CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 21

Et voilà … Le “Chapiteau” dei “MagdaClan”

A Torino, al “Bunker” di “Barriera di Milano” andranno in scena quattro fine settimana di spettacoli dal vivo e “live music”

Da sabato 25 ottobre

Ed eccolo in bella vista. E’ il “tendone blu” montato, nel cuore di Barriera di Milano, al cosiddetto “Bunker” di via Paganini 0/200, dalla Compagnia di “Circo Contemporaneo“ “MagdaClan” (appollaiata festosa in cima al tendone), nata nella notte del Capodanno 2010/2011 sotto un trullo della brindisina Ceglie Messapica, ma dall’idea, tutta torinese, dei sette fondatori (oggi sono 20 gli artisti circensi che ne fanno parte) maturata sotto la Mole, dal 2004 al 2010, nella “FLIC Scuola di Circo”. Ebbene, proprio da questo “chapiteau riscaldato” ( “il nostro – dicono gli artisti facenti parte del sodalizio – è come un ‘Cubo di Rubik” aperto a tutti i linguaggi artistici”) andrà in scena, da sabato 25 ottobre“MagdaClan: il quartiere del circo”, quattro fine settimana di spettacoli dal vivo e “live music” con biglietti popolari, a partire da 5 euro.

Il progetto, firmato in collaborazione con “Bunker” e “FLIC Scuola di Circo”, in rete con “C.Re.S.Co.” e “Talea Circo”, con il sostegno della “Città di Torino” e del “Ministero della Cultura – Direzione Spettacolo”, prevede 10 titoli (per un totale di 17 repliche), con 6 spettacoli di “Circo Contemporaneo”, 3 appuntamenti musicali e un talk tematico.

Il perché di una simile, nuova, iniziativa lo spiega Giulio Lanfranco, fondatore, direttore artistico e artista della compagnia: “‘MagdaClan’ è Torino e Torino è ‘MagdaClan’: due entità che vanno di pari passo dalla nascita, addirittura da prima della nascita di ‘MagdaClan’. Tutti i componenti iniziali del nucleo fondatore di ‘MagdaClan’ avevano infatti frequentato le ‘Scuole di Circo’ a Torino. In città si sono incontrati. Non a caso Torino è stata poi scelta come base dell’associazione ‘MagdaClan’”. Torino è, peraltro, l’unica città ad aver visto replicare tutti gli spettacoli della Compagnia. L’idea è stata, dunque, quella di tornare sotto la Mole e montare il “tendone blu” per presentare, innanzitutto, la nuova creazione collettiva, “Elogio alla noia” (giov. ven. sab. 6, 7, 8 novembre, ore 21 e dom. 9 nov. , ore 18) che ha debuttato a settembre al “Dinamico Festival” (vincendo l’“Avviso pubblico” “Circoscrizioni, che spettacolo … dal vivo! 2025” della “Città di Torino”) e che verrà presentata a Barriera di Milano nella sua versione definitiva: “un elogio dell’assurdo, uno spettacolo poetico e sarcastica metafora della vita”. Sempre loro i “MagdaClan” presenteranno anche  “2984” con Alessandro Maida, una riflessione sulla fragilità della civiltà, (giov. e ven. 13 e 14 novembre, ore 21), “Balls don’t lie”, sempre di Maida, ambientato in un mondo popolato solo da oggetti sferici, con protagonista un personaggio mezzo uomo e mezzo scarabeo, e “Sweet Molotov” di Giorgia Russo, un “poema scritto con il corpo per raccontare quanto un disastro personale rasenti alle volte l’assurdità o la tragicomicità”.

Da segnalare anche, nel ricco cartellone, lo spettacolo del bolognese “Circo Bottoni” che presenta a Torino “The Big Bang” (ven. 31 ottobre e sab. 1 novembre, ore 21; dom. 2 novembre, ore 19,30), un’odissea con acrobati interstellari, giocolieri telecomandati e biciclette orbitanti.

Il cabaret di apertura (sab. 25, ore 21, e dom. 26 ottobre, ore 18) , “Heavy weight circus cabaret” nasce, invece, dalla collaborazione con la Compagnia di Circo Contemporaneo “Madera”, anch’essa di Torino: 60 minuti di spettacolo adatti ad adulti e bambini.

Il cartellone è inoltre arricchito da un’interessante scaletta musicale. Protagonisti i “Gennifers”“Tutti Dilemma”“Ludmi”“Dla Valley e Maatic Valley”, e “Sintetica” (con una jam session).

Nel programma anche un talkmartedì 11 novembre alle 18, che nasce invece dall’esigenza di affrontare una tematica che sta a cuore a “MagdaClan” da anni e che viene affrontata in collaborazione con il “Forum Nuovi Circhi”, “Outdoor Arts Italia Ets”, OCA Doc”, “Rete Doc”, “Forum Nuovi Circhi” e “Comune di Torino”. Titolo: “Se la norma è antiquata, il circo può essere contemporaneo?”. Bella domanda …! Chi vuol rispondere?

g.m.

Nelle foto: “MagdaClan”, foto di gruppo sul tendone (Ph. Roberta Paulucci); “MagdaClan” scene da “2.984” e “Balls don‘t lie”

The Watch plays Genesis

Teatro Superga, Nichelino (TO)

Sabato 25 ottobre, ore 21

Lo spettacolo che celebra il 50esimo anniversario dell’album The Lamb Lies Down on Broadway

 

Il Teatro Superga apre la stagione 2025-2026 con il concerto-tributo ai Genesis dei The Watch, la band milanese che sta trionfando in tutta Europa e Regno Unito, per celebrare il 50esimo anniversario dell’album The Lamb Lies Down on Broadway.

Il doppio concept album viene riproposto integralmente e impreziosito da piccoli aneddoti narrativi che rivelano segreti e misteri celati dietro la rock opera più importante del quintetto inglese.

Il progetto live dei The Watch sta registrando sold out nelle più importanti capitali europee: la loro tecnica esecutiva e l’energia che portano sul palco riesce a catturare l’essenza e l’atmosfera dei primi anni del gruppo inglese grazie anche ad una voce che si avvicina a quella del giovane Peter Gabriel degli anni ’70. A confermare il successo di pubblico e critica alcune delle principali recensioni allo spettacolo, a partire da Steve Hackett, chitarrista dei Genesis, che ha dichiarato: «The Watch sono una band di musicisti davvero talentuosi che vi consiglio di andare a vedere!».

I The Watch sono una band di Milano di 5 componenti la cui musica è ispirata al rock progressivo classico degli anni ’70 ed in particolare alla musica dei Genesis. Dal 2010 la band ha deciso di accostare alle composizioni originali, brani Genesis per dar vita a una formula nuova di approccio agli spettacoli live che si è rivelata vincente: il modo di interpretare la musica dei Genesis ha suscitato enorme interesse da parte di tutti i fans sia The Watch che Genesis, portando la band di anno in anno in tournée sempre più articolate in tutta Europa, UK, USA e Canada.

 

FORMAZIONE

Andrea Giustiniani, chitarra elettrica, chitarra 12 corde acustica

Mattia Rossetti, basso, chitarra 12 corde elettrica e acustica, Moog Taurus bass pedals, voci

Simone Rossetti, voce, flauto

Valerio De Vittorio, organo, piano, sintetizzatori, mellotron, chitarra acustica, voci

Francesco Vaccarezza, batteria, voci

La stagione 2025-2026 del Teatro Superga è promossa dalla Città di Nichelino e Sistema Cultura, con il sostegno di Fondazione CRT e Regione Piemonte, firmata dalla direzione artistica di Alessio Boasi e Fabio Boasi, con la collaborazione di Piemonte dal Vivo. Produzione esecutiva Fondazione Reverse. Creative mind: Noir Studio.

Info

Teatro Superga, via Superga 44, Nichelino (TO)

Sabato 25 ottobre 2025, ore 21

The Watch plays Genesis

Biglietti: platea 42,55 euro, galleria 39,10 euro

www.teatrosuperga.it biglietteria@teatrosuperga.it

IG + FB: teatrosuperga

Orari biglietteria: dal martedì al venerdì dalle 15 alle 19

I biglietti si possono acquistare presso la biglietteria del Teatro Superga, sul luogo dell’evento nei giorni di spettacolo dalle ore 18, online su Ticketone.it

Paratissima a Moncalieri al Real Collegio Carlo Alberto

La 21esima edizione di Paratissima si terrà dal 29 ottobre al 2 novembre prossimi, e nasce da una costola di Artissima dedicata alle sperimentazioni e alle scoperte dei giovani artisti. Il titolo di questa edizione sarà “KOSMOS” e, per la prima volta, la manifestazione non si svolgerà più a Torino, ma a Moncalieri, in cerca di una nuova visibilità, negli spazi del Real Collegio Carlo Alberto, cornice storica che accoglierà oltre 450 artisti, che animeranno i 12 mila mq dello spazio con mostre, installazioni, performance, talk e incontri. Il tema scelto è il ‘Kosmos’, che indica un universo simbolico dedicato all’armonia e all’equilibrio, ispirandosi al significato del numero 21 come sintesi e maturità. Il manifesto dell’edizione è stato firmato da Elisa Seitzinger, artista visiva piemontese di fama internazionale che ha ideato un‘illustrazione dedicata alla dea Gea, figura che emerge da una conchiglia celeste in perfetto equilibrio cosmico. Il complesso monumento del Real Collegio Carlo Alberto fu progettato da Benedetto Alfieri nel 1838, e diventerà per 5 giorni un grande spazio dedicato all’arte contemporanea. Tra cortili interni, gallerie e scalone in marmo, gli spazi si trasformeranno in una rete di mostre, installazioni, talk e performance, facendo di Paratissima uno degli appuntamenti più importanti dell’Art Week torinese.
“KOSMOS” prevarica i suoi confini fisici e si espande con “Art in the City”. Come una galassia in espansione, Paratissima invaderà, infatti, la città: strade, negozi e vetrine diventeranno tappe di un’esperienza diffusa di arte e performance, un’estensione della creatività nello spazio urbano. Paratissima e Moncalieri si trasformeranno così in un sistema vivo, connesso da una rete di segni, colori e relazioni. Tra i progetti più rappresentativi: “Manifesti d’artista, che diffonderà immagini e opere negli spazi pubblici, trasformando la città in una mostra a cielo aperto; iniziative come “Liquida Winter Edition”, “Disobbedienza formale” e “Algoritmi”, curate rispettivamente da Laura Tota, Martina Ghignatti e Valeria Cirone, confermano “KOSMOS” come un osservatorio privilegiato sulla scena contemporanea.

Real Collegio Carlo Alberto – piazza Vincenzo Arbarello 8, Moncalieri

Orari: 10-22.45

Biglietti : 11 euro / info: www.vivaticket.com

Mara Martellotta

A Bollengo l’ultimo libro di Travaglini

Venerdì 31 ottobre, alle 18.00, verrà presentato a Bollengo Il seggio del peccato, l’ultimo libro di Marco Travaglini, autore che fa parte del Gruppo italiano Scrittori di montagna. L’evento si terrà nella Sala Nuova Torre, in via Pietro Cossavella 2. Con l’autore dialogherà il sindaco di Bollengo, Luigi Sergio Ricca. Il Piemonte, dalle valli al confine con la Svizzera ai laghi, dal Canavese fino a Torino, viene raccontato da Travaglini attraverso la sua gente, i suoi ambienti, le atmosfere che trasportano negli angoli più profondi e suggestivi della campagna e della montagna, della grande città e della provincia. Vizi e virtù della gente semplice, furbizie e ingenuità, sono narrati in uno spaccato in salsa genuinamente piemontese di quella grande commedia umana che, quotidianamente, scorre con la stessa intensità delle acque del Po. “Sono storie ricche di riferimenti storici, di notizie su luoghi, edifici, curiosità, ricostruzioni di antiche tradizioni e motti popolari”, scrive l’ex sindaco di Torino e Presidente della Regione Sergio Chiamparino nella sua introduzione. L’autore ama dare voce soprattutto alla gente comune, a quel mondo piccolo ma non minore col quale ha sempre voluto convivere, assimilandone i problemi, le speranze, le gioie e i dolori, con particolare attenzione alla storia passata, a tempi meno facili ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di umanità.

‘To Dream’ entra nel circuito di Luci d’Artista 

 

Con un’installazione firmata da Graphic Days e realizzata da Docks Group

‘To Dream’, l’Urban District torinese gestito da Nhood Services Italy, è orgoglioso di annunciare il suo ingresso nel prestigioso circuito Luci d’Artista 2025-2026 con un’installazione luminosa inedita firmata  Graphic Days e realizzato da Docks  Group, consolidando così il proprio ruolo di punto di riferimento per la cultura,  l’innovazione  e la socialità  a Torino.
Con questa partecipazione To Dream diventa parte integrante del palinsesto culturale cittadino, trasformandosi in uno spazio di meraviglia dove arte e quotidianità si incontrano.
L’installazione luminosa, curata da Graphic Days e realizzata come intervento site-specific per gli spazi interni del District, nasce con l’obiettivo di regalare ai visitatori un’esperienza immersiva di luce e colore, proiettando ‘To Dream’ tra i protagonisti della 28esima edizione  di Luci d’Artista, progetto pubblico  promosso da Fondazione Torino Musei  e curato da Antonio Grulli.

L’opera si presenta come una scenografia sospesa, composta da elementi modulari in policarbonato che si incastrano tra loro generando un paesaggio luminoso, inclusivo e multifunzionale. Più che un semplice allestimento, si tratta di un luogo da vivere, al suo interno sono presenti sedute integrate, che invitano alla sosta e alla socialità, rendendo il passaggio un momento di condivisione e di incontro.
Ispirata all’archetipo della lanterna, simbolo di luce che guida e connette, l’installazione rappresenta un segno visivo di accoglienza e identità, capace di trasformare lo spazio urbano in un luogo di bellezza condivisa, dove l’arte diventa occasione di relazione e parte della quotidianità.

“Siamo orgogliosi di entrare per la prima volta nel circuito di Luci d’Artista – commenta Giuseppe Spissu, Shopping Center Manager di To  Dream – si tratta di un’iniziativa che esprime al meglio i valori di ‘To Dream’, innovazione, partecipazione, cultura condivisa. Vogliamo che il nostro Urban District sia sempre un punto di incontro tra persone, idee e bellezza”.
“Con l’intervento realizzato all’interno di To Dream Urban District, Graphic Days persegue il suo obiettivo di promuovere la creatività nell’ambito del visual design sul territorio; la contaminazione di spazi commerciali attraverso attività culturali consente di raggiungere pubblici diversi e ampliare il suo raggio di azione e le possibili ricadute. La collaborazione con Docks Groups ha inoltre consentito di sperimentare nuove tecniche per dare vita a un progetto inedito- hanno aggiunto Ilaria Reposo e Fabio Guida, caporedattore di Graphic Days.
Il progetto è stato reso possibile grazie alla realizzazione di Docks Group che commenta, spiegando come le installazioni in policarbonato alveolare che andranno a caratterizzare gli spazi di To Dream, siano state progettate per andare incontro alle esigenze architettoniche dell’Urban District,  ingegnerizzazione e realizzate dalla maestria della Docks Group.

Questo intervento, nato dalla lungimiranza di Nhood Services Italy e studiato a quattro mani con Graphic Days, vuole rappresentare un esercizio di stile tramite un impiego non convenzionale  delle pennellature in policarbonato alveolare arcoPlus per superare i limiti degli attuali utilizzi applicativi. Tramite la personalizzazione delle colorazioni, le finiture tattili superficiali e le lavorazioni customizzate,  il policarbonato può dare concretezza ad innumerevoli idee creative. In questo specifico progetto, grazie alla qualità unica della diffusione luminosa di questo materiale così versatile, gli oggetti, come gli edifici, vengono inglobati nel contesto, alleggerendone l’impatto estatico e trasformandosi in lampade luminose con spettacolari giochi di luce riflessa e diffusa.

Mara Martellotta

In vendita i biglietti per l’Anteprima Giovani de “Il ratto dal serraglio”

In vendita i biglietti per l’Anteprima Giovani de “Il ratto dal serraglio”, uno dei capolavori più vivaci, raffinati e sorprendenti di Wolfgang Amadeus Mozart, in scena mercoledì 5 novembre alle ore 20.Lo spettacolo è riservato al pubblico under 30.

Per il Maestro  Gianluca Capuano si tratta di un doppio debutto: dirige per la prima volta sia al Teatro Regio sia “Il ratto dal serraglio”. Capuano, specialista del repertorio settecentesco, è collaboratore abituale di Cecilia Bartoli, direttore musicale dell’Opéra di Monte-Carlo e vincitore del prestigioso premio “Abbiati” come Miglior Direttore nel 2022. Il Coro è istruito dal maestro Ulisse Trabacchin.

L’allestimento, firmato dal poliedrico e versatile attore e regista Michel Fau, popolarissimo in Francia, arriva a Torino dall’Opéra Royal de Versailles dove è stato creato nel 2024, portando in scena un mondo elegante, sospeso tra leggerezza e malinconia, colorato e paradossale, esaltato da sgargianti scenografie di Antoine Fontaine, costumi vivacissimi David Belogou e le luci di Joël Fabing ispirate al chiarore caldo delle lampade a olio del Settecento.

Nata nel 1782 per il Burgtheater di Vienna, l’opera alterna virtuosismi, ironia e profondità morale, restando una delle più amate del repertorio mozartiano. La storia racconta di Konstanze, giovane dama prigioniera del Pascià Selim insieme alla sua cameriera Blonde e al servitore Pedrillo. Il nobile Belmonte, innamorato di Konstanze, tenta di liberarli, sfidando il brutale Osmino, guardiano del palazzo, che insidia Blonde, personaggio che oggi risuona quanto mai attuale quando rivendica con fierezza: «Le ragazze non sono merce da regalare! Sono un’inglese, nata per la libertà». Il finale, inatteso e luminoso, ribalta ogni aspettativa: Selim, con un gesto di straordinaria umanità, sceglie il perdono al posto della vendetta, restituendo libertà ai prigionieri e dignità a sé stesso. In lui, Mozart affida la voce più autentica della ragione e della tolleranza.

Selim, il pascià, è una figura complessa e sorprendentemente moderna per il suo tempo: pur essendo un “turco”, non è rappresentato in modo stereotipato o malvagio, ma come un uomo capace di magnanimità. La sua particolarità risiede anche nel fatto che, pur essendo uno dei personaggi principali dell’intreccio, sia l’unico a non cantare ma a parlare soltanto, scelta che ne accentua l’autorevolezza e la forza drammatica.

Il maestro Gianluca Capuano descrive Il ratto dal serraglio con tre parole: “Profondità nella semplicità”.

“Mozart – ha aggiunto il direttore d’orchestra – alimenta sempre la piacevole illusione di essere giovani”.

“Questa squisita partitura – ha dichiarato Henri Ghéon, scrittore, poeta e critico letterario francese – così come è, con una serie di arie leggere pittoresche, belle ha il valore di una testimonianza, di un’esplosione musicale di giovinezza, da parte di un artista perfetto. In questo senso è unica al mondo”.

Info e biglietti: www.teatroregio.torino.it e alla Biglietteria del Teatro Regio
piazza Castello 215 – Torino – tel. 0118815241/242. Orario di apertura: da lunedì a sabato ore 11-19; domenica ore 10.30-15.30; un’ora prima degli spettacoli.

Mara Martellotta

Torino museo a cielo aperto con Luci d’artista

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Si apre ufficialmente la ventottesima edizione

Venerdì 24 ottobre, dalle ore 18:15, Torino tornerà a brillare e il cielo della città si trasformerà in un grande palcoscenico di luce, con 32 installazioni luminose, arricchite quest’anno da ben quattro nuove opere firmate da grandi protagonisti della scena artistica: Tracey Emin, il collettivo Soundwalk Collective insieme alla poetessa e musicista Patti Smith e al compositore Philip Glass, Riccardo Previdi e Gintaras Didžiapetris, realizzate grazie al sostegno di nuovi importanti partner. Saranno coinvolti nuovi spazi della città che entreranno a far parte della mappa luminosa di Luci d’Artista, confermando la vocazione della manifestazione a rinnovarsi e a estendere la propria presenza nel tessuto urbano di Torino.

Le Luci d’Artista della 28° edizione resteranno accese dal 24 ottobre 2025 all’11 gennaio 2026 e in questi mesi piazze, monumenti e luoghi simbolo della città dialogheranno con l’arte contemporanea, trasformando Torino in un museo dove la protagonista è la luce.

 

LE LUCI. COLLOCAZIONI

 

Le 32 luci si riaccendono tra le vie e le piazze di Torino e i cittadini e i turisti potranno alzare gli occhi e ritrovare le opere luminose nelle loro classiche location, oppure andare alla ricerca delle nuove collocazioni.

Si riaccende sul Ponte Vittorio Emanuele I, completamente restaurata grazie alla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino e di Unione Industriali Torino insieme a NeonLauroDoppio passaggio (Torino), l’opera ideata nel 2001 da Joseph Kosuth.

Alcune Luci cambiano sede rispetto alla precedente edizione: VR MAN di Andreas Angelidakis, inaugurata lo scorso anno in Piazza Vittorio, si potrà quest’anno ammirare in Piazza Bodoni.

La storica opera del 1998 Volo su… di Francesco Casorati sarà in Via Principe Amedeo mentre Migrazione (climate change) di Piero Gilardi realizzata nel 2015 trova sede in Via Sant’Agostino.

Dopo tre anni AZZURROGIALLO di Giorgio Griffa torna nei Giardini Cavour, luogo per cui l’artista l’aveva pensata nel 2022, così come Luì e l’arte di andare nel bosco di Luigi Mainolfi torna a risplendere in Via Lagrange, Noi di Luigi Stoisa in Via Garibaldi e Palomar di Giulio Paolini è nuovamente allestita in Via Po.

Si riconfermano nelle collocazioni precedenti le Luci di Mario AiròCosmometrie in Piazza Carignano con una sempre nuova configurazione decisa dall’artista, che come ogni anno segue l’allestimento della sua Luce; Orizzonti di Giovanni Anselmo, in Piazza Carlo Alberto; Ancora una volta di Valerio Berruti in Via Monferrato; Tappeto volante di Daniel Buren in Piazza Palazzo di Città; Nicola De MariaRegno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime in piazza Carlo Emanuele II (piazza Carlina); Marco GastiniL’energia che unisce si espande nel blu in Galleria Umberto I; Jeppe HeinIlluminated Benches in Piazza Risorgimento; Rebecca HornPiccoli spiriti blu sul Monte dei Cappuccini; Cultura=Capitale di Alfredo Jaar sulla facciata del Museo Diffuso della Resistenza; Renato LeottaIo, sono nato qui. in Corso Spezia 70, sul tetto dell’Ospedale Sant’Anna; Mario MerzIl volo dei numeri sulla Mole Antonelliana; Mario MolinariConcerto di parole in Piazza Polonia; Luigi NervoVento solare in Piazzetta Mollino; SCIA’MANO di Luigi Ontani ai Giardini Sambuy di Piazza Carlo Felice; L’amore non fa rumore di Luca Pannoli in Parco Michelotti di fronte alla Biblioteca Geisser; Michelangelo PistolettoAmare le differenze in Piazza della Repubblica (facciata della Tettoia dell’Orologio); My Noon di Tobias Rehberger in Piazza Arbarello; Ice Cream Light di Vanessa Safavi in Largo Montebello, Grazia Toderi, “…?…” in cima alla cupola della Basilica Mauriziana (visibile da Piazza della Repubblica) e Gilberto ZorioLuce Fontana Ruota sul laghetto di Italia ’61 (Corso Unità d’Italia).

INAUGURAZIONE DELLE NUOVE OPERE E ACCENSIONE DELLE LUCI

L’inaugurazione di Luci d’Artista 2024, in programma venerdì 24 ottobre, sarà ancora una volta itinerante, per abbracciare luoghi diversi della città e sarà aperta a cittadine, cittadini e turisti.

Il tour prende avvio alle 18.15 ai Giardini Reali bassi (accanto al monumento) per l’inaugurazione e accensione di Sex and Solitude di Tracey Emin, con l’intervento della Banda musicale del Corpo di Polizia Locale della Città di Torino. La seconda tappa è prevista alle 19:00 in piazza Vittorio Veneto (angolo lungo Po Cadorna), per l’accensione di Doppio passaggio di Joseph Kosuth, restituita alla città dopo l’importante restauro. Alle 19:20 la terza tappa sarà ai Giardini Cavour sotto Azzurrogiallo di Giorgio Griffa dove si trasferirà anche la Banda musicale del Corpo di Polizia Locale della Città di Torino per accompagnare l’evento. A seguire, il gruppo transiterà al Museo Regionale di Scienze Naturali, dove verrà accesa l’opera Untitled di Gintaras Didžiapetris.

Il tour si concluderà alle 20.15 alle OGR Torino, con l’accensione di Mummer Love di Soundwalk Collective, quarta nuova luce di questa edizione. Seguirà, intorno alle 20:30, un poetry reading scaturito dalle voci che compongono Mummer Love. Il reading amplia la ricerca sulla poesia attraverso le voci di Maria Luce Cacciaguerra, Valentina De Zanche ed Eleonora Luccarini. Una lettura corale di poesia arabo-siciliana, poesia contemporanea e accenni di Rimbaud espande i ritmi dell’opera di Soundwalk Collective. In ogni tappa sono previsti gli interventi delle istituzioni, degli artisti presenti e dei partner di Luci d’Artista.

Per il terzo anno consecutivo Studio Fludd cura l’identità visiva di Luci d’Artista. L’edizione 2025-2026 si sviluppa in un vibrante glitch luminoso, a evocare energia potenziale, con una palette rinnovata.

Anche quest’anno si rinnova la preziosa collaborazione con la FIAF – Federazione Italiana Associazioni Fotografiche – e con Puma Lavori in Fune, partner storici che da tempo contribuiscono alla valorizzazione di Luci d’Artista mettendo a disposizione competenze e produzioni fotografiche e video in forma volontaria e appassionata. Novità di questa edizione è l’ingresso del Dipartimento Corpo Polizia Locale, Divisione Protezione Civile, Gestione Emergenze e Sicurezza – Servizio Drones Unit, che arricchirà il progetto con spettacolari riprese aeree delle luci in collezione, offrendo nuove prospettive e narrazioni visive dell’intero percorso artistico.

La Fondazione Giorgio Griffa presenta cinque dialoghi tra due artisti

Si tratta dello stesso Giorgio Griffa e Simon Starling, visitabili fino al 22 gennaio 2026

La Fondazione Giorgio Griffa presenta due artisti in confronto in una duplice mostra, Giorgio Griffa e Simon Starling, aperta fino al 22 gennaio 2026. Si tratta di cinque dialoghi tra due artisti. La nuova mostra della Fondazione Giorgio Griffa inaugura la stagione autunnale, a un anno dalla sua apertura, con un inedito confronto tra due artisti di generazione e contesto differenti e presenta “D1-D5”, duplice show di Giorgio Griffa (1936) e del britannico Simon Starling (1967).
Le D del titolo richiamano i cinque dialoghi che formano il percorso espositivo, nati in alcuni casi da progetti condivisi e collaborazioni dirette tra i due artisti, in altri da affinità formali, materiali e concettuali che aprono possibilità di confronto e suggeriscono inedite direzioni d’indagine. Il rapporto tra Griffa e Starling si sviluppa in mostra in un dialogo tra generazioni, contesti geografici e culturali, tra forme d’arte, percorsi di conoscenza, sintesi e narrazione. È stata la collaborazione  Griffa-Starling, nata nel 2017, a suggerire l’idea della mostra. Simon Starling rimase colpito da rari pannelli artigianali giapponesi realizzati per i maestri della lacca urushi, con i capelli delle pescatrici di perle “ama”, particolarmente compatti grazie alla lunga permanenza in mare e all’assenza di lavaggi con tensioattivi chimici. Spedì un pannello a Griffa perché lo utilizzasse e ne sono derivate tre grandi carte dipinte da Griffa, che Starling ha annotato con un testo su vetro stampato con una particolare stampante inkjet. Sono tre lavori a quattro mani: “Noise”(Annotated) e “Oblique 3”(Annotated), che vengono entrambi esposti in mostra presso la Fondazione Giorgio Griffa, e “Golden Ratio” (Annotated), che sarà visibile nella personale di Griffa che aprirà il 5 novembre presso la Casey Kaplan Gallery di New York.
La mostra si apre con i due lavori a quattro mani sopracitati: “Noise” (Annotated) e “Oblique 3” (Annotated), cui si affiancano nel primo dialogo (D1) “Head To Toe” (2017) di Simon Starling e “Disordine PO” (2025) di Giorgio Griffa. “Head To Toe” si presenta come un corpo composito di elementi interconnessi e realizzati in collaborazione con diversi artigiani, come falegnami, soffiatori di vetro, argentieri, fabbri e maestri della lacca urushi. Tra gli oggetti che danno forma all’opera spicca il pennello realizzato con i capelli della pescatrice “ama”, come quelli che Starling regalò a Griffa perché potesse utilizzarli per il progetto a quattro mani. La seconda è una tela di Griffa che appartiene al recente ciclo dedicato al disordine, in cui segni, colore e tessuto sono i protagonisti.

Il percorso prosegue (D2) con la tela “Bianco dopo Bianco”, dipinta nel 1981 dall’artista torinese in un momento di ricerca dell’essenzialità della pittura: segni elementari, un solo colore, il bianco, usato raramente da Griffa e quasi solo in quegli anni, sospinta di una particolare relazione con la luce del Sole nel verde della natura. In risposta a quest’opera, Starling ha proposto l’installazione “As He Buffs”, del 2019. Una figura umana a gambe incrociate suggerita da una semplice struttura metallica due sostiene una maschera, colta nell’atto di lucidare un piano laccato nero, in cui si specchia, mentre due lampadine in tungsteno la illuminano. Per la sua realizzazione, l’artista si è affidato a maestranze artigiane giapponesi, il maestro di urushi Masahiko Sakamoto, il maestro di maschere Nō Yasuo Miichi e a Daniil Kondratyev, a testimonianza dell’interesse di Starling per le possibilità di collaborazione e connessione con la natura nei processi produttivi.

Con il terzo dialogo (D3) i richiami tra i lavori si fanno più espliciti: una teca, alcuni oggetti che Griffa utilizza regolarmente in studio sono affiancati a copie del magazine “Frieze”, sulle cui pagine gli oggetti compaiono negli scatti realizzati da Starling con un banco ottico nell’atelier di Griffa. Come una “mise en abyme”, le quattro tele di Griffa: “Canone aureo 638”, “Canone aureo 772”, “Canone aureo 343” e “Canone aureo 638”, che compaiono sullo sfondo delle fotografie di Starling, sono esposte sulla parete opposta alla teca in Fondazione, nella stessa sequenza che avevano il giorno degli scatti in studio.

La ricerca di entrambi gli artisti, di forme primarie, prende corpo nel quarto dialogo (D4), tra “Segno orizzontale” di Griffa, polittico del 1970, composto da quattro tele di piccole dimensioni e “Hom-Made Castiglioni Lamp” (Valvole e Racing) insieme a “Home-Made Castiglioni Lamp” (Super Shield), due esemplari del 2020 di una rivisitazione evocativa di Starling dell’iconica lampada disegnata dai fratelli Castiglioni, che riporta un oggetto di design, prodotto in serie, al suo stato di prototipo, realizzato con latte d’olio a motore, canne da pesca e fari d’automobile.

Il percorso si conclude con il quinto dialogo (D5), che fa emergere il tema attuale dell’autodistruzione, cui può portare oggi il concetto di “dominazione”, dal cambio del clima alle guerre in corso, ma offre anche aperture sulla luce che può apportare l’arte nei momenti di oscurità. Quest’ultima luce trapela dalle lettere che riproducono il titolo originario di un progetto di Starling del 2006, su una grande tela del 2025 di Griffa, “Autoxylopyrocycloboros”. Questo lavoro, che appartiene al ciclo “Alter Ego” è esposto al pubblico per la prima volta e si configura come un omaggio all’opera dell’artista inglese. Accanto alla tela, uno scatto bruciato dello stesso Starling, che appartiene al suo progetto multiforme “Autoxylopyrocycloboros”, nato da una performance-viaggio a bordo di un battello a vapore che si autodistrugge perché alimentato dal legno dello stesso scafo. Un’azione diretta dello stesso Starling sul Loch Long, pittoresco e contraddittorio fiordo scozzese che è sede dei sottomarini nucleari Trident e di uno storico campo pacifista, che ha dato i natali al battello a vapore che affonda nelle stesse acque durante la performance.
Ispirato alla figura mitologica dell’Ouroboros, il serpente che si mangia la coda, il progetto di Starling fa riflettere sull’autodistruzione con un gioco di rimandi, paradossi e connessioni che vanno dalle culture di protesta locale agli armamenti, fino all’ironia tragicomica dei cartoni animati classici alla Tom & Jerry, alla passione per le tecnologie obsolete. Una versione con 38 fotocolor e proiettore di “Autoxylopyrocycloboros” è conservata nella collezione della GAM di Torino.

Mara Martellotta

Da Scarpelli a Guttuso a Baj, dieci manifesti di cinema che sono capolavori d’arte

Al Museo del Cinema, sino al 22 febbraio

Un angolo al piano zero della Mole come una galleria d’arte, a raccogliere le “incursioni” – le definiscono le conservatrici Nicoletta Pacini e Tamara Sillo -, dieci manifesti di grande formato aggiungendovi la copertina di una brochure, che sottolineano la contaminazione tra la cartellonistica e l’opera d’arte vera e propria. Dice tra l’altro Carlo Chatrian, direttore del Museo del Cinema: “Se il manifesto nasce per promuovere la visione del film, in questi dieci gioielli, grazie alla visionarietà e creatività degli artisti, esso si libera da quel legame e chiede di essere ammirato come opera a se stante. Nella bellezza e delicatezza del tratto, nella potenza della composizione, nell’esplosione dei colori ma anche nella loro fragilità, essendo utilizzati su una leggerissima carta che evidenzia più ancora della pellicola il passaggio del tempo.”

Sino al 22 febbraio – la sola mostra “Manifesti d’artista” potrà essere visitata con un biglietto a 4 euro o inclusa nel percorso generale della Mole, una parte del complesso delle raccolte – lo spettatore potrà avere uno sguardo diverso con il mondo del cinema, guardando a quelli che sempre sono stati mezzi di comunicazione, di proposta intermedia tra prodotto e pubblico, come l’apporto prezioso di pittori prestati a quel mondo anche soltanto per una volta sola. Scelta difficile, quella delle curatrici, dentro un patrimonio che allinea nei caveaux del Museo ben 540.000 esemplari (è il presidente Ghigo a ricordarlo: “con questa mostra vogliamo dare, ancora una volta, risalto alla ricchezza delle nostre collezioni e all’unicità dei nostri materiali, oltre ricordare tutti coloro che qui al museo si adoperano per la conservazione del mostro patrimonio”), di diverse età, di diverse provenienze. Arte che vive di una “assoluta libertà creativa”, si è detto, a cominciare da quel manifesto in bianco e nero della “Corazzata Potëmkin”, regista Sergej Ėjzenštejn, dovuto ad Alexander Rodčenko, tra i principali artisti dell’avanguardia russa e tra i fondatori del Costruttivismo, collaboratore altresì di quel Dziga Vertov che tra l’altro diresse (1929) il famoso “Uomo con la macchina da presa”, allineato alla politica post ‘17 che anche nella grafica vedeva una “forza rivoluzionaria, educativa e sociale” inneggiante a un’opera di cambiamento. La rivolta dei marinai dell’incrociatore contro le truppe zariste nel 1905 è riassunta nella forza interpretativa e rappresentativa, freddamente geometrica, di quei cannoni, frontali e minacciosi (solo il nostro Fantozzi trovò alla fine il coraggio di demolirla con la sua “cagata pazzesca” in uno dei pochi cineforum che passeranno alla storia, la citarono “Gli intoccabili” di De Palma, Coppola e Terry Gilliam e Hitchcock), che paiono uscire dalla superficie del disegno spoglio, dei numeri, delle scritte: manifesto che il Museo si aggiudicò nell’ottobre dello scorso anno ad un’asta da Bolaffi per 37.500 euro.

Non è la quantità a primeggiare, che s’è vista in altre occasioni, qui è la qualità, la ricerca centellinata, la rarità dell’esempio che viene posta in primo piano. Nel Futurismo degli anni Dieci del Novecento troviamo il colore e le folli disordinate orchestrazioni di Filiberto Scarpelli – il figlio Furio formerà con Age (Agenore Incrocci) una delle più feconde coppie di sceneggiatori del nostro cinema -, giornalista, scrittore, giornalista, attivo nelle colonne del “Travaso delle idee”, ironico e spregiudicato (partecipò anche alla famosa “Grande Serata Futurista” al Teatro Verdi di Firenze, con Marinetti Palazzeschi Carrà e Boccioni, in cui il pubblico per due ore fece dei poveretti bersaglio con patate frutta uova pastasciutta e altresì lampadine, una di queste ultime andando a colpire la fronte del nostro), vistosamente riconoscibile in quella sua firma apposta alla base dei “quadri”, quel paio di scarpe seguito dalla doppia elle e dalla i a completarne il cognome. Di lui s’ammirano qui i manifesti per “Il sogno di Don Chisciotte” (1915), per la Gloria Film di Torino, una affilatissima satira politica sulla Grande Guerra. Grandi scope deflagranti che spazzano via monarchi austro-ungarici e alleati prussiani e sultani ottomani, moderni Capitan Fracassa con stivaloni e braccia che volano e carote infilzate (Jacovitti?) dal puntone di un elmo.

Ancora del periodo futurista la presenza di Enrico Prampolini, pittore e scultore, scenografo e scrittore d’arte con il manifesto per “Thaïs” di Anton Giulio Bragaglia (1917), unica pellicola giunta sino a noi fortemente influenzata da quella corrente, melodramma d’amore e di morte, interprete femminile Thaïs Galitzky nei panni di una affascinante quanto crudele contessa russa: Prampolini, che aveva aderito al movimento nel ’12 con la frequentazione dello studio di Balla, inventò “ambienti dalle forti potenzialità creative e oniriche, motivi geometrici, spirali, losanghe, rimandi metaforici (che) creano un mondo quasi irreale in cui la femme fatale si integra perfettamente”, spiega uno dei pannelli che sono una perfetta guida alla mostra. Nomi noti e meno, qualcuno scomparso dalla memoria collettiva, come quello di Pietro Silvio Rivetta, nato a Roma nel 1886, conte di Solonghello, noto con lo pseudonimo di Toddi, direttore del “Travaso delle idee” e della “Tribuna Illustrata”, eclettico, gran conoscitore della lingua italiana tanto da pubblicare uno dei primi libri di enigmistica, collaboratore presso l’ambasciata italiana a Tokyo, grazie alla sua conoscenza del giapponese e professore all’Università Orientale di Napoli (anche per il cinese), conduttore radiofonico, cartellonista – qualche critico gli riconobbe “intonazioni klimtiane” -, produttore con la casa Selecta e regista che abbracciò il mondo del cinema soltanto per un paio d’anni, iniziando da “Il castello delle cinquantasette lampade” (1920) per raggiungere la dozzina di titoli, interprete quasi sempre Vera D’Angara (fecero coppia nell’arte e nella vita), illustratrice e soggettista: sono arrivati a noi i manifesti di “Due strade” o “La croisée des chemins” e “Fu così che…” (entrambi 1922) – una commedia che racconta la lavorazione di un film -, dove si ritrovano i rimandi all’Art Déco e al Liberty, florealmente espressi.

Più vicini a noi gli interventi di Renato Guttuso ed Enrico Baj, chiamati a collaborare da Giuseppe De Santis per “Riso amaro” (1949), da Francesco Rosi per “Cadaveri eccellenti” (1976) e dai fratelli Taviani per “Kaos” (1984). Il pittore di Bagheria non salì mai sul set di De Santis e quando vide alcune fotografie di Robert Capa non ci si ritrovò: ma riuscì, in quella copertina della brochure, a inventare una sensuale Mangano che avrebbe abitato nell’immaginario collettivo maschile per gli interi anni Cinquanta e quanto oltre (“le mondine non potevano che essere un tema per nessun altro pittore che non fosse Guttuso: il loro rapporto con il lavoro, lo stare seminude in acqua tutto il giorno, la carica di sensualità che emanavano in tutti i loro atteggiamenti, l’aggressività dei loro sguardi e dei loro comportamenti, erano tutte componenti di un universo femminile e umano che appartenevano solo al modo di fare pittura di Guttuso”, aveva detto il regista); come anni dopo avrebbe riunito anch’egli le novelle pirandelliane sotto il volo e lo sguardo rapaci di un nero corvo, a cui liberamente colora di giallo becco e zampe, “Il corvo di Mizzaro”, novella presa a far da legame tra le altre cinque considerate, a guardare i fatti raccontati, in una Sicilia “rurale, arida, assolata”, concentrando attorno a quella selva di cactus la carnosità dei colori che più amava. “Se togliessero il titolo del film sarebbe un’opera d’arte”, dice Pacini guardando il grande manifesto realizzato dal milanese Enrico Baj per “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi, derivato dal romanzo di Sciascia: maestro della neoavanguardia, ancora una volta Baj riassunse nei suoi generali – veri pupazzi/monstrum, una sorta di danza macabra, un tema figurativo ampiamente esplorato dall’artista – quanto di ambiguo già circolava nel romanzo e tra le indagini del commissario Lino Ventura/Rogas intorno a una serie di assassinii di importanti magistrati, in un ambiente di mafia e politicamente corrotto.

Elio Rabbione

Nelle Immagini, con gli allestimenti della mostra, il manifesto di “Due strade” di Toddi e Silvana Mangano vista da Guttuso per “Riso amaro” di Giuseppe De Santis.

Torna in scena al teatro Gobetti “Festa grande di aprile” 

 

Di Franco Antonicelli, con la regia di Giulio Graglia

Dopo il grande successo ottenuto la scorsa stagione, dal 30 ottobre al 7 novembre prossimi, al teatro Gobetti, torna in scena con recite mattutine e pomeridiane “Festa grande di aprile” di Franco Antonicelli e la regia di Giulio Graglia. L’adattamento del testo e la consulenza storica sono rispettivamente di Diego Pleuteri e Gianni Oliva. Saranno in scena Francesco Bottin, Hana Daneri, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Celeste Giugliandolo, Diego Pleuteri, Michele Puleio e lo stesso Gianni Oliva, che condurrà la narrazione storica.

La “Festa grande di aprile” è quella della Liberazione, un anniversario che anno dopo anno si allontana da quel 25 aprile 1945 che ha sancito l’inizio di una nuova vita per il nostro Paese. “Festa grande di aprile” è il testo teatrale con cui Franco Antonicelli, singolare figura di scrittore, saggista, poeta, giornalista, Presidente CLN Piemonte e politico, ripercorre le vicende italiane dal 1924 al 1945, dai giorni del delitto Matteotti alla Resistenza e alla Liberazione. Il testo fu pubblicato da Einaudi nel 1964 nella Collezione di Teatro diretta da Paolo Grassi e Gerardo Guerrieri, e nel medesimo anno ottenne il Premio Tricolore come testo drammatico sulla Resistenza. Attraverso una sequenza di numerosi e rapidi quadri, come una carrellata cinematografica di immagini e fotogrammi, l’autore porta sul palcoscenico una tragedia perfetta: da un delitto, attraverso l’acme di una crisi morale e di coscienza, si giunge alla catarsi.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino in collaborazione con il Polo del ‘900, è un accorato invito a partecipare, in modo collettivo e consapevole, a questa rappresentazione popolare della nostra storia, fatta di uomini e donne, ma anche di canti e musiche del periodo, eseguiti dal vivo. Nell’ultima scena, figure evanescenti di condannati a morte ci chiamano a un’assunzione di responsabilità; è un ricordo che, pur nella gioia della Liberazione finale, vuole essere intriso di rispetto e di riflessione. Il desiderio è di rileggere la nostra storia, oggi. Un teatro civile che ci conduca a sensibilizzare le coscienze di tutti e in particolare dei giovani.

Teatro Gobetti – via Rossini 8, Torino

Info e prenotazioni: promozione@teatrostabiletorino.it – biglietteria@teatrostabiletorino.it / www.teatrostabiletorino.it

Telefono: 011 5169555

Mara Martellotta