Un interessante incontro interculturale sul connubio tra vino e arte è stato proposto a Mombello Monferrato nella Cantinetta Resort di Roberto Imarisio eclettico personaggio, enologo, musicista, appassionato e colto collezionista di dipinti, sculture, disegni e antichi reperti raccolti con fiuto di intenditore, in un piccolo ma preziosissimo vero e proprio museo, denominato, non a caso, “Gli Sguardi di Dioniso”.

Immediatamente, nel leggere l’intitolazione, si ha l’impressione di ritornare indietro nel tempo riportando alla mente i lirici greci e latini che esaltavano i poteri del mitico dio del vino, Alceo ritenendolo cura degli affanni e rivelatore dell’animo di ognuno (in vino veritas), Orazio con il suo “Nunc est bibendum” invitando a ballare e brindare, con l’allora famoso vino Cecubo, la scomparsa di Cleopatra.

Come a quei tempi venivano cantati il Vinello Sabino, il Falerno, il Mareatico e il Caleno, così Imarisio decanta i grandi vini della sua cantina attraverso suggestive similitudini tra le caratteristiche delle singole bevande e il temperamento di famosi artisti.
La sfrenata irriverenza di Caravaggio non è forse paragonabile alla turbolenza del Grignolino causata dai tannini?
E che dire dell’incantevole Ipsum se non paragonarlo alla sognante fantasia creativa di Salvador Dalì.
Tra le innumerevoli opere, in un ambiente raffinato dove si è rispettato lo stile originale della casa secentesca, prevale il gusto del proprietario attraverso l’arte espressionista, simbolista e surreale.
Enrico Colombotto Rosso ci incanta con uno stile dai vari risvolti, un prisma dalle mille sfaccettature che coinvolge, oltre all’evidente surrealismo, anche le movenze liberty e persino il preromanticismo attraverso la poetica del sublime che desta attrazione e sgomento al tempo stesso.
Affascinano la trasfigurazione della realtà, le figure grottesche, le metamorfosi, gli incubi che escono dalla cosiddetta “Africa interiore” come venivano chiamati gli spazi profondi dell’inconscio. Accanto ad alcuni bellissimi quadri di Leonor Fini che molto lo influenzò.
Tante le opere appartenenti all’espressionismo astratto di Maria Teresa Guaschino allorchè abbandonò l’arte figurativa a favore dell’arte aniconica esprimendosi attraverso rabbiosi grumi di denso colore che, ricordando Fautrier, denunciano l’assurdità della violenza e dell’ingiustizia.

Non mancano importanti nomi di artisti, perennemente fedeli al figurativo, appartenenti al nostro territorio, come i grandi della ritrattistica Gino Mazzoli, dal virtuosismo ereditato da Giacomo Grosso, e Ambrogio Alciati con accenti scapigliati e boldiniani.
Inaspettatamente, dulcis in fundo, ci sono stati mostrati un olio di Dalì e un disegno a biro di Picasso rappresentante la colomba, offrendo una ulteriore splendida occasione di vivere la bellezza dell’Arte.
Giuliana Romano Bussola



Giovedì 30 maggio prossimo inaugura alla galleria d’arte Pirra la mostra personale di Luisa Albert, intitolata “La forma della luce”. La galleria Pirra ha nuovamente il piacere di ospitare questa artista, dedicando un tributo alla luce e alle sue immense possibilità. Luisa Albert, torinese, allieva di Ottavio Mazzonis, nelle sue opere rivela il gusto per la tradizione, assimilata, rielaborata e trasferita nel presente attraverso un suggestivo linguaggio figurativo. La luce è l’elemento fondamentale per la creazione di un dipinto e rende possibile la percezione tridimensionale degli oggetti e degli ambienti, attribuendo qualità alle superfici, creando atmosfere e suoni o silenzi attraverso le dominanti cromatiche. La capacità di leggere la luce, darle forma, capirne le peculiarità e interpretarne le potenzialità è un elemento fondamentale per l’artista che, ben lontano dall’imitare la fotografia, in quanto tessuto pittorico delle sue tele, ben visibile all’occhio, mira a sedurre l’osservatore, restituendo immagini autentiche, la cui purezza si accompagna a un intenso realismo immaginifico. In tal senso anche i titoli delle opere si rivelano eloquenti.


Un’appendice della mostra (accompagnata da una lucida narrazione di Enrico Camanni, studioso della montagna e anche lui alpinista, e di Giulia Ticozzi, fotografa e storica della fotografia) è presente anche all’interno della “Cappella del Forte” con quattro gigantografie dedicate sempre all’amato “Monte Rosa”. La montagna del cuore, su cui Camisasca riversa – con una cifra stilistica di assoluta perfezione – tutto il potere della sua creatività e del suo costante vagare per “terre bianche”, dove spesso l’immaginario supera abbondantemente il reale. E lì sta tutto il bello e l’immensa poesia dei suoi scatti!