CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 229

Il ricordo di Mario Lattes a cento anni dalla nascita al Circolo dei Lettori

Nell’ambito della diciassettesima edizione del Festival nazionale Luigi Pirandello e del Novecento, il 22 giugno scorso, al Circolo dei Lettori di Torino, si è voluto ricordare la figura di Mario Lattes a più di venti anni dalla scomparsa, ma soprattutto nel centenario della nascita, avvenuta il 25 ottobre 1923, alla presenza del critico letterario Bruno Quaranta, del professor Giovanni Barberi Squarotti e del nipote Simone Lattes, che oggi ha preso le redini della casa editrice. Si è trattato di un ricordo appassionato di una delle figure più articolate e complesse del Novecento.

Sicuramente Mario Lattes ha unito in sé varie anime, da quella dell’editore, per la quale è più conosciuto al vasto pubblico, a quella di scrittore e di pittore.

Dopo la seconda guerra mondiale avrebbe diretto la Lattes Editori, la casa editrice fondata dal nonno Simone Lattes nel 1893, tra le più importanti nel settore dell’editoria scolastica, ma che avrebbe proposto anche opere di autori quali Il’ja Erenberg, William Faulkner e Filippo Burzio.

È stato un importante collaboratore, con scritti e disegni, di riviste culturali eminenti del momento, quali il Mondo di Pannunzio, la Fiera letteraria e la Gazzetta del Popolo.

Fu con un gruppo di amici che fondò la rivista letteraria “ Galleria” nel 1953 che, nel 1954 assunse il titolo di “Questioni”, divenendo una voce influente nel mondo culturale non solo torinese.

Dopo la laurea all’Università di Torino con il professor Walter Maturi prese avvio la stagione della pubblicazione dei romanzi e racconti, tra cui “Le notti nere” del 1958, “La stanza dei giochi” del 1959 e “Il borghese di ventura”, pubblicato da Einaudi nel 1976.

Mario Lattes è stato un testimone acuto delle vicende del suo secolo, interprete delle tensioni e ambiguità del suo ruolo d’artista. Ne ha vissuti i drammi e le esaltazioni, filtrando le emozioni attraverso una personale visione della figurazione, intrisa di umori fantastici e visionari.

In qualità di artista gli va il merito della diffusione in Italia di pittori e autori stranieri di grande valore.

Mario Lattes, nell’ambito pittorico, come ha testimoniato Libero de Libero, risulta “un autore notturno e raffinato, capace di dare vita a immagini oniriche e a fantasmi illuminati da centro del colore”. La sua prima mostra risale presso la galleria La Bussola, a Torino, nel 1947, a testimonianza delle esperienze artistiche maturate nel suo periodo laziale. Partecipò con successo a due edizioni della Biennale di Venezia e alla quadriennale di Torino e di Roma. La sua opera pittorica, dopo un primo periodo “informale”, è sempre stata figurativa, con un approccio visionario e fantastico che si richiamava a Gustave Moreau, a Odilon Redon e James Ensor. Esiste un sottile fil rouge che lega la pittura, le incisioni e i romanzi, talvolta nella scelta dei soggetti identici, ma trasfigurati da mezzi espressivi diversi.

Ha sperimentato linguaggi e tecniche eterogenei nel quale ha espresso il dolore dell’esistenza e la sua rivendicazione della libertà a ogni pregiudizio. La sua opera pittorica attraversa così momenti di ispirazione ora espressionista, ora astratta, per approdare a matrici surrealiste. Le sue tele sono popolate da ombre, crisalidi, fantasmi e nature morte.

Sentimenti, vicende personali, paure, speranze e la vita quotidiana costituiscono i temi di cui sono composti i romanzi di Mario Lattes, che sono sempre opere autobiografiche, scritte con sensibilità, con ironia e profondo senso epico. Nel 1972 veniva pubblicato un libretto intitolato “Fine d’anno” in cui sono raccolte alcune poesie di Lattes, che ripropongono i temi centrali della sua riflessione: la nostalgia per ciò che si è dovuto lasciare, che non c’è più se non nella memoria, la morte, la natura, l’amore che passa, l’esilio. Nel 2015, per volontà degli eredi, veniva pubblicata la tesi di laurea di Mario Lattes a cinquantacinque anni dalla sua stesura, dal titolo “Il ghetto di Varsavia”, a cura del Professor Giacomo Iori.

Mara Martellotta

 

San Giovanni, ingresso a 1 euro per le mostre alla Gam, Mao e Palazzo Madama

La Gam, Mao e Palazzo Madama celebrano la festa di San Giovanni  offrendo a tutti i visitatori l’ingresso a 1 euro alle mostre temporanee e permanenti, un’occasione davvero imperdibile non solo per i torinesi, ma per le persone di passaggio a Torino.

Alla Gam i visitatori potranno ammirare una ricca selezione di opere della collezione permanente nelle mostre “Ottocento. Collezioni Gam dall’Unità d’Italia all’alba del Novecento ” e “Viaggio al termine della statuaria”.

Al Mao il pubblico potrà visitare le gallerie dedicate a Cina, Giappone, Hymalaya, Asia Meridionale e Sud Est Asiatico,  che costituiscono collezioni permanenti e la mostra  dal titolo “Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale, allestita all’interno della galleria dedicata all’arte islamica.

Nello spazio dedicato alle mostre temporanee è,  invece, visitabile la mostra dedicata a Buddha e si potrà ammirare l’installazione HIdden Foowers di Jacopo Milani,aperta fino al prossimo 25 giugno.

A Palazzo Madama oltre alla ricca colazione permanente di dipinti, sculture, codice miniati, maioliche e , porcellane, ori, argenti e tessuti, il pubblico potrà godersela mostra temporanea dal titolo “Bizantini . Luoghi, simboli, comunità di un impero millenario e i colori della libertà“.

MARA MARTELLOTTA

Paolo Pozzi e la linea ideale sul 45° parallelo

 

Al termine di un lavoro di ricerca durato molti anni è stata pubblicato in edizione ristretta l’interessante volume “ 45° parallelo. Similitudini, somiglianze, intrecci e fantasie nelle culture dialettali” nel quale Paolo Pozzi  indaga e confronta vicende e sovrapposizioni lessicali, testi poetici e musicali su una linea ideale che scorre dalla sponda piemontese del Verbano fino alle coste dell’Istria.

 

L’autore, dirigente industriale in pensione e appassionato ricercatore, nato al Mottarello di Masnago (Varese) e residente sulle colline di Stresa, ha potuto attingere sia dalla cultura lacustre dell’ Insubria sia dalle tradizioni friulane, soprattutto della destra del Tagliamento, la terra dei suoi nonni materni. Un volume di 140 pagine dove il testo è accompagnato da numerosissimi rimandi  a fonti esterne attivabili semplicemente con un click e da una chiavetta usb dove sono raccolti numerosissimi documenti. Il lavoro di Paolo Pozzi sui parallelismi nelle culture dialettali tra ovest ed est, viaggiando idealmente sulla linea del 45° parallelo, è molto interessante. La splendida espressione tradotta dall’yiddish di Weinreich (“una lingua è un dialetto con un esercito e una marina“) riassume l’importanza e la nobiltà delle tradizioni vernacolari. Non a caso l’autore cita il cardinal Tonini che, acutamente, sosteneva come le nostre radici non si trovano solo nella terra dove siamo nati ma anche nell’educazione che abbiamo ricevuto. Così, accompagnati dai parallelismi, si può viaggiare tra le pagine confrontando lingue e tradizioni dei progenitori di Pozzi, come nei casi della nonna materna, friulana, e di quella paterna, originaria del varesotto. Un confronto che chiama in causa i poeti lungo quel filo immaginario che corre tra le terre dell’Ossola e del lago Maggiore fino a Pinguente, nella valle del fiume Quieto, un tempo sede della Serenissima nell’entroterra istriano. Il richiamo a Pier Paolo Pasolini che precisa il senso del canto popolare e il viaggio proposto da Pozzi ( dove, pur stando seduti, ci si sente sempre in movimento) tra storie, migrazioni di uomini e parole, contaminazioni maturate su strade polverose battute dalle truppe napoleoniche formate dai grognards de la grande armée, vecchia  e fedele guardia napoleonica proveniente da territori larghi e transnazionali, sono immagini straordinarie. I Savoia che diffondono la lingua italiana per combattere ignoranza e analfabetismo e, al tempo stesso, favorire sentimenti unitari; il popolo che salva il dialetto dalla protervia del fascismo che imponeva l’italianizzazione forzata ( come fece in Istria e Dalmazia, territori occupati) aprono squarci sulla storia. La ricerca sulle similitudini nei vocaboli tra i dialetti bosino e friulano, l’arguto confronto sui diversi significati della parola “briciola” o la scoperta che Madonna” nel dialetto bresciano è un termine con tre significati ( appellativo di Maria – come nel resto del Paese – , suocera e persino una brutta parola). Nanni Svampa fondatore del gruppo cabarettistico e musicale dei Gufi, immaginato in parallelo con George Brassens mentre il padre Nino a Cannobio scriveva poesie e coltivava la passione velistica, raccontate nel libro “Boff de Canobina” (vento di Cannobina), consente a Paolo Pozzi di tracciare un altro parallelo con Biagio Marin, il poeta di Grado che nacque in territori a quel tempo appartenenti all’impero austro-ungarico. Il libro propone spunti e riflessioni offerte in un lavoro che non ha nulla di accademico, come precisa l’autore, ma si trasforma in un vitalissimo affresco di culture e storie. Le vicende narrate si ripetono nelle vicissitudini dei migranti di ieri e di oggi, tra chi conobbe l’esodo da Pinguente e chi raggiunge con una imbarcazione di fortuna Lampedusa dopo aver attraversato un braccio di mare che è diventato un cimitero di disperati in cerca di fortuna o in fuga da guerre e fame. Le suggestioni che si offrono al lettore sono tante e c’è una continuità, un filo rosso che lega personaggi e luoghi, profili come quello di Toti Dal Monte e paesi come Pieve di Soligo. La solida ricerca condotta da Paolo Pozzi confrontando canzoni e poesie e la parte che dedica a Trieste e alla terra friulana dove si dipana parte del suo “lessico famigliare”, è una sorta di compendio alle tracce che si trovano leggendo “Gli aghi”, un suo libro di qualche anno fa. Se ci si può permettere un ulteriore parallelismo questo è possibile chiamando in causa il Breviario Mediterraneo di Predrag Matvejević, un libro che sembra una finestra spalancata sul mare nostrum, su moli e banchine, sagome di chiese e architettura di case, sui fari delle coste e gli itinerari delle carte nautiche. Leggerlo equivale a sfogliare le pagine di un dizionario di gerghi, espressioni, idiomi, parlate che cambiano nel tempo e nello spazio. Quello di Paolo Pozzi è un breviario poetico sull’uso della lingua e di quello che, volgarmente, viene definito dialetto ma che a ben guardare , essendo “una varietà della lingua”, ne ha la stessa dignità, trasmettendo emozioni e calore, traducendo i sentimenti in parole spesso più appropriate di quanto possano fare le lingue ufficiali. Già nella sua silloge “Le rime migranti”  usò le varietà delle “sue lingue” con garbo e maestria, sia quella bosina che svela la radice paterna, legata al territorio della provincia di Varese, che le friulane e istriane, rispettivamente della madre e della moglie, frutto del pluralismo linguistico che si trova sulla linea del confine orientale, dove la tradizione mitteleuropea sfuma nei Balcani. Lì si toccano due mondi: l’Occidente, dove la verità è adeguamento della cosa all’intelletto; e l’Oriente, dove la verità è ciò che sembra che la cosa sia. Così, sfogliando le pagine, si respirano le atmosfere del Verbano, dove si sente “l’acqua che sciaborda contro i sassi” e s’intuisce il profilo dei monti che lo circondano ( “come stirate dalle dita del vento, delle nuvole grigie si strappano sulle cime della Val Grande”) fino all’Istria e dell’Adriatico (“Non si può solo camminare sulla riva per capire cosa vuol dire Mare! Ma con l’impeto di un’onda che ti spinge a vele tese, prova a navigare..”). E’ il lievito del racconto, dell’impasto dei suoi pensieri. Ci sono le riflessioni sociali, immagini d’attualità, i segni di una sensibilità ricca, profonda, mai banale – in questo peregrinare tra le brume e le nebbie del lago Maggiore e l’ombra del campanile “dritto e aguzzo” di Pinguente (la croata Buzet di oggi). Quella di Paolo Pozzi è una ricerca che meritava d’essere conosciuta perché lasciarla chiusa e al buio nel fondo di un cassetto sarebbe stata davvero un peccato.

Marco Travaglini

Quando “L’arte può rompere le scatole”

Performance di Afran

Nell’ambito della conferenza di presentazione

della 7° edizione del Festival Panafricano

Giovedì 22 giugno 2023 ore 16:00

GAM Sala 1 – Area Education

 

La GAM di Torino ospita il 22 giugno alle 16:00 la conferenza di apertura della 7° edizione del Festival Panafricano, dal titolo Origini, Connessioni e Comunità solidali, con i saluti istituzionali del Presidente dell’Associazione Panafricando Jerome Bohoui Gohoure, e Liuba Forte, Responsabile del Progetto Festival Panafricano.

Intervengono:
Rosanna Purchia
 – Assessora alla Cultura della Città di Torino

Maria Grazia Grippo – Presidente Consiglio comunale della Città di Torino

Riccardo Passoni – Direttore GAM 

 

In occasione dell’apertura del Festival Panafricano 2023 alle ore 16:30 il Dipartimento Educazione GAM ospita, nell’ambito dei progetti per l’Intercultura, la performance L’arte può rompere le scatole dell’artista camerunense Afran.

L’azione pittorica si sviluppa intorno a una installazione di cartoni con cui Afran interagisce mediante colore, movimento, suoni e parole. Un viaggio di suggestioni che, con ironia, porterà il pubblico a riflettere sugli spostamenti dei beni e sui rapporti di forza nel nostro mondo contemporaneo.

L’opera suggerisce anche una riflessione sul ruolo rivestito oggi dall’arte, in un contesto in cui spesso questa asseconda passivamente il corso della storia, accontentandosi di entrare in prestigiose collezioni.

Il pubblico potrà partecipare attivamente alla performance attraverso un confronto e un coinvolgimento diretto con l’artista.

Per partecipare alla conferenza stampa è richiesta la prenotazione QUI

Per partecipare alla performance è richiesta la prenotazione QUI

Tutto il programma del Festival

 

BIO

Afran (Francis Nathan Abiamba) nasce a Bidjap, in Camerun, nel 1987.

Dopo aver frequentato l’Istituto di Formazione Artistica di Mbalmayo, si diploma in ceramica. Coltiva la pittura, sua grande passione, presso gli atelier dei più grandi pittori camerunesi e congolesi. Nel 2006 si apre all’arte contemporanea grazie a Salvatore Falci, professore di arti visive all’Accademia di Belle Arti di Carrara (MS).

Dopo numerosi concorsi ed esposizioni collettive, nel 2008 presenta la sua prima personale al Centro Culturale Spagnolo di Bata, in Guinea Equatoriale, terra nella quale si era recato alla ricerca delle sue radici.  Questa mostra apre la porta a una serie di esposizioni personali e collettive tra Guinea Equatoriale, Camerun, Spagna e Italia, dove ora risiede.

La Public Art – installazioni e performance – rappresenta attualmente il linguaggio più coerente e adeguato alla sua ricerca attorno alla tutela dell’identità culturale nel mondo contemporaneo.

Il Festival Panafricano, evento annuale dal 2014, è un’iniziativa organizzata e promossa dall’Associazione Panafricando con la partecipazione e il sostegno delle associazioni e comunità locali, straniere e afro-discendenti di Torino. Il Festival, durante tutte le 6 stagioni precedenti, ha ospitato la rappresentazione artistica, popolare, culturale e gastronomica di 35 diversi stati africani e ha portato con sé una filosofia comunitaria per dissolvere le diverse barriere presenti tra africani e italiani.

GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA – Via Magenta, 31 – 10128 Torino

Orari di apertura: da martedì a domenica 10:00 – 18:00.

Chiuso il lunedì.  La biglietteria chiude un’ora prima.

Song for stars 2023 prosegue lo spettacolo del cielo in musica!

Infini.to Planetario di Torino, Museo dell’Astronomia e dello Spazio “Attilio Ferrari”

in collaborazione con Jazz is Dead! festival e TUM Torino

prossimo appuntamento con l’ambiente sintetico di

Marta de Pascalis e Nick Foglia

venerdì 23 giugno

 

Space Aliens From Outer Space

venerdì 14 luglio

 

 

 

Torna anche quest’anno Song for Stars, il progetto musicale di Infini.to Planetario di Torino che combina la performance dal vivo all’astronomia. Accomunati dal desiderio di viaggiare verso mondi lontani, artisti e scienziati si incontreranno sotto la cupola del Museo dello Spazio come piloti di un’astronave pronta a percorrere lunghe distanze. A bordo un pubblico di appassionati e curiosi si farà trasportare dalle note e dalle stelle. Dopo l’ultima fortunatissima edizione con il Maestro Lino Capra Vaccina, lo sperimentatore Oren Ambarchi e il Collettivo Sintetica, che ha registrato una serie di tutto esaurito accessoriata da tanta commozione ed emozione, la rassegna riparte sulla collina di Torino. Pino Torinese ospita il Planetario dal 2007: passione per la conoscenza e promozione del metodo scientifico rappresentano l’impronta con cui Infini.to e il suo staff caratterizzano ogni attività didattica e divulgativa rivolta ai grandi e ai bambini dichiara online la direttrice del Museo Eleonora Monge. Anche Song for Stars non sembra venir meno alle premesse professionali dell’ente poiché estetica e arte non sostituiranno la scienza. Ad accogliere gli astanti sarà una chiara spiegazione di ciò che si andrà a visitare, prima di lasciarsi andare, con la testa all’insù, alla danza del cielo che accompagnerà la performance musicale. Ogni volta una produzione originale scritta dagli astrofisici di Infini.to che, ascoltando i suoni degli artisti, organizzeranno un vero e proprio viaggio interspaziale.

Siamo al secondo appuntamento dell’estate 2023. Si prosegue il 23 giugno con due concerti, Marta de Pascalis musicista e sound designer berlinese spazia tra ambient e psichedelia utilizzando un’affinata e particolare tecnica di sintesi analogica. Nick Foglia è un ingegnere del suono che ha imparato a sfruttare le potenzialità tecniche come risorsa artistica, in questa sua attitudine si intravede il pensiero che sta alla base della rassegna. Basterebbe forse solo il nome per contestualizzare la terza formazione ospite di Song for Stars il 14 luglio: tornano dopo dieci anni dalla pubblicazione del loro primo album gli Space Aliens From Outer Space, e lo fanno con lo spirito di un B-Movie fantascientifico, con abiti alieni e usando l’immancabile vocoder, accompagnati da futuristici sintetizzatori. Parrà di vivere un sogno e di vedere finalmente cadere dal cielo creature d’altri mondi!

 

Anche quest’anno il biglietto del concerto include la visita al museo. L’area si sviluppa su tre livelli ed è consigliato arrivare con un po’ di anticipo per godere appieno dell’esperienza di conoscenza.

 

BIOGRAFIE

 

Marta De Pascalis è una musicista e sound designer italiana con sede a Berlino. Nei suoi lavori da solista impiega la sintesi analogica e un sistema tape-loop per mezzo del quale crea pattern di ripetizione che danno forma al senso di una lontananza densa, dinamica e catartica. Il suo suono include una vasta gamma di generi di musica elettronica, come l’ambient, psichedelia e musica su nastro. Ha pubblicato tre album: l’autoprodotto Quitratue (2014), Anzar per la The Tapeworm imprint (2016), l’etichetta affiliata alla Touch, e Sonus Ruinae, pubblicato a settembre 2020 dall’etichetta sperimentale berlinese Morphine Records. Si è esibita in diversi festival e venue, in particolare: Museo Reina Sofia, Biennale di Venezia, Berghain, Funkhaus, Café Oto, Mutek Festival.

 

Nick Foglia è un sound engineer e producer attivo a Berlino dal 2009 al 2017 e successivamente a Torino, collabora a progetti musicali nazionali ed internazionali sfruttando le potenzialità dell’attrezzatura dello studio di registrazione come strumento creativo. In qualità di musicista pubblica brani unicamente in occasione dell’uscita delle varie edizioni di Paradisia, compilation con cadenza periodica curata ed edita dall’etichetta torinese Gang of Ducks. Dice di lui: il mio amore per la musica è iniziato in tenera età, ascoltando i dischi in vinile di mio padre, e ben presto ho iniziato a giocherellare con gli strumenti musicali. Dopo la laurea in musica nel 2009 mi sono trasferito a Berlino dove ho avuto le mie prime esperienze nella registrazione di musica con le mie band in veri e propri studi professionali, un ambiente di cui mi sono subito innamorato, quindi, ho deciso che produrre e registrare musica era ciò che mi interessava fare. Negli anni successivi ho avuto la possibilità di imparare da ottimi tecnici del suono, tra cui Francesco Donadello nel suo bellissimo studio, Vox-Ton, dove l’ho assistito nella registrazione e mixaggio di musica per clienti di altissimo profilo e in seguito ho avuto l’opportunità di conduco sessioni come capo ingegnere, sperimentando il mezzo analogico utilizzato come strumento creativo e perfezionando la mia tecnica microfonica. Nel 2016 sono tornato in Italia dove attualmente lavoro e collaboro con molti artisti musicali di grande talento presso Rubedo Recordings.

 

Space Aliens From Outer Space, nell’ormai lontano 2013, pubblicarono il loro primo album intitolato Invade, il quale fu seguito da una serie di concerti epici in tutta Europa e da successive pubblicazioni, riscuotendo un grande successo del pubblico presente ai loro live show. Ora, nel 2023, i due membri fondatori della band ripercorrono il tunnel spazio-temporale nel quale scomparvero, per tornare sulla terra e celebrare con noi l’anniversario della loro opera d’esordio. Space Aliens From Outer Space è un progetto basato sulla rielaborazione della musica e dell’immaginario fantascientifico: dai B-Movie degli anni ’50 ai film di culto di Carpenter, Cameron e Scott. Usando l’immancabile vocoder, i suoni tipici dei sintetizzatori d’epoca, questi artisti hanno saputo donare al pubblico un’esperienza di viaggio cosmico, a volte inquietante, a volte festosa, sempre irresistibilmente divertente. Da quando si sono formati nel 2010, hanno suonato in tutta Europa, tra locali, luoghi storici (come il Beursschouwburg a Bruxelles) e numerosi festival, come il Torino Horror Film Festival.

 

INFO

 

23 giugno Marta de Pascalis + Nick Foglia ore 21

14 luglio Space Aliens From Outer Space ore 21

apertura del Museo ore 19

ticket euro 12 su planetario.it

 

via Osservatorio 30, Pino Torinese

Un ricordo del grande Pier Luigi Nervi nel giorno della sua nascita

Oggi compirebbe ben 132 anni uno dei più grandi ingegneri ed accademici italiani di tutti i tempi che, con il suo genio costruttivo, ha dato molto a Torino. Parliamo di Pier Luigi Nervi, nato a Sondrio nel 1891 da genitori liguri e morto a Roma nel 1979.

Partendo dal suo personale concetto secondo cui l’arte non è concepibile soltanto come estetica ma anche come pura funzionalità e staticità, portano la sua firma alcune tra le più significative opere architettoniche contemporanee dell’edilizia civile italiana e mondiale. Innovativo nelle sue soluzioni spaziali e strutturali, ogni sua realizzazione racchiude in sé l’innovazione oltre all’ eleganza, alla modernità in risultati sempre nuovi e sorprendenti dovuti anche ai suoi studi su nuove tecniche e nuovi materiali, studi di cui ci ha lasciato importanti scritti.

 


Ricordiamo soltanto alcuni tra i suoi tantissimi lavori: lo stadio di Firenze negli anni 30, i grandi hangar per l’aviazione italiana ad Orvieto degli anni 40, la sede dell’Unesco a Parigi degli anni 50, il grattacielo Pirelli a Milano e la Sala Nervi in Vaticano. A Torino porta la sua firma il salone di Torino Esposizioni al Valentino del 1949 ed il Palazzo del Lavoro anche giustamente ricordato come Palazzo Nervi, del 1960, quando fu eretto per la grande manifestazione di Italia 61. Si tratta di uno dei capolavori dell’architettura edile del Novecento, che ora arrugginito e vergognosamente abbandonato sta cadendo a pezzi senza che si stia facendo alcunché per salvarlo.

Dicono di questo indimenticabile genio italiano che racchiuse in sé l’audacia dell’ingegnere, la fantasia dell’architetto con la concretezza dell’imprenditore. E dicono bene. Auguri quindi a questo grande italiano che le sue opere hanno reso immortale alla memoria collettiva nei secoli.

Patrizia Foresto

Le Gallerie d’Italia si animano di concerti e laboratori musicali

In occasione del 21 giugno, giorno del solstizio d’estate

 

In occasione del solstizio d’estate, il 21 giugno prossimo, numerose città europee si animeranno per la Festa della Musica, con una ricca proposta di iniziative e happening musicali, anche allo scopo di rappresentare le varie matrici culturali, storiche e etniche in tutte le performance proposte.

Intesa San Paolo aderisce all’iniziativa, ospitando concerti e laboratori musicali negli spazi museali delle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli, Torino e Vicenza, per richiamare l’attenzione non solo sul valore della musica, ma anche sul dialogo che sa intrattenere con le opere e le architetture delle quattro sedi.

A Torino, a partire dalle 16 alle 17.30 di martedì 21 giugno prossimo, si susseguiranno attività per famiglie in laboratorio, volte all’ascolto musicale tra le sale storiche di Palazzo Turinetti, ispirati dalle melodie, che consentiranno di realizzare una rielaborazione fantasiosa degli spartiti ascoltati.

Si tratta di attività consigliate per bambini dai 6 ai 10 anni, con prenotazione obbligatoria al numero verde 800167619, oppure scrivendo a torino@gallerieditalia.com

Mara Martellotta

Il Diario Italiano di Pier Franco Quaglieni

Diario Italiano è l’ultimo libro di Pier Franco Quaglieni, storico e saggista, colto polemista che ha abituato i lettori a riflettere su testi che brillano per lo spiccato anticonformismo che ne accompagna da sempre l’assoluta libertà di pensiero, riluttante nei confronti della piaggeria e dei condizionamenti che abbondano in gran parte delle pubblicazioni più o meno engagé che affrontano i temi della storia e del costume contemporanei. Risulta di grande interesse la raffigurazione della storia contemporanea attraverso le biografie di questi ventinove personaggi che hanno saputo influenzare le vicende della nazione e del territorio piemontese. Un’ impresa italiana per nulla scontata e assai ardua poiché Quaglieni ha inteso puntualizzare che i personaggi descritti sono solo alcune delle più importanti personalità che hanno impresso il loro segno in questa storia. Eppure il quadro d’insieme che scaturisce è quanto mai interessante, testimoniando una profonda conoscenza e quello spirito libero e critico che da sempre contraddistingue il direttore del Centro Pannunzio. Sono ritratti di personaggi a loro volta scomodi, capaci di intuizioni o imprese non scontate, molto diversi tra loro come, per fare qualche esempio, Giovanni Agnelli e Carlo Donat-Cattin, Alberto Asor Rosa e Luigi Firpo, Frida Malan e Gino Strada, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e Carol Rama. Oltre a queste personalità e ai loro profili tratteggiati vanno segnalati i due contributi finali contenuti nel libro ( Il mio 25 aprile tra ricordi e storia e I conti con il fascismo) dove Pier Franco Quaglieni riprende e affronta la riflessione sui grandi temi delle ideologie novecentesche, dal comunismo al fascismo, all’antifascismo post bellico e odierno, ai sovranismi del Terzo Millennio. Lo fa con le sue opinioni destinate a far discutere, scegliendo deliberatamente di rappresentare anche le ragioni dei vinti “perché una storia scritta dai soli vincitori appare non accettabile”. In fondo tutto il libro riprende la riflessione “su destra e sinistra nella storia del Novecento, andando oltre le contrapposizioni manichee”. Il male e il bene assoluto, secondo l’autore, “sono assolutizzazioni incompatibili con la ricerca e la comprensione storica che esige invece il distacco dai fatti di cui fu capace Federico Chabod nella sua Storia dell’Italia contemporanea del 1950”. La sua scrittura è animata da una passione civile che, come in più occasioni ha avuto modo di sottolineare, affonda le sue radici culturali nel Risorgimento e nei suoi valori ideali. E la passione per la libertà, il piacere del confronto delle idee e della discussione viene esternata con chiarezza, senza il timore di apparire scontroso o persino urticante nell’esprimere i suoi giudizi, pur rispettando le varie posizioni.  Non è del resto una novità per chi conosce la sua ampia produzione culturale, improntata saldamente su alcuni principi come la difesa dell’oggettività storica e l’allergia nei confronti di ogni fondamentalismo, in nome e per conto di una idea di moderno umanesimo che non può che far bene in questi tempi pigri e opachi.

Marco Travaglini

Il tesoro della Città. Tra storia e tecnologia, i simboli di Torino

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica segnala mercoledì 21 giugno 2023 alle ore 18l’incontro di approfondimento, che si terrà all’Accademia Albertina di Belle Arti, Salone d’onore, via Accademia Albertina 6, Torino.

 

L’evento, in collaborazione con Rai CRITS e Palazzo Madama, propone un excursus sulla storia dei simboli dell’identità cittadina, a pochi giorni dalla festa patronale di San Giovanni Battista: dal timpano della chiesa della Gran Madre di Dio alla mazza d’argento di Torino, oggi conservata a Palazzo Madama.

A guidare il pubblico saranno gli interventi diFabio Amerio ed Enrico Zanellati per l’Accademia Albertina e la sua Pinacoteca, diClelia Arnaldi di Balme, conservatrice di Palazzo Madama, e degli ingegneri Davide Zappia e Alberto Ciprian del Centro Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione della RAI, che descriveranno le tecnologie messe a disposizione dell’indagine storico artistica e della sua valorizzazione.

Ingresso gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili

Prenotazione consigliata: 0110897370 –comunicazione@albertina.academy