CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 21

L’umanità disillusa di Contrera: il noir torinese di Christian Frascella

TORINO TRA LE RIGHE

Il protagonista di questa settimana di Torino tra le righe è Christian Frascella, autore torinese che con Non si uccide il primo che passa (Einaudi, 2023) torna a raccontarci la città attraverso lo sguardo disilluso e ironico del suo investigatore più amato: Contrera. Un antieroe unico nel panorama del noir italiano, capace di incarnare con irresistibile sarcasmo le contraddizioni e la malinconia di una Torino che, tra cemento e umanità, si rivela specchio del nostro tempo. Christian Frascella è nato e cresciuto a Torino. Dopo diversi lavori, anche come operaio in fabbrica, si è dedicato alla scrittura a tempo pieno. Esordisce nel 2009 con Mia sorella è una foca monaca (Fazi), candidato al Premio Viareggio. Con Einaudi ha pubblicato La sfuriata di Bet (2011), Il panico quotidiano (2013) e, dal 2018, la serie noir dedicata a Contrera, inaugurata da Fa troppo freddo per morire e ambientata nel quartiere torinese di Barriera di Milano.
Nel cuore di una città torrida e brulicante, tra i palazzi popolari e le vie di Barriera di Milano, Contrera conduce la sua quinta indagine. Non ha un ufficio, non ha un’auto, non ha neppure una casa: vive in un camper malridotto, parcheggiato davanti all’abitazione della sorella, come un ancoraggio precario a una quotidianità che gli sfugge. Quando Paola gli chiede di aiutare un’amica, Giulia, sospettosa del compagno Enzo Marsala, accetta l’incarico quasi per noia. Dovrebbe essere un lavoro semplice: qualche pedinamento, una conferma di tradimento, un compenso rapido. Ma quella che sembra una banale indagine coniugale si trasforma presto in un omicidio, quando Marsala viene freddato sotto i suoi occhi.
Da quel momento, l’estate torinese di Contrera diventa un vortice di indagini, sospetti e incontri ai limiti dell’assurdo. Con il suo camper sgangherato e la sua lingua tagliente, si muove tra le periferie e le strade roventi della città, cercando una verità che si dissolve a ogni passo. Tra una birra e una riflessione amara, tra una battuta sarcastica e un gesto di inaspettata tenerezza, il nostro investigatore affronta i propri fantasmi, oscillando tra disincanto e un’irriducibile voglia di giustizia.
Frascella costruisce un noir che va ben oltre la trama investigativa. Il cuore del romanzo è l’umanità dolente del protagonista, capace di ironizzare sui propri fallimenti e di intenerirsi per un’anatroccola in pericolo. La narrazione in prima persona, diretta e vivida, ci trascina nel suo mondo di contraddizioni e malinconie, restituendoci una Torino viva, contraddittoria e autentica.
In Non si uccide il primo che passa, l’autore alterna ironia e introspezione, sarcasmo e poesia, delineando un personaggio che, pur vivendo ai margini, conserva una luminosa umanità. E la città – con le sue periferie, le sue ferite e i suoi scorci reali – si trasforma in un personaggio a sua volta: silenzioso, presente, talvolta crudele, ma sempre vivo.
Ancora una volta, Christian Frascella ci regala un romanzo che parla di noi, delle nostre fragilità e delle piccole resistenze quotidiane che ci tengono in piedi. Perché forse, come suggerisce il titolo, non si uccide mai davvero “il primo che passa”, ma la parte più vulnerabile che in lui ci somiglia.
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MARZIA ESTINI

A Borgaro arriva Mark the Hammer

Mescolando abilmente musica e comicità, Mark the Hammer offre uno sguardo irriverente e politicamente scorretto sul processo di creazione artistica degli spettacoli dal vivo.

Sul palco protagonista anche l’Intelligenza Artificiale, con la quale Mark, esperto e grande conoscitore, si sfida costantemente. Grazie all’uso dell’AI il pubblico verrà coinvolto diventando parte integrante dello spettacolo e vivendo un’esperienza interattiva e unica, come se entrasse fisicamente all’interno di un video dell’artista. Le persone in sala diventeranno addirittura decisivi in alcuni momenti del live.

La produzione, insieme a Mark, tengono a sottolineare e precisare che tutto lo spettacolo è assolutamente inedito, canzoni comprese. Per un live basato sull’effetto sorpresa.

L’artista nel dettaglio dichiara:

Come creare un live show senza alcun talento” non è un live delle mie canzoni già pubblicate. In effetti, tecnicamente non è nemmeno un concerto, anche se c’è moltissima musica! 

È uno show sperimentale che vuole rappresentare tutte le mie passioni (ed ossessioni): musica, comedy, intelligenza artificiale e… satira.

Lo spettacolo è altamente scorretto e sconsigliatissimo sotto i 14 anni.

Ci sarà una band? No. Sarò da solo sul palco? No.

Vi ho confuso? Bene così… Preparatevi ad essere stupiti!

LA BIOGRAFIA DI MARK THE HAMMER

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Mark The Hammer, al secolo Marco Arata, è un musicista e polistrumentista classe ‘86.

Nato a Genova, inizia a suonare all’età di otto anni il pianoforte; a quindici anni aggiunge la batteria, a sedici la chitarra, a diciassette il basso e non smette mai di cantare.

Nel 2006 diventa chitarrista di J-AX e uno YouTuber, diventando famoso su questa piattaforma grazie alle “sfide impossibili” e a tutorial ironici su come creare canzoni senza avere alcun talento oppure a come sfruttare follemente tutti gli AI attualmente disponibili sul web.

Dal giorno d’iscrizione ad oggi ha così superato i 170 milioni di visualizzazioni.

Grazie al successo sul web Mark pubblica cinque album e centinaia di musiche e canzoni

originali. Ora tocca al teatro con lo spettacolo “Come creare un live show… senza alcun

talento” che ha sperimentato già nei club ottenendo un grandissimo successo.

Per conoscere al meglio personaggio e follia di Mark The Hammer è possibile visitare i suoi canali ufficiali

https://www.youtube.com/markthehammerhttps://www.instagram.com/markthehammer86/

IL TOUR

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Le date del tour 2025 di Mark The Hammer già annunciate sono le seguenti:

  • venerdì 14 novembre: GENOVA – Teatro Govi

  • venerdì 21 novembre: VERONA – Teatro Alcione

  • sabato 22 novembre: Borgaro Torinese (TO) – Teatro Atlantic

  • domenica 30 novembre: MILANO – Santeria Toscana

Il Teatro Atlantic è sito all’interno del complesso alberghiero dell’Hotel Atlantic in Via Lanzo 163 a Borgaro Torinese.

INFO BIGLIETTI

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I biglietti di tutte le date del tour sono in vendita:

Per maggiori informazioni contattare

Dimensione Eventi all’indirizzo e-mail biglietteria@dimensioneeventi.it

www.dimensioneeventi.it

FB /dimensioneeventi.it

IG /dimensioneeventi

I marchesi Scozia. Dal Monferrato alla Campania

Il feudo astigiano di Calliano, elevato a marchesato dai Gonzaga di Mantova, fu affidato dopo lunghe vertenze al primo marchese Carlo Bernardino Scozia, padre della contessa Maria Anna Caterina, moglie del marchese di San Giorgio Antonino Felice Gozzani. Giunti in Italia nel XIII secolo, gli Scozia si inserirono nel territorio napoletano nel 1550 provenienti dal Monferrato. Nello Stemmario delle Famiglie Italiane del 1780, manoscritto in sei tomi di Gaetano Montefuscoli conservato nella Biblioteca Universitaria di Napoli, è stato ritrovato lo scudo araldico dei nobili Scozia di Somma Vesuviana. Le partiture dello stemma rappresentano a sinistra don Pietro Antonio Scozia, marito di Sanchez de Luna e a destra la croce nera di Cornelia Marzano, moglie di Scipione Scozia. Della nobile e ricca famiglia che possedeva a Somma Vesuviana una residenza estiva secolare con palazzo e masserie con vigneti, conosciamo antiche memorie specialmente della scrittrice e filosofa Costanza Scozia che frequentava i migliori salotti letterari napoletani e di lei restano oggi pochi sonetti e qualche scritto filosofico conservati dal gesuita Mattia Doria.

L’insigne poetessa visse l’infanzia con la sorella donna Carlotta nel tempio degli Escorziati di Napoli, il conservatorio per nobili fanciulle e per le due sorelle entrambe nate a Somma Vesuviana. Ultimo discendente degli Scozia napoletani fu Pasqualino, morto senza figli nel 1838, marito di donna Teresa Rogadei, abitanti all’Infrascata di Napoli. Pasqualino era figlio di Michele Scozia e Maria Celaja, pronipote ed unico erede di Costanza. La relazione tra le famiglie Scozia monferrine e napoletane è emersa grazie alla collaborazione di Alessandro Masulli, giornalista pubblicista Ordine Giornalisti della Campania, editore e redattore del Mediano di Napoli e archivista del Comune di Somma Vesuviana che ha ritrovato i processi familiari dell’epoca presso l’Arcidiocesi napoletana. L’ultima Scozia di Calliano fu la marchesa Tarsilla, moglie del principe don Francesco Guasco,  marchese di Bisio, Verduno, Gavi e nuovo signore di Murisengo, fondamentale genealogista alessandrino. Il castello cuneese di Verduno fu in parte ricostruito dall’architetto Juvarra e ceduto agli ospedali San Giovanni e Carità di Torino, acquistato dal re Carlo Alberto e utilizzato per lunghi periodi di soggiorno da Oddone, figlio di Vittorio Emanuele II e Maria Adelaide. Lo stemma gentilizio di casa Scozia fu abbellito con “due rostri di nave nelle antiche memorie chiamati anche scogli”, dal motto “A bon rendre”.
Armano Luigi Gozzano

Matthias Martelli mette in scena al teatro Gobetti “Eretici” 

Debutta al teatro Gobetti, martedì 18 novembre prossimo, alle ore 19.30, la pièce teatrale “Eretici – il fuoco degli spiriti liberi”, scritto, diretto e interpretato da Matthias Martelli. Lo spettacolo intreccia le vite di donne e uomini che nei secoli hanno percorso strade diverse da quelle indicate. Si tratta di scienziati, filosofi, artisti, pittori, giornalisti e liberi pensatori che hanno scelto di essere dissidenti, rischiando la loro stessa esistenza. Martelli intreccia le vite di questi spiriti liberi e narra come il loro pensiero ardente abbia oltrepassato il tempo. Esempi ne sono Giordano Bruno, Galileo, Caravaggio e Pasolini, passando per streghe e papesse rivoluzionarie, fino a giungere ai nostri tempi. Sulla scena lo stesso Matthias Martelli e tre cantanti: Laura Capretti, Flavia Chiacchella e Roberta Penta, che disegnano con voce e corpo personaggi, epoche, luoghi e storie, unendo il tragico al comico, il grottesco alla poesia, per scoprire che gli eretici sono ancora fra noi. Le musiche originali sono di Matteo Castellan, i costumi di Roberta Spegne.

“Ho scritto ‘Eretici’ – dichiara Matthias Martelli parlando della drammaturgia – tenendo presente quello che sarebbe accaduto sul palco. Uno spettacolo giullaresco non è mai una narrazione lineare, vigono le leggi di un linguaggio fisico e letterario. Questo tipo di testo teatrale è un esempio di letteratura corporea, e risulta tanto più ricco, tanto più sensi tiene l’occhio rivolto sulla scena. ‘Eretici’ è il soggetto ideale per questo tipo di scrittura, data la varietà rei luoghi e dei personaggi. Con un tema così vasto nel tempo e nello spazio, le atmosfere e i protagonisti si moltiplicano, ampliando le loro possibilità creative. Contemporaneamente ho cercato di mantenere un costante umorismo presente in ogni storia tragica. Basta un cerchio di luce, un cambio di intenzione per passare dall’ironia al dramma, dallo sghignazzo alla poesia. Mentre la tragedia travolge ed emoziona, la comicità aiuta lo spettatore a illuminare il racconto con spirito distaccato. L’ironia emerge dalla Storia, spesso involontariamente paradossale, e poi al gioco scenico, corporeo e vocale, dai cambi di ritmo e dai grammelot. In ‘Eretici’ lo spettatore non deve mai stare comodo sulla sedia; è spinto a partecipare, ad alzare l’anima dalla poltrona, pèrche gli eretici ci stimolano continuamente ad agire. Lo spettacolo è stato scritto tenendo a mente un concetto allargato di eresia. L’eretico non è solo il ribelle religioso, ma chi sceglie di percorrere la strada meno battuta, attraversando il suo tempo in direzione ostinata e contraria”.

Info: teatro Gobetti, via Rossini 8, Torino  – orari: martedi, giovedi 19.30/ mercoledi e venerdi 20.45 / sabato ore 16 e 19.30 / domenica ore 16

Biglietteria: teatro Carignano, piazza Carignano 6, tel: 011 5169555

Mara Martellotta

“Studio per le Serve”, l’inizio della lunga strada dei Marcido

Da martedì 18, nel teatro Marcidofilm

Era il giugno del 1985, quarant’anni fa, tondi tondi. Tutt’altra aria a Torino, forse non teatrale, dico la stagione appena conclusa, in mezzo ai vecchi e consolidati – la vecchia triade – Pirandello Shakespeare Goldoni gli Stabili e le compagnie di giro si buttano a tentare sorprese e innovazioni, Testori propone “I Promessi Sposi alla prova” e Otomar Krejca guarda con occhi nuovi a Cecov, Brusati (quando ancora si scrivevano testi) mette in scena la sua “Donna sul letto” per Edmonda Aldini – oggi molti si chiederanno, come don Abbondio, “ma costoro, chi erano?” -, arriva Peter Handke con “Attraverso i villaggi” e il russo Yurij Ljubimov guarda al Dostoevskij di “Delitto e castigo”, sopraggiunge un altro sberleffo di Paolo Poli, “Magnificat”. Ma tutto rimaneva più o meno chiuso in certe regole ben precise e delimitate. Per restare da quelle parti manzoniane: il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare. Invece il coraggio arrivò, proprio in quello stesso giugno, in una mansarda di via Berthollet, tra quelle vie in cui oggi non ci piace più tanto passare, lassù, “per le antiche scale” avrebbe detto Mario Tobino, lassù dove i neonati Marcido Marcodorjs – una sorta di declinazione? – e Famosa Mimosa – una pianta rarissima? – mettevano in scena “Studio per le Serve, una danza di guerra” di Jean Genet poeta maledetto. E l’atto rivoluzionario era compiuto: “una performance che produsse un’eco non secondaria nel panorama della ricerca teatrale italiana – scrive oggi il Marco Isidori, anima del gruppo, ricordando quel tempo -, suscitando adesioni appassionate ed altrettanto appassionati dissensi.

Adesioni, come quella di Giuseppe Bartolucci che tre anni dopo avrebbe sottolineato “Bisogna rifarsi ai tempi gloriosi della soffitta di via Berthollet, per respirare, per cogliere il mito dei Marcido; quando salirne le scale era già un’iniziazione d’animo, un batter fitto del cuore, uno scoprire ed accogliere visi ed azioni di antica familiarità e di grande semplicità. E poi quell’improvviso squillo di battaglia, quel rovente duello con la lingua di Genet, in uno spazio ovattato e riflesso da tanto colore rosso da sembrare un palcoscenico pronto ad ospitare un assalto mortale”. Era nato qualcosa di nuovo, di inaspettato, un “rito svolto con pura passione, però esattissimo, esaltato fino al parossismo, però rigorosamente descritto”.

Quarant’anni, anniversario d’un evento e di una compagnia, e ritorna il successo delle “Serve”, oggi, primo esempio di un rigore costantemente inseguito, di un linguaggio “facilmente riconoscibile”, di una recitazione lucida e grottesca, dell’importanza e della ricerca continua del suono e della parola, portata suggerita urlata decifrata anatomizzata, di invenzioni scenografiche che, fattrice Daniela Dal Cin, hanno costruito la storia di testi e di palcoscenici: tutto questo mentre viene anche pubblicato per i caratteri della casa editrice Editoria&Spettacolo, con la prefazione di Raimondo Guarino, e presentato, “I Teatri della Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa II”, storia di una lunga avventura scenica. Ritorna il successo di Maria Luisa Abate, come Solange – affiancata da Paolo Oricco che è Claire -, espressione alta dell’odio verso la propria padrona, capaci entrambe di inscenarne ogni sera l’assassinio. Ritorna il testo di Genet (ispirato a un fatto di cronaca nera) che qui vede “la signora” sparire dalla scena per vivervi unicamente nei gesti, nelle parole e nelle viscerali imitazioni di Solange, innalzandosi con bella intuizione di Isidori al tema del doppio, una piena osmosi tra le due sorelle, la costruzione di un alter ego, nel lontano ricordo personale una Solange agghindata a Madonna e una corona fatta di mollette da bucato che le circonda la testa, un’unica lampadina a illuminarle il viso. Su tutto la voce, le voci, che si sprigionano acute e piane, feroci e melense, poetiche e acri. “Nella strenua condensazione dei suoi segnali, uno spettacolo dalla forza drammatica molto inusuale, sia per l’inflessibile determinazione coreografico/vocale che ne reggevo lo scheletro, sia per la prestazione superlativa e veramente fuori misura di Maria Luisa Abate”, riassume oggi l’Isi voltandosi a guardare ancora una volta alla sua creazione. Da martedì 18 novembre alle 20,45 (durata 45’, repliche sino a domenica 23, alle ore 16), spettacolo d’apertura della stagione 25/26, nel teatro Marcidofilm di corso Brescia 4.

Elio Rabbione

Nelle immagini, le “origini” delle “Serve”, con Maria Luisa Abate e Lauretta Dal Cin (credits Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa)

Asti, la città dalla storia millenaria

A cura di piemonteitalia.eu

Adagiata sulla riva del Tanaro e sulle colline del Monferrato, Asti è una cittadina piemontese che, oltre ai suoi eccellenti vini e prodotti enogastronimici, offre ai visitatori tante sorprese, che andrebbero gustate con calma.

La città vanta una storia millenaria, fondata inizialmente dai romani, nel IV secolo divenne ducato longobardo, almeno fino al 1159, quando si trasformò in un Comune libero, diventando, da questo momento in poi, la città più potente del Piemonte…

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https://www.piemonteitalia.eu/it/esperienze/asti-la-citta-dalla-storia-millenaria

Andate al cinema, lo dice Leone XIV

EDITORIALE

C’è un dettaglio che colpisce, nelle parole di papa Leone XIV davanti a oltre cento protagonisti del cinema mondiale riuniti nella Sala Clementina ieri: l’aver definito il cinema “un’arte giovane, sognatrice e un po’ irrequieta”. In un’epoca in cui tutto – a partire dalla tecnologia – sembra invecchiare in fretta, compresi i linguaggi culturali, il Pontefice ha ricordato che il grande schermo conserva ancora una vitalità originaria, quella scintilla che i fratelli Lumière accesero 130 anni fa e che continua a interrogare la nostra capacità di osservare e decodificare il reale.

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Andate al cinema, lo dice Leone XIV