CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 28

La Vita e l’Arte di Eleonora, la torre chiusa di Chuck

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Sugli schermi le opere di Pietro Marcello (in concorso a Venezia) e Mike Flanagan

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

1921, la fine del mese d’ottobre. Mentre un carro ferroviario, con affusto di cannone, parte dalla stazione di Aquileia, riempiendosi sempre più di fiori e di folla nel suo tragitto verso Roma, per il trasporto della salma del Milite Ignoto – Pietro Marcello dissemina di immagini di repertorio il suo “Duse”, presentato in concorso alla recente Mostra di Venezia – la “divina” Eleonora, come l’amato D’Annunzio, al tempo della loro tempestosa relazione l’aveva definita (“gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata: gli perdono tutto, perché ho amato”), dopo un silenzio di dodici anni, torna al palcoscenico. Nel ’16 aveva attraversato velocemente la sfida dello schermo, con “Cenere” tratto dal romanzo omonimo della Deledda e diretto da Febo Mari: ma fu l’unica prova, irripetibile, sapeva bene che il suo mondo era il teatro. Vi tornò con il dramma di Ellida, nella ibseniana “Donna del mare”, ancora una volta esempio di un’alta “recitazione”, di un metodo che peraltro non ammetteva sovrastrutture, basandosi esclusivamente sull’istinto, sull’autenticità di un sentire intimo, sull’immedesimazione totale con il proprio personaggio, sulla mancanza di trucco che denunciava completamente una visione dei tratti reali. Un realismo e una verità estremi che avevano portato Cechov a dire: “Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa.”

Questa testardaggine interpretativa, questo immedesimarsi nella vita più che nelle tavole di un palcoscenico, questo ripetere a volte una medesima parola del testo nella convinzione che quella parola fosse il fulcro del personaggio o di quel momento almeno, costruiscono appieno il ritratto che Marcello (già autore de “La bocca del lupo”, vincitore del 27° Torino Film Festival, di “Martin Eden” che valse a Luca Marinelli la Coppa Volpi alla 76ma Mostra veneziana), qui con la collaborazione degli sceneggiatori Letizia Russo e Guido Silei, ha forgiato sulla figura dell’attrice. Dicendo subito che ha trovato un pilastro eccezionale in Valeria Bruna Tedeschi (un critico ha scritto che “meriterebbe di essere vista in piedi questa Eleonora Duse interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, una standing ovation per una prova superlativa”), laddove l’attrice ha succhiato quel metodo, s’è spogliata di certi manierismi o di certa stramba lunaggine (che peraltro in altre circostanze ce l’hanno fatta amare oltre misura: leggi, uno tra i tanti, “La pazza gioia” di Virzì) che l’hanno connotata nelle tante prove precedenti. Mostra e rende cinematograficamente validissimi l’antico adagio pirandelliano che abbraccia finzione e realtà, l’Arte che va ben oltre il peso della Vita, gli ultimi anni d’esistenza prima che parta per gli Stati Uniti, per morirvi, a Pittsburg nel ’24, gli incontri con un battagliero D’Annunzio e quello con il mascherone di Mussolini a cui prospetta la costruzione di un Tempio del Teatro e dal quale riceve la promessa di un vitalizio e uno sguardo che forse cova in sé troppe bugie, le parole di Sarah Bernhardt per cui il vecchio e polveroso patrimonio auspicato da Ermete Zacconi andrebbe sostituito da una reclamata modernità, suggerimento peraltro che la fa cadere in un tranello che è il titolo di un tal Giacomino Rossetti Dubois (pronto a riciclarsi questo sconosciuto in un qualche ministero delle camicie nere) che ha lo scherno del Vate e che ne decide l’insuccesso. I sentimenti, le passioni, la solitudine, la vera vita là dove è il palcoscenico e la immancabile forza del teatro, sia esso vecchio oppure nuovo, il suo imperativo “lavorare, vivere, morire” che non l’abbandona, la lontananza in definitiva da una famiglia, dalla figlia Enrichetta di cui arriva a cancellare la presenza in occasione dei suoi debutti, la Storia e il fascismo, l’incontro con i soldati in trincea negli anni del grande conflitto, la malattia e i colpi di tosse e il respiro affannoso, i rapporti con gli amici, Matilde Serao o il folletto omosessuale che qui è Memo Benassi che non l’abbandona. Un’esistenza e un destino, la fragilità ma certo la forza incancellabile, il vibrare di emozioni, la vita e l’arte di una attrice antica e ormai affondata nel Mito scolpite da una attrice modernissima, qui in una delle sue prove più convincente, terreno di attenzione per i giurati che decideranno per i premi di fine stagione.

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Un affresco apocalittico e di morte soffusa è quello che sullo schermo propone Mike Flanagan derivandolo dal racconto di Stephen King pubblicato, nel 2020, nella raccolta “Se scorre il sangue”: non vi tradisca il titolo, niente a che vedere con “Shining” (anche se Flanagan s’era già in precedenza incrociato con il mondo dei Torrance, con “Doctor Sleep”, sequel dell’altro famosissimo titolo) o con altri territori percorsi dal maestro insuperato dell’horror. Un percorso, qui, in “The life of Chuck”, fatto a ritroso, una commedia drammatica che ha le leggi di una rappresentazione teatrale, solo che recitando al contrario si parte dall’atto terzo per arrivare al primo. Eventi inspiegabili e catastrofici che s’avventano sul globo (“atomo opaco del male”), la California si sta staccando dal resto del continente americano, Internet ha cessato di funzionare, le classi scolastiche sono sempre più prive di alunni. Qualcuno arriva all’idea che l’universo è in via d’estinzione: pur tuttavia, tra le via del centro e con uno sguardo alle stelle e ai pianeti sempre luminosi del cielo, ci si accorge anche quanto si insista nella pubblicità che inneggia ai “39 anni fantastici” di un tal Charles “Chuck” Krantz. Quell’apocalisse è legato alla morte di Chuck, al suo tumore al cervello che interrompe improvvisamente la sua vita, ai suoi ultimi istanti e ai colloqui con la moglie, anche a quel ballo che s’è divertito a fare, nove mesi prima, in un angolo di strada dove una ragazza di colore suonava splendidamente la batteria, coinvolgendo una immalinconita ragazza a cui il fidanzato ha appena detto addio tramite un sms. Divertito come non mai, lui freddo impiegato di banca, con dentro tutta la passione per i numeri che il nonno (Mark Hamill: qualcuno riconoscerà il giovane Luke Skywalker di “Guerre stellari”?) gli ha trasmesso, come nonna Sarah (è stato allevato da loro dopo la morte dei genitori) gli aveva trasmesso fin da piccolo, una rumba dopo un valzer, quella passione per il ballo che l’aveva fatto diventare il beniamino della scuola e delle gare. Scomparsi i nonni, in attesa del college per cui sinora è vissuto, Chuck deciderà di andare a visitare la torre della casa che gli è sempre stata preclusa: vi scorgerà se stesso, prossimo a morire, come nonno Albie aveva visto se stesso e altre persone che avevano riempito la sua vita (“Contengo moltitudini”, suona l’ultimo atto).

Tre diversi attori per un unico personaggio, uno più bravo dell’altro, il giovanissimo Jacob Tremblay in testa, un percorso a tratti difficile a seguire, la complessità e la discontinuità dei tempi e dei luoghi che compongono la vicenda, le cesure quando meno te l’aspetti, potrebbero confondere lo spettatore. Ma l’intera vita è attraversata da una poesia raramente vista sullo schermo, disseminata con cura attraverso i tratti più impercettibili, la vita di ogni giorno e i rapporti familiari, i lutti da esorcizzare e le sorprese inattese, le piccole passioni non corrisposte o quelle abbracciate con gioia, il ballo solitario nel cortile della scuola, i versi di Walt Whitman che aiutano ad andare avanti. La gioia per la vita assaporata in ogni momento, ad aprire quella porta, lassù in cima, come voleva il nonno, ci sarà sempre tempo. Troppo complesso o di una semplicità infinita? Basterà lasciarsi accompagnare dai piccoli gesti di Chuck.

Alla Fondazione Francesco Federico Cerruti “Confluenze e Interferenze”

La Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte presenta il calendario delle iniziative che animeranno la programmazione culturale dell’autunno 2025, intrecciando le tre principali linee di attività della collezione. “Interferenze”, programma avviato nel 2024, trasforma la Casa Museo in un laboratorio dialogico; ogni interferenza prevede l’intervento di un artista contemporaneo tra le sale della collezione, inserendosi nel suo palinsesto storico. “Confluenze” è lo strumento espositivo che, attraverso prestiti mirati di opere iconiche, accende nuove letture della collezione Cerruti. Le opere ospiti entrano in dialogo con i capolavori della Casa Museo, generando cortocircuiti di senso e nuove traiettorie di interpretazione. Infine, la collana edita da Allemandi e curata nei suoi primi tre numeri da Andrea Cortellessa, “I Quaderni di Fisica e Metafisica”, mette in scena la forma editoriale della collezione  Cerruti, che agisce come organismo vivo e di cui ogni volume è un esercizio critico che unisce indagine scientifica e riflessione filosofica, con il contributo di scrittori e artisti.

“Interferenze”: Alessandra Ferrini, Gala Porras-Kim, Enrico David.

Avviato nel 2024, il programma introduce opere di artisti contemporanei all’interno delle sale della collezione Cerruti, generando disturbi creativi e innescando dialoghi inattesi fra patrimonio storico e presente. Questi interventi, prodotti in dialogo con le mostre del Castello di Rivoli o con i contenuti de “I Quaderni di Fisica e Metafisica”, creano cortocircuiti tra passato e presente, restituendo al pubblico nuove prospettive di lettura. La prima interferenza sarà quella di Alessandra Ferrini; faranno seguito quelle di Gala Porras-Kim e di Enrico David. L’opera video “Unsetting genealogies” del 2024 di Alessandra Ferrini (Firenze 1984) propone un’indagine critica sull’eredità del Fascismo e del Colonialismo, che anticipa il suo contributo al terzo Quaderno “La forma dell’Italia”. L’opera nasce dalla ricerca a lungo termine condotta dalla Ferrini sulla storia delle istituzioni culturali italiane. L’opera intreccia vicende famigliari e narrazioni storiche, interrogando il rapporto tra estetica, ideologia e propaganda, attivando una attenta riflessione sulla storia coloniale, le classi sociali, l’imperialismo europeo e l’eredità del Fascismo. In particolare, l’artista esamina la politica culturale del Fascismo sulle arti, mettendo in luce la relazione tra estetica, ideologia e propaganda. Il punto di partenza dell’opera è una fotografia che ritrae Giuseppe Volpi, Conte di Misurata, imprenditore e politico italiano, durante l’inaugurazione della terza Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nel 1935. In quell’edizione fu istituita la coppa Volpi, premio alla miglior attrice e al miglior attore intitolato proprio al Conte di Misurata, allora presidente della Biennale di Venezia e figura di spicco del Partito Nazionale Fascista, nonché ex Ministro delle Finanze del Governo Mussolini. Volpi ricoprì un ruolo centrale nella brutale repressione anticoloniale in Libia, che culminò nel genocidio dell’Ordine Selussita alla fine degli anni Venti. Queste immagini d’archivio hanno innescato una riflessione sull’origine della Mostra del Cinema di Venezia, fondata nel 1932 dallo stesso Volpi insieme ad Antonio Maraini e Luciano De Feo, ma anche sulla gestione della stessa da parte di Maraini e Volpi durante il regime fascista. Antonio Maraini, scultore e politico, fu direttore della Biennale d’Arte tra il 1928 e il 1942. Tre membri della famiglia di Alessandra Ferrini, una prozia, la nonna e il nonno, lavorarono presso la tenuta di Maraini, a Firenze, negli anni Trenta e Quaranta, come personale di servizio. Attraverso archivi personali e storici, Ferrini fa emergere microstorie individuali accanto a narrazioni storiche dimenticate o rimosse, mettendo in scena una tensione tra la sfera pubblica e un’altra domestica.
Alessandra Ferrini, artista, educatrice, ricercatrice italiana residente nel Regno Unito, ha realizzato il video “Unsetting genealogies” all’interno di un’installazione composta da due ambienti ispirati alla fotografia d’archivio dell’inaugurazione della Mostra del Cinema: uno richiama lo spazio domestico, mentre l’altro presenta grandi riproduzioni di immagini d’archivio riguardanti spazi istituzionali.

Mara Martellotta

Il Castello di Rivoli festeggia i quaranta anni  con  “Inserzioni”

Opere commissionate a Guglielmo Castelli, Lydia Ourahmane e Oscar Murillo, visitabili fino a febbraio 2026

Il Castello di Rivoli presenta nel solco dei festeggiamenti per i quaranta anni dalla sua fondazione, la nuova serie “Inserzioni”, un nuovo format volto a commissionare ad artisti contemporanei un’opera pensata per il Castello. La prima edizione del progetto, dal 26 settembre fino a febbraio 2026, vede coinvolti gli artisti Guglielmo Castelli (Torino, 1987), Lydia Ourahmane (Saïda,1992) e Oscar Murillo (Valle del Cauca, 1996). In concomitanza con “Inserzioni”, il Museo presenta anche l’opera vincitrice del Premio Collective 2025 “Cultural Lost and Learned by Heart: Butterfly”(2021) di Adji Dieye (Milano, 1991) e la recente acquisizione tramite il bando PAC del Ministero della Cultura italiano di “Mare con gabbiano” di Piero Gilardi (Torino, 1942-2023) e di “a.C.”(2017) di Roberto Cuoghi (Modena, 1973).

“Inserzioni”, con cadenza semestrale, trasforma gli spazi dedicati alla collezione del Museo in una mostra collettiva in divenire, e introduce nuove commissioni nel tessuto della collezione del Castello di Rivoli, invitando una selezione di artisti contemporanei rilevanti oggi a intervenire ciascuno in una sala del museo, per relazionarsi con l’architettura aulica e le altre opere allestite. Il format, della durata di sei mesi, e rinnovato due volte l’anno, trasforma sale solitamente dedicate alla collezione in una mostra collettiva in continua evoluzione, apportando le nuove voci artistiche a cui normalmente i musei dedicano una sala a parte. Questo permette di arricchire l’offerta culturale degli allestimenti della collezione, con artisti, movimenti e aree geografiche finora non pienamente rappresentati nella storia espositiva e nel patrimonio artistico del Museo.
Ispirandosi alla formula inaugurata dal primo direttore Rudi Fuchs, per la prima mostra “Ouverture” del 1984, ogni artista è invitato a creare un’opera specificamente concepita per una stanza delle sale auliche del Castello, quasi a collaborare con esse attraverso il tempo storico. Come per la prima mostra, gli artisti vengono messi al centro del progetto sottolineando il valore delle ricerche individuali di ciascuno di loro. Il Museo intende mantenere la sua caratteristica apertura alle voci e agli artisti della storia dell’arte. Questo modus operandi incorpora oggi principi quali inclusione, apertura ad altre culture e approcci e partecipazione sociale e culturale.  Un’altra particolarità del Castello riguarda il suo carattere non finito, che lo trasforma in un contenitore che gli artisti possono completare, così da far nascere esperienze ed allestimenti unici.
Il progetto è sostenuto da Radical Commissioning Group, un gruppo ristretto di benefattori che crede, come Museo, nella necessità di dare carta bianca agli artisti per creare opere visionarie dando la possibilità contemporaneamente all’istituzione di espandere la propria voce.

Guglielmo Castelli presenta la nuova serie scultorea da esporre nella sala affrescata dedicata ai continenti, serie che vede alcuni dei personaggi che popolano i suoi dipinti sfuggire da essi per esibire in forma bidimensionale, in curiosi ambienti tridimensionali, un’idea di infanzia silenziosa e di attesa. Le figure umane delle opere, realizzate su ritagli di carta, sono coreografie intorno a piccole maquette di tavoli progettati dall’artista in ambiente casalingo e teatrale immaginario. Alle pareti una serie di dipinti, tra cui uno monumentale di oltre 3 metri, raffigurano le atmosfere fantastiche e condensate tipiche di Castelli, in cui si svolgono molteplici azioni, cadute e fallimenti. Nella sala adiacente sono esposte alcune opere su carta e, per la prima volta una speciale presentazione di materiali preparatori e di quaderni di schizzi di Castelli, che comprendono studi di personaggi del suo mondo inventato, apparenti scariche diventano ecosistema e stratificazione, insieme a prove di composizione che rivelano il processo di composizione dei suoi quadri.

“Per Voce” del 2025 è una nuova commissione di Lydia Ourahmane, realizzata in collaborazione con la sorella Sarah, compositrice e musicista. Una composizione scritta per tre cantanti non vedenti, che si sviluppa in due spazi del Museo: appena visibile, ma percettibile al tatto, la partitura è incastonata nelle pareti di ogni stanza, e rimane dunque aperta a future attivazioni. La partitura analizza l’architettura completamente determinata dalle dimensioni della stanza, con finestre e porte che dettano le pause e la lunghezza delle pareti che modella la durata. Una volta attivata, ogni cantante segue con la mano la propria parte tracciando la partitura in Braille, mentre si muove per il Castello. Le partiture si presentano come un’unica riga con le note, la loro durata, l’altezza in ottave, le legature, le pause e le istruzioni comunicative in sequenza.

In seguito a una visita al Museo, Oscar Murillo ha scelto la Sala 18 come ambientazione per la sua installazione immersiva site-specific “A see of history” (2025). L’opera riunisce 48 dipinti della serie “Disrupted Frequences”, di Murillo, che invita i visitatori a esperire l’opera dal basso, con l’affresco caduto e sospeso nel tempo. Composta da un arazzo di tele intrecciate, l’installazione esplora una tensione tra visione e vastità, immaginando nuovi territori scolpiti in un mare di segni stratificati. Iniziata nel 2013, “Frequences” prevedeva il posizionamento di tele vuote sui banchi di scuola di tutto il mondo, e la cattura di segni consci e inconsci lasciati dagli studenti. Concepite dall’artista come dispositivi di registrazione analogica, queste tele fungono da registro frammentato di una frequenza culturale, sociale e globale. Su questi frammenti Murillo ha lavorato con varie tonalità di blu, applicando pennellate gestuali di pittura a olio e una miscela di pigmento iridescente che ricorda sia l’oceano sia il cielo, elementi che legano e separano lo spazio geografico. In questo terreno sospeso, la storia e il tempo diventano incerti e aperti alla riconfigurazione. L’installazione sarà acquisita dal Museo al termine della mostra.

Mara Martellotta

Torino: capitale del Barocco tra palazzi, chiese e monumenti

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Scopri – To      Alla scoperta di Torino

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Torino è una città che incanta con il suo fascino elegante e la sua ricca eredità artistica. Tra le epoche che hanno definito il suo volto, il Barocco occupa un posto speciale, trasformando la capitale sabauda in un teatro di grandiosità e bellezza. Questa corrente artistica, sviluppatasi tra il XVII e il XVIII secolo, ha influenzato profondamente la città, sia dal punto di vista urbanistico che architettonico, grazie al lavoro di grandi maestri come Guarino Guarini e Filippo Juvarra. Torino, infatti, è un museo a cielo aperto, dove i palazzi, le chiese e i monumenti narrano una storia di potere, fede e splendore artistico.
PALAZZI BAROCCHI: la Torino nobiliare.
I palazzi nobiliari di Torino sono tra i migliori esempi dell’architettura barocca in Italia. Camminando lungo le vie del centro, come Via Po o Via Garibaldi, è possibile ammirare eleganti facciate, portoni monumentali e cortili interni decorati con statue e fontane. Tra i più celebri spicca PALAZZO CARIGNANO, una delle opere più iconiche di Guarino Guarini. Costruito nel 1679, il palazzo si distingue per la sua facciata ondulata in mattoni rossi, un esempio di come il Barocco giochi con forme e volumi per creare un effetto dinamico. Oggi, Palazzo Carignano ospita il Museo Nazionale del Risorgimento, ma un tempo fu sede del primo Parlamento italiano.
Un altro gioiello barocco è PALAZZO BIRAGO DI BORGARO, progettato da Filippo Juvarra. Situato in Via Carlo Alberto, questo palazzo è un esempio di raffinatezza e funzionalità, con interni decorati da affreschi e stucchi che riflettono il gusto della nobiltà torinese dell’epoca. PALAZZO GRANERI DELLA ROCCIA, invece, è famoso non solo per la sua architettura ma anche per aver ospitato eventi culturali e letterari che hanno segnato la vita intellettuale della città.
PALAZZO MADAMA: un viaggio attraverso i secoli; si erge nel cuore di Piazza Castello, è un edificio che racconta la storia di Torino come nessun altro. Nato come Porta Romana, il palazzo è stato trasformato nei secoli fino a diventare una delle residenze preferite delle “Madame Reali”, le potenti reggenti sabaude. La sua trasformazione barocca è opera di Filippo Juvarra, che progettò la monumentale facciata in marmo. Con le sue colonne corinzie, i timpani e le ampie finestre, Juvarra riuscì a creare un’opera che combina eleganza e maestosità. Oggi, il palazzo ospita il Museo Civico d’Arte Antica, un luogo dove storia e arte si incontrano in un percorso che va dal Medioevo al Settecento.
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CHIESE BAROCCHE: la fede diventa spettacolo.
Le chiese barocche di Torino sono capolavori che uniscono devozione e creatività architettonica. La CHIESA DI SAN LORENZO, progettata da Guarino Guarini, è un esempio straordinario di come il Barocco utilizzi la luce e la geometria per creare un’esperienza spirituale unica. L’interno, con la sua cupola complessa e luminosa, sembra dissolversi in un intreccio di archi e aperture, invitando il fedele a guardare verso il cielo.
Un’altra meraviglia è la CHIESA DEI SANTI MARTIRI, situata in Via Garibaldi. Costruita dai Gesuiti, questa chiesa è famosa per i suoi ricchi interni, decorati con marmi policromi, affreschi e stucchi dorati. La CHIESA DELLA CONSOLATA, invece, è un esempio di come il Barocco sia stato utilizzato per rinnovare edifici più antichi. Il santuario, dedicato alla Madonna Consolata, è un luogo di grande devozione popolare, ma anche un capolavoro architettonico, grazie all’intervento di Guarini e Juvarra.
LA BASILICA DI SUPERGA, tra cielo e terra,
è uno dei simboli più riconoscibili di Torino. Situata su una collina che domina la città, la basilica fu progettata da Filippo Juvarra per celebrare la vittoria di Torino sull’assedio francese del 1706. La sua posizione panoramica, combinata con l’imponenza della struttura, rende Superga un luogo unico, dove arte e natura si incontrano. All’interno si trovano le tombe della Famiglia Reale dei Savoia, mentre il piazzale offre una vista mozzafiato dalle Alpi alla città sottostante.
LA REGGIA DI VENARIA è la Versailles piemontese; un altro capolavoro barocco, una delle residenze sabaude più grandiose. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, la reggia è un esempio perfetto di come il Barocco sia stato utilizzato per glorificare il potere regale. I suoi giardini, la Galleria di Diana e la Cappella di Sant’Uberto sono solo alcune delle meraviglie che attendono i visitatori. Restaurata negli ultimi decenni, la reggia è oggi uno spazio culturale dinamico, che ospita mostre ed eventi internazionali.
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IL BAROCCO NEL TESSUTO URBANO tra piazze e portici.
Il Barocco non si limita ai palazzi e alle chiese, ma definisce anche l’urbanistica di Torino. Le piazze principali, come PIAZZA SAN CARLO, sono esempi di come lo spazio pubblico possa essere trasformato in un luogo di bellezza e armonia. I PORTICI, che si estendono per chilometri, sono un’altra caratteristica unica della città, offrendo riparo e un senso di continuità tra gli edifici.
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TORINO, un patrimonio da vivere, non solo  una città da visitare, ogni strada, ogni palazzo e ogni chiesa raccontano una storia di grandezza e innovazione. Il Barocco, con la sua capacità di sorprendere e affascinare, è parte integrante dell’identità di Torino, una città che continua a incantare chiunque la scopra.
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NOEMI GARIANO

Fondazione Club Silencio in collaborazione con Ventive firma Tech Villa

L’unico side event continuativo di Italian Tech Week

 

Dal 30 settembre al 2 ottobre a Villa Sanquirico, nel centro di Torino, Club Silencio e Ventive ospitano tre giorni di incontri, installazioni e talk per vivere l’innovazione di Italian Tech Week in un hub serale dedicato a tecnologia, creatività e networking

 

Dal 30 settembre al 2 ottobre

Villa Sanquirico – via F. Campana 37, Torino

 

In occasione di Italian Tech Week 2025 – una delle conferenze più rilevanti in Europa su tecnologia, innovazione e imprenditorialità, che dal 1 al 3 ottobre porterà alle OGR Torino oltre 15.000 partecipanti da tutto il mondo – Fondazione Club Silencio apre Tech Villail primo e unico side event continuativo della manifestazione, realizzato in collaborazione con Ventive, l’azienda di investimenti e advisory per startup, fondata nel 2019 da Roberto Sfoglietta, main sponsor dell’evento. Dal 30 settembre al 2 ottobre, Villa Sanquirico (via F. Campana 37) diventa la residenza serale dell’innovazione, un hub che accende Torino con installazioni interattive, talk, momenti di networking e performance artistiche. Un contesto aperto, accessibile e informale, pensato per amplificare l’energia di Italian Tech Week e trasformarla in esperienza condivisa.

 

Se Italian Tech Week rappresenta il cuore istituzionale dell’innovazione, Tech Villa ne è l’estensione esperienziale: un luogo dove founder, investitori, creativi, ricercatori e pubblico si incontrano senza filtri, tra una conversazione e una performance, tra un esperimento immersivo e un brindisi in giardino. Promossa da Club Silencio, realtà che dal 2017 crea format culturali capaci di fondere linguaggi creativi e innovazione, in collaborazione con Ventive – società che negli ultimi anni è diventata il punto di riferimento dell’ecosistema startup e venture capital pre-seed e seed in Italia contando ad oggi un network di più di 200 investitori con oltre 35 operazioni di successo – Tech Villa porta nel vivo della città uno sguardo diverso sull’ecosistema tech: meno formale, più accessibile e vivace, stimolando riflessioni e connessioni, trasformando l’innovazione in esperienza collettiva. Un laboratorio vivo, dove la città diventa teatro di confronto tra imprenditori, sviluppatori, artisti e ospiti, in un’atmosfera informale che unisce rigore e leggerezza.

 

“Con Tech Villa vogliamo dimostrare che Torino è capace di accendere conversazioni nuove e di farlo nei momenti in cui la città è già attraversata da energie e fermento. Da sempre il lavoro di Club Silencio è quello di creare spazi in cui culture, linguaggi e comunità possano incontrarsi: oggi lo facciamo portando il mondo dell’innovazione in un contesto più aperto, informale e accessibile, dove la tecnologia dialoga con la creatività e diventa esperienza condivisa. È così che crediamo si possa davvero valorizzare il territorio, generando impatto culturale e sociale che resta anche oltre i giorni dell’evento” – Alberto Ferrari, Presidente Fondazione Club Silencio.

 

“Per Ventive, essere Main Sponsor della Tech Villa significa rafforzare il nostro impegno nel cuore dell’ecosistema italiano dell’innovazione. Siamo convinti che solo lavorando come un’unica squadra – investitori, startup e istituzioni – sia possibile far crescere il Paese e renderlo più competitivo a livello internazionale. La nostra visione è guidare l’innovazione nel Paese, costruendo un ecosistema sempre più solido, capace di attrarre capitali e generare opportunità concrete per le nuove generazioni di imprenditori” – Roberto Sfoglietta, CEO Ventive.

 

Villa Sanquirico, palazzina ottocentesca già protagonista di Art Week e Open House Torino, accoglierà il pubblico tra 1.000 m² di sale interne e 2.000 m² di area esterna, tra serra e gazebo, trasformati in palcoscenico per installazioni, talk, momenti di relax e live set. La scenografica hall sarà dedicata a performance artistiche e musicali, mentre gazebo e serra all’aperto offriranno un after-event tra natura, musica e drink.

 

Il 30 settembre, la sessione di apertura di Tech Villa inaugurerà ufficialmente i tre giorni di eventi con uno sguardo strategico al ruolo dell’innovazione nello sviluppo del territorio. Un momento per raccontare la nascita del progetto e spiegare l’importanza di ampliare il dibattito sull’innovazione oltre la cornice di Italian Tech Week. L’incontro metterà in luce il valore degli eventi diffusi in città, capaci di attivare nuove comunità, connettere imprese, istituzioni e cittadini e generare un impatto concreto sul tessuto urbano, sottolineando la necessità di un ecosistema aperto e collaborativo in grado di valorizzare il territorio e attrarre nuove energie. A intervenire saranno Chiara Foglietta, Assessora alla Transizione Ecologica e Digitale della Città di Torino, Federico Sandrone, Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino, e Alberto Ferrari, Presidente della Fondazione Club Silencio.

 

Tech Villa sarà anche luogo di connessioni ad alto livello con l’Investor Dinner di European Innovation Council (EIC), appuntamento riservato a investitori e protagonisti del deep tech europeo. Un riconoscimento che conferma la capacità di Club Silencio di creare spazi di valore e favorire l’incontro tra realtà diverse. ElevenLabs, leader globale nella ricerca e nelle tecnologie audio basate sull’intelligenza artificiale, ospiterà un incontro esclusivo dedicato alla propria community per presentare le ultime innovazioni di prodotto. Young Platform, exchange di criptovalute leader in Italia, porterà a Tech Villa il proprio contributo con soluzioni su misura per investitori istituzionali e innovatori, in un contesto riservato pensato per facilitare il confronto e generare connessioni ad alto valore. Criticalcase, gruppo internazionale attivo dal 1999 specializzato in cloud e sicurezza ICT, e SecureGate, fornitore italiano di soluzioni di cybersecurity con approccio security by design, presenteranno invece in occasione dell’evento la loro partnership strategica. The Bridge Aperitivo sarà invece un momento esclusivo di networking tra la scena tech italiana e i principali investitori internazionali. L’appuntamento, co-organizzato da P101 SGRJoin Capital e Haystack Ventures, con la partecipazione di MiVC – Milano International VC Hub, riunisce fondi di venture capital globali, founder e la community locale per favorire conversazioni, scambi e nuove opportunità davanti a un drink.

Una tre giorni per esplorare il lato più umano e creativo della tecnologia tra installazioni e attività interattive come Cyberpandino – Tech power, vintage vibes, una Fiat Panda del 2003 trasformata in veicolo da rally iper-tech, simbolo di ingegno, creatività e spirito open-source, dal collettivo di programmatori Devpunks, ideatori anche di Che Devpunker sei?, esperienza che unisce AI e creatività per liberare e potenziare le nostre identità più autentiche, come individui e come aziende, facendo emergere il lato “punk” di ciascuno. Con Picture Your Futures – Metti a fuoco le competenze che l’AI non può sostituire (Orbyta), i partecipanti potranno scoprire le soft skill più importanti per essere competitivi nell’era dell’AI e attraverso tecniche di sketching, creative card e AI generativa potranno realizzare la cartolina del proprio futuro da portare sempre con sé per ricordarsi ogni giorno quale competenza esercitare per non farsi sostituire dall’Intelligenza Artificiale. Allo stand HST – Human Science & Technologies sarà possibile conoscere il centro di ricerca dell’Università di Torino che integra scienze umane, neuroscienze e tecnologia per studiare il benessere, il comportamento e le interazioni umane in ambienti digitali. Tra le realtà presenti anche Column la startup incubata presso I3P – Politecnico di Torino, che utilizza l’intelligenza artificiale per sviluppare una piattaforma di news personalizzate e di qualità, pensata per le nuove generazioni. Un esempio concreto di come l’innovazione possa nascere dai giovani e parlare direttamente ai giovani. The Lounge, il business corner a cura del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino sarà, invece, uno spazio di incontro e networking dedicato a startupper, professionisti e imprese. Un’occasione per confrontarsi su idee e progetti, creare connessioni strategiche e dare visibilità a nuove realtà imprenditoriali capaci di generare innovazione e impatto sul territorio.

Sul palco e nei salotti informali di Villa Sanquirico, founder, investitori e protagonisti del mondo delle startup si racconteranno senza filtri. Standup meets Startup con Antonio Piazza e Roberto Anelli racconterà il mondo delle startup tra risate e autoironia con sketch che prendono di mira il tech, i founder, gli investitori e tutte le follie del business. Si riderà insieme dei successi, dei fallimenti e delle notti insonni di chi vive l’innovazione ogni giorno. Confessions Sofa è il format veloce e diretto in cui si parlerà di business, ma anche di fallimenti, intuizioni e colpi di fortuna, per scoprire cosa succede davvero dietro le quinte dell’innovazione. Startup Therapy è invece il talk informale pensato per affrontare temi spesso trascurati per chi lavora nel mondo delle startup e dell’innovazione: stress, burnout e resilienza. In The Other Stage – Failures of Successful Entrepreneurs, format ispirato a FuckUp Nights, i founder non racconteranno delle loro startup di successo, ma di quelle fallite da cui hanno imparato e sono ripartiti. Non mancheranno incontri dedicati al futuro dell’aerospazio con Space Talks, e su tecnologia e creatività con IED Talks | Design meets Tech. Lo showcase In Your Bubble, in collaborazione con Digital Pills, inviterà il pubblico a riflettere sui propri bias informativi e a uscire dalle bolle percettive attraverso dati, visualizzazioni e confronti inaspettati.

Tech Villa, offre a Torino e all’ecosistema innovativo europeo un format unico, capace di valorizzare le eccellenze del territorio e di generare connessioni ad alto valore tra partner, startup e investitori. Una piattaforma di networking, confronto e sperimentazione che contribuisce ad ampliare l’impatto e la rilevanza internazionale di Italian Tech Week.

 

Ingresso gratuito per i titolari di pass Italian Tech Week. General Admission 10€

Per partecipare agli appuntamenti di Tech Villa e per maggiori informazioni:

https://www.techvilla.it

 

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

Come ti muovi, sbagli – Commedia. Di e con Gianni di Gregorio, con Greta Scarano e Iaia Forte. Riuscire a evitare tutti i fastidi della vita quotidiana, mettersi in salvo da ogni rottura di scatole è sufficiente per essere felici? Il professore a settant’anni suonati ha trovato finalmente la serenità, ha una bella casa, una discreta pensione, degli amici con cui scherzare, una signora con cui trascorrere qualche giornata. Si dedica solo a cose piacevoli. Fino a quando la sua vita è messa sottosopra dall’arrivo della figlia, in crisi coniugale, e dei due più che ingombranti nipotini. Nuove preoccupazioni, nuove angosce, ma anche nuovi affetti. Comincia così un’avventura nelle vite sentimentali degli altri, e nella sua, che gli farà capire che l’amore vale sempre la pena di essere vissuto, anche se porta tribolazioni, sacrifici e patimenti. Un film che riflette sull’amore e sull’inesorabile istinto degli esseri umani a mischiare il proprio destino con quello degli altri, con tutto quello che ne può derivare: fatiche ma anche gioie, e l’impressione di aver vissuto veramente. Durata 90 minuti. (Romano sala 1)

Downton Abbey: il gran finale – Drammatico, storico. Regia di Simon Curtis, con Hugh Bonneville, Elizabeth McGovern e Laura Carmichael. Gli anni bussano alle porte di Downton Abbey: Morta la contessa Violet, le redini della tenuta sono in mano a Lady Mary, chiamata a difenderne gli interessi nell’élite londinese, divisa com’è tra la tradizione nobiliare e il desiderio di traghettare la sua famiglia verso la modernità. Così, mentre Lord e Lady Grantham supervisionano la tenuta preparandosi poi al congedo, i Ceawley si riuniscono per definirne il futuro in un’epoca segnata dalle turbolenze della Grande Depressione. Per l’occasione tornerà dall’America anche l’eccentrico zio Harold, mina vagante che svelerà verità dimenticate e intrighi sepolti che coinvolgono vari membri della casata. Durata 123 minuti. (Massaua, Eliseo, Romano sala 3)

Duse – Drammatico. Regia di Pietro Marcello, con Valeria Bruni Tedeschi, Noémie Merlant e Fausto Russo Alessi. Negli anni tra la Prima Guerra Mondiale e l’ascesa del fascismo, la Divina sceglie di tornare nel luogo dove la sua vita ha avuto inizio: il palcoscenico. Costantemente in lotta con la brutalità degli eventi e del potere, e aggrappandosi alla possibilità dell’utopia, fa della sua arte un atto rivoluzionario, anche a costo di sacrificale salute e affetti. E affronta il suo viaggio finale consapevole di poter rinunciare alla vita stessa ma non alla sua vera natura. Il film è stato designato “Film dellaCritica” dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani con la seguente motivazione: “Mentre il corpo del Milite Ignoto attraversa l’Italia in treno per essere sepolto a Roma, Eleonora Duse vive gli ultimi anni della sua vita: non la fermano né la tisi né i debiti perché le interessano solo tre cose: “lavorare, vivere. morire”. E Pietro Marcello affida a una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi il compito di illustrare il dramma di chi è disposta a scendere a patti anche col potere per poter continuare a confrontarsi con l’arte del teatro. Un film dove il materiale d’archivio s’intreccia alla finzione per scavare dentro la vita di una donna pronta a sacrificare anche l’amore materno per tener fede alla sua missione d’attrice.” Durata 125 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo, Fratelli Marx sala Chico, Massimo sala Cabiria, Nazionale sala 1)

Elisa – Drammatico. Regia di Leonardo Di Costanzo, con Barbara Ronchi, Roschdy Zem e Valeria Golino. Elisa, una ragazza di buona famiglia, è in carcere da dieci anni per aver ucciso brutalmente la sorella. I suoi ricordi confusi si chiariscono nell’incontro con il criminologo Alaoui, che conduce uno studio sui delitti di famiglia. La verità che emerge per Elisa è sconvolgente. Un dolore che forse è l’inizio di una redenzione. Durata 105 minuti. (Eliseo, Nazionale sala 4)

La famiglia Leroy – Commedia. Regia di Florent Bernard, con José Garcia e Charlotte Gainsbourg. Innamorati da sempre Sandrine e Christophe, una famiglia solida, due figli e un cane e una casa in Borgogna, un lavoro di noleggiatore d’auto lui e impiegata in un’agenzia di viaggi lei, la vita di ogni giorno che tira avanti tranquilla, senza sobbalzi: poi, un bel (o bruttissimo) giorno, Sandrine decide di chiedere la separazione, è stufa di mettersi a piangere per ogni più piccolo motivo, è stufa che Christophe sia sempre più assente e scontroso verso lei e verso i figli, ormai decisamente stanchi di assistere alle continue liti dei loro genitori. Ma Christophe non vuole accettare questa nuova disperata situazione, ama ancora la moglie e lo sfascio della famiglia non lo sopporterebbe mai: per cui decide e porta l’intera famiglia in un weekend che dovrebbe essere di sogno, a viaggiare una seconda volta nei luoghi lui e Sandrine sono stati felici e in cui hanno ricordi che varrebbe la pena rivivere. Durata 102 minuti. (Fratelli Marx sala Chico e Groucho)

Familiar Touch – Drammatico. Regia di Sarah Friedland, con Kathleen Chalfant. Una donna mette in discussione se stessa dopo aver cominciato una nuova vita in una casa di cura. Durata 90 minuti. (Romano)

Honey don’t! – Drammatico. Regia di Ethan Coen, con Margaret Qualley, Aubrey Plaza e Chris Evans. Film in solitaria per Ethan senza la collaborazione – che i due si siano divisi per sempre? o che l’intervallo debba finire dio voglia un giorno o l’altro? – del fratello Joel. La storia vede al centro la detective del titolo, di cognome fa O’Donahue, che si mette a indagare su un incidente poco chiaro di una coppia californiana. Finirà a rovistare su una setta che ha il suo in padre Dean, piccolo criminale che gioca con il sesso ad oltranza e con la manipolazione degli adepti e oltre. Al tutto s’aggiunge la comparsa del vecchio padre con i suoi abusi nell’infanzia e una poliziotta con cui intrecciare una caldissima relazione. Durata 90 minuti. (Ideal, Massimo V.O.)

Jane Austen ha stravolto la mia vita – Commedia drammatica. Regia di Laura Piani, con Camille Rutherford, Charlie Anson e Pablo Pauly. Agathe, una ragazza goffa e al tempo stesso affascinante e piena di contraddizioni, si ritrova ad affrontare la sua solitudine. Sogna un amore simile ai personaggi di un romanzo di Jane Austen e la sua massima aspirazione è diventare una scrittrice. Invece trascorre le sue giornate vendendo libri nella leggendaria libreria britannica Shakespeare&Company, a Parigi. Invitata in Inghilterra alla residenza per scrittori di Jane Austen, deve combattere con le sue insicurezze: fino a quando non accade qualcosa di inaspettato e la sua vita cambia come per magia. Durata 94 minuti. (Classico anche V.O., Due Giardini sala Nirvana)

Material Love – Commedia. Regia do Celine Song, con Dakota Johnson, Pedro Pascal e Chris Evans. Strana occupazione quella di Lucy nella New York di oggi. La sua è quella di abbinare tra loro i vari single che incontra, secondo le rispettive affinità, la condizione socio-economica e la attrazione fisica, ad esempio. Invitata al matrimonio di una delle coppie che lei stessa è riuscita a formare, Lucy incontra casualmente John, in qualità di cameriere, l’uomo con cui aveva avuto una lunga e ineguagliata storia d’amore ma che lei stessa aveva abbandonato, dal momento che, attore senza il becco di un quattrino, sapeva che no avrebbe potuto garantirle una vera stabilità economica per il futuro. Ma seduto al tavolo dei single si siede anche Harry, decisamente ricco, affascinante e spiritoso, insperatamente deciso a costruire una seria relazione. Imponendosi una scelta, chi? Durata 116 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

La riunione di condominio – Commedia drammatica. Regia di Santiago Requejo, con Raùl Fernàndez De Pablo, Clara Lago e Tito Valverde. Una “semplice” riunione di condominio a Madrid in cui si discute della sostituzione dell’ascensore (“Votemos” è il titolo originale di questo prodotto spagnolo). Tutto fila liscio finché quello che doveva essere un incontro ordinario e pacifico, si trasforma nell’incubo temuto da tutti: viene annunciato l’arrivo di un nuovo inquilino con problema di salute mentale (“si scatena il bigottismo morale e la fantasia malata di chi già vede l’horror sul pianerottolo e un giovane serial killer con coltello insanguinato”, scrive Maurizio Porro nelle colonne del Corriere della Sera. Tutto ciò scatenerà una serie di relazioni inaspettate, scontri e ipocrisie, mettendo in luce pregiudizi e paure nei confronti del possibile nuovo arrivato. Ancora Porro: “Un po’ didascalico e prevedibile certo con una sorpresina, il film è piacevolmente offensivo, non feroce, segnalando i gusti classici della ipocrisia e dei pregiudizi, merito del buon gioco della squadra attoriale, con dialoghi serviti sul piatto da Freud.” Durata 88 minuti. (Nazionale sala 4)

Sotto le nuvole – Documentario. Regia di Gianfranco Rosi. Tra il Golfo e il Vesuvio, la terra talvolta trema, le fumarole dei Campi Flegrei segnano l’aria. Sulle tracce della Storia, delle memorie del sottosuolo, in bianco e nero, una Napoli meno conosciuta si popola di vite. Sotto le nuvole c’è un territorio attraversato da abitanti, devoti, turisti, archeologi che scavano il passato, da chi, nei musei, cerca di dare ancora vita, e senso, a statue, frammenti e rovine. La circumvesuviana attraversa il paesaggio, cavalli da trotto si allenano sulla battigia. Un maestro di strada dedica il suo tempo al doposcuola per bambini e adolescenti, i vigili del fuoco vincono le piccole e grandi paure degli abitanti, le forze dell’ordine inseguono i tombaroli. Una nave siriana, nel porto di Torre Annunziata, scarica il grano ucraino. La terra intorno al golfo è un’immensa macchina del tempo. Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

The Life of Chuck – Drammatico, fantascienza. Regia di Mike Flanagan, con Tom Hiddleston, Karen Gillian e Mark Hamill. Una serie di eventi sta sconvolgendo il mondo così come lo conoscevamo. Internet non funziona più, la California si sta staccando dagli Stati Uniti in seguito a eventi tellurici, le scuole non hanno studenti. Sui pochi mezzi di comunicazione ancora funzionanti compare il ringraziamento al contabile Chuck Krantz per i suoi 39 anni di contributo all’umanità. Da qui inizia il percorso à rebours che ce ne illustra la vita e la passione per il ballo. Durata 110 minuti. (Massaua, Greenwich Village sala 3, Ideal, Lux sala 1, Reposi sala 1, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

The Voice of Hind Rajab – Drammatico. Regia di Kaouther Ben Hania, con Saja Kilani e Motaz Malhees. Leone d’Argento a Venezia 82. Il 29 gennaio 2024 i volontari della Mezzaluna Rossa ricevono una chiamata di emergenza. Una bambina di sei anni è intrappolata in un’auto sotto attacco a Gaza e implora di essere salvata. Mentre cercano di tenerla al telefono fanno tutto il possibile per farle arrivare un’autoambulanza. Il suo nome era Hind Rajab. “Come l’Anna Frank del nuovo genocidio, la innocente vittima con voce impaurita ricostruisce la Storia, aprendo un dibattito che va alle radici del cinema. Chiuso in una stanza, il film ne esce infelice e vittorioso perché racconta una disfatta maanche una resistenza al Male che lo ha prodotto” (Maurizio Porro, Corriere della Sera). Durata 89 minuti. (Centrale V.O., Due Giardini sala Ombrerosse V.O., Eliseo Grande V.O., Fratelli Marx sala Harpo e Groucho V.O., The Space Torino, Uci Lingotto V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri V.O.)

Tutto quello che resta di te – Drammatico. Regia di Cherien Dabis, con Saleh Bakri e Cherien Dabis. Quando un adolescente palestinese resta ferito in uno scontro con soldati israeliani durante una protesta, la madre ripercorre gli eventi che hanno condotto la famiglia fino a quel fatidico momento. Con un appassionante racconto che abbraccia tre generazioni, la donna rivela le continue lotte di una famiglia palestinese che non ha mai smesso di combattere per la propria identità, a partire dal 1948, quando il nonno subì lo sfollamento da parte dell’esercito israeliano. Durata 145 minuti. (Nazionale sala 3)

Una battaglia dopo l’altra – Thriller, azione. Regia di Paul Thomas Anderson, con Leonardo Di Caprio, Sean Penn, Benicio Del Toro e Chase Infiniti. Un gruppo di ex rivoluzionari si riunisce quando un loro perfido nemico riemerge dal loro passato, dopo sedici anni di silenzio. Tra loro, Bob Ferguson, che ha sognato per anni un mondo migliore ai confini tra Messico e States. Appeso al chiodo l’artiglieria e il nome di battaglia, Ghetto Pat, fa il padre a tempo pieno di Willa, adolescente esperta di arti marziali. Tra una canna e un rimorso prova a proteggerla dal suo passato che puntualmente bussa alla porta e chiede il conto. Dall’ombra riemerge il colonnello Lockjaw, che più di ogni altra cosa vuole integrare un movimento suprematista devoto a San Nicola. Il gruppo avrà il duro compito di salvare la ragazza, che verrà rapita, prima che accada l’inevitabile. Durata 161 minuti. (Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala, Fratelli Marx sala, Greenwich Village sala 2 anche V.O., Ideal, Lux sala 2, Nazionale sala 2, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

La valle dei sorrisi – Horror. Regia di Paolo Strippoli, con Michele Riondino, Giulio Feltri, Paolo Pierobon e Romana Maggiora Vergano. Sergio è un insegnante di educazione fisica che un giorno è trasferito a Remis, un piccolo paese delle Alpi: vi trova un pugno di abitanti incredibilmente felici e una serenità che invade ognuno, e che si rinforza ad ogni appuntamento di uno strano rituale notturno. Una volta la settimana, ogni abitante incontra e abbraccia il giovane Matteo, che possiede valori e poteri straordinari, capaci di alleviare definitivamente da ogni angoscia. Anche Sergio incontrerà il ragazzo ma come finirà quell’incontro? “…peccato che nel finale di partita morale di un film che merita attenzione, l’autore si lasci prendere dalle sirene horror, sprecando sangue” (Maurizio Porro, Corriere della Sera). Durata122 minuti. (Reposi sala 4, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Défilé, Danza oltre le barriere. 4.0

Dopo l’inaugurazione con il Galà di apertura, la programmazione della quarta edizione di “Danza Oltre le barriere.4.0″ prosegue sabato 27 settembre alle ore 16 con il Défilé, diventato ormai una delle tradizioni più attese del progetto, vale a dire un momento in cui decine di artisti si incontrano e danno vita ad una parata che attraversa e trasforma luoghi della città molto spesso inosservati, restituendo loro energia e visibilità.
Per la quarta edizione l’iniziativa, realizzata in collaborazione con EDIT, vedrà protagonisti le scuole di danza del territorio, i danzatori professionisti di EgriBiancoDanza e del Balletto Teatro di Torino, insieme ai musicisti di Guitare Actuelle, in un’azione corale che quest’anno invade gli spazi di Colla! , un luogo di oltre 3 mila mq in piazza Teresa Noce, animato da start-up e realtà innovative che lo rendono uno dei quarti di miglio più dinamici d’Italia e al tempo stesso un punto di riferimento per la  cittadinanza.
Il Défilé non è  soltanto una pratica artistica, ma un vero e proprio strumento di comunità; qui diverse generazioni e discipline si incontrano per dialogare e costruire un linguaggio comune.

Da settembre a dicembre la Fondazione EgriBiancoDanza e il Balletto Teatro di Torino guideranno un ricco calendario di spettacoli teatrali, performance site-specific, attività laboratoriali e iniziative di coinvolgimento della cittadinanza. Il programma include Défilé, parata urbana green che porta la danza nelle strade, e gli Aperitivi in Danza, incontri che uniscono performance,  dialogo e convivialità.

“Si rinnova l’appuntamento con “Danza oltre le barriere”. Non lo considero soltanto un cartellone di spettacoli, ma un’opportunità di riflessione sulle dinamiche del territorio e un momento di crescita per tutti, artisti e cittadini – spiega  Raphael Bianco, vicepresidente della Fondazione Egri per la Danza – Attraverso la danza, un elemento aggregativo, empatico e catartico, si riporta la comunità a un confronto con sé stessa, dove l’inclusione è una traiettoria fondamentale per vivere meglio e progredire insieme. Inoltre la rinnovata partnership  con  BTT arricchisce il nostro percorso, guidando scelte condivise che sono fondamentali per avere un impatto sempre più  efficace  e rimanere aperti a nuovi stimoli e all’immaginazione. Questi stimoli provengono anche dalla collaborazione con le realtà locali che ci seguono da anni e contribuiscono attivamente allo sviluppo e al consolidamento di questo progetto, Progetto Slip e Teatro Monterosa e, in particolar,  Guitare Actuelle, partner con BTT nel progetto IN.CON.TRA”.

“Per il Balletto Teatro di Torino condividere percorsi e progettualità con Fondazione Egri per la Danza e Guitare Actuelle significa abitare spazi di incontro – spiega la direttrice del Balletto Teatro di Torino, Viola Scaglione –  in cui musica e danza si sostengono e rigenerano a vicenda. Si tratta di un terreno fragile e fertile al tempo stesso, dove non si innalzano frontiere, ma si scelgono passaggi, attraversamenti, aperture. In questo dialogo le identità restano salde, ma si intrecciano per dare vita a linguaggi nuovi, capaci di superare le barriere e di accogliere la pluralità  dei corpi, dei gesti, dei suoni. Non è semplice collaborazione, si tratta della costruzione di un orizzonte condiviso in cui visioni differenti diventano complicità creative.
Crediamo che oggi il valore più consistente risieda nello stare dentro le relazioni . È lì che l’arte si rinnova, che danza e musica ritrovano la loro funzione più profonda, offrire la possibilità di andare oltre, insieme”.

Come da tradizione “Danza oltre le barriere” inaugura il suo cartellone con un Gala d’apertura che non solo rappresenta un momento di festa, ma anche un incontro simbolico tra linguaggi artistici e realtà diverse. Sul palco del teatro Monterosa si ritroveranno i principali protagonisti del progetto: le due compagnie EgriBiancoDanza e Balletto Teatro di Torino, che da sempre ne incarnano lo spirito inclusivo, in un rito collettivo di arte e condivisione.

Mara Martellotta

Arriva a Settimo Torinese il Festival del Disegno

 Fogli, persone, creatività. Arriva a Settimo Torinese il Festival del Disegno, l’evento che unisce adulti e bambini per sperimentare, divertirsi e liberare l’imaginazione con i prodotti Fabriano. Iniziato a Milano il 13 settembre il Festival farà tappa in tutta Italia, dai piccoli paesi alle grandi città, portando fino al 12 ottobre una ventata di colore in musei, scuole e spazi culturali. Fabriano accompagna il pubblico in un viaggio all’insegna di laboratori, attività creative e talk completamente gratuiti, in collaborazione con i musei del network Pleiadi (Museo Civico di Scienze Naturali di Milano, Children Museum di Verona, Children Museum di Pompei, Museo della Chimica di Settimo Torinese) e con NABA, Nuova Accademia di Belle Arti campus di Milano.

In nove edizioni il Festival del Disegno ha coinvolto oltre 170mila persone, sempre guidato da un unico grande obiettivo: riconoscere il foglio bianco come strumento di unione, opportunità, possibilità.

Di seguito una selezione di appuntamenti in programma a Settimo Torinese, presso MU-CH | Museo della Chimica

(Iscrizioni a partire dal 26 settembre)

Per conoscere tutti gli appuntamenti del Festival e iscriversi: https://fabriano.com/festival-del-disegno/

5 ottobre 2025

Ore 10:30 e 17:30: Paper Science, esperimenti su carta. Durante il laboratorio, i partecipanti osserveranno al microscopio diversi tipi di carta, per capire cosa rende ogni foglio unico e adatto a usi differenti. La carta sarà anche protagonista di esperimenti scientifici e creativi. Un’attività per esplorare la versatilità della carta anche attraverso la scienza.

Ore 11:30 e 16:00Caccia al tesoro, i segreti di Newton. Un’attività ludico-didattica che trasforma la chimica in un’avventura interattiva per bambini. Attraverso la scoperta di messaggi invisibili nascosti su fogli di carta e l’uso di reagenti naturali, i partecipanti sperimenteranno reazioni chimiche in maniera pratica e divertente. Divisi in squadre i bambini risolveranno enigmi scientifici, e al termine sarà premiato il team vincitore.

 

Ultimi giorni: tessuti principeschi arrivati a Chieri dall’Antico Oriente

Al chierese “Museo del Tessile”, i preziosi tessuti appartenuti al Principe Scipione Borghese, oggi nella Collezione della Contessa Ruffini Valletti-Borgnini

Dal 12 al 27 settembre

Chieri (Torino)

Partiamo proprio da lui. Lui, il “convitato di pietra”, l’inconsapevole artefice, oltre un secolo fa, della mostra “Tessili dai viaggi di un Principe del Novecento”, programmata, da venerdì 12 a sabato 27 settembre, nelle sale del “Museo del Tessile”, in via Santa Chiara 6, a Chieri. Parliamo di Scipione Borghese (al secolo Luigi Marcantonio Francesco Rodolfo Scipione Borghese), X Principe di Sulmona (Migliarino Pisano, 1871 – Firenze, 1927), esponente di un Casato nobiliare fra i più prestigiosi a cavallo di Otto e Novecento e particolarmente famoso per le sue Collezioni d’arte. Nobile, grande viaggiatore, politico (fu deputato per il Collegio di Albano Laziale e per il “mazziniano- garibaldino” Partito Radicale dal 1904 al 1913), nonché curioso esploratore con una sfrenata passione per l’Oriente e pilota automobilistico di grande coraggio e competenza dati i tempi di timido esordio dell’automobile quale mezzo di trasporto, tanto meno da competizione sportiva, che lo portarono (affidandosi al robusto motore di un’“Itala 35/45 HP”) a partecipare (insieme ad Ettore Guizzardi, suo autista di fiducia e a Luigi Barzini senior, mitico inviato del “Corriere della Sera”) a vincere lo storico raid “Pechino-Parigi” (10 agosto 1907); vittoria clamorosa (circa 16mila chilometri, “pappati”, in tempi record per quegli anni, in soli due mesi) fra sperdute lande di Cina, Mongolia, Siberia e Russia, che gli regalò allora la piena notorietà e il clamoroso passaggio alla storia.

Ma, attenzione!, “Scipione l’Asiatico”– come amavano definirlo gli amici del veneziano “Casato Papafava dei Carraresi” – nei suoi numerosi viaggi fra Medio Oriente e Asia Minore e Centrale (di cui rimane traccia nei “Diari”, parzialmente pubblicati nel volume “In Asia: Siria, Eufrate, Babilonia”, Bergamo – Istituto Arti Grafiche, 1903), non si limitò al solo gusto del viaggio esplorativo. Quelle imprese (in allora autentiche, quasi impensabili imprese!) lo misero a contatto con un mondo lontano e sconosciuto, di cui s’innamorò perdutamente e che volle portare con sé nei suoi viaggi di ritorno, sotto forma di preziose artistiche e artigianali realtà, memorie di terre lontane ricche di grandi e affascinanti culture. Memorie che per Scipione, acuto Collezionista d’arte, si concretizzarono soprattutto in stupendi “manufatti tessili”, oggi amorevolmente custoditi nella Collezione della Contessa Giovanna Ruffini Valletti-Borgnini, che ne ha gentilmente concesso il prestito per la realizzazione della mostra ospitata a Chieri.

Il ricco percorso espositivo al collinare “Museo del Tessile” inizia con sei “Kilim” anatolici (tappeti senza pelo), di piccole dimensioni a tessitura piana, realizzati in lane tinte con coloranti naturali, probabilmente opera di ragazze in ambiente domestico, unici per disegno e tecnica esecutiva. Accanto, un “arazzo” in lana  con trame policrome discontinue e ricami in seta e oro, foderato in “taffeta” di seta dall’Asia Centro-meridionale. E ancora: un tappeto da preghiera “Kilim” di Senandaj (Kurdistan), tessuto con trame ricurve usando i fuselli tipici della tecnica “kani” (tessitura tradizionale degli scialli del Kashmir) per ottenere raffinati disegni floreali e zoomorfi nel campo, bordure con motivo “Medakhyl” (sequenza di rosette) e consolidamento a dente di sega con fessure. A latere, altri coevi “manufatti” provenienti dalla Persia, dal Turkmenistan e dal Kurdistan, insieme a “tappeti da sella” di varia provenienza e a due splendidi “Kakemono”, dipinti o calligrafie giapponesi su seta, cotone o carta, realizzati in verticale e concepiti come decorazione murale da interno, recuperati dalla seconda moglie di Scipione, Teodora Martini, mentre il Principe era ospite dello zar di Russia, omaggiato con varie medaglie e doni. A fare da contrappunto ai “tessili”, arrivano inoltre dal Tien Shan e dalla Cina diversi “incensieri” in bronzo, mentre del corredo principesco si possono ammirare teli ricamati e altri oggetti di pregio, che riflettono il gusto e le passioni di un protagonista del primo Novecento.

Nella settimana della Festa Patronale della Città di Chieri, la mostra dedicata agli antichi “manufatti” collezionati dal Principe Scipione Borghese ci permette di riscoprire esemplari storici di arazzi, tappeti, tessuti e ricami che accompagnarono nei suoi viaggi un intraprendente aristocratico viaggiatore protagonista del Novecento in Europa ed in Asia e “ripercorrere – sottolinea Melanie Zefferino, presidente della ‘Fondazione’ e del ‘Museo del Tessile’ – il percorso di chi andando per il mondo con gli occhi aperti alle mille parvenze degli orizzonti mutevoli, può fissare non certo l’essenza dei paesi traversati e dei popoli intravveduti, ma certo molti profili di luoghi, cose e uomini”.

Gianni Milani

“Tessili dai viaggi di un Principe del Novecento”

Museo del Tessile, via Santa Chiara 6, Chieri (Torino); tel. 329/4780542 o www.fmtessilchieri.org

Dal 12 al 27 settembre. Orari: merc. e sab. 15/18

Nelle foto: Il Principe Scipione Borghese durante il raid Pechino-Parigi (1907); Arazzo con ricamo (part.), Asia centro-meridionale; “Kakemono”, Fagiano Pavone Asiatico e iris acquatico; Telo ricamato (part.) del corredo del Principe   

Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

1.Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre alla follia. Queste le parole del grande intellettuale Italo Calvino, forse un po di parte, certo, ma non per questo meno veritiere.
Così abituati a guardare lontano, intenti ad indagare il mondo oltre i confini visibili, perennemente alla ricerca di qualcosaltro in un laggiù” di labile definizione, spesso diamo per scontato ciò che ci circonda, e talvolta nemmeno ci impegniamo a conoscere i luoghi a noi più vicini.
Rifletto spesso su tale tematica con i miei studenti a scuola, approfittando delle potenzialità della materia che insegno; quando chiedo ai ragazzi di raccontarmi una loro esperienza riguardo a mostre darte, musei o luoghi culturalmente conosciuti, mi rendo conto di quanto poco conoscano il territorio in cui vivono, è più probabile infatti che essi si siano ritrovati per le strade di qualche capitale straniera e non di aver visitato Palazzo Madama, Palazzo Reale, un qualunque museo torinese di arte contemporanea o qualche luogo cittadino che proprio nulla ha da invidiare all esotico estero.
Non ne faccio loro una colpa, anche io tendo spesso a incappare nel medesimo errore, protesa verso il desiderio di prendere aerei e partire, corro per prima il rischio di tralasciare interessanti occasioni di visita di esposizioni darte di artisti che magari apprezzo particolarmente e che si svolgono proprio a Torino.

È secondo questottica che ho deciso di scrivere tale serie di articoli dedicati alla capitale sabauda, per riscoprire e tentare di approfondire la storia e le vicissitudini di quella che è la mia città natale, la stessa che mi pare così lontana anche se abito nei suoi vicinissimi confini, che talvolta mi ha stancato, che non sempre mi ha accolto o confortato, della quale spesso mi sono dimenticata, ma a cui rimango indissolubilmente affezionata.
Torino è così, una città antica che accetta le sfide della globalizzazione e della multiculturalità, attenta alla qualità ambientale, dove da sempre il saper fare si accompagna al saper pensare, è localitàforte delle proprie radici eppure pronta a fronteggiare le numerose riqualificazioni urbane che nei secoli si sono succedute, invasive e necessarie, le medesime che ora stabiliscono laspetto multiforme di quella che è stata la prima capitale dItalia.
Nel capoluogo popoli, culture, tradizioni e differenti consuetudini si sono stratificate nel tempo, a partire dagli usi e costumi degli antichi romani, fino ai cittadini odierni, autoctoni, migranti e tutte quelle etnie in equilibrio tra il mantenere le proprie usanze e limparare il dialetto locale.
La storia di Torino è qualcosa di tangibile, passeggiando per le vie della città infatti ci si imbatte continuamente in testimonianze del passato: le Porte Palatine, gli edifici di Italia 61, le palazzine barocche e le ville liberty, le chiese ed i monumenti, tutti tasselli di ununica grande vicenda che comincia più di duemila anni fa, ai tempi di un piccolo insediamento chiamato Taurasia, distrutto da Annibale nel 218 a.C.  

La nascita e lo sviluppo della città sono indissolubilmente legati alla posizione geografica che essa occupa: Torino sorge sulla sponda occidentale del Po, nella regione chiamata Pedemontium ossia la terra ai piedi delle montagne, uno strategico crocevia assai significativo  per i commerci, sia via terra che via acqua. Fin dai tempi antichi eserciti, mercanti e pellegrini erano costretti ad attraversare il fiume in quel preciso punto geografico, laddove sorgeva il piccolo villaggio Taurasia. Nei secoli sono molti coloro che ambiscono al controllo dello stabilimento, rilevante scalo tattico e commerciale, nonché snodo significativo posto sulla via che collega il Sud della Francia e il Nord dellItalia.
Tuttora Torino sorge lungo la principale articolazione stradale e ferroviaria dellarea alpina, su un percorso che da sempre è ritenuto di considerevole importanza, da qui infatti sono passati, secondo gli studiosi, dapprima Annibale, nella sua marcia verso Roma e successivamente, nel 773, lesercito di Carlo Magno, durante la calata in Italia.
Il tempo conferma la centralità della posizione strategica dellantica Augusta Taurinorum, abbracciata dai fiumi e protetta dal duplice ruolo delle montagne, da una parte le Alpi, dallaltra i Colli del Monferrato, che sia mettono in comunicazione la città con i comuni limitrofi, sia fungono da barriera protettiva naturale; gli stessi Savoia, i custodi dellItalia approfitteranno dellubicazione dellurbe per gestire i propri poteri.
La natura dunque favorisce la nascita di un insediamento destinato ad ingrandirsi nei secoli, ma se da subito le condizioni di vita paiono favorevoli per la cittadinanza, sarà necessario attendere diversi secoli prima che la Storia si accorga della bella Torino, relegata per tempo immemore alla condizione di cittadina di provincia, adombrata dalle limitrofe Asti e Vercelli, infatti solo verso la fine del Cinquecento, grazie ai Savoia che qui sposteranno la propria corte, al capoluogo viene riconosciuto peso politico e comincia a brillare di luce propria.
Ma andiamo per ordine, poiché assai remote sono le origini della nostra città; larea appare abitata fin  dallepoca tardo paleozoica, come testimoniano i numerosi ritrovamenti di utensili in pietra.
Allepoca la regione doveva essere ricoperta di foreste e acquitrini, tuttavia già i coltivatori delletà neolitica erano intervenuti a favore di una repentina trasformazione del paesaggio, processo che continueràattraverso diverse azioni di bonifica dalletà medievale fino alletàmoderna.
I primi abitanti del Piemonte sono i Celto-Liguri, gruppi migranti celtici che mentre si spostano verso il Nord della Penisola si fondono con alcune tribù liguri già presenti sul territorio.
Si tratta di popolazioni dedite allagricoltura, con un livello di organizzazione politica e culturale non molto sviluppata, vivono sparsi per le radure tra le foreste, coltivano segale e granaglie e allevano pecore e maiali. Nello specifico sono gli Insubri e i Taurini ad occupare le sponde del fiume Po.
Come è noto, il destino di Torino risulta legato almeno a livello di nomenclatura-  ai Taurini, da cui deriva lappellativo Augusta Taurinorum, dallanimale totemico attribuito alla tribù, ossia il taurus, -che tuttoggi rimane simbolo indiscusso della moderna cittàpiemontese-.
Ben poco sappiamo di tale popolazione, se non che compare negli annali nel 218 a.C., quando tenta invano di fermare la discesa di Annibale, per poi entrare a far parte delle tribù inglobate nella sfera culturale e politica di Roma che,  a partire dalla metà del II secolo a.C., colonizza la zona subalpina nordoccidentale per aprirsi una piùfacile via verso la Gallia.
Lo spirito decisamente concreto e pratico dei romani fa sì che le cittàfondate nel territorio piemontese rispondessero a precise funzioni: si tratta di avamposti militari  e centri di governo che favoriscono il controllo e la comunicazione lungo il tragitto verso le Alpi.


Tra questi insediamenti spicca per importanza Augusta Taurinorum.
Le leggende prendono il sopravvento sulle sporadiche fonti accreditate riguardanti le origini di Torino, se diverse sono le versioni fantasiose legate alla fondazione del capoluogo, dallaltra sono poche e controverse le notizie degli studiosi dedicate a tale argomentazione.
Lo stesso appellativo apre a diverse ipotesi interpretative: secondo alcuni Iulia Augusta Taurinorum viene fondata da Giulio Cesare durante le sue campagne militari in Gallia, secondo altri invece il nome della cittadina si rifà allimperatore Ottaviano, meglio noto con lappellativo di Augusto.
Vi è poi la versione di una duplice fondazione, suggerita da diversi studi del terreno, dai quali si denota una lavorazione dei campi limitrofi alla città che suggerisce una edificazione svoltasi in momenti differenti.
Quel che invece è noto riguarda la trasformazione del villaggio tribale prima in colonia militare poi in civitas, ossia una città con una propria struttura amministrativa ben definita; allincirca nello stesso periodo viene fondata Augusta Pretoria, lodierna Aosta, con lo scopo di assicurare il dominio romano sulla vallata circostante e sui valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo.
Dalle fonti tuttavia si evince che ledificazione effettiva di Augusta Taurinorum avviene nel corso del I secolo a.C.; i lavori di costruzione seguono lo schema prefissato dalla tradizione romana e la colonia si struttura secondo una griglia rettangolare circondata da una cinta muraria di circa 2,5 km.
Lo spazio interno è diviso da due strade principali, il Cardo e il Decumano le attuali via Garibaldi e via San Tommaso -, rimane invece incerta lubicazione del foro, anche se probabilmente doveva occupare lattuale zona in cui oggi si trova il municipio. Allinterno delle mura, le strade secondarie suddividono lo spazio urbano in insulae, isolati residenziali dotati di fognature sotterranee e pavimentazioni regolari e ordinate.
La nuova colonia viene inoltre dotata di un acquedotto per la fornitura idrica, bagni pubblici, templi e un teatro, le cui fondamenta sono ancora visibili accanto a Palazzo Reale.
Lo schema rettilineo rimane alla base della Torino moderna e resta inevitabile punto di partenza per tutti i successivi sviluppi urbanistici eseguiti fino ai giorni nostri.
Altra questione aperta riguarda gli abitanti: molto probabilmente si tratta di immigrati provenienti direttamente da Roma o veterani dellesercito, solo in una minoranza potevano discendere direttamente dalla tribù dei Taurini.
Limportanza della colonia rimane relegata al transito stradale e alla riscossione dei pedaggi; essa  tuttavia è indicata  nei documenti dellepoca come snodo primario allinterno della grande rete di comunicazione costruita dai Romani  per agevolare il transito di merci, truppe e messaggeri imperiali in tutta lItalia settentrionale.
La situazione muta bruscamente nel III secolo a.C., quando la guerra civile, la recessione economica e le incursioni barbariche minano lesistenza stessa di Roma. La crisi colpisce tutto lImpero, ma sono proprio le colonie sorte lungo le rive del Po che devono fronteggiare in prima linea gli invasori germanici.
Augusta Taurinorum rimane per molto tempo, come le altre province, in una situazione instabile, preda del vuoto di potere dovuto al crollo delle istituzioni governative e politiche romane fino allemergere di una nuova autorità: il vescovo, simbolo della Chiesa Cristiana. Per i secoli a venire è questa la figura essenziale a cui tutta la comunità si rivolge e sulle cui spalle pesa il gravoso compito di organizzare la nuova vita cittadina allalba dellavvento del Cristianesimo.
Non si sa molto riguardo alla diffusione della nuova religione in Piemonte, la tradizione si sofferma sullavvento del culto dei tre martiri (Ottavio, Avventore, Solutore), particolarmente apprezzato proprio a Torino, cerimoniale religioso surclassato poi dalladorazione di Giovanni Battista.
Scarse sono le notizie a proposito del primo vescovo di Torino, probabilmente un certo Massimo, pupillo di Eusebio  e forse anche di Ambrogio, arcivescovo di Milano. Massimo era un buon imprenditore edile, a lui infatti si deve ledificazione del primo edificio ecclesiastico locale, una chiesa probabilmente dedicata al Salvatore, ubicata dove ora sorge il Duomo. Attraverso larchitettura egli ritiene di esorcizzare i demoni pagani che albergano tra le rovine dellantica città romana, costruendo chiese e santuari laddove sorgevano gli antichi templi dedicati agli dei. Inoltre egli riveste la figura del principe-vescovo, così come i suoi contemporanei Ambrogio di Milano, Agostino dIppona e Gregorio di Tours. La sua figura austera, severa e forte si fa punto di riferimento per i suoi successori, i quali come lui si adoperano per difendere la città dai barbari, dare asilo ai profughi e riscattare i prigionieri.
Decisamente interessanti sono i sermoni redatti da Massimo, grazie ai quali ci è possibile immaginare come doveva essere la lontana societàtorinese agli albori della diffusione del Cristianesimo.
Allinterno dei testi spiccano le critiche feroci mosse dal vescovo nei confronti dei cittadini, costantemente invitati al pentimento, ad allontanarsi dai beni materiali, sovente accusati di pigrizia e venalità: della prima comunità torinese ne esce un quadro tuttaltro che edificante.
Eppure tali sono le origini di Torino.
Affondiamo le nostre arcaiche radici in una turbolenta cittadinanza ancora legata ai vecchi culti, che tuttavia con fatica e forza si è poi evoluta fino ai giorni nostri, passando per le guerre contro i barbari, la dominazione sabauda fino a Napoleone e oltre.
Complessa e stimolante è la vicenda di Torino e questo è solo linizio.

Alessia Cagnotto