CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 28

Alle Ogr 50 gallerie per The Phair – Photo Art Fair 2025

In occasione del mese della fotografia a Torino, torna alle OGR Torino la VI edizione di The Phair | Photo Art Fair, l’evento imperdibile dedicato all’incontro tra fotografia e arte contemporanea.

Da venerdì 9 a domenica 11 maggio 2025, le OGR Torino accolgono 50 gallerie provenienti dall’Italia e da tutta Europa in un percorso visivo che unisce maestri affermati e nuovi talenti. Un viaggio immersivo nel linguaggio dell’immagine, tra progetti curatoriali d’autore, opere inedite e sperimentazioni.

Partecipare a The Phair significa immergersi in un ambiente creativo e stimolante, esplorare le nuove tendenze della fotografia contemporanea, incontrare artisti, curatori, galleristi e professionisti del settore. Un’occasione per lasciarsi ispirare, riflettere sul presente e scoprire le infinite possibilità della fotografia oggi.

The Phair si rivolge ad alcune delle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea – e non necessariamente solo a quelle specializzate in fotografia – che, in occasione della fiera, presentano dei progetti artistici legati al tema dell’immagine e opere create con materiale fotografico o video.​

Un’attenta scelta curatoriale garantisce la selezione di una proposta organica non suddivisa in temi e sezioni ma come un’unica esperienza espositiva; spazi espositivi uguali per tutti garantiscono un allestimento sartoriale, fornendo nuove modalità di fruizione, conoscenza e valorizzazione delle opere proposte.

 

9 – 11 maggio 2025
Sala Fucine | OGR Torino
H 12 – 21
Ultimo accesso ore 20.30

 

I biglietti sono acquistabili online e in loco durante gli orari di apertura della manifestazione.

 

APERTURE PROLUNGATE DELLE MOSTRE ALLE OGR TORINO
In occasione di The Phair, le mostre Macchine del Tempo. Il viaggio nell’Universo inizia da te e Almost Real. From Trace to Simulation saranno aperte con i seguenti orari:
Venerdì 9 maggio | H 18 – 22
Sabato 10 maggio | H 10 – 21
Domenica 11 maggio | H 10 – 21

 

BIGLIETTI

 

Intero: 15€
Ridotto Speciale: 10€
(Abbonamento Musei Piemonte – Lombardia, Valle d’Aosta, Torino + Piemonte Card, Rinascente Card, CartaEffe Feltrinelli)
Ridotto: 8€
(Studenti universitari under 26, ragazzi 14 – 18 anni, accompagnatore disabile)
Gratuito:
(Bambini fino a 14 anni, disabili)

 

Biglietti disponibili su Vivaticket

Breve storia dei Savoia, signori torinesi

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi

Sono ormai alla metà del mio percorso riguardante  la ricostruzione degli avvenimenti storici che segnano le vicissitudini di Torino dagli albori fino alla contemporaneità.
Ed è appunto arrivato il momento di approfondire il fatto che più di ogni altro ha segnato il destino dellurbe pedemontana: il dominio sabaudo.
Prima di entrare nel merito della questione e di focalizzarci sulle imprese dei Principi di Savoia, è bene soffermarci sul contesto storico.
Anno 1250: muore Federico II. Nuovi drammatici eventi scuotono il territorio italiano da Sud a Nord: il papa Innocenzo IV investe limperatore Carlo dAngiò, il quale nel 1266 uccide in battaglia Manfredi, re di Sicilia e, due anni più tardi, il nipote di Federico II, Corradino. La dinastia degli Hohenstaufen viene eliminata e i guelfi trionfano su tutta la penisola.
Tali fatti producono immediate ripercussioni sul Piemonte e su Torino.
Tommaso II di Savoia occupa la città pedemontana, forte delle concessioni che proprio Federico II gli aveva accordato; egli tuttavia trova difficoltà nella gestione delle terre, così, dopo diversi accordi altalenanti con i comuni limitrofi e gli altri signori locali, decide di schierarsi a favore di Innocenzo IV; a questo punto il Papa, per assicurarsi un sostegno duraturo da parte di Tommaso, emana una carta in cui riconferma la signoria sabauda su Torino.

La cittadinanza però non accetta linsediarsi di Tommaso, né èconcorde a proposito dellalleanza papale, tant’è che nel 1252 viene a crearsi una lega tra le città di Asti, di Chieri e di Torino, per opporsi ai piani del Principe. Nel 1255 i Torinesi catturano Tommaso e lo costringono a rinunciare alla pretesa di regnare sulla città e sui territori circostanti. Dal canto suo Tommaso si appella ai regnanti di Francia e dInghilterra, forte dei legami famigliari che i Savoia si erano creati nel tempo. Dopo un acceso dibattito i Torinesi lasciano libero il nobile prigioniero: è ormai evidente limportanza che la famiglia sabauda ha acquisito a livello internazionale.
Un nuovo pericolo però si affaccia allorizzonte: lavanzata di Carlo dAngiò. La nuova situazione preoccupa molti signori e diversi comuni e la necessità di fermare linvasore comporta la costituzione di una nuova lega ghibellina capeggiata dalla città di Asti. Torino stessa fa parte di tale di alleanza, ma solo fino al 1270, momento in cui il vescovo Goffredo di Montanaro, guelfo ed oppositore dei Savoia, fa espellere il podestà e si instaura allinterno delle mura cittadine.
Gli scontri intanto proseguono, e ormai il regno angioino è destinato alla disfatta.
Trascorrono circa ottantanni, durante i quali Torino cambia ben sette passaggi di potere: un tempo decisamente lungo e travagliato, che trova conclusione nel longevo periodo della dominazione sabauda.
La famiglia dei Savoia approfitta della confusione politica dovuta ai continui scontri tra signori locali per appropriarsi di alcune cittadine, apparentemente di minor importanza e indebolite dalla guerra. Tra queste si pensi a Susa, Pinerolo, Rivoli e Avigliana, ma è con lacquisizione di Torino che i Principi  consolidano la propria supremazia sul territorio piemontese.
Eccoli infine i due fattori che, a partire dallepoca bassomedievale, determinano le future vicende torinesi: lascesa al potere della famiglia sabauda e la devastante diffusione della peste nera del 1348.
Con lo stabilirsi della nuova autorità, lamministrazione cittadina viene relegata ad un ruolo marginale, le decisioni politiche e legislative sono nelle mani del nuovo signore, così come le famiglie dell’élite urbana. C’è da dire che i Savoia seppero ben compensare questa perdita di autonomia, rendendo la città il fiore allocchiello del Piemonte: nel corso del Quattrocento infatti Torino diviene residenza di governo e della corte, anche per le visite ufficiali, nonché sede di una nuova università.
Mentre i Savoia si instaurano definitamente al comando della città, per le strade il morbo bubbonico si diffonde a macchia dolio, la pestilenza decima la popolazione, sia nel centro abitato che nelle campagne, di conseguenza la produzione agricola cala drasticamente  anche a causa dei numerosi abbandoni dei terreni. Ci vorrà quasi un secolo per recuperare le perdite economiche e demografiche causate dallepidemia.
Mentre la malattia affligge la cittadinanza, i Savoia continuano ad estendere il proprio controllo sullItalia nordoccidentale. Tra il 1313 e il 1314 ottengono Ivrea e Fossano, nel 1416 ricevono il titolo di duchi del Sacro Romano Impero, nel 1320 è la volta della conquista di Savigliano, seguita da quella di Chieri e Biella, i Principi si espandono fino a Cuneo (1382), Mondovì (1418) e infine Vercelli (1427).  
Il notevole ingrandimento del regno sabaudo rende Torino ancora piùimportante, fino a conferire allurbe il nuovo status di capitale regionale, titolo che stimola la crescita economica e demografica della città.
Questo periodo di grande fermento comporta una diversificazione nella popolazione e una nuova struttura sociale, mentre si assiste ad un generale innalzamento del livello culturale, esplicita fonte di impulso economico. La societas si arricchisce di professionisti e burocrati introdotti dallattuale governo, in più una ulteriore corrente migratoria porta limmissione di nuovi mestieri, nuovi introiti commerciali.
Nel 1536 i Francesi occupano Torino, fermando momentaneamente la ripresa della città; i nemici però non hanno vita lunga: nel 1559 loccupazione termina e Torino ne esce ancora più dominante.
Gli anni tra il 1334 e il 1418 vedono affiancarsi i due rami piùimportanti della famiglia, i Savoia e gli Acaia. È proprio Giacomo dAcaia a governare il Piemonte durante gli anni trenta del Trecento, seppur allombra dellimportante cugino, il Conte Verde Amedeo VI di Savoia. Laccesa disputa tra i due termina intorno al 1360, quando Amedeo assume definitivamente il controllo della città di Torino e confina il cugino al di là delle Alpi.

Per affermare la propria posizione e nel contempo per ingraziarsi loligarchia urbana, il Conte ordina che vengano emendati i codici cittadini, costituiti da 331 capitoli eterogenei che compendiavano le varie leggi varate in passato dal comune e gli statuti emanati nel 1280 da Tommaso III. Tale codice regolamenterà i diritti e doveri del cittadino e degli altri funzionari fino allOttocento. Esiste ancora una copia del testo, gelosamente custodita presso gli archivi torinesi, conosciuto come Codice della Catena,  perché anticamente era messo a disposizione per la libera consultazione della cittadinanza in municipio, ma ben legato con una catena. Gli statuti del 1360 fanno sì che il Principe sia lautoritàlegislativa suprema e definiscono i poteri delle varie cariche municipali; il testo riporta inoltre nel dettaglio i poteri legislativi del Consiglio e le le differenti funzioni amministrative a cui doveva assolvere, tra cui la manutenzione della cinta muraria, dei ponti, del palazzo del municipio, lorganizzazione del servizio di guardia presso le porte, la nomina del cerusico, del maestro della scuola il doctor grammaticae–  e degli altri funzionari civili minori.
Il Consiglio si distingue in due ambiti differenti che rispecchiano la divisione interna della classe dominante: da una parte le dinastie nobili che avevano retto la città fino a quel momento, dallaltra le famiglie arricchitesi in tempi recenti. La vecchia aristocrazia va assottigliandosi e nel contempo aumenta il risentimento popolare nei confronti dell’élite cittadina; in questo clima di turbolenza e instabilitài Savoia-Acaia approfittano delle tensioni sociali per consolidare la propria posizione. Ripristinano la Società di San Giovanni Battista, organizzazione di stampo popolare, che vietava laccesso ai membri delle famiglie nobili, che però approva il nuovo statuto nel 1389. La Società è unassociazione armata il cui scopo è mantenere lordine pubblico e proteggere il popolo dalle ingiustizie dellaristocrazia.
Ad Amedeo succede Ludovico Acaia (1404), il quale a sua volta èdeciso a rendere Torino un centro sempre più importante. Egli istituisce uno Studium generale, autorizzato dal papa Bonifacio IX e dallimperatore Sigismondo. Il nuovo Ateneo diventa un punto di forza delluniversità e richiama studenti anche dalle cittadine vicine. Ben presto lUniversità di Torino diviene fucina di professionisti destinati ad occupare importanti cariche ufficiali.
Con la morte di Ludovico (1418) si estingue la linea degli Acaia e i vari possedimenti ritornano al ramo principale della famiglia. A Ludovico succede Amedeo VIII di Savoia, che si affretta a chiedere e ottenere giuramento di lealtà da parte di tutte le città e i vassalli piemontesi prima fedeli ai dAcaia. Amedeo porta avanti una politica espansionistica, prediligendo però larte della diplomazia a quella militare; egli si adopera per dare unità politica ai territori, promulgando nel 1430 gli Statuta Sabaudiae, un vero e proprio codice generale vigente su tutti i domini.
Amedeo abdica e gli succede il fratello, Ludovico. Il nuovo re promulga un nuovo statuto, con il quale riorganizza il Consiglio di Torino, dividendolo in tre classi: nobiles, mediocres, populares, con il chiaro intento di dare un maggiore peso ai cittadini per contrastare l’élite urbana. La riforma non ha di fatto successo e le famiglie continuano incontrastate ad esercitare il loro potere.
Con lestinzione del ramo dAcaia, anche Pinerolo perde dimportanza, a favore di Torino, che accelera il proprio processo di diversificazione del tessuto urbano, con lintroduzione di una nuova classe di cittadini influenti che esercita il potere accanto ai nobili.
La corte ducale e lUniversità danno forte impulso culturale alla città, con il fatto che i Savoia sono sempre stati grandi mecenati.  La famiglia sabauda aveva commissionato opere darte e decori per le residenze di Chambéry e Annecy, ora annettono al gruppo degli artisti il torinese Giovanni Jaquerio, autore tra laltro, tra il 1426 e il 1430, di una serie di affreschi per il monastero di SantAntonio di Ranverso, nei pressi di Torino.
Per quel che riguarda lUniversità, il polo culturale rimane uno dei piùimportanti e rinomati del territorio, anche se profondamente e forse eccessivamente- legato alla tradizione. Lo stesso Erasmo da Rotterdam, che consegue proprio a Torino il dottorato in Teologia nel 1506, critica piuttosto aspramente lAteneo, giudicandolo estraneo alle nuove correnti rinascimentali.
Nel corso del Quattrocento i Savoia ordinano una serie di interventi volti ad abbellire Torino, tra questi il più celebre è sicuramenteledificazione del Duomo, voluto dal cardinale Domenico della Rovere; il prelato incarica per la costruzione delle sue pietre viventilarchitetto toscano Bartolomeo di Francesco da Settignano, noto come Meo del Caprina, probabilmente conosciuto a Roma.
Vengono inoltre portate avanti varie regolamentazioni in materia di igiene pubblica, sostenute soprattutto dalla duchessa Bianca.
Mentre lurbanistica della città viene messa a lucido, il Consiglio cittadino lavora incessantemente per portare avanti i compiti di ordinaria amministrazione.
Torino è nel turbine del rilancio economico, cause esterne contribuiscono allincremento del commercio del pellame e del cuoio, mentre nel 1474 due artigiani di Langres si stabiliscono in città e aprono la prima bottega di stampa; per dieci anni contribuiscono alla diffusione di diversi testi religiosi e giuridici.
Le cose stanno cambiando, il fermento culturale ed economico non basta a sedare né le tensioni sociali, né le ostilità tra i Savoia e le famiglie aristocratiche. Il governo dei Savoia è per Torino fonte ambivalente, da una parte causa di successo ed estensione, dallaltra motivo di disordini e turbamenti. Lurbe è al centro delle lottedinastiche, linstabilità politica incide in negativo sul tenore di vita dei cittadini, lordine pubblico è continuamente minacciato, eppure la vita culturale e religiosa pare svolgersi normalmente, come testimoniano le attività degli artisti Martino Spanzotti, Marino dAlba e soprattutto Defendente Ferrari, allievo di Spanzotti e principale punto di riferimento per le successive generazioni di artisti piemontesi. Si diffondono nuovi culti, tra cui quello per la Vergine della Consolata, particolarmente sostenuto dalla duchessa Iolanda di Savoia, la devozione per il per il Divino Sacramento o Corpus Domini. Nel 1515 papa Leone X eleva la diocesi di Torino ad arcivescovado, separandola dalla sede milanese; nel 1517 viene nominato arcivescovo Claude Seyssel, un illustre prelato, prima insegnante di diritto presso lUniversità di Torino.


La situazione tuttavia era precipitata già a partire dal 1454, circa una decina danni dopo la Pace di Lodi, quando linvasione dei Francesi aveva scatenato un ciclo di guerre tra Francia e Spagna per il dominio della penisola. Gli scontri perdurarono fino al 1559, quando i possedimenti dei Savoia furono costantemente contesi dalle due potenze. È tuttavia il 1536 lanno critico per la casata dei Savoia. In pochissimo tempo il duca Carlo II assiste impotente allinvasione degli eserciti francese, spagnolo ed elvetico; Francesco I si appresta ad unaltra incursione in Italia per sottrarre Milano al dominio di Carlo V e questa volta Torino viene occupata e espugnata dai Francesi.
Quando viene ordinato alla cittadinanza torinese di costruire nuovi bastioni, il popolo, stremato dalle tasse, si rifiuta di anticipare il denaro per la costruzione delle edificazioni; il 27 marzo Carlo V si congeda dal Consiglio cittadino e si ritira a Vercelli con un piccolo seguito di soldati, cortigiani e funzionari. Il 1 aprile lesercito francese raggiunge i sobborghi torinesi e invia un araldo per chiedere la resa della città. I sindaci trattano con il comandante francese e ottengono la garanzia che le leggi e i privilegi dei cittadini vengano rispettati. La città apre le porte, le truppe francesi avanzano in città e qui si insediano, tra problemi di non facile soluzione, fino al 1559, quando la pace di Cateau-Cambresis restituisce Torino e il Piemonte ai Savoia, grazie a Emanuele Filiberto I (detto Testa di ferro), il duca che più di ogni altro ha influito sulla politica sabauda.  Egli ha reso Torino difendibile costruendo la Cittadella, un sistema di fortificazione ancor oggi osservabile; a lui si deve la creazione di un apparato militare stabile formato non da mercenari ma da  soldati piemontesi appositamente addestrati, a lui si ascrive la riorganizzazione dello Stato, ma di questo e altro, cari lettori,  parleremo la prossima volta.

ALESSIA CAGNOTTO

Al via il Torino Fringe Festival con una serata dal fascino retrò

Ad aprire le danze della XIII edizione del “Festival di Teatro Off e delle Arti Performative” sarà la romana “Conventicola degli ULTRAMODERNI”

Martedì 13 maggio, ore 20,30

Un grande spettacolo, in omaggio al grande “teatro di varietà”. Sarà “ULTRAvarietà! Dal trapassato prossimo al futuro anteriore” portato in scena da “La Conventicola degli ULTRAMODERNI”, cabaret italiano per eccellenza diventato luogo e Compagnia cult della Roma di via di Porta Labicana, ad inaugurare martedì 13 maggioalle ore 20,30, la 13esima edizione del “Torino Fringe Festival – La vita è un Varietà”. E grande icona del “grande varietà”, anche la location scelta sotto la Mole dalla Rete di “Torino Fringe”: nientemeno che il “Le Roi Music Hall” di via Stradella 8, tempio storico dello spettacolo torinese, con più di cento anni di vita e strutture d’arredo a firma del mitico Carlo Mollino. Lì arriverà, per il “Grand Opening” del Festival, l’intera kermesse romana con 14 artisti pronti a far rivivere i fasti, che di più non si può, dell’intramontabile “varietà”, tra numeri di burlesque, canzoni d’epoca, sketch comici e coreografie spettacolari, con dive sciantose e maliarde, fini dicitori, macchiettisti, musici, soubrette e ballerine.

La promessa e l’aspettativa è quella  di una serata dal fascino retrò, realizzata in collaborazione con “Salone OFF 2025” e “Club Silencio”, che farà rivivere il fascino delle scene calcate nei tempi d’oro da Isa BluetteMacario e Wanda Osiris. A condurre il pubblico in un viaggio senza tempo due figure di riferimento del mondo ultramoderno: Madame De Freitas e Sior Mirkaccio accompagnati dal suono dell’“ULTRAcomplessino” che trasporta il pubblico tra melodie sognanti e ritmi incalzanti ricreando un’atmosfera unica e coinvolgente.

La “Conventicola degli ULTRAMODERNI” nasce nel 2016 a Roma e diventa subito un luogo-spettacolo famoso in tutto il mondo per la proposta unica tra repertori perduti, personalità travolgenti, atmosfere rétro e costumi sontuosi, visitato e apprezzato dalla critica e da celebrità internazionali della musica e dello spettacolo, tra cui Damiano DavidValeria GolinoArturo BrachettiMorgan e Johnny Depp.

Ad aprire lo spettacolo saranno Sior Mirkaccio, fine “dicitore”, musicista e anfitrione d’eccezione, affiancato dalla sua “sciantosa” per eccellenza, la divina Madame De Freitas:

Più o meno così: “Signore e signori, benvenuti nel salotto sfavillante di ‘ULTRAVARIETÀ’, dove il sipario si apre su un omaggio luminoso, scintillante e irriducibilmente ultramoderno alla grande tradizione del varietà e della rivista italiana! Non c’è nostalgia polverosa, ma la celebrazione viva e pulsante di un’epoca che ha fatto sognare, viaggiare e ridere, tra piume, lustrini e orchestrine d’altri tempi. Con lo spirito impavido di chi sa che il passato è una fonte inesauribile di meraviglia, la ‘Conventicola degli Ultramoderni’ vi invita alla messa in scena di un viaggio dove lo spettacolo è sontuoso, la musica incantevole e racconta con brio il mondo che fu … e quello che ancora potrebbe essere”.

Cosa aspettarci? Una vera e propria passerella di meraviglie”, in cui si avvicendano le più splendenti vedette: le “ULTRAstelle” con le loro coreografie ed il magnetico “Grande Calomino”, voce d’altri tempi, mentre con il travolgente Ciccio Frisco si parte per il viaggio a Napoli, culla del varietà e del cuore canoro d’Italia. E per chi ama il “brivido della risata”, l’“anti-comicità senza filtri” del Colonnello Fernandez vi farà tornare “quella tristezza che rende più importanti i momenti felici!”. Ma non finisce qui! A un tratto apparirà sul palco la cantante e performer Rose Sélavy, che ci guiderà attraverso lo specchio degli “anni Venti”, regalandoci il fascino di quell’epoca vista dall’America. Il tutto sarà musicato dal vivo dall’“ULTRAcomplessino”, con il mitico Alberto Botta alla batteria, Giuseppe Ricciardo al sassofono e Damiano Proietti al contrabbasso.

“E per assecondare lo spirito delle truppe della contemporaneità”, ecco lei, la nostra acclamata showgirl di fama internazionale, Ginevra Joyce, che incanterà e sorprenderà facendo brillare la notte di “ULTRAVARIETÀ”. E, per finire così come si deve, uno sfrenato “can-can” delle nostre “ULTRAstelle”!

“Dunque, siete pronti?”.

Sempre Sior Mirkaccio“Si apra il sipario, si librino le prime note, che l’‘ULTRAVARIETÀ’ abbia inizio!

 

Per info: “Le Roi Music Hall”, via Stradella 8; tel. 011/2409241 o www.leroitorino.it

g.m.

Nelle foto: “ULTRAvarietà” immagine guida; Botta e Mirkaccio; Freitas Vestaglia Oro

La Crimea di Cavour e la nascita della Romania. Dai principi Drãculesti ai regnanti dei Balcani

Lo sciame sismico originato dall’emigrazione dei Gozzano di Luzzogno a Cereseto, Casale Monferrato e Agliè riaffiora nella regione balcanica durante il periodo della guerra di Crimea appoggiata da Cavour. La genealogia dei Gozani in Ungheria è rappresentata sul dipinto conservato nella casa del marchese di San Giorgio Monferrato Titus von Gozani e della moglie Eva Maria Friese, abitanti a Dusseldorf senza eredi maschi, fonte di inesauribili informazioni storiche sulla loro antica casata. Il diploma di nobiltà fu concesso ad ambo i sessi di questa famiglia dall’imperatore Franz I° nel 1817 a Vienna, da poco ritrovato con relativi sigilli nell’archivio provinciale di Marburg.

Singolare la vicenda di Odo von Gozani figlio di Ludvik nobile dell’impero austriaco, marchese di San Giorgio Monferrato e fratello di Sidonia, di Ferdinando II° nonno di Titus e marito della baronessa Sophie Josephine Helene von Neustaedter di Zagabria. Odo, politico e capo ideologico nato nel 1885 a Lubiana, avvocato al servizio d’Austria come amministratore civile nella prima guerra mondiale, segretario di stato e inviato a Budapest come ministro degli interni, fu dimesso a causa delle sue idee nazionalistiche per aver esercitato una forte influenza sul movimento del fronte patriottico nel fallito colpo di stato austro-nazista. La paura di un atto di vendetta per falsa testimonianza davanti al tribunale militare di Vienna lo portò al suicidio.

Sidonia von Gozani, zia di Odo, sposò a Lubiana nel 1863 Joseph Maria Coleman Gerliczy, membro di una nobile casata d’Ungheria risalente al 1200 appartenente al patriziato onorario di Fiume nel 1600. Il diploma di nobiltà fu conferito loro nel 1626 dall’imperatore e re Ferdinando II° del litorale ungarico, confermato nel 1838 per tutti i discendenti di ambo i sessi. Le tre corone d’oro sugli elmi dello stemma del 1557, ufficializzato nel 1774, rappresentano la vicinanza all’autorità imperiale. Personaggio di spicco fu il cavaliere Giovanni Felice Gerliczy, bisnonno di Joseph, capitano e assessore al commercio, cancelliere della sanità e proprietario del palazzo barocco di Fiume nel 1750 ereditato dal fratello Giuseppe. Un disegno originale del palazzo, ex sede del teatro, si trova nell’archivio di stato austriaco.

Ferenc Gerliczy von Arany, pronipote di Giovanni Felice sposato con Gilda Fejèrvàry di Vienna, edificò la chiesa di Nostra Signora d’Ungheria accanto al loro castello di Desk. Il figlio Felix Vince Ferenc Gerliczy-Burian, nato a Oradea e morto a Nizza detto il conte Liechtenstein, acquisì notevole prestigio sposando la principessa Elsa Stirbey Bibescu di Cãmpina. A Oradea il cugino Szatarill Gerliczy, allievo del famoso pittore simbolista Gustav Klimt, edificò l’attuale Gerliczy Palace. Nel 1928 il castello di Desk fu venduto e trasformato in sanatorio infantile, oggi sede della clinica medica dell’università di Szedeg.
Barbu Stirbey, presidente del consiglio dei ministri e cugino della principessa Elsa figlia del principe Dimitrie Stirbey, possedeva uno dei patrimoni più grandi della Romania. Barbu era intimo confidente e amante della regina Maria Vittoria che lo soprannominò il principe bianco. Di bell’aspetto, elegante e raffinato nel comportamento era sposato  con la cugina principessa Nadeja Bibescu, pronipote di Napoleone Bonaparte. Elsa discendeva dal nonno Barbu Dimitrie Stirbey detto il dominatore, sovrano dal 1848 al 1853 in regime di statuto organico nel primo regno di Muntenia con capitale Bucarest e di Oltenia con capitale Craiova. Famoso il ritratto di Martha Lahovari Bibescu, nipote di Barbu e George Bibescu che abdicò nel 1848, eseguito da Giovanni Boldini nel 1911 che, come osserva la nostra critica d’arte Giuliana Romano Bussola, esercita le sue famose pennellate a sciabola per dare movimento e leggerezza. Martha, scrittrice e poetessa nata a Bucarest nel 1886 e morta a Parigi nel 1973, fu vestita per decenni dallo stilista parigino Christian Dior.

Barbu dovette fuggire a Vienna durante l’invasione russa in Crimea, rientrando dopo l’intervento del regno di Sardegna deciso da Camillo Cavour a fianco di Napoleone III° e della Gran Bretagna in difesa della Turchia. Dopo il trattato di Parigi, a seguito della disfatta dell’impero russo, Barbu sostenne nel 1856 la riunione dei principati di Moldavia e Valacchia sperando di diventarne principe, generando nel 1859 la nascita della futura Romania. Ma il suo mandato era scaduto, abdicò ritirandosi a Parigi e alla morte fu sepolto nella cappella Bibescu a Pére-Lachaise, il monumentale cimitero parigino dove riposano Balzac, Chopin, Callas, Edith Piaf, Jim Morrison e la nipote Martha Bibescu. Bellissimi i palazzi Stirbey Bibescu di Buftea, Brasov e Bucarest, quest’ultimo venduto dai discendenti per undici milioni di euro nel 2005. Quattro secoli prima, questi regnanti furono preceduti da Vlad II° Dracul detto il drago e dal figlio Vlad III° Tepes l’impalatore, famosi principi Drãculesti.
Armano Luigi Gozzano

Il Concorso letterario nazionale Lingua Madre compie vent’anni

Inaugurazione venerdì 9 maggio 2025

Ore 18.30 Bookshop Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Via Modane 16 – Torino

Dodici mesi di festeggiamenti che culminano con un ricco programma al XXXVII Salone Internazionale del Libro (15- 9 maggio) tra feste, presentazioni, incontri e la Premiazione della XX edizione.

 

L’anniversario è un’occasione per celebrare le oltre 10.000 autrici che hanno partecipato con i loro racconti e le loro fotografie. Nasce così la mostra fotografica Radici in movimentoSguardi di donne non più straniere (10-18 maggio 2025) con l’esposizione di tutte le immagini delle vincitrici per ricordare la collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che accompagna da 15 anni il progetto con il Premio Speciale dedicato alla fotografia.

 

Ideato nel 2005 da Daniela Finocchi, il Concorso Lingua Madre è un progetto permanente della Regione Piemonte e del Salone Internazionale del Libro di Torino, diretto a tutte le donne migranti, alle loro figlie e a tutte coloro che si riconoscono in appartenenze multiple, con anche una sezione per le donne italiane che, pur non avendo origini straniere, vogliano raccontare l’incontro con l’Altra. Un luogo autentico di espressione e riconoscimento; un’occasione di relazione, conoscenza, rappresentanza.

20 antologie, 15 mostre fotografiche, 30 volumi di approfondimento curati dal Gruppo di Studio, 1 rivista telematica, oltre 2.000 presentazioni in tutta Italia, 30 convegni, più di 50 laboratori e progetti scolastici, 8 borse di studio attivate, 5 programmi video originali, 5 spettacoli teatrali tratti dai racconti, 1 podcast su Spotify, 1 webserie su Prime Video. Tutto questo è il Concorso Lingua Madre, nato per ascoltare la voce di coloro a cui spesso non viene offerta questa opportunità, ma hanno molto da dire: in quanto donne e in quanto migranti.

PREMIO LETTERARIO E FOTOGRAFICO

Al Concorso si possono inviare racconti e/o fotografie e si può partecipare a qualsiasi età e in qualsiasi condizione, da sole, in coppia o in gruppo, se necessario con l’aiuto di un’altra donna nello spirito della valorizzazione dell’intreccio culturale che è prima di tutto intreccio relazionale. I premi sono in denaro. Tutti i racconti selezionati sono raccolti nelle antologie Lingua Madre. Racconti di donne non più straniere in Italia (Edizioni Seb27), mentre le immagini sono esposte ogni anno in una mostra a cura di Filippo Maggia della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Sono partner del Concorso con premi specialiSlow Food – Terra MadreTorino Film FestivalFondazione Sandretto Re Rebaudengo. Il Concorso opera sotto gli auspici del Centro per il libro e la lettura e si avvale del patrocinio di: Ministero della CulturaWe-Women for Expo, Rappresentanza in Italia della Commissione EuropeaFondazione Pubblicità Progresso. Ha ricevuto nel 2015 il Premio Targa del Presidente della Repubblica, mentre nel 2024 Daniela Finocchi è stata nominata Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana” per l’attività svolta con il progetto.

EVENTI, INCONTRI, PRESENTAZIONI

Oltre 100 eventi in presenza e online su tutto il territorio nazionale ogni anno con laboratori, convegni, partecipazioni a festival, mostre e spettacoli teatrali tratti dai racconti. Un progetto in divenire, che ha saputo evolversi e aggiornarsi costantemente, come testimonia il sottotitolo diventato Racconti di donne non più straniere. Molte anche le collaborazioni a riviste letterarie, oltre a quella propria del Concorso. Infatti, dal 2023 il sito www.concorsolinguamadre.it è diventato una testata giornalistica online: un vero e proprio progetto editoriale che unisce articoli, rubriche tematiche, un podcast e una sezione audioracconti.

 

ATTIVITÀ DI RICERCA

Le testimonianze delle autrici raccolte in questi vent’anni mostrano con chiarezza la necessità imprescindibile di uno sguardo sessuato alle migrazioni contemporanee: perché le donne ne sono protagoniste e anche migrando cambiano il mondo. Per questo l’attività di ricerca, condotta anche in collaborazione con le università, in Italia e all’estero, costituisce un altro aspetto fondamentale del progetto. Il Gruppo di Studio, composto da docenti di diverse nazionalità, indaga e approfondisce i temi connessi alla letteratura e alla migrazione femminile e realizza convegni, pubblicazioni, saggi, come il più recente volume dedicato alla risoluzione dei confitti, Pagine di pace. Pensieri, scritti, pratiche di donne (Iacobelli), che sarà presentato quest’anno al Salone del Libro.

Cristò Chiapparino alla Libreria Belgravia con “Penultime parole”

Nell’ambito del Salone del Libro OFF, domenica 18 maggio alle ore 17  il suo ultimo romanzo edito da Mondadori

Il libro “Penultime parole”(Mondadori, 2025) di Cristò Chiapparino verrà presentato in unica sede domenica 18 maggio alle ore 17 presso la Libreria Belgravia di via Vicoforte 14, a Torino, nell’ambito degli eventi del Salone del Libro OFF. L’incontro sarà moderato dal poeta Gian Giacomo Della Porta.

A margine del libro, abbiamo incontrato il suo autore, che ci ha svelato alcuni aspetti della sua esperienza professionale e umana.

“Ho fatto il libraio per più di vent’anni ma, da circa un anno, ho deciso di concentrarmi maggiormente su tutto ciò che riguarda più direttamente la scrittura – ha dichiarato Cristò- Quindi, principalmente, leggo, scrivo e cerco di portare l’esperienza maturata in questi anni di pubblicazioni in corsi di lettura e scrittura, due attività per me indivisibili, per ragazzi e per adulti”.

“In me è presente anche l’amore per la musica, che nasce contemporaneamente a quello per la scrittura – continua Cristò – La composizione musicale e la letteratura sono due linguaggi diversi che sicuramente possono influenzarsi a vicenda, persino compenetrarsi, ma che tengo in qualche modo separati. Non è un caso, forse, se tendo a scrivere musica senza parole, non canzoni, ma brani strumentali. Sin da bambino ho amato molto la lettura e iniziato i miei primi esperimenti di scrittura con brevi racconti. Poi, crescendo, è arrivata la consapevolezza che per scrivere cose belle come quelle che amavo leggere, sarebbero stati necessari studio e metodo. È stato, quindi, nel periodo degli ultimi anni di liceo che ho iniziato a fare sul serio”.

“Penso che ogni scrittore abbia due temi principali, gli stessi per tutti: l’amore e la morte – sostiene Cristò – Credo sinceramente che qualsiasi romanzo, poesia, pagina di diario o lista della spesa, in fondo, sia un tentativo di risolvere questi due temi. Non ho ancora trovato un testo che smentisca questa mia convinzione”.

“La mia ultima fatica letteraria, ‘Penultime parole’, edito da Mondadori, parte principalmente da una riflessione personale sul cosiddetto rapporto tra uomo e natura. Credo che in realtà questo rapporto non esista se non sottoforma di rapporto di appartenenza: l’essere umano è una delle specie animali che popolano il pianeta e pertanto fa parte della natura. Parlare di un rapporto, invece, implicherebbe una supposta superiorità dataci dall’uso che facciamo del linguaggio. In ‘Penultime parole’ ho provato a smontare l’illusione di questa di differenza”.

“Quest’anno vengo al Salone del Libro OFF, presso la Libreria Belgravia di Torino, a presentare il libro in un’unica data – conclude l’autore – Frequento il Salone del Libro regolarmente da più di vent’anni. Ne ho visto tutte le trasformazioni e ho imparato a conoscerne i riti. Ormai per me è un appuntamento imperdibile anche solo per il fatto che mi consente di incontrare molti amici sparsi per l’Italia e che amano le stesse cose che amo io”.

Mara Martellotta

Tanti gli ospiti attesi al Festival della TV di Dogliani

 Tra questi Carlo Conti, Gad Lerner, Aldo Cazzullo e Stefano De Martino

Il cuore culturale per eccellenza delle Langhe, Dogliani, tornerà ad animarsi dal 23 al 25 maggio prossimo con un evento che, per il quattordicesimo anno, porterà il gotha del panorama artistico e televisivo internazionale in questa località in occasione del Festival della TV.
Il cartellone del Festival è ormai completo, Carlo Conti e Gad Lerner chiuderanno la lista degli oltre 130 ospiti che contraddistingueranno i tre giorni ricchi di talk e spettacoli previsti nella cittadina langarola. Tra il 23 e il 25 maggio oltre 50 eventi comporranno il palinsesto ideale sotto la direzione artistica di Federica Mariani. Alle 19.30 del primo giorno, Carlo Conti, intervistato dalla giornalista Alessandra Comazzi, rivelerà i retroscena dell’ultima edizione del Festival di Sanremo di cui è stato direttore. La serata d’esordio sarà dedicata al confronto tra Gad Lerner e la cantante israeliana Noa su temi quali la musica, l’arte e il linguaggio, ma anche il conflitto israelo- palestinese. Nel Festival della TV verranno affrontati anche argomenti seri con profondità, ricercando il dialogo. Secondo la direttrice artistica è importante, infatti, a proposito della situazione della Palestina, ascoltare più voci.
Il Festival vede inoltre la partecipazione in prima fila di grandi volti della televisione italiana, dai veterani alle nuove promesse, da Mara Venier, che ripercorrerà la sua lunga carriera nel piccolo schermo, a Stefano De Martino, passando per Enrico Mentana. Apriranno le porta al mondo del web e della carta stampata, il 23 maggio, l’editore di Rcs Mediagroup Urbano Cairo e il direttore di Chora Media Mario Calabresi, che parleranno del futuro del giornalismo. Il tema dell’informazione sarà anche affrontato in relazione a una tematica altrettanto delicata come quella della democrazia, in un confronto tra Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, Antonio Padellaro, giornalista de Il Fatto Quotidiano e Mia Ceran, conduttrice Rai e autrice di Will Media. Alle 16.30 di sabato 24 maggio si terrà un talk sul futuro dell’informazione incentrato sul ciclone Trump, in cui prenderanno la parola Michele Brambilla del Secolo XIX, Emiliano Fittipaldi di Domani, Giuseppe De Bellis di Sky Tg24, Luciano Fontana del Corriere della Sera, Andrea Malaguti del La Stampa e Mario Sechi di Libero.
Tra gli ospiti presenti al Festival spicca il noto giornalista Aldo Cazzullo, che intervisterà il pianista Ludovico Einaudi e presenterà anche un reading sulla Bibbia e un talk di economia con Annalisa Bruchi. Il Festival della TV di Dogliani si aprirà venerdì 23 maggio alle 10.30 in piazza Umberto I e le altre location principali della manifestazione sono piazza Carlo Alberto e piazza Belvedere. Venerdì 23 maggio, alle 10.30 si terrà l’anteprima della nuova stagione de “Le ricette di Arturo e Kiwi 5”, produzione di Rai Kids, un appuntamento riservato alle scuole di Dogliani, mentre il pomeriggio sarà caratterizzato dalla presenza di Ornella Muti, Carlo Conti e Noa. La novità di quest’anno sarà la prima Dogliani TV Run, una gara podistica non competitiva di 10 km e una corsa camminata di 6 in programma sabato 24 maggio. Il Festival assegnerà tre premi alla sostenibilità e leggerezza, che sarà conferito a Francesca Fialdini, all’innovazione del linguaggio, che sarà conferito ad Aldo Cazzullo e all’ambiente, che andrà a Donatella Bianchi.

MARA MARTELLOTTA

Papa Francesco e i laici

VENERDÌ 9 MAGGIO ALLE ORE 17,30

Al Centro Pannunzio Giovanni QUAGLIA, Giampiero LEO e Pier Franco QUAGLIENI parleranno sul tema:

“L’EREDITÀ DI PAPA FRANCESCO,
IL SUPERAMENTO DEL CLERICALISMO”

Introdurrà Edoardo Massimo FIAMMOTTO

Nel 2013, agli inizi del pontificato di Papa Francesco, insieme al Circolo della Stampa, il Centro “Pannunzio” organizzò un dibattito sulla novità che il Papa rappresentava. Che cosa è stato il Papa? Che cosa rappresenterà storicamente?
È un Papa che ha contenuto il clericalismo della Chiesa ma ha imposto un superamento graduale dell’anticlericalismo. È stato un Papa che ha insegnato a molti “perché non possiamo non dirci cristiani”, come diceva Croce. Ha anche suscitato tante polemiche che la morte non ha sopito.

Centro “Pannunzio”, Via Maria Vittoria 35 H, Torino Ingresso libero

“Murmur – Mormorio” di Irene Dionisio

L’ultimo progetto della filmmaker e artista visiva torinese sarà presentato al “Bellaria Film Festival” di Igea Marina

Sabato 10 maggio, ore 21

Bellaria – Igea Marina (Rimini)

“Un omaggio a una visione libera e artigiana dell’arte”, di cui il “Bellaria Film Festival”, storico Festival di “cinema indipendente” – fondato nel 1983 da Enrico Ghezzi e ora diretto da Daniela Persico – è, da sempre, custode. Questo, soprattutto, vuole essere “Murmur”, l’ultimo progetto filmico della regista torinese Irene Dionisio (nomina ai “David di Donatello” e “Nastro d’Argento per la Migliore Sceneggiatura” nel 2017 con “Le ultime cose”, oltre che dal 2017 al 2019 direttore del “Festival LGBTQI – Lovers” sotto il “Museo Nazionale del Cinema”) che verrà presentato, sabato 10 maggio, alle 21, presso il “Cinema Astra – Sala Hera”, proprio all’interno della 43^ edizione del “Bellaria”, in occasione del talk con l’attrice e regista palermitana, Isabella Ragonese, voce di “Murmur”, che, insieme alla Dionisio (e moderata da Daniela Persico) ripercorrerà per l’occasione il suo prolifico percorso cinematografico (ultima prova in ordine di tempo, nel 2022, il ruolo della fotografa Letizia Battaglia nella miniserie “Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa”) a partire da spunti e riflessioni desunti da Anton Čechov.

Corto inedito d’archivio, il film di Irene Dionisio (prodotto da “Fondazione Home Movies” con “I Cammelli”, in collaborazione con “8emezzo – Archivio di Livorno”) segue “il volo reale e metaforico di un gabbiano, attraverso lo sguardo di una figura femminile – sospesa in un tempo indefinito-  che ne indaga le meccaniche fisiche e divine”. Ed è proprio Isabella Ragonese a dare voce agli interrogativi che animano il corto, a partire dalla libera rielaborazione del celebre monologo di Nina de “Il gabbiano” di Anton Čechov:

Dove sei? Leggero, buffo ed epico. Se gli orizzonti non fossero così vicini che folate seguiresti? E’ un desiderio quello che ti solleva, un dolore che ti sospinge, una follia quella che ti porta a fondo. Dove vai ora? Il vento come note a margine, sussurri e applausi. Questo soffio è un sospiro all’unisono.

Frasi smorzate. Di forte impatto emotivo. E visivo. Squarci profondi dell’anima, interpretati da un “altro” che può regalare il volo alle tue parole, ai tuoi sogni, alle tue speranze. E non fa nulla “chi sia” o “perché lui?” o “perché?”. L’importante è il suo “esserci”. Il suo “guidarci”. Solo questo … e nulla più.

Sottolinea la curatrice del progetto, Giulia Simi“Irene Dionisio ci apre a uno sguardo dell’attenzione, del respiro, della cura. Dai corpi minuti ai vasti paesaggi, ‘Murmur’ è un’elegia per la libertà del cinema e dell’arte che può – e forse deve – ripartire dalle immagini della memoria, dai ritrovamenti d’archivio, dalla capacità del passato di farsi presenza. Dispiegare le ali come i gabbiani per ritrovare l’incanto dell’immagine e della vita”.

E la stessa Irene Dionisio (che di recente ha scritto anche il volume “Lo sguardo del regista – Gli innovatori del cinema italiano”), sul senso del progetto filmico, spiega: “Da sempre il ‘Bellaria’ è stato custode di un cinema artigiano, di ricerca e di cesura. Un cinema che preserva la biodiversità degli sguardi registici e l’intelligenza di quella degli spettatori. E’ stato naturale e spontaneo arrivare alla creazione di questo piccolo omaggio”.

Omaggio che bene torna a sottolineare e a ricordarci le “antiche” parole di Enrico Ghezzi sul “Che cos’è il cinema indipendente?”. Diceva, anni fa (ma il tempo, in questo caso, non pare passato) il celebre critico cinematografico, bergamasco di Lovere: “Il cinema indipendente è quello fatto di opere capaci di farci dimenticare come, dove e perché sono nate, e poi capaci di farci interrogare”. Lezione ben appresa e custodita, con lodevole passione, dalla nostra Dionisio.

Gianni Milani

Nelle foto: “Still Frames_Murmur”, Irene Dionisio, Isabella Ragonese (Ph. Nicola De Rosa)