CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 398

Più di quaranta artisti a descrivere il mondo fiabesco degli “Animali straordinari”

La mostra sino al 10 aprile nell’ex Chiesa di Santa Croce ad Avigliana

 

“Animali straordinari” s’intitola la mostra che Luigi Castagna e Giuliana Cusino – con la collaborazione di Donatella Avanzo, Albino Arnodo e Serena Zanardo – hanno organizzato per l’associazione “Arte per Voi” nella suggestiva ex Chiesa di Santa Croce, nella piazza Conte Rosso, in pieno centro storico (sino a domenica 10 aprile, orario di apertura sabato e domenica dalle 15 alle 19, catalogo in mostra). Un totale di 44 artisti ad esporre una novantina di opere, a inventare creature fantastiche o a rappresentare animali del nostro quotidiano.

Donatella Avanzo, sempre prezioso deus ex machina, tra archeologia e arte e letteratura, ricorda presentando la mostra esempi di scrittori dell’antichità che spingevano a pietà e giustizia nei confronti degli animali, condannando i sacrifici cruenti e l’uso della carne come sostentamento, e cita altresì lo scavo compiuto alcuni anni fa, nel porto di Berenice sul mar Rosso, in cui venne riportato alla luce un cimitero di animali domestici, circa seicento, ognuno di essi deposto “nel proprio piccolo sarcofago, spesso ricoperti con tessuti oppure agghindati con collane di perline di pietra, vetro, maiolica, conchiglie”; in questo viaggio fantasioso o realistico di miti, racconti e fiabe, fa ancora riferimento all’”Asino d’oro” di Apuleio (secondo secolo d.C.), romanzo di riti magici e trasformazioni, di avventure e di racconti nel racconto, cui attinsero nei secoli da Boccaccio a Cervantes, da Shakespeare a Keats al nostro Collodi. Guarda alla mostra con occhi di studiosa e di appassionata; le si affianca Giuliana Cusino: “Draghi e galli magici, sirene e mostri marini, uccelli fantastici e folletti, messaggeri degli dei: animali singolari, eccezionali, sbalorditivi, insoliti, sorprendenti popolano da sempre il nostro mondo ed altrettanti, nel corso dei millenni, sono stati creati dalla fervida fantasia degli uomini, alcuni spaventosi e malvagi, altri magici e benevoli, altri ancora dotati di poteri sovrumani”.

Dipinti, sculture e ceramiche occupano i due piani della chiesa, validi esempi di questa mostra originale, le radici ben affondate in un tempo antico e nella sperimentazione dell’oggi. Dalla mostruosità della tartaruga umanizzata, simbolo di longevità e saggezza, di Luisella Bardella alla civetta di Ines Daniela Bertolino, sguardo indagatore, poggiante sulla spalla di Minerva nel buio della notte, dal telero di Olimpia Blasi posto alle spalle dell’antico quanto danneggiato altare maggiore (quando la Sovrintentendenza darà il permesso per il suo completo abbattimento?) alla “Creazione del lepriolo”, una creatura magica che è l’unione di lepre e capriolo, dovuta allo sguardo fiabesco di Raffaella Brusaglino, dalle avventure di Pinocchio rivisitate da Luisella Cottino ai sempre eleganti animali “scolpiti” da Giuliana Cusino nelle sue ceramiche raku. Dai cavalli bianchissimi, calati da un altro mondo, perfetto e lontano, di Rocco Forgione alle costruzioni di Giancarlo Laurenti, che assembla legni di fiume ad altri materiali, in un panorama d’animali del tutto inaspettato, dalla Medusa caravaggesca di Francesco Marinaro rivista con occhi moderni ai fantasiosi unicorni draghi e sirene concepiti da Guglielmo Marthyn, dal cigno di Elena Monaco ai vari “monstrum” dell’iraniano Arvin Nik Jamal al “Gorilla Sapiens” di Vinicio Perugia, esplicita inversione di ruoli tra il Gorilla e l’Ominide di montagna. Dal gallo narratore di Sergio Saccomandi al mostro lacustre, esempio di criptozoologia non ancora perfettamente decifrato, di Mara Tonso all’ippogrifo di Massimo Voghera pronto a portare Astolfo sulla luna e a immergerci con gusto intelligente nel mondo ariostesco.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini: Luisella Bardella, “La gaia ferita”, tecnica mista; Ines Daniela Bertolino, “La civetta di Athena”, acrilico su tela; Raffaella Brusaglino, “Creazione del lepriolo”, tecnica mista, olio, foglia di metallo, filo su tela; Rocco Forgione, “I lancieri”, olio su tela; Sergio Saccomandi, “Cantastorie”, acrilico su tela

L’”Assassinio” (sbagliato) firmato da Kenneth Branagh

Sugli schermi riproposto per la seconda volta il romanzo di Agatha Christie

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

All’inizio, in un antico quanto eccellente bianco e nero, nell’ottobre del ’17, scoppi e proiettili, barelle e feriti, la macchina da presa che corre tra le trincee e ti pare di essere capitato per sbaglio all’interno di “1917” di Sam Mandes; poi il giovane soldato Hercule Poirot che tenta di mettere in salvo il suo capitano, una trappola esplosiva che al contrario lo fa secco e coinvolge pure il futuro detective, deturpandogli il viso.

Ecco come veniamo a sapere degli ampi baffi che gli ricopriranno come un ricamo in avvenire la parte inferiore del viso, ecco come ci appare il lato sentimentale del medesimo (tutto per dirci che i sentimenti dell’eterno raisonneur verranno coinvolti nella prossima inchiesta) che vede morire la giovane infermiera che s’è presa cura di lui. Fine del preambolo (inutile). Poi, nella bellissima fotografia a colori di Haris Zambarloukos, siamo catapultati vent’anni dopo, nel vero e proprio “Assassinio sul Nilo”, dove già s’intrecciano i destini del bello e squattrinato Simon Doyle innamoratissimo di Jacqueline de Bellefort la quale si dà la zappa sui piedi quando gli presenta la sua migliore amica, la straricca ereditiera Linnet Ridgeway, da sempre abituata a far suo quel che desidera: manco a dirlo, i due dopo sei settimane saranno già convolati a più (per loro) o meno (per la tradita) giuste nozze, con tanto di viaggio di nozze sul Nilo, con amici e parenti, tra fiumi di champagne, un po’ appartata Jacqueline, lì a rodersi e a meditar vendetta, imbucata come la Discordia alla cena dell’Olimpo.

Fin qui parrebbe tutto bene. Ma Dame Agatha Christie non saprà mai che cosa le ha combinato il bieco sceneggiatore Michael Green – già collaboratore dell’interprete e regista Kenneth Branagh nel precedente “Assassinio sull’Orient Express”: gran successo con i trecentocinquanta milioni che s’è portato a casa, traguardo certo non più raggiungibile, sia per i tempi grami in cui viviamo sia per la débâcle del prodotto, manco fosse un soufflé sgonfio – sconvolgendo e pasticciando il suo matematico romanzo. Non è che ci scandalizziamo (fino a un certo punto però: c’è una storia, perché non seguirla, non certo freddamente ma neppure prendendosi certe troppo spudorate libertà) se i due ribaldi accomunano tempi e luoghi, se mandano a quel paese personaggi per inventarne altri di sana pianta, se in obbedienza alle leggi hollywoodiane di oggi inventano personaggi di colore o mutano un semplice rapporto di datrice di lavoro e infermiera in una liaison di sapore lesbico da sempre taciuta, se il pacifico detective ci è mostrato mentre insegue e tenta di far fuori l’assassino con un’accetta. Veri birbaccioni, ma forse ancora perdonabili. Ma che direbbe se la terza vittima è un’altra rispetto a quello che lei, dame Christie, ha inserito per il lavorio delle piccole cellule grigie del suo detective? Se quel perfetto ingranaggio da lei scritto, con la narrazione che si srotola pagina dopo pagina e sempre più t’appassiona, con i personaggi che prendono corpo e s’impongono e sfuggono e si portano appresso sospetti, con le argomentazioni finali preziose come un intarsio, se quell’ingranaggio prendesse altre strade o diventasse anche motivo di noia, che direbbe dame Christie? I fatti narrati s’avvicendano l’uno dopo l’altro, senza mostrare decisive emozioni, senza un ritmo che le trascini, e la razionalità di Poirot pare non poche volte passare in secondo piano. Branagh si rifugia nella ricercatezza delle inquadrature, che hanno tuttavia il sapore del “guarda un po’ che cosa so combinarti io adesso”. Un po’ poco.

Un neo, e non da poco, le tante facce sconosciute che circolano attraverso il film, a cui oltretutto è sufficiente di mostrarsi in un modo molto anonimo. Anche Branagh non sa che pesce prendere con il suo Poirot, è debole. Pensate all’edizione del 1978, diretta da John Guillermin, con un impareggiabile Peter Ustinov al timone: c’erano Bette Davis, David Niven, Maggie  Smith, Angela Lansbury e Mia Farrow, solo per citarne alcuni, tutto un altro divertirsi. Grossa delusione per la giallista più amata al mondo. Aspettiamo Branagh con il suo “Belfast” che esce in settimana, già vincitore ai Golden Globe per la miglior sceneggiatura (la scrittura è tutta sua) e che con le sue sette candidature agli Oscar lo lascia ben sperare. E sarebbe un buon modo per farci scordare il brutto, imbarazzante passo falso.

Ultima settimana per visitare alla Reggia di Venaria il “Presepe del Re” e la mostra “Una infinita Bellezza”

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Un superstite, prezioso angolo di Natale  e paesaggi di “infinita bellezza”

Giovedì 24 febbraio: “Conversazioni a Corte”

C’è ancora un soffio d’incantevole arte natalizia alla Reggia di Venaria. E per viverne appieno le suggestioni, occorre affrettarsi. Si chiuderà infatti la prossima domenica 27 febbraio, nella Cappella di Sant’Uberto (in corrispondenza dell’altare sinistro), il prestigioso “Presepe del Re” realizzato da Giovanni Battista Garaventa (Genova 1776 – 1840) nel primo quarto del XIX secolo. Noto anche come “Presepe Reale” “Presepe dei Savoia”, gli studiosi ne hanno ipotizzato una probabile committenza sabauda avvenuta verosimilmente negli anni che seguirono l’annessione dei territori liguri al Regno di Sardegna nel 1814. Autentico capolavoro, in cui l’artigianalità s’intreccia appieno con elementi plastici di altissima qualità artistica, il “Presepe” consta in tutto di 84 sculture, fra figure ed animali. Ogni statuina è impreziosita da eleganti ed elaborati costumi in seta, cotone, velluto e tela jeans, mentre gli abiti sono dotati di passamanerie in argento e  filo d’oro, corpetti e armature in cuoio e metallo argentato, accanto ad accessori sofisticati come corone e sciabole, lance e scudi in metallo sbalzato, catene e cinture in cuoio, utensili ed attrezzi vari, che indicano giocoforza una committenza di altissimo rango e cospicue disponibilità economiche. Una vera e propria meraviglia per occhi e cuore, E per chiuderne, come si conviene a manufatti di tal rango, i due mesi espositivi, alla Reggia hanno pensato bene di organizzare – in collaborazione con l’ “Assessorato alla Cultura” della Città di Venaria Reale –  per giovedì 24 febbraio (ore 17) una “Conversazione a corte” dedicata alla tematica del “Presepe nell’arte”, fra le rafigurazioni più rappresentate e amate nella storia dell’arte. D’ogni tempo. Vi partecipano Rosa Giorgi, direttrice del “Museo dei Cappuccini” di Milano (suo il recente “Il Presepe nell’arte. Viaggio nell’iconografia della Natività”, Milano, Terra Santa, 2021) e Paolo Cozzo, docente di “Storia del Cristianesimo e delle Chiese” all’Università di Torino. Modera Andrea Merlotti, direttore del “Centro Studi delle Residenze Reali Sabaude”.

A cura di Virginia BertoneGuido Curto e Riccardo Passoni è giunta ormai alla sua ultima settimana di apertura al pubblico, sempre alla Reggia di Venaria, anche la mostra “Una infinita Bellezza” allestita nei grandiosi spazi (2.300 mq.) della “Citroniera” juvarriana fino a domenica 27 febbraio e che riunisce oltre 200 opere tra dipinti, sculture e installazioni che documentano l’attenzione e l’amore dedicati da tanti artisti (ben 130) all’ambiente naturale e specificatamente al paesaggio in Italia, dal primo Romanticismo fino all’arte contemporanea. La rassegna nasce grazie a un accordo tra il “Consorzio delle Residenze Reali Sabaude” e la “Fondazione Torino Musei”, in base al quale oltre 90 opere della “GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino” diventano il nucleo centrale di una rassegna articolata in dodici sezioni e che riunisce altresì capolavori provenienti dai più importanti Musei italiani e da prestigiose collezioni private, seguendo  un fil rouge cronologico-geografico “che intreccia Spazio e Tempo, valorizzando il contesto piemontese – dove la mostra nasce – e tutto il Nord della nostra Penisola, senza trascurare le più importanti scuole regionali del Centro e Sud Italia, dalla fine del Settecento ad oggi”. Il tutto attraverso un’eccezionale carrellata di opere, che sono specchio delle diverse forme assunte dalla rappresentazione del Paesaggio in Italia nell’arco di oltre due secoli di pittura: dalle poetiche romantiche del pittoresco e del sublime, all’affermazione positivista del vero, passando attraverso le nuove ricerche divisioniste e simboliste e le provocazioni delle Avanguardie, fino ad arrivare alle semplificazioni della Pop Art e alle concettualizzazioni dell’arte contemporanea. Un lungo cammino che parte dalle tempere e dagli acquerelli di Giuseppe Pietro Bagetti e di Giovanni Battista De Gubernatis per arrivare, attraverso la grandiosa “Cascata delle Marmore” di Jean-Baptiste Camille Corot, alle visioni poetiche di Antonio Fontanesi e alle tele dei Macchiaioli, alla “Scuola di Rivara” e alla “Scuola Grigia” di Rayper e D’Andrade, così come alle sensibilità divisioniste e simboliste di Angelo Morbelli , Pellizza da Volpedo e Giovanni Segantini. Il Novecento è soprattutto inno a Giorgio De Chirico (con la genialità pre-concettuale del “quadro nel quadro”), a Carlo Carrà e ai “paesaggi decantati” di Giorgio Morandi, non meno che alla linguistica libertà di Filippo De Pisis e alla parsimoniosa attrazione paesistica di Felice Casorati accanto ad alcune opere davvero interessanti dei “Sei di Torino”, da Gigi Chessa a Enrico Paulucci. Gli anni successivi parlano la lingua dell’Informale (Renato BirolliEnnio Morlotti e Luigi Spazzapan), via via fino alla Pop Art (Mario Schifano e Piero Gilardi) per concludersi con l’arte contemporanea che dialoga con l’ambiente e il paesaggio: installazioni concettuali, fotografie su seta, decollage, la grande videoinstallazzione “Orbite Rosse” di Grazia Toderi, i dipinti di Francesco CasoratiFrancesco TabussoMimmo PaladinoSalvo, in una lista che prosegue a ruota libera per arrivare alle fotoinstallazioni “non-luoghi” delle periferie industriali di Botto & Bruno. Per info: tel. 011/4992300 o www.lavenaria.it

g.m.

Nelle foto: “Il Presepe del Re” e scorci d’ambientazione de “Una infinita Bellezza” 

Ivrea Capitale del libro si celebra

Martedì 22 febbraio 2022 alle 21 appuntamento al Teatro Giacosa
per ringraziare la Comunità della partecipazione alla competizione

 

La data scelta per festeggiare con la Comunità la proclamazione di Ivrea a Capitale Italiana del Libro 2022 è il 22.02.2022, un numero palindromo che racchiude i tanti significati del riconoscimento ottenuto e vuole essere di buon auspicio per il programma che si dispiegherà nell’arco di tutto l’anno.

L’appuntamento di martedì 22 febbraio 2022 alle ore 21 al Teatro Giacosa, voluto dal Sindaco, Stefano Sertoli e dall’Assessore alla Cultura Costanza Casali, è rivolto alla Città e a tutti coloro che hanno contribuito, a vario titolo, al successo della candidatura, per segnare insieme il punto di partenza di questo anno speciale. L’evento nasce sulla scia dell’entusiasmo che ha colpito favorevolmente la Commissione ministeriale, che lo ha rimarcato più volte nella cerimonia di nomina.

Per questo primo appuntamento si è pensato a un gesto fortemente evocativo che richiama il tema della Comunità alla base del dossier: i partecipanti alla serata sono invitati a portare con sé un libro da donare per costruire la prima “Biblioteca d’accoglienza” che sarà messa a disposizione di tutti coloro che parteciperanno agli eventi programmati nel corso dell’anno.

La serata è a ingresso libero. È obbligatoria la prenotazione sul sito ivreacapitaledellibro.it fino a esaurimento dei posti disponibili che dovranno comunque essere occupati entro le ore 20.50, in caso contrario saranno resi disponibili alle persone in lista d’attesa.

Le cover di Franco Lana

E’ uscito l’Ep, realizzato da Franco Lana con il suo gruppo, contenente una manciata di cover (Bob Dylan, John Fogerty, Chuk Berry, Tracy, Chapman, etc.). Si tratta di un’autoproduzione, fuori commercio. Franco Lana, artista poliedrico, canta in un paio di pezzi, e suona il basso e la batteria, in altri due.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Ken Follet “Per niente al mondo” -Mondadori- euro 27,00

Lo scrittore gallese Ken Follet, imbastisce una ricca trama intorno a temi nevralgici della contemporaneità: terrorismo e conflitti tra superpotenze che preludono a un disastro nucleare.
Pauline Green è la prima presidente donna degli Stati Uniti, repubblicana tendente alla saggezza e alla moderazione. Si trova a dover gestire una crisi di portata mondiale e, in parallelo, anche qualche problema familiare; a partire dalla figlia Pippa in piena ribellione adolescenziale mentre il matrimonio dei genitori si sta sfaldando.
Poi ci sono questioni politiche interne, come l’antagonismo becero dell’avversario nel suo stesso partito, il guerrafondaio James Moore, che corre per la Casa Bianca. La mette costantemente alle strette e vorrebbe cancellare la Cina con una pioggia di bombe atomiche. In più, il vicepresidente di 60 anni ha perso la testa per una 16enne e rischia di trascinare la presidenza nello scandalo.

Ma fin qui i problemi sono tutto sommato gestibili. Il peggio invece avviene sullo scacchiere mondiale, dove il terrorismo è il nemico da stanare, e per questo agisce una variegata rete di spie. Tamara è una 30enne abile e affascinante che parla l’arabo; dal quartiere generale della Cia di Langley viene assegnata alla stazione di N’Djamena, sulle tracce dello spietato leader dello Stato Islamico del Grande Sahhara (Sigs), ovvero un califfato come l’Isis che nel deserto nasconde basi operative di jihadisti.
Lo stesso compito di Samara è stato affidato all’agente dello spionaggio francese, Tab, giovane di ascendenza algerina e con il padre petroliere.
Altro agente della Cia sotto copertura è il coraggiosissimo libanese Abdul che dà la caccia ai terroristi per vendicare la morte della sorellina dilaniata da una bomba. Qualunque sia la molla che lo muove, Abdul è spericolato, determinato e letale. La sua dolcezza emerge solo nell’incontro e nel salvataggio di una vedova con figlio in fuga dal deserto e preda di trafficanti di esseri umani.

A questo già ricco parterre si aggiungono il presidente dittatore del Ciad con sogni di potenza e grandezza pericolosi; il leader nordcoreano Kang U-Jung che affama il popolo e si fa forza del suo arsenale nucleare per ricattare i padrini cinesi. Ci sono tutti gli estremi per trovarsi sull’orlo del baratro di una possibile guerra nucleare tra superpotenze ….e vedremo come se la caverà Pauline Green.

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Namwali Serpell “Capelli lacrime e zanzare” -Fazi- euro 18,50

L’autrice di questa monumentale saga è nata in Zambia, emigrata da bambina in America, oggi insegna all’Università di Harward; questo è il suo primo romanzo col quale ha vinto prestigiosi premi e l’ha collocata tra i migliori scrittori africani under 40.
E’ la storia di 3 generazioni nello Zambia, tra 1904 e 2023, dall’epoca coloniale al futuro prossimo: narra di lavoro, fatiche, fallimenti, successi, amori, errori e lutti.
Oltre 800 pagine divise in 9 capitoli principali con al centro le vicende di 3 famiglie; una nera, una bianca e una mista. Di fatto il romanzo è la storia di un paese, lo Zambia, affacciato sulle cascate Vittoria, e la narrazione inizia con l’arrivo di un uomo bianco.

E’ l’esploratore Percy M. Clark che nel 1904 raggiunge le cascate Vittoria e ne è stregato. Si ferma all’Old Drift, piccolo insediamento coloniale alle prese con zanzare e malaria che falcidiano vittime a tutto spiano. Percy è di fatto un pioniere, e lì si stabilisce, convinto che essendo arrivato per primo troverà grandi opportunità. Però non è certo una vita facile e il tasso di mortalità è altissimo. Il posto viene ribattezzato Deadrock -la roccia della morte- e, tra un funerale e l’altro, il becchino è selezionato tra i sopravvissuti.
Percy è un personaggio irresistibile. Ha la passione della fotografia, ed è uno dei primi pionieri ad attraversare lo Zambesi, noleggiando piroghe e portatori, combattendo contro mille avversità. La sua storia ha i toni dell’avventura, dei disastri, della fama e dei commerci, della cristianità e della colonizzazione.

Poi ci si sposta In Italia, in Piemonte, dove Giacomo Gavuzzi, figlio del primo barman del Victoria Falls hotel, in piena epoca fascista, mette incinta una cameriera, Adriana, … e si dilegua. Da quel fattaccio nasce Sibilla, il cui corpo è completamente ricoperto di peli.
Di qui in avanti il romanzo scorre tra storiografia, vicende private, personaggi fantastici -come un’altra protagonista coperta da una cascata di lacrime- in un susseguirsi di incroci di razze, metafore, colori, toni a tratti fiabeschi e pagine sorprendenti.
Si arriva, infine, a un futuristico 2023 che la scrittrice immagina con meraviglie scientifiche che scivolano nella fantascienza; tra microdroni, afronauti e sorveglianza di massa, grazie a microchip impiantati sotto l’epidermide.

Guillame Musso “La sconosciuta della Senna” -La nave di Teseo- euro 20,00
Ha fatto ancora una volta centro questo scrittore francese tra i più letti, tradotto in 42 lingue e col vanto di circa 35 milioni di copie vendute.
La storia è ambientata in una Parigi grigia e sporca in cui imperversano i Gilet Gialli,, con la loro guerriglia urbana partita dalla miseria delle banlieau e dilagata nelle lussuose vie del centro.
Protagonista è la poliziotta che non dorme mai, abusa di sonniferi e cibo spazzatura, fermamente single e in rotta con il suo capo. E’ Roxane MontChrestien che per punizione viene relegata nello strano Bureau des Affaires non Conventionelles, preposto a indagini con risvolti “soprannaturali” e diretto dal poliziotto Marc Bataille, che si trova in coma all’ospedale dopo una caduta dalle scale.

Ed ecco il caso misterioso di cui Roxane si occupa: nella Senna viene ritrovata una giovane donna nuda. Ha lunghissimi capelli biondi, indossa solo uno strano orologio, un braccialetto, e dei tatuaggi.
E’ in piena amnesia, non ricorda il suo nome, tantomeno come sia finita in acqua e in quelle condizioni. Pare sia scappata da un reparto psichiatrico. Ma il mistero si accentua poiché risulta che il suo Dna corrisponde a quello di una famosa pianista: Milena Bergman, morta oltre un anno prima in un disastro aereo. Il volo Air France 229 partito da Buenos Aires era precipitato nel tratto di mare tra Tenerife e Madera; bilancio tragico di 178 vittime, nessun superstite, recuperati 121 corpi compreso quello di Milena.

La trama poi si fa ancora più intrigante con i misteri che riguardano il passato di Marc Bataille, quelli che avvolgono suo figlio Raphaël, romanziere di successo che stava per sposare la pianista morta; a cui si aggiungono inquietanti personaggi travestiti da seguaci di Dioniso e pronti a uccidere…..

 

Alessandro Martini – Maurizio Francesconi “La moda della vacanza. Luoghi e storie 1860-1939” -Einaudi- euro 34,00

Alessandro Martini -docente di architettura- e Maurizio Francesconi -di semiotica della moda-hanno unito le forze e scritto questo saggio che è una guida storica del viaggio, circoscritta a un preciso periodo. Hanno ricostruito storie di villeggiatura tra Ottocento e Novecento, il significato delle vacanze nel passato, i luoghi prescelti, i mezzi per raggiungerli, le classi sociali che potevano permetterselo.
Risultato è l’affascinante intreccio di notizie accurate e immagini dell’epoca che ben raccontano visivamente il fascino di qualcosa che non c’è più, ma è stato antesignano dell’oggi che conosciamo.
Si sono concentrati sugli albori della moda della vacanza, gli anni d’oro che preludono al turismo in senso moderno. Tutto inizia quando decade l’abitudine di trascorre le pause vacanziere nelle case di proprietà e si scelgono invece i grandi hotel.
Fondamentale è il denaro che si è disposti a spendere. Negli alberghi stellati e nei ristoranti di lusso convergono personaggi che danno vita ad un nuovo modo di trascorrere le vacanze, secondo canoni stilistici ben precisi. A usufruire di queste vacanze altolocate è soprattutto l’aristocrazia e un ristretto numero di persone che possono permetterselo: alta borghesia, industriali, personaggi della finanza e professionisti. Ma anche artisti come poeti, scrittori, musicisti e pittori; poi diplomatici, dandy e un nutrito seguito di giocatori d’azzardo, avventurieri assortiti e spie.
Di conseguenza, architettura, moda (per esempio negli anni Venti il costume da bagno è un capo nuovo espressamente inventato per la spiaggia) e luoghi, si plasmano in base alle nuove esigenze. Prendono vita città balneari specifiche, villes d’eaux termali, con nuovi servizi e strutture che gli autori raccontano in un ricco excursus attraverso vari paesi europei, a partire dall’inglese Bath che diventa la regina delle Spa.
Un viaggio tra laghi, montagne, mare: Costa Azzurra, lido di Venezia, mare toscano, Riviera ligure e romagnola, Capri e la costiera amalfitana, mete Mitteleuropee, e altre affascinanti destinazioni.
Pagine che a tratti si leggono col gusto con cui si sfoglierebbero i tabloid scandalistici di inizio Novecento, densi di aneddoti gustosi e divertenti. Tra i cambiamenti più significativi legati alle vacanze ripercorriamo come a St. Moritz, negli anni Venti, le donne abbandonarono le gonne per poter praticare gli sport invernali e così gli stilisti crearono le prime tute da sci.
Decisamente affascinanti anche le pagine che ricostruiscono la moda della scoperta dell’Oriente, la ricerca di nuovi orizzonti, di avventure dal sapore esotico, ma anche interessi economici, religiosi e archeologici. Viaggerete in Asia attraverso le pagine di scrittori che del viaggio hanno fatto la principale cifra dei loro libri, come Evelyn Waugh e W.S. Maugham.

Rock Jazz e dintorni La tromba di Byron Wallen e Seeyousound

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Prosegue Seeyousound. Da segnalare “Narciso Em Ferias” film su Caetano Veloso e anche “Suburban Steps To Rockland”.

Martedì. All’Otium Pea Club si esibisce il sestetto Renacerò. Per Seeyousound da segnalare “Italo Disco. The Sparkling Sound Of 80’s” e “Soul Power”. Al Jazz Club suona il pianista Massimo Danilo Ilardo.

Mercoledì. Per Seeyousound “De Andrè # De Andrè -Storia di un impiegato” sul rapporto tra il  padre Fabrizio e il figlio Cristiano presente in sala. Interessanti anche “Tralala” e “The Nowhere Inn “ sulla cantante St. Vincent.

Giovedì. Al Jazz Club è di scena il trio del sassofonista Fuat Sunay. All’Hiroshima Mon Amour si esibiscono i bnkr44. Si conclude Seeyousound. Da segnalare “Jagged” su Alain Morissette e “The Blue Danubie” (foto). Al Cafè Neruda suona il quartetto di Barbara Raimondi e Claudio Chiara.

Venerdì.  Al Jazz Club si esibisce il trio acustico del batterista Marco Betti (la sera successiva sempre al Jazz Club con il gruppo elettrico). Al Folk Club per la rassegna “Radio Londra” suona il quintetto del trombettista Byron Wallen. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce Fast Frank & The Hot Shout Blues.

 Al Cap 10100 è di scena  Emanuele Francesconi con il Combo Jazz Quintet. All’Arteficio si esibisce Ninaì. Al Blah Blah suona il trio  Old Skull con il quartetto femminile Dune Aurora.

Sabato.  Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Sasso. Al Cap 10100 si esibisce il Trio Monne con il tastierista Marcello Picchioni. Al Blah Blah si esibiscono i Blue Lies. Allo Ziggy, Heavy Metal con gli Hounds e Evilizers.

Domenica. Per “Novara Jazz “ il trio di Caterina Lazagna  rende omaggio a Billie Holiday mentre al Jazz Club sono di scena le due cantautrici Rosanna De Pace e Anna Castiglia.

 

Pier Luigi Fuggetta

“Un libro tante scuole” seconda edizione

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Più di 6mila studenti italiani si cimenteranno, quest’anno, su “L’isola di Arturo” di Elsa Morante

Promotore il “Salone Internazionale del Libro” di Torino, in collaborazione con il “Ministero dell’Istruzione” (main partner  “Intesa San Paolo” con il sostegno dell’“Associazione delle Fondazioni di origini bancaria del Piemonte” e la partecipazione di “Chora Media”), prende il via fra febbraio e marzo di quest’anno la seconda edizione di “Un libro tante scuole”, progetto nazionale di “lettura condivisa” che riunisce attorno ad un romanzo best seller studentesse e studenti da tutta Italia. Dopo il successo della prima edizione nel 2021, dedicata a “La Peste” di Albert Camus, la seconda edizione del progetto vedrà arrivare a marzo sui banchi di scuola un grande classico della narrativa italiana, con la collaborazione della casa editrice “Einaudi”: “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, vincitore del “Premio Strega” nel 1957 e sicuramente tra i romanzi più importanti del secondo Novecento. Il romanzo, che costruisce un fitto dialogo tra l’uomo e il paesaggio, “intreccia – dicono gli organizzatori – due poli insieme concettuali e narrativi, riuscendo a parlare a un pubblico di giovani e adulti: da una parte Arturo e il suo sguardo di ragazzino su ciò che lo circonda, dall’altra un’isola selvaggia in cui la natura detta i tempi delle esperienze di crescita, facendo diventare l’esplorazione uno strumento privilegiato di formazione”. E i numeri confermano l’asserzione. “L’isola di Arturo” in questa edizione speciale (ancora unavolta affidata, per cover ed impostazione grafica, a Riccardo Falcinelli, fra i più calebri art director italiani) raggiungerà infatti più di 6mila studentesse e studenti in tutta Italia, che riceveranno il libro gratuitamente. Il volume entra così a fare parte della “Biblioteca del Salone” e la sua scelta  vuole essere anche un modo per celebrare “Procida Capitale Italiana della Cultura” nel 2022. Il progetto, inoltre, prevede l’“arruolamento” di autrici e autori d’eccezione che accompagneranno ragazze e ragazzi, ma anche il pubblico più adulto, alla lettura del libro della Morante, grazie a lezioni e interventi audio del podcast in sei puntate “Il Salone presenta Elsa Morante”, realizzato in collaborazione con “Chora Media”, scaricabile su SalTo+ e sulle principali piattaforme di streaming gratuite a partire da marzo. Interverranno: la giornalista e scrittrice Angela Bubba, la vincitrice “Premio Campiello 2021” ( con “L’Acqua del lago non è mai dolce”, per “Bompiani”) Giulia Caminito  con Giuliana Zagra, responsabile dell’ “Archivio Elsa Morante” alla “Biblioteca Nazionale Centrale” di Roma, la scrittrice Antonella Lattanzi, lo psicoanalista attento alla poesia e alla letteratura Vittorio Lingiardi, la scrittrice Valeria Parrella ( che con “Almarina” è stata finalista al “Premio Strega 2020” e che oltre al podcast terrà anche una video lezione registrata, il filosofo e storico della biologia Telmo Pievani. Ogni ospite si concentrerà su un aspetto della poetica e delle tematiche di Elsa Morante, fornendo una propria chiave di lettura e un approccio specifico all’opera. E ancora. Dopo il viaggio virtuale alla scoperta della Morante, autrici e autori incontreranno dal vivo studentesse e studenti delle scuole nelle diverse sedi delle “Gallerie d’Italia”, i Musei di “Intesa Sanpaolo” a Milano, Napoli, Vicenza e Torino. Il programma con il dettaglio degli incontri sarà comunicato nel mese di marzo sul sito www.salonelibro.it .

Per rendere visibile il lavoro delle classi sul romanzo e permettere lo scambio e la condivisione, studenti e docenti pubblicheranno poi scritti e recensioni sul Bookblog del Salone, lo spazio di racconto condiviso che il Salone mette a disposizione dei ragazzi e delle scuole, nell’apposita area dedicata al progetto, dove sono già presenti i tanti contributi su “La peste” di Albert Camus. Il momento conclusivo del grande percorso di lettura de “L’isola di Arturo” sarà alla “XXXIV Edizione del Salone del Libro”, con un appuntamento corale aperto a tutte le ragazze e i ragazzi coinvolti nel progetto, in cui saranno chiamati a parlare ospiti da sempre legati alle opere di Elsa Morante.

Per aderire a “Un libro tante scuole”, le scuole devono candidarsi sulla piattaforma SalTo+Infowww.salonelibro.it.

g.m.

Nelle foto:

–         Giulia Caminito

–         Cover edizione speciale “L’isola di Arturo”

–         Valeria Parrella

“Fiori d’autunno” Rotazione di lacche e inro giapponesi al MAO di Torino

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Fino al 20 marzo 2022

Forse non lo sapevate. Ma il crisantemo che in Occidente è associato principalmente al culto dei morti, in Oriente ha invece una valenza più ampia e variegata: oltre a essere il simbolo della casata imperiale giapponese in quanto richiamo all’astro solare, il crisantemo è infatti legato ai concetti di forza, prosperità e immortalità e viene per questo utilizzato in maniera ricorrente come motivo decorativo di preziosi manufatti.

Ne sono chiara e suggestiva prova le preziose “lacche” e “inro” giapponesi messi in mostra , nella consueta fase di rotazione periodica destinata agli oggetti più delicati, al MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino, fino al 20 marzo dell’anno prossimo. Esposizione caratterizzata proprio da un tema conduttore che corre su filo dei petali di crisantemo. L’arte della laccatura, in Giappone, ha origini antichissime e consiste nel rivestire con rhus verniciflua, una sostanza di origine vegetale, l’oggetto in legno, levigandolo per fargli acquisire un aspetto liscio e brillante. Durante il “periodo Heian” (794-1185 d.C.), grazie a influenze provenienti dalla Cina, la tecnica si affina e si impreziosisce: risale infatti a questo periodo l’utilizzo dell’intarsio e della lamina d’oro e d’argento, che trasforma oggetti di uso domestico o sacro in piccole opere d’arte. Di assoluta raffinatezza. Come ben esprimono gli esemplari esposti oggi al MAO, fra cui trovano spazio una scatola contenente il necessario per annerire i denti ( “hagurobako”, pratica tradizionale in voga dall’antichità fino al periodo Meiji, per indicare che una donna era sposata), una delicata scatolina per conservare i plettri da “koto” (una cetra a tredici corde) decorata con crisantemi in rilievo e una scatola da scrittoio “suzuribako” contenente strumenti per scrittura e ornata con una raffigurazione di Kikujido, protagonista di una storia legata alla diffusione del buddhismo. Leggenda secondo cui viveva in Cina un bambino chiamato Kikujido ( “Fanciullo che Ama i Crisantemi” ), il quale ebbe a scrivere dei passi di scritture buddhiste su foglie di crisantemo per poi deporle in un fiume, le cui acque si tramutarono in un liquido miracoloso in grado di guarire ogni male. All’interno della scatola da scrittoio sono contenuti una boccetta per l’acqua in argento, una pietra nera da inchiostro, un pennello in bambù, un poggia-pennello a forma di montagna, in cristallo di rocca, e due barrette d’inchiostro.

Accanto alle “lacche” vengono esposti anche tre “inro”, preziose scatoline a compartimenti impilati, originariamente utilizzati per trasportare il sigillo personale e la ceralacca: fra questi è particolarmente degno di nota un “inro” che presenta una decorazione esterna caratterizzata da grandi “mon” (emblemi) in oro che raffigurano il fiore di “kikyo”, il sigillo della campanula, inscritto in un anello, simbolo principale di un ramo del potentissimo “clan Matsudaira”, dal quale proveniva lo stesso fondatore dello “shogunato” di Edo (Tokyo), Tokugawa Ieyasu, ultimo governo feudale del Giappone protrattosi dal 1603 al 1868.

Gianni Milani

“Fiori d’autunno”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436919 o www.maotorino.it

Fino al 20 marzo 2022

Orari: mart. merc. ven. sab. e dom. 10/18; giov. 13/21; lun. chiuso

Nelle foto

–         “Piccola scatola portadocumenti ryoshibako con staccionate e crisantemo”, legno laccato, polvere e foglie d’oro, Periodo Edo, metà XIX secolo

–         “Scatola per annerire i denti hagurobako con corolle di crisantemo”, legno laccato, polvere d’oro, Periodo Edo, fine XVII – inizi XVIII secolo

–         “Inro con stemmi e motivi vegetali”, legno ricoperto da pelle di serpente laccata e dorata, Periodo Edo, fine XVIII – inizio XIX secolo.

Inaugura la Galleria Archeologica dei Musei Reali: reperti di rara bellezza e inestimabile valore storico

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E’ un inedito e suggestivo allestimento permanente per le collezioni del Museo di Antichità 

 

Dal 19 febbraio  apre al pubblico la Galleria Archeologica, un’inedita sezione dedicata alle civiltà del Mediterraneo antico

Dal 19 febbraio i Musei Reali offrono al pubblico un itinerario di visita ancora più ricco e coinvolgente grazie all’inaugurazione della Galleria Archeologica, una nuova sezione dedicata al nucleo più antico delle collezioni d’arte e archeologia, situata al piano terreno della Manica Nuova di Palazzo Reale.

Più di mille opere, alcune delle quali mai esposte prima: reperti provenienti dalla Mesopotamia, statue greche e romane, vasellame greco, elementi funerari etruschi e fenici. Materiali che compongono uno straordinario scrigno di testimonianze pervenute al Museo di Antichità in più di quattrocento anni di storia, grazie al collezionismo di Casa Savoia e alle scoperte di studiosi, esploratori e imprenditori.

Una grande occasione per riportare l’Archeologia al centro dei Musei Reali, svelando un capitolo fondamentale della storia dei Savoia a Torino. 

 

Questa iniziativa, in linea con il Piano Strategico dei Musei Reali, punta a riordinare i percorsi di visita, migliorando i collegamenti fra le diverse unità museali, soprattutto all’interno del Museo di Antichità, attualmente suddiviso in tre sezioni (Archeologia a Torino, Padiglione Territorio, Sezione Collezioni). L’obiettivo è quello di sviluppare un itinerario coeso all’interno della Manica Nuova di Palazzo Reale, dove l’Atrio monumentale si trasforma in uno snodo essenziale capace di mettere in rapporto dialettico due grandi nuclei del collezionismo sabaudo: le antichità e le raccolte di pittura. 

 

“Con la nascita dei Musei Reali nel 2016, la prima Reggia d’Italia ha aperto le sue porte a una eredità culturale che spazia dalla Preistoria alla modernità, con testimonianze che da Torino si affacciano sulla storia di tante altre civiltà dell’Europa e del mondo – dichiara Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali -. Questo nuovo allestimento riporta alla luce opere di inestimabile bellezza e valore storico. Oggi queste raccolte sono uno straordinario strumento di dialogo e di confronto tra le culture passate e presenti, un’eredità lasciata nelle nostre mani per costruire un migliore futuro per le nuove generazioni. Il nuovo allestimento rappresenta solo l’inizio di un importante ripensamento di un percorso che vuole essere sempre più omogeneo e capace di raccontare, in un’unica narrazione, tutte le diverse anime dei Musei Reali.” 

 

Il percorso espositivo

 

Il percorso di visita è suddiviso in cinque sezioni e si articola lungo dieci sale, con uno scenografico allestimento progettato dallo studio GTRF – Tortelli Frassoni Architetti Associati, che ha firmato alcune delle più iconiche esposizioni museali degli ultimi anni in Italia.

Il patrimonio del Museo di Antichità è stato messo in scena come un affascinante viaggio nel tempo e nello spazio, che ripercorre la nascita delle prime collezioni per poi avventurarsi lungo la Galleria delle Sculture, sulla quale si affacciano le sale riservate alle diverse civiltà, da esplorare liberamente.

La prima sezione sulla storia del collezionismo antiquario è dedicata al nucleo primigenio delle collezioni sabaude, frutto di abili acquisizioni sul mercato di Roma e Venezia per volontà del duca Emanuele Filiberto dalla fine del Cinquecento, poi fortemente incrementante dal figlio Carlo Emanuele I.

Il corridoio centrale ha il compito di evocare una galleria di palazzo, dove lungo le pareti si allineano statue greche e romane, rilievi scolpiti e busti marmorei, che presentano al visitatore i caratteri salienti della rappresentazione antica: le teste-ritratto, vere immagini di propaganda dell’Antichità; le riproduzioni romane di opere celebri; le scene di banchetto sui sarcofagi, per poi culminare nella suggestiva Rotonda degli Imperatori, dove i busti dei principali personaggi della storia romana circondano il visitatore. Ai reperti assiri, giunti al Museo nel 1847, è dedicata l’area Vicino Oriente Antico, a cui si unisce una raccolta – la più ricca in Italia – di testi cuneiformi e sigilli a cilindro. All’interno della quinta sezione sulle antichità dall’isola di Cipro, è presente la maggiore collezione del Museo: conta oltre 1.000 pezzi in grado di testimoniare l’evoluzione di quello straordinario crocevia culturale lungo un arco cronologico che spazia dall’antica Età del bronzo (III millennio a.C.) alla tarda antichità (IV-V secolo d.C.). Seguono le sale della civiltà romana, con il calco ottocentesco, per la prima volta esposto, del calendario romano dei Fasti Praenestini, dell’Egitto in età ellenistica, dove risplende la bellissima testa della celebre regina Cleopatra VII, del mondo fenicio e punico. Le ceramiche elleniche e italiote (circa 400 pezzi) acquistate tra il 1827 e il 1828 da Carlo Felice sono protagoniste della sezione Civiltà Greca ed Etrusca. A queste si aggiunge una seconda collezione di reperti etruschi che comprende vasellame in ceramica, bucchero, bronzi, urne cinerarie, sarcofagi e vasellame di produzione meridionale.

 

Tra gli oggetti iconici selezionati dai curatori sono presentati il ritratto scultoreo di Cesare, ritenuto dagli esperti uno dei più rassomiglianti al condottiero; il rilievo assiro del re Sargon II, una delle più raffinate rappresentazioni del sovrano neo assiro risalente al 717-707 a.C.; il grande sarcofago etrusco datato al 280-270 a.C. della Matausna, donna appartenente alla famiglia omonima di cui si possono ricostruire parentele e nomi; il mosaico del cantore Orfeo che ammansisce le belve, ritrovato a Cagliari e giunto al Museo di Antichità già nel Settecento; il misterioso busto di Iside “cabalistica”, scolpito nella seconda metà del XVI secolo; un’eccezionale iscrizione in bronzo trilingue (punico, greco, latino) proveniente dalla Sardegna romana.

Il percorso è scientificamente aggiornato secondo gli ultimi risultati degli studi internazionali ed è stato concepito fin dall’inizio secondo il principio del design for all. I contenuti, infatti, sono resi accessibili a tutti i pubblici grazie all’inserimento di speciali didascalie commentate, contenuti tattili e audiodescrizioni, richiamabili da smartphone attraverso QRcode integrati sulle pareti.

 

Per i più giovani, lungo le sale si snoda la Galleria Junior, che stimola la curiosità dei bambini attraverso giochi e indovinelli per far conoscere meglio il passato, mettendolo a confronto con il presente.

I visitatori troveranno inoltre degli approfondimenti extra attraverso le videointerviste di Galleria Live: protagonisti del mondo della cultura, dello sport, dell’imprenditoria e dell’arte che hanno risposto alla domanda “Quale significato hanno per te questi oggetti esposti? In che modo riflettono le tue passioni?”. Tra i volti illustri: Corrado Lopresto, uno dei maggiori collezionisti al mondo di automobili e prototipi d’epoca; lo scultore e artista Fabio Viale; il lottatore olimpico Daigoro Timoncini; studiosi di Archeologia, Storia e Antropologia, con i quali sono stati commentati temi e reperti dell’esposizione, aprendo a prospettive inusuali.

 

“Esattamente 450 anni dopo i primi acquisti operati dai Savoia, nasce un percorso dedicato ai nuclei più importanti del Museo di Antichità – spiegano Filippo Masino, curatore architetto, responsabile del progetto ed Elisa Panero, curatore archeologo, che ha firmato il progetto scientifico. Questo nuovo allestimento offre al pubblico un’inedita e aggiornata lettura delle Collezioni Archeologiche del Mediterraneo, attraverso una presentazione espositiva nuova e suggestiva di circa un migliaio di opere antiche, molte delle quali escono per la prima volta dai depositi del Museo di Antichità per offrirsi, dopo accurati restauri, allo sguardo del visitatore.

La Galleria di antichità si presenta oggi come un affascinante viaggio tra antiche civiltà, intorno alle radici comuni delle nostre identità culturali.