CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 217

Per la prima volta in Italia, l’ipnotica mostra di Tim Burton debutta al Museo del Cinema 

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11 ottobre 2023 – 7 aprile 2024

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino presenta IL MONDO DI TIM BURTON, la mostra dedicata
al genio creativo di Tim Burton, ideata e co-curata da Jenny He in collaborazione con Tim Burton e
adattata da Domenico De Gaetano per il Museo Nazionale del Cinema. Per la prima volta in Italia, la
mostra sarà allestita alla Mole Antonelliana dall’11 ottobre 2023 al 7 aprile 2024.
È un viaggio nell’universo visionario e nella creatività di Tim Burton e il nucleo principale
dell’esposizione si concentra sull’archivio personale del regista, mostrando un’incredibile varietà
della sua produzione creativa. Non solo quindi preziosi documenti ma anche disegni e bozzetti con i
temi e i motivi visivi ricorrenti da cui hanno preso vita i suoi personaggi che caratterizzano i suoi
mondi cinematografici distintivi.


“Quando il Museo del Cinema mi ha contattato per la mostra ho capito che era lo spazio perfetto –
racconta Tim Burton nella sua nota all’inizio del catalogo edito da Silvana Editoriale in occasione
della mostra. La Mole è iconica e una fonte di ispirazione, spero che pensiate lo stesso di questa
mostra. Mi auguro che vi piaccia”.
“Con questa mostra dedicata a Tim Burton il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio a un
grande artista di fama internazionale- sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del
Cinema. Il mostro ente conferma così il ruolo strategico e di rilievo che occupa tra le più importanti
istituzioni culturali, confermato anche dai frequenti apprezzamenti che riceviamo da esponenti del
mondo dello spettacolo. Siamo un’istituzione che guarda sempre avanti e ringrazio Tim Burton per
aver visto nella Mole Antonelliana la location perfetta per la sua bellissima mostra”.


“Ospitare Tim Burton a Torino è un sogno che si realizza – afferma Domenico De Gaetano, direttore
del Museo Nazionale del Cinema. L’immaginario fantastico dei suoi film ha accompagnato le nostre
vite, dai bambini agli adulti, conquistandoci con le sue storie e dando vita a opere universali e
personaggi indimenticabili che sono outsider rispetto al mondo che li circonda. Fondendo la magia
del cinema di Tim Burton con la magia dell’architettura, abbiamo trasformato la Mole Antonelliana nel
suo “laboratorio” creativo, la materializzazione delle sue fantasticherie d’artista per trasportare il
visitatore al centro del suo mondo stravagante, colorato e dark”.
Questa grande mostra immersiva è una sorta di viaggio esclusivo nella mente di un genio creativo,
l’esplorazione definitiva della produzione artistica, dello stile inimitabile e della prospettiva specifica
di Tim Burton. Allestita nell’Aula del Tempio, sulla rampa elicoidale e al piano di accoglienza della
Mole Antonelliana, la mostra è suddivisa in 9 sezioni tematiche e presenta oltre 550 opere d’arte

originali, raramente o mai viste prima, che vanno dagli esordi fino ai progetti più recenti, passando
per schizzi, dipinti, disegni, fotografie, concept art, storyboard, costumi, opere in movimento,
maquette, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale.
Sfruttando il verticalismo antonelliano, la suggestiva ambientazione permette ai visitatori di
immergersi nello straordinario universo di Tim Burton. La mostra infatti ripercorre le orme del regista e
dell’evoluzione della sua singolare immaginazione visiva di artista postmoderno multidimensionale,
in una sorta di autobiografia raccontata attraverso il suo processo creativo senza limiti. Attraverso la
presentazione unica dell’opera di Tim Burton, la sua visione unica trascende i mezzi e i formati,
rendendo chiaro come idee, temi e persino alcune immagini specifiche della sua arte siano finite nei
film più iconici che oggi associamo allo sfarzoso spettacolo cinematografico.

Molto prima del successo critico e commerciale nei generi live-action e animazione, Burton si è
ispirato ai film in televisione, alle animazioni, ai fumetti sui giornali, ai miti e alle favole raccontate a
scuola e ad altre forme di cultura popolare, incorporando queste influenze di sempre nella sua arte e
nei suoi film.
Tim Burton è anche protagonista di una straordinaria Masterclass e riceverà il premio Stella della
Mole come riconoscimento del suo contributo visionario e innovativo con il suo stile inimitabile alla
storia del cinema.
Durante tutta la durata della mostra verranno organizzate delle iniziative per il pubblico e delle
attività per le scuole, proiezioni dedicate al Cinema Massimo e cine-lezioni in collaborazione con
la Scuola Holden. Inoltre, il Museo organizza un ciclo di incontri di formazione rivolto agli insegnanti
e un workshop in collaborazione con Scuola Holden.

 


In occasione della mostra dedicata a Tim Burton, il Museo Nazionale del Cinema ha in programma al
Cinema Massimo la retrospettiva completa dei suoi lungometraggi che sarà suddivisa tra
novembre e febbraio 2023, e a cui si aggiungerà una “carta bianca” con una manciata di film amati
dal regista di Edward mani di forbice e che hanno contribuito a formare il suo sguardo unico nel
panorama internazionale. Si procederà in ordine cronologico, in modo da consentire allo spettatore di
fare un’esperienza unica, vedendo e rivedendo i film dal primo all’ultimo in modo da offrire una
visione completa della poetica di Burton
A completamento della mostra, vede la stampa il catalogo The World of Tim Burton, edito da
Silvana Editoriale, a cura di Domenico De Gaetano e con il coordinamento Fabio Pezzetti Tonion.
All’interno, un importante apparato di immagini e i testi di Tim Burton, Jenny He, Domenico De
Gaetano, Stefano Bessoni, Giona A. Nazzaro, Luca Beatrice.

 

Eravamo immortali (e non lo sapevamo)

“Eravamo immortali” è il titolo dello splendido romanzo di Marco Cassardo, torinese doc trapiantato a Milano da parecchi anni, che ci trasmette quella “saudade”, sentimento simile alla nostalgia, una specie di malinconia per qualcosa che si è perso per sempre, che non tornerà più ma vive nella nostra memoria, in questo caso tutta sabauda, che ci pervade fino alle ossa.

La storia, tranne una parentesi dedicata alla campagna di Russia, si svolge a Torino attraversando gran parte del ‘900, e io vi ho ritrovato sensazioni, odori, personaggi e immagini di un mondo conosciuto da bambina, anni ‘70, quando si andava allo stadio a tifare per il Toro, in curva Maratona, faceva freddo allora, mi avvolgevo nella sciarpa granata e si sentiva nell’aria quell’odore indimenticabile di nebbia che non so descrivere.

Un’amicizia lunga una vita è quella che lega i due protagonisti, Steu e Nando, uniti dalla passione per il Toro, anche Cassardo è un vecchio cuore granata, per la bici, dall’agonismo ma divisi dal carattere e dalla politica.
Steu, personaggio ispirato in parte al papà dell’autore, è un comunista, partigiano e poi imprenditore, Nando, il più rozzo, è un fascistone, un anticonformista, un lupo solitario ma non si riesce a non volergli bene.

Si conoscono nel ‘39, durante una gara ciclistica sul Colle della Maddalena, Steu è uno dei favoriti, trova il senso della sua esistenza nel combattimento, nella sfida, Nando è l’underdog di oggi che vivrà molto più avanti negli anni una dimensione tragica.

Non sono uomini colti, dopo la guerra lavorano come operai in Fiat, Stefano si crea una propria cultura politica di sinistra , è un personaggio estremamente duro, Nando, fascista ma sensibile diventa caporeparto e le loro vite ci vengono abilmente raccontate dall’autore fino ad arrivare agli anni 2000, senza mai tralasciare l’idea della competizione sportiva ed ideologica che lega i protagonisti.

Consiglio a tutti la lettura di questa storia, in particolare a chi ha vissuto a Torino gli anni ‘70/‘80, a chi ha ricordi di freddi inverni, di nebbia sul Po e sulla collina, di tragedie come Superga , di gioie come lo scudetto nel 1976 con il mitico Gigi Radice, dei cortei degli operai in via Roma e dei modi di dire tutti torinesi.

L’augurio e’ che questo romanzo diventi un film o ancora meglio una serie per farci stare con Steu e Nando il più a lungo possibile, immersi in questo tuffo nel passato dove annegare dolcemente, avvolti dalla nostalgia che profuma di caldarroste e nebbia.
Grazie Marco, ero felice e non lo sapevo.

Didia Bargnani

Prosegue LiberAzioni Festival con “Tutta colpa di Giuda”

Prosegue LiberAzioni Festival, alla quarta edizione, mercoledì 11 ottobre, propone Tutta colpa di Giuda, film di Davide Ferrario con Kasia Smutniak Fabio Troiano, girato all’interno della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino.
L’esperienza di attori, registi e autori è utile anche se rivista a distanza di tempo, per capire se la situazione delle carceri, negli anni, sia o meno migliorata. Protagonista del film è l’attrice Kasia Smutniak, che quattordici anni fa ha girato Tutta colpa di Giuda, per la regia di Davide Ferrario, all’interno della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino coinvolgendo il personale e i detenuti di un’intera sezione dell’istituto. L’attrice, tuttavia, non potrà essere a Torino.
La pellicola sarà presentata dal regista Davide Ferrario e dall’attore Fabio Troiano.
La proiezione è in programma al Cinema Massimo (via Verdi 18, Torino), in Sala 2, alle ore 20.45.

“Senza tempo”. In mostra Mimmo Jodice alle Gallerie d’Italia

 

In piazza San Carlo a Torino

 

È dedicata a Mimmo Jodice la mostra che Intesa Sanpaolo apre al pubblico  fino al 7 gennaio 2024 presso le gallerie d’Italia di piazza San Carlo, dal titolo “Mimmo Jodice. Senza tempo”.

Si tratta del secondo capitolo del progetto “La grande fotografia italiana”, curato da Roberto Koch e avviato con la mostra di Lisetta Carmi, allo scopo di realizzare un omaggio ai grandi della fotografia del Novecento in Italia. Nella mostra è coinvolto anche il regista Mario Martone, che ha diretto e realizzato un filmato documentario sulla vita di Mimmo Jodice, suo amico e concittadino che, per la prima volta, viene mostrato nelle sale espositive.

La mostra presenta ottanta opere dell’artista, di cui 22 fotografie della produzione di Mimmo Jodice dagli anni Sessanta agli anni Settanta e undici opere ( tra cui un dittico e un trittico) realizzate su commissione di Banca Intesa, dove la natura si fa immagine e interprete di una dimensione senza spazio e senza tempo. La sezione intitolata, appunto, “Natura”, esposta per la prima volta in una retrospettiva di Mimmo Jodice, aggiunge un nuovo valore alla ricerca.

Mimmo Jodice dimostra una straordinaria capacità di travalicare ogni contingenza temporale per fornirci delle immagini che mostrano una consistenza diversa da quella che fatti e foto di cronaca potrebbero dare.

Il tempo è un fattore decisivo in questo. E proprio il tempo, la capacità nel ribaltare il senso e quella di non farsi assoggettare alle sue regole, rappresentano quelle peculiarità che costituiscono la sapienza di Mimmo Jodice, che rifiuta le leggi del rapido consumo di immagini prese al volo. Il suo è, invece, il tempo della lentezza, il tempo lungo della comprensione, della sintonia con ciò che si ha davanti ed è anche il tempo della camera oscura, in cui si trova a contatto diretto con le immagini. Alla fine riesce a creare opere che sono reperti di un mondo sconosciuto, di un universo poetico e al tempo stesso straniante, senza tempo.

Nato a Napoli nel 1934 Jodice si è avvicinato alla fotografia attratto dalla sua capacità di creare visioni. Si tratta di un processo raffinato e intimo, che si nutre delle Sue memorie personali, di un’esistenza vissuta in una città sfolgorante e al tempo stesso segreta come Napoli, fatta di luoghi e memorie da svelare e comprendere. La mostra è dedicata alla capacità unica di Mimmo Jodice di mostrarci la realtà vista attraverso il filtro di un tempo sospeso e diverso.

I suoi esordi avvengono a stretto contatto con il tessuto culturale e sociale della sua città natale, Napoli. Nel corso degli anni Settanta sperimenta nuovi linguaggi tecnici e la materialità dello stesso oggetto fotografico, facendo della fotografia uno strumento fondamentale di impegno sociale. La figura umana dagli anni Ottanta non è più presente nelle sue fotografie e il centro della sua ricerca diventa il paesaggio, inteso come paesaggio di memoria, di sogno e di civiltà.

In occasione dell’esposizione, dal mese di ottobre, sarà presentato un ricco palinsesto per il tradizionale pubblico program INSIDE, in programma il mercoledì sera alle 18.30, con appuntamenti aperti a tutta la cittadinanza.

Mara Martellotta

 

Il catalogo della mostra è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia Skira.

“Mimmo Jodice. Senza Tempo”).

Gallerie d’Italia.

Dal 29 giugno 2023 al 7 gennaio 2024

Holden Masterclass: Ossessioni

Continua il palinsesto culturale intorno alle ossessioni degli autori e delle autrici più interessanti del panorama italiano.

Per Martin Amis erano i videogiochi. Per Mc Carthy il Tintin di Hervé, ma, per carità, non il film. Per Henry Miller, come per molti, gli ufo. Per Flannery O’Connor e Jonathan Franzen, gli uccelli, di qualsiasi specie e provenienza. Per Marco Missiroli Emmanuel Carrère e per Ilaria Gaspari, invece, gli hotel. Stiamo parlando delle ossessioni, quelle particolari attrazioni dello sguardo su un oggetto, un libro o un’idea, a cui è impossibile sottrarsi. Fenomeno patologici, anche debilitanti, ma per un artista possono essere nutrimento e propulsione nel proprio processo creativo.

Ecco perché alla Holden continuiamo a chiedere ad autrici e autori di venire qui da noi a raccontare la propria personalissima ossessione. Per renderli più umani, per avere una nuova prospettiva sulla loro produzione artistica. Per questo abbiamo chiesto alle autrici e autori che ci piacciono di più di venire alla Scuola Holden a raccontare la propria. Conoscere le personali fissazioni di questi autori può servire non solo a renderli più umani, ma anche ad avere una nuova prospettiva sulla loro produzione artistica. Ogni mese, tre o quattro protagonisti del panorama culturale italiano raccontano la propria inconfessabile mania davanti a un pubblico live che li segue in streaming. Le masterclass, che durano circa quaranta minuti, vengono poi registrate e pubblicate sui canali della Scuola. Oltre che alle Ossessioni, la Scuola si dedicherà, come da tradizione, alle Tecniche: il programma prevede infatti anche delle Masterclass che faranno luce su aspetti tecnici della scrittura e del linguaggio – come la lezione di Vera Gheno sulla capacità della lingua di assorbire nuovi vocaboli e integrarli nell’uso – fino gli approfondimenti sul linguaggio legale, o sulla ricerca di fonti accreditabili in ambito giornalistico.

CALENDARIO

12 ottobre, alle 13 – Andrea Chiarvesio: il ruolo del caso nei giochi da tavolo

16 ottobre, alle 13.30 – Federica Fracassi: Trilogia della città di K.

23 ottobre, alle 13 – Viola Di Grado: bambole

15 novembre, alle 16 – Loredana Lipperini: Stephen King

16 novembre, alle 18 – Stefano Bessoni: Tim Burton

17 novembre, alle 16 – Antonella Lattanzi: Madame Bovary

Admanvis. Ricordi autobiografici di Giovanni Graglia tra le due guerre

Portici di Carta è appena finito, ma gli appuntamenti di ottobre continuano. La presentazione di Admanvis. Ricordi autobiografici di Giovanni Graglia,  si terrà giovedì 12 ottobre alle ore 15 nella Sala URP del Consiglio Regionale del Piemonte!

Interverranno:
Stefano Allasia, presidente del Consiglio Regionale del Piemonte
Sabrina Gonzatto, curatrice dell’opera

 

Evento a cura di Linguadoc

Due muove mostre a Camera dopo il successo di Dorothea Lange

La mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro proposta a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino da metà luglio a inizio ottobre 2023, ha richiamato oltre 30.000 visitatori che si sono immersi nei lavori di un’autrice che è stata definita, come scrisse John Szarkowski, “per scelta un’osservatrice sociale e per istinto un’artista”. Tanti sono stati gli spunti di riflessione su temi attualissimi come la crisi climatica, le migrazioni e le discriminazioni che la mostra, e il seguitissimo programma di incontri, hanno offerto ai visitatori sempre attenti e curiosi, insieme alle esplorazioni sulla rappresentazione visiva della contemporaneità proposti nella mostra in Project Room FUTURES 2023: nuove narrative.

E dal 19 ottobre 2023, CAMERA si presenterà al suo pubblico con due grandi mostre e in una nuova veste, risultato dell’importante progetto di rinnovamento architettonico degli ultimi mesi, unito alla creazione di un innovativo, e unico in Italia,percorso visivo-tattile dedicato alla storia della fotografia.

Protagonista a Torino sarà la grande antologica dedicata a uno dei maestri assoluti della fotografia del XX secolo,André Kertész, nelle Sale espositive di CAMERA, con oltre centocinquanta immagini che ripercorrono l’intero percorso creativo del fotografo, mentre, in Project Room prenderà vita la collettiva Nuova Generazione. Sguardi contemporanei sugli Archivi Alinari dove quattro giovani artiste e artisti si confrontano con gli Archivi Alinari come fondamentali giacimenti di storie da reinterpretare e riproporre. A queste due mostre si affiancherà una grande novità: l’esposizione multimediale permanente La storia della fotografianelle tue mani, nella Manica Lunga. Una proposta originale di CAMERA, la prima in Italia per tipologia e concezione: una lunga time-line costruita attraverso immagini, testi, materiali video, nata dalla volontà di consentire a tutte e tutti, anche alle persone cieche o ipovedenti, di fruire dei testi, delle immagini e dei contenuti digitali.

“Bach Heute!”con gli Archi dell’Accademia di San Giovanni

L’Accademia “Stefano Tempia” propone il concerto per la stagione autunnale 2023, sabato 14 ottobre alle 21, nella chiesa di San Filippo Neri

L’Accademia Stefano Tempia per la stagione autunnale 2023 propone il concerto intitolato “Bach Heute”, con gli archi dell’Accademia di San Giovanni, Andrea Bacchetti al pianoforte, Sébastian Jacot al flauto, Rebecca Viora Jacot al flauto, Valeria Zorina al violino, direttore Antonmario Semolini.

Il Concerto si terrà sabato 14 ottobre 2023 alle ore 21 nella chiesa di San Filippo Neri, in via Maria Vittoria 5, a Torino. Gli Archi dell’Accademia di San Giovanni proporranno un intenso programma di Johann Sebastian Bach ( 16885-1750) con il Concerto n. 5 in Fa minore BWV 1056 per pianoforte e archi, il Concerto n. 7 in Sol minore BWV 1058 per pianoforte e archi, la Suite n. 2 in Si minore BWV 1067 per flauto e archi. A concludere il Concerto dell’Accademia Corale “Stefano Tempia” sarà il Concerto Brandeburghese n. 4 in Sol Maggiore BWV 1049 per violino, due flauti, archi e continuo.

Una riflessione sulla musica di Bach trova rispondenza in alcune scelte adottate in questo concerto: il clavicembalo e i flauti dolci saranno sostituiti rispettivamente dal pianoforte e dagli odierni flauti traversi, e verrà adottato il diapason, correttamente più diffuso, nell’esecuzione della musica colta. Il Concerto intende gettare luce sul particolare aspetto della musica di Bach, quello della sua attenzione nei confronti del colore strumentale. Il timbro non sembra essere il parametro sonoro che per primo venga in mente quando si considera l’opera del compositore di Lipsia. Questa considerazione può essere giustificata dal fatto che il solido impianto contrappuntistico che contraddistingue le sue composizioni sembra concedere poco spazio alla speculazione timbrica. I due concerti per clavicembalo e orchestra n. 5 in Fa minore BWV 1056 e il n. 7 in Sol minore BWV 1058, che aprono il programma, sono due trascrizioni di altrettanti concerti per violino: il primo è la trascrizione di un concerto in Sol minore andato oggi perduto, ma ricostruito secondo un processo d’ingegneria inversa. Le metamorfosi timbriche legate a questo concerto non devono sorprendere perché riflettono una pratica piuttosto diffusa in epoca barocca. Bach non sempre aveva tempo da dedicare alla composizione di nuovi concerti e, spesso, doveva riadattare per nuove occasioni musiche precedenti. Analoghe considerazioni vanno fatte per il Concerto in Sol minore, trascrizione del famoso concerto in La minore BWV 1041. La seconda parte del programma si apre con la Suite n.2 in Si minore BWV 1067. Le quattro Suite composte da Bach si rifanno al modello codificato in epoca barocca quale raccolta di danze da eseguirsi in sequenza, ma si discostano l’un l’altra per la scelta delle danze di volta in volta operata. Il Concerto in Sol maggiore BWV 1049 per violino, due flauti in eco, archi e basso continuo è il quarto concerto della serie dei sei concerti a più strumenti, oggi universalmente conosciuti quali Concerti Brandeburghesi. Sono concerti scritti per i principali strumenti disponibili all’epoca, corni, oboi, fagotto e violino piccolo per il primo; tromba, flauto dolce, oboe e violino per il secondo; strumenti ad arco per il terzo; flauto traversiere, violino e cembalo per il quinto; viole da braccio e archi scuri per il sesto; rappresentano una sorta di compendio delle possibilità tecniche da essi offerte.

I Virtuosi dell’Accademia di San Giovanni costituiscono una formazione orchestrale a struttura variabile, cameristica, sinfonica, lirica diretta dal Maestro Antonmario Semolini, diretta emanazione dell’Accademia della Cattedrale di San Giovanni, fortemente voluta dal compianto parroco Don Carlo Franco (1958-2023), il quale volle scegliere il Duomo di Torino quale modello di centro di irradiazione culturale, con il visionario progetto dello “Spirituale nell’Arte”, ricollegandosi a quella fase storica e creativa che vide il Piemonte e Torino protagonisti europei della grande stagione del barocco, coinvolgendo anche compositori contemporanei affini al cuore del progetto.

Il Concerto è dedicato alla memoria di Don Carlo Franco, parroco del Duomo di Torino scomparso il 28 gennaio scorso, figura di intellettuale appassionato e curioso che volle istituire un’Accademia musicale presso la Cattedrale metropolitana di San Giovanni, la stessa che in questa occasione si impegnerà per rendere omaggio alla sua memoria.

 

Mara Martellotta

Alla Galleria Pirra la mostra “Pino Manos sincronicità”

Inaugurazione  venerdì 20 ottobre

 

S’intitola “Pino Manos. Sincronicità” la mostra che la galleria d’arte Pirra ospita per la prima volta a Torino dedicata all’artista sardo Pino Manos ( Sassari 1930 -Milano 2020). L’esposizione, curata da Tommaso Polleschi, ha l’ambizione di valorizzare la creatività, la sensibilità, la versatilità realizzativa e la destrezza nel maneggiare colori e materiali, la sintonia con i tempi con cui ha operato, l’abilità nel tradurre in forma un anelito interiore, intrecciando sapientemente pittura, scultura e architettura.

Pino Manos affermava che ‘l’arte astratta attinge direttamente dal non conosciuto. Noi artisti, pertanto, siamo allenati a sondare mondi invisibili e a captare messaggi vaganti nell’universo”.

Pino Manos è stato un artista, un ricercatore , un uomo libero di grande sensibilità, la cui attività si è mossa in varie direzioni dall’arte, alla cultura, dalla filosofia alla ricerca spirituale. Pino Manos si trasferisce a Milano nel 1951 e ciò lo porterà a contatto di artisti quali Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Bruno Munari e Lucio Fontana, inserendosi nel movimento dello Spazialismo degli anni Sessanta. Ma i suoi lavori precedenti esplorano già gli spazi infiniti del cosmo, le energie e l’ignoto. L’opera d’Arte gli offre l’opportunità di andare oltre; la luce, lo spazio, il tempo e la materia vengono assorbiti nel qui ed ora.

Per l’esposizione sono state selezionate undici opere sincroniche monocrome su tela e sei tecniche miste su carta, sempre legate alla sincronicità e sulla coscienza spaziale, studi preparatori in bianco e nero di torsioni.

I colori delle tele sono creati con pigmenti puri energizzati dalla preparazione e meditazione dell’artista. A prima vista i rossi potrebbero sembrare tutti eguali e così I blu e i neri, ma è solo un’impressione. La torsione delle corde e le ombre creano mille sfaccettature e suggestioni che influenzano i colori, creando effetti unici.

Manos vede dove l’occhio umano non arriva, rinviene l’estrema velocità del riposo, ascolta dove l’uomo comune percepisce solo silenzio e sente la musica e, attraverso la luce e le ombre, trova l’irraggiungibile intelletto umano. Tramite le sue opere riesce a trasmettere vibrazioni, che si tramutano in energia che diventano per l’uomo un nutriente per l’anima e lo investono nella sua interiorità.

La mostra, cui è collegato il catalogo Sincronicità, rimarrà aperta fino al 19 novembre 2023.

MARA MARTELLOTTA

 

Galleria d’arte Pirra

Corso Vittorio Emanuele II 82

Tel 011543393

Lidia Poët: sulle (vere) tracce della prima donna avvocato d’Italia

Un tour, che parte da Torino Porta Nuova, vi porta alla scoperta di Lidia Poët, tra vallate assolate, luoghi da raggiungere solo a piedi, cucina contadina e tradizioni valdesi. Una giornata per scoprire i luoghi dove Lidia nacque, visse e studiò diventando una donna che precorse il suo e il nostro tempo.

 

 

Il Consorzio Turistico Pinerolese e Valli, nato due anni fa per valorizzare la zona e promuovere le eccellenze del territorio, organizza un tour del costo di 80 euro da Torino o 70 euro da Pinerolo e che comprende trasferimenti in bus e navette, guida turistica abilitata, pranzo tipico (acqua inclusa) e assicurazione sanitaria. Durante l’intera giornata è possibile incontrare in abiti tradizionali abitanti delle vallate che raccontano la maestria che si cela dietro ad ogni capo e i discendenti di Poët che approfondiranno la figura della loro illustre parente.

 

 

 

Il tour, intitolato La Toga Negata, parte da Torino Porta Nuova per poi fare una breve sosta a Pinerolo e accorpare eventuali partecipanti. Si prosegue subito alla volta di Traverse dove si trova la casa natale di Poët per poi proseguire con tratti a piedi, al cimitero di san Martino. Si scende fino all’agriturismo La Chabranda, a Pomaretto per un menù a base di ricette di inizio Novecento.

 

 

Il tour prosegue a San Germano Chisone dove sono conservate la toga ma anche abiti e borsette, per poi proseguire per la biblioteca di Pinerolo, un tempo Banca d’Italia, e il Teatro Sociale.

 

Ed è proprio qui, nella bella sala settecentesca del Circolo Sociale che mi siedo per inviare alcune foto al mio direttore. Mi fermo per soli cinque minuti, ma tanto basta per lasciarmi indietro. Mi alzo di scatto e vado verso l’uscita, ma del mio gruppo non c’è nessuna traccia. Vedo una figura in penombra che prima non avevo notato. Ha i capelli chiari raccolti sulla nuca, un abito lungo e nero, dal bustino stretto e con un collarino che ricorda le donne al ballo dipinte da Toulouse-Lautrec, una microborsina di perline tra le mani e l’aria di qualcuno che mi stava osservando da tempo.

 

Ma lei è…

 

E lei si è distratta, ed ora l’han lasciata qui.

 

Signora Poët cosa ci fa qui?

 

Crede forse che io sia solo e sempre china sui libri? Mi piace uscire e incontrare gli amici di tanto in tanto. Non si vive mica solo di studio. A proposito, ha visto Edmondo?

 

De Amicis?

 

Ma certo. Mi ha chiesto di trovargli una casa per le vacanze con camere da letto per sé e i suoi figli, una cucina e un “luogo per rifocillarsi”. Mi deve aver preso per un’agenzia di viaggi (ride). Però l’ho trovata.

 

E dove si trova? Questa conversazione è assurda e una delle due dev’essere matta.

 

E secondo lei le dico l’indirizzo? Così poi si ritrova i fotografisotto casa. Comunque non mi definirei matta. Caparbia, forse. Ma come non esserlo con quello che ho passato.

 

Va bene, aspetti, se questa intervista ha qualche senso, allora facciamola per bene. E partiamo dall’inizio. Lei nasce a Perrero e trascorre la sua infanzia in località Traverse.

 

So che vi han portati lì questa mattina. È un luogo a cui sono molto cara, dove scoprii la mia passione più grande: i libri. Andavo in soffitta e leggevo tutto ciò che trovavo, anche quel che non avrei dovuto (ride ancora, con la bocca e con gli occhi, quasi a rivelare una marachella). Sa io provengo da una famiglia valdese. Eravamo benestanti, e nella nostra comunità, lo studio viene incentivato.

 

Mi sta dicendo che la sua famiglia non l’ha osteggiata negli studi?

 

Al contrario. Quando studiavo legge, mio fratello mi accompagnava tutti i giorni in facoltà. Sa, a noi donne, ed io a legge ero l’unica, non era permesso girare da sole. E così il poverino mi scortava. Si figuri che la prima volta che arrivai un professore mi chiese se volevo un tavolo tutto per me. Dissi di no, che potevo sedermi con gli altri. Quando entravano in aula dicevano: Buon giorno Signori e Buongiorno Signorina. Poverini, non sapevano nemmeno come rivolgersi a me.

 

Lei però aveva già fatto un anno a medicina.

 

E poi decisi di cambiare. Non sono mica perfetta.

 

Fu colpa di Lombroso? Si vocifera che non era molto amabile con le donne. Anzi le preferiva in casa a fare la calzetta.

 

Il Professor Lombroso fu figlio del suo tempo, non creda. Ma anche lui cambiò idea molte volte nel corso della sua vita. E secondo me fu merito anche delle due figlie femmine che si emanciparono e non rimasero a casa a fare la calzetta. Anzi sa cosa le dico? Che quando dovetti sostenere l’esame di medicina legale, avendo un trascorso a medicina, chiesi l’esonero. Ma il Professore fu irremovibile, mi costrinse a seguire il corso proprio con lui. E quando superai l’esame mostrò soddisfazione e, mi lasci dire, anche ammirazione.

 

Lei era molto ammirata. Dagli uomini intendo. Riceveva bigliettini dai compagni di corso…

 

Oh, non creda di farmi arrossire. Si lo ero, ma io ero anche timida all’università e comunque la vita matrimoniale non è mai stata nei miei progetti. Dovevo studiare e dovevo aprire quelle porte che per noi donne erano ancora chiuse col lucchetto. A proposito di uomini, sa cosa mi ha detto Victor-Marie l’altra sera?

 

Sta parlando di Victor Hugo?

 

Lei conosce altri Victor-Marie?

 

Manco uno

 

Eravamo ad un ballo e gli ho detto che, beh, mi serve una visita dal dentista. Ho perso un dente e vorrei rimpiazzarlo. Ma Victor mi ha fissato seria e mi ha detto: on farlo, sarebbe l’unica cosa non autentica di te (e nuovamente scoppia a ridere) Non dovrei vantarmi così, ma le confesso che mi ha fatto piacere.

 

Torniamo ai suoi studi, non vorrei che l’intervista virasse verso il gossip. Lei chiedeva continuamente di poter studiare latino. Prende tre diplomi, ma torna sempre alla stessa richiesta. Ma perché?

 

Forse perché in cuor mio volevo approdare proprio alla facoltà di legge. E per quella serviva conoscere il latino.

 

E perché giurisprudenza. Perché non restare a medicina, dove c’erano già altre donne. Perché scegliere sempre la strada meno battuta.

 

Lei ha visto dove sono nata e ha visto anche dove riposo, al Cimitero di san Martino? Io ho mosso i primi passi sulle mulattiere. Crede forse che percorrere Via Po potesse spaventarmi? Vede, la mia famiglia ha sempre stimolato la curiosità, mi ha permesso di viaggiare e di aprire la mente. E in testa io avevo concetti come il voto alle donne, i diritti degli orfani, le condizioni dei carcerati. Dovevo mettere nero su bianco. Sapevo che il diritto si sarebbe evoluto. Anche se non sono molto contenta delle condizioni nelle carceri oggi.

 

C’è un problema di sovraffollamento

 

Non solo, non c’è un adeguato reinserimento nella società. Bisogna promuovere il lavoro, insegnare un mestiere, permettere ai prigionieri di guadagnare in modo che il reinserimento nella comunità, una volta scontata la pena, sia il più naturale ed efficace possibile. Ho scritto tutto, e fortunatamente alcuni compagni di corso o lettori hanno trascritto le mie conferenze.

 

Diciamo la verità, lei aveva i fan che hanno permesso di raccogliere i suoi discorsi e di pubblicarli.

 

Ha visto che qualcosa è conservato nella Biblioteca di Pinerolo?

 

Si, ed è stato emozionante. C’è anche una copia della sua tesi sul voto alle donne.

 

A proposito, lei va a votare, vero?

 

Ovvio, è per donne come lei che non vorrei perdere diritti acquisiti con fatica. Anche se non sempre riesco a capire come formulano un referendum.

 

Politichese misto a burocratese. Sembra lo facciano a posta. Ha visto la mia richiesta di ricorso quando mi negarono la toga? Fui chiara: ho studiato, ho passato gli esami, sono stata giudicataidonea, dunque quella toga mi spetta. Eppure riuscirono a negarmela.

 

Toga o non toga, lei comunque lavorò nello studio di suo fratello. Mi racconta di qualche cliente illustre? Tanto ormai saranno procedimenti caduti in prescrizione, se non nell’oblio.

 

Agnelli

 

No, ecco magari non così illustre…

 

Stia tranquilla, non ho intenzione di tradire il segreto professionale. Dicevo, il Senatore Agnelli venne da noi per quella causa alla San Giorgio, la compagnia navale. E volle me per occuparsene. Ed io viaggiai per i vari incontri su e giù per l’Italia.

Per ringraziarmi fece fare un bellissimo ventaglio con dipinta l’aula del tribunale. Lo conserva ancora mia nipote, avvocato anche lei. Credo l’abbia conosciuta.

 

 

Si, l’avvocato Daniela Trezzi. Dicono che l’assomiglia molto. E in effetti l’aria dolce e gli occhi sorridenti la ricordano. Anche suo padre era avvocato…

 

E anche suo figlio. E ci tramandiamo una scrivania dove studiamo, su mia precisa richiesta. Mi piace pensare che il mio lavoro continui a vivere attraverso loro. A proposito, eravate a pranzo insieme. Le è piaciuto?

 

Un pranzo meraviglioso, e quel vino… io non bevo ma era così profumato.

 

La nostra è una cucina povera, contadina ma estremamente autentica. La zuppa che ha assaggiato, a base di grissini, formaggi e burro, cotta nel brodo di gallina e ripassata al forno, è molto sostanziosa. E quello che voi chiamate cibo di conforto. E poi ci sono i salumi, i formaggi, il miele e le composte di accompagnamento e il flan al caramello. E si, abbiamo anche ottimi vini. Del resto queste vallate consentono coltivazioni genuine. Mi han detto che quei matti dei mei compaesani ora coltivano lo zafferano.

 

E dicono che viene su pure piuttosto bene. In effetti, passeggiando tra le borgate sono stata investita da una grande varietà di profumi. Erbe aromatiche ma anche fiori.

 

Dove non arriva l’uomo, la natura si prende ancora i suoi spazi e i suoi tempi per fare le cose per bene. Io torno spesso a passeggiare in quelle zone. Ha visto che quiete al cimitero? Anche se quel muro che separa i cattolici dai valdesi non so se ha ragion d’essere. Non siamo forse tutti uguali, nella vita come nella morte?

 

 

Guardi, cambiamo discorso, non vorrei entrasse Totò a recitare la livella.

 

Chi? Ma si, forse dovrei andare anche io. La pasticceria in piazza è ancora aperta e… ha assaggiato la Torta Zurigo?

 

Si, ma aspetti. Mi dica almeno se la serie su Netflix le è piaciuta…

 

Beh, non è la mia storia. Mi vede? Non sono nemmeno mora. Capisco farmi bere il whisky per esigenze di copione, ma se la immagina mia nipote che dice parolacce? Siamo signore di altri tempi…non mi faccia dire. Però una cosa è bene che si sappia. Grazie alla serie Netflix la mia storia sta tornando in luce. Ero stata dimenticata e lo capisco. Il tempo passa e la mia è una famiglia di gente schiva. Ma io ho ancora tanto da dire. Pensi che una frase a me cara, dalla lettera di Paolo ai Corinzi, l’ho persino fatta scrivere…

 

 

Sulla sua lapide. Tre cose contano la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità.

 

Loredana dobbiamo rientrare a Torino. Non ti sarai per caso annoiata

 

 

No affatto, è che stavo parlando con la…giuro c’era qui una c’era una signora…

 

 

Rossana Turina, presidente del Consorzio Turistico Pinerolese e Valli, mi riporta alla realtà e mi riaccompagna al bus di rientro. Io però sono sicura di aver incontrato... Anche se a spiegarlo al resto del gruppo c’è da non crederci.

 

Va bene, non credete a niente di quel che ho scritto. Andate a scoprirlo con i vostri occhi. Poi vediamo se sono io ad essermelo inventata.

 

Per informazioni sui prossimi Tour:

 

Sito internet: www.turismopinerolese.it

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Loredana Barozzino