CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 397

Lampi dal futuro: preveggenza e società

Con Veronica Raimo, Davide Caldo, Andrea Pogliano e Simone Regazzoni

lunedì 19 luglio, ore 21.30

Evergreen Fest

La Scuola Holden collabora quest’anno alla sesta edizione di Evergreen Fest con l’incontro Lampi dal futuro: preveggenza e società, che si terrà lunedì 19 luglio alle 21.30 al Parco della Tesoriera di Torino. Interverranno la scrittrice e traduttrice Veronica Raimo, il chirurgo Davide Caldo, il filosofo Simone Regazzoni, il docente e ricercatore Andrea Pogliano, per discutere sui molteplici ruoli che la preveggenza gioca e ha giocato nella storia dell’uomo.

Si partirà dall’inizio dei tempi, quando i depositari della preveggenza erano sciamani carismatici e visionari oppure oracoli sempre troppo criptici e ambigui. Ci si soffermerà sui miti e le narrazioni collettive, che raccontavano e cercavano di spiegare il destino dei popoli e del mondo. Poi ci si muoverà verso la contemporaneità, guardando ai sondaggi che studiano gli umori collettivi per anticipare gli esiti delle elezioni, o al rapporto con la scienza, che annuncia stravolgimenti planetari impegnando la politica in un gioco di summit, accordi e rifiuti. Si parlerà dei modelli previsionali che provano a immaginare il futuro della pandemia che stiamo vivendo con algoritmi, big data e il supporto di intelligenze artificiali.

Il tutto senza dimenticare la prospettiva più umana e concreta del tema: ansie, speranze, negazioni e militanze che sono parte fondamentale della società e vengono amplificate dai media contemporanei.

Sembrano tempi interessanti per riflettere – anche in prospettiva storica – su come l’umanità abbia affrontato previsioni e profezie, via via legittimandole, temendole, inquadrandole in un complesso di rituali, istituzionalizzandole o deridendole.

L’incontro è gratuito e ci si può prenotare scrivendo una mail a prenotazioni@evergreenfest.it, chiamando il numero 334 8655865(h. 15.30-19.00), o compilando il form sul sito al link
https://evergreenfest.wordpress.com/prenotazione-spettacoli/

Evergreen Fest è organizzata da Tedacà, con il sostegno di Città di Torino e Fondazione per la Cultura Torino, nell’ambito di Torino a Cielo Aperto, main sponsor Iren. Con il sostegno inoltre di Corona Verde, Regione Piemonte e TAP; con il patrocinio della Quarta Circoscrizione della Città di Torino. Media partner Radio Energy. Evergreen Fest è un progetto selezionato dal bando
Corto Circuito 2020 – Piemonte dal Vivo.

Evergreen Fest è sostenuto da Scena Unita – per i lavoratori della Musica e dello Spettacolo, un fondo privato gestito da Fondazione Cesvi – organizzazione umanitaria italiana laica e indipendente, fondata a Bergamo nel 1985 – in collaborazione con La Musica Che Gira e Music Innovation Hub.

 

BIOGRAFIE

Simone Regazzoni, allievo di Jacques Derrida, ha conseguito un dottorato in Filosofia in cotutela alle Università di Parigi VIII e Genova. Pratica l’Arte marziale tradizionale coreana Hwa Rang Do ed è un appassionato di Mixed Martial Arts (MMA). Ha insegnato all’Università Cattolica di Milano e all’Università di Pavia. Attualmente è docente all’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata) di Milano e Ancona. Collabora con la Scuola Holden e scrive per Tuttolibri de La Stampa. È autore di una quindicina di volumi, tra cui: Sfortunato il paese che non ha eroi. Etica dell’eroismo(Ponte alle Grazie 2012); Stato di legittima difesa. Obama e la filosofia della guerra al terrorismo (Ponte alle Grazie 2013); La filosofia di Harry Potter (Ponte alle Grazie 2017); Iperomanzo. Filosofia come narrazione complessa (Il melangolo 2018); Jacques Derrida. Il desiderio della scrittura (Feltrinelli 2018). È autore di tre romanzi: Abyss (Longanesi 2014); Foresta di tenebra (Longanesi 2017); I segni del male (Rizzoli 2020).

Davide Caldo è Direttore dell’unità di Chirurgia Vertebrale 5 all’ospedale Humanitas Gradenigo di Torino e membro del centro di ricerca interdipartimentale per l’Intelligenza Artificiale AI@UPO, dell’Università del Piemonte Orientale. È attivo in progetti di ricerca europei nel perimetro delle neuroscienze affettive. Tali ambiti comportano contaminazioni tra discipline distanti quali la medicina e la neurofisiologia, la filosofia del diritto, la computer science. Ha studiato anche il rapporto tra l’uomo e le macchine, le discipline corporee e rappresentative nell’arte e nello sport, la sessualità atipica, la moda, la comunicazione scientifica e il funzionamento dei social network.

Andrea Pogliano è docente di Sociologia dei media e della comunicazione all’Università del Piemonte Orientale; è ricercatore per il Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione (FIERI) ed è membro della rivista Sociologica – International Journal for Sociological Debate. Il suo ultimo libro, Media, politica e migrazioni in Europa, è uscito nel 2019 per Carocci.

Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978 ed è scrittrice e traduttrice. I suoi ultimi libri sono Miden (Mondadori 2018), tradotto in Francia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito e Le bambinacce (Feltrinelli 2019), scritto insieme a Marco Rossari. Scrive per diversi giornali e collabora con TTL.

Il Salone del Libro dedica un convegno ai traduttori dall’italiano

“Dall’italiano al mondo”

24 settembre 2021, ore 16-20
online sulla piattaforma digitale SalTo +

«La traduzione è il sistema circolatorio delle letterature del mondo» Susan Sontag

Da sempre consapevole dell’importanza dei traduttori sia a livello culturale sia a livello editoriale, il Salone Internazionale del Libro di Torino è stato il primo in Europa, nel 2001, a creare un ciclo di incontri professionali dedicato al prezioso lavoro di chi consente ai lettori italiani di leggere le letterature del mondo: l’AutoreInvisibile, curato da Ilide Carmignani, diventato appuntamento annuale e di riferimento della categoria. Oggi il Salone del Libro fa un ulteriore passo nel riconoscimento del valore della traduzione, con una nuova iniziativa nata per promuovere e sostenere i traduttori stranieri che danno voce alla letteratura italiana all’estero: il convegno “Dall’italiano al mondo” in programma il 24 settembre online sulla piattaforma digitale SaTto +.

Prima iniziativa di questa sorta nel nostro Paese, pensata anche in vista del ruolo di ospite d’onore riservato all’Italia alla Buchmesse di Francoforte del 2024, il convegno “Dall’italiano al mondo”, intende diventare l’appuntamento annuale di tutti i traduttori editoriali dall’italiano, «per diffondere con più forza la cultura italiana a livello internazionale – spiega Ilide Carmignani – e creare una rete di sostegno all’export della nostra editoria. È infatti consueto, specie per lingue non veicolari, che i traduttori affianchino al loro lavoro l’attività di scout e costituiscano una specie di testa di ponte dei libri italiani fuori dai nostri confini, soprattutto all’interno delle case editrici più piccole.»

Il convegno, a partecipazione gratuita, offrirà agli iscritti la possibilità di assistere a seminari specializzati e di allacciare rapporti con editori, agenti e scrittori italiani.

In programma workshop con editori, agenti e traduttori su come presentare proposte di traduzione in sinergia con la filiera editoriale e su come attingere ai programmi di finanziamento per la traduzione dei libri italiani nel mondo.

Fra i relatori: Duncan Large (PETRA E-network), direttore del British Centre for Literary Translation alla University of East Anglia di Norwich; Kevin Quirk (FIT – Fédération Internationale des Traducteurs), Shaun Whiteside (CEATL – Conseil Européen des Associations de Traducteurs Littéraires); Nicola Lagioia, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino; Rebecca Servadio a capo della London Literary Scouting e consulente editoriale del Salone del Libro; Mattia Carratello, americanista e editor presso Sellerio, oltre che consulente editoriale del Salone del Libro; Katherine Gregor, traduttrice inglese di Luigi Pirandello e Marco Malvaldi; Carlos Gumpert, traduttore spagnolo di Antonio Tabucchi e Antonio Scurati.

Grazie alla collaborazione con L’Indiscreto, sarà presentata una panoramica delle ultime tendenze della letteratura italiana, accompagnata da una selezione di titoli degli autori più interessanti, ma ancora poco noti fuori dai nostri confini.

Il convegno, gratuito, è aperto a tutti i traduttori dall’italiano.
Per iscrizioni: registrazione su SalTo + a partire dal 20 luglio 2021.
Per informazionidallitalianoalmondo@salonelibro.it.

Dall’italiano al mondo” è realizzato dal Salone Internazionale del Libro di Torino in collaborazione con: rivista L’indiscreto, CEATL – Conseil Européen des Associations de Traducteurs Littéraires, FIT – Fédération Internationale des Traducteurs, PETRA-E Network.

PROGRAMMA

Ore 16:00 Apertura del convegno

Partecipano: Nicola Lagioia (Salone Internazionale del Libro di Torino), Duncan Large (PETRA E-network), Kevin Quirk (FIT), Shaun Whiteside (CEATL)

Ore 16.30 Panoramica delle ultime tendenze della letteratura italiana e presentazione, a cura dell’Indiscreto, di una selezione di titoli non tradotti

Partecipa: Edoardo Rialti e Vanni Santoni (L’Indiscreto)

Ore 17:45 Il traduttore scout nella filiera del libro: scrittori, agenti, editori. I finanziamenti alle traduzioni

Partecipa: Rebecca Servadio

Ore 18.30 Il proposal del traduttore scout

Partecipano: Katherine Gregor, Carlos Gumpert

Coordina: Mattia Carratello

Ore 19.45 Chiusura del convegno

Partecipa: Ilide Carmignani (l’AutoreInvisibile – Salone Internazionale del libro di Torino)

Rock Jazz e dintorni La voce graffiante di Gianna Nannini e il pianoforte di Ludovico Einaudi

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

 

Lunedì. Per “Stupinigi Sonic Park” arriva Gigi D’Alessio. A Collegno per “Flowers” si esibisce Niccolò Fabi.

Martedì. A “Flowers” si esibiscono i Negrita. Per “Monfortinjazz” suona il pianista Ludovico Einaudi. Sul palco dei Giardini Ginzburg è di scena Davide Shorty. A Stupinigi canta Gianna Nannini. Nel Sound Garden  dell’Hiroshima Mon Amour, si esibiscono Giorgio Canali & Rossofuoco. Al Bunker suona il Max Gallo Quintet.

Mercoledì. Alla biblioteca Archimede di Settimo è di scena il chitarrista Paolo Angeli.

A “Flowers”  suonano i Coma cose.

Giovedì. A Cavoretto  al Petit Cafe si esibisce il trio del chitarrista Luigi Tessarollo. Al “Stupinigi Sonic Park” arriva Levante. A “Flowers” è di scena Colapesce/ Dimartino.

Al “Ginzburg Park Festival” si esibisce Beatrice Antolini.

Venerdì. A “Flowers” è di scena Ghemon. Al forte di Gavi arriva Vinicio Capossela  con il suo progetto “Bestiale comedia”.Inaugurazione  ad Alba del Festival Jazz con il quintetto del trombettista Carlos Sarduy. Al Bunker sono di scena gli Indianizer. Allo Spazio 211 suonano i Kaos  One e Dre Love.

Sabato. A La Thuile per “Musicastelle” si esibisce Francesca Michielin. Il trio di John Patitucci suona ad Alba Jazz. Allo Spazio 211 è di scena Uochi Toki,Cyborgs, Ottone Pesante e OvO. A Stupinigi si esibisce Franco 126.

Domenica.  Il Festival Jazz di Alba propone il sestetto di Giovanni Guidi. A Stupinigi sono di scena gli Psicologi. Per “Monfortinjazz” suona Raphael Gualazzi. All’Alpe Lusentino vicino a Domodossola, concerto di Davide Van De Sfroos.

 

Pier Luigi Fuggetta

Baruffe amorose e inganni per il testo estivo di Shakespeare

“Molto rumore per nulla” sino all’8 agosto al Carignano

Terzo appuntamento con “Prato inglese”, felice area estiva dello Stabile torinese, occasione teatrale che s’allunga sino all’8 agosto, la cornice storica della sala del Carignano che si fonde con un testo shakespeariano. Quest’anno “Molto rumore per nulla”, nella traduzione e nell’adattamento di Emanuele Aldrovandi, opera ambientata a Messina – qualcuno per il piacere di una simile collocazione arrivò ad azzardare una nascita dell’autore nella città dello stretto – e scritta a cavallo tra il il 1598 e il ’99, una fusione di elementi tragici e farseschi per i quali già si rintracciano influenze nella classicità di Caritone, nato in Caria presumibilmente tra il primo e il secondo secolo (sue “Le avventure di Cherea e Calliroe”) e nel nostro cinquecentesco Matteo Bandello, non dimenticando né l’Ariosto né “Il Cortegiano” del Castiglione. Vecchia materia quindi le baruffe amorose che qui coinvolgono Benedetto e Beatrice, schermaglie amorose condite in maniera sulfurea da anni con parole acide e battibecchi, pronte a riesplodere al primo incontro tra i due, sguardi in cagnesco che continuano a guerreggiare l’uno contro l’altro. L’occasione è lo sbarco nella città siciliana del principe Pedro d’Aragona e del suo seguito, di cui fanno parte il fratello Don Juan, il giovane Claudio e lo stesso Benedetto, nell’ospitalità nella casa del vecchio amico Leonato, nell’innamoramento che coglie Claudio per Ero, cugina di Beatrice, esempio di virtù. Quanto poi a contorno vi sia di sgherri troppo impiccioni, di inganni e di equivoci, di malvagità tramate più o meno nell’ombra, di balli mascherati che confondono i tanti personaggi, di confessioni rivelate alla persona sbagliata, di ambigui appuntamenti orchestrati nel cuore della notte, di presunte morti subite da cuori troppo sensibili, di rappacificazioni e di felici matrimoni, questo e molto altro, in un’opera che gioca, quanto più è possibile, a rimescolare le acque ad ogni istante, è la bulimica ossatura di “Molto rumore per nulla”.

Giocano nel testo l’apparenza e la realtà, l’eterno ritorno del doppio, la lunga strada che conduce dagli inganni alla limpida linearità: e il regista Silvio Peroni – non ci saremmo d’altronde aspettati diversamente, con il modernismo (logico per lui rintracciare anche le fake news che popolano “Molto rumore”) che invade oggi, nel bene e nel male, le nostre sale teatrali – ambienta ogni cosa in un tempo che non prevede steccati stretti e riconoscibili, che poggia su di un impianto scenografico (di Gregorio Zurla, decisamente bello e suggestivo, dove le pareti in policarbonato fanno al caso nostro, validamente aiutato dalle luci di Valerio Tiberi) che spinge lo spettatore a “vedere” quanto succede dentro e fuori scena. Se ancora ce ne fosse bisogno, collaborano al successo visivo dello spettacolo i costumi firmati da Veronica Pattuelli, un défilé, è chiaro, per le signore attrici soprattutto, come raramente s’è visto su di un palcoscenico. Alla regia di Peroni al contrario si rimproverano quegli eccessi, in troppi momenti, di svolgimento caotico, di spingersi oltre nella confusione, di voler a tutti i costi affastellare movimenti e azioni e voci, di rinunciare a mettere un capo e una coda a tutto quel disordine e ad appianare tutto quel “rumore” che l’opera porta con sé. Il che non vorrebbe significare snaturarla bensì sfrondarla dei suoi eccessi e “ragionarla” maggiormente, renderla più fruibile allo spettatore, risparmiata altresì dei troppi intermezzi musicali affidati ad una voce femminile che qui la invadono e immersi in una accattivante quanto “facile” luce rossastra.

Tra gli interpreti, da sottolineare le prove di Jacopo Venturiero (Benedetto), di Lorenzo Bartoli (Leonato), di Vittorio Camarota (militaresco Dogberry) e di Sara Putignano (pungente quanto combattiva Beatrice), accolti con i loro compagni da un pubblico più che prodigo d’applausi.

Elio Rabbione

Foto, durante le prove dello spettacolo, di Luigi Di Palma

Teatro Stabile: da Shakespeare a Ibsen, da Pirandello a Brecht

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Presentata la stagione 2021 – 2022 del Teatro Stabile di Torino

 

Sarà “Casa di bambola” di Ibsen ad aprire al Carignano il 4 ottobre prossimo (repliche per l’intero mese) la nuova stagione del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, regia e interpretazione di Filippo Dini con Deniz Özdogan nel ruolo di Nora, in una lettura curiosa nella sua novità, non legata soltanto al tema del femminismo e della rivolta familiare – ritroveremo il regista genovese tra marzo e aprile al Gobetti con “Ghiaccio” dell’inglese Bryony Lavery, un dramma pluripremiato, un thriller psicologico, un testo di rimorso, punizione e redenzione, un’opera che dolorosamente affronta un tema scabroso della società di oggi, come è quello della pedofilia.

Parole di grande ottimismo durante la conferenza stampa di presentazione di un calendario (“abbiamo debuttato con ‘Molto rumore per nulla’, ora facciamo molto rumore per qualcosa che funzione davvero”, “in questa Italia vincente il teatro è vincente”) che è presentato dai responsabili, presidente Vallarino Gancia e direttori Fonsatti e Binasco grande intrattenitore, nella sua completezza – da metà settembre a metà giugno -, che poggia sul tanto lavoro sui tanti mesi di chiusura dei teatri e ben oltre, sul rapporto di fiducia del pubblico, sul sostegno continuo della Regione, del Comune e degli Enti bancari maggiori. La riapertura vuol dire “primo amore” ovvero lo spettacolo dal vivo (l’icona annuale mostra due giovanissimi, un lui e una lei ancora ben distinti, sotto l’albero della valle dell’Eden in versione 2.0, con lui tra l’imbronciato e il sospettoso a mostrare nella mano sinistra una rossa mela, mentre lei guarda immobile in macchina incorniciata da una riccioluta chioma bionda), il ritorno a casa definitivo, le poltrone della sala forse a poco a poco tutte utilizzabili, il ritrovarsi e l’abbracciarsi, il tiepido accendersi di qualche discussione (antica costante ormai pressoché spenta). Il luminoso versante ottimistico accoglie in primo luogo le 7 nuove produzioni esecutive, le 5 coproduzioni, le 4 riprese e i 32 titoli ospiti (62 titoli suddivisi tra Carignano, Gobetti e Fonderie Limone), tra i quali s’attendono con curiosità e interesse l’applaudita prova di Kriszta Székely “Il cerchio di gesso del Caucaso”, il 19 gennaio alle Fonderie dal Katona di Budapest (la regista mise in scena da noi un moderno “Zio Vania” nel gennaio 2020 e la vedremo con una nuova produzione sempre per lo Stabile di casa nostra nell’autunno 2022), lo shakespeariano “Antonio e Cleopatra” firmato per il Teatro Nacional D. Maria II di Lisbona da Tiago Rodrigues (da pochi giorni nominato nuovo direttore del Festival di Avignone), ancora alle Fonderie il 27 marzo, e infine “Come tu mi vuoi” di Pirandello, dall’Odéon parigino al Carignano il 27 maggio, con la regia di Stéphane Braunsschweig.

Il direttore artistico Valerio Binasco, scommettendo anche sulle stagioni e sul loro sovvertimento, nel freddo (forse?) di fine anno inscenerà in un Carignano trasformato in un bosco fin dal foyer “Sogno di una notte di mezza estate”, testo a lungo inseguito, mentre tra maggio e giugno porterà alle Fonderie gli euripidei “Ifigenia” e “Oreste”, la vicenda che abbraccia due vittime, “un ideale percorso di indagine nel dolore dei figli, nella cupa solitudine della famiglia, nel peso delle responsabilità che innervano la storia del teatro”. Leonardo Lidi (la cui “Casa di Bernarda Alba” con Orietta Notari, Francesca Mazza e Francesca Bracchino inaugurerà il 14 settembre la stagione del Gobetti, dove era stata costretta a chiudere dopo un pugno di repliche causa pandemia) metterà in scena, avvicinandoci ai 400 anni dalla prima rappresentazione al Palais-Royal, “Il misantropo” di Molière, Fausto Paravidino ripescherà dagli impegni cancellati della scorsa stagione, con l’interpretazione di Rocco Papaleo (divenuto ormai torinese a tutti gli effetti), “Peachum. Un’opera da tre soldi), personale rivisitazione del testo brechtiano. Restando sempre in casa Stabile, il nome emergente di Emanuele Aldrovandi, “talentuoso drammaturgo”, con “L’estinzione della razza umana”, dove un virus trasforma le persone in tacchini, protagoniste due coppie divorate dalle loro contraddizioni; in ultimo, attesissimo, dopo il planetario successo di “Macbettu”, premio UBU come “migliore spettacolo dell’anno”, Alessandro Serra con “La tempesta”, ancora Shakespeare, uno spettacolo fatto intimamente di amore e di odio, di perdono umanamente abbracciato, di magia in cui è bello perdersi.

Ultima eccellente stazione. Tra le coproduzioni e le ospitalità cogliamo i mostri sacri Giulia Lazzarini e Anna Maria Guarnieri in “Arsenico e vecchi merletti”, Emma Dante, Antonio Latella con “Chi ha paura di Virginia Woolf” interpretato da Sonia Bergamasco e Vinicio Marchionni, Umberto Orsini e Franco Branciaroli, Gabriele Lavia (“Il berretto a sonaglia” al Carignano dal 22 marzo), “Moby Dick alla prova”, con Elio De Capitani regista e interprete, un progetto di Orson Welles che prese vita a New York nel 1955, lui chiaramente maestoso Achab, che prese anche la forma di un film mai completato. E ancora: Mario Martone (in video-collegamento, ha sperato “che i teatri, come le scuole, non chiudano mai più, neppure se dovesse tornare la zona rossa, sarebbe un danno gravissimo, dobbiamo evitarlo e dobbiamo stringerci tutti quanti assieme perché questo non accada”, applauditissimo dal pubblico presente, soprattutto dai tanti attori in sala che per mesi sono stati chiusi tra le mura di casa) che porterà “Il filo di mezzogiorno” di Goliarda Sapienza, eccentrica e controversa scrittrice a relazionare per autobiografia sul proprio percorso psicanalitico, Matthias Martelli alle prese a riverire (si spera anche con un briciolo di divertente humour) nel settecentesimo anniversario padre Dante “fra le fiamme e le stelle” sotto l’occhio attento di Emiliano Bronzino e soprattutto del divulgatore Alessandro Barbero, amabilmente votato alla leggerezza, “Museo Pasolini” di e con Ascanio Celestini, “Il silenzio grande” scritto da Maurizio De Giovanni con la regia di Alessandro Gassmann, Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon con “Eichman. Dove inizia la notte”, testo di Stefano Massini, i due attori nei ruoli di Hannah Arendt e del boia incriminato, processato e condannato a morte per genocidio e crimini contro l’umanità nel 1962.

 

Elio Rabbione

 

 

Nelle immagini, Umberto Orsini, in scena con Franco Branciaroli, con “Pour un oui ou pour un non” di Nathalie Sarraute; Rocco Papaleo in “Peachum” di Fausto Paravidino (foto Tommaso Le Pera; Giulia Lazzarini e Anna Maria Guarnieri in “Arsenico e vecchi merletti” (foto Tommaso Le Pera); il pirandelliano “Comme tu me veux” dall’Odéon di Parigi (foto Simon Gosslin); “Il nodo” di Johanna Adams con Ambra Angiolini e Ludovica Modugno con la regia di Serena Senigaglia (foto Serena Serrani)

 

A Burattinarte torna Gabrielli: “Legno, diavoli e vecchiette… storie di marionette”

Lo spettacolo, originale, sorprendente e straordinariamente godibile anche dagli adulti, andrà in scena a Bra venerdì 23 luglio

Settimana 4. 

 

Il calendario della quarta settimana di Burattinarte si comporrà di un solo appuntamento, ma sarà più interessante e sorprendente che mai.

 

Protagonista della serata di venerdì 23 luglio sarà Giorgio Gabrielli, uno degli artisti più apprezzati e riconosciuti della scena italiana.

Lo spettacolo che Gabrielli proporrà alle 21.30, nei giardini del Belvedere di Bra, si intitola “Legno, diavoli e vecchiette… storie di marionette“.

 

Moderno Geppetto, scultore e designer, appassionato di teatro dei burattini, Gabrielli racconta in questo spettacolo la storia di un saltimbanco (… sarà forse la sua storia?) che, dopo anni passati a fare spettacolo con due burattini e un piccolo teatrino montato sulle spalle, si ferma a ripercorrere la sua vita.

 

Come si diventa burattinai? Quanto è forte il richiamo del viaggio, dell’avventura della scoperta e quanto incide l’amore per il teatro nel decidere di intraprendere questo mestiere? Come nasce uno spettacolo? Cosa ispira l’artista nell’intagliare il burattino in un modo piuttosto che in un altro?

 

Il diavolaccio di Gabrielli

Legno diavoli e vecchiette… storie di marionette

Sono queste alcune delle domande a cui lo spettacolo “Legno, diavoli e vecchiette… storie di marionette” si impegna a dare risposta… ma altre domande e altre risposte ancora ne scaturiranno, anche grazie ai microspettacoli L’Angiolino, Il diavolo dei campi, La vecchia Madùra, con cui il marionettista sorprenderà il pubblico, rivelandoli come fossero perle preziose, nascoste nella conchiglia della storia principale.

Giorgio Gabrielli e il teatrino montato sulle spalle del burattinaio

«Lo spettacolo è il risultato di un progetto sulla didattica museale, nato dalla collaborazione di Gabrielli con il Museo Civico di San Benedetto Po, di cui Gabrielli cura, come responsabile, la sezione marionette e burattini», precisano Claudio Giri e Consuelo Conterno, ideatori e direttori artistici di Burattinarte. «In questo progetto Gabrielli ha unito diversi microspettacoli, non per raccontare una storia classica, quanto piuttosto per raccontare la loro stessa storia, in una sorta di teatro nel teatro di pirandelliana memoria. Singolare poi, in questo spettacolo, è la ricerca tecnica sui burattini: una costante sperimentazione sia sui materiali che sulle tecniche per dare movimento rende questi burattini particolarmente curati e sorprendenti. La combinazione di queste modalità narrative, esecutive e delle soluzioni tecniche innovative adottate rende questo spettacolo particolarmente godibile anche per il pubblico adulto, che ne apprezzerà la finezza progettuale, mentre i bambini ne coglieranno la magia»

 

I direttori artistici della rassegna concludono con una curiosità: «Le scenografie sono formate dalle stesse valige nelle quali sono custodite le marionette che, creando un semicerchio, definiscono lo spazio scenico, interrotto solo da una piccola “baracca” per burattini ricavata da un vecchio zaino della seconda guerra mondiale».

Per assistere agli spettacoli è vivamente consigliata la prenotazione, entro le ore 16scrivendo su whatsapp  al 339 4638307 o all’indirizzo e-mail  prenotazioni.burattinarte@gmail.com.

Si può anche prenotare direttamente presso l’ufficio Turismo e Manifestazioni del Comune di Bra telefonando allo  0172 430185  o scrivendo a turismo@comune.bra.cn.it.

Ingresso a biglietto: 3 € a persona

 

Gli organizzatori ringraziano quanti hanno creduto nel festival e si sono adoperati affinché potesse ancora una volta, avere luogo.

In particolare, Regione Piemonte, Fondazione CRT, fondazione CRC, Banca d’Alba, a cui si sono affiancati i 13 Comuni coinvolti e le associazioni Nel Viale, Anforianus, il Cinema Vekkio oltre all’Ente turismo Langhe, Monferrato, Roero.

 

Con cortese preghiera di pubblicazione

 

Vita privata di un re, nuovo percorso a Racconigi

A partire da sabato 17 luglio 2021 apre al pubblico Vita privata di un re, un nuovo percorso di visita che si aggiunge ad arricchire l’offerta culturale del Castello di Racconigi. Si tratta di ambienti non aperti al pubblico, restaurati e rifunzionalizzati con progetti e fondi attivati dall’Associazione Le Terre dei Savoia, frutto di un lavoro di anni condiviso con la Direzione regionale Musei Piemonte del Ministero della cultura, già Polo Museale del Piemonte, e la direzione del Castello di Racconigi.
Il percorso focalizza l’attenzione sulla figura del re Carlo Alberto, raccontandone la dimensione più intima, attraverso gli spazi privati e della ritualità quotidiana, come la Biblioteca o i Bagni voluti dal sovrano.
In forza della Convenzione stipulata con l’allora Polo Museale, nonché del successivo Disciplinare Attuativo, l’Associazione Le Terre dei Savoia è il soggetto incaricato della gestione del nuovo percorso che integra quello ordinario attualmente fruibile presso il Castello di Racconigi.
“Il risultato raggiunto con l’apertura del nuovo percorso di visita – precisa Elena De Filippis, Direttrice regionale Musei – conferma l’importanza di lavorare in rete con le istituzioni e le realtà coinvolte su strategie e obiettivi condivisi. La gestione di beni come il Castello di Racconigi richiede un’opportuna integrazione tra le esigenze locali, il valore dell’identità collettiva e l’inserimento nei flussi turistici per arricchire quel repertorio di buone pratiche che deve accompagnare la valorizzazione del patrimonio culturale”. Come prosegue Riccardo Vitale, Direttore del Castello di Racconigi, “l’inaugurazione dei Bagni di Carlo Alberto e degli spazi ad essi connessi segna infatti un punto di arrivo significativo per il ventennale percorso di collaborazione con l’Associazione Le Terre dei Savoia e, più in generale, amplia la prospettiva di visita coinvolgendo non solo il Castello, ma l’intero territorio di riferimento, ingenerando così un circolo virtuoso”.
“Il Castello vuole essere il centro dal quale si irradiano alcune grandi proposte in ambiti come l’arte e la cultura, l’attrattività turistica e l’offerta ludico-didattica e ricreativa – osserva Valerio Oderda, Presidente dell’Associazione Le Terre dei Savoia e Sindaco del Comune di Racconigi. Negli scorsi anni abbiamo lavorato molto, a livello europeo e nazionale, per contribuire al rilancio del Castello e grazie a diversi progetti siamo riusciti a creare una nuova esperienza di visita che mi auguro sia di grande successo”.
Fra questi progetti, il più importante è stato l’Interreg ALCOTRA I Duchi delle Alpi/Les Ducs des Alpes che ha voluto fare dell’insieme dei luoghi storici della dinastia sabauda il centro di un articolato sistema turistico-esperienziale. Grazie ad esso è stato infatti creato lo strumento digitale Savoia Experience: una piattaforma web in italiano e francese che propone uno sguardo sull’incredibile varietà turistica e culturale del territorio transfrontaliero e permette di costruire il proprio viaggio sul territorio all’insegna della scoperta.
Non solo, questo progetto europeo e Fondazione CRT – da sempre principale sostenitore privato del Castello di Racconigi – hanno reso disponibili le risorse che hanno consentito all’Associazione Le Terre dei Savoia di sostenere i lavori per la riqualificazione dei Bagni di Carlo Alberto, luoghi di una bellezza unica, adesso accessibili ai visitatori e punta di diamante del nuovo percorso.
“Aggiungiamo un nuovo importante tassello al lungo percorso di riqualificazione, valorizzazione e rilancio del Castello di Racconigi, di cui Fondazione CRT è da sempre il principale sostenitore privato – dichiara Giovanni Quaglia, Presidente di Fondazione CRT –. Questo percorso di visita, che tocca anche il fregio palagiano rinato da poco grazie alla Fondazione, accompagna i visitatori alla scoperta della storia, dell’identità e della grande bellezza della residenza sabauda, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco: un’operazione davvero grandiosa, frutto del lavoro di squadra, che permette di riportare questo gioiello storico-artistico al centro del sistema turistico piemontese e nazionale”.
I Bagni di Carlo Alberto rientrano in un itinerario di visita più ampio e articolato che include anche altri ambienti, a partire dalla Biblioteca di Carlo Alberto, di cui è stata migliorata la fruibilità grazie a un finanziamento della Compagnia di San Paolo. Inoltre il piccolo affascinante spazio della Biblioteca, già oggetto di un intervento di restauro, catalogazione dei volumi e digitalizzazione dei testi più significativi, è celebrato con una piattaforma online che ne presenta la storia e, ispirandosi ai libri, propone spunti e percorsi tematici sul territorio delle Terre dei Savoia.
Si prosegue poi con il Fregio Palagiano – restaurato dall’Associazione Amici del Real Castello grazie al sostegno di Fondazione CRT e al contributo di Fondazione CRC – protagonista di un allestimento particolarmente suggestivo, all’interno di una teca vetrata e illuminata che si estende per oltre 35 metri, permettendo una lettura d’insieme dell’opera originale ideata da Pelagio Palagi.
Il percorso comprende anche lo Spazio 21, area rifunzionalizzata che prepara il visitatore alla scoperta dei Bagni di Carlo Alberto con un’esperienza di tipo immersivo, una visita narrata da Specchi Parlanti e Oculus GO dotati di audio, realizzata in collaborazione con il Team UXDesign del Politecnico di Torino. Al termine della visita si incontra, invece, la Cappella settecentesca, restaurata con un progetto finanziato dalla Fondazione CRC, completato grazie al contributo di Fondazione CRT e al già citato programma InterregAlcotra.

 

Molti dei luoghi del percorso dispongono di risorse online dedicate per approfondirne la storia:

 

La Biblioteca di Carlo Alberto: www.bibliocarloalberto.it
Savoia Experience: www.savoiaexperience.com
Il progetto I Duchi delle Alpi: www.leterredeisavoia.it/duchi-delle-alpi
Le Terre dei Savoia: www.leterredeisavoia.it

La “pittura multisensoriale” dell’artista giapponese Liku Maria Takahashi

“Il Metodo Maris: sinestesie d’arte per abilità differenti” In mostra al Museo del Tessile di Chieri Sabato 17 luglio, ore 15

Chieri (Torino)  A ragione è stato definito il “braille della pittura”. Che permette anche a chi non vede di percepire non solo le forme ed i loro contorni, ma anche i colori e le loro sfumature. Parliamo del cosiddetto “Metodo Maris” che, combinando elementi visivi, tattili ed olfattivi percettibili attraverso i sensi, rende la fruizione di un’opera d’arte accessibile anche a persone con disabilità visiva.

Per scoprirne di più e “toccarne con mano” la validità, l’appuntamento è per il prossimo sabato 17 luglio, alle ore 15, presso il “Museo del Tessile” di Chieri (Sala della Porta del Tessile in via Santa Chiara, 5) che, proprio in quella data, inaugurerà la personale dell’artista giapponese Liku Maria Takahashi, presidente della “World Diversity Art Society” e lodevole e sensibile ideatrice nel 2009 dello stesso Metodo. Pittrice, scultrice, teorica dell’arte, docente, nonché maestra di arti marziali, la Takahashi verrà anche premiata, nell’occasione, con la “Navetta Arcobaleno” (medaglia fusa in bronzo dallo scultore lucano Antonio Saluzzi) “per essersi distinta nel coniugare un linguaggio multisensoriale di inedito conio con l’arte tessile, le sue suggestioni e i suoi intrecci culturali così da stimolare creatività e realizzare una comunione d’intenti fra persone di ogni dove”. Perché “in termini filosofici – sostiene l’artista di origini nipponiche – il ‘Metodo Maris’ crea incontri facendo sì che l’arte getti i semi della comprensione”. Una “visione”, un modo condivisibile e personale di approcciarsi all’arte, che meglio si potrà comprendere visitando la mostra di Chieri. Ad iniziare da due delle sue famose “Zebre”, per proseguire con una selezione delle “Bandiere del Maris National Flag Project” (2012-2019) realizzate da bambini e adulti di tutto il mondo, fino alla “Maris World Standard Table” (2014), una vera e propria tavola di regole pittoriche che mostra la corrispondenza fra diverse granulometrie di sabbia, essenze e “nuances” di colore. Pittura multisensoriale, appunto. Mezzi utilizzati: grani di sabbia disponibili in dieci granulometrie corrispondenti ad altrettanti colori e fragranze con dieci valori di luminosità cromatica e intensità olfattiva. Più è grande la granulometria della sabbia, più scura è la tonalità del colore ad essa associata.

Inoltre, ciascuna tonalità è abbinata ad una fragranza specifica. Così, una volta apprese le semplici regole della “Maris World Standard Table”, chiunque può iniziare a cimentarsi nella pittura con questa tecnica, “superando – sottolinea Takahashi – le barriere fisiche che impediscono o inficiano il coinvolgimento di persone con disabilità visiva nel processo creativo e cognitivo, e permettendo di superare anche le barriere culturali che impediscono, in tutto o in parte, l’apprezzamento dell’arte di tradizione diversa”. L’arte al servizio della socialità. Con forti connotazioni simboliche. Testimoniate per altro dalla piantumazione di un gelso (“Bombyx mori”), l’albero dei bachi da seta, che si terrà, a seguito dell’inaugurazione della mostra, nell’Orto botanico del “Museo del Tessile” e che, in chiusura, vedrà anche servita al pubblico una profumata granita al gelso. Un gesto ispirato alla “scultura sociale” di Joseph Beuys e delle sue “7000 querce”, opera realizzata dallo scultore tedesco con pietre di basalto per “Documenta” a Kassel, “un gesto che rinnoviamo con l’intento di legare idealmente – dice Melanie Zefferino, presidente del Museo chierese – Chieri e il quartiere Satagaya di Tokyo, dove ha sede la Scuola di Belle Arti in cui sono stati preparati materiali e supporti per il ‘workshop’ dell’artista”. Nei tre giorni successivi all’inaugurazione della mostra (18, 19 e 20 luglio), Takahashi condurrà infatti laboratori con l’impiego della tecnica “Maris”, riservati a bambini e adulti con disabilità visiva. I partecipanti saranno chiamati a riprodurre un disegno tessile creato negli anni Venti dallo “Studio Serra & Carli” di Chieri, un motivo vegetale stilizzato, per la precisione un “Trifoglio blu”, di cui il “Museo del Tessile” conserva la messa in carta millimetrata nel suo archivio storico. Saranno, inoltre, organizzate visite esperienziali gratuite all’Orto botanico, a cura di Giulia Perin, mentre all’interno del Museo saranno previste alcune stazioni tattili, a cura dell’artista Lisa Fontana, anch’esse riservate a persone non vedenti o ipovedenti.

Gianni Milani

“Liku Maria Takahashi. Il Metodo Maris”
Sala della “Porta del Tessile”, via Santa Chiara 5, Chieri (Torino); tel. 329/4780542 o www.fmtessilchieri.org
Apertura straordinaria: dom. 18, lun. 19, mart. 20 luglio, ore 9,30/12,30

Nelle foto
– Liku Maria Takashaki
– “Maris World Standard Table”
– Studente dell’Accademia d’Arte di Setagaya (Tokyo) prepara supporti per il “Trifoglio Rosso”

Torna Lunathica e raddoppia gli spettacoli, tra green, comicità, circo e sostenibilità

Il Festival della ripartenza propone una nuova formula e tante novità

 

La nuova formula del Festival Internazionale di Teatro di Strada diretto da Cristiano Falcomer propone 42 spettacoli in 9 comuni (tra cui due new entry) dal 22 al 25 luglio lungo tutta la giornata con una speciale attenzione alla mobilità dolce, alla valorizzazione dei territori dislocati lungo la pista ciclabile e al sostegno delle giovani compagnie. Simbolo di questa edizione un delizioso chapiteau allestito nel verde dell’Oasi Naturalistica dei Gorèt a Nole

 

“L’arrivo del circo di notte, la prima volta che lo vidi da bambino, ebbe il carattere di un’apparizione. Questa specie di mongolfiera, preceduta da niente, la sera prima non c’era, la mattina era là, davanti a casa mia”

Federico Fellini

 

Dopo un anno di pausa dovuto alla Pandemia, dal 22 al 25 luglio torna Lunathica, il festival diffuso di teatro di strada diretto da Cristiano Falcomer. Un’edizione completamente differente e con una nuova formula che toccherà 9 comuni tra cui due new entry. Alle consolidate piazze di Cirié, San Maurizio, San Francesco, Mathi, Nole, Fiano e Lanzo si aggiungono infatti Leinì e Villanova Canavese.

Novità anche rispetto al periodo e alla programmazione. Se l’ultima edizione 2019 si dipanò su circa sei settimane, coprendo prevalentemente il mese di giugno, per un totale di 17 spettacoli, quest’anno saranno ben 42 gli appuntamenti concentrati in un fine settimana. Un tour de force molto ricco e intenso che prevede spettacoli non solo serali e preserali, ma anche in altri momenti della giornata per garantire da un lato la massima accessibilità, dall’altra il rispetto dei protocolli di sicurezza che impongono il contingentamento degli spazi, il distanziamento e di conseguenza una riduzione di capienza per ogni singolo appuntamento.

“Dopo la pausa forzata e lo shock, anche emotivo, che abbiamo subito, era necessario tornare con un rinnovato entusiasmo e nuove sfide da affrontare – spiega Cristiano Falcomer – Lunathica è sinonimo di incontro, di festa, di gioia, concetti che per oltre un anno ci sono stati sottratti dalla situazione generale. Ora è il momento di reagire e di ricostruire ciò che abbiamo perduto. Abbiamo per questo pensato ad una nuova formula che rispetti le esigenze di sicurezza imposte dalle normative da un lato, ma dall’altro soddisfi il desiderio di svago e di ritorno a una graduale normalità da parte del pubblico. Dalle considerazioni fatte – conclude Falcomer – è nato un festival che, oltre a mantenere le sue peculiarità, rafforza la proposta, tanto che potrebbe essere la nuova formula del festival negli anni a venire”.

Il programma propone 13 compagnie per 42 repliche di spettacolo, con 1 prima nazionale e 6 prime regionali, distribuite in 4 giornate con orario mattutino, pre-serale e notturno. Gli spettacoli sono replicati in contemporanea nei 9 comuni grazie a un programma che darà la possibilità agli spettatori di muoversi tra i comuni aderenti al Festival, spostandosi da uno spettacolo all’altro. Gli spettacoli saranno accorpati in 3 circuiti: il Circuito della pista ciclabile che unisce Nole, Mathi e Villanova i comuni che sono attraversati dalla Corona Verde, nei quali gli orari sono mattutini o preserali. Lo spettatore avrà la possibilità di abbinare alla sua passeggiata tra i boschi anche gli spettacoli e una variegata offerta di attività collaterali che possono essere raggiunti in breve tempo e agevolmente. Il Circuito degli aperitivi circensi che lega gli spettacoli programmati in orario preserale a Fiano, San Maurizio, Ciriè e Leinì. Un modo per associare ai momenti di spettacoli l’offerta enogastronomica del territorio. E infine le Sere lunathiche che caratterizzano gli eventi previsti a San Francesco, San Maurizio, Ciriè, Lanzo e Leinì che beneficiano dell’oscurità per essere goduti pienamente.

 

Un festival “green”, dunque, con una predilezione per la mobilità sostenibile e che punta ad estendersi lungo il percorso della pista ciclabile. Nel tratto che unisce Villanova, Mathi e Nole, oltre alla programmazione tradizionale serale, sono previsti appuntamenti mattutini, in orari in cui la temperatura al fresco del verde è ancora godibile. Incastonato tra il verde dell’Oasi Naturalistica dei Gorèt a Nole, il delizioso chapiteau del Teatro nelle Foglie sarà la suggestiva location per alcuni spettacoli e simbolo di una visione bucolica e felliniana del circo, quella “mongolfiera preceduta da niente, che la sera prima non c’era e la mattina era là, davanti a casa mia” come raccontava il Maestro riminate raccontando dei suoi sogni d’infanzia. Mentre il Parco Urbano Due Laghetti di Villanova ospiterà (dal 23 al 25 luglio) un’area relax con un punto ristoro, musica dal vivo (a cura del gruppo Mangerei Teresa), laboratori d’arte circense e animazioni a cura di Atlas Circus e sedute di massaggi. A Villanova Canavese e Nole, andrà in scena inoltre una versione aggiornata del Premio Gianni Damianosezione giovani con 4 compagnie (under 35) selezionate tra 62 proposte. Un sostegno alla creatività emergente delle giovani compagnie.

 

La comicità, il brivido e la magia sono i fili conduttori che intessono la programmazione caratterizzata da una notevole varietà di stili, tecniche, poetiche e nazionalità in costante equilibrio tra innovazione e tradizione. Tra gli artisti di spicco del 2021 segnaliamo la geniale commistione di danza e clown contemporaneo degli Okidok (Cirié) innovativi clown belga che si son spogliati della maschera tradizionale e del naso rosso per indossare l’arma dell’irriverenza e della comicità universale. All’opposto, le maschere dei clown d’altri tempi Bucraà Circus (San Francesco al Campo) in prima nazionale, ci raccontano una storia intensa, tragicomica e altrettanto efficace. Musica e comicità sono nel DNA della compagnia Teatro Necessario (Clown in Libertà, Leinì) vulcanici musicisti dai tempi comici straordinari, e nel nuovo spettacolo del comico argentino El Mundo Costrini (Cirié) che porta in scena non uno, bensì due Mozart! Gli esplosivi Black Blues Brothers (Lanzo) con il loro tributo musicale e acrobatico al leggendario film cult di John Landis portato in scena da cinque acrobati kenioti il cui tour mondiale ha superato le 600 date e i 300.000 spettatori, tra i quali Papa Francesco e il Principe Alberto di Monaco e la Casa Reale britannica. Rimarremo col fiato sospeso per l’equilibrio estremo e spirituale del Kolektiv Lapso Cirk (San Maurizio Canavese), e con il sottile e delicato teatro circense del Teatro nelle Foglie (Nole, Oasi Naturalistica I Gorèt) tra discipline acrobatiche e giochi d’ombra ambientato sotto al loro delizioso chapiteau. Il giocoliere argentino Brunitus (Fiano) ci conduce in un viaggio attraverso i sentimenti, evocando con il diablo narrazioni sorprendenti ed emozionanti storie. Mentre la dinamica conflittuale tra un illusionista e il suo assistente è al centro della divertente pièce della compagnia L’Abile Teatro (Lanzo e Mathi). A Leinì all’interno del Parco San Valentino (Piazza 1° Maggio), gli spettatori potranno ascoltare un concerto sospesi a mezz’aria a bordo del magico tappeto volante de “La dinamica del controvento”, una giostra musicale curata dalla compagnia Teatro Necessario che attraverso un pianoforte fluttuante trasporta il pubblico in un universo da sogno.

 

Tutti gli spettacoli sono ad ingresso gratuito previa prenotazione obbligatoria on line sul portaleEventbrite.it e di persona presso il PUNTO INFORMAZIONI in Area Remmert, Via Andrea D’Oria 9 – Ciriè (TO) con Orario 10.00/13.30 e 16.30/19.30. A causa delle normative vigenti, le capienze sono limitate.

 

Lunathica, Festival Internazionale di Teatro di Strada

22-25 luglio 2021

Cirié, San Maurizio, San Francesco, Mathi, Nole, Fiano, Lanzo, Leinì e Villanova Canavese.

Info su www.lunathica.it

Come si guarda un ritratto, tra Storia, attribuzioni e differenti personalità

Nello Spazio “Scoperte” della Galleria Sabauda, sino al 7 novembre

 

Cosa racconta un quadro? Una persona o un gruppo di persone, ci racconta, riproducendole realisticamente o idealmente, le loro fattezze, ci lascia entrare nelle differenti personalità offrendoci sguardi ed espressioni, le stesse emozioni colte nell’attimo.

Allinea particolari chiarificatori, dalla posa ai gesti delle mani allo spazio che li circonda, scavando nel terreno psicologico, dalle iscrizioni agli elementi araldici – dove l’inganno è sempre in agguato, a causa dell’aggiunta di aggiornamenti, di ridimensionamenti, del cambio di cornici di diversa epoca, di accostamenti errati, di reinterpretazioni che si discostano più o meno infedelmente dai soggetti originali e di problemi attributivi che con insuperabili difficoltà tentano di far luce -, dagli abiti ai gioielli, tutti a testimoniare lo status, l’affermazione del prestigio, il potere, la ricchezza raggiunti. Anche alcuni animali, posti accanto al personaggio ad evocare innanzitutto le sue virtù, indizi in qualche occasione di difficile o controversa interpretazione. Tre secoli di storia, studi, metodi, approfondimenti, azzardi, intuizioni, certezze affrontati in occasione della mostra “Come parla un ritratto. Dipinti poco noti dalle collezioni reali” da quaranta studenti del Corso di Laurea magistrale in Storia dell’Arte, un continuo confronto con docenti, studiosi, conservatori e restauratori, la conclusione di un progetto didattico-formativo avviato tre anni fa con il Dipartimento Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino.

Nello Spazio “Scoperte” della Galleria Sabauda (sino al 7 novembre prossimo) il visitatore si trova ad ammirare una mostra – felicissime ri-scoperte! – che ha il merito di aver raccolto alcuni straordinari esempi di ritratti di corte poco noti, provenienti dalle collezioni di Palazzo Reale e della Galleria Sabauda (ma si è guardato anche ai castelli di Moncalieri e di Racconigi, alla Reggia di Venaria, alla Basilica di Superga), “portando alla ribalta documenti figurativi che permettono di ricostruire vicende dinastiche, avvenimenti familiari, strategie matrimoniali, successi politici e militari, mostrando la vivacità e la complessità della corte sabauda e dell’alta società europea”, negli anni che corrono tra il tardo Cinquecento e il primo Settecento “e svelando usanze, aspirazioni e illusioni di un’epoca”.

Quattro le sezioni tematiche. “L’immagine del potere” racchiude il periodo che va dal trasferimento della capitale del ducato a Torino (1563) alla nomina di Vittorio Amedeo II a re di Sicilia prima (1713) e di Sardegna poi (1720) e che allinea la suggestiva sequenza dei “ritratti di Stato”, dove è esaltato il carattere pubblico degli effigiati, ponendo in risalto la posa, la fisionomia idealizzata, gli abiti e altri segnali come la croce dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro o il collare dell’Annunziata; dove una celebrazione particolare è riservata al ritratto equestre, un esempio tra tutti “Il giovane dignitario” che dovrebbe essere letto con probabilità come Carlo Emanuele II, opera di un pittore attivo alla corte, databile 1640, un sovrano preziosamente vestito, un ampio cappello piumato nella mano destra e mosso in segno di saluto, in sella ad un destriero bianco, sullo sfondo, sul lato sinistro, la silhouette dell’antico palazzo Madama. Alla “corte femminile” (qui le attribuzioni si sprecano, i punti interrogativi si leggono con rigore quasi su ogni etichetta che accompagni il quadro) è dedicato il passo successivo, volto a dare tutta l’importanza che la donna ebbe nelle principali monarchie europee, con lo sguardo principale alla corte sabauda, da Caterina d’Asburgo, andata sposa a Carlo Emanuele I alle due Madame Reali, Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours: interessanti i quattordici ritratti di duchesse, marchese e baronesse, consorti di conti e gentiluomini di camera, dovuti ancora ad artisti di corte (dal 1655 al 1664). Opera pregevole il “Ritratto di coniugi” di un anonimo pittore bergamasco sul finire del XVI secolo (che forse ha guardato al Moretto o al Romanino, azzardiamo), forse dovuta a Sofonisba Anguissola una probabile “Margherita di Savoia” (qualcuno la dice Caterina Micaela, figlia di Filippo II di Spagna; inizio del XVII), posta all’interno di una camera, un sontuoso abito color oro e avorio, secondo i dettami della moda in auge presso la corte spagnola dell’epoca, il diadema a falce lunare che allude alla purezza della giovane, nell’atto di posare la destra sulla testa di un leone posto accanto a lei, suggerito simbolo di fedeltà coniugale.

Numero tre, “Legami di famiglia. L’infanzia”. Nei bambini, sin dalla fine del Cinquecento, vengono riprese quelle caratteristiche riscontrate negli adulti, le pose solenni, gli abiti sontuosi, i preziosi gioielli. I loro ritratti preannunciano già l’excursus all’interno del ruolo istituzionale come pure la rappresentazione della prolifica discendenza dei duchi: e nella sontuosità della vita di corte non mancano altresì i momenti affettivi, gli oggetti della vita quotidiana, gli animali domestici, i semplici giochi. Si fanno (nascondendoli al riparo del solito “pittore attivo alla corte sabauda), come ad esempio per i (ancora una volta) probabili ”Francesco Giacinto e Carlo Emanuele II” – i figli di Vittorio Amedeo I, il primo morto a sei anni) -, i nomi del fiammingo Giovanni Caracca o di Antoon van Dyck (così Roberto d’Azeglio) o di Francesco Cairo (così tra gli altri Angela Griseri e Federico Zeri), operante durante due soggiorni torinesi, in particolare il primo, collocato tra il luglio del 1633 e il 1639. Non meno importanti, in ultimo, “Le alleanze internazionali”, in cui i ritratti esposti sono esempi della fitta rete che i Savoia, in linea con le varie corti europee, tessono per approdare a proficue “presentazioni”, ad unioni politiche, alle trattative matrimoniali. Con l’effigie di principesse e di dignitari e di cortigiani si è contribuito a fare un bel pezzo di strada nella Storia. Tra le opere esposte, di Domenico Duprà (“regio pittore per li ritratti” tra il 1750 e 1770, con il fratello Giuseppe) è il giovanile ritratto di “Maria Giuseppina di Savoia, contessa di Provenza”, primogenita di Vittorio Amedeo III. Nel 1771 sposò Luigi Saverio di Provenza, figlio del delfino di Francia Luigi Ferdinando e fratello minore di Luigi XVI: allo scoppio della rivoluzione, con la morte del re, Luigi Saverio fu costretto a fuggire in esilio, di paese in paese, durato più di ventitré anni sino al tramonto napoleonico, con la moglie. Maria Giuseppina morì durante il periodo inglese del confino, quattro anni prima che il marito salisse al trono francese con il nome di Luigi XVIII. Una Savoia mancata alla corte di Francia.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, opere di pittori attivi alla corte sabauda: Infanti di casa Savoia, Palazzo Reale di Torino; sullo sfondo, “Carlo Emanuele II (?)”, circa 1640, Palazzo Reale di Torino; a sinistra, “Francesco Giacinto e Carlo Emanuele II” (1636-1637), Galleria Sabauda; Louis Elle, detto Ferdinand, “Anna Maria Luisa d’Orléans, duchessa di Montpensier” (1647-1652), Galleria Sabauda (la tela è posta in una cornice ottocentesca)