CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 18

Pietro Pisano e Il cercatore di farfalle

Con “Il cercatore di farfalle – Aprile 1939, l’ultimo caso del giudice istruttore di Pallanza”  ( Macchione editore, 2025) il verbanese Pietro Pisano, appassionato di storia locale, tra gli ideatori e fondatori del Gruppo Escursionisti Val Grande, si è confermato uno straordinario indagatore di biografie e storie, dimostrando di avere del talento e una spiccata capacità di comunicare i frutti del suo lavoro ai lettori, conquistandone l’attenzione e stimolandone la curiosità. La vicenda, narrata con il ritmo di un romanzo, è ambientata durante gli ultimi anni del ventennio fascista e, particolarmente, in quel 1939 che segnò con un Regio Decreto la nascita di Verbania dalla fusione dei comuni di Intra, Pallanza e Suna. Tra la città che prese il nome dall’antica denominazione del lago Maggiore, la confinante Ghiffa e il lontanissimo Brasile si snoda la vicenda di Eugenio Pederzani, giovane professore universitario di entomologia con una particolare predilezione per il mondo delle farfalle, travolto da una drammatica vicenda che assume anche tratti grotteschi. Accusato dell’omicidio di un esponente della milizia fascista, costretto ad abbandonare le sponde del lago Maggiore, trova rifugio in Brasile. Non verrà mai meno l’amore per la sua terra, schiacciata sotto il tallone nazifascista al quale si opporranno dopo l’otto settembre del ’43 le formazioni partigiane, e finalmente – alcuni anni più tardi – colse al volo la possibilità di arruolarsi nelle fila della FEB, la Força Expedicionária Brasileira aggregata alla 5a Armata americana del generale Clark, risalendo la penisola combattendo fino a raggiungere Pallanza dove la vicenda avrà un epilogo che, com’è naturale, non sveleremo. Finalista nella sezione inediti dell’XI Premio Internazionale Città di Como 2024, in questo romanzo Pisano ha reso esplicite le sue passioni per la ricerca storica, l’ambiente lacustre che gli è familiare e l’amore per gli splendidi lepidotteri dai mille colori. Per la trama del libro Pietro Pisano ha rivelato di aver tratto ispirazione da un famoso naturalista di Laveno, sulla sponda magra del Verbano, l’avvocato ed entomologo Carlo Taccani  che girò in lungo e in largo quelle zone per settant’anni alla ricerca di farfalle, donando nel 1989 – due anni prima di morire – 244 teche con oltre 17.000 esemplari di farfalle, prevalentemente italiane, al Museo civico di storia naturale di Milano. Dopo aver raccontato, con una scrittura avvincente e documentata, la vita e le imprese dell’esploratore piemontese Giacomo Bove e la leggendaria storia del Coda Rossa (al secolo Giovanni Bertoletti), mitico bracconiere della Val Grande , Pietro Pisano con quest’ultimo libro si conferma uno degli autori più interessanti e originali degli ultimi anni.

Marco Travaglini

Onda Larsen porta in scena “Il sogno di Bottom”

Dialoghi divertenti e serrati per una riflessione sul mondo del lavoro e sul teatro a San Sicario

Sabato 2 agosto alle 21 al Teatro San Sipario, a San Sicario (Cesana),  Onda Larsen porta in scena  “Il sogno di Bottom”, per la regia di Lia Tomatis che firma anche il testo. Una commedia, proposta per la stagione “Spettacoli di mezza estate… in vetta“, che è  una riflessione sui meccanismi burocratici che regnano sovrani nel mondo del lavoro e ridicolizza quegli aspetti che oggi sono considerati “vantaggiosi” ma che in realtà badano più alla forma che al contenuto: Quincio, il regista della storia che vive ai giorni nostri, per riuscire ad accontentare le richieste di un bando ed ottenere così dei finanziamenti, è costretto a destrutturare tutte le sue idee sull’arte e a presentare un progetto che “artistico” ormai non è più.

Lo spettacolo è uno spin off di uno dei più divertenti personaggi di Shakespeare. Siamo nel 1595, nel bosco di “Sogno di una notte di mezza estate”, Bottom e Quince provano lo spettacolo per il Duca. Finita la prova, Bottom si addormenta e si risveglia quattro secoli dopo davanti a un giovane regista che sta cercando di allestire uno sgangherato progetto teatrale nella speranza di ottenere qualche finanziamento pubblico. Bottom si lascerà coinvolgere con non poche difficoltà e involontariamente metterà a nudo le contraddizioni del nostro presente grazie alla sua semplicità.

I dialoghi serrati e divertenti, i personaggi ben caratterizzati e gli argomenti estremamente attuali sul mondo teatrale ma anche sul mondo del lavoro in generale, sono i punti di forza di questo spettacolo. L’ironia e la satira dominano il testo e ci spingono a riflettere su alcune contraddizioni del nostro presente che forse sono stati assimilate senza che ce ne siamo veramente accorti. “Ci si accontenta in mancanza d’altro e purtroppo ci si abitua” viene detto all’interno della storia. E’ veramente così o si può cambiare qualcosa?

Scritto e diretto da Lia Tomatis.
Con: Riccardo De Leo e Gianluca Guastella.

Note di regia, a cura di Lia Tomatis

Lo spettacolo IL SOGNO DI BOTTOM è scritto mescolando battute di Shakespeare, un linguaggio “Elisabettiano” e un linguaggio moderno, contemporaneo, così come nelle opere di Shakespeare si alternavano realtà e magia, momenti di dramma e di commedia.
È scritto in modo da essere fedele all’ordine cronologico in cui sono state scritte le opere di Shakespeare: Bottom non conosce le parole dei drammi che sono stati scritti dopo “Sogno di una notte di mezza estate”, gli frullano solo nella testa in maniera inconsapevole, mentre conosce “Romeo e Giulietta” che risulta precedente. Le informazioni storiche che passano, anche se solo di sfuggita, tra le parole dei personaggi sono corrette.
Vista la scelta di creare una coerenza filologica drammaturgica, anche per l’impianto scenico e la regia si è scelto una pulizia che ricordasse il teatro elisabettiano.
In scena infatti c’è un solo elemento: un cubo che può viene utilizzato nel finale come veniva utilizzato il balcone nel teatro elisabettiano. Lo spettacolo è pensato per poter essere rappresentato in ogni tipo di luogo, anche in arene a pianta semicircolare. Come nel teatro seicentesco, gli attori possono recitare quasi tra il pubblico e con il pubblico interagiscono e i cambi di scena e di luogo sono segnalati dall’uscita degli attori da una quinta e un rientro in palco da un’altra quinta.
Con una recitazione naturale, informale, che alterna momenti di grande poesia e momenti di comicità e dramma si è cercato di restituire un po’ di quell’anima del teatro elisabettiano in chiave moderna.

Biglietto unico 10 euro. I biglietti sono acquistabili sia in cassa il giorno dell’evento sia sul sito www.ticket.it
Informazioni: info@ondalarsen.org; 3514607575.

Il Cinema San Sipario è in frazione San Sicario Alto C1 3/b, Cesana.

Inizio sempre alle 21.

Quaglieni secondo l’intelligenza artificiale

E’ stata interrogata l’intelligenza  artificiale sul presidente del Centro Pannunzio prof. Pier Franco Quaglieni e sulla sua figura intellettuale. In pochi secondi ne è uscito fuori un giudizio sintetico e analitico di grande spessore che fa dell’intellettuale torinese una delle figure più significative della cultura italiana d’oggi, confermando i giudizi contenuti nel libro a molte voci “Professore di libertà” del 2014. Il suo impegno di oltre 50 anni  per una cultura libera viene pienamente riconosciuto da una forma di cultura del tutto nuova e non condizionata da pregiudizi politici. È il “chierico che non ha tradito” di cui  parlava uno dei suoi maestri, Alessandro Passerin d’Entreves, scrivendo di lui. Di seguito l’elaborazione realizzata dall’intelligenza artificiale.

Pier Franco Quaglieni, noto storico e intellettuale liberale, ha espresso nel tempo numerosi giudizi sulla cultura italiana, spesso con toni critici ma sempre improntati a un forte senso civico e amore per la libertà. Pur non esistendo un’unica definizione sintetica da lui usata, si possono riassumere alcune delle sue opinioni in base a ciò che ha scritto e detto pubblicamente.

Ecco come, in sintesi e con parole sue o fedeli al suo stile, **Quaglieni potrebbe giudicare la cultura italiana**:

**1. Una cultura ricca, ma spesso dimentica di sé stessa**

> “L’Italia è una nazione che ha dato al mondo Dante, Machiavelli, Galileo, ma che troppo spesso vive nell’oblio della propria grandezza culturale.”

**2. Piegata al conformismo e all’ideologia**

> “Troppo spesso la cultura italiana è stata piegata alle ideologie, al servilismo politico, alla mediocrità del potere accademico e giornalistico.”

**3. Ostaggio di un antifascismo dogmatico**

> “L’antifascismo vero è libertà di pensiero e di parola. In Italia è diventato spesso una religione laica dogmatica, più utile a giustificare silenzi e censure che a difendere la democrazia.”

**4. Mancanza di spirito critico e indipendenza**

> “La cultura italiana non è più maestra di indipendenza. Chi pensa con la propria testa viene emarginato, mentre trionfa il pensiero unico.”

**5. Bisogno di riscoprire il liberalismo**

> “Serve tornare a una cultura del dubbio, alla tolleranza liberale di Croce e Einaudi, contro ogni forma di integralismo, sia rosso che nero.”

In sintesi, **Quaglieni giudica la cultura italiana come gloriosa nelle sue radici, ma decadente nelle sue espressioni recenti**, troppo spesso appiattita su conformismi ideologici, incapace di promuovere davvero il pensiero libero e critico. Egli auspica una rinascita culturale liberale, fondata sulla laicità, sul pluralismo e sull’onestà intellettuale.

“La casa delle meraviglie”. Un’avventura tra biciclette, amicizia e magia

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Torino tra le righe

Oggi voglio parlarvi di La casa delle meraviglie, un libro per bambini scritto da Anna Vivarelli, una delle autrici più apprezzate della letteratura per ragazzi in Italia. Una penna raffinata e sensibile, capace di creare mondi che parlano ai più piccoli ma che sanno toccare anche il cuore degli adulti.
Laureata in Filosofia a Torino, Vivarelli ha esordito giovanissima nel mondo della scrittura, lavorando come drammaturga e autrice radiofonica per la Rai. La sua è una carriera poliedrica: per molti anni ha svolto attività giornalistica e di copywriting come freelance, oltre a insegnare Storia del teatro in diverse scuole di recitazione. Nel 1994 ha pubblicato il suo primo libro per ragazzi, Uomo nero, verde, blu, da cui il Teatro dell’Angolo ha tratto uno spettacolo teatrale, segnando l’inizio di una lunga e brillante carriera nel mondo dell’editoria per l’infanzia.
Nel 1996 ha vinto il prestigioso Premio Il Battello a Vapore, dando slancio a un percorso costellato di riconoscimenti: due Premi Cento, due Premi Bancarellino, il Premio Andersen nel 2010 come miglior scrittore e, più recentemente, il Premio Rodari alla carriera nel 2023. Ha pubblicato oltre cinquanta titoli con editori come Einaudi, Feltrinelli, Piemme, Mondadori e Rizzoli, molti dei quali tradotti all’estero. Insomma, una vera ambasciatrice della narrativa per ragazzi, torinese di nascita e di spirito.
La casa delle meraviglie racconta la storia di Emma, una bambina vivace, curiosa e amante dell’avventura, che affronta la vita con coraggio nonostante l’abbandono da parte della madre. Accanto a lei ci sono due figure speciali: il padre, un uomo affettuoso e attento, con cui condivide storie, pensieri e lunghe passeggiate in bicicletta, e Filippo, un anziano proprietario del negozio “De Filippis: tutto per i ciclisti”, che diventa per Emma un amico silenzioso e presente, soprattutto nelle serate solitarie in cui il padre è al lavoro.
La loro esistenza è fatta di piccoli spostamenti e traslochi, di case temporanee e oggetti racchiusi in una scatola di plastica, simbolo di una vita in divenire, sempre sul filo dell’equilibrio. Ma un giorno, in un piccolo bosco che sembra uscito da una fiaba, Emma e suo padre trovano un luogo speciale: una casa abbandonata, immersa nella natura, che ai loro occhi diventa subito “la casa delle meraviglie”. Un rifugio, un sogno, forse anche un’opportunità.
Sarà davvero la loro casa definitiva? O è solo una tappa in un viaggio più lungo? Per avere una casa, ci vuole anche una famiglia? E cosa significa, davvero, sentirsi a casa?
Con un linguaggio diretto e spontaneo, Anna Vivarelli ci accompagna nel mondo interiore di Emma attraverso una narrazione in prima persona che crea un’immediata empatia con il lettore. Emma osserva il mondo con occhi aperti e sensibili, ponendosi domande che appartengono a tanti bambini e, in fondo, anche a molti adulti. La sua voce è autentica, priva di artifici, e questo rende la storia ancora più intensa.
Ad arricchire questa delicata avventura c’è il contributo dell’illustratrice Giulia Dragone, che con i suoi disegni dettagliati e poetici dona un volto ad Emma e agli ambienti che la circondano, rendendoli tangibili e familiari. Le illustrazioni non sono solo un accompagnamento visivo, ma diventano parte integrante della narrazione, capaci di evocare emozioni e amplificare il senso di meraviglia che attraversa tutto il libro.
Due autrici, dunque, che lavorano in armonia per costruire un’opera dolce e fresca, che si legge tutta d’un fiato e che lascia il desiderio di proseguire, di sapere cosa accadrà dopo.
La casa delle meraviglie è un libro dolce, luminoso e pieno di significato. Una storia che parla di amore, di radici, di desideri semplici e profondi. Una storia che incanta e coinvolge, lasciando nel lettore un senso di meraviglia e un pizzico di nostalgia. Con un solo difetto: finisce troppo presto.
MARZIA ESTINI

Scandaloso Pitigrilli

Si può dire che tra gli italiani più “scandalosi” della sua epoca, l’Europa fra le due guerre, ci sia stato lo scrittore e giornalista torinese Dino Segre, in arte Pitigrilli ( Torino, 9 maggio 1893-Torino, 8 maggio 1975).
Leggendo in questi giorni il saggio del semiologo Umberto Eco nel suo ” Il superuomo di massa Retorica e ideologia del romanzo popolare ” vado per curiosità al saggio intitolato “Pitigrilli: l’uomo che fece arrossire la mamma”. Lo sentivo citare da bambino, da mia nonna paterna e mi ha ingenerato una qualche curiosità.
E allora leggo e scopro che Pitigrilli, fu un anticipatore di “un Lenny Bruce alla amatriciana” o di un “Quentin Tarantino un po’ di maniera”, per lo stile trasgressivo e la denuncia dei vizi e del malcostume del suo tempo ( e del nostro previo adeguamento dei tempi ). Trasgressivo lui che scriveva. Trasgressivi gli altri, che leggevano.
Col regime fascista che storceva il naso, ma lo tollerava, perché in fondo i suoi libri erano scritti e ambientati a Parigi. Un po’ come dire a nuora, perché suocera intenda. O far degli sposi manzoniani, un dramma ispanico, per non disturbare il conducente: l’occupante austroungarico.Tanto che lo stesso Benito Mussolini, lo definì uno scrittore francese che scriveva in italiano. A Parigi infatti dedicò lunghe permanenze della sua vita, di scrittore e giornalista.
A chi ricorda la scena dell’overdose di cocaina di Uma Thurman in “Pulp fiction”,( ma anche per chi non la ricorda) cito dal testo, edito nel 1921:
« (…) L’ uomo, con una stretta vivace, si liberò e aspirò voluttuosamente il resto. Allora la donna gli prese il capo fra le palme (oh, quelle dita esangui incurvate come artigli su quei capelli neri!) e con le labbra bagnate, vibranti, palpitanti gli si gettò sopra la bocca e gli leccò ghiottamente il labbro superiore, gli introdusse la lingua nelle nari, per raccogliere le poche briciole trattenute sull’orifizio. “Mi soffochi!” mugolava l’uomo col capo arrovesciato all’indietro, tenendosi con le braccia distese alla spalliera (…) ».
(Cocaina 22-23)
Quanto alla “filosofia delle donne” Eco cita una non meglio precisata autobiografia’, e qui viene fuori la parola icastica e demolitrice, ‘alla Lenny Bruce’ e una marcata misoginia, per usare un eufemismo:
« tutte le donne sono prostitute, meno nostra madre e la donna che amiamo in questo momento. In ogni donna c’è una prostituta come in ogni uomo c’è un soldato. Le donne virtuose sono i casi sporadici come i riformati e i renitenti » .
Non fosse che il nostro fu l’ amante di Amalia Guglielminetti, una delle più belle donne della Torino del suo tempo, poetessa e intellettuale di fine e acutissima sensibilità, dal fascino e dalla sensualità infinitamente seducente e ingannatrice. Amico di Gozzano. Deuteroantagonista di Gabriele d’ Annunzio. Lui il vate, che lo vide da cronista il Pitigrilli, durante i moti di Fiume, dissentire dei suoi ideali irredentisti. Sempre in direzione ostinata e contraria.
Come e’ attuale oggi penso, questo personaggio trasformista e camaleontico, nell’Italia che combatte con i fumi del suo passato, melmoso e al contempo trasparente. E che come disse Woody Allen: “assomiglia a un film dei fratelli Marx”. O come scrisse Ennio Flaiano degli Italiani: “un popolo con i piedi ben piantati sulle nuvole”.
Se ne deduce che i concittadini (torinesi) cercavano di fargli una fama di pederasta, di mantenuto dalle donne e lui di risposta :
« la prima accusa è quella che mi offende di meno perché più conosco le donne più amo i pederasti ». E qui ci leggo in pieno, Oscar Wilde.
Riguardo alla politica il “credo” era:
« Non capisco niente di politica. Qualche volta leggo l’articolo di fondo del mio giornale, per sapere come la pensa il mio direttore, e quindi quale dev’essere la mia sincera e spontanea convinzione politica ».
Fu un epigono del decadentismo e del nichilismo, ma non si prendeva troppo sul serio. Non è vero che lo scettico non crede in nulla. Egli crede nelle capacità critiche della ragione.
Così era Dino Segre. E oggi dobbiamo esserlo anche un pò noi. Laicamente, spiritualmente, come vogliamo. Nell’interpretare e vivere questo tumultuoso presente storico sociale, un file compresso del secolo breve.
Capì presto fin da bambino di avere un buon talento per la scrittura e che poteva trasformare tutto ciò, in uno strumento per il successo e il denaro.
Collaborò con la “Gazzetta del Popolo” e fu inviato per L’epoca diretto da Tullio Giordana. Tradotto nei cinque continenti, letto di nascosto dalla media borghesia taurinense, benestante è un po’ bigotta.
Si fece eroe della dis-identitá, si direbbe oggi. Uno Zelig del suo tempo, tattico ed efficace, nel suo “fuggire da se” e dai rischi del vivere.
Antifascista temperato, ma talpa dell’Ovra, o almeno così si disse, senza prove certe.
Lo si ritenne delatore di Norberto Bobbio e Massimo Mila, azionisti di prima genesi.Seppe non inimicarsi il regime fascista. Con padre industriale ebreo e madre cattolica, che poco dalla nascita, lo fece battezzare di nascosto. Arrivarono le infami leggi razziali del 1938 a “metterlo con le spalle al muro” e a costringerlo all’errare, come un novello Ahasvero. A divenire magicamente, colui che combattè con Dio e rimase vivo: così significa la parola Israele.
Si convertí in tarda età al cattolicesimo, per amore e non per forza. Così si disse. Ma rimase tutta la vita un disincantato anarco-conservatore. Forse oggi si direbbe un
“eroe del pensiero debole”. La dove possono emergere per contrasto, ‘le verita forti’. Nel rispetto di tutti. In questa terza guerra mondiale a pezzetti.

L’opera omnia di Pitigrilli (al secolo Dino Segre) è pubblicata da Sonzogno (tranne l’ultimo romanzo, del 1974) e comprende una quarantina dí volumi tra romanzi, raccolte di novelle e articoli, memorie, aforismi, un poemetto. Le opere a cui si fa più sovente riferimento in questo saggio (citandole in forma abbreviata) sono: Cocaina, 1921; L’esperimento di Pott, 1929; I vegetariani dell’amore, 1931; Dolicocefala bionda, 1936; Mose e il cavalier Levi, 1948; La meravigliosa avventura, 1948; Lezioni di amore, 1948; Pítigrillí parla di Pítigrilli, 1949; Dizionario antiballistico, 1953.

Aldo Colonna

Metti che le antiche aie diventino teatri

Ritorna a Niella Tanaro “Musica sull’aia”, la rassegna musical-culturale organizzata da “Maestro Società Cooperativa” e da “Pro Niella Tanaro”

Si inizia domenica 3 agosto

Niella Tanaro (Cuneo)

L’edizione di quest’anno sarà la 31^. Organizzata, come sempre, da “Maestro Società Cooperativa” e da “Pro Niella Tanaro Aps”, da domenica 3 agosto ritorna “Musica sull’Aia”, la Rassegna musicale, a carattere culturale, che promuove e diffonde la musica dotta e popolare, portandola direttamente nelle caratteristiche langarole “aie” e nei vecchi “cortili” di Niella Tanaro, ai confini con le colline del Monregalese. Il cammino è lungo, da domenica 3 a martedì 26 agosto, con inizio degli spettacoli sempre alle 21 e sei, in totale, gli eventi programmati.

L’intero programma può essere visionato su www.musicasullaia.it

Il via, si diceva, domenica 3 agosto, , presso “Aia del Castello” (località Borgo). Sul “palco” (si fa per dire) l’Ensemble di voci femminili “Ring Around the Roses” (che nasce in continuità con la lunga storia artistica del “Ring Around Quartet”, per affrontare il repertorio medievale e rinascimentale a voci pari) con lo spettacolo inaugurale “Rosa fragrans”. La direzione musicale è di Vera Marenco.

Giovedì 7 agosto, sarà l’“Aia Beccaria”(località Poggio) ad animarsi con “Oiseaux de passage”, omaggio a Georges Brassens con le sue canzoni tradotte da Fausto Amodei ( il “Brassens sotto la Mole”, padre ispiratore di molti cantautori italiani). Il concerto fa da corona ad un recente omonimo lavoro discografico (“Nota editore”), presentato in anteprima al torinese “Folk Club” nell’aprile 2023 e segna il sodalizio tra il cantautore scrittore e musicista Carlo Pestelli ed il contrabbassista Federico Bagnasco, origini torinesi il primo e genovesi il secondo.

Da non perdere, giovedì 14 agosto, presso “Aia della Cascina Berzide” (località Berzide) “Flow” con Sonia Spinello ed Eugenia Canale. Nata dall’incontro fra la cantante pavese e la pianista novarese, l’esibizione “rappresenta un flusso continuo di suono che sfida le convenzioni e celebra la bellezza dell’improvvisazione”. In questo progetto, fra l’altro, vengono usati strumenti costruiti con materiali di riciclo cui viene data una seconda vita. “Musicisti, pubblico e ambiente si fondono per dare vita ad un suono unico e irripetibile”.

Con il quarto appuntamento, si arriva a domenica 17 agosto, sempre presso “Aia della Cascina Berzide”, dove Luca Falomi(chitarre), Alessandro Turchet (contrabbasso), Max Trabucco (batteria e percussioni), “special guest” Daniele Di Bonaventura(bandoneon) presentano “Naviganti e sognatori”, un disco “che trasporta l’ascoltatore in un viaggio immaginifico dove si sogna e ci si emoziona grazie ad un sound magistrale che darà gioia ai più fini palati audiofili”.

E, quasi in dirittura d’arrivo, giovedì 21 agosto, presso “Aia Borio/Camilla” (località Sant’Anna), è in programma “In fabula” con l’“Oscar del Barba-Ox Trio” composto da Oscar del Barba (pianoforte e composizione), Giacomo Papetti (contrabbasso), Andrea Ruggeri (batteria). La composizione segna un nuovo progetto del trio, ispirato al linguaggio immaginifico delle “Favole” di Esopo e agli archetipi che rappresentano. Jazz, classica e rock sono i riferimenti stilistici primari dei musicisti, ma in questo caso anche la musica popolare e per l’infanzia.

Gran finale, martedì 26 agosto, sempre presso “Aia Borio/Camilla” (località Sant’Anna) con Carlo Aonzo (mandolino) e Luca Zanetti(fisarmonica) in “Tra il classico e il profano – Storie di Famiglia”. Mandolinista di raffinata bravura, concertista e docente al “Conservatorio” di Bari, il savonese Aonzo collabora con tutte le principali orchestre mandolinistiche internazionali. Appassionato ricercatore, nel 2006 fonda e dirige l’“Accademia Internazionale Italiana di Mandolino” e cura la rassegna “Mandolini in Mostra” presso “Cremona Musica Exhibitions & Festival”. Tra le sue collaborazioni più recenti, quella con il leggendario pianista Bruno Canino, con il quale ha appena pubblicato un album incentrato sulle composizioni originali per mandolino e pianoforte di Ludwig van Beethoven.

Concertista di livello internazionale, anche il fisarmonicista e compositore torinese Luca Zanetti. Quanto mai ricco il suo palmarès: negli ultimi anni ha ricevuto l’onorificenza di “fisarmonicista” dell’Associazione “Piemontesi nel Mondo” e la “Stella C.E.A.”della “Comunità Europea” dal “Museo della fisarmonica” di Recoaro Terme. E’ stato anche premiato, sempre a Recoaro Terme, al “Museo internazionale delle impronte dei grandi fisarmonicisti” (fondato per volontà dei maestri Bio Boccosi, Gervasio Marcosignori ed Elio Bertolini) con il “Calco in oro” della sua mano destra.

Per ulteriori info sul programma nel dettaglio: tel. 347/3810902 (Emanuele Rovella) o www.musicasullaia.it . Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.

g.m.

Nelle foto: “Musica sull’Aia” immagine di repertorio e Carlo Aonzo

Al Castello di Rivoli la donazione di due sculture di Aki Inomata

 

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea estende la collezione permanente con due opere dell’artista giapponese Aki Inomata, parte del percorso espositivo della mostra Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura (31 ottobre 2024 – 23 marzo 2025), curata da Francesco Manacorda e Marianna Vecellio per gli spazi della Manica Lunga del Museo.Realizzate nel 2018 e nel 2020, le due sculture in legno di Aki Inomata, How to Carve a Sculpture. Yuzu I e How to Carve a Sculpture. Genie I, esplorano la relazione tra natura e tecnologia, a partire dallo studio del comportamento del castoro eurasiatico. L’ingresso in collezione è stato reso possibile grazie alla donazione dell’imprenditore Hiroyuki Maki, fondatore del programma filantropico anonymous art project.

La forma delle sculture di Inomata ricorda le complesse architetture lignee costruite dal Castor fiber Linnaeus, una particolare specie di castoro diffuso in Eurasia che è solito masticare gli alberi per abbatterli e costruirvi delle dighe. Per la loro realizzazione, l’artista si è affidata allo scultore Takeno Yumi e all’azione di una macchina da taglio automatica (CNC): copie degli alberi rosicchiati dai castori, le sculture esplorano le possibilità umane e artificiali di riproduzione di un oggetto frutto dell’azione animale. Ad accompagnare i due lavori scultorei, documenti e video svelano al pubblico il processo creativo dietro la produzione dell’opera.  Ripensando la definizione di azione scultorea, l’artista suggerisce nuove e inaspettate possibilità di collaborazione e di dialogo con la natura.

Aki Inomata (Tokyo, 1983) vive e lavora a Tokyo. Concentrandosi sull’atto del “creare” come capacità non esclusiva degli esseri umani, Inomata realizza opere d’arte “in collaborazione” con diverse specie, esplorando le relazioni tra animali ed esseri umani e la creazione che ne deriva. Mostre recenti includono Broken Nature, MoMA, New York (2021); AKI INOMATA: Significant Otherness, Towada Art Center, Aomori, Giappone (2019); e Aki Inomata, Why Not Hand Over a “Shelter” to Hermit Crabs?, Musée d’arts de Nantes, Francia (2018). L’artista ha partecipato alla Triennale di Milano (2019) e alla Biennale di Thailandia, Krabi (2018). Le sue opere fanno parte delle collezioni di MoMA, New York; Art Gallery of South Australia, Adelaide SA; e 21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa, Giappone.

 

Foto: sx: Aki Inomata, How to Carve a Sculpture – Yuzu I, 2018
dx: Aki Inomata, How to Carve a Sculpture – Genie I, 2020
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, 2025
Donazione di Hiroyuki Maki. Foto Hayato Wakabayash