CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 20

Al Cineteatro Baretti  il Torino Underground Cinefest

 

Ideato da Mauro Russo Rouge e Alessandro Amato, che prenderà il via giovedì 25 settembre

Da giovedì 25 settembre, fino al 4 ottobre, il Cineteatro Baretti ospita la 12ª edizione del Torino Underground Cinefest, ideato dal regista Mauro Russo Rouge, che oggi ne segue la direzione generale, è diretto dal critico cinematografico Alessandro Amato. Il Torino Underground Cinefest si conferma come un “porto franco”, per un cinema che non si accontenta, che scava, che cerca gli spigoli del reale. L’inizio della nuova edizione avviene oggi con uno speciale preapertura al Ramo d’Oro, in galleria Umberto I, per poi spostarsi per dieci giorni al Cineteatro Baretti. Questa edizione raccoglie oltre 2 mila film inviati e ne seleziona 119. Si tratta spesso di storie di dipendenze, di identità in cerca, vite sospese ai margini delle convenzioni.

L’appuntamento al Ramo d’Oro, il 24 settembre, vede un omaggio a Paul Morrisey, con “Trash – i rifiuti di New York”, a un anno dalla sua scomparsa, e riporta il pubblico alle origini della Factory e all’irriverenza di un cinema che seppe raccontare il degrado senza filtri. Giovedì 25 settembre, alle ore 20.45, al Teatro Baretti, è stato scelto il film “The Misadventures of Vince & Hick”, un’odissea che mescola l’immaginario da fumetto alla live action per dar vita alla leggenda dei nuovi banditi metropolitani. In anteprima mondiale giovedi 25, sempre al Baretti, alle ore 19, è in programma “Sospesi” di Luca Quaia e Francesco Sgrò, documentario sul circo contemporaneo, i suoi protagonisti, le sue pratiche e la sua poetica.

A chiusura del festival, venerdì 3 ottobre alle 19.30, presso il Cineteatro Baretti, si proietterà “Il pianto degli eroi” di Bruno Vigoni e Francesca Lolli. L’Iliade e le Troiane diventano strumenti vivi, parole che i detenuti del carcere di Bollate vestono, respirano, incarnano. Gli uomini, alcuni non attori, assumono nomi Ettore, Patroclo e Achille, le donne diventano Ecuba, Cassandra, Elena e Andromaca. La recitazione si trasforma in confessione e la tragedia greca in racconto delle mura, delle celle e della dignità che non finisce di arrendersi. Il film ha in sé una portata rivoluzionaria sileziosa: recitare e conoscere se stessi, liberarsi dalla vergogna, dlla colpa e dal senso di colpa. Riconoscere che tutti gli esseri umani condividono il medesimo confine fragile rappresentato dalla mortalità.

Sabato 4 ottobre prossimo, l’ultima notte del festival porterà sullo schermo l’anteprima mondiale di “Lenskeeper-le Porte dell’Abisso” di Luca Canale Brucculeri, un titolo che scende in territori oscuri fondendo tra loro visioni e inquietudini.

Un focus particolare è dedicato al regista Daniele Gaglianone, con la retrospettiva “Scintille nel buio”. Verranno proposti quattro suoi film dal titolo “Pietro”, “La mia classe”, “Nemmeno il destino” e “Ruggine”. Lui stesso terrà una masterclass domenica 28 settembre alle ore 17, con ingresso gratuito, al Cineteatro Baretti.

Mara Martellotta

Premio Mondello, Luiselli vince la sezione Autore Straniero

L’autrice a Torino per Portici di Carta

Torino/Palermo, settembre 2025. Valeria Luiselli vince la Sezione Autore Straniero del Premio Letterario Internazionale Mondello , riconoscimento letterario di pregio curato e promosso, per conto del Comune di Palermo, dalla Fondazione Sicilia in collaborazione con la Fondazione Circolo dei lettori e il Salone Internazionale del Libro di Torino.

È Donatella Di Pietrantonio, in qualità di giudice monocratica, ad aver eletto Valeria Luiselli come riferimento letterario fondamentale nel panorama della letteratura internazionale, con la seguente motivazione: “ Propongo di assegnare il Premio Mondello 2025 a Valeria Luiselli per l’intera sua produzione letteraria e non solo. Per aver esplorato con una lingua viva e pulsante temi come il genocidio dei nativi, le migrazioni e le relative politiche di respingimento, i diritti riproduttivi e la devastazione ambientale. Per aver raccontato le storie del confine tra Stati Uniti e Messico anche con registrazioni sul campo e conversazioni, per aver indagato sulle condizioni di reclusione nel brutale sistema carcerario – come lei lo definisce – di una delle più grandi democrazie al mondo. Dunque per il suo impegno e tutto il suo lavoro, in particolare Archivio dei bambini perduti , un’opera complessa e stratificata in cui sperimenta una pluralità di voci e linguaggi, di paesaggi sonori e percorsi sia personali sia collettivi che si intersecano e fanno vibrare sulla pagina le domande di verità dei bambini, ma anche quelle dell’autrice sul senso e i limiti della letteratura”.

Valeria Luiselli Donatella Di Pietrantonio dialogheranno a Torino venerdì 3 ottobre alle 18.30 al Circolo dei lettori e delle lettrici , nell’ambito del Portici di Carta, in occasione del conferimento del Premio. A introdurre l’incontro sarà Annalena Benini, direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino. A consegnare il premio sarà Maria Concetta Di Natale , Presidente della Fondazione Sicilia.

Con la stessa formula, nelle edizioni precedenti, Nicola Lagioia ha eletto Mircea Cărtărescu (2024), Chiara Valerio ha premiato Julian Barnes (2023), Lorenzo Tomasin Annie Ernaux (2022), Marco Missiroli Michel Houellebecq (2021), Giorgio Fontana Colum McCann (2019), Andrea Bajani Herta Müller (2018), Ernesto Ferrero Cees Nooteboom (2017), Michela Murgia Marylinne Robinson (2016), Antonio Scurati Emmanuel Carrère (2015).

Valeria Luiselli

Valeria Luiselli (Città del Messico, 1983) è autrice di tre romanzi, Archivio dei bambini perdutiVolti nella folla e La storia dei miei denti e dei saggi Carte False Dimmi come va a finire, tutti pubblicati da La Nuova Frontiera. Collabora abitualmente con numerosi giornali e riviste di lingua spagnola e inglese tra cui The New York Times, The New Yorker, Granta, The Guardian, El País e McSweeney’s. Le sue opere, tradotte in più di venti lingue, hanno vinto importanti riconoscimenti internazionali come il Los Angeles Times Book Prize e l’American Book Award. Valeria Luiselli è stata due volte finalista del National Book Critics Circle Award e del Kirkus Prize. Attualmente vive a New York.

Donatella Di Pietrantonio

Donatella Di Pietrantonio vive e lavora a Penne, in Abruzzo. Con L’Arminuta (Einaudi 2017, tradotto in più di 30 Paesi) ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Campiello, il Premio Napoli e il Premio Alassio. Per Einaudi ha pubblicato anche Mia madre è un fiume (prima edizione Elliot 2011), con cui ha vinto il Premio Tropea, Bella mia (prima edizione Elliot 2014), con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati, Borgo Sud (2020), finalista al Premio Strega 2021, e L’età fragile (2023), vincitore Premio Strega Giovani 2024 e Premio Strega 2024. Per la sceneggiatura del film L’Arminuta di Giuseppe Bonito ha vinto il David di Donatello insieme a Monica Zapelli.

Il 28 settembre penultima apertura delle Dimore Storiche del Pinerolese

Il 28 settembre sarà la penultima apertura di stagione per le Dimore Storiche del Pinerolese  iscritte all’ADSI ( Associazione Dimore Storiche Italiane) che apriranno le loro porte ai visitatori dalle 10 alle 12.30/13 e dalle 14.30 fino alle 17.30, per offrire spunti di visita originali ed adatti a tutta la famiglia, nonché l’opportunità di entrare in sintonia con la storia locale e cogliere le peculiarità di undici ville, palazzi ed antiche proprietà, appartenenti ad epoche e stili diversi fra loro, ma che preservano tutti il fascino e le suggestioni tramandate e custodite da generazioni.

Le visite (a pagamento) riguardano proprietà a breve distanza fra loro, così da invitare a visitarne più di una. L’itinerario intende valorizzare sotto un profilo turistico e culturale una zona che fu strategica per l’arte, l’economia della regione della stessa capitale. Ecco l’elenco delle dimore aperte domenica 28 settembre: a Bricherasio, dove il 28 settembre si chiude la sagra dell’uva, è aperto il palazzo dei Conti di Bricherasio(info@palazzocontidibricherasio.com) e palazzo Ricca di Castelvecchio(palazzocastelvecchio@gmail.com); a Pancalieri si può visitare la villa Giacosa Valfrè di Bonzo (www.menta.it/prentazioni-visite); la cascina Rosetta tenuta del Colombretto, a Pinerolo, ultima apertura del 2025(ale.mafiotti@gmail.com); parco storico Il Torrione (segreteria.torrione@gmail.com); a Piossasco si può visitare Casa Lajolo (info@casalajolo.com) ; a San Secondo di Pinerolo sono visitabili il castello di Miradolo e il suo parco (info@fondazionecosso.it); a Villafranca Piemonte, dove il 28 settembre si festeggia la sagra dei pescatori, è visitabile il castello di Marchierù (segreteria@castellodimarchiru.it); a Virle sono visitabili il castello dei Conti Piossasco (castellopiossasco@gmail.com) e il castello dei Marchesi di Romagnano (castelloromagnano.prenotazioni@gmail.com); a Volvera, al palazzo Juva, si può accedere con la mail arch.lilianacanavesio@gmail.com.1

Oltre all’abituale visita guidata, è da segnalare che Cascina Losetta propone due eventi;: “Cosa c’è di spaventoso nell’orto” e “Storie per stimolare l’appetito”, adatto ai bambini di più di 3 anni, seguito da merenda e gelato di produzione propria. Il castello di Miradolo dedica la giornata alla scoperta della natura e del gusto, unendo laboratori esperienziali per famiglie con bimbi dai 2 agli 11 anni e una cena flambè. Palazzo Jura di Volvera invita alla visita di una mostra rappresentante 25 artisti del Novecento. A Villafranca Piemonte, in occasione della sagra dei pescatori, il castello di Merchierù aprirà i cancelli per le visite guidate dei proprietari, dal parco alla cappella gentilizia, dalle scuderie settecentesche alle sale ammobiliate.

Mara Martellotta

 Silent Sound, l’Orchestra Sinfonica della Rai con il Faust di Murnau

È dedicato al grande cinema espressionista di Wilhelm Murnau il secondo appuntamento del ciclo “Silent Sound” dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai,  dedicato al cinema muto e  che prevede la proiezione del film con colonna sonora eseguita dal vivo.
Mercoledì 24 settembre,  alle 20.30, all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, è  in programma “Faust”, pellicola nata nel 1926, che pare anticipare caratteristiche stilistiche proprie del futurismo e del fantasy. Nel realizzarla Murnau si è ispirato al Faust di Goethe e al Doctor Faustus di Marlowe. Celebri protagonisti la star svedese Gösta Ekman nei panni di Faust e la celebre attrice tedesca Camilla Horn nei panni di Gretchen.
Sul podio è nuovamente impegnato Timothy Brock, anche in questo caso autore delle musiche originali eseguite dall’orchestra RAI. Cultore del repertorio novecentesco e riconosciuto tra i massimi specialisti della musica da film, Brock affianca regolarmente la direzione di importanti orchestre quali la BBC Symphony Orchestra, la Chicago Symphony Orchestra e la New York Philarmonic nella composizione e restauro di musiche per l’accompagnamento di film dell’epoca d’oro del cinema muto.

Chiuderà il ciclo mercoledì primo ottobre, alle ore 20.30, sempre all’Auditorium Rai di Torino, “The phantom of the opera” di Rupert Julian, pietra miliare del cinema muto girato nel 1925 e tratto dal romanzo “Le Fantôm de l’Opéra” (1911) di Gaston Le Roi, protagonista Lon Chaney, considerato uno dei migliori attori caratteristi della storia del cinema, noto per le sue interpretazioni horror.
Sul podio, in questa occasione, salirà Gioele Mulialdo, fondatore e direttore artistico del Accademia Canto Alato, pianista, musicista eclettico e versatile, che frequenta con piena padronanza di stile un variegato repertorio che si estende dal musical alla musica da film, fino alla musica americana e al jazz. Mulialdo si è imposto a livello europeo come uno dei direttori più autorevoli nell’ambito del cine-concerto.

I biglietti singoli dei concerti del ciclo “Silent Slund” sono in vendita online sul sito del OSN Rai Torino. L’acquisto dei carnet è possibile solo presso la biglietteria dell’Auditorium Rai in piazza Rossaro.

Mara Martellotta

L’omaggio di Quaglieni a Pertini

Un improvviso e importante accertamento diagnostico ha impedito a Pier Franco Quaglieni, storico e presidente del Centro Pannunzio, di partecipare domani all’inaugurazione del monumento a Sandro Pertini ad Alassio. L’evento, organizzato su invito del Vicesindaco Angelo Galtieri, avrebbe dovuto vederlo in prima linea per ricordare la figura del Presidente.

In un messaggio, Quaglieni ha voluto esprimere il suo profondo legame con Pertini, un uomo politico che ha avuto modo di conoscere personalmente. “Si può pensarla come si vuole, ma Pertini è stato un politico integro e coerente che ha saputo pagare sempre di persona per le sue idee socialiste, ispirate agli ideali di Matteotti e contrarie agli estremismi, i suo nome va storicizzato e liberato da un uso rituale sbagliato e da ostilità preconcetta inversamente proporzionale alla ritualità agiografica ” ha affermato.

Il Presidente della Repubblica, con la sua profonda umanità, riuscì a conquistare l’affetto popolare, diventando, a detta di Quaglieni, un “simbolo dell’Italia civile” tanto cara a Norberto Bobbio. “Può aver commesso errori come tutti i militanti appassionati,” ha aggiunto Quaglieni, ma il suo ruolo nella storia italiana rimane fondamentale.

Il ricordo personale di Quaglieni si tinge di aneddoti, come la visita di Pertini a Torino per il Museo del Risorgimento, che dimostrò un forte legame con figure storiche come Garibaldi e Mazzini, senza disprezzare Cavour e Vittorio Emanuele II. La decisione di Alassio di onorarlo con un monumento, così come quella di Torino di dedicargli l’aeroporto, è vista da Quaglieni come un giusto riconoscimento. Un tributo che, a suo avviso, avrebbe dovuto estendersi anche al ponte di Genova ricostruito.

Infine, Quaglieni ha ricordato con affetto l’amico Alfredo Biondi, che spesso lo omaggiava imitando bonariamente il Presidente, segno di un rispetto e di un’amicizia che andavano oltre le differenze politiche

“Apnea”, Weber & Weber ospita l’artista e fotografa francese Sylvie Romieu

 

Prosegue fino al 25 ottobre prossimo, presso la galleria Weber & Weber di via San Tommaso 7, a Torino, la mostra dell’artista Sylvie Romieu, dal titolo “Apnea”. Sylvie Romieu nasce nel 1960 Sigean, vive e lavora a Portel des Corbieres, in Francia. La sua prima mostra di fotografia fu allestita presso la Weber & Weber nel 2005, a seguire le personali del 2008-2012 e 2015. Ai loro esordi pochi artisti affrontano la sfida di descriversi e, soprattutto, quella di rappresentarsi dipinti. Diverso è il caso di Sylvie Romieu. Probabilmente è vivo nella maggior parte degli artisti il timore che l’immagine dello specchio rifletta solo una giovinezza che si mette alla prova, ma non l’intimità di un mondo già affermato. Essi dipingono, disegnano per offrire agli altrui sguardi dei paesaggi, degli oggetti, delle mistificazioni visive. La presenza di adulti e bambini, spesso mescolate con parentele reali e inventate, paesaggi, abitazioni famigliari rinnegati e graffiati sono una costante nell’opera di Romieu. Un altro aspetto che ritorna è il territorio che delinea la coscienza, l’idea di guardare qualcosa di bello con l’idea che possa nuocerci. Il percorso dell’artista è probabilmente influenzato da un processo di lutto o, più probabilmente, da un processo di lutti accumulati. Nelle opere dell’artista il movimento è ascendente, a spirale, a ondate successive, il centro è sospeso, vi è una spinta mobile che forza la nuvola di immagini verso un percorso a spirale. Sylvie Romieu è consapevole che l’arte non consista nel riprodurre categorie, non è né pensiero né sogno puro, ma quel buio o penombra che apre alla veggenza.

“Alcuni fotografi sono sul terreno dell’azione, altri stanno alla finestra ha commentato il curatore Claudio Isgrò –  Sylvie Romieu é una di queste.
Da sempre ci ha abituati a viaggi ed incontri statici. Dalla finestra il mondo non lo vede, lo risente e da questa lontananza ne percepisce gli echi, gli stati d’animo. Le immagini le si impsonono e chiedono visibilità. Rappresenta «l’assurdità umana» con l’arte della bellezza, del mistero, della delicatezza e della poesia. Costruisce materialmente e poi fotografa un mondo in miniatura, popolato da brandelli, rametti, soffi di polvere colorata e semi strappati al vento e alla natura del suo paesaggio natale.
Semi/Umani si affollano, si riparano, si proteggono come possono, con brandelli del pianeta che si sgretola, si scompone e si ricompone, spazzati dal vento violento che regna su questa pianura polverosa. Folle di umani spauriti di fronte alla tragedia? Utopia e distopia si affrontano. Qualcosa salverà il mondo?
Arthur Schopenhauer, il più pessimista tra i filosofi, trova un piccolo appiglio. L’Arte, la Morale della compassione e l’Ascesi.
Nell’Idiota di Fëdor Dostoevskij c’é una frase «La bellezza cambierà il mondo». Questa espressione, spesso citata come affermazione e non come questione, ne limita la complessità. Nel testo Ippolit si rivolge al principe Myškin «È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza? […]. Il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza! […]. Quale bellezza salverà il mondo? […] Il principe, che lo osservava attentamente, non rispose.»
Sylvie Romieu osserva il movimento umano. Costruire, distruggere e ricostruire. Camminare, cadere e rialzarsi mille e più volte in forma ipnotica come Pina Baush in «Café Muller»”.

Gian Giacomo Della Porta

“Equilibri”. In mostra alla Galleria “metroquadro”

Tutto l’astratto degli americani Monique Rollins e David Row

Fino al 25 ottobre

Monique Rollins, americana di Wilmington – Delaware, classe ‘80 (oggi residente fra States e Italia, in Toscana) e David Row, (americano di Portland, dove nasce nel 1949 e che lascia per vivere oggi a New York e nel Maine). Artisti “di casa”, o per lo meno già in più occasioni proposti da Marco Sassone, negli spazi della sua Galleria “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino. In comune, i due, hanno le origini natali e uno sviscerato amore, frutto di attenti studi e assidui contatti con i “grandi” del settore, per quell’arte genericamente definita “astratta”, ma vissuta dai due (e a incidere qui è forse anche una differenza d’età non da poco e di frequentazioni amicali e professionali assai diverse) su piani artistici ed emozionali apparentemente assai lontani fra loro. Già, perché si fa presto a dire “arte astratta”. Ma c’è “astrattismo” e “astrattismo”! Ci sono, solo per citare i grandi “iniziatori”, i Kandinsky, ma anche i Mondrian.

La libera fantasia e il gesto spontaneo a fronte dell’uso, per contro, di forme geometriche pure e di un approccio assolutamente razionale e strutturato al linguaggio di segno e colore. Nel primo caso, eccoci per mano a Monique Rollins, nell’altro a David Row. E allora perché  quel titolo dato alla rassegna: “Equilibri”? A ben vedere e a volerlo proprio cercare un perché c’é. Condividiamo infatti quanto scritto nella presentazione delle opere dei due: “Accostati, i due linguaggi – leggiamo – non si annullano ma si amplificano: la forza gestuale di Rollins trova un contrappunto nella precisione di Row, l’urgenza del colore incontra la calma della forma. In questo incontro, l’astrazione rivela la sua natura plurale, capace di contenere tanto la vertigine del sentimento quanto la chiarezza della costruzione”. Dunque: “equilibrio” come salvifica “differenza” (e non è un “paradosso”) necessaria, in un ben calibrato accostamento, ad “amplificare” le intuizioni e i messaggi segnici e cromatici dell’arte astratta. Dell’arte di Monique e di quella di David.

“Incontrare le opere di Monique Rollins – scriveva il critico Roberto Mastroianni in una mostra del novembre 2024 tenuta dall’artista sempre alla ‘metroquadro – fa lo stesso effetto che sentire una canzone di Jimi Hendrix: ci si trova davanti a immagini che sono un’alchimia di colori e forme, di suggestioni ed emozioni, ricche di una profonda musicalità”. Vero! Tant’è che a quella personale venne proprio dato il titolo di “Welcome to Electric Ladyland”, in memoria di quell’“Eletric Ladyland”, doppio vinile del ’68 firmato dal più grande chitarrista nella storia d’ogni tempo della musica rock. Le opere oggi esposte dalla Rollins si articolano in modo quanto mai vario aggirandosi all’interno di una produzione eterogenea incentrata su  dipinti a olio, acrilici, disegni a carboncino e collage di carta su tela, utilizzando differenti medium, tra cui matita, acrilico, acquerello, penna e inchiostro e, nell’ultima produzione, anche materiale tessile. Ad affascinare nelle sue opere è quell’imperterrito inseguirsi (alla De Kooning, in primis) di “linee caotiche e violente” tese alla ricerca o al contrario al voluto smarrimento di ogni definizione della struttura, senza mai dimenticare, però, la delicata magia del colore, ispirata ai toni del “Rinascimento italiano” (veneziano in particolare, sua specializzazione presso il “Pratt Institute” di New York) e da quel “rosa Tiepolo” mirabilmente capace di addolcire e ammorbidire gli indefiniti labirinti cromatici delle sue tele. Accanto, altra cosa.

Le pagine di “investigazione segnica e cromatica” (si intitolava proprio “Investigations” l’ultima sua mostra alla “metroquadro”) portata avanti da Row “attraverso forme, spazi, poligoni irregolari ed ellissi carichi – si è scritto – di grande energia ma bilanciati da un equilibrio e da una precisione formale, a loro volta fratturati e frammentati da sottili linee in vividi colori fosforescenti”. Allievo alla “Yale University” di Al Held (particolarmente noto per i suoi dipinti “Hard-edge” su larga scala, cui molto devono gli “spazi geometrico-luminosi” o “scivolosi”, come li definisce lo stesso Row), l’artista di Portland espone a Torino una contenuta serie di lavori a olio su carta “Arches”, ideati per la realizzazione di tele e tavole di dimensioni maggiori, ma assolutamente opere in tutto e per tutto perfettamente compiute (come le “Ellissi” e le grandi “X”) e vive di una loro ben specifica e lirica realtà. Grande architetto, Row, di universi rigorosi, come di “bislacche” geometrie nella fuga oltre i confini di un “narrato” pur sempre imbrigliato nella rigorosità del segno. Capita anche questo (ma sempre nella pacatezza dei toni) all’interno di “un perimetro irregolare che richiama il limitato campo visivo dell’uomo”.

Gianni Milani

“Equilibri. Monique Rollins e David Row”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 25 ottobre. Orari: dal giov. al sab. 16/19

Nelle foto: Monique Rollins “Ring My Bell” e “Spring Scape”, oil on canavas, 2018 e 2012; David Row “Study for Dept Grammar” e “Heartburn”, oil on Arches paper, 2017

“Scusa ma resto qui” di Alessandro Barbaglia: quando un messaggio cambia tutto

TORINO TRA LE RIGHE

Per Torino tra le righe volevo parlarvi di un libro per ragazzi che mi ha molto colpito: Scusa ma resto qui di Alessandro Barbaglia.
L’autore, nato a Novara nel 1980, è uno degli autori italiani contemporanei più originali e poetici. Scrittore e libraio, alterna con passione la vita in libreria alla creazione di storie che sanno emozionare e far riflettere. Finalista al Premio Bancarella con il suo esordio La Locanda dell’Ultima Solitudine (2017) e vincitore del Premio Strega Ragazze e Ragazzi con Scacco matto tra le stelle (2021), Barbaglia è capace di muoversi con naturalezza tra narrativa per adulti e letteratura per ragazzi, firmando romanzi, raccolte poetiche e progetti di storytelling.
Il suo nuovo libro, Scusa ma resto qui (Mondadori), inaugura la collana “Ossigeno”, pensata per i lettori giovani con storie brevi, intense e di immediato impatto.
La trama si apre con un’ora precisa: le 15.32. È il momento in cui Zeno, studente quattordicenne, riceve un messaggio da una misteriosa “Luna”. Zeno è chiuso in casa da giorni, dopo che un atto di bullismo subito a scuola – ripreso in un video diventato virale nella chat degli studenti – lo ha isolato e ferito profondamente. Tra insulti e meme crudeli, il silenzio sembra l’unica difesa possibile.
Quel messaggio di scuse, però, cambia tutto. Inizia così un dialogo fatto di chat, vocali ed e-mail, in cui Luna, logorroica e vulcanica, si insinua pian piano nella vita di Zeno. I due fanno un patto: non incontrarsi mai di persona, pur frequentando la stessa scuola. È in questa distanza che nasce un legame capace di dare respiro, forza e coraggio a entrambi. Zeno, fragile e ferito, trova in Luna uno specchio delle proprie emozioni; Luna, enigmatica e solare, nasconde un segreto che solo alla fine verrà svelato, portando nuova luce sull’intera storia.
L’ambientazione è quella scolastica, ma il vero “luogo” del romanzo è lo spazio virtuale: un rifugio dove i protagonisti si sentono liberi di raccontarsi, lontani dal giudizio immediato del mondo reale. Lo stile epistolare, reso attraverso i mezzi di comunicazione contemporanei, rende la lettura veloce, coinvolgente e immersiva, come se il lettore spiasse direttamente lo scambio dei loro messaggi.La copertina, vivace e simbolica, cattura lo spirito del romanzo: un messaggio di speranza e resistenza, un “resto qui” che diventa dichiarazione di presenza nonostante le difficoltà.
Scusa ma resto qui è una storia di amicizia e di coraggio, che affronta con delicatezza temi importanti come il bullismo, l’isolamento e il bisogno di trovare una connessione autentica. Un romanzo che scorre veloce ma lascia il segno, capace di parlare ai ragazzi e agli adulti, e che merita di essere letto – soprattutto da chi, almeno una volta, si è sentito invisibile.
Marzia Estini
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Sunshine Gospel LABS, doppio appuntamento

“Il gospel ci insegna che ogni giorno è una nuova opportunità,
che la vita è un viaggio che ci porterà alla luce
e che siamo più forti di quanto pensiamo”

A promuovere l’iniziativa il Sunshine Gospel Choir che, dopo aver conquistato il Golden
Buzzer di Joe Bastianich nell’edizione 2020 di “Italia’s Got Talent”, è stato eletto nel 2024 il
miglior coro d’Europa presso la prestigiosa Royal Albert Hall di Londra, vincendo il concorso
“How Sweet The Sound”, uno dei concorsi americani Gospel di maggior prestigio.

Un doppio appuntamento mercoledì 24 settembre e mercoledì 1 ottobre a cui possono
partecipare tutti. Non è necessario aver studiato musica, ma basta avere passione per il
canto e voglia di imparare dagli eccellenti insegnanti del Sunshine.
A presentare e coordinare le serate saranno infatti i tre leader del coro, il direttore Alex Negro
e le due storiche voci soliste Rosanna Russo e Joe Nicolosi. Ad accompagnarli dal vivo
al pianoforte i Maestri Paolo Gambino e Silvano Borgatta.
“Nella prova – racconta Rosanna Russo – presentiamo il corso e insegniamo ai presenti a
imparare un brano insieme, in maniera semplice ed intuitiva. Dimostriamo insomma come
cantare in coro, se ben guidati, possa essere facile e divertente. Dopo due ore siamo certi che
chi partecipa capirà già se la Sunshine family può diventare la sua nuova famiglia di amici,
dove poter dar sfogo alla propria creatività dimenticandosi per qualche attimo a settimana di
tutti i problemi della quotidianità.”
Continua Alex Negro: “Dirigo questo coro da oltre ventotto anni e incontrare nuove voci è
sempre un’emozione. Non potete capire quanti talenti e anime straordinarie si nascondano in
mezzo a noi e al contempo quanto il canto gospel possa creare connessione tra le
persone. Vi assicuro che ai nostri corsi, così come ai nostri concerti, è facile emozionarsi. Per
questo consiglio di partecipare ai nostri laboratori, anche solo per gioco o per curiosità. È già
successo che chi è arrivato svogliato, solo perché coinvolto da un amico appassionato di
canto, si sia ritrovato ad innamorarsi dell’atmosfera e a diventare protagonista poi di eventi
eccezionali che abbiamo realizzato con gli allievi dei Sunshine Gospel Labs insieme al
Sunshine Gospel Choir. Per citarne alcuni, dalle Universiadi del 2024 con la cerimonia di
apertura delle FISU World University Games Winter 2025; dall’International Mass Choir
all’Auditorium del Lingotto al format Broadway Celebration al Teatro Alfieri di Torino.”

Il laboratorio gospel diventa quindi a tutti gli effetti una vera e propria esperienza formativa e
non a caso la sede scelta è la Fondazione Educatorio della Provvidenza, punto di riferimento
per Torino per l’impegno in coniugare tradizione e innovazione attraverso una presenza
costante e radicata sul territorio; con la missione di promuovere percorsi educativi e culturali
per rispondere ai bisogni sociali in modo concreto.
Per conoscere ulteriori dettagli sulle due serate e per prenotare la propria prova gratuita per i
Sunshine Gospel LABS è possibile:
– consultare il sito ufficiale del coro www.sunshinegospel.com
– chiamare il numero 392/0739595
– scrivere all’indirizzo e-mail segreteria@sunshinegospel.com

La Francesca da Rimini di Zandonai inaugurerà la stagione del Regio

Sarà  la Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai l’opera che inaugurerà la stagione 2025-2026  di Opera e Balletto del teatro Regio di Torino venerdì10 ottobre alle ore 19. A dirigere sul podio dell’Orchestra e del Coro del Regio il capolavoro di Zandonai, creato per Torino in un nuovo allestimento di Andrea Bernard, sarà il maestro Andrea Battistoni. A istruire il coro il maestro Ulisse Trabacchin. Partner della produzione è Intesa Sanpaolo, che accompagna il teatro Regio dal 2011.

Opera intensa e liricamente vibrante, Francesca da Rimini è  tratta dalla tragedia di Gabriele d’Annunzio, ispirata al celebre episodio dantesco del V canto dell’inferno, una delle pagine più celebri della letteratura italiana che ancora oggi continua ad attrarre centinaia di lettori. Racconta l’amore proibito e travolgente di Paolo e Francesca, un amore che sfida la legge, che si nutre di desiderio e di colpa, che si consuma nel rosso della passione e del sangue. Un altro amore segna la nascita della Francesca moderna, quello ardente, complesso e appassionato tra Eleonora Duse e il Vate . Per il poeta  la “Divina” rappresenta la Musa che alimenta la tragedia, penetra il personaggio dantesco con un’interpretazione superba.
Nel gennaio 1902, pochi mesi dopo il debutto romano della pièce al teatro Costanzi di Roma, lo spettacolo approda a Torino, segno che testimonia l’apertura del teatro Regio alla prosa, in anni di curiosità e sperimentazione dei linguaggi diversi in scena.
Sono gli anni in cui Arturo Toscanini collabora con l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, il teatro ospita le prime di Manon Lescaut ( 1893), La Bohème (1896) di Puccini e, nel 1906, la prima italiana assoluta di Salome diretta da Richard Strauss. L’ultima grande prima assoluta del Regio antico è proprio la Francesca da Rimini di Zandonai e d’Annunzio, nel 1914, poco prima della chiusura per la prima guerra mondiale.

Il testo preserva il gusto estetizzante della poesia dannunziana e si traduce in una partitura dal linguaggio armonico avanzato, in cui parola e canto si fondono in un unico flusso espressivo. Gli arcaici dannunziani trovano il loro corrispettivo musicale  nei raffinati “falsi storici” di Zandonai e nell’inserimento di strumenti dal sapore antico, che arricchiscono una scrittura moderna e sofisticata. Sia che ci si avvicini all’opera come oggetto culturale, sia come estimatori di Dante o d’Annunzio, o semplicemente mossi da una grande storia d’amore, Francesca da Rimini resta un capolavoro tutto da scoprire.
A dare voce a Francesca sarà  il soprano  Barno Ismatullaeva, rivelazione al teatro Regio in Madama Butterfly nel 2003, alla quale si alternerà Ekaterina Sannikova, il 14 e 23 ottobre. Paolo avrà il timbro inconfondibile di Roberto Alagna e il suo ruolo per le recite del 19, 21 e 23 sarà affidato a Marcelo P!uente. La parte di Gianciotto vedrà protagonista George Gagnidze, con Simone Piazzolla nelle recite del 14 e del 23 ottobre.

“Siamo davvero contenti – ha spiegato il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, Presidente della Fondazione Teatro Regio – di dare il via alla nuova Stagione di Opera e Balletto 2025-2026 con Francesca da Rimini,  una rappresentazione che andò in scena per la prima volta proprio in questo teatro, nel 1914. Anche questa stagione farà del teatro Regio non solo un punto di riferimento per un’offerta musicale e artistica di livello internazionale,  ma anche quello di bussola culturale,  di spazio in cui la città si interroga e si riconosce su temi profondi e importanti. L’invito rivolto a tutte e tutti è di concedersi il piacere di godere di un programma straordinario reso possibile dai tecnici, dagli artisti e dal personale del teatro, un’istituzione culturale di primo piano, ma anche luogo capace di regalare emozioni”.

“La stagione 2025-2026 del teatro Regio, intitolata Rosso, – spiega il sovrintendente del teatro Regio Mathieu Jouvin – indaga quella regione cruciale dell’anima in cui l’essere umano è chiamato a misurarsi con le proprie scelte, sospeso tra passione e conflitto, tra giustizia e violenza. In Francesca da Rimini il rosso diventa il colore del tradimento che si compie e del sangue che suggella la colpa. L’opera di Zandonai, potente e preziosa, torna al teatro Regio dove debuttò nel 1914, come pagina di raro fascino, profondamente italiana e al tempo stesso aperta al respiro della cultura europea. Proprio il 1914 , anno della prima assoluta della Francesca da Rimini, segna la conclusione di un periodo d’oro per il teatro Regio, che aveva visto la presenza assidua di Toscanini, le prime assolute di Puccini, la Manon Lescaut e la Bohème, la prima italiana di un’opera di Richard Strauss con Salome, e che si interrompe con l’inizio della Grande Guerra.

Zandonai, allievo di Mascagni, compositore colto e cosmopolita nato in una terra di confine, a Rovereto, e spentosi a Pesaro, consegna a Torino un’opera profondamente radicata nella storia della cultura italiana ma, al tempo stesso, proiettata verso i linguaggi musicali europei di Ravel e Debussy e di area tedesca, quali Wagner e Strauss. Il fatto che questo tipo di scelta avvenisse alla vigilia di una capitolazione politica continentale è  un fatto che sottolinea, ancora una a volta, la circostanza che l’arte tende all’unità, non alle divisioni.
Inaugurare la nuova stagione con questo titolo significa valorizzare un capolavoro che appartiene alla storia del teatro, che sa parlare con forza al presente  ed è testimonianza viva di un passaggio cruciale della nostra civiltà.
Questa scelta conferma l’identità del Regio come teatro di arte e di pensiero, capace di affrontare il grande repertorio con autorevolezza e, al contempo, restituire vitalità a opere rare spesso escluse dai cartelloni contemporanei. Un cammino di riscoperta che prosegue idealmente la rotta intrapresa con la Juive e con la trilogia Manon Manon Manon, entrambe premiate con l’Abbiati”.

Mara Martellotta