CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 399

Garage rock USA 1966. Discografia minore / 13

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60


Se una garage rock band americana anni ‘60 riusciva ad aprire un’esibizione in una data di tour di una band di primo piano, probabilmente poteva avere la fortuna (occasione più unica che rara) di esibirsi in un palazzetto ampio o comunque in luoghi con buone (se non ottime) acustiche. Ma era l’eccezione… Se si era meno fortunati c’erano le piste di pattinaggio su rotelle, o le palestre di “high schools”, o ancora i luoghi di ritrovo per i “frat parties”. Ma il più delle volte ci si doveva aggiustare in qualche modo, in “venues” davvero improvvisate ed ostiche, riadattando improbabili “locations” adibite a tutt’altro o perfino all’aperto (tipo in parcheggi di benzinai, o in aree limitrofe alle rivendite di automobili, o persino in ex campi di football ormai in disuso etc.). Nella presente sezione di discografia incontriamo varie bands che mai ebbero il privilegio di fare da “opening band” ma, al contrario, dovettero confrontarsi
anche con la dura realtà della strada, costrette non di rado ad esibirsi in condizioni difficili, talvolta “estreme”…

 

–  The Teddy Boys “Jezebel / It’s You”  (MGM Records K13515);

–  Shandels “Stop Your Cryin’ / Redskin”  (Music Town Records 45-113);

–  Sean and The Brandywines “Cod’ine / She Ain’t No Good”  (Decca 31910);

–  The American Teens “A Brand New Love / Shake Shake Baby”  (Swan S-4246);

–  The Sinders “Get Out Of My Life / Sinners”  (Key Records G-1085);

–  The Executioners “I Want The Rain [voc.] / I Want The Rain [instr.]”  (Swan S-4259);

–  The Trochais “Phantom / Give Me An Answer”  (Satin SA-004);

–  The Wigggs of 1666 “It Will Never Be The Same / Never”  (Mercury 72527);

–  The Midknights “Pain / Why”  (Style Records 2001);

–  The Sure Cure “Anything You Want / I Wanna Do It”  (Parkway P-145);

–  The End Result “A Bird In The Hand / Never Ask Again”  (Chattahoochee Records CH-717);

–  The Orbits “Make Me Feel Good / Fuzzy”  (Big Sound 815N-304);

–  Three From Three [There] “That’s What I Say / Sad Lovers (Live Today)”  (Champ Records 2005);

–  The Cardinals “I’m Gonna Tell On You / When You’re Away”  (Cha Cha Records C-748);

–  The Symbols “Can I See You Tonight? / Give Me Time”  (JCP 1040);

–  The Ascots “The Wonder Of It All / Summer Days”  (Blue-Fin Records BL-FI-101);

–  Dale Gregory and The Shouters “I Remember / Did Ya Need To Know?”  (B Sharp 271);

–  The Coves “You’re All Through / A Love Like That”  (Raynard RS 10058);

–  The Intruders “Now That You Know / She’s Mine”  (IT Records IT 2312);

–  The Pilgrimage “Bad Apple / You Satisfy Me”  (Mercury 72631);

–  The Rites Of Spring “Why (?) / Comin’ On Back To Me”  (Parkway P-109);

–  The King’s English “It Could Be Bad / Toys In Her Attic”  (Prism 45-PR-1950);

–  Lord and his Barons “Foolis Lies / Guys Theme”  (Fleetwood Records FL 4566);

–  The Riots “I Can Go On / You’re My Baby”  (X66-1388/1389).

(… to be continued…)

Gian Marchisio  

La cassin-a del mangia e beiv

Sabato 19 febbraio 2022

XXXIII RASSEGNA TEATRALE DIALETTALE

Moncalieri, ore 21

Teatro Matteotti, via Matteotti 1

La Rassegna teatrale in lingua piemontese di Moncalieri propone il suo sesto spettacolo in cartellone. Succede sabato sera, 19 febbraio alle ore 21, con il Piccolo Varietà di Pinerolo che sul palco del Matteotti Ij crussi ‘d Don Quaja”. Ovvero: i crucci don don Quaglia, una commedia brillante ambientata in una casa parrocchiale agli inizi degli anni ‘50. Il parroco – coadiuvato da uno zelante sacrestano, dalla vecchia madre, da una nipote non più in tenera età con figlia a carico e una coppia di teneri gatti – si trova a gestire l’arrivo di un uomo dal sud e di una serie di grattacapi a cascata. Si ride tra battute brillanti, paradossi ed equivoci continui, nei due atti firmati da Luigi Oddoero.

La nostra rassegna della commedia in lingua piemontese al Matteotti è da 33 anni uno degli appuntamenti fissi più amati anche ben oltre i confini di Moncalieri – commenta soddisfatta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Ed è un’iniziativa che sosteniamo convintamente, nell’ottica di valorizzare quel che Moncalieri ha di peculiare, gli echi più profondi e caratterizzanti della sua storia. Ben lungi dal rimanere ancorati al passato, l’obiettivo è prima di tutto far vivere e diffondere, grazie all’intenso, metodico lavoro di rete con le compagnie del territorio, quanto c’è di più vivo nella cultura e nell’identità moncalierese”.

Abbonamento a 8 spettacoli: € 50,00

Biglietto singolo: € 8,00 (ridotto per under 12: € 6,00)

Info e prenotazioni: tel. 328.6894390 dalle ore 15,30 alle 19 Mail: annafalconieri50@gmail.com

Un febbraio d’arte al Castello di Rivoli

Nel mese di febbraio, a grande richiesta si moltiplicano le proposte per il tempo libero delle famiglie a cura del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli.

Il Weekend’Arte del 19 e 20 febbraio prende spunto dalla mostra dedicata a Otobong Nkanga – a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria – che si snoda attraverso le cinque grandi sale del terzo piano del Castello e affronta temi di attualità legati alla crisi ecologica, allo sfruttamento delle risorse e alla sostenibilità ambientale a livello planetario. Nel workshop per le famiglie andremo a realizzare elementi di varie forme e colori ispirati al mondo minerale e non solo, fino a comporre inediti paesaggi mutevoli e fluidi per ricordare che, come affermava il poeta John Donne già nel XVI secolo, Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso: ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
A questi appuntamenti si aggiungerà inoltre lo Speciale Carnevale al Museo, in occasione del Giovedì grasso, con le attività pomeridiane giovedì 24 e venerdì 25, più un’edizione straordinaria del Weekend’Arte sabato 26 e domenica 27 febbraio. Una formula che negli anni è stata molto amata dal pubblico, confermando come il Castello di Rivoli sia tra i musei kids and family friendly più apprezzati. Per l’occasione è stata riprogettata in modo da accogliere piccoli gruppi, in linea con le disposizioni di sicurezza anti-Covid 19 e in un ambiente controllato.

Weekend’Arte Paesaggi fluidi Sabato 19 e domenica 20 febbraio ore 11 e 16
Speciale Carnevale al Museo Giovedì 24 e venerdì 25 febbraio ore 17, Sabato 26 e domenica 27 febbraio ore 11 e 16

TARIFFE
Biglietto a tariffa speciale per adulti e bambini 4,50 Euro.
Gratuito per i possessori di Abbonamento Musei e Passaporto Culturale, per i cittadini Rivolesi il terzo sabato del mese.
PRENOTAZIONI
Dipartimento Educazione Castello di Rivoli Tel. 011.9565213 Fax 011.9565232
educa@castellodirivoli.org www.castellodirivoli.org/dipartimento-educazione

Fanpage facebook Dipartimento Educazione Castello di Rivoli twitter @EdRivoli Instagram @artenautecastellorivoli

“La passione del vivere” con Pavese e Fenoglio

 

Saranno Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, dopo Dante e Shakespeare, i protagonisti del nuovo percorso di social reading per le scuole italiane

Dal 21 febbraio al 3 aprile

Un vero e proprio viaggio nella letteratura novecentesca patrocinato dal Ministero dell’Istruzione e realizzato attraverso la formula del “social reading”, pratica di lettura condivisa attraverso cui gli utenti, in questo caso ragazze e ragazzi delle scuole secondarie di tutta Italia, potranno leggere insieme – tramite smartphone o tablet – un testo, commentarlo e discuterne secondo le dinamiche di interazione e comunicazione tipiche dei social network. Dal 21 febbraio (con l’inizio del secondo quadrimestre) al 3 aprile prossimi, il percorso di lettura sarà dedicato a “La passione di vivere – Giovani, donne e territori”nelle opere di due dei maggiori scrittori italiani del nostro Novecento, Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950) e Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963), di cui quest’anno ricorre, fra l’altro, il centenario della nascita. Promosso da “CRC Innova” in collaborazione con “Pearson”, casa editrice leader nel settore educational, con la “Fondazione Cesare Pavese” e il “Centro Studi Beppe Fenoglio” supportati dalla start up innovativa “Betwyll”, ideatrice del metodo di lettura condivisa, il nuovo progetto – sulla base dell’esperienza maturata l’anno scorso che vide al centro del percorso didattico e con grande partecipazione da parte degli studenti, Dante e Shakespeare – vuole avvicinare i giovani a Pavese e Fenoglio attraverso una selezione di testi che “esalta – dicono gli organizzatori – gli aspetti vitali e meno consueti dei due autori, spesso poco evidenziati e valorizzati, ma quanto mai vicini alla quotidianità e alle problematiche dei ragazzi di oggi”. Per Pavese, brani tratti da “La luna e i falò”, “Tra donne sole” e “Il diavolo sulle colline”; per Fenoglio, tra gli altri, i racconti“La sposa bambina”, “Pioggia e la sposa”, “Nove lune”. L’“App Pearson Social Reading”, gratuita e scaricabile su smartphonee tablet, permetterà così agli studenti e ai loro insegnanti di confrontarsi e dialogare tra loro, partendo dai testi degli autori che più svelano il mondo e l’epoca storica in cui hanno vissuto. Pavese e Fenoglio – pur con vite ed esperienze diverse – hanno infatti condiviso significativi elementi biografici, che verranno ricostruiti durante il social reading: entrambi sono figli dello stesso territorio, le amatissime Langhe; hanno vissuto le atrocità della Seconda Guerra Mondiale e i duri anni della Resistenza contro il Nazifascismo; hanno descritto, nelle loro opere, le donne e i giovani del loro tempo e, infine, hanno concluso a Torino la loro esistenza. Saranno quindi le donne e i giovani descritti da Fenoglio e Pavese i protagonisti del percorso di lettura di quest’anno, in una cornice che fa da fil rouge alle narrazioni: il territorio piemontese e in particolare quella genitrice terra di Langa, dai due profondamente radicata nella mente, nella ruvidità dell’espressione, di cuore e d’anima. Gli studenti potranno accedere al social reading su invito del proprio docente, tramite l’App che “li condurrà in un ambiente sicuro e protetto”. Per gli insegnanti, invece, “Pearson” propone più momenti di formazione e assistenza attraverso webinar e tavole rotonde online. Non solo, ma prima dell’inizio del percorso è prevista una lezione speciale per approfondire le chiavi di lettura e avvicinamento proposte nel corso del progetto: “Cesare Pavese e Beppe Fenoglio. Tra tradizione e innovazione”, con interventi di Bianca Roagna, direttrice del “Centro Studi Fenoglio” e di Pierluigi Vaccaneo, Direttore della “Fondazione Cesare Pavese”. Il percorso si concluderà con un incontro finale tra lettrici e lettori, ad Alba a inizio giugno, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario fenogliano: l’“approdo ideale di un viaggio tra le opere di due grandi autori della nostra letteratura contemporanea”.

Per info: “Centro Studi Beppe Fenoglio”,piazza Pietro Rossetti 2, Alba (Cn), tel. 0173/384623 o www.centrostudibeppefenoglio.it ; “Fondazione Cesare Pavese”, piazza Confraternita 1, Santo Stefano Belbo (Cn), tel. 0141/840894 o www.fondazionecesarepavese.it

g.m.

Nelle foto:

–         Beppe Fenoglio

–         Cesare Pavese

Il “Diario di una diversa” della poetessa Alda Merini. Al Gobetti

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Una preziosa testimonianza della sua degenza manicomiale diventa adattamento teatrale 

“Alda, diario di una diversa” ha debuttato al teatro Gobetti di Torino, per la drammaturgia e la regia di Giorgio Gallione. Si tratta dell’adattamento teatrale di “L’altra verità. Diario di una diversa” di Alda Merini, con Milvia Marigliano in scena, accanto ai danzatori di DEOS, Danse Ensemble Opera Studio, Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Ciocchini, Noemi Valente e Francesca Zaccaria. A firmare le coreografie Giovanni Di Cicco, le scene sono di Marcello Chiarenza, i costumi di Francesca Marsella e le luci di Aldo Mantovani.
A partire dall’opera di Alda Merini, una delle voci della letteratura italiana più significative e riconosciute del Novecento, lo spettacolo si pone l’obiettivo di esplorare gli infiniti intrecci presenti tra poesia, follia e teatro danza. La biografia della Merini diventa, così, emblematica, essendo stata segnata da una lunga e dolorosa degenza manicomiale, causata probabilmente da una patologia definita “ sindrome bipolare”, di cui hanno sofferto anche molti altri artisti.
Proprio intorno all’esperienza del manicomio la Merini ha prodotto le sue opere più significative e sconvolgenti, una forma di pura creazione costituita di storie brevi, poesie, rime, nenie, canzoni, epifanie, aforismi, che hanno tratteggiato una vita tragica, “più bella della poesia”.
“Alda. Diario di una diversa” rappresenta un grande affresco elaborato su opera e biografia di Alda Merini, uno spettacolo costruito come una visione, un lucido delirio capace di attraversare tutta l’opera di questa straordinaria poetessa. Il suo universo è contraddistinto da colori forti, in cui “l’estate esplode all’improvviso in mezzo ai rami gelati dell’inverno”, e da continui slittamenti emotivi, stilistici e poetici, tipici di un’artista che è stata sbattuta ai margini del destino, ma sempre miracolosamente “resuscitata”.
Materiali narrativi in questa elaborazione drammaturgica si intrecciano a quelli biografici, arricchiti da squarci lirici, quasi cantati o danzanti. La protagonista, Maria Marigliano, è affiancata da un gruppo di danzatori capaci di dar vita a una sorta di creazione vicina alle modalità del teatro / danza, dalla quale emerge un universo mentale abitato da ricordi, ma anche da fantasmi, deliri, follia e amore.
Nel libro intitolato “L’altra verità. Diario di una diversa” Alda Merini ci narra con grande lucidità i dieci anni trascorsi al Paolo Pini di Milano, dove vi fu ricoverata per la prima volta giovanissima, nel 1964, a causa di un esaurimento, che si era aggravato a seguito della morte della madre e delle incomprensioni con il marito cui aveva inutilmente chiesto conforto. La poetessa narra la sua esperienza manicomiale attraverso un racconto profondo, intenso e coinvolgente, affidato a una scrittura snella, essenziale e rapida. Le persone rinchiuse in manicomio, che emergono dal ritratto di Alda Merini, sono ridotte a meri oggetti, denudate e rivestite di camicie e vestaglie enormi, private delle più elementari libertà, con mani e piedi legati e spesso costrette a vivere in condizioni disumane in mezzo ai propri stessi escrementi. Tra i ricoverati emerge dalla descrizione della scrittrice la presenza non solo di persone afflitte dalla malattia mentale, ma anche di soggetti assolutamente non folli, di cui la società civile voleva disfarsi, perché avevano tenuto una condotta ritenuta lesiva di norme sociali e morali, come le ragazze madri povere o i portatori di handicap fisici pesanti, di cui la famiglia di origine non poteva o voleva farsi carico.
La piece, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova, sarà in scena al teatro Gobetti per la stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 6 marzo prossimo.

Mara Martellotta

Un dongiovanni mordi e fuggi, allegramente diviso tra vita e teatro

Sul palcoscenico dell’Erba “Il fidanzato di tutte”

Il mondo dello spettacolo, un gruppo di ragazze e ragazzi, aspiranti attori e cantanti, ballerini, in un continuo alternarsi di successi e piccole delusioni. Il mondo dei provini e delle audizioni, dei talent che possono aprire ogni porta, di un successo improvviso che ti potrebbe imporre come stella di prima grandezza, una scommessa all’estero che potrebbe farti fare un bel salto nel mondo internazionale. Un gruppo dove circolano affetti e amicizia, storie d’amore che si sgonfiano come sono sbocciate o avventure che mescolano improvvisazioni e sesso, quando si arriva al dunque cui tutti aspirano. Magari anche un briciolo più o meno grande di invidia, ti verrebbe da pensare. Al centro del gruppo è “Il fidanzato di tutte” – autori Francis Jackets e Jérôme Dagneau (viene il dubbio che, almeno in buona parte, qualcuno si nasconda dietro questi nomi, qualcuno vicino a Torino Spettacoli? e poi: quanto c’è di aggiornato o di autobiografico nelle parole di Luca e dei suoi compagni?), regia di Girolamo Angione, in scena all’Erba sino a domenica 20 -, ovvero quel Luca, bello, spigliato, rubacuori, “dongiovanni mordi e fuggi”, casanova senza freni, che cerca di far innamorare tutte le ragazze che gli capitano a tiro, avventure sui due mesi e niente più, sicuro di far breccia ma sempre lasciato a bocca asciutta: e così, con tutta la debolezza che fa da contraltare alla spudorata esistenza di ogni giorno, si rifugia nei consigli di una invisibile quanto ironica psicologa (il lettino delle confessioni è al centro della scena firmata da Gian Mesturino), o tenta di fare suoi i face time che il primo amore, un’attrice più grande di lui ormai ritiratasi lontano dai palcoscenici, nella tranquilla casa in riva al lago, gli elargisce, pieni di ricordi e di speranze verso il futuro soprattutto, con il grande e materno comandamento di abbracciare in maniera definitiva e seria il teatro. Nel tentativo di rimettere ordine nella sua vita sentimentale e di dar corso ai suoi progetti di lavoro, Luca dovrà anche accorgersi che i sentimenti più autentici gli vengono da un amico del gruppo, che forse per troppo tempo se ne è rimasto zitto.

Decisamente brillante, divertente, infiorettata di dialoghi quasi mai banali, eccellentemente frizzante nelle coreografie e nelle canzoni che tutti prima o poi si ritrovano a cantare, a dimostrazione di quanto siano bravi (non tutti sullo stesso livello, ma le strade sicure sono già parecchie), “Il fidanzato di tutte” va a nozze con il suo interprete principale, Elia Tedesco, ormai faccia di riferimento per Torino Spettacoli, disinvolto quanti altri mai, piacione in perfetta e sfacciata consapevolezza, pronto allo stesso modo a ballare come a mettersi in cache-sex dorato e accappatoio ben aperto, per quello che ora è a tutti gli effetti il suo pubblico. Lui sorride e si inventa facce, ci sa fare, spadroneggia sul palcoscenico, sa costruirsi una comicità immediata, e se c’è un momento di stanca è pronto a riprendere il ritmo.

Elio Rabbione

La riqualificazione di Staffarda

Con i lavori di restauro e risanamento conservativo delle coperture del complesso abbaziale di Staffarda, la F.O.M. – Fondazione Ordine Mauriziano ha compiuto il primo passo di un progetto più ampio per il rilancio e la valorizzazione di uno dei più grandi monumenti medioevali del Piemonte

 

La riqualificazione del complesso abbaziale e del borgo rurale di Staffarda – nell’ambito della partecipazione al Bando Regione Piemonte (a cui sono stati destinati complessivamente 750mila euro) per la valorizzazione del distretto UNESCO piemontese – è partita il 12 novembre scorso con i lavori di restauro e risanamento conservativo delle coperture del complesso abbaziale. I 559.709 euro sono cofinanziati con i fondi FSC (Fondo di Sviluppo e Coesione).

«I restauri – sottolinea Marta Fusi, dirigente F.O.M.– rappresentano solo il primo passo di un progetto più ampio per il rilancio e la valorizzazione dell’intero complesso che comprende sia la parte aulica e sia la parte rurale di un simbolo del territorio cuneese e piemontese ed esempio del patrimonio della Fondazione Ordine Mauriziano dal grande valore identitario e culturale da tutelare e riscoprire».  

Il complesso abbaziale di Staffarda è un caso esemplare di bene culturale catalizzatore di dinamiche di sviluppo sostenibile. Tutto il progetto, comprese le fasi autorizzative, e la fase realizzativa, è stato coordinato e seguito, anche nel ruolo chiave della direzione dei lavori, dal personale degli uffici interni della F.O.M.

Nello specifico, il progetto di restauro prevede la messa in sicurezza di una grande parte delle coperture del complesso abbaziale, a cominciare dalla manica su piazza Roma (quella sovrastante, tra l’altro, la biglietteria e il Bar “Il Sigillo”), che nel tempo aveva evidenziato problematiche anche di natura strutturale, con cedimenti e rotazioni di alcune capriate che richiedevano interventi urgenti per mantenere le necessarie condizioni di sicurezza.

Verranno sostituite quindi alcune travi dell’orditura principale portante nell’area “ex-granaio”, ormai giunte alla fine della vita utile, e realizzata una cordolatura di collegamento di tutte le capriate per rendere meno sensibile, nel futuro, l’intera orditura a fenomeni di sbandamento. L’intervento di risanamento conservativo interessa inoltre l’intera copertura della chiesa abbaziale, la totalità dei tetti del chiostro (compresa la parte in “lose” di pietra) ed alcuni fabbricati accessori, con livelli di intervento diversificati a seconda dello stato di conservazione di ciascuna porzione di copertura, che è stato indagato in fase di progetto avvalendosi di sopralluoghi minuziosi e persino di un volo eseguito con un drone che ha fornito interessanti viste da cui i progettisti della F.O.M. hanno tratto dati importanti sullo stato di conservazione dei manti di copertura in coppi.

«I limiti economici del finanziamento – precisa Luigi Valdemarin, architetto F.O.M. – purtroppo non permettono di dare una risposta esaustiva a tutte le criticità rilevate, ma sono fondamentali per garantire la conservazione del complesso architettonico e innescare un processo che possa portare, nel prossimo futuro, a recuperare anche altre porzioni del complesso abbaziale al fine di ampliare l’attuale percorso museale».

Il rifacimento dei manti di copertura, secondo gli accordi intercorsi tra Soprintendenza e uffici F.O.M., non comporterà variazioni significative dal punto di vista dell’impatto estetico: tutti i coppi antichi ancora in buone condizioni verranno recuperati e utilizzati come copertura, mentre i cosiddetti “coppi canale” (quelli inferiori) verranno sostituiti con manufatti nuovi, dotati di ganci atti a prevenirne lo scivolamento e quindi più sicuri e duraturi, ma di tipo “anticato”, quindi quasi indistinguibili dal manufatto storico.

Una particolare attenzione è stata prestata anche al tema del rispetto dell’ambiente, con l’adozione di particolari accorgimenti volti alla tutela dei chirotteri, che ormai fanno parte integrante dell’ambiente storico dell’abbazia. A questo proposito, i progettisti, in accordo con l’Ente Parco del Monviso, hanno prescritto l’utilizzo di impregnanti e vernici per le strutture lignee esenti da componenti ritenute tossiche per le specie animali presenti nella zona, oltre che ovviamente per l’uomo.

 

ABBAZIA DI S. MARIA DI STAFFARDA

 

Staffarda rappresenta storicamente e culturalmente un perno per il territorio cuneese e piemontese, in quanto borgo cistercense e rurale. Fondata tra il 1122 e il 1138 sul territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo, l’Abbazia benedettina cistercense aveva raggiunto in pochi decenni una notevole importanza economica quale luogo di raccolta, trasformazione e scambio dei prodotti delle campagne circostanti, rese fertili dai monaci con estese e complesse opere di bonifica. L’importanza economica aveva portato all’abbazia privilegi civili ed ecclesiastici che ne fecero il riferimento della vita politica e sociale del territorio.

Nel 1690 i Francesi, guidati dal generale Catinat, invasero l’Abbazia distruggendo l’archivio, la biblioteca, parte del chiostro e del refettorio; dal 1715 al 1734, con l’aiuto finanziario di Vittorio Amedeo II, vennero effettuati lavori di restauro che in parte alterarono le originali forme gotiche dell’architettura. Con Bolla Pontificia di Papa Benedetto XIV, nel 1750, l’Abbazia ed i suoi patrimoni divennero proprietà dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, ed eretti in Commenda.

Del complesso abbaziale si evidenziano in particolare la Chiesa, con il Polittico di Pascale Oddone e il gruppo ligneo cinquecentesco della Crocifissione, il Chiostro, il Refettorio, con tracce di dipinto raffigurante “L’ultima cena”, la Sala Capitolare e la Foresteria. Gli altri edifici costituiscono il cosiddetto “concentrico” di Staffarda, ossia il borgo, che conserva tuttora le storiche strutture architettoniche funzionali all’attività agricola, come il mercato coperto sulla piazza antistante l’Abbazia e le cascine.

 

INFO

www.ordinemauriziano.it

Ivrea Capitale del Libro, il plauso della Regione

«La notizia dell’assegnazione ad Ivrea di Città Capitale del Libro deve riempire di orgoglio non soltanto la comunità eporediese ma tutti i piemontesi, un riconoscimento che premia la cultura umanistica del lavoro nella terra di Adriano Olivetti, un imprenditore ispirato dalla lettura e dallo studio in cui tutti gli italiani si riconoscono nel segno del lavoro e dell’ingegno. Con Ivrea il Piemonte diventa a tutti gli effetti un territorio Faro nel campo della Cultura».

Così il presidente della Regione Alberto Cirio e l’assessore alla Cultura Turismo e Commercio Vittoria Poggio dopo l’assegnazione a Ivrea di Capitale Italiana del Libro 2022.

«La Regione – hanno sottolineato il Presidente e l’Assessore – ha sempre creduto nella candidatura nazionale della città, ed è oggi più che mai al fianco dell’amministrazione che si aggiunge a Torino e al Piemonte come territorio trainante nel campo librario e della lettura».

Chinese Beauties: lo Spazio Musa di Torino ospita il SuperMao sorridente di Xu De Qi

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Dopo la personale di Zhang Hong Mei, prosegue il progetto del polo museale che approfondisce le personalità della nuova scena artistica cinese contemporanea

 

Fino al 20 marzo 2022, lo Spazio Musa di Torino (Via della Consolata, 11) ospita Chinese Beauties, la mostra personale dell’artista cinese Xu De Qi, uno dei maestri indiscussi della Nuova Pop Art Cinese.

 

Con questa mostra, il polo museale torinese, che aveva già ospitato la personale di Zhang Hong Mei, prosegue il suo progetto di approfondimento delle più importanti personalità della nuova scena artistica cinese contemporanea, che si stanno affermando sempre di più come veri e propri talenti a livello mondiale.  

 

Tra le opere esposte, anche SuperMao, un’opera iconica ed emblematica della nuova Cina di Xi Jinping, proiettata verso la conquista non solo del mondo, ma anche dell’universo, che ritrae un Mao sorridente che sovrasta la Terra, sfrecciando verso il cielo. 

 

Si tratta della prima mostra personale dell’artista a Torino, organizzata da Diffusione Italia e curata da Vincenzo Sanfo, che mostrerà l’evoluzione della sua arte e del suo punto di vista sul mondo. Un piacevole viaggio in grado di far scoprire la particolarità di un artista originale, ma anche uno spazio espositivo del tutto particolare, che trasuda la storia di una città costruita su reperti di epoca romana stratificati tra medioevo e settecento, un luogo unico e fortemente impressivo.

 

Nato nel 1964, a cavallo tra la fine dell’epopea maoista e il boom economico cinese di questo millennio, Xu De Qi è una sorta di caposcuola di quello spirito nuovo e critico verso un modo vecchio e stantio di fare arte in Cina. Un modo ancora irrimediabilmente legato a schemi ormai superati dal tempo, e spesso ancorati a riletture pedisseque di temi antichi, ripetuti infinitamente.

 

Il suo lavoro è ludico, gioioso, colorato e di chiara matrice Pop, ma privo, per ragioni generazionali, di quelle rivendicazioni di tipo politico che hanno caratterizzato, anche in maniera commercialmente cinica, i lavori della generazione a lui di poco precedente.

 

La sua visione ottimista è quella di nuova Cina irrimediabilmente proiettata verso un futuro, irreversibile, nonostante le brusche frenate di una classe politica che fatica ad adeguarsi ai cambiamenti. Un approccio che rende l’arte di Xu DeQi un vento fresco e rilassante, pieno di grandi speranze, in un futuro da lui rappresentato da giovani ragazze che oscillano tra tradizione e innovazione .

 

Le sue immagini, divenute elementi iconici, sono spesso utilizzate in Cina o negli Stati Uniti dai media per raccontare la Cina contemporanea, vista attraverso le sue opere con un sottile velo di ironica provocazione verso modi e metodi di vita presi a modello dalle nuove generazioni cinesi.

 

Noto e apprezzato a livello internazionale, ha esposto in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, prendendo parte anche ad esposizioni presso i più prestigiosi spazi espositivi, come la Biennale di Venezia, il Centre Pompidou, il Coral Spring Museum, il Barbican Center for thé Arts. 

 

MUSA è un luogo magico e ricco di storia nel centro storico della città millenaria, al crocevia di sotterranei che univano tra di loro i palazzi nobiliari del tempo.

Il recupero architettonico è avvenuto vivendo e respirando i muri e i pavimenti che venivano alla luce e che facevano apparire nuovamente la propria anima solenne, dopo essere rimasti nascosti nei secoli sotto fredde coperture cementizie. Un luogo intriso di sacralità ai piedi della Madonnina Consolatrice, a cui i torinesi hanno sempre affidato i loro voti, ma anche dolcemente romantico per le storie ricche di passione e tormenti vissute nel sottosuolo.

Il design, curato interamente dal proprietario, ha rafforzato la naturale bellezza di ciò che rappresenta l’immenso patrimonio storico, culturale ed artistico che è conservato nei nostri palazzi, diventandone un luogo di profonda ispirazione.

 

La mostra di Xu Deqi sarà aperta al pubblico con ingresso gratuito sino alla fine di marzo. 

 

Informazioni sulla mostra

Dove

Spazio Musa

Torino, Via della Consolata, 11, (TO)

 

Quando

Fino al 20 marzo 2022

 

Orario di apertura

Da martedì a sabato 15:00 – 19:00 

Lunedì e domenica chiuso

 

Costo

Ingresso libero

 

Sito web: https://spaziomusa.net

L’acceso colorismo di Georgij Moroz, tra nevi e girasoli

Nelle sale della Galleria Pirra

Di Georgij Moroz, uno dei maggiori rappresentanti del postimpressionismo russo, la torinese Galleria Pirra (corso Vittorio Emanuele II 82) presenta nelle sue sale una serie di oli di medie e grandi dimensioni, poetiche nevi e coloratissimi fiori, ad esaltazione della natura che circondava l’artista, angoli presi dal giardino di casa o distese bianche poco lontane, nell’immagine esatta di quei fiocchi appena caduti o del disgelo, di inverni freddissimi che non accennano a finire o di un cielo azzurro che timidamente, a poco a poco, tenta di imporsi all’orizzonte.

Moroz nasce in Ucraina, a Dneprodzerzinsk, nel 1937, passa attraverso gli insegnamenti della scuola d’arte della città d’origine e quelli della scuola di belle arte di Kiev, per portare a termine il ciclo di studi dell’Accademia di San Pietroburgo (dove morirà nel 2015) all’inizio degli anni Sessanta. L’attività espositiva inizia un decennio più tardi e s’intensifica a partire dal 1980 con numerose mostre anche all’estero (passò anche a Torino, in queste stesse sale instaurò non solo un rapporto tra gallerista e artista ma una vera occasione d’amicizia), con varie personali di spiccato successo. Nel 2002 espone alla mostra per i 70 anni dell’Unione dei Pittori di San Pietroburgo e l’anno successivo è presente alla rassegna per celebrare i trecento anni della fondazione della città. Lontano dai soggetti “alti”, dagli schemi celebrativi di regime che al contrario occupano le opere di altri artisti suoi contemporanei, Moroz si affida alla natura che lo circonda, ne cattura tutta la poesia, continua, quotidiana, attraverso un colorismo estremamente squillante, acceso e reso ancor più “presente”, tangibile, dalle pennellate che depone – ti verrebbe da dire, per alcuni casi, quasi con ostinazione e rabbia – sulla tela. Sono grumi biancastri o gialli o violacei, prepotenti, aree massicce, stesi a volte direttamente dal tubetto, a riempire la tela. Si imbatte felicemente e rende con una verità davvero concreta, immerso in un favolistico en plein air, i pini ancora circondati dalla coltre bianca (“La gazza ladra” del 2007 e la staccionata e il covone ricoperti di “Appena nevicato” del 2004) e le apparizioni di piccoli laghi ghiacciati, come ricostruisce le tante suggestioni personali che gli suggeriscono una panca di legno più o meno nascosta tra gli alti girasoli, a ridosso di una finestra della casa (“Pioggia con il sole”, 2003), o le vaste distese di glicini (“Viola vellutato”, 2005), forse i suoi fiori preferiti che dipinge con più gioia, o i piccoli vasi di fiori poggiati su un tavolo, all’aperto, sotto la luce di un sole che preannuncia la primavera.

O ancora quel panorama che suddivide cielo e terra, questa percorsa da un torrente intensamente azzurro, con le mucche al pascolo e le basse erbe battute dal vento, quello percorso da nuvole cariche e copiose, nell’immagine affettuosa che Moroz offre della sua terra. Soggetti immediati e semplici, la realtà di ogni giorno, ripetuti in piccole varianti più e più volte ma sempre capaci di raccontare una storia propria.

Sempre, in ogni soggetto, nasce una sorprendente luminosità, dentro una natura dolce e prepotente al tempo stesso, un omaggio a quanto circonda l’autore: soltanto un paio sono in mostra gli esempi di personaggi ad occupare la tela, il bimbo intento a leggere all’interno della casa (“Lettura”, 2001) e “La ragazza col cappellino rosso” (2001), dai tratti nervosi ma felice rappresentazione di un momento di tranquillità. La mostra rimarrà aperta sino al 27 marzo. Da vedere.

Elio Rabbione

Nelle immagini:

Georgij Moroz, “Pioggia con il sole” (2003); “La gazza ladra” (2007); “Vicino al fiume” (1998)