti scolastici (quasi sempre finti manager se non professori demotivati) e neppure per i presidi che peccavano di burocratismo spesso ottuso. L’unico anno in cui ho svolto una funzione direttiva ho capito la difficoltà di esercitare il comando in una comunità  accademica che il ‘68  ha privato dell’ordine necessario ad una  equilibrata convivenza tra diritti e doveri. Oggi molti presidi o dirigenti che siano, sono inquinati dalla politica e dal conformismo. Potremmo citare presidi capaci e perfino coraggiosi rispetto a tanti presidi inetti, presuntuosi, incolti.  I capaci e coraggiosi sono una minoranza. Da quando si può passare a dirigere una scuola elementare per poi passare ad un liceo classico senza titoli specifici, la funzione direttiva ha perso ogni  prestigio e autorevolezza. Di recente ho avuto rapporti con l’ex preside di un istituto tecnico e mi sono reso conto del livello bassissimo di preparazione di parte di certi dirigenti promossi per meriti politico – sindacali. Quel signore avrebbe potuto, al massimo, fare il capo bidello.  In altra occasione sono stato testimone della viltà di una preside succuba dell’enclave rossa che si illude di dirigere, asservita  come è alla CGIL e ai  CUB.
Quindi la situazione è complessa ed articolata, ma la tendenza è verso il basso. Ho firmato convintamente una petizione  contraria alla proposta dell’Aran di stravolgere le garanzie nel mondo della scuola, dando ai presidi l’autorità di sospendere fino a 30 giorni i docenti. Questo potere era affidato all’ufficio scolastico regionale che dava una qualche garanzia di imparzialità. La possibilità da parte di un preside di sospendere direttamente dal servizio un suo sottoposto è in modo evidente incostituzionale. Certe sanzioni può irrogarle solo  un organo terzo. All’Università è stata fatta carne da macello di un professore stimato sol perché un’allieva avrebbe visto occhi “libidinosi“ durante un esame. Un episodio indegno dall’Ateneo torinese.  Ho conosciuto una insegnante elementare perseguitata in modo indegno a partire proprio dal direttore didattico, servilmente  prigioniero  di gruppi  esagitati di genitori arroganti. La libertà di insegnamento va sempre tutelata, anche se molti professori odierni (ad esempio, quelli dei cortei pro Pal) non rappresentano certo l’idea migliore possibile dei docenti perchè sicuramente inquinano le loro lezioni con l’ideologia e la faziosità. Dare ai presidi il  potere  di giudici  è  un grosso errore e una minaccia alla libertà che deve animare la scuola pubblica come scuola di tutti. Concordo con il fatto che nella scuola debba essere riportato l’ordine, ma non  posso condividere una versione autoritaria della scuola. La figura del preside ha più ombre che luci e mi viene spontaneo domandarmi chi debba poi  controllare i presidi, reclutati tra il resto per decine d’anni senza la selezione di veri concorsi e con l’appoggio della CGIL.
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Landini
Landini ha dato l’idea di essere  un uomo incolto dai toni volgari che crede di aver ragione solo perché alza la voce. E’ una figura di sindacalista incapace di fare l’interesse dei suoi iscritti che in verità sono in larga parte pensionati. E’ un  grigio uomo di apparato che incarna l’Emilia  Romagna rossa in modo così ovvio da far supporre che abbia un deficit totale di personalità. La presidente del consiglio non è certo una gentildonna dell’aristocrazia romana, ma assomiglia ad una borgatara con forte e persino fastidioso accento romanesco. Accusarla di essere una cortigiana (che certo non significa appartenente ad una corte) significa offenderla nella sua dignità di donna. E’ strano che sia consentito a Landini di essere sessista senza che la solita Boldrini non si metta a strillare le solite banalità. Cortigiana significa di fatto prostituta, traduzione italiana di escort, una cosa da cene eleganti e altre sozzerie. Se Landini è esentato dalla più elementare educazione  e soprattutto dalle regole ferree del politicamente corretto c’è qualcosa nel sistema che non funziona. Fare l’opposizione è un diritto e persino un dovere, ma la  beceraggine trucida è  un’altra cosa. Forse nessun operaio della Fiat con la tuta blu usava il linguaggio di Landini. C’era una aristocrazia operaia che studiava persino alcuni libri, pur parlando in dialetto. Oggi quel mondo è finito con la fine della fabbrica torinese realizzata compiutamente, fin nei minimi particolari, da nipoti che cinicamente badano solo a far cassa. La volgarità – al di là della cravatta – non è tanto diversa. Ed è  anche per questo che nei confronti dei nipoti distruttori dell’ impresa torinese, tace, magari compiaciuto dell’obiettivo  raggiunto che il sindacato, malgrado gli scioperi, non era riuscito a compiere nel corso degli  anni.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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La Cittadella di Alessandria
Ho avuto modo nei giorni scorsi di visitare la Cittadella di Alessandria, monumento della città, con indicazioni turistiche già sull’autostrada. La Cittadella ebbe ruolo rilevante nei moti insurrezionali del marzo 1821: lì Santorre di Santarosa chiese a Carlo Alberto la proclamazione di una costituzione liberale.
 L’intero sito, una delle fortezza più grandi e meglio conservate d’Europa, è in stato di gravissimo abbandono: gli edifici, parzialmente vandalizzati sono fatiscenti ed a rischio di crollo, al punto tale da essere transennati e chiusi al pubblico. I bastioni sono interamente ricoperti da boscaglia a significare che non vengono ripuliti da anni, se non decenni. Una vergogna, probabilmente dettata da ideologia antimilitarista, della nota solita vulgata, che ignora e vuole ignorare la Storia d’Italia. A titolo di confronto posso citare le fortezze di Elvas (Portogallo), patrimonio Unesco, perfettamente conservate, area museale, aperte al pubblico.   Paolo  Vieta 

Sono stato alla Cittadella di Alessandria a parlare qualche mese fa, ma tutto intento a partecipare all’iniziativa, non ho prestato attenzione al contesto. La sua denuncia spero smuova l’interesse di chi dovrebbe provvedere ad un bene culturale alessandrino così importante.

Termosifoni in ritardo
Da anni la ditta Campidonico fa il servizio di riscaldamento nel mio condominio in modo quasi sempre decente. Da alcuni anni l’accensione però non è mai puntuale al 15 ottobre e non si fa più neppure l’assemblea obbligatoria, aperta anche agli inquilini, per il riscaldamento. Cose che in passato erano ovvie, oggi diventano oggetto di contenzioso. L’idea prevalente in tanti è di accendere più avanti per risparmiare e ovviamente tutelare l’ambiente secondo i dettami di Greta, ignorando gli ammalati che vivono nel condominio. Un piccolo segno di barbarie condominiale. Lei cosa ne pensa?    Arturo De Tullio
Vorrei poter stare tutto l’anno al mare dove accendo e spengo senza dover chiedere al vicino. In un mondo sfasciato come questo l’idea stessa di condominio è cosa superata. Sempre piccole beghe da chi ha pochissimi millesimi e si crede padrone del mondo. Amministratori che puntano solo a far fare continuamente  lavori straordinari per lucrare la loro parte di utile, senza guardare alla conduzione degli edifici. Gli amministratori nel giorno in cui deve  iniziare il riscaldamento sono irreperibili. Un fatto che dice tutto sulla mancanza di responsabilità e di serietà di certi personaggi, quasi tutti  sedicenti ingegneri, architetti  o geometri.
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Le panchine di via Roma
Questo sarebbe un anticipo di via Roma vietata alle auto e rialzata, quanto apprendo dal “ Corriere della sera“ .Vedo spuntare panche in pietra che sembrano assurde: senza lo schienale non potranno essere utilizzate solo dalla solita marmaglia che ci sale sopra con le scarpe. Possibile che questi sapientoni che ci governano, non sanno che le panchine vanno fatte con lo schienale? Sembra di essere ad Albenga dove un sindaco mise panchine senza schienale sul lungomare destinate a rimanere sempre vuote. Torino come Albenga , città definita la “nescia“, cioè la sciocca.
Brigitte Zilli
Concordo con Lei . Sono convinto che il sindaco di Torino  Lo Russo non possa approvare le panchine senza schienale . Mi domando anche che senso abbiano tante panchine in via Roma  , essendo una via con i portici dove la gente continuerà a passare anche per vedere le vetrine , diventate meno attrattive a causa di una crisi del commercio che  ha costretto i migliori negozi e locali a chiudere . D’ora in avanti si andrà in via Roma a sedersi sulle panchine senza schienale . Davvero strano .

Tracce di Templari, da Ventimiglia a Seborga

Quel giorno, nel dedalo di viuzze a Ventimiglia Alta, tra chiese quasi millenarie, San Michele, la cattedrale di Santa Maria Assunta e la chiesa di San Francesco, un templare pugnalò a morte un capitano genovese. Templari e genovesi venivano spesso alle mani in città. Sovente si accendevano zuffe e risse anche per futili motivi e a volte finiva proprio male. L’ostilità tra i contendenti aveva raggiunto livelli molto alti dopo la conquista genovese della città più occidentale della Liguria. I ventimigliesi, gli antichi intemelii, non volevano finire sotto il controllo della Repubblica di Genova, cercarono di resistere con tutte le loro forze ma nel 1221 dovettero arrendersi al lungo assedio per mare e per terra. La durezza del dominio della Superba scatenò ben presto la reazione violenta degli abitanti che facendosi scudo dei templari, più energici e meglio armati, affrontavano spavaldi i genovesi e talvolta ci scappava il morto. Ebbene, quel giorno di otto secoli fa, le cronache del tempo riportano la notizia che il templare fra Raimondo Galiana scatenò la propria rabbia contro gli occupanti genovesi uccidendo un capitano della Superba. Perché i Templari si trovavano a Ventimiglia? La città dell’estremo ponente ligure era un importante centro commerciale e marinaro con un continuo viavai di gente.
I Templari assicuravano la scorta armata ai pellegrini diretti a Santiago di Compostela, nella Galizia spagnola, e ai mercanti in cammino verso le fiere di Arles e di Nimes. Tra templari e genovesi non correva buon sangue né in patria né nei territori d’Oltremare. Cavalieri rosso-crociati e genovesi erano schierati in due opposti partiti nel Vicino Oriente e le lotte tra di loro erano frequenti. I genovesi erano alleati con i cavalieri di Gerusalemme e con gli spagnoli mentre i templari erano insieme a veneziani e pisani, Ma accadeva anche qualcos’altro. Correva infatti la voce che nell’estremo ponente ligure, transitavano antiche reliquie sacre e altri oggetti misteriosi. Furono i Templari della vicina Seborga, piccolo borgo di meno di 300 abitanti nell’entroterra di Bordighera, a portarli via e a nasconderli? È solo leggenda o c’è qualcosa di vero? In fondo, sia l’Ordine del Tempio sia il fantomatico Principato di Seborga sono spesso avvolti in un’aura di mistero e non si può escludere che qualcosa potrebbe essere ancora nascosto nello stesso Principato ligure. E che dire di Ventimiglia che ancora oggi ospita i raduni mondiali di Templari del terzo millennio organizzati dal Gran Priorato del Principato di Monaco dell’Ordre du Temple de Jèrusalem? Perché proprio nell’antica Albintimilium, l’odierna Ventimiglia? Anche qui, nella parte più occidentale della costa ligure, la memoria dei cavalieri Templari è ancora viva. Quanti misteri…alla Giacobbo, il gigante di Freedom che li risolve…quasi sempre.
Eppure una spiegazione c’è anche in questo caso: qui i Cavalieri Bianchi ci sono stati davvero. E a Seborga? Non ci sono prove storiche concrete che dimostrino la presenza dei Templari in questo piccolo paese anche se la tradizione locale e alcune leggende mantengono in vita il legame tra il borgo e l’ordine cavalleresco. Un modo sicuro per arricchire il fascino storico e culturale della località collinare a nord di Bordighera. Si narra addirittura, secondo alcune leggende, che nel 1117 San Bernardo di Chiaravalle, monaco, abate e promotore della II Crociata (1147-1150) si recò a Seborga e consacrò i primi nove cavalieri templari nella chiesa a lui dedicata, prima della loro partenza per le Crociate. In paese si svolgono raduni che richiamano la presenza dei Templari e il Principato di Seborga, nato negli anni Novanta del secolo scorso per rivendicare una “favolosa” indipendenza, riconosce l’Ordine dei cavalieri bianchi. Secondo alcuni storici non si tratta solo di leggenda ma la tradizione templare di cui Seborga si vanta sarebbe suffragata da una documentazione di tutto rispetto. In effetti, camminando per il paese si vedono croci templari ovunque, nelle vie e sugli edifici. Perfino una birra locale riporta l’effigie dei cavalieri sulla bottiglia, Siamo nel cuore dell’Ordine del Tempio? Qualcuno dice di sì, tanti altri sono molto più prudenti anche se la tradizione seborghina vede proprio in questo borgo i primi passi compiuti dai mitici cavalieri templari.
Filippo Re
nelle foto, paese collinare di Seborga , Cattedrale di Santa Maria Assunta a Ventimiglia Alta, Templari a Seborga

Quella straziante foto di Yohanna

All’ “Accademia delle Belle Arti” di Torino, incontro con Cinzia Canneri, unica fotografa italiana fra i vincitori dell’ “World Press Photo”

Venerdì 24 ottobre, ore 18

Addis Abeba – Etiopia, 31 ottobre 2017. Un povero “interno”. Su uno stropicciato telo di stoffa, riposa, con la madre accanto che affettuosamente la tiene – accarezza per un braccio, Yohanna, giovane eritrea di soli 22 anni, colpita dalla polizia  al confine di Shambuko (in Eritrea), e risvegliatasi in un ospedale in Etiopia, dove ha scoperto che le era stato asportato un rene. In suo possesso, nessuna cartella clinica o documento scritto che giustifichi l’intervento chirurgico e l’asportazione dell’organo. Sull’addome, il segno di una lunga cicatrice. Forse meno dolorosa di quelle crude e disumane che Yohanna si porta e si porterà dentro per sempre negli anfratti più intimi della memoria e dell’anima. Lo scatto fa parte del progetto “Women’s bodies as battlefields” che definisce, in qualche modo, la stessa carriera artistica della fotografa, toscana di Follonica, Cinzia Canneri, autrice dello scatto ed unica italiana tra i vincitori di quest’anno dell’“World Press Photo”, il concorso di fotogiornalismo e fotografia documentaria (con sede ad Amsterdam) più prestigioso al mondo. Laureata in Psicologia e fra i fotoreporter più brillanti della nuova generazione, Cinzia è da sempre, e in ogni modo, impegnata nel “sociale”. Il suo progetto è stato premiato tra quelli “a lungo termine”: Canneri ha infatti seguito, macchina a tracolla, le vite di alcune donne in fuga dal regime repressivo in Eritrea e dal recente conflitto in Etiopia, la cosiddetta “Guerra del Tigré”, ufficialmente terminato nel 2022 ma con tensioni che continuano a causa di irrisolte dispute territoriali. Narrazioni, le sue, fissate nel tempo e specchio “impietoso” di atrocità che raccontano di corpi femminili vergognosamente e spietatamente ridotti a “campi di battaglia”.

A parlarne, venerdì 24 ottobre (alle 18), sarà la stessa Cinzia Canneri a Torino, in un incontro, moderato dalla giornalista Chiara Priante, in programma nel “Salone d’Onore” dell’“Accademia Albertina delle Belle Arti” (che, fino a lunedì 8 dicembre, espone ben 144 immagini di 42 fotografi selezionati nell’ambito dell’“World Press Photo Exhibition”), in via Accademia Albertina 6, con ingresso gratuito. Insieme a lei, ci sarà anche Meseret Hadush, etnomusicologa nata e cresciuta in Etiopia, “Ceo” e fondatrice di “HIWYET TIGRAY Charity Association”, attivista contro la violenza di genere e operatrice umanitaria. Vincitrice del “Bremen Solidarity Award 2025”, Hadush è stata proprio il riferimento di Canneri nel Tigray (la più settentrionale delle dieci regioni dell’Etiopia) e le ha permesso di svolgere il suo lavoro sul posto. L’incontro, organizzato all’“Accademia Albertina delle Belle Arti” di Torino, sarà dunque l’occasione per parlare di queste esperienze di vita e di lotta (in cui si trovano solidamente accomunate la Canneri e Hadush), ma anche di “fotografia”, di “libertà di stampa” e del “ruolo dei fotoreporter” in scenari meno narrati dai quotidiani.

Nel 2017,  Cinzia Canneri ha iniziato a documentare le esperienze delle donne eritree in fuga dal loro Paese e in cerca di rifugio in Etiopia, per sfuggire a un regime repressivo che ha implementato di fatto una coscrizione obbligatoria a tempo indeterminato. Molte di loro, fermate alle frontiere sono state assalite, violentate o colpite all’addome dalla polizia nazionale per impedire loro di avere figli. Mentre la guerra tra le forze governative etiopi contro il “Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè – TPLF” si diffondeva nella regione del Tigrè, l’attenzione di Canneri si è ampliata includendo anche le donne “tigrine”, che si stavano ora unendo alle donne eritree nella fuga dall’Etiopia verso i campi profughi ad Addis Abeba o in Sudan. Entrambi i gruppi sono stati bersaglio di violenza sessuale sistematica – stupri, sparatorie, torture – che, a causa dello stigma sociale, delle strutture sanitarie limitate e del limitato accesso di giornalisti nel Paese, rimane insufficientemente riportata dai media e compresa dal mondo in generale.

Nel gennaio 2024, Canneri ha peraltro co-fondato “Cross Looks”, un collettivo di donne italiane, eritree, tigrine e sudanesi che sta costruendo “una narrativa intersezionale sui temi di genere, classe, razza e altre forme di disuguaglianza sociale”.

Impegno “sociale” a tutto campo. Che non solo ha portato la Canneri a lavorare a lungo, sui temi succitati, nel Corno d’Africa, ma anche, fra l’altro, sulla coraggiosa documentazione di questioni sociali legate ad esempio allo “sfruttamento dei lavoratori”. Basti pensare, in proposito, che nel 2016 un suo Progetto, “Like Two Wings” sulle vittime dell’amianto ha ricevuto un “Premio di eccellenza” al “POYi Science and Natural History Picture Story” (presso la “Missouri School of Journalism”) e il primo premio all’“Umbria Fest” in Italia. Scatti, i suoi, che hanno trovato “casa” sulle pagine delle più prestigiose riviste internazionali, dal “New York Times”, al “Days Japan”, fino all’“Obs”, al norvegese “Aftenposten”, al “The Washington Post”, all’“Internazionale” e all’“Espresso”.

Gianni Milani

Nelle foto: Cinzia Canneri da “Women’s bodies as battlefields”; Cinzia Canneri

Il pellerossa e il day-glo

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

 

Citazione letteraria d’obbligo in apertura di articolo, oggi che parliamo dell’etichetta di Los Angeles “Chattahoochee Records”, attiva tra 1962 e 1966 e saltuariamente tra 1972 e 1979. La cromia piuttosto ricorrente sui 45 giri in questione vedeva l’accostamento viola chiaro e arancio, che nella mia mente rimanda subito ai colori “DayGlo” tanto cari a quei pionieri del movimento psichedelico che furono i “Merry Pranksters”, le cui vicissitudini e il cui viaggio “coast to coast” vennero narrati e storicizzati nel celebre libro del 1968 di Tom Wolfe “The Electric Kool-Aid Acid Test”, vero manifesto della “Psychedelia” a stelle e strisce. Colori che avevano la tipica pigmentazione rilucente e autoriflettente alla luce solare (“glowing in daylight”) dei primi psichedelici della “West Coast” tra San Francisco e Los Angeles, che pareva accendersi ulteriormente sulla pelle abbronzata di quei liberi vagabondi sognatori; quei colori saranno poi ben visibili per esempio nei successivi celeberrimi manifesti rock di Victor Moscoso e di innumerevoli locandine ed annunci di eventi della “Summer of Love” del 1967. Ecco che “Chattahoochee Records”, proprio negli anni 1963-1964 delle scorribande “Pranksters”, iniziava a proporre quella cromia suggestiva e iconica, accompagnata da un logo in cui campeggiava un pellerossa con copricapo e tamburi. Possiamo segnalare inoltre che, sebbene la discografia “Chattahoochee Records” non fosse incentrata sul garage e sul surf rock, tuttavia nelle “compilations” attuali si rileva un interessante ritorno di questa etichetta, così come nei cataloghi di settore e tra i cultori del genere. Qui di seguito si elencano esclusivamente i 45 giri di surf, garage e psychedelic rock del periodo 1963-1966:

– THE MURMAIDS “Wild And Wonderful / Bull Talk” (CH 641-1) [1964];

– THE CONTENDERS “The Dune Buggy / Go Ahead” (CH-644) [1964];

– THE CONTENDERS “Johnny B. Goode / Rise ‘n’ Shine” (CH 656) [1964];

– THEE MIDNITERS “Land Of A Thousand Dances (Part 1 – 2)” (CH-666) [1964];

– THE CONTENDERS “The Toughest Band Around / Drag Slot” (CH-671) [1965];

– DANNY WARNER & THE SESSIONS “Big Boss Man / Tramway” (CH 675) [1965];

– THEE MIDNITERS “Whittier Blvd. / Evil Love” (CH-684) [1965];

– THE BOSTWEEDS “Simple Man / Little Bad News” (CH-689) [1965];

– THEE MIDNITERS “Empty Heart / I Need Someone” (CH-693) [1965];

– THEE MIDNITERS “That’s All / It’s Not Unusual” (CH-694) [1965];

– THE PASTEL SIX “I Can’t Dance / Red River Valley” (CH 696) [1965];

– TY WAGNER & THE SCOTCHMEN / TY WAGNER & THE ONES “I’m A No-Count / Walking Down Lonely Street” (699) [1965];

– THE BOSTWEEDS “She Belongs To Me / Lisa” (CH-701) [1965];

– THEE MIDNITERS “Land Of A Thousand Dances / Ball O’Twine” (CH 666; RE-1) [1965];

– BOB LINKLETTER “The Out Crowd / The Final Season” (CH 702) [1966];

– MOSS & THE ROCKS “There She Goes / Please Come Back” (CH-703) [1966];

– THE ANGLO-AMERICANS “The Music Never Stops / Are You Ready For This?” (705) [1966];

– THEE MIDNITERS “I Found A Peanut / Are You Angry” (CH-706) [1966];

– DEE CEE CORD “Ya Know / Kind Words” (CH-707) [1966];

– DOW JONES AND THE AVERAGES “Bring It On Home / Chim Chim Cher-ee” (CH-709) [1966];

– THE CHYMES “Quite A Reputation / He’s Not There Anymore” (CH-715) [1966];

– THE END RESULT “A Bird In The Hand / Never Ask Again” (CH-717) [1966];

– THE SURVIVORS “Midnight Mines / Quoth The Raven” (CH-718) [1966].

Gian Marchisio

“Territori d’autore 2025”, Simona Vogliano: “Il canto del torrente”

 

Proseguirà il 26 ottobre, alle 17.30, presso i locali del Ricetto di piazza della Fontana, in frazione Muriaglio di Castellamonte, “Territori d’autore”, la rassegna organizzata dalla Società di Mutuo Soccorso Agricola e Operaia. Proprio il 26 ottobre Simona Vogliano presenterà il suo romanzo “Il canto del torrente”, pluripremiata pubblicazione che, negli ultimi mesi, sta regalando molte soddisfazioni all’autrice. Nella cornice selvaggia e affascinante della Valchiusella, Giorgio Invaro, scultore e chimico, lotta per difendere la sua terra da chi vuole sfruttarla senza scrupoli. Dopo anni trascorsi a Londra, è tornato tra le montagne per scolpire la pietra della sua valle e riscoprire se stesso. Il passato lo raggiunge quando Elisabeth, l’amore che ha lasciato dietro di sé, riappare con un progetto rivoluzionario: trasformare la vecchia cartiera in una scuola di mestieri artigiani. Tra battaglie legali, sabotaggi e segreti mai sopiti, l’esistenza della valle si scontra con l’avidità di Cosimo Valli, deciso ad impadronirsi della cava.

Un piccolo momento conviviale concluderà l’incontro. Chiuderà la rassegna “Territori d’autore” Oliviero Cima, con “Due soldi di benessere” (Baima Ronchetti & C. Edizioni), inserito nella biblioteca degli scrittori piemontesi.

Mara Martellotta

Sotto la Mole: la Torino segreta che non tutti conoscono

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO

Torino è una città che si concede lentamente, come se custodisse gelosamente la propria anima dietro una facciata di eleganza discreta. Chi la osserva solo in superficie ne coglie l’ordine sabaudo, i portici, la monumentalità della Mole Antonelliana. Ma basta deviare di poco dai percorsi turistici per accorgersi che esiste un’altra Torino, fatta di sotterranei, passaggi dimenticati e leggende che si intrecciano alla quotidianità. È la Torino segreta, quella che vive sotto la Mole e che continua a esercitare un fascino silenzioso e persistente.
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Le gallerie sotto la città
Pochi sanno che sotto le vie del centro storico corre una rete di gallerie e cunicoli che risalgono all’epoca barocca. Scavati a partire dal Seicento per motivi militari, questi passaggi collegavano le caserme e le fortificazioni che circondavano la città. Oggi alcuni tratti sono visitabili e offrono una prospettiva del tutto diversa: una Torino sotterranea, dove l’umidità delle pareti e il profumo della terra raccontano storie di soldati, di fughe e di segreti.
Le visite guidate, organizzate da associazioni locali, conducono i visitatori attraverso percorsi che alternano storia e suggestione. Si entra da una botola anonima e ci si ritrova immersi in un silenzio antico, lontano dal traffico e dalle luci. È un viaggio nel tempo, ma anche una metafora perfetta della città stessa: un luogo che conserva sotto la superficie i segni di ciò che è stata, e che non ha mai smesso di trasformarsi.
Alcuni dei cunicoli più antichi si trovano nei pressi di Palazzo Madama e del Mastio della Cittadella, dove secondo alcune cronache si rifugiarono i soldati durante l’assedio del 1706. Lì la storia ha lasciato impronte visibili: graffi sui mattoni, incisioni, simboli che testimoniano un passato di resistenza e di ingegno militare.
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Tra esoterismo e curiosità
Torino è da sempre considerata una delle capitali mondiali dell’esoterismo. La leggenda vuole che la città sia uno dei vertici sia del triangolo della magia bianca, insieme a Lione e Praga, sia di quello della magia nera, con Londra e San Francisco. Un doppio volto che ha alimentato racconti, superstizioni e curiosità.
Passeggiando per Piazza Statuto, ad esempio, si incontra la statua dell’“Angelo caduto”, un monumento dedicato ai caduti del Frejus ma che molti torinesi identificano con Lucifero stesso. Il punto, dicono, coincide con il “cuore oscuro” della città, dove si concentrerebbero energie negative. All’opposto, in Piazza Castello e lungo Via Garibaldi, si troverebbero invece i luoghi della “magia bianca”, custodi di armonia e protezione.
Al di là delle credenze, resta il dato più affascinante: Torino ha sempre convissuto con il mistero senza mai farsene travolgere. Forse è proprio questo equilibrio tra razionalità e simbolismo, tra fede e leggenda, a renderla così unica nel panorama europeo. Non a caso, la città è stata spesso scelta come ambientazione per film e romanzi noir, dove le sue luci e le sue ombre diventano parte della narrazione. Camminare di notte per le vie del Quadrilatero Romano, tra i lampioni fiocamente illuminati e i palazzi barocchi, significa immergersi in una scenografia che sembra costruita per il racconto del mistero.
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Cortili nascosti e memorie quotidiane
Ma la Torino segreta non è fatta solo di mistero. È anche quella che si nasconde dietro i portoni dei palazzi ottocenteschi, dove cortili interni e scalinate in pietra raccontano un passato domestico e borghese. In via Po, in via della Consolata, o nei vicoli di Vanchiglia, capita spesso di intravedere, tra un portone socchiuso e l’altro, piccoli giardini nascosti, fontane, vecchie botteghe artigiane sopravvissute al tempo.
Sono luoghi che non finiscono mai sulle guide turistiche, ma che custodiscono il ritmo autentico della città. È lì che il torinese autentico beve il caffè, scambia due parole con il vicino o si ferma a leggere il giornale seduto su una panchina. È una quotidianità che resiste, anche in un contesto sempre più internazionale, e che rappresenta forse la vera anima di Torino: quella di una città che sa rinnovarsi senza perdere il contatto con le proprie radici.
Chi arriva da fuori spesso rimane colpito dal contrasto tra la compostezza delle facciate e la vivacità che si scopre all’interno. È una caratteristica che i torinesi portano anche nel carattere: riservati all’apparenza, ma capaci di grande accoglienza una volta varcata la soglia.
Oggi, mentre Torino si presenta come città dell’innovazione e del design, la sua identità profonda rimane legata proprio a questa duplicità. Da un lato la modernità delle architetture post-industriali, dall’altro la memoria silenziosa dei cortili, delle strade acciottolate, dei racconti tramandati di generazione in generazione. È un equilibrio fragile ma vitale, che contribuisce a rendere Torino diversa da qualsiasi altra città italiana: più riservata, forse, ma anche più autentica.
Sotto la Mole, insomma, non c’è solo la storia dei re e delle fabbriche, ma un intreccio di luoghi e voci che continuano a parlare a chi sa ascoltare. Una città che si lascia scoprire piano, con la stessa eleganza con cui nasconde i suoi segreti.
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NOEMI GARIANO

“Il Treno dei Desideri” in scena a Rivara

Domenica 19 ottobre, alle ore 16, presso il teatro di Rivara, andrà in scena lo spettacolo “Il Treno dei Desideri”, scritto e interpretato dalla bravissima Roberta Belforte, che sta riscuotendo data dopo data un importante successo.

Alle 15.30, mezz’ora prima dell’inizio, il pubblico è invitato a partecipare a una dedica, da parte del teatro di Rivara, a una persona speciale.
“Il Treno dei Desideri” accompagna Linda, interpretata dalla Belforte, in un viaggio tra ricordi, incontri inattesi e soste sorprendenti. Tra partenze e ritardi, ogni tappa della pièce invita a scegliere, a confrontarsi con il passato e a guardare dritti verso il futuro con coraggio e un pizzico di follia.
Linda, come ognuno di noi, cerca risposte: salirà su un treno diretto a Napoli per ricucire con un amore ormai prigioniero del passato. Ogni tappa lungo il tragitto andrà a simboleggiare il carico emotivo che il futuro chiede per trasformarsi in realtà, ogni incontro determinerà nuove consapevolezze lungo il suo cammino.
Roberta Belforte, attrice, autrice e voce versatile, intreccia energia e sensibilità in ogni scena, portando esperienza teatrale, cinematografica e televisiva in un racconto che resta nel cuore.
Teatro di Rivara – via Bartolomeo Grassa 9, Rivara
Info e prenotazioni: 371 1420624
Gian Giacomo Della Porta

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

A cura di Elio Rabbione

A Big Bold Beattiful Journey – Un viaggio straordinario – Drammatico. Regia diKonogada, con Clin Garrell e Margot Robbie. David, da sempre single con la volontà di esserlo ancora per parecchio tempo, incontra Sarah – single, manco a dirlo – al matrimonio di un amico. Viaggiando in una sorta d’incantesimo, i due si ritroveranno, a bordo su di un’auto, dinanzi a una serie di porte che permetterà di farli entrare in momenti già vissuti da entrambi e per loro cruciali. Saranno anche momenti per rivedere e correggere quei momenti, i loro comportamenti: cominciando con lo scoprire anche se stessi e l’amore che li può legare. Durata 109 minuti. (The Space Torino, The Space Beinasco)

After The Hunt – Thriller. Regia di Luca Guadagnino, con Julia Roberts, Andrew Garfield e Ayo Edebiri. Terzo film su suolo americano del regista di “Chiamami col tuo nome”, dove Alma è insegnante di filosofia all’università di Yale, del suo gruppo fanno parte l’assistente Hank, quarantenne, e la dottoranda Maggie, in non completa armonia tra loro. Un giorno la ragazza si presenta a casa di Alma (che ha anche un proprio segreto da camuffare) e le confessa di aver subito molestie da Hank: all’insegna del me too, da un lato una credibilità verso chi combatte per il presente delle donne e dall’altro in beneficio del dubbio da riconoscere comunque a Hank, entrambi metteranno a dura prova il fisico e la mente dell’insegnante. Scrive Maurizio Porro nelle colonne del Corriere: “Guadagnino padroneggia l’atmosfera con un certo esibizionismo dialettico, che però si dipana òlungo la bravura notevole di tutto il cast, tra ambiguità, sottintesi e dialoghi quasi vintage tanto sono ben scritti e una Julia Roberts che colpisce, di raffinata malinconia.” Durata 139 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

A House of Dynamite – Drammatico. Regia di Kathryn Bigelow, con Idris Elba e Rebecca Ferguson. Radar militari in Alaska scoprono che un missile nucleare è stato lanciato da una parte imprecisata del Pacifico e che entro 19 minuti colpirà Chicago, uccidendo oltre 10 milioni di persone. Non si sa chi l’abbia sganciato, non si sa chi sia il nemico che in silenzio ha dichiarato guerra all’America: il Presidente sa che con gli uomini che gli sono attorno deve prendere una decisione in una manciata di minuti. Presentato in concorso alla recente Mostra veneziana. Designato Film della Critica dal SNCCI: “Kathryn Bigelow mostra ancora una volta la sua maestria registica nel raccontare i venti minuti precedenti ad un (possibile?) attacco atomico negli Stati Uniti da tre angolazioni diverse, costruendo un complicato puzzle acustico e visivo. Teso e adrenalinico, il film descrive un evento per cui nessuno è preparato, dimostrando come la tecnologia più sofisticata non aiuti a fermare il pericolo. Un thriller che va oltre il racconto ammonitore, oltre la fantapolitica, per rivelarsi un’agghiacciante fotografia dell’esistente: qui, e ora.” Durata 112 minuti. (Massimo sala Cabiria V.O.)

Amata – Drammatico. Regia di Elisa Amoruso, con Miriam Leone, Stefano Accorsi e Tecla Insolia. “Amata” racconta due vite che si sfiorano senza incontrarsi, legate da fili invisibili e scelte capaci di cambiare un destino. Con uno sguardo intimo, sensuale e profondamente umano, “Amata” esplora attraverso il corpo e l’anima delle sue protagoniste cosa significa scegliere. E amare. Nunzia è una giovane studentessa fuori sede, schiacciata dal peso di una gravidanza segreta e non desiderata. In una realtà che la isola, si confronta con una decisione profonda e lacerante: custodire o rinunciare. Altrove, Maddalena e Luca abitano il vuoto lasciato da ciò che non arriva. Dopo un lungo percorso, una possibilità si affaccia nelle loro vite: delicata, luminosa, carica di attese. “Amata” è la storia incrociata di due donne, fragilità combattenti e potenti, che raccontano l’amore, la libertà e la maternità in molte delle sue forme. E di una terza donna, Margherita, la bambina, sospesa tra mondi diversi, portatrice silenziosa di un legame che unisce, senza che nessuno lo sappia. Durata 100 minuti. (Massaua, Reposi sala 2, Romano sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

L’attachement – La tenerezza – Drammatico. Regia di Carine Tardieu, con Valeria Bruni Tedeschi e Pio Marmaï. L’occupazione di Sandra è la gestione di una libreria, conduce una vita tutta sua tra molte sigarette, vari compagni occasionali, la certezza di non aver mai voluto avere figli. Ma se poi prevale l’incontro con la propria vicina di casa che s’allontanerà qualche giorno per andare in ospedale a partorire, vicina che le rifila il primogenito Elliott di cinque anni perché sia lei a occuparsene? Una tragedia inaspettata stravolgerà la via e le abitudini di Sandra, costringendola a far parte contro ogni sua volontà del ménage della porta accanto. Ma intanto stanno entrando in scena un grande attaccamento e una immensa tenerezza. Tratto dal romanzo “L’intimité” di Alice Ferney. Durata 106 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Harpo)

Le città di pianura – Commedia. Regia di Francesco Sossai, con Filippo Scotti, Sergio Romano, Andrea Pennacchi e Robero Citran. Due spiantati cinquantenni sono ossessionati di bere l’ultimo bicchiere. Una sera incontrano un ragazzo, Giulio, timido studente di architettura e il modo di vedere il mondo e l’amore all’improvviso si trasforma pian piano mentre i tre girano tra i locali del Veneto. Durata 90 minuti. (Eliseo, Romano sala 2)

Duse – Drammatico. Regia di Pietro Marcello, con Valeria Bruni Tedeschi, Noémie Merlant e Fausto Russo Alessi. Negli anni tra la Prima Guerra Mondiale e l’ascesa del fascismo, la Divina sceglie di tornare nel luogo dove la sua vita ha avuto inizio: il palcoscenico. Costantemente in lotta con la brutalità degli eventi e del potere, e aggrappandosi alla possibilità dell’utopia, fa della sua arte un atto rivoluzionario, anche a costo di sacrificale salute e affetti. E affronta il suo viaggio finale consapevole di poter rinunciare alla vita stessa ma non alla sua vera natura. Il film è stato designato “Film dellaCritica” dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani con la seguente motivazione: “Mentre il corpo del Milite Ignoto attraversa l’Italia in treno per essere sepolto a Roma, Eleonora Duse vive gli ultimi anni della sua vita: non la fermano né la tisi né i debiti perché le interessano solo tre cose: “lavorare, vivere. morire”. E Pietro Marcello affida a una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi il compito di illustrare il dramma di chi è disposta a scendere a patti anche col potere per poter continuare a confrontarsi con l’arte del teatro. Un film dove il materiale d’archivio s’intreccia alla finzione per scavare dentro la vita di una donna pronta a sacrificare anche l’amore materno per tener fede alla sua missione d’attrice.” Durata 125 minuti. (Nazionale sala 3)

Eddington – Drammatico. Regia di Ari Aster, con Joaquin Phoenix, Pedro Pascal, Austin Butler ed Emma Stone. Maggio 2020, in periodo di piena pandemia, nella piccola cittadina di Eddington, nel New Mexico, lo sceriffo Cross si ritrova a dover osteggiare l’imposizione della mascherina protettiva, venendo immediatamente in contrasto con il sindaco Garcìa, che della moglie di Cross, donna mentalmente instabile, è stato in passato l’amante. Contrasti politici riversati nel personale. Quando Cross decide di candidarsi a sindaco, ecco che la cittadine si divide in gruppi di diversi interessi, il tutto coinvolgendo proteste giovanili e post e messaggi virali, sino a degenerare in un fatto di violenza che metterà a repentaglio la vita della comunità. Durata 148 minuti. (Massaua, Fratelli Marx sala Harpo anche V.O., Lux sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Jane Austen ha stravolto la mia vita – Commedia drammatica. Regia di Laura Piani, con Camille Rutherford, Charlie Anson e Pablo Pauly. Agathe, una ragazza goffa e al tempo stesso affascinante e piena di contraddizioni, si ritrova ad affrontare la sua solitudine. Sogna un amore simile ai personaggi di un romanzo di Jane Austen e la sua massima aspirazione è diventare una scrittrice. Invece trascorre le sue giornate vendendo libri nella leggendaria libreria britannica Shakespeare&Company, a Parigi. Invitata in Inghilterra alla residenza per scrittori di Jane Austen, deve combattere con le sue insicurezze: fino a quando non accade qualcosa di inaspettato e la sua vita cambia come per magia. Durata 94 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Per te – Drammatico. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Javier Francesco Leoni e Teresa Saponangelo. Paolo, quarantenne, ha cominciato a poco a poco svanire parti della propria memoria, a causa di una malattia neurovegetativa, Accanto a lui ci sono la moglie e il piccolo Mattia, di soli undici anni, che dimenticando tutto ciò che fanno i ragazzini della sua età, diverrà la sua guida, il suo sostegno. Lo sosterrà anche con le più piccole cose, con i gesti d’affetto, con i momenti di allegria che riuscirà a costruire. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Il professore e il pinguino – Commedia drammatica. Regia di Peter Cattaneo, con Steve Coogan e Jonathan Price. Argentina, 1976. Tom, insegnante inglese senza certezze e senza sogni, accetta un lavoro in una scuola privata frequentata da gente danarosa. Agli ordini del ferreo preside Buckle, mentre all’esterno si respira aria di lotta e di rivoluzione. Durante una vacanza in Uruguay, su una spiaggia dove il petrolio è arrivato a inquinare e uccidere, Tom trova un pinguino in fin di vita. il professore lo prende e lo pulisce, lo salva e lo porta con sé di nascosto a casa sua. Nasce una vera amicizia, l’animale è il riferimento di parole e chiacchiere l’unico confidente: un angolo di serenità mentre il paese è travolto dall’arrivo di ombre scure e sanguinose. Durata 111 minuti. (Massaua, The Space Torino, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

La ragazza del coro – Drammatico. Regia di Urška Djukić, con Jara Sofija Ostan e Mina Švajger. Protagonista è Lucia, una ragazza dall’animo particolarmente sensibile che canta nel coro di una scuola cattolica. In un contesto fatto di regole, silenzi e aspettative, Lucia si ritrova ad affrontare per la prima volta domande profonde e scomode: a chi appartiene il mio corpo? Come si imparano le regole del cuore e della vita? Attraverso le interpretazioni autentiche delle due attrici sopra citate, il film mette in scena con delicatezza e forza la scoperta della sessualità, i conflitti interiori e le dinamiche sociali che accompagnano la crescita. Durata 89 minuti. (Romano sala 3)

Squali – Drammatico. Regia di Daniele Barbiero, con Lorenzo Zurzolo Francesco Centorame e James Franco. Max è un ragazzo diciannovenne che con gli amici ha in programma un viaggio in Spagna. Ma uno sconosciuto Mr Price lo contatta con una email proponendogli di approfondire insieme un’app che il ragazzo ha creato in aiuto a quei suoi coetanei che debbono scegliere una facoltà universitaria. Lontano da casa, nella capitale, Max deve confrontarsi con le scelte obbligatorie e con il mondo degli adulti, in previsione di un futuro che è difficile al momento portare avanti. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi sala 4, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

The Life of Chuck – Drammatico, fantascienza. Regia di Mike Flanagan, con Tom Hiddleston, Karen Gillian e Mark Hamill. Una serie di eventi sta sconvolgendo il mondo così come lo conoscevamo. Internet non funziona più, la California si sta staccando dagli Stati Uniti in seguito a eventi tellurici, le scuole non hanno studenti. Sui pochi mezzi di comunicazione ancora funzionanti compare il ringraziamento al contabile Chuck Krantz per i suoi 39 anni di contributo all’umanità. Da qui inizia il percorso à rebours che ce ne illustra la vita e la passione per il ballo. Durata 110 minuti. (Reposi sala 5)

The Voice of Hind Rajab – Drammatico. Regia di Kaouther Ben Hania, con Saja Kilani e Motaz Malhees. Leone d’Argento a Venezia 82. Il 29 gennaio 2024 i volontari della Mezzaluna Rossa ricevono una chiamata di emergenza. Una bambina di sei anni è intrappolata in un’auto sotto attacco a Gaza e implora di essere salvata. Mentre cercano di tenerla al telefono fanno tutto il possibile per farle arrivare un’autoambulanza. Il suo nome era Hind Rajab. “Come l’Anna Frank del nuovo genocidio, la innocente vittima con voce impaurita ricostruisce la Storia, aprendo un dibattito che va alle radici del cinema. Chiuso in una stanza, il film ne esce infelice e vittorioso perché racconta una disfatta ma anche una resistenza al Male che lo ha prodotto” (Maurizio Porro, Corriere della Sera). Designato Film della Critica dal SNCCI: “Spingendosi con coraggio e determinazione nella ricostruzione dei tragici eventi accaduti il 29 gennaio 2024 a Gaza, Kaouther Ben Hania crea una intensa tessitura drammatica basata sulla finzione scenica per dare rilievo alla terribile realtà dei fatti testimoniata dalle registrazioni delle vere telefonate tra gli operatori della Mezzaluna Rossa e una bambina di sei anni, che chiedeva aiuto, chiusa in un’auto accerchiata dai carri armati dell’esercito israeliano, mentre il resto della famiglia era già morta. Il film, che intreccia con limpida tensione etica il piano della finzione scenica e quello della verità documentata, offre allo spettatore una testimonianza segnata da sconcerto, indignazione, dolore e pietà, che restituisce le dimensioni reali della disumanizzante tragedia in atto nel territorio palestinese.” Durata 89 minuti. (Centrale V.O., Eliseo V.O., Fratelli Marx sala Chico V.O.)

Tre ciotole – Drammatico. Regia di Isabel Coixet, con Elio Germano e Alba Rohrwacher. Dopo quello che sembrava un banale litigio, Marta e Antonio si lasciano. Marta reagisce alla rottura chiudendosi in se stessa. L’unico sintomo che non può ignorare è la sua improvvisa mancanza di appetito. Antonio, chef in rampa di lancio, si butta sul lavoro. Ma sebbene sia stato lui a lasciare Marta, non riesce a dimenticarla. Quando Marta scopre che la mancanza di appetito ha più a che fare con la propria salute che con il dolore della separazione, tutto cambia: il sapore del cibo, la musica, il desiderio, la certezza delle scelte fatte. Dal romanzo di Michela Murgia. Durata 122 minuti. (Fratelli Marx sala Groucho, Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo Grande, Nazionale sala 2, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Tron: Ares – Azione, fantascienza. Regia di Joachim Rønning, con Jared Leto, Greta Lee e Jeff Bridges. Ares è inviato nel mondo reale, stabilendo così il primo incontro dell’umanità con esseri dotati di intelligenza artificiale. La sua esistenza cambia, sviluppa una nuova quanto a lui sconosciuta coscienza, instaura rapporti inaspettati con una brillante tecnologa, che è alla ricerca di un codice scritto da Kevin Flynn. Durata 119 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi sala 5, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco)

Un crimine imperfetto – Thriller. Regia e con Franck Dubosc, con Laure Calamy e Benoît Poelvoorde. Ambientato in un remoto villaggio del Giura, dove Michel e Cathy tirano avanti vendendo alberi di Natale. Con il figlio dodicenne Doudou, ragazzino con difficoltà, vivono in una vecchia fattoria tra montagne innevate, conti in rosso e sogni ormai sbiaditi. La coppia è allo stremo: troppe rate da pagare, troppe delusioni e un inverno che non sembra finire mai. Una sera, sulla strada del ritorno, Michel inchioda di colpo per evitare quello che sembra un orso sulla carreggiata. La manovra azzardata lo fa schiantare contro un’auto sul ciglio della sttada, i cui passeggeri a bordo muoiono sul colpo. Preso dal panico, Michel chiama Cathy. Dopo un breve, gelido silenzio, decidono insieme di nascondere tutto. Mentre tentano di far sparire i corpi, nel bagagliaio dell’auto incidentata scoprono una borsa con oltre due milioni di euro in contanti. Quello che inizialmente sembra un miracolo natalizio si trasforma in un incubo a occhi aperti, innescando una serie di eventi caotici e assurdi. Ha scritto Maurizio Porro nelle colonne del Corriere della Sera: “Il problema è l’accumulazione dei fatti, tanti da sembrare un sogno, indagini e rimorsi, euro ed etica, un’alta tensione che si stempera in osservazioni di colore umoristico ma in un panorama notturno tenebroso, come se fosse tutto una paurosa favola per grandi.” Durata 109 minuti. (Classico, Due Giardini sala Nirvana)

Una battaglia dopo l’altra – Thriller, azione. Regia di Paul Thomas Anderson, con Leonardo Di Caprio, Sean Penn, Benicio Del Toro e Chase Infiniti. Un gruppo di ex rivoluzionari si riunisce quando un loro perfido nemico riemerge dal loro passato, dopo sedici anni di silenzio. Tra loro, Bob Ferguson, che ha sognato per anni un mondo migliore ai confini tra Messico e States. Appeso al chiodo l’artiglieria e il nome di battaglia, Ghetto Pat, fa il padre a tempo pieno di Willa, adolescente esperta di arti marziali. Tra una canna e un rimorso prova a proteggerla dal suo passato che puntualmente bussa alla porta e chiede il conto. Dall’ombra riemerge il colonnello Lockjaw, che più di ogni altra cosa vuole integrare un movimento suprematista devoto a San Nicola. Il gruppo avrà il duro compito di salvare la ragazza, che verrà rapita, prima che accada l’inevitabile. Durata 161 minuti. (Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Chico, Greenwich Village sala 2 anche V.O., Ideal, Lux sala 3, Nazionale sala 1, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

La simpatia e la passione di una avanzata terza età

Nel cartellone del Festival delle Colline

Bien sympa!, potrebbe essere il giudizio da dare a “La vie secrète des vieux” visto al Festival delle Colline, una fitta coproduzione tra tante realtà teatrali, a cominciare dal Festival d’Autumne di Parigi o dal Théâtre National Wallonie di Bruxelles, dal Festival d’Avignon o dalla Comédie de Genève, una sorta di Villa Arzilla dove un gruppetto sempre meno fitto di orgogliosi vegliardi si mette a informare un pubblico – alla fine divertitissimo – delle proprie ancora prodezze sessuali. Dico “meno fitto” dal momento che da una precedente distribuzione si contavano, “in ordine di longevità” capace di superare il secolo, ben tredici rappresentanti mentre l’altra sera, sul vasto palcoscenico dell’Astra, sgambettavano soltanto più in sei, qualcuno sicuramente perso per la strada, con conseguente differenza di durata dello spettacolo, una visibile su un piccolo schermo, ex annunciatrice di una qualche tivù, un paio, Anna e Georges, deceduti negli ultimissimi anni, i compagni pronti di lui a mettere in bella mostra l’urna delle ceneri perché sia ancora lì a prendere parte in qualche modo allo spettacolo.

Ed eccoli lì allora, guidate e guidati dall’affetto (e dalla realizzazione) di Mohamed El Khatib, sotto le cure e le altrettante narrazioni e attenzioni di una giovane accompagnatrice, che terminerà a cantare come Céline Dion sul ponte del Titanic in uno slancio canoro e non soltanto, affettuoso ognuno all’insegna del the show must go on, i vari Micheline Chille Jean-Pierre Annette Jean Paul, a dire dei propri corpi che non sono più quelli di un tempo, di quel vicino di stanza per cui una passione rimane, del primo orgasmo avuto a 65 anni, dei baci rubati su una panchina, del piacere di una sauna (con tanto d’indirizzo, tra i presenti non si sa mai…) con quei ragazzi che possono trovare piacere con un vecchio e lui con loro, di una serie d’amori etero felicemente stabilizzati in una relazione lesbica. Il desiderio che si può vestire di nuovi abiti, il reinventare la propria sessualità, intimità, chiacchiere, affettuosità, amori, divertissements solitari che coinvolgono l’uno e l’altro sesso, sorrisi e risate, allegria e confessioni aperte, fragilità e ribellioni pronte a combattere contro la cerchia familiare, gli “attori” (ma una sola lo è di professione, tutti gli altri non hanno nessun curriculum alle spalle) a divertirsi e a divertire, non esclusi canzoni e passi di ballo: vita vissuta o almeno crediamo presa a prestito, un documentario di parole, esperienze da trasmettere, tutto molto simpatico, dicevamo all’inizio. Non abbiamo partecipato a una serata “teatrale” ma ci siamo divertiti.

Elio Rabbione