CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 21

Un mondo fuggevole e transitorio

La mostra dal titolo “Paesaggio” rende omaggio a Franco Montanari a cui si deve l’importante collezione di stampe e dipinti giapponesi raccolti con fiuto di intenditore d’arte e gusto di esperto collezionista durante il 1953-54, periodo in cui si trovava a Tokyo come ambasciatore.

Il fondo, considerato il quarto per valore in Italia, lasciato in eredità al museo di Moncalvo, permette una visione del cosiddetto “mondo fluttuante” fuggevole e transitorio ossia tutto quanto appartiene alla natura, dai boschi alle montagne, dai fiumi alle cascate, dai laghi agli stagni rivelatori non solo di armoniosa bellezza ma anche di rappresentazione dei Kumi, divinità che dimorano nei luoghi sacri che, secondo il shintoismo, sono simbolo di purificazione.


Immergendosi nella natura ci si appropria della sua forza vitale, come bene intuì un simbolista quale Vincent Van Gogh nell’asserire poeticamente che l’artista giapponese, davanti ad un filo d’erba, si sente egli stesso fiore come anch’egli sentì nell’immedesimarsi nell’iris bianco dipinto in un suo quadro famoso.

Soprattutto furono gli impressionisti a rimanere affascinati da quest’arte delicata ed elegante affine al loro sentire nel cogliere l’attimo fuggente prima che si dissolva, a cominciare da Claude Monet che creò il proprio giardino identico a quello giapponese con ponticelli, stagni e ninfee e tappezzò le pareti della sua casa con stampe che, dopo l’apertura nel 1854 dei rapporti commerciali tra Giappone e occidente, circolavano in Francia.

In mostra sono esposte diverse opere che rappresentano il Monte Fuji, luogo di culto dedicato al sole e alla dea Amaterasutanto trattato da Hokusai e Hiroshige.

Lo troviamo protagonista ne “Il monte Fuji e le nere colline” a “inchiostro su seta”, di Kawabata Gyokusetsu, bellissimo paesaggio che evidenzia la bianca purezza del monte sovrastante gli scuri e grigi colli.

Allo stesso modo il kakemono del XVII secolo “Paesaggio innevato del monte Fuji” di Kano Masunobu rappresenta la sacrale purezza del monte che sorge, come apparizione, presso un tempio circondato di fiori.

Così pure si coglie il senso di purificazione nel dipinto “Monaco che contempla il Fuji” di scuola Kano di ispirazione cinese.

Come non pensare alla stessa venerazione di Paul Cezanne per la montagna Saint Victoire dipinta ossessivamente una cinquantina di volte, in un solo anno, quale luogo dell’anima che dona serenità.

“Il ponte Nihon di Edo” di Utagawa Kunisada, autore dei famosi dipinti delle cascate di Saga, ci ricorda la suggestione esercitata sulle Japoneseries di Van Gogh e di Gauguin che in Polinesia si era portato stampe giapponesi da cui trarre ispirazione.


Tante le delicate scene notturne come “Dama con lanterna sotto la luna” di
Utagawa Hiroshige, in bianco-nero con due pennellate rosse a vivacizzare il pallido chiarore lunare ed i fiori bianchi creando un’atmosfera intima.

“Volpe bianca sotto la luna”,  kakemono della scuola UedaKochu, è invece legato alla simbologia beneaugurante in quanto l’animale è il messaggero di Hinari, dio shintoista della fertilità e dell’agricoltura.

Legato al simbolismo anche il dipinto “Jurojin e cervo sotto un pino” di  Maeda Chodo che ritrae il vecchio saggio appoggiato ad un pino tra i bambù e un cervo che alludono alla longevità.

Sintetico il raffinatissimo Kakemono del XX secolo “Le tre foglie rosse” di Ikegami Shuho che rende magistralmente,  purnell’essenzialità, l’idea della tradizione Momijigari ossia la caccia delle foglie rosse nel visitare i luoghi in cui gli aceri cambiano colore nell’autunno.

Con significati meno profondi ma intriganti, le due xilografie “Salendo sulla scala in giardino” e  “Caccia alle lucciole presso lo stagno” da originali di Suzuki Harunobu, appartenenti al genere popolare  di scenette quotidiane richieste dalle masse urbane.

Più impegnativo e sottilmente filosofico l’emakimono del XVII secolo di Kano Tan’yu “Paesaggio hatsuboku”, a inchiostro su seta, che presenta ben sette paesaggi distinti tra spazi vuoti, legato al minimalismo dei monaci Chan, genere allora ritenuto eccentrico e minore poiché astratto ma in seguito rivalutato,  durante il periodo Edo dai giapponesi che ne capirono lo spirito ispiratore del buddismo con la consapevolezza che la realtà è illusione.

Tutto ciò ha portato ad un percorso di illuminazione che coinvolge anche l’artista nella sua creazione ed è evidente, a distanza di secoli, come le avanguardie dell’astrattismo e dell’espressionismo astratto moderno e contemporaneo siano strettamente legate a queste precedenti ispirazioni.

Giuliana Romano Bussola

Frankenstein. Ritorna il mito dell’ “horror – fantascientifico”

Alla “Libreria Bodoni” di Torino, presentazione del nuovo libro e dell’EP dedicati alle figure letterarie protagoniste del romanzo di Mary Shelley

Sabato 2 novembre, ore 17

Composto a soli diciannove anni, fra il 1816 e il 1817, dalla scrittrice britannica Mary Shelley, pubblicato nel 1818 e modificato dall’autrice per una seconda edizione del 1831, “Frankenstein o il moderno Prometeo” o, più semplicemente “Frankestein”, non è soltanto il gotico capostipite dell’“horror fantascientifico”, ma anche “una profetica anticipazione delle ansie contemporanee sul destino dell’ambiente”: a questo classico della letteratura occidentale, “OHT – Office for a Human Theatre” (studio di ricerca, fondato a Rovereto – Trento nel 2008 dal regista teatrale Filippo Andreattaha dedicato lo spettacolo teatrale Frankenstein”, che si conclude con la pubblicazione “FRANKENSTEIN  – if you love solitude, you don’t love freedom” (“bruno editore”, 2024), in cui si raccolgono la ricerca e i viaggi dello stesso Filippo Andreatta nei luoghi in cui si svolge il romanzo.

Della pubblicazione di Andreatta, insieme al progetto teatrale “FRANKENSTEIN” di “OHT-Theatre”, si parlerà sabato 2 novembreore 17, in un incontro presso la “Libreria Bodoni” (via Carlo Alberto 41, SpazioB) di Torino, in cui il regista teatrale e curatore Filippo Andreatta ed il produttore, compositore e sound designer Davide Tomat racconteranno genesi ed identità delle due produzioni.

“Attraverso la frenetica sperimentazione del dottor Viktor Frankenstein e della sua creatura – dichiara Andreatta – ho vissuto anch’io un esperimento estremoIl progetto ha preso diverse forme: un’installazione, uno spettacolo, una reading session e un EP. L’ultima è stata il libro. Un libro che comprende tutti questi esperimenti e i viaggi che ho fatto nei luoghi del mostro, che è esso stesso un esperimento, una creatura prodotta dall’assemblaggio della ricerca di ‘OHT’ con la narrazione di Mary Shelley”Il volume ripubblica l’edizione del romanzo del 1831 innestando sopra le sue parole contributi della curatrice Lucrezia Calabrò Visconti, della filosofa e docente Dehlia Hannah, della guida di aree polari Kelsey Camacho, dello stesso regista Filippo Andreatta, e i materiali prodotti dal progetto.

Anche l’’EP (“Extendend Play”) OHT Frankenstein di Davide Tomat, come il testo, si sviluppa in un percorso personale e soggettivo, empatizzando con lo spettatore e la narrazione. Frutto diretto della scena e delle azioni dei performer, è stato scritto, eseguito e registrato durante le prove. E il suono appena nato, proprio come il protagonista del romanzo, impara a muoversi nel mondo, prendendo coscienza di sé attraverso l’interazione con gli esseri umani.

Spiega lo stesso compositore, Davide Tomat“Per la realizzazione del suono dello spettacolo, ho utilizzato principalmente sintetizzatori analogici polifonicisistemi modulari ‘Eurorack’, strumenti ad aria, campionamenti di elementi scenici e registrazioni sonore dei movimenti e dei respiri del ‘performer’. La mia intenzione era quella di sfruttare il più possibile ‘VCO’ analogicipresenti nei sintetizzatori e modulari analogici, che nascono e si modulano direttamente attraverso l’elettricità, arricchendoli con elementi acustici e naturali della scena e dei ‘performer’, per poi trasformarli tramite tecniche di ‘ri-sintesi’ e processi digitali. Il mio obiettivo era ricercare la scintilla elettrica ancestrale che dà vita alla materia e, attraverso il respiro ed il corpo, creare un essere contemporaneo capace di un’esistenza autonoma”.

 

Per info: “Libreria Bodoni”, via Carlo Alberto 41, SpazioB, Torino; tel. 011/5834491 o www.libreriabodoni.it o www.oth.artg.m.

Nelle foto: “Frankenstein” Libro, ph. Filippo Andreatta; Davide Tomat, Cover EP “OHT Frankenstein”

Ritorna Umbertissima alla sua seconda edizione nella galleria Umberto I

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Due giorni di arte, moda, design, musica e letteratura

Venerdì 1 e sabato 2 novembre, in concomitanza con il weekend dell’arte, la galleria Umberto I, ex ospedale di via della Basilica, a Torino, ospiterà per il secondo anno consecutivo la rassegna d’arte Umbertissima. Si tratta di due lunghe serate organizzate da JK’s Gallery e Cristinai & Co, dedicate ad arte, fotografia e design, moda, talk, musica classica, elettronica e jazz. Venerdì prenderà il via la rassegna alle 18 con le mostre “I Love You, Fuck You! Dedicated to…”, “Gallery friends”, “Galerie des Refusès”, “Gallery Face”, set fotografico e shooting di Gianni Oliva e Michele Rubino, “Fai un salto in galleria”, fotografie di Michele d’Ottavio. Alle 19.30, alla JK’s Gallery si aprirà uno spazio dedicato ai libri, che avrà un appuntamento importante alle 21 con “Boom del bookparty-quando la lettura diventa gesto sociale” con Abracabook. Sabato 2 novembre, alle 19.30, al fianco delle presentazioni librarie, ci saranno le performance di moda, che vedono in scaletta Cristina Pistoletto Parade, “Instant Collage Composition”, performance dell’artista, danzatrice, creatrice di moda Samanta Lai, in collaborazione con Belfiore Danza Contemporanea. L’atmosfera di Umbertissima sarà accompagnata da una colonna sonora composta da musicisti Jazz di musica classica e di set di Franco B.E. Non mancherà l’arte anche sotto forma di luci d’artista, in quanto la galleria accoglie la luce d’artista di Marco Gastini dal titolo “L’energia che unisce si espande nel blu”. 

Mara Martellotta 

Foto: Museo Torino

Villa Felice, altre serate oltre Halloween

Ballerine succinte, Drag Queen saccenti, Maghi sedicenti e ciarlataneria assortita a Villa Felice, spettacolo del Piccolo Teatro Comico che ha ottenuto un ottimo riscontro la sera di Halloween.  E per gli spettatori sopra i 16 anni d’età  domenica alle  ore 21  una edizione ancora più piccante.

“Se volete mascherarvi con stile, la nostra costumista troverà il vestito dei vostri sogni e vi creerà un
look da Halloween indimenticabile. Chiamate il 347.6127776”, suggeriscono gli organizzatori degli spettacoli.

Il “PICCOLO TEATRO COMICO” costituito nel febbraio del 2002, è la continuazione di un
progetto artistico e di una poetica teatrale iniziata precedentemente nel 1988 con uno stesso staff
allora denominato “Canovaccio”. Obiettivo artistico e di programmazione del “PICCOLO TEATRO
COMICO”: la rivalutazione del concetto teatro partendo dalla commedia e dal “classico” da
proporre nella sua essenza primordiale, fino a performances di spettacolo eterogeneo dalla danza, al
cabaret, al teatro multietnico e di genere, creando uno spazio organico, vivo che possa raggiungere
un pubblico eterogeneo che viva lo spazio del PTC, proponendo anch’esso idee e spettacoli per ogni
fascia di età, status e cultura.

La Notte delle Arti contemporanee alla Gam e al Mao

Apertura straordinaria fino alle 23 e ingresso a 1€dalle 18 alle 23. La biglietteria chiude alle 22

GAM e MAO aderiscono alla Notte delle Arti Contemporaneein programma per sabato 2 novembre 2024 e, per l’occasione,propongono l’ingresso alle collezioni permanenti alla tariffa speciale di 1€ dalle ore 18 fino alle ore 23. Aggiungendo 1€ si potranno anche visitare le mostre temporanee in corso (Mary Heilmann e Maria Morganti alla GAM, Rabbit Inhabits the Moon al MAO).

La mostra Berthe Morisot. Pittrice impressionista con display di Stefano Arienti si può visitare alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea con tariffa ridotta di 5€.

Cosa si può visitare

Alla GAM

Ingresso alla tariffa speciale di 1€ per il nuovo allestimento delle collezioni permanenti e il Deposito Vivente; aggiungendo 1€ si potrà accedere anche alle mostre temporanee Mery Heilmann e Maria Morganti.

Ingresso ridotto a 5€ per la mostra Berthe Morisot. Pittrice impressionista.

Al MAO

Accesso con biglietto unico a 1€ alle gallerie delle collezionipermanenti, alla presentazione del progetto Declinazioni Contemporanee, che porta al MAO le installazioni site specific di Qiu Zhijie e Charwei Tsai e la luce d’artista di Patrick Tuttofuoco, e alla performance Things that Death Cannot Destroy, dell’artista Linda Fregni Nagler.

Per prendere parte alla performance, che sarà ripetuta alle 18.45, 19.45 e 20.45, è obbligatoria la prenotazione all’indirizzo internmao@fondazionetorinomusei.it.

Aggiungendo 1€ si potrà visitare anche la mostra temporanea Rabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo, recentemente inaugurata, dedicata all’opera dell’artista coreano Nam June Paik in dialogo con artisti contemporanei e antichi manufatti coreani.

La Crimea di Cavour e la nascita della Romania. Dai principi Drãculesti ai regnanti dei Balcani

Lo sciame sismico originato dall’emigrazione dei Gozzano di Luzzogno a Cereseto, Casale Monferrato e Agliè riaffiora nella regione balcanica durante il periodo della guerra di Crimea appoggiata da Cavour. La genealogia dei Gozani in Ungheria è rappresentata sul dipinto conservato nella casa del marchese di San Giorgio Monferrato Titus von Gozani e della moglie Eva Maria Friese, abitanti a Dusseldorf senza eredi maschi, fonte di inesauribili informazioni storiche sulla loro antica casata. Il diploma di nobiltà fu concesso ad ambo i sessi di questa famiglia dall’imperatore Franz I° nel 1817 a Vienna, da poco ritrovato con relativi sigilli nell’archivio provinciale di Marburg.

Singolare la vicenda di Odo von Gozani figlio di Ludvik nobile dell’impero austriaco, marchese di San Giorgio Monferrato e fratello di Sidonia, di Ferdinando II° nonno di Titus e marito della baronessa Sophie Josephine Helene von Neustaedter di Zagabria. Odo, politico e capo ideologico nato nel 1885 a Lubiana, avvocato al servizio d’Austria come amministratore civile nella prima guerra mondiale, segretario di stato e inviato a Budapest come ministro degli interni, fu dimesso a causa delle sue idee nazionalistiche per aver esercitato una forte influenza sul movimento del fronte patriottico nel fallito colpo di stato austro-nazista. La paura di un atto di vendetta per falsa testimonianza davanti al tribunale militare di Vienna lo portò al suicidio.

Sidonia von Gozani, zia di Odo, sposò a Lubiana nel 1863 Joseph Maria Coleman Gerliczy, membro di una nobile casata d’Ungheria risalente al 1200 appartenente al patriziato onorario di Fiume nel 1600. Il diploma di nobiltà fu conferito loro nel 1626 dall’imperatore e re Ferdinando II° del litorale ungarico, confermato nel 1838 per tutti i discendenti di ambo i sessi. Le tre corone d’oro sugli elmi dello stemma del 1557, ufficializzato nel 1774, rappresentano la vicinanza all’autorità imperiale. Personaggio di spicco fu il cavaliere Giovanni Felice Gerliczy, bisnonno di Joseph, capitano e assessore al commercio, cancelliere della sanità e proprietario del palazzo barocco di Fiume nel 1750 ereditato dal fratello Giuseppe. Un disegno originale del palazzo, ex sede del teatro, si trova nell’archivio di stato austriaco.

Ferenc Gerliczy von Arany, pronipote di Giovanni Felice sposato con Gilda Fejèrvàry di Vienna, edificò la chiesa di Nostra Signora d’Ungheria accanto al loro castello di Desk. Il figlio Felix Vince Ferenc Gerliczy-Burian, nato a Oradea e morto a Nizza detto il conte Liechtenstein, acquisì notevole prestigio sposando la principessa Elsa Stirbey Bibescu di Cãmpina. A Oradea il cugino Szatarill Gerliczy, allievo del famoso pittore simbolista Gustav Klimt, edificò l’attuale Gerliczy Palace. Nel 1928 il castello di Desk fu venduto e trasformato in sanatorio infantile, oggi sede della clinica medica dell’università di Szedeg.
Barbu Stirbey, presidente del consiglio dei ministri e cugino della principessa Elsa figlia del principe Dimitrie Stirbey, possedeva uno dei patrimoni più grandi della Romania. Barbu era intimo confidente e amante della regina Maria Vittoria che lo soprannominò il principe bianco. Di bell’aspetto, elegante e raffinato nel comportamento era sposato  con la cugina principessa Nadeja Bibescu, pronipote di Napoleone Bonaparte. Elsa discendeva dal nonno Barbu Dimitrie Stirbey detto il dominatore, sovrano dal 1848 al 1853 in regime di statuto organico nel primo regno di Muntenia con capitale Bucarest e di Oltenia con capitale Craiova. Famoso il ritratto di Martha Lahovari Bibescu, nipote di Barbu e George Bibescu che abdicò nel 1848, eseguito da Giovanni Boldini nel 1911 che, come osserva la nostra critica d’arte Giuliana Romano Bussola, esercita le sue famose pennellate a sciabola per dare movimento e leggerezza. Martha, scrittrice e poetessa nata a Bucarest nel 1886 e morta a Parigi nel 1973, fu vestita per decenni dallo stilista parigino Christian Dior.

Barbu dovette fuggire a Vienna durante l’invasione russa in Crimea, rientrando dopo l’intervento del regno di Sardegna deciso da Camillo Cavour a fianco di Napoleone III° e della Gran Bretagna in difesa della Turchia. Dopo il trattato di Parigi, a seguito della disfatta dell’impero russo, Barbu sostenne nel 1856 la riunione dei principati di Moldavia e Valacchia sperando di diventarne principe, generando nel 1859 la nascita della futura Romania. Ma il suo mandato era scaduto, abdicò ritirandosi a Parigi e alla morte fu sepolto nella cappella Bibescu a Pére-Lachaise, il monumentale cimitero parigino dove riposano Balzac, Chopin, Callas, Edith Piaf, Jim Morrison e la nipote Martha Bibescu. Bellissimi i palazzi Stirbey Bibescu di Buftea, Brasov e Bucarest, quest’ultimo venduto dai discendenti per undici milioni di euro nel 2005. Quattro secoli prima, questi regnanti furono preceduti da Vlad II° Dracul detto il drago e dal figlio Vlad III° Tepes l’impalatore, famosi principi Drãculesti.
Armano Luigi Gozzano

“Dialoghi tra Prosa e Poesia”, al via la seconda stagione

Dopo una prima stagione di successo sostenuta anche dal quotidiano Il Torinese

 

Riprendono i “Dialoghi tra Prosa e Poesia”, protagonisti Gian Giacomo Della Porta e Jacopo Marenghi, che inaugurano la seconda stagione di un format letterario che ha riscosso notevole successo nella prima edizione e che è stato ed è sostenuto dal quotidiano Il Torinese, in occasione del decennale dalla nascita.

Questa nuova stagione, che avrà inizio il 6 novembre, alle ore 18, presso Diagon Hall, in via San Domenico 47, a Torino, prevede un primo incontro intitolato “Dialoghi tra Prosa e Poesia – la stanza del Desassossego”.

Per la seconda stagione, i due protagonisti hanno scelto di affrontare un sentimento dal nome lusitano, il Desassossego. Gian Giacomo Della Porta e Jacopo Marenghi dialogheranno dapprima su una storia d’amore, poi racconteranno il sogno di un incontro, una storia di amicizia e di fonte d’ispirazione tratto da due grandi figure della Letteratura. Le loro storie e le loro poesie ci condurranno in una stanza che si affaccia su una via di Lisbona, dove si assisterà a una parata di personaggi, che tutti insieme sono il simbolo del Desassossego.

 

Mara Martellotta

La Fontana Luminosa di Italia ’61

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato.

Torino e lacqua

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

Basta poco per far sì che la gente si ritrovi a chiacchierare, che i ragazzi riscoprano il piacere di uscire e stare insieme, basta veramente un nonnulla per trasformare un anonimo luogo ombroso in una zona di piacevole ristoro. É sufficiente, ad esempio, un po dacqua zampillante e po di luce al neon, ed ecco realizzata la magia: il degrado pian piano si dissolve e tornano le risate e le chiacchiere del fresco della sera. La fontana conosciuta come la Fontana di Italia 61 era proprio questo: una bella scusa per disincentivare il decadimento di una zona cittadina e lavorare per ricostruire un bellambiente sia a livello urbano che per le condizioni di vita dei cittadini di quel luogo specifico. Si può dire che la Fontana abbia ben svolto il suo ruolo, anche se a singhiozzi: essa infatti per un po di tempo è riuscita ad allontanare spacciatori e tossicodipendenti e a richiamare a ségiovani e anziani che non volevano starsene a casa da soli, nonostante il freddo pungente dellaria di Torino nei tristi mesi invernali. Per assurdo, anche ora che è di nuovo sprofondata nella dimenticanza, essa svolge il suo antico ruolo: è un memento a quello che accade quando la città non esercita il suo compito di accoglienza e protezione nei confronti dei cittadini, e cioètestimonia il decadimento e il buio della notte che sovrastano le risate dei passanti, che hanno addirittura timore di passare di lì. Tracciamo allora un po di storia di questa particolare Fontana di Italia 61 e del suo contesto.

Italia 61 è il quartiere situato nella circoscrizione 8 che ospitòExpo 1961 (Esposizione Internazionale del Lavoro-Torino 1961) anche conosciuta appunto come Italia 61, svoltasi a Torino per celebrare il primo centenario dellUnità dItalia.

Il grande evento diviene occasione per mettere in luce il progresso raggiunto dalla città industriale subalpina, con la realizzazione di edifici di straordinaria qualità architettonica.

Il luogo prescelto dal comune per lallestimento degli eventi èlarea compresa tra il Po e Via Ventimiglia,  lungo Corso UnitàdItalia. Le architetture espositive realizzate per levento e lorganizzazione stessa delle celebrazioni, puntano a diffondere unimmagine patinata del progresso  tecnico raggiunto  dalla grande città industriale: cantieri conclusi in tempi rapidissimi, impiego di tecnologie avanzate, organizzazione scientifica del lavoro. In edifici appositamente costruiti, durante il mandato dellallora sindaco di Torino Amedeo Peyron, si svolgono i tre eventi principali curati dal comitato nazionale Italia 61presieduto dal politico, economista, accademico Giuseppe Pella: la Mostra Storica, a cura di Augusto Cavallari Murat, la Mostra delle Regioni, curata da Mario Soldati, e lEsposizione  Internazionale del Lavoro, patrocinata dal parigino Bureau International  des Expositions. Gli eventi collaterali sono a cura del comitato Torino 61 che, tramite lomonima Società per Azioni, finanzia le manifestazioni. Il piano urbanistico  del comprensorio è affidato allarchitetto Nello Renacco, che articola intorno alla radiale per Moncalieri  due palazzi per esposizioni: il Palazzo del Lavoro, degli ingegneri  Pier Luigi Nervi, Antonio Nervi, Mario Nervi con Gino Covre;  il Palazzo a Vela, dellarchitetto Annibale Rigotti e degli ingegneri Giorgio Rigotti, Franco Levi e Silvio Bizzarri, una Fontana Luminosa, la Monorotaia, lOvovia verso Cavoretto e la Circarama Disney, (non più esistenti), oltre a un complesso  di padiglioni lungo il Po.

Dopo il grande evento, tuttavia, piano piano, alcuni edifici per mancanza di fondi vennero abbandonati a sé stessi, alcuni sono stati dimenticati, come la Fontana Luminosa, che è rimasta spenta per moltissimo tempo.

Finalmente le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006 la riaccendono e, dopo decenni di abbandono e di degrado, essa  ritorna alloriginale splendore grazie ai lavori di ristrutturazione della città in vista del grande evento sportivo. In questi anni la Fontana ritrova il suo massimo fulgore specie la sera e nelle ore notturne, quando mille giochi di luci colorate la rendono splendida e spettacolare. Ma anche questa volta il brusio dei festeggiamenti dura meno di quanto sperato e tutto di nuovo si spegne e amaramente tace.

Alessia Cagnotto 

 

Arte, una collettiva per i 60 anni della cioccolateria Gobino

Inaugurazione della mostra d’arte collettiva in occasione dei 60 anni della cioccolateria artigiana Guido Gobino

Giunge alla sua fase finale il progetto culturale GugArt3, promosso da Guido Gobino in occasione del sessantesimo anniversario della Cioccolateria artigiana.

Dopo la performance live dei musicisti e la presentazione dei racconti dei giovani scrittori al Salone del Libro, mercoledì 30 ottobre sarà la volta degli artisti visivi, cge esporranno le proprie opere in una mostra dedicata. L’appuntamento è alle ore 17.30 in via Modena 62, nei pressi della fabbrica di Cioccolato, per l’inaugurazione della mostra d’arte collettiva. Protagoniste saranno le opere realizzate da Marta Ciolkowska, Lorenzo Gnata e Chiara Nicoletti che verranno valutate da Marinella Senatore, artista multidisciplinare formatasi nel campo della musica, delle belle arti e del cinema. Ogni artista ha reinterpretato in modo personale l’esperienza vissuta durante la settimana di residenza.

L’accesso all’inaugurazione è libero previa registrazione al link https://tinyurl.com/2s43bpx7

La mostra sarà visitabile fino a sabato 2 novembre tutti i giorni, dalle 16.30 alle 19.30

 

Mara Martellotta

“I grandi industriali del Piemonte. I pionieri”

Al “Circolo dei Lettori” di Torino, la presentazione del nuovo libro di Gianni Oliva, edito da “Capricorno

Giovedì 31 ottobre, ore 18

Dal mondo dei motori e delle auto a quello del caffè, dalle lampadine alle macchine da scrivere, dal settore tessile al cinema per arrivare fino all’aeronautica: il libro (160 pagine, 14 Euro) edito da “Capricorno”, ripercorre le storie di coloro che, proprio a Torino e in Piemonte, hanno rivoluzionato questi settori e l’industria italiana tutta. Storie torinesi e piemontesi. Analizzate, attentamente indagate e raccontate da Gianni Oliva, giornalista, docente (insegnante e Preside per anni in vari Licei subalpini, attualmente è docente di “Storia delle istituzioni militari” alla “Scuola di Applicazione d’Arma” di Torino e dal 2022 “Presidente” del “Conservatorio Giuseppe Verdi” di Torino), nonché storico torinese fra i più stimati e prestigiosi del Novecento italiano.

 “I grandi industriali del Piemonte” è il titolo del suo ultimo libro. Sottotitolo “I pionieri”, primo volume. E la presentazione si terrà giovedì 31 ottobrealle 18, presso il “Circolo dei Lettori”, in via Bogino 9, a Torino.

Il periodo su si concentra il lavoro di Oliva è quello compreso tra fine Ottocento e inizi Novecento, con l’obiettivo tutto puntato su una Città e una Regione (le sue) in quegli anni in piena evoluzione.

Dopo la perdita del ruolo di capitale politica, Torino getta, infatti, in quel preciso periodo storico, le basi per un decollo industriale tumultuoso. E la regione non è da meno. “Grazie alla lungimiranza – si sottolinea – di alcuni amministratori pubblici, in particolare dei sindaci torinesi Secondo Frola e Teofilo Rossi, che pongono le basi infrastrutturali per lo sviluppo, e soprattutto al coraggio e alle risorse messe in campo dall’imprenditoria privata, Torino ed il Piemonte mutano pelle, ponendosi all’avanguardia dell’industrializzazione nazionale ed ergendosi al livello delle più avanzate realtà europee e mondiali”.

Qui si affermano alcune delle più importanti figure di industriali di importanza nazionale, come Pietro Sella (padre a Valle Mosso del “primo lanificio italiano” a lavorazione meccanica), Giovanni Agnelli (Senatore del Regno e fra i fondatori della FIAT nel 1899) e Vincenzo Lancia, detto “Censin” (pilota automobilistico e anche lui fondatore nel 1906 dell’omonima “Casa Automobilistica”); pionieri che hanno scoperto settori nuovi come Arturo Ambrosio con il Cinema o Giuseppe Lavazza con la produzione del caffè; uomini geniali e anticipatori come Alessandro Cruto, detto “Tasso”, di Piossasco (inventore nel 1880 della “lampada ad incandescenza” cinque mesi dopo Thomas Edison, cui però occorsero altri otto anni per ottenere un prodotto commercialmente valido) o i fratelli Ceirano (fondatori nel 1898 dell’accomandita “Ceirano GB & C”, storica “azienda automobilistica” il cui marchio verrà ceduto nel 1923 alla “SCAT”, altra società di Giovanni Ceirano); imprenditori attenti al benessere dei lavoratori come lo svizzero, naturalizzato italiano Napoleone Leumann (attivo nel settore tessile, fondatore dell’omonimo cotonificio e dell’attiguo villaggio per i suoi operai) o che hanno saputo coniugare la produzione, la modernità tecnologica e la politica come Camillo e Adriano Olivetti, padre e figlio, imprenditori illuminati e fondatori, della prima azienda del mondo (fra il 1896 e i primi del ‘900) nel settore dei prodotti d’ufficio, di cui Adriano diventò presidente nel 1938.

Nel suo libro Gianni Oliva traccia l’affascinante e articolato profilo di queste e altre emblematiche figure imprenditoriali piemontesi protagoniste di quegli anni eroici: le origini familiari, il retroterra tecnico e culturale, la capacità di vedere lontano, di rischiare in proprio e talvolta anche di cambiare settore d’intervento, la creatività e la visione di lungo periodo.

Il testo è corredato da un prezioso apparato iconografico.

Al volume sui “pionieri”, Oliva e “Capricorno Edizioni” faranno seguire, nel 2025, un secondo volume dedicato all’“età dell’oro” dell’industria piemontese e ai suoi protagonisti, che tratterà del periodo che dagli anni Venti-Trenta arriva al “boom economico” del secondo dopoguerra.

Per info: “Capricorno Edizioni”, corso Francia 325, Torino; tel. 011/385.36.56 o www.edizionidelcapricorno.com

g.m.

Nelle foto: Cover libro e Gianni Oliva