CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 20

Berthe Morisot, alla Gam aperture serali

Alla Gam in occasione del finissage, degli ultimi giorni della mostra su Berthe Morisot oggi e domenica 9 marzo la mostra resterà aperta fino alle 21 (stasera tre momenti musicali gratuiti a cura del Conservatorio di Torino accompagneranno il percorso) e sabato 8 marzo per le donne ci saranno tariffe speciali.

GP

“Lezioni d’amore per un figlio”, lo spettacolo di Stefano Rossi

Venerdì 7 marzo, ore 21

Teatro Concordia

corso Puccini, Venaria Reale (TO)

 

 

Stefano Rossi, psicopedagogista tra i più noti in Italia e tra i massimi esperti di infanzia e adolescenza, in “Lezioni d’amore per un figlio” fornisce suggerimenti concreti per far fiorire nei propri figli rispetto ed empatia per sé stessi, in questo tempo complesso in cui è difficile essere genitori ma, per certi versi, è ancora più difficile essere figli.

Mentre i figli di ieri avevano a che fare col peso del senso di colpa, i figli di oggi, cresciuti in una società sempre più competitiva e prestazionale, tremano sotto la spada di Damocle del senso di inadeguatezza che alimenta la “paura di non essere abbastanza”: abbastanza magri, abbastanza intelligenti, popolari. La pressione (sociale e social) a dover essere vincenti e perfetti ha fatto schizzare in pochi anni alle stelle i disturbi d’ansia, i casi di autolesionismo, le difficoltà scolastiche, ma anche i disturbi del comportamento alimentare e altri indicatori di disagio registrati, sia tra i bambini, che tra gli adolescenti. Tutti fenomeni che si possono e devono prevenire con la saggezza dell’educazione emotiva.

Stefano Rossi, tramite suggerimenti concreti (spendibili sia a casa che in classe), aiuterà a far fiorire preziose capacità per la vita: dall’autostima alla capacità di rialzarsi dalle cadute, passando per l’empatia, il senso di responsabilità, la tenacia ma, soprattutto, l’abilità più importante: “Imparare a volersi bene”. Perché solo con il rispetto e l’empatia per sé stessi si possono affrontare a testa alta le piccole e grandi sfide di oggi, ma soprattutto, quelle di domani.

 

STEFANO ROSSI, BIO

Psicopedagogista tra i più noti in Italia è tra i massimi esperti del nostro Paese nel campo dell’educazione emotiva. Dopo 20 anni di lavoro “occhi negli occhi” con genitori, bambini e adolescenti ha creato un approccio educativo, scientificamente fondato, per preparare i figli alle sfide di un mondo sempre più incerto.

Sugli strumenti educativi del dott. Rossi sono state formate più di 800 scuole e 90mila insegnanti, genitori ed educatori. È autore di numerosi libri, tra cui il bestseller Mio figlio è un casino (2022 Feltrinelli) e il nuovo Lezioni d’amore per un figlio (2023 Feltrinelli), che sono tra i libri più venduti e amati dai genitori italiani. Scrive per diverse riviste e ha una rubrica su Focus Junior dove parla di emozioni ai suoi giovani lettori. È spesso ospite di RTL 102.5 per commentare i fatti di attualità alla luce dell’educazione emotiva. La sua pagina Facebook “Stefano Rossi Didattica Cooperativa” è un punto di riferimento per migliaia di insegnanti e genitori. È una delle colonne portanti dalla pagina di “i nostri figli”, la più grossa Social Community legata all’educazione con oltre 600mila follower. Interviene spesso ai microfoni di Radio Capital, Rai Radio e RTL 102.5 per parlare di genitori e adolescenti.  

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Venerdì 7 marzo, ore 21

Lezioni d’amore per un figlio

Stefano Rossi

Biglietti: intero 18 euro, ridotto 16 euro

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it

Dall’“età fragile” al bello dell’improvvisazione musicale

Sarà Donatella Di Pietrantonio, “Premio Strega 2024, la prossima ospite della “Fondazione E. di Mirafiore”. Dopo di lei la “grande musica” di Stefano Bollani

Venerdì 7 e sabato 8 marzo

Serralunga d’Alba (Cuneo)

Come da tradizione, non può mai mancare, negli incontri del “Villaggio Narrante” di “Fontanafredda”, organizzati dalla “Fondazione E. di Mirafiore”, l’ultimo vincitore del letterario “Premio Strega”. Così, venerdì 7 marzo (ore 19) sarà ospite a Serralunga d’Alba, la scrittrice di Arsita (Teramo), oggi residente a Penne, nel Pescarese, Donatella Di Pietrantonio con il suo ultimo libro “L’età fragile”, vincitore, per l’appunto, lo scorso giugno 2024, del prestigioso riconoscimento. Ma non solo. Il fine settimana del cosiddetto “Laboratorio di Resistenza Permanente” della “Fondazione” (voluta da Oscar Farinetti, nel 2010) abbinerà infatti all’alta “scrittura”, un eccezionale fuori programma “dialogico – musicale” dal titolo alquanto significativo de “Il bello dell’improvvisazione” con, ospite illustre, sabato 8 marzo (ore 18,30), Stefano Bollani, milanese, classe ’72, compositore, pianista e cantante, attivo anche come scrittore, attore teatrale, conduttore televisivo e showman.

Divenuta nota al grande pubblico con il romanzo “L’Arminuta” (termine dialettale abruzzese, traducibile letteralmente in “La ritornata”) vincitore del “Premio Campiello” nel 2017, per Donatella Di Pietrantonio (laureata in “Odontoiatria” all’Università dell’Aquila) “L’età fragile” è il suo quinto romanzo, di ambientazione ancora abruzzese e incentrato sul tema di estrema attualità della “violenza di genere”. Essenziale nelle parole e capace di colpire in profondità, la scrittura della Di Pietrantonio riesce a scavare nell’animo del lettore solchi profondi in cui la narrazione riversa emozioni, dubbi, vuoti esistenziali e domande che spesso vanno oltre ogni possibile, reale risposta. “L’età fragile” non è un’età precisa e ben definita della vita, “è la vita stessa”“La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura … è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite”. Leggiamo, in proposito, nella “quarta” di copertina: “Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al ‘Dente del Lupo’ c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più”. Libro intrigante, di quelli che ti fermano sulla pagina, alla ricerca di vie interpretative in grado di lasciare spazio e fare luce sul buio dell’“appena letto”, apparentemente senza sbocchi a voli alti capaci di dribblare la “fangosità” terrena e quegli enigmi innescati dal racconto, che sono in fondo enigmi del nostro vivere quotidiano, della fatica ad alzare gli occhi al cielo cui forse potrà ancora essere possibile guardare e aspettarci, prima o poi, un segnale di speranza e di pace.

Su tutt’altre onde scorrerà invece la serata di sabato 8 marzo (ore 18,30) con Stefano Bollani, fra i più istrionici ed eclettici musicisti italiani, che intratterrà il pubblico su “Il bello dell’improvvisazione”. Titolo che già la dice lunga sul concetto attribuito dall’artista al suo “fare musica”. Virtuoso, irriverente esploratore di suoni, le “etichette”, nel suo caso, sono sempre un po’ riduttive. All’attivo 49 album, di cui 31 in studio, la sua musica non conosce confini, “sconfessa i generi musicali” e si nutre di tutti quei momenti unici con artisti straordinari che il pianista ha incontrato sui palchi di tutto il mondo, da Enrico Rava a Chick Corea, da Richard Galliano a Bill Frisell o a Lee Konitz. Per non dimenticare, naturalmente, l’amicizia e la lunga collaborazione con il cantautore cuneese Gianmaria Testa. La sua musica riesce a passare con la massima disinvoltura e gran divertimento per tutti dal jazz all’“Orchestra Sinfonica” e anche in occasione dell’incontro alla “Fondazione Mirafiore”, l’artista milanese renderà omaggio all’arte dell’improvvisazione grazie all’unione sempre nuova di tutte le note messe insieme in oltre venti anni di “jam session”.

Per info: “Fondazione E. di Mirafiore”, Serralunga d’Alba (Cuneo), via Alba 15; tel. 0173/626424 o www.fondazionemirafiore.it

Gianni Milani

Nelle foto: Donatella Di Pietrantonio e Stefano Bollani

“Accanto” al teatro Astra per la stagione “Fantasmi”

A cura della Fondazione TPE

“ACCANTO”, creazione e regia di Barbara Altissimo, produzione LiberamenteUnico, è il titolo dello spettacolo frutto di una lunga attività di formazione in dieci presidi civici territoriali diffusi in tutta la città per il progetto “La cultura dietro l’angolo”, promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e dalla Città di Torino, in collaborazione con la Fondazione per la Cultura Torino. Il progetto di formazione è stato coordinato dalla Fondazione TPE, che ospita lo spettacolo nella stagione 2024-2025 “Fantasmi”, presso il Teatro Astra di Torino, il 14 marzo alle ore 21 e il 15 marzo alle ore 16, in una replica dedicata alla rete dei presidi civici che hanno partecipato al progetto, e alle ore 19 per tutto il pubblico.

“Il percorso è iniziato nel 2024 con incontri periodici ai quali hanno partecipato centinaia di persone per lavorare intorno alle domande ‘Quale è il tuo fantasma? Chi, che cosa ti cammina Accanto?’, arrivando ad una riflessione collettiva, incontrando e riconoscendo i propri fantasmi e intessendo insieme una trama – ha spiegato la regista Barbara Altissimo – una grande generosità nel raccontarsi è stata la cifra che ha contraddistinto questo cammino. Ci sono stati regalati piccoli frammenti di vite, dolori e gioie che appartengono a tutti noi e che costituiscono la trama della nostra identità emotiva. Storie, testimonianze, ricordi e memoria sono stati raccolti, condivisi e trasformati in una narrazione teatrale”.

I protagonisti sono donne e uomini comuni, persone che abitualmente non vivono il palcoscenico, rappresentanti dei presidi civici e delle comunità incontrate in mesi di attività, che hanno camminato accanto ai loro fantasmi.

La creazione di Altissimo, che ancora una volta mette in scena le individualità, ciascuna con la propria unica ed irripetibile cifra emotiva, si completa con la drammaturgia di Emanuela Currao, il disegno luci e lo spazio scenico di Massimo Vesco, gli elementi scenici di Jasmine Pochat, i costumi di Gualtiero Scola e l’assistenza alla regia di Fabio Castello, e disegna un gioco di specchi in cui è possibile trovare un riflesso di esperienza, appartenenza e condivisione. L’organizzazione è curata da Nadia Frola.

Sul palco Franco Albanese, Laura Brunetta, Martina Caruso, Loredana Casorio, Francesca Catania, Tommy Crosara, Emanuela Currao, Alessandro Dichirico, Allegra Florioli, Alessia Garombo, Rosaria Giangreco, Salvatore Loiodice, Francesco Piarulli, Raffaella Pitrolo, Amalia Piumatti, Stefania Savelli, Renato Scarpato, Amalia Scotti, Stefano Tubia.

Gian Giacomo Della Porta

Andar di notte per gli spazi “immaginifici” dell’opera dell’Antonelli

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Per la prima volta, il torinese “Club Silencio” porta “Una notte al Museo” nel cuore della Mole Antonelliana, sede del “Museo del Cinema”

Giovedì 6 marzo, ore 19,30

Gli organizzatori di “Club Silencio” (Fondazione culturale torinese impegnata in progetti esperienziali atti a stimolare la partecipazione attiva dei giovani under 35 alla vita socio-culturale del territorio) la definiscono “un’esperienza unica tra musica, visite guidate e mostre straordinarie”. E così sarà certamente. L’iniziativa porta infatti, per la prima volta, il Progetto “Una notte al Museo” (che, dal 2017 ad oggi, ha guidato più di 280mila giovani in oltre 50 Musei tra Piemonte, Liguria e Lombardia) all’interno di quel grandioso “cono gelato a coda di sirena”, com’è stata bizzarramente definita la nostra “Mole” prodigio Antonelliano con i suoi 167,5 metri di altezza (“forse l’opera architettonica più geniale mai realizzata”, secondo Nietzsche), dal 2000 sede del “Museo Nazionale del Cinema”, in una suggestiva scenografia opera dell’architetto torinese Gianfranco Gritella e dello scenografo svizzero François Confino. Scenografia genialmente studiata attraverso un percorso espositivo che si sviluppa a spirale verso l’alto, articolato su più livelli che illustrano la storia del cinema attraverso manifesti, oggetti, spezzoni di film e scenografie spettacolari ed evocative, “che amplificano la meraviglia e la fascinazione che sono il cuore stesso della settima arte. Che notte, ragazzi, sarà dunque, quella del prossimo giovedì 6 marzo (dalle 19,30) per quanti vorranno aderire all’evento!

Il programma. Fino alle 21,30, “due guide specializzate” accompagneranno i partecipanti alla scoperta delle curiosità legate alla storia del cinema, dalle “lanterne magiche” alla “realtà virtuale”, oltre ad esplorare liberamente il percorso espositivo permanente.

La serata offrirà, inoltre, l’accesso a due “mostre temporanee” d’eccezione: “#Serialmania.Immaginari narrativi da Twin Peaks a Squid Game” – un viaggio attraverso le serie TV che hanno segnato la cultura pop dagli anni ’90 a oggi – e “The Art of James Cameron”, una mostra dedicata al visionario regista di “Titanic”“Avatar” e “The Terminator”, con oltre 300 opere originali tratte dal suo archivio personale, tra disegni, oggetti di scena e tecnologie 3D.

Ovviamente, non mancherà la possibilità di salire sulla “Mole Antonelliana” con l’iconico “ascensore panoramico”, per godere di una vista mozzafiato su Torino e l’arco alpino (posti limitati, biglietti acquistabili in loco).

Ad accompagnare l’evento, nella suggestiva “Aula del Tempio”, il producer torinese Kapowsky proporrà un “DJ set” che mescola Big Room, Percussive e Tech House, con influenze che spaziano da Mark Knight a Michael Bibi e a Chris Lake.

 

“Portare ‘Una Notte al Museo’ all’interno del ‘Museo Nazionale del Cinema’ – sottolinea Alberto Ferrari, presidente di ‘Club Silencio’ – è un traguardo che segna l’incontro tra due realtà accomunate dalla passione per la narrazione e l’esperienza immersiva. In questa prima edizione, la fusione tra cinema, arti visive e musica elettronica offrirà ai visitatori un modo nuovo di vivere il Museo: non solo come luogo di memoria, ma come spazio pulsante di creatività, dove ogni immagine e ogni suono diventano parte di un racconto collettivo. Siamo orgogliosi di scrivere insieme questa nuova pagina e di far vivere il ‘Museo’ in una veste inedita, aperta all’innovazione e al coinvolgimento del pubblico”.

 

E non è finita.

L’evento, infatti, sarà anche l’occasione per scoprire le aree più innovative del “Museo” di via Montebello, come la “Video Game Zone”, inaugurata nel 2024, e riconosciuta come una delle prime aree permanenti al mondo all’interno di un Museo dedicata ai videogiochi, che permette ai visitatori di immergersi nel mondo videoludico e comprenderne il processo creativo. “Con un allestimento unico al mondo, che combina storia, innovazione e spettacolarità, il ‘Museo’ non solo racconta l’evoluzione del linguaggio cinematografico, ma si afferma dunque come un polo di eccellenza per la ricerca, la divulgazione e l’incontro tra passato, presente e futuro del cinema a livello globale”.

Per info: “ Fondazione Club Silencio”, corso Massimo D’Azeglio 60, Torino; www.clubsilencio.it

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio Mole Antonelliana by night e Museo Nazionale del Cinema

RAI NuovaMusica sul podio il maestro Pascal Rophé e Mario Brunello al violoncello

Per il primo appuntamento il 6 marzo

Riparte Rai NuovaMusica, la consueta rassegna che l’Orchestra Nazionale della Rai dedica alla musica contemporanea, distribuita nel corso della stagione 2024-2025 con tre concerti sinfonici in serata unica, in programma all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino. Il primo appuntamento è per giovedì 6 marzo alle 20.30 anche in diretta su Radio 3 e in live streaming su raicultura.it.

Sul podio salirà Pascal Rophé, già direttore musicale e stabile dell’Orchestre National des Pays de La Loire, presenza frequente sul podio dell’OSN RAI etra le bacchette più apprezzate pericolose repertorio del XX e XXI secolo.

La serata si aprirà con la prima esecuzione Rai a Torino di “Gli occhi che si fermano” per orchestra, autore Francesco Antonioni, classe 1971, uno dei compositori più apprezzati  in Italia e all’estero, commissionato dalla Fondazione Teatro Lirico di Cagliari dove è stato eseguito per la prima volta nel maggio del 2009. Il brano trae ispirazione dal romanzo dello scrittore spagnolo Javier Marias intitolato “Tu rostro manana”, “Il tuo volto domani”, che scava nelle ambiguità  dei protagonisti e delle loro vite, e che Antonioni traduce  con una sovrapposizione di ritmi diversi, alternando sezioni rapide ad altre più  lente, e muovendosi tra tonalità e attualità.

“Leggendo ‘Il tuo volto domani ‘ di Javier Marias- afferma Francesco Antonioni – ho pensato che descrivesse con sorprendente precisione quello che cerco di realizzare con la mia musica, ciò che mi sta più  a cuore, cercare, sempre con lo sguardo profondo, la ‘visione lunga’ percorrere e tenere insieme le alternative possibili, creare relazioni, significati cge connettano idee solo apparentemente lontane tra loro. Ad esempio ho pensato che i suoni lunghi e tenuti che aprono il brano non fossero altro che suoni ripetuti ad una velocità infinita, oppure che i rapidi vortici di note che si inseguono nel pezzo, come il volo di una mosca citato da Marias, fossero solo modi diversi per descrivere la perseveranza e la concentrazione dell’indagine,  e ho cercato di trarne le conseguenze. Sono metafore sonore, simboli, che spero aiutino a guardare il mondo con occhi più acuti e penetranti”.

Seguirà la prima esecuzione italiana di  T.S.D. per violoncello e orchestra del 2018 di Giya Kancheli, uno dei più noti compositori georgiani, scomparso nel 2019 a 84 anni. Il suo stile è  caratterizzato dalla tendenza ad esprimere una profonda spiritualità, ed è stato descritto  come una versione europea del minimalismo americano, definito “minimalismo spirituale”. A interpretarlo sarà  il violoncellista Mario Brunello, apprezzato a livello internazionale non solo per le sue indiscutibili doti di artista e musicista, ma anche per i suoi progetti che coinvolgono forme d’arte e saperi diversi, dal teatro alla letteratura, dalla filosofia alla scienza. Solista, direttore, musicista da camera e pioniere di nuove sonorità con il violoncello piccolo, è  stato il primo europeo a vincere il concorso Caikovskij a Mosca nel 1986. Il suo stile autentico è appassionato lo ha portato a collaborare con i più importanti direttori d’orchestra e le più prestigiose orchestre del mondo.

La seconda parte della serata sarà interamente dedicata al grande compositore Ungherese Peter Eotvos, scomparso il 24 marzo del 2024 a ottant’anni, in passato più volte ospite dell’Orchestra Nazionale della Rai. Memorabile la sua esecuzione del mastodontico Atlatis nel 2007, affiancato a Petruska di Stravinskij. Per ricordarlo a un  anno dalla morte Pascal Rophé ha scelto “Reading Malevich” per orchestra, scritto da Eotvos tra il 2017 e il 2018, su commissione del Festival di Lucerna, dove vide la luce  con l’Orchestra dell’Accademia del Festival diretta da Matthias Pinscher.

“Il compito che mi sono posto per Reading Malevich – aveva dichiarato Eotvos – è  stato quello di trasformare un’immagine, un evento ottico in musica. Ho scelto come punto di partenza  il dipinto intitolato Suprematismus n. 56 di Kazimir Malevich, che usa questo termine per descrivere una serie di dipinti puramente astratti iniziati con “Black Square” del 1915.

A conclusione del concerto il “Dialog mit Mozart”, da capo per orchestra, proposto per la prima volta dall’Orchestra RAI di Torino. Il brano è  nato nel 2014, destinato  a cymbalom o marimba ed ensemble, prendendo spunto da frammenti di musica mozartiana lasciato allo stadio di abbozzo. Si tratta di un modo originale per fra dialogare il linguaggio mozartiano con quello contemporaneo. Nel 2016 Eötvos lo ha riscritto, destinando a un organico orchestrale ampio, che integra in sé la parte solistica. Questa versione, proposta dall’OSN RAI e da Rophé,  è stata eseguita per la prima volta in prima assoluta  il 17 dicembre 2016 a Salisburgo al Mozarteum con Mirga Gražinyté- Tyla sul podio. Secondo le parole del compositore si tratta di un dialogo molto divertente  che ripercorre 250 anni di storia.

I biglietti per i concerti di Rai NuovaMusica sono in vendita al prezzo di 5 euro eper gli under35 a 3 euro online o in biglietteria

Biglietteria dell’Auditorium della Rai di Torino, tel 0118104653.

Piazza Rossaro Torino

Mara Martellotta

E poi arrivano le cinque statuette per “Anora” di Sean Baker

La consegna degli Oscar 2025, vincitori e vinti

E poi il giorno dopo ti stai a chiedere se quei giudizi siano pienamente centrati, se quelli che avevi in mente tu fossero giusti o sbagliati, o di comodo, o troppo personali per simpatia o chissà che altro. Ti rendi conto che il Cinema ha tutti i numeri e le caratteristiche per essere Arte ma che tante (troppe?) volte è Business, mosse studiate a tavolino, soprattutto un’altalena su cui è facile salire ma da cui è anche maledettamente facilissimo scendere. Prendete le tredici candidature dell’imperfetto “Emilia Perez” di Jacques Audiard: al di là di una imbarazzante ammucchiata dell’intero cast a Cannes ovvero un Palmarès alle quattro attrici senza distinzione o soppesatura di sorta, a Hollywood, dopo una strombazzatura d’eccezione e una battaglia senza esclusioni di colpi, è stato sufficiente andare alla riscoperta di una manciata di tweet della prima attrice trans – velocemente candidata: con il sospetto da parte di chi scrive queste note che Karla Sofìa Gascòn sia stata catapultata nell’empireo delle protagoniste per tirare un dispettuccio a Mr Trump che tratta il mondo anche geneticamente in buoni e cattivi piuttosto che per convincenti qualità – destinati negativamente a messicani e afroamericani per far crollare in quattro e quattr’otto l’intero castello di carte. Onde per cui, delle tredici candidature ne sono andate a segno soltanto due, la miglior canzone a “El mal” e la miglior attrice non protagonista a Zoe Saldana (lei più nelle vesti di protagonista del film!) che certo non aveva rivali.

Certo non la nostra Isabella Rossellini, nella serata tutta luci e star del Dolby Teather, che si sarà pur messa in blu velvet in onore del suo amore trascorso per David Lynch e per la grandezza di un regista, con tanto di agghindo con gli orecchini di mamma Ingrid sul set di “Viaggio in Italia” di papà Roberto: ma quei suoi otto minuti in “Conclave” di Michael Jackman non hanno convinto i membri dell’Academy che forse avranno comparato gli altri otto minuti della storia del cinema, quelli irripetibili di Anne Hathaway nei canori “Miserabili” che valsero all’attrice, quelli sì, la meritatissima statuetta nel 2013. Morto un papa se ne fa un altro, caduta “Perez” ci si aggrappa all’altrettanto imperfetto “Conclave” e a quel “Brutalist” firmato da Brady Corbet che convince, nella prova soprattutto eccezionale di Adrien Brody, oscaribilissimo e così è stato, capace ancora una volta dopo “Il pianista” di Polanski di costruire e trasmettere emozioni come pochi altri, ma dove vedi una regia e una scrittura prima che si vorrebbero grandiose ma che in alcuni tratti (nella seconda parte del film) non hanno oliato a dovere i loro ingranaggi. “The Brutalist”, tuffo in un film classicheggiante, di lento ed elegante racconto, che sa con intelligenza di architettura e di riscatto, degli aspetti consolatori e costruttivi dell’arte, che guarda allo scempio di ieri e alla Storia di oggi, che si porta anche a casa le statuette per la miglior colonna sonora e la miglior fotografia, lasciando immeritatamente a “Wicked” dei pur talentosi Nathan Crowley e Lee Sandales il premio per la migliore scenografia.

Insomma l’altalena di cui sopra ha fatto vittime illustri, il Fiennes di “Conclave” o la Demi Moore di “The Substance” che risorta alla sessantina a nuova vita e data sino alla vigilia per vincitrice e che con il sorriso di circostanza avrà l’altra sera pensato che un’occasione così chissà quando le ricapita; soprattutto il bel (e allegramente giallognolo e ingioiellato) Timothée Chalamet che ha speso cinque anni della sua vita per diventare un perfetto Bob Dylan e poi ha dovuto cedere le armi davanti alla prova del finto architetto Làszlò Tòth (e con lui, le dieci candidature originali di “A Complete Unknown”, secondo e terzo riconoscimento alla fotografia di Lol Crawley e alla colonna sonora originale di Daniel Blumberg): magari vada a chiedere a quel collega che si chiama Leonardo Di Caprio quanta anticamera ha dovuto fare per impugnare la sua prima statuetta. A sovvertire le carte, in un crescendo che si è ispessito di giorno in giorno, e a rovinare del tutto le speranze di “Brutalist”, è arrivato “Anora” di Sean Baker, non ancora un gigante nel firmamento di celluloide, già Palmarès a Cannes, che stringe oggi tra le sue giovanili quanto sfacciate braccia gli Oscar per il miglior film e la miglior regia, per la miglior attrice protagonista, per il miglior montaggio e la miglior sceneggiatura originale: con ogni carta in regola, ben raccontato e con un ritmo invidiabile, con una scena centrale di risicata violenza di parecchi minuti (ci sono voluti dieci giorni per girarla) che è un pezzo di cinema da mandare agli annali, con la consacrazione di uno scricciolo spuntato fuori quasi dal nulla, Mikey Madison (anche se io continuo ad avere negli occhi e nella mente la prova maiuscola di Fernanda Torres in “Io sono ancora qui” di Walter Salles, per fortuna miglior film straniero, moglie ineguagliabile di uno dei tanti desaparecido) a incarnare come meglio non potrebbe l’escort caduta nella passione e nella bambinaggine del rampollo di un magnate russo.

Elio Rabbione

Nelle immagini, scene di “Anora”, “Emilia Perez” e “The Brutalist”.

Angoli torinesi, il Bastion Verde

Il Bastion Verde di Torino, anche chiamato “degli angeli” è un luogo dove la storia militare si fonde armoniosamente con la bellezza naturale. Situato all’interno dei Giardini Reali di Torino, è una delle ultime testimonianze di quella che fu la consistente cinta fortificata della città, oggi trasformata in un’area di svago e relax, ma che conserva ancora tutto il fascino della sua origine: 800 metri lineari di mura a pochi passi dal Palazzo Reale progettato dal geniale architetto cinquecentesco Ascanio Vitozzi. Il suo nome deriva dal fatto che Vittorio Emanuele II lo fece dipingere di verde e ricoprire di edera, in omaggio a sua moglie.

Il Bastion Verde è parte del sistema difensivo che, a partire dal XVII secolo, venne costruito Per proteggere Torino dalle invasioni. La cittadella fortificata, che comprendeva bastioni, mura e torri, si estendeva lungo le colline che sovrastano il fiume Po e rappresentava uno degli esempi più significativi della fortificazione barocca in Italia. Torino, allora capitale del Ducato di Savoia, aveva una posizione strategica e un apparato difensivo che rispondeva alle esigenze di protezione contro minacce provenienti sia da sud (dalla Francia) che da altre direzioni. Come gli altri bastioni della città, faceva parte di una serie di fortificazioni che vennero realizzate tra il 1668 e il 1700, con il progetto di Amedeo di Castellamonte, uno degli architetti più influenti dell’epoca. La struttura doveva garantire un buon punto di osservazione e difesa, ma allo stesso tempo integrarsi nel contesto urbanistico e paesaggistico che Torino stava sviluppando. Oggi, il bastione è circondato da un ampio parco verde che ne attenua la severità militare originaria, donando al sito un aspetto più accogliente e rilassante, ma senza perdere la sua forte identità storica. Con il tempo, le funzioni militari del Bastion Verde sono venute meno e l’area ha subito un processo di recupero e valorizzazione che ha permesso di restituirla alla cittadinanza come un parco pubblico ben curato, dotato di panchine, vialetti e ampie zone ombreggiate che rendono l’area perfetta per passeggiate e relax. L’elemento più interessante del parco è la sua capacità di mescolare il verde con la storia. Una delle caratteristiche più apprezzate del Bastion Verde è la sua posizione sopraelevata rispetto alla città. Dal bastione, infatti, si gode di una vista spettacolare su Torino e sulla collina torinese che si estende dalle Alpi all’orizzonte, con una prospettiva che lo rende un luogo privilegiato per osservare la città dall’alto, in particolare al tramonto, quando la luce dorata avvolge il panorama.

Maria La Barbera

“Toccando il vuoto” e “Coup fatal” al Gobetti e al Carignano

Per la stagione del Teatro Stabile di Torino, dall’11 al 16 marzo prossimi, andrà in scena al teatro Gobetti la pièce “Toccando il vuoto”, una fantasia alpinistica basata su memoir di Joe Simpson. Tratto da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985, durante la scalata delle Ande peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare insieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda di arrampicata. La storia si snoda tra passato e presente, passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza. Tratto dal romanzo di Joe Simpson, è stato adattato da David Greig, la traduzione è stata a  una di Monica Capuani, la regia è di Silvio Peroni. Gli interpreti sono Lodo Guenzi, Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo, Matteo Gatta.

Al teatro Carignano, dal 13 al 16 marzo prossimi, verrà portata in scena dalla Comédie de Genève, la pièce teatrale “Coup fatal”. Dieci anni fa, al suo debutto a Vienna, questo spettacolo sferrò un colpo fatale alle facili categorizzazioni. La sua natura è plurale, un manifesto di resilienza di tale insolenza e orgoglio. Le melodie barocche, un’orchestra multietnica, la danza africana, il teatro contemporaneo, le partiture coreografiche di Platel, i sapeurs congolesi, pomposità e ironia: tutto si fonde in una fantasmagoria di sfrenata contaminazione  di generi ed estetiche che non smette mai di sublimarsi e reinventarsi. Prodotto originariamente dai maggiori festival europei, tra cui Torinodanza, questo indimenticabile ibrido performative torna in scena per suggestionarci ancora. La direzione  musicale è di Fabrizio Cassol, la direzione artistica e la regia sono di Alain Platel, il direttore d’orchestra è Rodriguez Vangama, le musiche sono di Fabrizio Cassol e Rodriguez Vangama da Hëndel, Vivaldi, Bach, Monteverdi e Gluck. Le scene sono di Freddy Tsimba.

Mara Martellotta