CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 25

Un fiume di libri attraversa le strade di Torino con letture silenziose, laboratori e musica

Un fiume di libri” bagna per due giorni la città di Torino. Il 17 e 18 settembre l’associazione Compagne di banco, in occasione della Settimana Europea della Mobilità e con il Patrocinio della Città di Torino, porta i libri, la lettura, la condivisione (e la musica) per le strade di Torino, tra scuole e luoghi di aggregazione.

Mercoledì 17 e giovedì 18, un vero e proprio fiume di libri, fisico, si snoderà nelle aree pedonali di alcune scuole di Torino e sarà accompagnato da laboratori curati dalle Compagne di banco e dedicati al progetto “Le parole tra noi da salvare”.

La giornata di giovedì 18 sarà un’intera giornata all’insegna della lettura, della condivisione, della musica e proseguirà fino a notte, al Cumiana15, con letture condivise e silenziose, laboratori per ragazzi e bambini, musica e spazio food&drink. La partecipazione è libera, è possibile portare un proprio libro da casa oppure scegliere uno dei libri della Biblioteca condivisa e diffusa che compongono il fiume.

Un fiume di libri

 

“Un fiume di libri” è un progetto-evento artistico e concettuale, a cura dell’associazione Compagne di banco che si dedica a salvare libri e parole, con azioni culturali di coinvolgimento della comunità volti a riattivare la lettura, la scrittura, la condivisione di spazi e tempi di senso. Attiva su Torino dal 2024, l’associazione ha dato vita alla Biblioteca condivisa e diffusa, situata oggi in varie Case del quartiere cittadine, e cura momenti di incontro dedicati alla lettura in comune, anche silenziosa, insieme al progetto “Le parole tra noi da salvare” che prevede l’installazione di cassette delle lettere dove le persone possono imbucare le loro parole da salvare, per riaccendere l’attenzione sulle parole che si scelgono e si usano, oltreché sul gesto dello scrivere.

Ora l’associazione Compagne di banco lancia “Un fiume di libri”, evento che trasforma le strade della città in un percorso fatto di pagine, copertine, libri di ogni genere e tipo che invadono le vie cittadine e si fanno protagonisti dei nostri passi e del nostro cammino. Simbolicamente, i libri conquistano lo spazio pubblico e indicano una nuova strada per il vivere civile e per la costruzione del senso di comunità: una strada fatta di parole, di tempi rallentati, di spazi restituiti a quel pensiero per cui non c’è quasi più tempo, costretti nel correre quotidiano e nello scrivere concitato del digitale.

Le persone possono camminare e passeggiare intorno ai libri, sedersi, prendere un libro e sfogliarlo, leggerlo, decidere di tenerlo o magari portarne uno per contribuire a creare strade di parole.

La lettura diventa esperienza collettiva, gioiosa, divertente, inclusiva e coinvolge tutti, in un momento di condivisione che si fa comunità intorno alla parola. I partecipanti interagiscono tra loro e con i libri che da oggetto si fanno tramite di dialogo e di pensiero.

I luoghi

 

Le scuole. I luoghi scolastici, spazi di formazione dell’individuo, del suo mondo culturale e del senso civico, si fanno terreno di incontro sul filo delle parole: i pedonali delle scuole, nelle mattine del 17 e 18 settembre, accolgono momenti di animazione tra libri e letture, coinvolgendo alcune classi in momenti di lettura silenziosa e ad alta voce, laboratori di scrittura, donazione e raccolta di parole.

 

Cumiana15. L’ex fabbrica Lancia, trasformata in piazza coperta aperta a tutti per accogliere attività socioculturali, di spettacolo e ludico-motorie. Grazie al Patto di co-progettazione è stata integrata nel progetto anche la neo-zona scolastica urbana chiusa al traffico. In questo spazio, restaurato e restituito alla cittadinanza in modo nuovo e inclusivo, l’evento si amplifica nel senso e nel significato, parlando alla comunità e proponendo modelli di vita legati al senso e alla bellezza che cura, esattamente come agiscono le parole.

La settimana Europea della Mobilità

 

“Un fiume di libri” si svolge, con il Patrocinio della Città di Torino, nell’ambito della Settimana europea della mobilità 2025 (16-22 settembre) che invita a vivere lo spazio urbano in modo diverso e insiste sulla mobilità sostenibile, culminando nella giornata senza auto. L’evento “Un fiume di libri” promuove un modo diverso di vivere la strada, lento e tranquillo, dando vita ad alcune “zona lettura” che fanno da specchio e richiamano la “zona 30”.

 

Il programma

 

Mercoledì 17 settembre

 

10-12 – Plesso Maritano, IC Baricco, via Marsigli 25

Laboratorio didattico “Le parole tra noi da salvare in mezzo a un fiume di libri”

Giovedì 18 ottobre

 

10-12 – Scuola dell’infanzia Bay, via Principe Tommaso 25

Laboratorio didattico “Le parole tra noi da salvare in mezzo a un fiume di libri”

 

14,30 – 24 Cumiana15, via Cumiana 14/15

 

14,30-15,30

Cibo e parole
In collaborazione con Gruppo Abele, distribuzione cibo recuperato dai mercati rionali e donazione di libri della Biblioteca Condivisa e Diffusa

 

16-18

Musica e parole

In collaborazione con l’associazione Orme – Scuola di arti sceniche e impegno civile, laboratorio 6-11 anni per scoprire la musica nelle parole.

 

20-24

Lettura condivisa e silenziosa tra tappeti e cuscini.

Intervalli musicali con Viola Scappazzoni, Gigi Giancursi, mògano, Eugenio Rodondi.

Zona “Non si vive di sola lettura”, area food e birrette con “Il pentolone di Marcello”.

Per info compagnedibanco90@gmail.com

 

https://www.instagram.com/compagnedibanco1990/

https://www.facebook.com/compagnedibanco90

www.compagnedibanco.com

Quando i “muri” tornano a rianimarsi

Sei artisti negli spazi dell’Officina ADhoc

Negli spazi dell’Officina ADhoc (via Cervino 24, sino al 14 ottobre), fondata in Barriera di Milano da Enrico Fabbri sette anni fa, luogo di lavoro e di comunicazione, studio fascinoso modernamente inteso (appunti, schizzi e fogli sparsi, tavoli che raccolgono progetti, manifesti e libri, una affettuosa e laboriosa quantità di libri sparsi, spazio per formativi scambi d’idee e riflessioni), sei artisti – sotto la guida, preziosa, di Elena Radovix – che tra fotografia, pittura, collage, incisione, installazione sovvertono e annullano la convinzione antica che i muri altro non siano che il foglio di carta bianco per perdigiorno e imbecilli. Riuniti in fantasioso quanto spericolato gruppo, sono Laura Berruto, Raffaella Brusaglino, Claudio Cravero, Bahar Heiderzade, Guido Pigni e Michele Rigoni. “Muri” è la mostra che essi compongono. Muri solidi e sostanziali, muri che sono pronti a imbrigliare ricordi, che lasciano nella memoria di ciascuno e nelle loro memorie personali una ragnatela di tracce, una ricostruzione d’identità, muri che fanno intravedere vite ed esistenze di un tempo, testimonianze di oggetti e di affetti abbandonati, oggi appannate o forse del tutto distrutte; muri che sono manifesto politico e memento bellico ma pure, con sguardo ben più ampio e quasi affannosamente legati alla parola speranza, angolo di poesia, spazi di rifugio per uomini di pace e di cultura, di nuovi amplificati ambienti, di reinvenzioni, di nuove appartenenze come di rapporti con epoche lasciate in bilico. “Ogni artista, seppur con linguaggi diversi, apre una prospettiva sul rapporto tra luoghi e persone, tra segni individuali, intimi e memorie collettive condivise”, sottolinea la curatrice. Ogni proposta, ogni intento all’insegna di quei “muri”, che umanamente, tra le grandi fragilità che tocchiamo giorno dopo giorno, tra simbologia e realismo, guardando alla realtà contemporanea, richiamano alla “chiusura e apertura, separazione e incontro, allontanamento e vicinanza”.

Tra questi “luoghi che parlano” spinge allo sguardo, in primo luogo, con prepotenza, il “Muro di Memoria” realizzato site specific per la mostra dall’artista iraniana Bahar Heidarzade, che già avevamo conosciuto e apprezzato lo scorso anno in una galleria del centro. Un’artista che ha abbandonato il proprio paese a ventisei anni, quell’Iran in cui non può esprimere la propria opinione, in cui vede cancellata ogni traccia di trucco o ogni desiderio di studiare musica, come di ballare o cantare, dove le è proibito togliere l’hijab, dove più volte è arrestata per il modo in cui lo indossa. Qui e oggi, un muro di mattoni, sul lato lungo di essi differenti scritte in lingua araba, un simbolo di collettività, tanti individui allineati, uno accanto all’altro, proprio come quei mattoni; ma pure un simbolo di separazione, il ricordo di confini invalicabili, di terre e di culture. Prevale il ricordo dell’abbandono, “questo muro è come uno scudo. Tutti i dittatori usano questo tipo di scudo per proteggersi”, ripete Bahar: e all’ombra di quel muro è ancora fisso il ricordo di quanti hanno tentato di attraversarlo.

Claudio Cravero, le radici nella grafica pubblicitaria e da sempre appassionato di fotografia, instancabile viaggiatore, presenta un gruppo di immagini che appartengono alla serie “Fantasmi”, nata nel 1996 e che ancora oggi viaggia in progress, la volontà affettuosa di “documentare i luoghi svuotati dalla presenza umana ma ancora intrisi di memoria.” L’autore va alla ricerca di tracce, del tempo perduto, forse anche lui del profumo delle mdeleines, attraverso la sospensione della luce naturale (e con quella rimanda chi guarda a certi nomi della pittura antica) grazie alla quale sembra voler esplorare, più da vicino, le crepe allineate sui muri, l’ombra di un quadro che lì è stato tante volte guardato, piccoli oggetti dimenticati e testimonianze suggerite, “archivi di vite”, muri che non sono barriere ma presenze che hanno raccolto e protetto innumerevoli vite umane. Guido Pigni “è da sempre attratto dai luoghi dismessi, di cui rimangono solo tracce.” Ancora spazi che avvolgono conflitti e memorie, simbologie, squarci urbani, giocati nelle incisioni e nelle acquetinte che diventano palcoscenici per una vita quotidiana. “È per me una metafora del deterioramento sociale di questi anni, della precarietà costante che ha sostituito le certezze e le sicurezze cui eravamo abituati, del senso di comunità che è venuto a mancare”, spiega l’artista. Un lavoro che vede inizialmente l’uso di lastre di ferro dismesse, scarti di lavorazione industriale che già abbiano in sé segni rugginosi: ma è la creazione di altre vite, ancora tracce di memoria e memorie urbane, con la nascita di esempi di devozione popolare, tra una Vergine accogliente e crocefissi e quadretti con il Cristo che stanno nella cucina di casa, oppure un solitario crocevia di un paese straniero: il diritto a preservare, “prima che il tempo o le trasformazioni della città li cancellino o li sovrascrivano.”

Uno sfondo e un primo piano sono il focus delle opere di Michele Rigoni. Dapprima, un ventaglio amplissimo di cartoline, bianconero o seppia, cartoline antiche “che hanno viaggiato”, ricevute o rintracciate qua e là, nei mercatini o in qualche cassetto, cartoline che hanno raccolto sentimenti e saluti e impressioni di viaggio; poi immagini di famiglia, chiuse negli album e riportate alla luce e indietro dal tempo. L’autore accomuna entrambe, le sovrappone, le intercala, le ricama con interventi tutti personali, stralci di memorie inserite elegantemente in strutture e in panorami dove la vita trascorsa mai aveva avuto accesso. Nuove composizioni, inserimenti che non ti aspetti: “Per me il muro è una soglia: un confine tra ciò che può svanire e ciò che potrebbe diventare.”

Da sempre chi scrive ama la pittura antica di Raffaella Brusaglino, quella di personaggi rinascimentali riportati davanti a noi, i visi e le posture di Piero che si fanno nuovi affreschi. Ama anche le opere della serie “Mappa Mundi”, ancora l’immissione delle rilucenti parti dorate e dei vari strati di pittura che nella mostra vedono gli inserimenti di memorie familiari. Gesso, sabbia, ossidazioni, pigmenti a costruire stratificazioni, la foglia oro e argento che ci ridona tutta l’antichità sino alla tradizione bizantina: stratificazione e luce che abbracciano nell’occasione frammenti dei progetti tecnici realizzati dal padre, ingegnere aeronautico. Piccoli precisi tratti, sezioni e raggiere che paiono quasi antichi fossili, macchie azzurroverdi, studi di un tempo e vitalismo di oggi, arte e tecnica preziosa in un dialogo che non è più soltanto il depositarsi sulla tela ma appropriarsi di un rapporto tra figlia e padre. Appropriata anche l’installazione “Pioniera”, scultura in alluminio con inserti di piccole piante, una figura femminile intenta a osservare, credo, quanto sia potuto nascere dopo la sparizione di un muro preesistente.

Per le fotografie di Laura Berruto, la curatrice parla di “un pellegrinaggio silenzioso tra le vie urbane” alla scoperta di immagini che vanno scomparendo, che hanno raccontato vite, hanno raccolto pensieri e impressioni, inviti all’acquisto, reclamizzazione di prodotti, i più svariati. Manifesti strappati, che secondo la lezione di Mimmo Rotella assumono un futuro e se lo rivestono, in piena autonomia: una fotografia potrà suggerire una fenditura del muro pronta a evocare la forma di un busto classico, un albero ben ramificato potrà mescolarsi alle maiuscole di una pubblicità o a quelle colorate che qualcuno ha disegnato; scritte con date e orari di qualche manifestazione ridaranno nuova vita al muso di una leonessa che ha probabilmente suggerito al pubblico una visita al vecchio circo che qualche mese fa metteva le tende nel quartiere. E il muro torna a rianimarsi.

Elio Rabbione

Nelle immagini, nell’ordine, un’opera di Claudio Cravero, la stratificazione “pubblicitaria” di Laura Berruto, “Mappa Mundi” e “Pioniera” di Raffaella Brusaglino.

“Sogno, realtà, stupore”: la stagione del teatro Corcordia di Venaria

Tra commedie , spettacoli impegnati, classici, concerti e balletti

Si intitola “Sogno, realtà, stupore” la nuova stagione 2025-2026 del teatro Concordia di Venaria, che offrirà agli spettatori, dal 21 settembre prossimo fino al 10 maggio 2026, oltre sessanta tra spettacoli e concerti. Reduce dal successo della scorsa stagione, in cui si è  parlato di ben 80 mila biglietti staccati, il teatro Concordia punta sulla muldisciplinarietà, dando vita ad un cartellone capace di emozionare, far riflettere, intrecciare  nomi di rilievo e linguaggi diversi, proponendo storie al femminile, storie letterarie, teatro civile.

Il 25 ottobre salirà sul palco Alessandro Bergonzoni con la pièce” Arrivano i Dunque” ( “Avannotti, sole blu, e la storia della giovane Saracinesca”), su testo dello stesso Bergonzoni , iĺ 21 novembre andrà in scena “Storia di un cinghiale. Qualcosa su Riccardo III”, scritto e diretto da Gabriele Calderón con Francesco Montanari, il 28 novembre “ Una stanza tutta per noi” di e con Carlotta Vagnoli. Diverse saranno le protagoniste, infatti,  di storie al femminile, tra  cui Cristiana Capotondi, che affronterà il bombardamento di Firenze del ’43, Amanda Sandrelli nel ruolo di Caterina ne “La bisbetica domata” di William Shakespeare, Maria Grazia Cucinotta sarà  “ La moglie fantasma”, mentre Annagaia Marchiaro interpreterà il ruolo di ‘Fulminata’ nel monologo scritto con Teresa Mannino.

Dopo due classici della letteratura, Amleto di Filippo Timi, e lo spettacolo liberamente ispirato alla Storia di Elsa Morante, il registro diventa più  leggero con l’esecuzione della commedia “Rumori fuori scena” di Micheal Frayn  e “ Un ponte per due” di e con Antonello Costa.
La satira e la comicità saranno affidati a Enzo Iacchetti, Federico Bassi e Giueppe Giacobazzi. Il Gran Galà di Capodanno vedrà  la partecipazione dei Lucchettino.
Non mancheranno i classici appuntamenti con la danza,  “Lo Schiaccianoci “ della International Classical Ballet of Ukraine e “Il lago dei cigni” con i danzatori del Balletto dell’Opera Nazionale di Stato rumena. Il 18 gennaio l’atteso appuntamento con la pièce “Il mare nel cassetto – la via di Franco Battiato” raccontato dalla brava giornalista di RAI Radio 2 Silvia Boschero con l’accompagnamento sonoro di Giua e Anaïs Drago. Il 6 marzo 2026 reciterà Alessio Boni in ‘Uomini si diventa. Nella mente del femminicida’.
Il programma è realizzato in collaborazione con Piemonte dal Vivo.

Mara Martellotta

Sul palco dell’entroterra Concordia salirà anche il Sunshine Gospel Choir. Vi saranno anche spettacoli rivolti alle famiglie e esempi di teatro civile come la pièce intitolata “Viaggio adAuschwitz”.

Martedì 16 settembre MITO SettembreMusica raddoppia

La giornata di martedì 16 settembre sarà molto intensa per il programma di MITO SettembreMusica con due appuntamenti,  alle 17, al teatro Vittoria,  all’interno del percorso intitolato “Berio e le avanguardie”, e alle ore 20, alle Officine Caos, con un concerto che fa parte della sezione ” Rivoluzioni – Tempi di gierra- tempi di pace”.

Il primo dei due concerti vedrà protagonisti i vincitori del Premio Internazionale Antonio Mormone, al violino  Hawijch Elders, vincitore del Premio Mormone 2025 e al pianoforte Ying Li, vincitrice del Premio Antonio Mormone 2021.
Di Fritz Kreisler verrà eseguito il Recitativo e Scherzo Capriccio op 6, di Luciano Berio la Sequenza VIII per violino, di Fritz Kreisler Liebersfreud, trascrizione per pianoforte di Sergej Rachmaninov, di Luciano Berio la Sequenza IV per pianoforte e di Franz Schubert la Sonata in la maggiore op. 162 D 574 “ Gran Duo”.
Il secondo Concerto, serale, avrà inizio alle 20 alle Officine Caos e prevede l’esecuzione di “Without Blood There Is No Cause”, The Body of Julius Eastman.
Regia e spazio scenico sono di Fabio Cherstich, la drammaturgia musicale di Oscar Pizzo, il video di Vincenzo Sileo.
Al gruppo Vocale Sei Ottavi si aggiunge il Quincy Blue Choir di Ivrea, diretto da Lorenzo Vacca, con Afra Kane al pianoforte,  Caroline Parmantier, Moustapa  Dembélé e Noah Weber al pianoforte.

Musica, video e parole servono per presentare la figura poliedrica di Julius Eastman (1940-1990). La serata è strutturata come un Oratorio laico  e celebra la personalità del musicista, cantante e compositore afroamericano, il cui contributo alla musica d’avanguardia viene esplorato in un programma biografico. Partendo da Turtle Dream di Meredith Monk, prima opera in cui Eastman partecipò come vocalist, viene presentato un collage di composizioni e immagini  che esplorano i temi cari all’autore, la condizione delle minoranze nere e queer nell’America conservatrice, il canto popolare afroamericano come risposta alla musica colta bianca, l’improvvisazione come strumento di liberazione e catarsi.

Mara Martellotta

TST: premiati Leonardo Lidi e Giuliana De Sio

Una settimana ricca di soddisfazioni per il Teatro Stabile di Torino:  venerdì 12 settembre, al Teatro Argentina di Roma durante la cerimonia di consegna dei Premi “LE MASCHERE DEL TEATRO ITALIANO 2025”, Giuliana De Sio è stata premiata come Migliore attrice protagonista per Cose che so essere vere di Andrew Bovell, una produzione dello Stabile di Torino diretta da Valerio Binasco e coprodotta dai teatri stabili di Bolzano e del Veneto.

Durante la serata Filippo Fonsatti, vice Presidente Agis e Direttore del Teatro Stabile di Torino, ha consegnato a Mario Martone il Premio Speciale Italo Gemini per l’80° anniversario dell’Agis.

Leonardo Lidi, regista residente e Direttore della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, in questi giorni impegnato nelle prove di Amleto per l’inaugurazione della prossima stagione teatrale torinese, ha vinto il Premio Hystrio alla Regia 2025. L’importante riconoscimento gli è stato assegnato dall’autorevole giuria composta dai collaboratori e dai redattori dello storico trimestrale di teatro e spettacolo “Hystrio”. La cerimonia di consegna dei Premi si terrà domenica 21 settembre al Teatro Elfo Puccini di Milano alle 21.00.

Questi due riconoscimenti si aggiungono al Premio Internazionale Flaiano consegnato a giugno a Sarà Bertelà come miglior interprete femminile per Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello diretto da Valerio Binasco e prodotto dal Teatro Stabile di Torino.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Daniele Silvestri e Francesco Tristano

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Le Roi Music Hall per il Festival MITO, concerto del pianista Francesco Tristano con sonorità che spaziano dalla classica alla techno. All’Hiroshima Mon Amour suona la CFM Big Band.

Mercoledì. Al Vinile è di scena l’electric duo SergioMoses & Tony DE Gruttola. All’Hiroshima si esibisce Motta. All’Osteria Rabezzana suonano i Korishanti.

Giovedì. Al Conservatorio G. Verdi concerto acustico di Daniele Silvestri.

Venerdì. Al Blah Blah si esibiscono i Vexovoid + Lilith Legacy. Al Circolino suona il Generation Quartet.

Sabato. Al Magazzino sul Po sono di scena gli Ozone Dehumanizer. Allo Spazio 211suonano Irossa +Stasi.

Domenica. Allo Ziggy si esibiscono Zolfo+The Apulian Blues Fondation.

Pier Luigi Fuggetta

A Candiolo la mostra di Daniele Ratti, dalle Gallerie d’Italia di Napoli

Dal 22 ottobre prossimo fino a Natale l’Istituto di Candiolo IRCCS ospiterà la mostra fotografica “Due cuori e una capanna” del fotografo Daniele Ratti, a cura di Benedetta Donato in un nuovo spazio espositivo creato all’interno dell’istituto. La mostra, oggi esposta alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo di Napoli, fino al 5 ottobre, sarà protagonista a Candiolo grazie alla Fondazione per la Ricerca sul Cancro. “Due cuori e una capanna” sarà l’esposizione ufficiale di ‘Life is Pink’, la campagna di ottobre della Fondazione contro i tumori femminili, e di ‘Life is Blue’, la campagna di novembre contro i tumori maschili, accompagnata da un catalogo dedicato, realizzato dalla casa editrice Allemandi, i cui proventi sosterranno le attività di cura e ricerca sul cancro dell’Istituto di Candiolo. Il volume verrà presentato martedì 28 ottobre prossimo presso la libreria Luxemburg in Galleria Subalpina. Con la mostra, all’istituto di Candiolo verrà inaugurato uno spazio permanente dedicato all’arte; l’allestimento è a cura di EDERA Project di Edelfa Chiara Masciotta, e sarà supportato da Traiano Luce e Antiqua Restauri di Paschetto. Durante l’anno questo ambiente ospiterà mostre, eventi, iniziative culturali, offrendo a pazienti, famigliari e personale sanitario occasioni preziose di bellezza, riflessione e condivisione. Esporre una raccolta fotografica che racconta le dimore e le architetture custodi di grandi storie d’amore, in un luogo di cura e ricerca oncologica, rappresenta un invito a spostare lo sguardo oltre la malattia, a lasciarsi ispirare dalla forza dei legami e a trovare nel linguaggio delle immagini un momento di sollievo e di respiro. “Due cuori e una capanna” di Daniele Ratti raccoglie una selezione di 42 immagini realizzate ed esposte a Napoli, che intrecciano architetture di valore e storie d’amore celebri e quotidiane, dai rifugi iconici come Le Cabanon di Le Corbusier, dono alla moglie nel 1951, fino alla cupola in Sardegna realizzata da Antonioni per Monica Vitti.
La riflessione dell’autore muove dalla storia dell’architettura, sua disciplina di formazione, dove la capanna è simbolo di abitazione primitiva, rifugio primordiale per difendersi dalle avversità della natura e modello che gli architetti hanno tenuto a mente come archetipo della “prima casa”.  Le due matrici, costituite dall’intimità famigliare e dal disegno architettonico, rappresentano il punto di partenza per un viaggio iniziato nel 2020 e conclusosi nel 2024 tra abitazioni straordinarie e per le coppie che le hanno elette a loro dimora, costruendo una memoria che la fotografia di Daniele Ratti ha saputo suggellare e raccontare.

“Cultura e arte sono da sempre alleati con la ricerca sul cancro dell’Istituto di Candiolo – afferma Allegra Agnelli, presidente della Fondazione per la Ricerca sul Cancro – il benessere della persona è per noi centrale, bisogna andare oltre l’assistenza clinica, per questo insieme a Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo abbiamo voluto inaugurare con questa bellissima mostra un nuovo spazio espositivo per i pazienti e le persone a loro vicine”.

Mara Martellotta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: I morti buoni e quelli cattivi – Il caos – L’ incomunicabilità – Lettere

I morti buoni e quelli cattivi
Il prof. Odifreddi è un personaggio molto considerato da certi ambienti per le sue battute fulminanti che rivelano una vis polemica davvero eccezionale in un matematico e uomo di scienza come egli si considera ed è considerato. Con lui ebbi un animato dibattito sulla laicità e il laicismo in relazione a Giordano Bruno. Le sue posizioni rozzamente anticlericali impedirono di proseguire nel confronto di idee che stava finendo  nel battutismo da osteria. In questi giorni è  tornato alla ribalta, parlando dell’uccisione di Charlie Kirk, attivista del partito di Trump.
Infatti ha di fatto giustificato l’uccisione in base alle idee politiche del morto, dicendo cinicamente che “chi semina vento raccoglie tempesta“. Per Odifreddi forse esistono i morti buoni e quelli cattivi e la violenza contro la destra è cosa diversa di quella contro la sinistra. Ecco un modo illiberale di concepire la lotta  politica, giustificando la morte di chi non la pensa come noi. Voltaire diceva che avrebbe lottato fino alla morte per garantire la libertà di esprimere idee contrastanti con le sue. Odifreddi sembrerebbe giustificare chi uccide in base alla diversità di concezione politica. E’ una versione della violenza propria dei  giacobini francesi  e dei rivoluzionari comunisti russi, riproposta nel 2025 . Meriterebbe un Nobel. Magari per la scienza come venne dato quello per la letteratura a Fo, repubblichino della X Mas  di Salò, diventato fiancheggiatore dei terroristi rossi.
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Il caos

Tutte le riflessioni che abbiamo letto o ascoltato nei mesi scorsi sulla situazione internazionale e sulle due guerre che dividono il mondo, si stanno rivelando miopi e parziali. Anche i politici di tutti i colori rivelano la loro inadeguatezza. Siamo tutti dipendenti dal presidente russo e dal premier israeliano che si rivelano del tutto insensibili ad ogni tentativo di mediazione e ad ogni richiamo al buon senso. Vogliono perseguire i loro fini anche a costo di distruggere in modo irreversibile ogni speranza di pace. Israele si sta rivelando responsabile involontario  di un antisemitismo che ha raggiunto livelli mai visti e che può riarmare la mano al terrorismo internazionale. La parola pace appare una parola sconosciuta al premier israeliano che sopravvive al carcere solo facendo sopravvivere la guerra ad oltranza . Putin minaccia quello che resta dell’Europa, consapevole di trovare una Eu ormai sfilacciata, guidata da gente impreparata e incapace. L’Europa vuole riconoscere uno Stato che non esiste, la Palestina, invece di  tentare di assumere decisioni volte a indurre a più miti consigli Putin

 

Non saranno i soldati polacchi schierati al confine  che potranno intimorire lo Zar. In tutto questo quadro di sfacelo appare l’inettitudine di Trump che tace dopo aver detto idiozie  politiche velleitarie per mesi. Trump in poco tempo è riuscito a ridurre la potenza americana e ogni credibilità politica del presidente. Siamo davvero immersi in una condizione che può portare alla terza guerra mondiale e all’uso dell’atomica. Noi cittadini non possiamo far nulla, a parte i fantasiosi  che si sono imbarcati con Greta e potrebbero creare altre tensioni e altri disastri con la scusa di una finalità umanitaria che maschera il vero intento della propaganda politica . I nostri governi europei sono  al limite. Forse solo Italia e Germania hanno mantenuto un briciolo di coerenza . La Francia dopo il velleitarismo internazionale di Macron ha rivelato una situazione disastrosa in tutti i sensi , per non parlare della Spagna.

Esistono solo politicanti , gli statisti appartengono al passato. Questo è il nostro dramma che può diventare il dramma del mondo. Non illudiamoci: stiamo correndo verso il disastro della guerra. Chi conosce la storia sa cosa accadde nel ‘14 e nel ‘39. Allora la situazione era migliore di quella di oggi. Le diplomazie internazionali non esistono e l’unico linguaggio percepito è quello delle armi.

P.S.
Potrebbe sembrare una grave disattenzione non avere nominato l’Ucraina in questa  pur breve  riflessione. In effetti nel mio ragionamento l’Ucraina mi è apparsa irrilevante: un vaso  di coccio tra vasi di metallo , nessuno dei quali pregiato.

L’Ucraina è stata aggredita, su questo non ci può essere discussione, ma le responsabilità ricadono oltre che sull’aggressore Putin anche sulla NATO  e sull’Europa. E ci sono anche responsabilità evidenti  di Zelensky, rivelatosi del tutto inadeguato. Una parte nella vicenda ha avuto anche il presidente democratico  Biden, responsabile di una instabilità mondiale di cui noi vediamo oggi gli esiti estremi.

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L’ incomunicabilità

C’è sempre stata una certa difficoltà a mantenere un rapporto positivo tra vecchi e giovani, tra generazioni passate e presenti. Restano a testimoniare questa difficoltà gli antichi scrittori greci e latini e tanti altri tra cui Goldoni. Oggi questa difficoltà non è solo sostanziata di gusti diversi, modi di vita anche opposti, spiegabili con il mutare della società. Oggi l‘ incomunicabilità è dovuta anche ad ignoranza: i giovani non sanno la storia del passato, la scuola non li prepara e loro non hanno interesse a sapere. Lasciamo immaginare la confusione che regna nei cervelli di chi pensa di vivere in un eterno presente. Neppure la famiglia supplisce in molti casi ai vuoti. E’ naturale quindi che essi siano preda di chiunque sappia facilmente convincerli a passare dalla loro parte.
In questo caso il dogmatismo ne è la naturale conseguenza perché non c’è la possibilità di confrontare idee e tesi diverse. Benedetto Croce diceva che il problema dei giovani è quello di crescere, ma oggi non basta più. Dopo un po’ di anni nel corso dei quali non ho più avuto occasione di parlare con i giovani come facevo quando insegnavo ,ho provato ad avviare una conversazione e ho notato che la difficoltà a capirsi è aumentata. Chissà quanti sono i lettori giovani che mi leggono? E cosa pensano?
Cerco sempre di non dare per scontato nulla, ma temo che forse il dialogo risulterebbe difficile. Non basta a spiegare il fatto che io sia vecchio. Credo che il fatto di uscire da una certa scuola sia determinante. Mi è capitato tante volte di capire come molti argomenti fossero ignorati dai giovani. La preparazione di un liceo è poco più di quella di una scuola media del passato, mi dicono esperti a cui non è possibile non dar credito. Pensiamo cosa accade per un ex alunno di un istituto professionale… Senza un ponte tra generazioni un Paese non puo’ sopravvivere. Faccio un esempi: l’amor di Patria. Per molti giovani è una parolaccia nazionalista, per i loro nonni significa la guerra , per la mia generazione un qualcosa di vecchio e di impolverato. Eppure è un sentimento di cui parlavano già i Greci e i Romani. Se non riusciamo a colmare il fossato che ci divide, a venire meno è il concetto di popolo. Ma queste sono cose che annoiano i giovani che a volte non provano più neanche i legami del sangue. Un mio amico è stato per mesi ricoverato ed ha rischiato la vita: l’unico nipote non è passato neppure una volta in ospedale. Il giovane ha considerato l’episodio la cosa più normale.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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La scuola ha riaperto

Ho letto le cronache dei giornali sull’apertura delle scuole che partono male senza avere gli organici a posto. Ho letto anche alcune dichiarazioni di dirigenti scolastici quanto meno discutibili. Anche sui telefonini vietati c’è stato chi come il d’Azeglio che ha voluto fare di testa sua, ovviamente una testa antifascista.
Cosa ne pensa? Giulia Finetti

 

Innanzi tutto un titolo di un giornale appare davvero incredibile: “ A scuola non si formano soldati “. Rifarsi all’Ottocento appare assurdo ed esprimerlo in un discorso è una ovvietà talmente evidente che stupisce che l’autore di questa pensata stravagante  sia un dirigente ministeriale. A meno che pensi alla guerra futura. Ma c’è un’altra perla: “Fare errori è  necessario per apprendere“. Una vera sciocchezza. Per apprendere non è obbligatorio commettere errori. E’ un giustificazionismo insensato e demagogico perché è da escludere, penso, un riferimento troppo colto  a Popper che vedeva nell’errore un fatto positivo per l’acquisizione della verità. Poi c’è il “d’Azeglio“ che vuole distinguersi  ad ogni costo, non ritirando i cellulari agli studenti, ma facendo appello alla loro responsabilità. Ultimo aspetto  non da poco: aprire l’anno con atti formali di ossequio alla Palestina. Non escluderei che qualche bandiera sia stata issata in classe da qualche professore orfano dell’eterno ‘68 o da qualche allievo/a che ama sfilare ed occupare pro Palestina.

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Cefalonia e Corfù
Ho visto su Rai Storia la trasmissione su Cefalonia e Corfù e l’eccidio dei soldati italiani nel 1943. Curatore era il prof.  Alessandro Barbero che ha introdotto e concluso il documentario. Ho notato che lo storico, turbato in modo evidente anche nel volto e nel linguaggio, ha dato un esempio di come non debba essere lo storico il cui compito non è quello di piangere e indignarsi, ma quello di capire i fatti. Sarebbe comprensibile, ma comunque sbagliato, se Barbero avesse avuto il padre ucciso dai Tedeschi a Cefalonia. Mio nipote che ha assistito con me alla introduzione di Barbero non ha assolutamente capito il tono indignato adoperato. ( …)  A. G. Alberetti ved. Dondo
Ho un po’ tagliato di proposito la Sua lettera perché non voglio avere guai con Barbero. Certo lo storico di Vercelli non è Bloch e neppure Chabod.  E’ un divulgatore televisivo che partecipa emotivamente di quello che dice perché forse il copione lo impone. Lo storico deve invece essere “freddo“ e  distaccato.  Io ho sempre insistito con i miei studenti su questa scelta addirittura preliminare alla  stessa ricerca storica. Ho visto anch’io una parte del documentario che consciamente o inconsciamente smonta la retorica creatasi attorno alla Divisione Acqui e al generale Gandin trucidati dai tedeschi. In effetti Gandin si rivelò tentennante sul  l’arrendersi ai tedeschi o combatterli. Fu un comandante indeciso che addirittura indisse una specie di referendum tra i suoi soldati. Occorre una rilettura critica e non mitizzata di quella storia. E’ vero che furono trucidati o deportati in Germania, ma è difficile sostenere storicamente che a Cefalonia nacque la Resistenza. Chi lo afferma ha un’idea molto approssimativa  dell’idea stessa  di Resistenza.  Rendiamo onore ai soldati caduti, ma essi  caddero trucidati dai tedeschi dopo una battaglia in cui gli Italiani tentarono di tenere testa ai tedeschi. Gli Italiani erano circa 13mila e i tedeschi poco più di 3mila, anche se molto meglio armati . Questo elemento deve far riflettere.  La storia deve prevalere sulle letture partigiane e mitologiche anche a riguardo del dramma di Cefalonia e Corfù, isole cariche di storia italiana per molti secoli, una storia ovviamente  irrisa da Barbero. La Resistenza italiana nacque  già nel 1943 nel Nord Italia con la formazione delle prime bande partigiane comandate da tanti ufficiali dell’Esercito che nel Regno del Sud ebbe nuova vita combattendo nella Guerra di Liberazione. Quello che accadde nelle isole greche va valutato e compreso perché i comandanti rimasero senza ordini. Se Gandin non fu all’altezza, i veri responsabili dello sbandamento  italiano furono Badoglio e Roatta che tra il 25 luglio e l’8 settembre non furono in grado di traghettare l’Italia in modo adeguato. Come ho ricordato recentemente, solo il maresciallo Caviglia sarebbe forse stato in grado di affrontare una situazione gravemente compromessa. Fu già un miracolo mantenere la continuità dello Stato con il trasferimento al Sud che fu precipitoso come una fuga ,ma ebbe delle ragioni motivate che  non consentirono  altre scelte.
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I Comuni e le commemorazioni
Ho letto  che al consiglio comunale di Lodi è stato commemorato Charlie Kirk. Mi sembra incredibile che i consigli comunali perdano tempo per commemorare persone del tutto estranee alla vita e alla storia di Lodi e dei Lodigiani. Arturo Actis Grosso
Non deve stupirsi, stiamo tornando ai tempi in cui i consigli comunali votano mozioni e ordini del giorno pro Palestina e contro Israele, come sul Viet Nam e contro gli USA negli Anni 60. Tutti i consiglieri comunali si sentono deputati come tutti i naviganti di Flotilla si sentano personaggi storici. E‘ il segno dei tempi burrascosi che viviamo. E’ comunque  meglio che i consigli perdano tempo a ricordare e a commemorare piuttosto che ad applaudire  le decisioni del podestà. Poi ci saranno anche le cittadinanze onorarie e tante altre corbellerie. Anzi stanno già arrivando.