CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 25

Non perdiamo il filo: Alessandro Perissinotto porta la narrazione tra le vie di Chieri

Torino tra le righe

In occasione dell’evento “Non perdiamo il filo” per il ventesimo anniversario della Biblioteca Civica Francone di Chieri alla Tabasso, ho avuto il piacere di assistere a una straordinaria lettura itinerante lungo il centro storico della città. L’autore Alessandro Perissinotto ha presentato per l’occasione un racconto inedito dal titolo intrigante, La piccola lavanderia dei cuori infedeli. Questa lettura, arricchita dagli interventi musicali della BandaKadabra, ha trasformato Chieri in un teatro all’aperto, coinvolgendo i partecipanti in un viaggio tra letteratura e musica.
L’evento è stato organizzato per celebrare non solo la ricca tradizione culturale di Chieri, ma anche il ruolo centrale della Biblioteca Civica Francone, punto di riferimento per la comunità da ormai due decenni nell’ex cotonificio Tabasso. Lungo le vie della cittadina, Alessandro Perissinotto ha letto con la consueta ironia e maestria narrativa, immergendo i partecipanti in una storia fatta di humor, tradimenti e un’insolita ambientazione in una lavanderia.
Il racconto è stato suddiviso in quattro capitoli, ciascuno letto in una tappa diversa del percorso. La prima tappa ha avuto luogo in Piazza Umberto I alle ore 15, dove Perissinotto ha iniziato la narrazione con il primo capitolo, Seta. Successivamente, la lettura è proseguita in Piazza Duomo con il capitolo Lino, per poi spostarsi al Parco Pa.T.Ch dove è stato letto il terzo capitolo, Bambù. Infine, il percorso si è concluso presso la Biblioteca, dove l’autore ha letto l’ultimo capitolo, Lana.
Il pubblico ha seguito con interesse ogni tappa, mentre le note della BandaKadabra accompagnavano la camminata, creando un’atmosfera suggestiva che ha reso ancora più coinvolgente l’esperienza. Come gesto simbolico, i quattro capitoli del racconto sono stati distribuiti tra la gente e successivamente raccolti in un’elegante cartellina rossa, intitolata Non perdiamo il filo, chiusa con un ago di carta. Questo dettaglio ha voluto ricordare le origini dell’attuale sede della Biblioteca, che un tempo era un cotonificio, sottolineando così il legame tra la cultura e la tradizione tessile della città.
La piccola lavanderia dei cuori infedeli racconta la storia di Profiterol, un protagonista sui generis, figlio di una famiglia benestante di Chieri, che dopo anni, è costretto a gestire una lavanderia in seguito a una serie di vicende personali rocambolesche. Tra tradimenti e ironia, il racconto esplora le fragilità umane con toni leggeri ma incisivi. Una storia apparentemente simpatica e divertente, che cela tuttavia riflessioni profonde sulla fragilità umana e sulle piccole meschinità quotidiane. La lavanderia di Profiterol, “La lavanderia dei cuori infedeli”, diventa così una metafora dei legami spezzati, delle scappatelle amorose, e delle vite che si incontrano e si sfiorano nell’infedeltà e nel disincanto. La scelta di ambientare la storia in una lavanderia, tra macchinari rumorosi e abiti da lavare, sembra quasi un’ironica risposta alle tante narrazioni sentimentali moderne ambientate in romantiche librerie o caffetterie.
Come ha sottolineato Perissinotto nella premessa al racconto, la sua lavanderia non è popolata da “anime nobili”, ma da personaggi molto più ordinari e pieni di difetti, alle prese con tradimenti e bugie. È in questo quadro che si sviluppano le storie di vita, narrate con quella punta di sarcasmo che contraddistingue l’autore torinese. La camminata attraverso Chieri ha dato vita a una narrazione dinamica, in cui i partecipanti non solo hanno ascoltato la storia, ma ne sono diventati parte, immergendosi in essa mentre attraversavano luoghi simbolici della città. L’evento ha celebrato in modo unico i vent’anni della Biblioteca Civica Francone nell’attuale sede, confermandola come un centro vitale per la cultura e la comunità locale.
In conclusione, la lettura itinerante de La piccola lavanderia dei cuori infedeli è stata un’occasione perfetta per celebrare la cultura e la letteratura in un modo partecipato e originale. La Biblioteca Civica, continua a svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere eventi che mettono in contatto gli scrittori e i lettori, creando spazi di condivisione e riflessione. È attraverso iniziative come questa che la cultura diventa viva, capace di uscire dai libri per mescolarsi con le persone e i luoghi, proprio come accaduto a Chieri durante questa magnifica giornata.
Marzia Estini
.
Link autrice:

Al via gli eventi culturali dei Lessona Days

Incontri, laboratori, lectio magistralis, passeggiate narrate ispirate a Michele Lessona

 

Parte l’iniziativa Lessona Days, che vedrà una prima fase di eventi snodarsi da giovedì 24 ottobre a domenica 27 ottobre. Un secondo appuntamento tra Venaria Reale e Torino è in programma sabato 9 novembre al Museo di Scienze Naturali. Michele Lessona è una figura curiosa, di uomo poliedrico, scrittore, giornalista, medico e naturalista, autore di un libro che alla sua epoca fu un vero e proprio bestseller “Volere e potere”.

In questo contesto Michele Lessona è stato pioniere della comunicazione scientifica. Nato a Venaria Reale il 20 settembre 1823, ha dedicato gran parte della sua vita di studioso e scienziato a diverse istituzioni cittadine come il Museo di Scienze Naturali, di cui fu direttore. Fu anche direttore dell’Accademia delle Scienze e senatore del Regno.

Città di Venaria Reale, Regione Piemonte, Museo Regionale di Scienze Naturali, Dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei sistemi dell’Università degli Studi di Torino, Ente di Gestione delle aree protette dei Parchi reali, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude la Vanaria Reale, l’Ordine dei Biologi di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta si sono uniti per un progetto di cittadinanza scientifica a partire dai Lessona days.

Un programma di attività che inaugurerà giovedì 24 ottobre alle ore 18 presso la biblioteca di Venaria Reale ‘Tancredi Milone’, con la conferenza di Beatrice Mautino, biotecnologa e divulgatrice scientifica, che racconterà quanto sia importante ‘prendere la scienza sul serio senza prendersi troppo sul serio’.

Venerdì 25 ottobre, presso la sede del CCR la Venaria Reale, inizia alle ore 18 l’incontro “Il restauro della lapide commemorativa di Carlo Lessona e la sua storia”. Interverranno Marie Claire Canepa, restauratrice e docente universitaria, responsabile del Laboratorio manufatti lapidei del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale e Andrea Scaringella, studioso di Lessona e autore del volume “Carlo Lessona e l’antico epitaffio. Un’indagine storica”.

Venerdì 25 ottobre, alle 21, nella cappella di Sant’Uberto, in programma la lectio magistralis del climatologo e giornalista Luca Mercalli sul tema “La comunicazione scientifica, Michele Lessona, un pioniere dell’Ottocento che parla al futuro”.

Sabato 26 ottobre due appuntamenti presso la Biblioteca Civica Tancredi Milone. Alle 10.30 Luca Mercalli condurrà un laboratorio per famiglie dal titolo “La comunicazione del cambiamento climatico, tra realtà scientifica e fake news”. Alle ore 18 Alfonso Lucifredi, naturalista, giornalista e scrittore di scienza e viaggi, parlerà su “Dal Belpaese alla giungla, avventure e disavventure dei grandi naturalisti italiani del XIX secolo”.

Il parco naturale della Mandria sarà protagonista di un intenso programma domenica 27 ottobre. Alle ore 11, nella sala degli Scudieri di Borgo Castello, Giorgio Volpi, chimico e laureato in scienze naturali, parlerà di quanto sia importante la capacità di adattamento nella conferenza “ La natura lo fa meglio e prima. Le sorprendenti invenzioni tecnologiche che la natura suggerisce all’uomo”.

Alle 12, con ritrovo a Borgo Castello, partenza della passeggiata narrata “Storia di un uomo che cammina tra gli alberi”, con lo scrittore e poeta Tiziano Fratus.

Alle 16, nella sala Scudieri, si terrà lo spettacolo “Michele Lessona. Un Soldato della scienza, dedicato all’avventurosa vita dello scienziato tratto dal libro di Andrea Scaringella “Il taccuino di Lessona. Avventure, scritti e pensieri di un protagonista dell’Ottocento”.

I Lessona days proseguiranno sabato 9 novembre. Il progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione di Silvia Lessona, pronipote dello scienziato, e di Pietro Passerin d’Entreves, studioso di Scienze della Vita e profondo conoscitore dell’opera e della figura di Michele Lessona.

 

Mara Martellotta

Gobetti liberale?

IL COMMENTO   di Pier Franco Quaglieni

.
In una bella intervista inedita a Norberto Bobbio  fatta dal gobettiano fedelissimo Bruno Quaranta Bobbio sostiene che Gobetti era un liberale, correggendo lo stesso Quaranta che lo definiva “anomalo”. Gobetti, che secondo Bobbio – avendo avuto un rapporto con il liberista liberale Luigi Einaudi – sarebbe stato coerentemente  anti statalista e quindi antisocialista, contro Turati che fu anticomunista come Matteotti,  in nome della libertà.  Potrebbe essere oggetto di discussione il carattere liberale della gramsciana occupazione delle fabbriche torinesi, ma non può essere accolta l’interpretazione  in chiave di “Rivoluzione liberale” della rivoluzione bolscevica sorta nel 1917 e quasi subito trasformatasi in una rivoluzione marxista – leninista che guardava al giacobinismo francese e alla Comune di Parigi oltre che ai testi di Marx . Diceva Hegel che “le teste non si tagliano come i cavoli”. Quella rivoluzione ha mietuto più teste che spighe perché il terrore giacobino e leninista  insanguinò la grande  Russia. Gobetti visse fino al  1926 e quindi ebbe tempo di vedere e di patire il fascismo, ma anche di conoscere sia pure indirettamente il comunismo sovietico.
Come Turati e Matteotti denunciarono il vero volto demoniaco  della rivoluzione dei soviet, Gobetti esaltò in modo mitizzato ed acritico la Rivoluzione di ottobre che fu si’ liberatrice dal giogo zarista , ma fu profondamente illiberale  fin da subito. Essere antisocialista per Gobetti non significò essere antistatalista alla maniera di Einaudi. Gobetti fu antisocialista perché contrario nella sua intransigenza al riformismo  socialista  e  al Giolittismo. Anche Einaudi fu antigiolittiano come Gobetti.
.
Le elezioni del 1919 con la proporzionale e il suffragio universale segnarono la crisi di Giolitti e dello Stato liberale con una forte ascesa di cattolici e socialisti. Il Biennio rosso impedì una democrazia compiuta in Italia dopo la guerra attraverso un rapporto tra liberali, socialisti e popolari che avrebbe scongiurato l’avventura del bolscevismo all’italiana e del fascismo, sfociata nella guerra civile. È  difficile orientarsi nella contemporaneità, ma Gobetti si perse nel labirinto delle utopie. La sua “Rivoluzione liberale”  fu assai poco liberale. Carlo Dionisotti colse l’ossimoro del Gobettismo: i liberali  non sono rivoluzionari  ma conservatori o riformisti e i rivoluzionari sono assolutamente illiberali perché coltivano e praticano la violenza rivoluzionaria. Questo è il motivo vero per cui il liberalismo di Gobetti si lasciò  contaminare e snaturare dal Gramscismo. In ogni caso appare con tutta evidenza che lo Stato dei soviet fu da subito oppressivo, totalizzante e sanguinario, in una parola assolutamente statalista. In modo meno esplicito e molto più timido maturò  negli anni  una mia  discussione con Bobbio che considero comunque un maestro. Senza l’ingombrante presenza di segretari il nostro dialogo si materializzò in tante occasioni  non pubbliche in cui il maestro ebbe la pazienza di ascoltare i miei dubbi sul liberalismo di Gobetti, dubbi  che ebbe anche Manlio Brosio.
.
Bobbio mi ascoltò  con pazienza e poi mi disse che per lui Gobetti rappresentava il modello di una giovinezza che non aveva saputo vivere “eroicamente”.  E il discorso ebbe termine e tante altre volte venne ripreso su altri temi. Da quel dialogo rispettoso ho imparato molto , ma il culto di Gobetti non mi ha mai convinto. Dopo il fascismo i gobettiani diventarono quasi tutti comunisti , anche se i comunisti non divennero certo liberali . Basti pensare alla parabola di un gobettian comunista come Augusto Monti. Anzi  essi divennero stalinisti di stretta osservanza. A Bobbio non ebbi mai il coraggio di obiettarlo, ma questa è l’idea che ho  maturato nei decenni. Mi piacerebbe invece un dialogo  con Quaranta che ritengo un intellettuale onesto ed equilibrato che ho sempre stimato. In tempi in cui Filippo Burzio era ignorato e persino disprezzato ,con Quaranta abbiamo ricordato insieme il grande intellettuale demiurgico. Anche Burzio non amava Gobetti. Anche a Bobbio mi permisi di dirlo perché Bobbio aveva studiato Burzio e lo aveva considerato un conservatore illuminato e non solo un antifascista. L’intervista inedita di Quaranta consente di riprendere una riflessione che appare sempre importante come ogni scritto di Bobbio.

Raffaello Lucchese, professione antiquario

RITRATTI TORINESI 

Raffaello Lucchese, direttore artistico di Mattarte, galleria di antiquariato a Verolengo, in provincia di Torino, proviene da una famiglia di origine napoletana ed è cresciuto in un ambiente dai profumi antichi. Dopo aver compiuto studi classici entra nel mondo dell’antiquariato, e a conoscerlo in modo approfondito, grazie alla moglie Pinuccia Matta, erede della famiglia di proprietari di Mattarte.

 

La sua esperienza negli studi classici ha contribuito a innovare la professione dell’antiquario in quanto conoscitore dell’arte, dedito alla ricerca e allo studio.

È sua convinzione che il lavoro all’interno dell’antiquariato, senza un importante studio alle spalle, diventi impossibile proprio perché, rispetto all’arte contemporanea, l’antiquariato si basa sulla conoscenza e non sulla concettualizzazione dell’arte.

“Il modo in cui interpretiamo l’arte dell’antiquariato – afferma Raffaello Lucchese – risiede nello studiare e ricercare opere ‘dimenticate’, se così si può dire, e riproporle al mondo dei collezionisti e degli appassionati in modo tale da dare loro nuova vita. Gli oggetti che Mattarte commercializza maggiormente sono quadri, mobili di prestigio, che non cadono mai in disuso, e oggettistica di vario genere. Il mercato antiquario, negli ultimi dieci anni, è cambiato molto, e noi ci siamo adeguati a una richiesta improntata sempre più sulle opere importanti e di qualità. Personalmente ho sempre considerato, tra i miei primi amori, l’argenteria del Settecento piemontese e gli orologi, di cui sono molto richiesti quelli da camino, in bronzo dorato.

Successivamente sono rimasto affascinato dai pittori napoletani, genovesi e fiorentini del Seicento. Insomma, come antiquari cerchiamo oggetti che ci facciano sognare e il mondo dell’antiquariato è un progetto sempre futuribile: cercare un oggetto è una sfida, vedere qualcosa che altri non vedono o non considerano e poi riproporlo a chi lo desidera. Non potrei immaginare la mia vita senza arte, sento la necessità di immergermi nelle opere e attraversare storie altrui leggendo tanto”.

Mattarte, la galleria di cui Lucchese è direttore artistico, è presente sul territorio dal 1898, da quattro generazioni.

Raffaello Lucchese e Pinuccia Matta non solo trasmettono ai loro figli l’amore per l’antiquariato. Eleonora è una valida vocalist e Simone un bravissimo ballerino. Entrambi hanno vinto dei premi.

La galleria sarà presente alla Fiera AMART di Milano, che si svolgerà dal 6 al 10 novembre 2024, e a Modenantiquaria, a febbraio. Ad AMART verrà esposta un’opera di Barbara Longhi di Ravenna, pittrice di inizio Seicento, già molto apprezzata dal Vasari.

Raffaello Lucchese, oltre a essere uno stimato antiquario, svolge l’attività di perito sul mercato antico e moderno per il Tribunale di Torino e i più importanti musei nazionali.

 

Mara Martellotta

 

 

 

 

 

 

 

***

Libri e libri nel segno dei colori nel Medioevo

A Saluzzo, motori accesi per la IV edizione “tutta a colori” della “Festa del libro medievale e antico”

Dal 25 al 27 ottobre

Saluzzo (Cuneo)

Quarta edizione e nuova curatela che passa da Marco Piccat (medievista, tra gli ideatori e fondatori della manifestazione e ottimo lavoro nelle precedenti edizioni) a Beatrice Del Bo (docente all’“Università degli Studi” di Milano)  che affianca Marco Pautasso (segretario generale del “Salone Internazionale del Libro” di Torino”). Nuovissimo anche il tema “I colori nel Medioevo” e l’immagine – guida firmata dall’illustratore bolognese Daniele Castellano che, a grafica rappresentazione del tema, ha voluto illustrare, attraverso un’icona fortemente associata al Medioevo, la diffusione dei colori in quell’epoca: “Un drago variopinto– spiega – che custodisce come un tesoro i pigmenti che si trasformeranno in colori … colori che si spargono nel mondo, dando vita a quella rivoluzione colorata che partì proprio dal Medioevo”. E con una vitale “esplosione di colori” si appresta, dunque, a partire, per il suo quarto anno consecutivo, la “Festa del libro medievale e antico” di Saluzzo (Cuneo), in programma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre, promosso dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo” e dalla “Città di Saluzzo”, in collaborazione con il “Salone Internazionale del Libro di Torino” e la “Fondazione Amleto Bertoni”.

Cuore della Festa, “Il Quartiere – Casa della Partecipazione” (principale polo socio-culturale della Città), in piazza Montebello 1, dove, al ricchissimo programma di appuntamenti e ai tantissimi ospiti che interverranno (con spazi dedicati alla presentazione di libri, a lezioni magistrali, a spettacoli e performance fino a concerti, mostre, laboratori e proiezioni cinematografiche), si affiancherà, sabato 26 e domenica 27, la “parte espositiva” con “case editrici” specializzate e generaliste e “librerie antiquarie”, provenienti da tutta Italia, che offriranno al pubblico il meglio delle uscite editoriali che raccontano il Medioevo. Foltissimo il gruppone degli ospiti, che intratterranno il pubblico su temi improntati all’“Età di Mezzo”. Ricordiamone solo alcuni: da Licia Troisi (nota scrittrice di fantasy) a Nicola Campogrande (già direttore di “MiTo”) ad Anthony Bale (docente all’“Università di Cambridge”) via via fino al francese Jean-Claude Maire Vigueur (che tratterà dei colori delle città italiane medievali), al medievista spagnolo Igor Santos Salazar, a Marco Piccat e ad Amedeo Feniello (con un thriller ambientato nella Londra medievale), per chiudere, lunedì 28 ottobre (alle 21), con la scrittrice Chiara Valerio, che al Teatro “Magda Olivero” terrà una lezione su Marco Polo e “Il Milione”, a 700 anni dalla morte del grande viaggiatore scrittore ambasciatore e mercante veneziano. E poi ancora: concerti, sfilate in costume e a colori nel centro città, sbandieratori, la proiezione del film cult “Non ci resta che piangere” a trent’anni dalla scomparsa dell’indimenticato Massimo Troisi, mostre, caccia al tesoro digitale (realizzata da “CircolArte”) in giro per il centro storico saluzzese fino all’allestimento, sotto gli spazi dell’“Ala di Ferro” in centro città, dedicato alle “false credenze” sul Medioevo, per sfatare errati luoghi comuni e credenza su quell’epoca. Il tutto sotto il segno di una “Saluzzo a colori”, di un “Medioevo a colori”“Finalmente!”, sbotta compiaciuta la curatrice Beatrice Del Bo“Il verde della Fortuna, del veleno e dell’instabilità; il giallo dei discriminati e dello zafferano; il nero dei lupi e degli omicidi; il rosso delle eretiche, del kermes e delle vesti dell’aristocrazia; l’azzurro dell’acqua, del guado e del manto della Madonna; il bianco della castità e dell’unicorno. Di questo sentiremo parlare nella variopinta Saluzzo”.

Anche quest’anno, alla Festa parteciperanno anche gli “esercizi commerciali” della città esponendo nelle proprie vetrine titoli di libri selezionati sul “tema dei colori”: una “bibliografia medievale” che, a fine manifestazione, confluirà nel “Fondo del libro medievale” in continua espansione, nato nel 2021 con la prima edizione della Festa, custodito dalla “Biblioteca Civica” di Saluzzo “Lidia Beccaria Rolfi” per la fruizione libera e gratuita. Interessante anche la collaborazione stretta, quest’anno, con la “Fondazione Artea” all’insegna della Fotografia. I primi visitatori della “Festa” che acquisteranno libri presso gli espositori al “Quartiere” riceveranno un voucher per un ingresso ridotto alle mostre della “Fondazione” dedicate a due grandi maestri del bianco e nero: “Elliott Erwitt. L’ideale fuggevole” alla “Castiglia di Saluzzo” e “Robert Doisneau. Trame di vita” al “Filatoio di Caraglio”.

La maggior parte degli appuntamenti sono a ingresso libero e gratuiti. Per info e programma in dettaglio: www.salonelibro.it e www.visitsaluzzo.it

Gianni Milani

Nelle foto: Immagine guida di Daniele Castellano; Beatrice Del Bo e immagini di repertorio (ph. Marco Isaia)

La vita operaia di Giuseppe Granelli

Una vita operaia, libro scritto da Giorgio Manzini e pubblicato da Einaudi nella collana degli Struzzi Società nel 1976, non è evidentemente un libro nuovo e nemmeno si può dire sia stato all’epoca un bestseller anche se vendette parecchie copie. E’ comunque un libro importante e molto attuale. Giuseppe Granelli, classe 1923 (morto a novant’anni nel dicembre di dieci anni fa), colto operaio dell’acciaieria Falck di Sesto San Giovanni, era il protagonista di questo libro-inchiesta di Giorgio Manzini, giornalista mantovano prematuramente scomparso che fu per oltre trent’anni responsabile della redazione milanese di Paese Sera, storico quotidiano progressista romano. Granelli, cresciuto nel villaggio Falck divenne, grazie a Una vita operaia, l’emblema della condizione dei lavoratori metalmeccanici nell’Italia del secondo dopoguerra. Manzini lo interrogò a lungo dopo averlo scelto tra decine di migliaia di operai di Sesto San Giovanni perché era conosciuto come uno stimato sindacalista di fabbrica e una persona libera e intelligente. La sua era una vita come tante, chiusa in un giro ristretto ma anche investita “dai bagliori dei grandi avvenimenti politici”: la Resistenza, le illusioni dopo il 25 aprile del 1945, le difficoltà economiche del dopoguerra, la rottura del fronte operaio, la restaurazione, la caduta del mito di Stalin, la lenta riscossa sindacale che portò all’autunno caldo. Questo libro di Giorgio Manzini che potremmo definire allo stesso tempo un saggio, un’inchiesta o un romanzo verità – ripubblicato nel 2014 da Unicopli – assume oggi un significato ancora più profondo perché racconta di un uomo, quel Giuseppe Granelli, che per quarant’anni lavorò alla Falck di Sesto San Giovanni, acciaieria simbolo di una fase dell’industria italiana. La sua esistenza fu indissolubilmente legata a quella della città dove visse, ribattezzata la “Stalingrado d’Italia”, tra gli stabilimenti dell’acciaieria e il villaggio operaio al Rondò da dove partivano le grandi marce solidali. Vicende che sono diventate una parte della nostra storia nazionale: un simbolo altalenante di conquiste, di sconfitte, di risalite e di cadute, un microcosmo che può rispecchiare la vita dell’intero Paese. La fabbrica amata e odiata – il pane, la fatica, il conflitto – non c’è più. I resti dei vecchi capannoni (Concordia, Unione, Vittoria: si chiamavano così i vecchi stabilimenti della Falck), le fonderie, i laboratori, l’altoforno sono come ombre e fantasmi di un passato. Resta però la memoria di quella “vita operaia”, di Giuseppe Granelli che, una volta andato in pensione, diventò la “voce degli operai” e raccolse le biografie di quasi 490 sindacalisti della Fiom, militanti e semplici operai che avevano speso la vita in fabbriche come l’Alfa Romeo, la Falck, l’Innocenti, la Breda, la Pirelli, la Richard Ginori, la Magneti Marelli e tante altre di cui non ci si ricorda nemmeno più il nome. Un lavoro prezioso, svolto con una pazienza certosina, con la lucida coscienza che quelle vite raccolte a una a una, catalogate nell’Archivio del lavoro di Sesto San Giovanni, erano la sua eredità, la medaglie al valore che nessuno gli ha mai messo sul petto. Il padre di Granelli, Tone, aveva lavorato anche lui alla Falck Concordia per quarant’anni, manutentore al laminatoio. Lui, Giuseppe (detto Giuse, Tumìn, Granel) cominciò a faticare da ragazzo di fabbrica a 14 anni, per 84 centesimi l’ora a portar l’olio, scopare i trucioli di ferro, allungare gli stracci ai compagni alla macchina. Manzini con quel libro seppe fare di Granelli il simbolo di milioni di uomini di un passato ormai morto e sepolto. Questo libro appartiene, come scrisse Corrado Stajano, “alla letteratura industriale”, quella dei Carlo Bernari, Ottiero Ottieri, Paolo Volponi, Primo Levi, Vittorio Sereni. Granelli conservò nel portafoglio per anni una fotografia di Stalin, per lui l’uomo della guerra patriottica, il vincitore delle armate naziste. Il ventesimo Congresso del Pcus lo visse come un trauma, la rivolta di Budapest del 1956 come un colpo al cuore. Ma Granelli non indulgeva in nostalgie e tenne sempre fede ai suoi principi di giustizia sociale: tolse dal portafoglio la foto di Stalin e non ne rimise altre. Amava il dubbio e il confronto. Aveva un grande rispetto per il sapere ed era curioso, frequentò a Milano la Casa della Cultura diretta da Rossana Rossanda, fu attratto dal fascino di Cesare Musatti e lesse i grandi libri della storia e della letteratura. Il libro di Manzini lo rese felice. Gli fece capire che una vita come la sua, simile a quella di tanti altri, poteva e doveva essere ricordata. Le ultime tre righe del libro raccontano la sua pazienza, la tenacia e la saggezza di quest’operaio che sapeva fare “i baffi alle mosche”: “L’importante è continuare il rammendo, sostiene Granel, e avere fiducia. Se non si avesse fiducia si starebbe qui a diventar matti tutti i giorni?”. Manzini è morto giovane nel 1991. Granelli da due lustri non c’è più : è sepolto nel silenzio del cimitero del paese dei suoi genitori, a  Moio De’ Calvi in alta val Brembana, nella bergamasca. Rimane questo libro, Una vita operaia, troppo bello e troppo importante per non essere ripreso in mano, leggerlo e riflettere su cos’è stata e cos’è tuttora la “condizione operaia”.

Marco Travaglini

Al Conservatorio Verdi il concorso per direttori di coro Fosco Corti

Si è conclusa ieri al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino la terza edizione del concorso internazionale per direttori di coro Fosco Corti, vetrina di riferimento per la direzione corale che quest’anno ha laureato la partecipante più giovane del concorso, la ventiquattrenne tedesca Maria Ravvina.

La manifestazione biennale promossa e organizzata da Feniarco, con ACP- Associazione cori piemontesi, Conservatorio G. Verdi e in partenariato con la European Choral Association si è affermata fin dalla prima edizione come un evento di alto livello nel panorama musicale internazionale. Lo dimostra il numero dei partecipanti, quasi raddoppiato rispetto alla precedente edizione: sono state infatti 104 le richieste di partecipazione, provenienti da 39 paesi del mondo. 18 candidati sono stati selezionati per il concorso e in tre intense giornate hanno messo alla prova le proprie capacità in repertori diversi e con la collaborazione di quattro cori laboratorio selezionati tra i migliori gruppi italiani (Coro Giovanile Italiano, coro femminile With Us di Roma, Coro da camera di Torino, coro maschile Polifonico di Ruda) e la prestigiosa collaborazione del S:t Jakobs Chamber Choir di Stoccolma per la finale di domenica.

Le esibizioni dei candidati sono state valutate dalla giuria internazionale formata da alcuni dei nomi più apprezzati della coralità nazionale e internazionale: Helene Stureborg (Svezia), Māris Sirmais (Lettonia), Basilio Astulez (Spagna, Paesi Baschi), Roberta Paraninfo e Piero Monti (Italia).

L’alta qualità espressa ha portato sul podio ben quattro giovani direttori grazie a un ex aequo al terzo posto tra l’ungherese Dávid Farkasházi e lo svizzero Tobias Stückelberger, mentre il direttore lettone Patriks Stepe ha conquistato il secondo posto, il premio del coro per la professionalità dimostrata e il premio del pubblico. La direttrice estone Ingrit Malleus ha ricevuto invece la borsa di studio Noël Minet come talento emergente.

Tutte le esibizioni sono state seguite e analizzate da uno study tour di direttori di coro per i quali il concorso è stato un’occasione di perfezionamento e studio. La soddisfazione per l’ottima sinergia che si è creata anche a livello istituzionale è stata confermata durante la cerimonia di premiazione dalle parole del direttore del conservatorio di Torino Francesco Pennarola e dal presidente Feniarco Ettore Galvani.

Il concorso è stato realizzato con il patrocinio di Regione Piemonte e Città di Torino, e il sostegno del Ministero della Cultura e di Fondazione CRT. Il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino ospiterà la prossima edizione del concorso Fosco Corti nel 2026.

Venaria celebra Michele Lessona

Il programma proseguirà sabato 9 novembre 2024 a Venaria Reale e al Museo Regionale di Scienze Naturali a Torino

Michele Lessona, poco conosciuto ai più, è stato personaggio illustre dell’800 e tante sono le lezioni che da lui e grazie a lui possiamo ancora apprendere.

In un’epoca caratterizzata da forte complessità, la conoscenza e la consapevolezza diventano per la società strumenti indispensabili per interpretare e affrontare la realtà. 

È in questo contesto che la Città di Venaria Reale, con il suo Assessorato alla Cultura, in continuità con le iniziative realizzate nel corso del 2023 in occasione del bicentenario della nascita di Lessona, ha promosso un percorso di promozione e valorizzazione della sua figura, che coinvolge tante rilevanti istituzioni del mondo culturale e scientifico.

Michele Lessona è stato pioniere della comunicazione scientifica, è nato a Venaria Reale il 20 settembre 1823 e ha dedicato una parte importante della sua vita da studioso e scienziato in diverse istituzioni di Torino, come Direttore del Museo di Scienze Naturali, Direttore dell’Accademia delle Scienze e Senatore del Regno.

Città di Venaria Reale, Regione Piemonte, Museo Regionale di Scienze Naturali, Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università degli Studi di Torino, Ente di gestione delle aree protette dei Parchi Reali, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude La Venaria Reale, Ordine dei Biologi di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, si sono uniti per un progetto di cittadinanza scientifica che prende il suo avvio con i Lessona Days.

È così che è stato progettato il calendario di eventi tra Venaria Reale e il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, per farci accompagnare da Michele Lessona nella comprensione di quanto la scienza riguardi la vita di tutte le cittadine e di tutti i cittadini e di quanto sia importante contribuire alla costruzione di legame forte e costante tra scienza e società, attraverso percorsi di conoscenza e di responsabilizzazione con particolare attenzione per le nuove generazioni, rispetto alle quali sentiamo il dovere di investire le nostre migliori energie.

Un programma di attività che inaugura giovedì 24 ottobre incontrando Beatrice Mautino, biotecnologa e divulgatrice scientifica, che racconterà quanto sia importante “Prendere la scienza sul serio senza prendersi troppo sul serio”.

Venerdì 25 ottobre inizia alle ore 18 l’incontro “Il restauro della lapide commemorativa di Carlo Lessona e la sua storia”, reso possibile grazie al contributo dell’AVTA – Associazione Venariese Tutela Ambiente. Interverranno Marie-Claire Canepa, restauratrice e docente universitaria, responsabile del Laboratorio manufatti lapidei del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale e Andrea Scaringella, studioso di Lessona e autore di “Carlo Lessona e l’antico epitaffio. Un’indagine storica”.

Sempre venerdì 25 il climatologo, docente universitario e giornalista scientifico Luca Mercalli presenterà la sua Lectio Magistralis “La comunicazione scientifica: Michele Lessona, un pioniere dell’800 che parla al futuro”, alle ore 21 nella Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria, in piazza Repubblica.

Sabato 26 ottobre due gli appuntamenti presso la biblioteca civica Tancredi Milone: alle ore 10.30 Luca Mercalli condurrà un laboratorio per famiglie dal titolo “La comunicazione del cambiamento climatico, tra realtà scientifica e fake news”. Alle ore 18 Alfonso Lucifredi, naturalista, giornalista e scrittore di scienza e viaggi, ci affascinerà con il racconto “Dal Belpaese alla giungla: avventure e disavventure dei grandi naturalisti italiani del XIX secolo”.

Il Parco naturale La Mandria sarà protagonista di questo intenso programma, domenica 27 ottobre: alle ore 11 nella Sala Scudieri di Borgo Castello Giorgio Volpi, laureato in Chimica e Scienze Naturali, tecnico scientifico presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino, parlerà di quanto sia importante la capacità di adattamento e spiegherà che “La natura lo fa meglio (e prima). Le sorprendenti invenzioni tecnologiche che la natura suggerisce all’uomo”.

A seguire, alle ore 12, con ritrovo sempre a Borgo Castello, la partenza della Passeggiata narrata “Storia di un uomo che cammina tra gli alberi”, con lo scrittore e poeta Tiziano Fratus.

La giornata si concluderà alle ore 16 con lo spettacolo “Michele Lessona. Un soldato della Scienza”, dedicato alla narrazione dell’avventurosa vita dell’illustre scienziato e tratto dal libro di Andrea Scaringella “Il taccuino di Lessona. Avventure, scritti e pensieri di un protagonista dell’Ottocento”.

I Lessona Days proseguiranno sabato 9 novembre con una giornata tutta dedicata a Michele Lessona che si snoderà tra il Museo Regionale di Scienze Naturali e sedi diverse di Venaria Reale.

Il progetto è reso possibile anche grazie alla partecipazione e alla collaborazione di Silvia Lessona, pronipote dello scienziato, e di Pietro Passerin d’Entrèves, studioso di Scienze della Vita e di Biologia dei Sistemi e profondo conoscitore di Lessona. L’intera iniziativa è realizzata con il supporto di Fondazione Via Maestra, Biblioteca civica Tancredi Milone, Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, Pro Loco Altessano-Venaria Reale e AVTA – Associazione Venariese Tutela Ambiente.

L’ingresso agli eventi è gratuito e su prenotazione, fino ad esaurimento posti, al seguente indirizzo web: https://www.eventbrite.com/cc/lessona-days-2024-3732389

Solo per l’evento del 25 ottobre al CCR La Venaria Reale, prenotazioni al seguente link: https://www.centrorestaurovenaria.it/lessona-days-il-restauro-della-lapide-commemorativa-di-carlo-lessona

Informazioni: cultura@comune.venariareale.to.it

Telefono: 0114072 420/240/243

Sito web: www.comune.venariareale.to.it

Social: Facebook Città di Venaria Reale – Instagram cittadivenariareale

L’isola del libro: personaggi famosi

 

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

 

 

Robert Jobson “Catherine Principessa di Galles” -Rizzoli- euro 20,00

E’ bellissimo il ritratto di Kate Middleton tracciato dal biografo reale (da 35 anni) Robert Jobson in “Catherine Principessa del Galles”.

E giusto per chiarire subito un punto: la commoner che sarà futura regina d’Inghilterra non corrisponde minimamente all’immagine velenosa delineata dai Sussex.

Jobson ripercorre la vita della Principessa, a partire dall’ infanzia felice in una famiglia accudente e solida, che ha saputo forgiare la giovane donna empatica e sensibile che oggi affronta la sfida peggiore, dimostrando una forza d’animo che ha incantato il mondo.

La biografia si legge con la scorrevolezza di un romanzo e si affaccia dietro la banale immagine della favola reale. Jobson sfata alcuni preconcetti e mette in chiaro delle nozioni fondamentali.

Kate non è affatto l’arrampicatrice sociale millantata da voci malevole; ha sposato William per amore e poi si è impegnata a fondo, con intelligenza e serietà, nel duro lavoro che le impone il suo importantissimo ruolo a corte.

E’ la donna che ha saputo dare stabilità e una famiglia al principe William, del quale non è gelosa; anzi, da creatura superiore e sicura di sé, ignora i vari pettegolezzi su eventuali infedeltà.

Altro dato importante, ha cercato di fare riappacificare William con il fratello Harry e la moglie Meghan; però dopo i loro vari colpi bassi ora la fiducia è venuta meno.

Poi la tempra della sua personalità è stata lampante nell’ultimo anno in cui ha combattuto con un tumore e la chemioterapia. Al primo posto mette sempre i figli e il marito; ma non dimentica certo gli impegni reali e la fedeltà nei confronti di re Carlo, che la stima profondamente e la ama come una figlia.

Lascio a voi lettori scoprire pagina dopo pagina chi è veramente questa splendida e straordinaria donna dal carattere pacifico, calmo e sempre disponibile verso gli altri; capace di trovare sagge soluzioni ai vari problemi che via via le intralciano il cammino. E non si può che amarla e tifare per lei.

 

 

Ursula Beretta e Maria Vittoria Melchioni “John Kennedy Jr. & Carolyn Bessette. Due icone immortali” -Minerva Edizioni- euro 23,00

Belli, ricchi, talentuosi, di successo; ma anche travolti da un destino tragico. Il 16 luglio del 1999 il Piper guidato da John F. Kennedy Jr. precipita al largo di Martha’s Vineyard e si inabissa con a bordo la moglie Carolyn Bessette e la sorella di lei Lauren. Un volo disgraziato e una morte prematura che li catapulta direttamente nel mito.

L’erede maschio della dinastia più famosa d’America e la bellezza magnetica che riuscì a portarlo all’altare furono la coppia più amata, glamour e sofisticata del jet-set negli anni ’90. Le loro vite e il loro matrimonio, 25 anni dopo, sono ora raccontati in questa biografia che finalmente mette ordine nel mare magnum dei pettegolezzi e pseudo scoop che li circondarono.

Le autrici hanno letto e scandagliato ogni informazione su di loro e si sono divise i compiti. Maria Vittoria Melchioni ha curato la parte dedicata a John Kennedy Jr.; mentre Ursula Beretta si è concentrata su quella di Carolyn Bessette.

Il risultato è questo libro che li racconta attraverso le loro biografie, scritto con ritmo incalzante, perfetto anche come sceneggiatura per un biopic.

Ci si ritrova dietro le quinte della leggenda e si scopre che, al di là della fiaba, la coppia stava scricchiolando.

Lui abituato alla ribalta e ai riflettori fin dal primo respiro. Entrato nel cuore di tutti con l’immagine del bambino che saluta la bara del padre, il Presidente degli Stati Uniti d’America assassinato a Dallas. Poi adulto impegnato nella complicata sfida editoriale di “George”.

Lei alta, magrissima, pelle diafana, occhi di un azzurro quasi alieno, niente trucco, solo il rossetto. Eleganza innata e uno stile minimalista, con una carriera di successo nel mondo della moda. Carattere affabile e disponibile, benvoluta da tutti quelli che incrociavano il suo tragitto.

Però soffriva moltissimo per l’esagerata esposizione mediatica: inseguita dai flash appena metteva piede fuori dal lussuoso loft di Tribeca, si sentiva braccata e dolorosamente esposta.

Nel libro scoprirete le loro vite, come Carolyn sia riuscita a tenere sulla corda il golden boy e a farlo capitolare; luci e ombre del loro amore. Furono l’emblema di uno stile che ancora oggi sembra un modello a cui ispirarsi.

 

 

Sunita Kumarnair “C B K. Carolyn Bessette Kennedy. A life in fashion” -Abrams. The Art of Books- U.S. $ 65,00

Questo libro fotografico ci consegna l’immagine glamour di Carolyn Bessette Kennedy e testimonia la sua classe innata, il suo fascino particolare e inimitabile.

L’autrice del volume, Sunita K. Nair, ha raccolto una messe di scatti dei fotografi che hanno immortalato Carolyn in diverse occasioni. Spesso mentre cammina semplicemente per strada, da sola o con il marito; immagini che anticipano quello che oggi è diventato di moda, ovvero lo street style.

Carolyn Besssette, figlia di un medico, dopo gli studi da maestra elementare, inizia a lavorare nel campo della moda a New York. Gli inizi professionali sono alla corte dello stilista Calvin Klein del quale cura le pubbliche relazioni con notevole successo. Quella di Pr è la professione in cui eccelle, perché le permette di esprimere il suo innato buon gusto, miscelato ad un notevole savoir faire.

Sale alla ribalta delle cronache quando lega il suo destino a quello di John Kennedy Jr. che ha da poco perso la madre Jackie, il cui ascendente su di lui era fortissimo. E alcuni aspetti accomunano le due donne così importanti nella sua vita. Mentre sua sorella Caroline non entrò mai in grande sintonia con la cognata.

Sfogliando le pagine del libro rivediamo in tutto il suo glamour, il minimalismo che contraddistinse lo stile inimitabile di Carolyn, Moltissime donne all’epoca tentarono di emularla, senza mai riuscirci; perché la sua classe non si poteva insegnare, imparare e tanto meno imitare. Su di lei un semplice paio di jeans diventava alleato di una bellezza senza sbavature.

Emblematica della sua allure è la foto del matrimonio blindatissimo, il 21 settembre 1996, sull’isola di Cumberland in Georgia. Per l’occasione sfoggia un abito sottoveste semplicissimo e raffinato, disegnato apposta dall’amico Narciso Rodriguez. E su di lei ogni capo di abbigliamento diventa subito iconico.

Pare che avesse la dote innata di riuscire a raggiungere una sorta di perfezione senza neanche truccarsi, solo esaltando la sua bellezza con un rossetto che la illuminava; sempre ligia alla regola aurea del “less is more” (“meno è meglio”).

Tanta bellezza ed eleganza in una vita tanto breve: Carolyn Bessette Kennedy aveva solo 33 anni quando l’aereo privato su cui viaggiava con il marito e la sorella scomparve in fondo al mare in una tragica notte.

 

 

Iris Apfel “Colourful” -Hoepli- euro 50,00

Ha salutato per sempre il mondo l’immensa Iris Apfel, morta il 2 marzo di quest’anno a 102 anni appena compiuti. Di lei sono rimaste tantissime cose, in primis l’insegnamento che tutti dovremmo cogliere: attraversare la vita come una grande avventura.

La famosissima “starlette geriatrica americana”, che ha firmato il suo primo contratto da modella a 97 anni, ci lascia questo libro-testamento: 288 pagine ridondanti di piume, colori, stoffe, bracciali e collane vistosi, e molto altro. La sua vita in technicolor è qui racchiusa e si snoda anche attraverso la professione di celebre arredatrice e designer di interni.

Un lavoro creativo e prestigioso che la sguinzagliò in giro per il mondo alla ricerca di meraviglie con cui arredare la Casa Bianca nell’arco di ben 9 presidenze (da Truman in poi), le sontuose dimore di dive hollywoodiane -come Greta Garbo- e altri personaggi illustri.

La sua vita è stata una corsa a perdifiato della quale ha assaporato ogni istante. Figlia di immigrati russi del Queens, pochi soldi in tasca ma talento da vendere a profusione. Una passione sfrenata per i colori e un gusto impeccabile nell’abbinarli, sempre rincorrendo la ridondanza. Un occhio unico, fin da giovane, nello scovare monili nei mercatini, contrattando sempre sul prezzo.

 

“Volti anonimi” apre la stagione teatrale di Ivrea

Sabato 26 ottobre 2024, alle ore 21, e domenica 27 alle ore 15,30, all’Auditorium Mozart di Ivrea ha luogo lo spettacolo inaugurale della diciottesima stagione teatrale organizzata dalla Cittadella della Musica e della Cultura di Ivrea e del Canavese.

Sul palco la compagnia teatrale “Volti anonimi”, già apprezzata in alcune delle precedenti edizioni della rassegna eporediese, con lo spettacolo “VITTORIO LEVANTE IN SERVIZIO AD OGNI ISTANTE”, commedia comicissima in due atti di RoDa, regia di Danila Stievano.

Trama della commedia

La storia ha come protagonista Vittorio Levante, ben­zinaio costretto a lavorare notte e giorno da quando il proprietario della stazione di servizio, abbandonato dalla moglie, è caduto in depressione e non si reca più al lavoro. Nel corso di una giornata si intrecciano le storie di un camionista caro amico di Vittorio e di sua figlia che lo affianca alla guida, le vicissitudini sentimentali di un industriale danaroso, di una avvenente ex attrice, di un frate impacciato, di una timida e devota signorina, un avvocato privo di scrupoli e una moglie arrabbiatis­sima. A fare da sfondo, nel piccolo paese della provincia piemontese, sarà il vento della contestazione giovanile degli anni Settanta, cavalcato in scena dal figlio conte­statore di Vittorio.

La compagnia

Pone le sue radici a Torino a fine degli anni Settanta, esibendosi con il nome di CCS AVIS. L’esperienza teatrale amatoriale condivisa e maturata in oltre dieci anni si consolida nel 1990 dando vita all’associazione “Volti anonimi”. La sensibile e comica tradizione del teatro piemontese, di cui Macario sarà custode perenne, ha profondamente ispirato la compagnia, che dal 1993 ha rappresentato le commedie più belle del repertorio del grande attore. La peculiarità del gruppo è saper mescolare nei dialoghi di scena la lingua piemontese e quella italiana con un preciso obiettivo: avvicinare al teatro dialettale chiunque sia radicato nel tessuto sociale locale e, al contempo, custodire la memoria di un patrimonio storico piemontese, divulgandone i suoni, i costumi e le tradizioni locali anche fuori dall’ambito regionale. Dal 2009 la compagnia è invitata a realizzare gli spettacoli per il Gran Galà di Capodanno al Teatro Monterosa di Torino.