CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 25

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Perché non sono andato per Pannella – Da Gramsci a Guerri – Lettere


Perché non sono andato per Pannella

Stare in piedi per un certo periodo è ancora per me un lusso che non mi posso concedere perché sono ancora convalescente da una lunga malattia .Magari forse avrei anche tentato uno sforzo e sarei andato all’inaugurazione della passeggiata dedicata a Marco Pannella a Torino. Ero stato tra i primi a proporre l’intitolazione. Poi chi si e’ voluto impossessare addirittura di Pannella in esclusiva e la presenza di Littizzetto e di Chiambretti ieri sono state le gocce che hanno fatto un po’ traboccare il vaso e mi hanno portato a starmene a casa. Ringrazio il sindaco Lo Russo e la presidente Grippo per aver realizzato la passeggiata, dedicandola a Marco. Io che ho avuto una discreta amicizia con Pannella, avrò mille altri modi per ricordarlo, come già ho fatto in questi anni senza mescolarmi con “cattive” compagnie vip che mi sono estranee.  E mi spiace che il pur esagerato Silvio Viale non abbia avuto riconosciuto il ruolo che ha avuto.

Da Gramsci a Guerri

Il dibattito sulla egemonia culturale ripreso di recente va subito ridimensionato. E’ un’idea di Gramsci portata alle estreme e soffocanti conseguenze dai marxisti a partire dal 1945 in Italia. L’egemonia comunista ha soffocato la cultura italiana, applicando un criterio che più che illiberale si rivelò sovietico. Solo pochi seppero ribellarsi da Silone a Vittorini, da Pannunzio alla cultura liberale. Io personalmente mi ritengo una vittima dell’ egemonia culturale della sinistra che ha tentato di ostacolarmi in tutti i modi con il fine di tacitarmi.

Oggi c’è chi tenta ad associare Gramsci a Gentile che ebbe degli influssi sull’ intellettuale sardo il quale invece si oppose a Croce. Direi di non creare inutili polveroni polemici su personaggi ormai tramontati. In ogni caso Gentile era di remote origini liberali conservatrici che lo portarono ad aderire al fascismo a cui diede una linea culturale che esso non aveva. Gentile a cui si deve la riforma della scuola italiana, l’unica riuscita, nelle sue attività culturali fu un intellettuale abbastanza tollerante che fece collaborare alle sue imprese anche antifascisti ed anche ebrei. L’uccisione a tradimento di Gentile da parte dei Gap rivelò l’odio dei comunisti verso un uomo che non si può associare a Gramsci per nessun motivo.

L’ intellettuale organico fu un’invenzione gramsciana praticata con cinismo e persino con ferocia da Togliatti e imposta dal PCI al mondo intellettuale , accademico ed editoriale italiano come una camicia di forza. Chi oggi cerca di recuperare la parola egemonia, non conosce le sue origini storiche che sono incompatibili con la cultura liberale nelle sue diverse manifestazioni. Bobbio ha scritto in materia pagine conclusive sulla cultura del dubbio, antitetica a quella fondata sulle certezze manichee e inossidabili dell’ideologia marxista. Chi pensa di recuperare Gramsci e Gentile non ha capito nulla del passato e rivela incapacità a rapportarsi con il presente che può vedere in intellettuali come Giordano Bruno Guerri esempi di una cultura davvero libera . Lui e non altri doveva essere il ministro della cultura. Anche Dagospia si è accorta dell’errore di tenere “relegato” al Vittoriale Guerri che ha rivelato doti e coraggio che andrebbero posti al servizio dell’intera comunità nazionale.

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I saltafossi

Il terzo polo non c’è più e i saltafossi devono essere dimenticati La fine di Renzi che vuole andare con il Pd e i 5 Stelle che non lo vogliono è davvero ridicola. Quella di Calenda abbandonato da tutti appare una patetica conclusione di un uomo pieno di spocchia. Cosa ne pensa?     Gabriella Luperini

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Concordo con Lei. Il centro nel sistema italiano oggi non ha più un ruolo autonomo come lo ebbe in modo egregio la Dc che seppe governare il Paese per decenni insieme ai partiti laici e socialisti. Quel sistema finì con Tangentopoli per un golpe giudiziario. Il centro di Renzi e Calenda è ben misera cosa, specie se si accasa con 5 stelle e l’estrema sinistra; i pochi voti che raccoglieranno non allargheranno il campo perché si tratta di gente ormai squalificata politicamente, non più credibile.

Avrei anche dei dubbi sui voltagabbana che abbandonano Calenda dopo altre giravolte poco limpide. Questi voltagabbana dovrebbero essere abbandonati a se’ stessi e dimenticati. La politica deve andare oltre i saltafossi della seconda repubblica da Casini in poi.

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La fine del mito emiliano

Gli allagamenti di questi giorni dopo quelli di un anno fa rivelano che la Regione Emilia Romagna, portata come ottimo esempio di buongoverno, ha delle gravi pecche idrogeologiche e nella tenuta dei corsi d’acqua, malgrado il “buongoverno della sinistra”.   Vittorio Raiteri

 

Credo che Lei abbia ragione. I disastri che hanno travolto interi paesi rivelano responsabilità e disattenzioni che forse solo Bersani che fu presidente di quella Regione, non capisce o non vuole ammettere. Il mito della Regione rossa è davvero finito nel fango.

Vik Muniz alla galleria Benappi di Torino

La galleria Umberto Benappi espone a Torino, dal 20 settembre al 9 novembre 2024, le grandi stampe di Vik Muniz, in una esposizione che racconta il lavoro del grande artista brasiliano. L’inaugurazione è avvenuta giovedì 19 settembre alle ore 16, in occasione di TAG Ouverture e Exhibi.to.

“Se la fotografia fosse rappresentazione della realtà, quella di Vik Muniz non dovrebbe essere considerata tale – spiega la curatrice Chiara Massimello – niente è vero nelle sue immagini, ogni dettaglio è finzione e ricostruzione minuziosa, quasi maniacale, di qualcosa di preesistente. Eppure sono fotografie, le grandi stampe che la galleria Benappi espone, e che costituiscono l’opera di un grande artista che conosce profondamente la cultura visiva e i media, per il quale la macchina fotografica è l’ultimo passaggio nella realizzazione della sua opera”.

Le opere dell’artista brasiliano si trovano nei più importanti musei al mondo, dal MoMa al Guggenheim e al Whitney, dal Victoria and Albert  Museum alla Tate, dal Museum de Arte Moderna de Sao Paolo al Museum of Contemporary Art di Tokyo, al Centre Pompidou di Parigi. Le stampe di Vik Muniz, dai colori vividi, sono impeccabili. Quasi sempre di grande formato, ma è la composizione a rendere l’originalità nelle opere dell’artista brasiliano nato a San Paolo nel 1961. Egli utilizza pigmenti, inchiostri e coriandoli, tessere di puzzle, diamanti e sciroppo di cioccolato, semplici fili, materiali di recupero e ritagli di giornale; gli oggetti più disparati sono il punto di partenza nel lavoro creativo di Vik Muniz. La fotografia ne rappresenta l’atto finale. Il noto gallerista Gian Enzo Sperone conobbe Muniz a New York nel 1996 e, dopo aver visto alcune opere appartenenti alla serie “The sugar children”, nella galleria di Tricia Collins a Soho, ne rimase profondamente impressionato, e le portò in Italia nella sua galleria romana nel 1999. Dopo di lui, Marco Voena e Valerio Tazzetti lo esposero nel loro spazio torinese “Photo & Co”.

Tra le opere esposte alla galleria Benappi si segnala la serie delle nove Jackie, originariamente realizzata da Andy Warhol dalle foto pubblicate su Life al funerale del Presidente Kennedy. La serie è parte delle “Pictures of chocolate”, realizzata nel 1997 con lo sciroppo di cioccolato. Jackson Pollock, nella celebre immagine scattata da Hans Namut nel 1950, è immortalato mentre crea una delle sue opere. L’opera è intitolata “Autumn rythm” e realizzata con la tecnica del dripping, vale a dire l’artista intento a dipingere sulla tela, adagiata sul pavimento, nella mano sinistra il barattolo di vernice, nella destra il pennello. Muniz si appropria della celebre immagine e la ricrea cospargendo lo sciroppo di cioccolato su un piano e plasmandolo con le sembianze dell’originale. Lo sciroppo di cioccolato riprende l’idea di pittura e i colori di Pollock. La Benappi ha deciso di esporre anche l’affascinante autoritratto di Rembrandt “Self portrait after Rembrandt”, due opere che si affiancano nella grande parete della sala principale della galleria, ai ritratti di Karl Marx, Andy Warhol, Liz Taylor e Marilyn Monroe. Vi è anche una serie ambientata nella più grande discarica del mondo, appena fuori Rio de Janeiro.

Vik Muniz è cresciuto in una famiglia semplice, ha iniziato a disegnare molto giovane anche a causa di una forte dislessia, e trascorreva ore a copiare l’arte antica nei musei, diventando molto abile tecnicamente. Ferito alle gambe mentre tentava di sedare pacificamente una rissa, con il risarcimento ottenuto decise di partire per New York, dove iniziò la sua carriera di scultore, interessandosi da subito alla rappresentazione fotografica delle sue opere e alle molteplici possibilità dell’immagine. La sua prima personale a New York risale al 1988.

 

Mara Martellotta

La Damnation de Carmen

Una rielaborazione dalla Carmen di Bizet e P.Brook;  spettacolo in lingua francese e di tipo collettivo che coinvolge cantanti lirici, coro, musicisti, giovani studenti e cittadini. 
Intero € 5,00 Ridotto € 3,00 (under 25/over 65)
 
ACQUISTO BIGLIETTI:
INFO liricatamagno.to@gmail.com 389 0606202
 
CON LA PARTECIPAZIONE DEL CORO DI VOCI BIANCHE “GOCCE D’ORO” DELL’I.C CADUTI DI CEFALONIA.
Il progetto è vincitore dell’avviso pubblico “Circoscrizione che spettacolo dal vivo!2024” con il contributo della città di Torino.

Società Culturale Artisti Lirici Torinese

“Francesco Tamagno”

Via Pietro Giuria, 40 – 10126 Torino

Il lascito di Vince

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

La storia del garage rock americano degli anni ‘60 ha visto figure carismatiche e a volte anche “scomode” in ruoli di responsabilità in etichette discografiche grandi e piccole. Parecchi di questi personaggi erano dotati di un ego smisurato, avevano il difetto di accentrare e “personalizzare” al massimo la catena decisionale, anche a costo di rischi e di “fughe in avanti” pericolose. Una di queste figure fu Vincent “Vince” Rago, responsabile e quasi “plenipotenziario” delle tre etichette “Universal Records”, “Richie” e “Rago”, tutte dell’area di Wilmington (Delaware); fu uomo dai modi molto diretti, a volte rudi e spicci, ma dotato di innato fiuto per il versante promozionale dei dischi e profondo estimatore ed instancabile sostenitore del garage rock nel biennio 1965-1966. Qui in particolare ci soffermeremo sull’etichetta “Richie”, dedicata alla memoria di uno dei figli di Rago; in numerose “compilation” del garage rock, il “label” Richie compare tuttora con svariate incisioni interessanti. Da rilevare come (purtroppo) una discreta quantità di materiale non pubblicato negli anni di attività di Rago venne poi disperso o trascurato dai nipoti, che non seppero intuire le potenzialità di quel lascito musicale. Qui di seguito la discografia “Richie” finora ricostruita:

–  Teddy & The Continentals  “Ev’rybody Pony / Tick Tick Tock”  (45-R-1001)  [1961];

–  Teddy & The Continentals  “Tighten Up / Do You”  (R-445)  [1961];

–  Frankie and The C-Notes  “Forever And Ever / Fade Out”  (R-2-45/R-3-45)  [1961];

–  The Versatones  “Will She Return / Hold Me Lover”  (R-451)  [1961];

–  Johnny & The Dreams / [Joe Robinson Combo] “You’re Too Young For Me / Are You With That” (R-457)  [1961];

–  The Galaxies  “The Leopard / Dear Someone”  (R-458)  [1961];

–  The Sinceres  “Please Don’t Cheat On Me / If You Should Leave Me”  (R-545)  [1961];

–  The Continettes  “Billy The Kidder / Boys Who Don’t Understand”  (45-4300-V)  [c. 1963];

–  Teddy & The Continentals  “Crossfire With Me Baby / Crying Over You”  (R-453)  [c. 1963];

–  THE VEE JAYS  “Goodbye Cheatin’ Lover / Don’t Let Me Go”  (R-456)  [1964];

–  The Misfits  “Beyond The Rim” [I-II]  (65-3)  [1965];

–  THE ADAPTERS  “Confess / Believe Me”  (65-4/65-5)  [1965];

–  Teddy Continental  “I Call It Home / Find Someone”  (65-6/65-7)  [1965];

–  THE ENFIELDS  “In The Eyes Of The World” [I-II]  (669)  [1966];

–  THE ENFIELDS  “She Already Has Somebody / I’m For Things You Do”  (670-A)  [1966];

–  THE ENFIELDS  “You Don’t Have Very Far / Face To Face”  (671)  [1966];

–  THE CONTEMPORARIES  “Fool For Temptation / Think Young”  (672)  [1966];

–  Johnny Neel and Shapes Of Soul  “Talking About People / The Secret Word Is Prayer” (6711/6712)  [1966];

–  The Stairways  “Don’t You Care” [V./strum.]  (R66-3)  [1966];

–  THE ENFIELDS  “She Already Has Somebody / I’m For Things You Do”  (RI-670)  [1966];

–  MIKE ALEXANDER AND THE VISIONS  “Your Day Has Come / Pop Goes Love”  (673) [1967];

–  THE ENFIELDS  “Twelve Month Coming / Time Card”  (675)  [1967];

–  Shapes Of Soul feat. Johnny Neel  “We Can Make It Together / Can You Forgive”  (691)  [1969];

–  Johnny Neel and The Shape  “Everybody (Do The) Stomp / The Secret Word Is Prayer” (695/696) [c. 1969];

–  Internal Calm  “The Truth (Will Set You Free) / Where Will We Go Tomorrow”  (701)  [c. 1970].

Gian Marchisio

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

Beetlejuice Beetlejuice – Commedia. Regia di Tim Burton, con Michael Keatom, Winona Ryder, Willem Defoe, Jenna Ortega Catherine O’Hara e Monica Bellucci. Alla morte improvvisa del padre, Lydia Deetz torna a Winter River per un ultimo saluto in compagnia della figlia Astrid., giovane e ribelle, e della matrigna Delia, proprio quando a distanza di ben trentacinque anni hanno nuovamente luogo le apparizioni di Beetlejuice, presenza di cui in verità sperava di essersi liberata per sempre. Ma i guai non colpiscono soltanto Lydia, anche lo “spiritello porcello” dovrà fare i conti con la sua ex consorte, ben felice di essere riuscita a rimettere in sesto il proprio cadavere, ricomponendolo grazie a una sparapunti, e aspirando a una vendetta che possa far sbalordire il mondo intero. Astrid nel frattempo incontra un ragazzo del luogo: e forse quell’incontro può essere l’inizio di altri guai. Film d’apertura – e di grande successo – alla 81a mostra di Venezia. Durata 104 minuti. (Centrale anche V.O., Fratelli Marx sala Chico anche V.O., Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Ideal, Lux sala 1, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Campo di battaglia – Storico, drammatico. Regia di Gianni Amelio, con Alessandro Borghi, Gabriel Montesi e Federica Rosellini. Verso la fine della Prima Grande guerra, due ufficiali medici, amici da sempre, vivono e operano nello stesso ospedale, là dove arrivano ogni giorno uomini gravemente feriti. Molti quelle ferite se le sono procurati da soli, per non dover tornare al fronte. Da un lato, Stefano, rampollo dell’alta borghesia per il quale il padre sogna un futuro in politica, vede con occhio feroce questi autolesionisti e non vede altro che rimandarli a combattere in montagna. Giulio, più comprensivo, cerca di comprenderne le ragioni, è contrario a quei plotoni d’esecuzione che sempre più spesso sono lì a condannare in maniera definitiva. Tra di loro Anna, amica sin dai tempi universitari, forte davanti al duro lavoro che l’aspetta e pronta ad affrontare quella sua attività che la vede posta in secondo piano in quanto donna. Qualcosa capita tra i soldati, molti s’aggravano in maniera misteriosa, forse andrebbe ricercato l’intervento di qualcuno che espressamente provoca delle complicazioni alle loro ferite. Altresì una malattia, la cosiddetta spagnola, viene a decimare i feriti e la popolazione delle valli vicine. Durata 104 minuti. (Eliseo, Nazionale sala 3, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Il caso Goldman – Drammatico. Regia di Cédric Kahn, con Arieh Worthalter e Arturo Harari. La storia vera del secondo progetto a cui fu soggetto Pierre Goldman, militante della sinistra estrema francese nel 1975. Accusato di reali multipli, Goldman ammette tutti i capi d’accusa con la veemente eccezione di quelli per omicidio (durante una rapina all’interno di una farmacia erano state uccise due persone), per i quali non soltanto si proclama innocente ma si scaglia polemicamente contro tutto e tutti nell’aula di tribunale, rifiutando qualunque caratterizzazione moralistica della sua difficile vita. Durata 115 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Cattiverie a domicilio – Commedia. Regia di Thea Sharrock, con Olivia Colman, Jessie Buckley e Timothy Spall. 1922. Una cittadina affacciata sulla costa meridionale dell’Inghilterra è teatro di un farsesco e a tratti sinistro scandalo. Basato su una bizzarra storia realmente accaduta, il film segue le vicende di due vicine di casa: Edith, originaria del posto e profondamente conservatrice, e Rose, turbolenta immigrata irlandese. Quando Edith e altri suoi concittadini iniziano a ricevere lettere oscene piene di scabrosità, i sospetti ricadono immediatamente su Rose. Le lettere anonime scatenano una protesta a livello nazionale che scaturisce in un processo. Saranno le donne – guidate dalla poliziotta Gladys – a indagare sul crimine, sospettando che le cose potrebbero non essere come sembrano. Durata 90 minuti. (Centrale anche V.O.)

Coppia aperta quasi spalancata – Commedia drammatica. Regia di Federica Di Giacomo, con Chiara Francini e Alessandro Federico. Tratto dall’omonimo spettacolo di Dario Fo e Franca Rame. La storia di Antonia, dell’evoluzione del suo personaggio, una donna degli anni Settanta a cui il marito propone di spalancare la coppia, proponendole un nuovi “ritmo” di vita e prospettandole nuovi “adattamenti”. La donna accetta, ne andrebbe della separazione dal suo uomo. Ma non si tratta di guardare esclusivamente all’interno della coppia e della casa, si tratta anche di portare in giro per i teatri il testo e la storia stessa, si tratta di dividersi tra un compagno della vita e un compagno della scena: si tratta di scoprire un nuovo universo che è il panorama amoroso di quegli anni, tutto libertà e liberazione, tutto rifiuto al concetto di monogamia, tutto intrecciato con gli agguerriti gruppi di femministe. Durata 120 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

Finalement – Commedia. Regia di Claude Lelouch, con Kad Merad, Sandrine Bonnaire e Françoise Fabian. Ancora un film sui sentimenti da parte del regista di “Un uomo una donna”, classe.

La storia di Lino, che ha preso a girare per tutta la Francia, da Nord a Sud, raccontando a chi lo accoglie in auto un po’ di sé. Avvocato di successo, una lunga carriera alle spalle, una bella famiglia che ama e da cui è amato, un uomo che una malattia improvvisa spinge ad un comportamento che lo mette di fronte alle proprie responsabilità. Non riesce più a mentire agli altri come a se stesso. Incontrerà nuove persone tra cui una donna di cui si innamorerà e una nuova passione: suonare la tromba. Il sottotitolo originale suona “La folie des sentiments”, quello italiano “Storia di una tromba che si innamora di un pianoforte”. Durata127 minuti. (Romano sala 2)

L’innocenza – Drammatico. Regia di Hirokazu Kore Eda. Minato, che ha 11 anni e vive con la madre vedova, inizia a comportarsi in modo strano e torna da scuola sempre più avvilito. Tutto lascia pensare che il responsabile sia un insegnante, così la madre si precipita a scuola per scoprire cosa sta succedendo. Ma la verità si rivelerà essere tutt’altra e i fatti sveleranno una toccante e profonda storia di amicizia. Durata 126 minuti. (Nazionale sala 2)

Limonov – Drammatico,. regia di Kirill Serebrennikov, con Ben Whishaw e Tomas Arana. La vita avventurosa e complessa, da dissidente, di Eduard Lomonov, intellettuale e scrittore, ricavata dal libro di Emmanuel Carrère. Il suo abbandono dell’Unione Sovietica, l’arrivo a New York per vivere in un primo tempo da homeless e poi in qualità di maggiordomo in casa di un ricco signore. Grandi amori e grandi pubblicazioni di successo, la fondazione di un partito che si definisce bolscevico e nazionalista. Durata 138 minuti. (Massimo anche V.O., Nazionale sala 4 anche V.O.)

Love Lies Bleeding – Thriller. Regia di Rose Glass, con Kristen Stewart, Katy O’Brian e Ed Harris. Lou è la manager di una palestra, a cui l’incontro con Jackie cambia la vita. Quest’ultima è una bodybuilder con il sogno di vincere un concorso a Las Vegas. La loro passione divampa ma deve fare i conti con la violenta famiglia di Lou. Un cognato picchiatore, un padre criminale che detiene un poligono di tiro e una spirale di delitti che le coinvolge direttamente. Durata 87 minuti. (Greenwich Village sala 2 V.O., Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

Madame Clicquot – Drammatico. Regia di Thomas Napper, con Haley Bennet e Sam Riley. Dopo la prematura morte del marito, Barbe-Nicole Ponsardin Clicquot sfida le convenzioni assumendo le redini dell’azienda vinicola che i due coniugi avevano da poco avviato insieme.

Guidando l’azienda attraverso vertiginosi rovesci politici e finanziari, la protagonista resiste alle critiche, rivoluziona l’industria dello champagne e diventa una delle prime grandi donne d’affari nel mondo. Durata 89 minuti. (Classico, Greenwich Village sala 2 V.O.)

Il maestro che promise il mare – Drammatico. regia di Patricia Font, con Enric Auquer. Nel 1935, il maestro Antoni Benaiges accetta l’incarico come insegnante in un piccolo villaggio nella provincia di Burgos, in Spagna. Qui il giovane maestro instaura un intenso legame con i suoi studenti, bambini tra i sei e i dodici anni, ai quali fa una promessa: portarli a vedere il mare per la prima volta nella loro vita. Ma i metodi di insegnamento innovativi del maestro non incontrano il consenso del governo dell’epoca, che inizia una dura opposizione nei confronti dell’insegnante e dei suoi ideali. Settantacinque anni dopo, la nipote di uno di quegli alunni ricostruisce la meravigliosa storia vera nascosta dietro la promessa del maestro. Una storia di coraggio, dedizione e resistenza che rischiava di rimanere sepolta dalle ombre del regime franchista. Durata 105 minuti. (Greenwich Village sala 1)

La misura del dubbio – Drammatico. Regia di e con Daniel Auteuil. Da quando ha fatto assolvere un assassino recidivo, l’avvocato Jean Monier non accetta più casi di giustizia penale. L’incontro con Nicolas Milik, padre di famiglia accusato dell’omicidio della moglie, lo tocca profondamente e fa vacillare le sue certezze. Convinto dell’innocenza del suo cliente, è disposto a tutto pur di fargli vincere il processo in corte d’assise, ritrovando in questo modo il senso della sua vocazione. Durata 115 minuti. (Eliseo Grande)

Thelma – Commedia. Regia di Josh Margolin, con June Squibb. Thelma Post è una esuberante nonna di 93 anni che viene aggirata da un truffatore telefonico che si finge suo nipote. Parte così per una ricerca insidiosa per le strade di Los Angeles, accompagnata da un amico e dal suo scooter, per reclamare quello che le è stato sottratto. Durata 98 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Groucho, Ideal, Romano sala 1)

Vermiglio – Drammatico. Regia di Maura Delpero, con Tommaso Ragno, Sara Serraiocco, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi e Orietta Notari. In quattro stagioni la natura compie il suo giro. Una ragazza può farsi donna.

 

Un ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro stagioni si può morire e rinascere. “Vermiglio”, ambientato tra le montagne della Val di Sole, in Trentino, racconta dell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale in una grande famiglia e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino, essa perde la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria. Leone d’Argento alla Mostra di Venezia. Durata 119 minuti. (Nazionale sala 1)

Rol, “L’ultimo mago”

Al “Castello di Miradolo”, si presenta, a trent’anni dalla scomparsa, il libro di Francesca Diotallevi dedicato al celebre “sensitivo” torinese, Gustavo Rol 

Domenica 22 settembre

San Secondo di Pinerolo (Torino)

Esattamente trent’anni fa, il 22 settembre del 1994, moriva a Torino (città dov’era nato il 20 giugno del 1903) Gustavo Adolfo Rol. A portarselo via, all’età di 91 anni, fu una broncopolmonite accompagnata da un forte attacco di “ansia cardiaca”. Le sue ceneri riposano da allora nella tomba di famiglia a San Secondo di Pinerolo (Torino), dove la famiglia Rol possedeva una grande casa di campagna, adibita alle vacanze estive e dove nel 2005 gli è stata intitolata dal Comune una piazzetta a titolo commemorativo, dopo che una via del paese era già stata intitolata alla sua famiglia. Ebbene, proprio per commemorare il trentennio dalla scomparsa del celebre “sensitivo” torinese, San Secondo torna a ricordarlo e a raccontarlo, domenica prossima22 settembre (ore 15), presentando al “Castello di Miradolo” (sede della “Fondazione Cosso”) il libro “L’ultimo mago”, a lui dedicato, per i tipi di “Neri Pozza”,  dall’autrice milanese Francesca Diotallevi, in dialogo con la scrittrice Enrica Melossi.

L’appuntamento rientra nel calendario di “Bellezza tra le righe” che porta, fino a domenica 13 ottobre, nei giardini di tre dimore storiche del Pinerolese (oltre al “Castello di Miradolo”, “Casa Lajolo” di Piossasco e “Palazzo Conti di Bricherasio” a Bricherasio) “autori e voci del presente”. Il volume della Diotallevi, fondato  su una approfondita documentazione oltre che su una sciolta e piacevole capacità descrittiva, ha finora ottenuto brillanti risultati dalla critica. “Con la sua capacità di rendere l’essenza di personaggi storici attraverso la lente romanzesca – è stato scritto – Francesca Diotallevi ci incanta e ci ipnotizza … ponendoci interrogativi di fronte ai quali l’anima più razionale vacilla”. E certo non poteva essere che così, raccontando di Rol. Sulla cui vera “identità” e sulle cui concrete capacità di svelare le ombre e gli enigmi dell’irreale, ancora oggi, a tanti anni dalla sua nascita e dalla sua morte, ancora nessuno è in grado di fornire definitive risposte. Ancora nessuno sa, per certo, chi fosse Rol. Anche perché lui stesso si oppose sempre, in vita, e ben ne aveva diritto, a sottoporsi ad alcuna verifica, sotto controllo scientifico, di quei suoi incredibili “prodigi” (indovinare le “carte” senza mai toccarle, scrivere su un foglio senza neppure sfiorarlo, “straordinarie capacità di veggenza e contatto con altri mondi”, lettura di libri senza aprirne una sola pagina e tant’altro); “prodigi” che assolutamente, ripeteva agli increduli detrattori, non sarebbero mai stati “fenomeni ripetibili o eseguibili a comando”. “Nei miei esperimenti – diceva in un’intervista a Roberto Gervaso – è la psiche a far da ‘grondaia’ allo spirito”. “Sensitivo”, dunque? O semplice “prestigiatore” o un “ipnotista” o un “fattucchiere” o un “mago”? Egli stesso se lo chiedeva: “Chi sono io?” E pare si rispondesse definendosi “un ‘ricercatore’, uno ‘sperimentatore’, avente quale unico obiettivo quello di incoraggiare gli uomini a guardare oltre l’apparenza e a stimolare in loro lo ‘spirito intelligente’”. Una famiglia benestante alle spalle, tre lauree, Rol si dedica, fin da giovane, a varie attività (quelle da lui predilette): dal giornalista, al bancario, all’antiquario, dedicandosi anche alla pittura. Solo dopo il 1927 si avvicinerà all’“occulto”, a seguito di uno strano incontro a Marsiglia con un polacco che gli mostrerà inizialmente giochi di prestigio con le carte. Da quell’incontro e, pare, dalla conversione dello stesso polacco alla fede cristiana, la sua vita cambia e Rol elabora una propria “teoria metafisica” sull’“associazione fra suoni, colori e altri elementi”. E’ questo per Rol un periodo di profonda crisi esistenziale, che lo porterà a ritirarsi addirittura in un convento per tre mesi. Superata questa crisi giovanile e, fatta sua la certezza di quel “dono” arrivato a guidarne inspiegabilmente l’esistenza, a partire dagli anni ’30 “la sua fama si diffonde nei circoli più importanti dell’aristocrazia, della cultura e della politica”. Nella sua elegante casa torinese al civico 31 di via Silvio Pellico (ricca di cimeli napoleonici, per i quali nutriva una smisurata passione), passano per decenni figure del calibro di Federico Fellini (che ai suoi collaboratori diceva “La mia vita si divide in prima di Rol e dopo Rol”), di Franco Zeffirelli(“Rol aveva poteri straordinari – scriveva nella sua autobiografia il regista fiorentino – che aprirono la mia mente alla possibilità … di accedere a dimensioni sconosciute di quello che mi era successo”) e ancora personaggi dello spettacolo e dell’economia, come Marcello Mastroianni, Cesare Romiti, e, si dice, parte della famiglia Agnelli. Fondamentale la sua fraterna amicizia con Giuditta Dembech, celebre giornalista esploratrice dei grandi misteri del “paranormale” e dallo stesso Rol prescelta come sua biografa ufficiale, non mancarono tuttavia le critiche, le incredulità anche da parte di personaggi illustri nel campo scientifico: da Piero Angela a Tullio Regge (che parlarono di “trucchi illusionistici”) fino al noto prestigiatore Silvan e al presidente del Circolo torinese “Amici della magia”, Marco Aimone, che sottolinea d’ aver riconosciuto in Rol una “tecnica di mentalismo”. Dubbi, tanti. E mai pienamente disciolti. Destinati, per sempre (è probabile) a soccombere alla concreta rigidità del “reale”.

Per info: “Castello di Miradolo”, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino); tel. 0121/376545 o www.fondazionecosso.com

g.m.

Nelle foto: Cover “L’ultimo mago” (Neri Pozza); Francesca Diotallevi

La Torino oscura di Profondo Rosso

Cinquant’anni fa, nel settembre del 1974, iniziavano a Torino le riprese di Profondo Rosso, un film che sarebbe diventato un riferimento classico per gli appassionati di cinema, uno dei migliori thriller italiani di sempre. Il regista Dario Argento per la terza volte sceglieva la prima capitale d’Italia e le sue atmosfere magiche dove si scorgono, oltre alle piazze e alle vie più note del centro, il Teatro Carignano, la Galleria San Federico e piazza CLN, dove si riconoscono le fontane di fronte alle quali Gabriele Lavia e David Hemmings assistono al primo terribile delitto del film, quello della sensitiva Helga Ullman ( l’attrice Macha Méril). Hemmings (che nel film interpretava il pianista inglese Marc Daly ) incrociò sulla collina torinese alcune dimore importanti come Villa della Regina (residenza storica dei Savoia), lungo la Strada Comunale Santa Margherita, per poi raggiungere l’obiettivo della sua ricerca: Villa Scott, in Corso Giovanni Lanza, 57.

 

È quella, infatti, la lugubre “villa del bambino urlante” che si trova in Borgo Po, sulle colline della città: un edificio bellissimo, uno degli esempi più straordinari dell’art decò. “L’avevo scoperta per caso — confessò il regista — mentre giravo in auto in cerca di posti interessanti dove girare il film. La villa era in realtà un collegio femminile diretto dalle monache dell’Ordine delle Suore della Redenzione e, siccome ne avevo bisogno per un mese, offrii alle occupanti una bella vacanza estiva a Rimini, dove si divertirono tantissimo. Con noi restò una monaca-guardiano, che sorvegliò le riprese con austerità”. Un’ulteriore curiosità merita di essere segnalata. Quando Marc, nel film suonò al campanello di casa del suo amico Carlo, si trovò di fronte la madre di lui (Clara Calamai) che lo fece entrare in un appartamento ricco di cimeli e foto d’ogni sorta. La casa era davvero quella dell’attrice e, quindi, ciò che si vede nel film era probabilmente in gran parte ciò che davvero c’era in quell’appartamento nel 1974, diventato set per l’ultima avventura cinematografica della grande interprete del cinema italiano. Il film, quinta prova dietro la macchina da presa per Dario Argento, uscì nelle sale il 7 marzo 1975 e lo consacrò, grazie al successo, come il vero maestro del brivido made in Italy.

Marco Travaglini

Stella Bolaffi Benuzzi: Il Penny Black e altri racconti marinareschi

Sabato 21 settembre alle ore 17,30 nell’Auditorium “ Baldassarre “della Biblioteca Civica “Deaglio “ di Alassio (piazza Airaldi e Durante, 7)

Il prof. Pier Franco Quaglieni, il dr. Roberto Pirino ed il gen. Franco Odello che coordinera’ l’incontro, presenteranno il libro della nota scrittrice torinese Stella Bolaffi Benuzzi “Il Penny Black e altri racconti marinareschi. Storie e ricordi di avventure in barca a vela”, Salomone Belforte Editore, Livorno. Interverrà il vice Sindaco di Alassio Angelo Galtieri. L’autrice, con la sua consueta verve, offre al lettore, anche a quello non esperto di navigazione a vela, una nostalgica traversata di un’epoca, vissuta da lei e dalla sua famiglia, sulla loro prima barca dedicata al “Penny Black”, il primo francobollo emesso al mondo, non a caso vista la professione di filatelico noto in tutto il mondo del padre Alberto Bolaffi comandante di un una divisione alpina durante la Guerra di Liberazione intitolata alla figlia Stella.

Fondazione Amendola, le iniziative culturali

Diverse novità contraddistinguono questa fine estate inizio autunno della Fondazione Amendola.

Giovedì 19 settembre, alle 10.30 , nella sede di via Tollegno 52 a Torino, inaugurerà la mappatura 3D del Telero “Lucania 61”, monumentale opera pittorica di Carlo Levi, che sarà accessibile e fruibile anche alle persone non vedenti e ipovedenti. Saranno presenti la vicesindaco della Città di Torino Michela Favaro, i professori Virginio Cantoni, Giovanni Caserta e Pino Mantovani, e i rappresentanti dell’Associazione Nazionale Privi della Vista e Ipovedenti e della UICI, Unione italiana ciechi e ipovedenti sezione di Torino.

Nell’ambito del progetto ‘Fiumi di culture. Affluenze-influenze- Confluenze’, rivolto a promuovere il dialogo interculturale con le comunità asiatiche e nord africane di Torino venerdì 20 settembre alle ore 18 si terrà l’evento inaugurale dal titolo “Fiumi diversi. Fiumi di versi”, nel cortile del Polo del Novecento in piazzetta Antonicelli; sabato 21 settembre alle ore 19 momenti di musica, danza e gastronomia mediorientali e orientali con “Estemporanea”, presso la Bocciofila Vanchiglietta Rami Secchi, in lungo Dora Pietro Colletta 39/A.

Martedì 24 settembre, alle 18, spettacolo di canti “La storia della via Baul” presso il MAO, Museo di Arte Orientale, in via San Domenico 11.

Il progetto “Fiumi di culture. Affluenze, influenze, confluenze” promuove il dialogo interculturale nella città di Torino, con le comunità asiatiche e nordafricane di nuovi residenti, attraverso il riconoscimento e la valorizzazione del patrimonio multiculturale, con un approccio partecipativo da parte della cittadinanza.

L’iniziativa progettuale prevede le seguenti attività: mappatura delle organizzazioni formali e informali delle comunità asiatiche e nord africane di nuovi residenti a Torino e coinvolgimento dei loro referenti in tavoli di programmazione di attività culturali; organizzazione di iniziative culturali per favorire la conoscenza reciproca dei saperi, tradizioni, rituali e specificità culturali delle comunità coinvolte. Infine percorso di rafforzamento delle competenze per le organizzazioni di comunità e i gruppi informali di giovani di seconde e terze generazioni.

Fiumi di culture-Affluenze- Influenze- Confluenze è il progetto vincitore dell’avviso pubblico “Torino che cultura” finanziato con fondi PN Metro Plus e Città Medie Sud 2021/2027 sostegno all’economia urbana nel settore della cultura e ha come capofila Vol.To ETS Centro Servizi per il Volontariato, in collaborazione con i partner Associazione Mio MAO, Fondazione Salvemini, Bocciofila Vanchiglietta Rami Secchi, Fondazione Giorgio Amendola e associazione culturale Vera Nocentini.

L’evento inaugurale di venerdì 20 settembre “ Fiumi diversi. Fiumi di versi” , ospitato nel cortile del Polo del ‘900, è l’occasione per la presentazione del partenariato e delle azioni di progetto, ma anche per una performance poetica e musicale collettiva, animata dal gruppo Marmellata Jam, che unisce note e linguaggi confluiti da ogni parte del mondo. È previsto un rinfresco.

Sabato 21 settembre alle 19 presso la Bocciofila Vanchiglietta Rami Secchi si terrà Estemporanea, un’esperienza immersiva nelle culture orientali e mediorientali attraverso la musica, la danza e la gastronomia. Il progetto musicale è a cura di Saharaswati music.

Martedì 24 settembre alle ore 18 presso il MAO, Museo di Arte Orientale, si terrà uno spettacolo con protagonista Parvathy Baul, custode, interprete e insegnante della tradizione Baul del Bengala, i cui canti sono riconosciuti dall’Unesco come “capolavori del patrimonio orale e immateriale dell’umanità. Parvathy presenterà il percorso Baul accompagnato da immagini proiettate e canti dal vivo.

 

Mara Martellotta

Il cuore di legno degli ippocastani di Primo Levi

 

“Il mio vicino di casa è robusto. E’ un ippocastano di Corso Re Umberto; ha la mia età ma non la dimostra. Alberga passeri e merli, e non ha vergogna, in aprile, di spingere gemme e foglie, fiori fragili a maggio; a settembre ricci dalle spine innocue con dentro lucide castagne tanniche.. Non vive bene. Gli calpestano le radici i tram numero otto e diciannove ogni cinque minuti; ne rimane intronato e cresce storto, come se volesse andarsene.. Anno per anno, succhia lenti veleni dal sottosuolo saturo di metano, è abbeverato d’orina di cani. Le rughe del suo sughero sono intasate dalla polvere settica dei viali; sotto la scorza pendono crisalidi morte, che non diventeranno mai farfalle. Eppure, nel suo torpido cuore di legno sente e gode il tornare delle stagioni”. Sono alcuni brani della poesia intitolata Cuore di legno che Primo Levi dedicò nel 1980 agli alberi che ombreggiavano la casa dove visse sempre, dal giorno della nascita – nel luglio del 1919 – a quel tragico 11 aprile del 1987 in cui decise di togliersi la vita. Per sessantasette anni visse nel palazzo torinese al civico 75 di corso Re Umberto. L’unico periodo in cui fu costretto a lasciare la sua dimora – tra il 1942 e l’ottobre del 1945 – lo  raccontò nei suoi libri. Un tempo duro e drammatico scandito dal periodo trascorso lavorando a Milano in una fabbrica di medicinali, dai pochi mesi vissuti da partigiano in Val d’Aosta, dall’arresto il 13 dicembre 1943, la deportazione nel campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, gli undici mesi nel lager di Auschwitz e gli altri nove passati sulla via del ritorno verso casa. Una sua biografia si apre con la descrizione di questo luogo, “uno degli ampi viali che tagliano a scacchi l’elegante quartiere della Crocetta.. i pesanti portoni dei palazzi dalle facciate austere..in mezzo alla folta vegetazione di ippocastani, i tram scivolano sui binari presi d’assalto dalle erbacce”. Un modo semplice per elevare un forte grido d’allarme per l’ambiente urbano, con la stessa coscienza civile che era propria di Levi quando scriveva per tutti perché desiderava che tutti comprendessero l’importanza della memoria e del rispetto. Per gli uomini, e anche per la natura.

Marco Travaglini