CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 17

Rock Jazz e dintorni a Torino: Ligabue e Frankie Hi-nrg Mc

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Al teatro Regio si esibisce Ligabue.

Martedì. Al Jazz Club è di scena Matteo Salvadori.

Mercoledì. Al teatro Colosseo arriva Malika Ayane. Al Jazz Club suonano i Dicks Fall. Al teatro

Concordia si esibisce Anna Pepe. All’Osteria Rabezzana sono di scena i The Last Coat of Pink. Al

Peocio di Trofarello suonano gli Atomic Rooster. Al Blah Blah si esibiscono i Dicks’Fall. Allo Ziggy

sono di scena i San Leo +Makepop.

Giovedì. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone, concerto dal titolo “Cine & Jazz” per un omaggio

ai centenari :Marcello Mastroianni, Marlon Brando, Henry Mancini, con l’Orchestra Magister

Harmoniae e la House Band. Al Blah Blah si esibisce Tony Mezzacarica & I Carusi. All’Hiroshima

Mon Amour arriva il rapper Frankie Hi-nrg Mc. Al teatro Colosseo è di scena Diodato. Al Cafè

Neruda suonano i Mashkatarìa. Al Jazz Club si esibiscono i Dionysian. Alla Divina Commedia

sono di scena gli Acoustik Brothers.

Venerdì. Allo Ziggy suonano i Distruzione + Putridity. Al Blah Blah si esibiscono i Temple Of

Deimos+ Palm In A Forest. Al Magazzino sul Po suonano gli Stormo. Per 3 giorni consecutivi

i Pink Floyd Legend Week, ripropongono gli album di maggior successo dei “mitici” Pink Floyd

al teatro Colosseo. Al Capolinea 8 suona il Cantabile Trio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone,

concerto dal titolo “Il Cielo è pieno di stelle”, tributo a Pino Daniele eseguito dal duo Mazzariello-

Bosso. Al Jazz Club suona la Terry Blues Band.

Sabato. Allo Ziggy suonano i Fuori Controllo + Redmoon Heroes. Al Blah Blah sono di scena i

La Crisi+Pigro. Al Folk Club si esibisce il quintetto di Stefano Dall’Armellina. Al Capolinea 8

concerto tributo a Chet Baker con il quartetto di Felice Reggio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie

Limone, suona Albert Hera & Friends con la partecipazione di The Singers Choir. Al Jazz Club

si esibisce la Project Band.

Domenica. Chiusura di Moncalieri Jazz all’auditorium Toscanini, di Torino con lo spettacolo dal titolo

100 anni della radio” con l’Orchestra Rai diretta da Steven Mercurio, con la partecipazione

straordinaria di Tosca. Al Blah Blah suonano gli Spiritual Deception+ Chasing People. Allo Ziggy

sono di scena gli Hibaku Jumoku. Al Jazz Club si esibiscono i Plastic Fingers.

Pier Luigi Fuggetta

Cento anni fa nasceva Ugo Buzzolan

Cento anni fa nasceva Ugo Buzzolan, il più autorevole critico televisivo italiano. Generazioni di torinesi, e non solo, lo ricorderanno di certo, firmava la sua rubrica su “La Stampa” con una sigla divenuta celebre: ” u.bz.”. Inventore di un genere nuovo, destinato ad avere grande fortuna, viveva la sua funzione di critico quasi come una missione: puntuale, attento, acuto, nemico di ogni eccesso, si impose come il più onesto ed il più temuto dei cronisti televisivi.

Buzzolan portò avanti  numerose battaglie, denunciando già allora le straripanti interruzioni pubblicitarie, l’emarginazione del teatro in tv, la scomparsa degli spazi per le proposte culturali, dalla musica ai libri, e si faceva sovente portavoce di tutti i suoi lettori che per per anni non riuscirono a vedere la terza rete della Rai perché il segnale era irrangiungibile. Sapeva essere pungente ma sempre con garbo: su “La Stampa”, nel 1980, Ugo Buzzolan parlando dello sceneggiato televisivo italiano, osservava che ” abbiamo il primato assoluto delle riduzioni dei romanzi dell’Ottocento. I magazzini della Tv traboccano di tube, crinoline, cuffie e mustacchi, di lumi a petrolio, di occhialini e carrozze”.

Proprio lui che era stato il più innovativo già ai tempi della televisione sperimentale con i primi “originali televisivi”, opere scritte appositamente per il piccolo schermo, trasmesse dalla Rai ancora prima dell’annuncio ufficiale del gennaio 1954. Per il Centenario della sua nascita, mercoledì 13 novembre, alla Mediateca Rai di Torino, al Palazzo della Radio di via Verdi, verrà ricordato dai figli Arturo, Angelica e Dario con la visione di “Eravamo giovani”, un originale televisivo del 1955, dove tra l’altro, oltre a Antonella Lualdi e Franco Interlenghi, recita anche una giovane attrice, Cecilia Ciaffi, la moglie di Buzzolan.

Igino Macagno

“Sta cosa del jazz” tutti i venerdì al Circolino

Dopo il successo di Flashback Habitat torna la rassegna musicale  in corso Giovanni Lanza 75

 

Dopo il successo di Flashback Art Fair, gli spazi di corso Giovanni Lanza 75 non restano inanimati e l’avventura di Flashback Habitat prosegue con la sua programmazione. Dal giovedì alla domenica si potranno vedere le mostre allestite e partecipare agli incontri culturali organizzati a Il Circolino, lo spazio ricreativo di Flashback.

Tutti i venerdì alle ore 21 torna la rassegna “Sta cosa del jazz”.

Dopo l’inaugurazione venerdì 8 novembre con gli Only Pleasure, venerdì 15 novembre sarà la volta del gipsy jazz e delle sonorità manouche dei 20 strings con Alberto Palazzi e Mauri Mazzeo alle chitarre, Andrea Garombo al contrabbasso e Roberto Cannillo alla fisarmonica

Nuovi orari Flashback Habitat

Parco il Circolino

Giov. 18.00-00.00

Ven, sab, dom: 11.00, 00.00

Analogo orario per le mostre.

 

Mara Martellotta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: L’Italia Paese sicuro? – La “lupa” Bonino e Francesco – Lettere

L’Italia Paese sicuro?
Questa definizione di Paese sicuro o insicuro che viene usata per i migranti  potrebbe essere facilmente adattata anche per l’Italia o almeno per tante zone del Nord e del Sud. La insicurezza percepita da tanti italiani nelle grandi città non è un’ invenzione della propaganda. In effetti l’eredità ricevuta dai Governi precedenti e la scarsa efficienza dell’attuale Governo  hanno creato un disagio evidente, causato da immigrati nulla facenti sempre più prepotenti e aggressivi e da una delinquenza autoctona che si manifesta con ammazzamenti, furti, rapine sempre più eclatanti e numerose. Le zone circostanti delle grandi stazioni sono oggi a rischio: al minimo può capitare un borseggio. In certe ore le città sono preda esclusiva  della teppaglia italiana e/o straniera  e i cittadini sono costretti a rintanarsi in casa per tutelare se’ stessi . Chi può compra antifurti sempre più sofisticati per cercare di tutelarsi. I tempi della serratura contro la chiave bulgara sono trapassati. Ovviamente andrebbero anche aggiunti reati come l’occupazione di case e reati contro le persone per futili motivi. Anche molte realtà famigliari sono funestate da omicidi che appaiono a volte del tutto improvvisi e immotivati, come se essi fossero frutto di improvvisi impazzimenti. Dall’insieme si deduce un clima generale che provoca ansia sociale e individuale di grado elevato. Gli ansiolitici registrano consumi mai toccati prima non solo per problemi personali o di coppia. Chi può permetterselo, viaggia in taxi. Gli slogan  e gli anatemi di  Salvini non restituiscono tranquillità sociale, ma accrescono le divisioni e moltiplicano le tensioni. Se aggiungiamo le gravi preoccupazioni che creano ampi settori dell’economia e della produzione abbiamo una fotografia allarmante che forse  consiglierebbe a noi italiani di trasferirci da altre parti, ammesso che, visti da vicino, ci siano Paesi più sicuri. Anche noi emigranti? Non è un’ipotesi, sia pure un po’ paradossale, da scartare a priori. Occorre una classe politica capace che non si improvvisa  e che a ben guardare , non esiste neppure in Francia, ne’ in Germania e neppure in Spagna.
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La “lupa” Bonino e Francesco
La visita a Emma Bonino da parte di Papa Francesco fa quasi pensare al santo di Assisi che ammansì il lupo di Gubbio, se pensiamo che l’aborto è stato definito recentemente  omicidio e i medici che lo praticano   sono stati considerati dal Papa “sicari”. La Bonino ha il primato assoluto in tema di aborto sul quale è stata costruita la sua carriera politica. Il Papa vuole dare un esempio di bontà e di perdono , quasi di affetto verso la Bonino a cui porta fiori e cioccolatini quasi  come ad una innamorata. Ho conosciuto la Bonino in qualche occasione anche come Ministro degli Esteri. Una volta ho cenato con lei senza riuscire a stabilire se non un algido rapporto molto convenzionale. Mi sembrò molto fredda e distaccata e forse io le diedi l’impressione di un disincantato intellettuale fuori dal coro. Ero amico di Pannella e il rapporto tra i due leader si stava già incrinando. Per altro, io sono stato sempre distante dalle sue idee, che ritengo modeste e rimaste, malgrado i tanti  viaggi, sempre un po’ provinciali. Adesso Francesco ha quasi beatificato la “lupa di Bra” che, malgrado un cancro al polmone, continua a fumare come una turca,  come si diceva a Bra. Viene  comunque fuori una grande lezione di amore cristiano verso chi la pensa diversamente su temi fortemente divisivi, anche se su migranti e carcerati i due la pensano allo stesso modo. Sarebbe impensabile un Papa Wojtyla che va a far visita alla Bonino, portando fiori e gianduiotti. Ha sicuramente ragione Bergoglio nelle sue aperture che smorzano le dure parole sull’aborto e soprattutto sui “medici sicari”. Anche il vetero anticlericalismo della Bonino sembra essersi dissolto anche se non siamo in vista di una conversione . Sono gesti che possono  creare turbamenti in parte dei credenti, ma già il Cardinale Federico Borromeo fu molto “inclusivo”, si direbbe oggi con parola “follemente corretta” ( Ricolfi ), nei confronti dell’Innominato.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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Il Liceo Segré
Sono stata allieva del liceo Segre’  di Torino che in passato era il secondo liceo scientifico di Torino dopo il Galileo Ferraris. Ho dei ricordi contrastanti  sui professori e sui presidi. È una scuola che non mi è piaciuta. Lei ha ricordato il prof. Ottaviano, salesiano e docente di religione. Avevo un professore di lettere che andò in gita scolastica a Praga ed ebbe un’esperienza boccaccesca perché venne lasciato senza abiti e soldi. Una avventura che lo rese ridicolo.  Ricordo il preside Renato Taricco, un gentiluomo. Ha dei ricordi, lei che è uno storico della scuola torinese?    L. Lo Cicero
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Ogni scuola ha le sue luci e le sue ombre. Nessuna scuola è perfetta. E presidi e professori sono anche fallaci. Quel professore dell’avventura erotica a Praga fece il giro, ma i giornalisti ebbero pietà di lui marito fedifrago e amante derubato anche delle mutande. Ho conosciuto alcuni docenti, ma di nessuno non mai avuto una grande considerazione forse se eccettuo il prof. Gallino e  la germanista Tiziana Conti.  Ho conosciuto ed apprezzato i presidi Taricco, Rinaldi, Merlisenna, di cui divenni amico, tutti e tre degni di ricordo ed elogio.  L’unico che considerai non adeguato è stato un preside non vedente che abbandonò la scuola al caos,  non potendo sovrintendere di persona alla conduzione del liceo. Era incapace di decidere: un disastro. Ma nessuno protestò  per motivi non tanto di solidarietà ma di una mentalità politicamente corretta ante litteram.
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Gastronomie addio
A Torino sono scomparse le salumerie che erano un fiore all’occhiello della città, come è ancora così nella mia amata Bologna. A Torino  ci sono solo più  supermercati e Eataly. Che tristezza!  Giorgia Lissone Campanini
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È  proprio così. Torino, anche in questo settore, ha perso le sue  eccellenze. Rosaschino, Musso, Steffanone,  Castagno hanno chiuso da tempo.
E’ rimasto solo il grande Baudracco, l’artaiur del vecchio Piemonte, più gastronomo che salumiere. Una delle ultime buone  salumerie è quella dello storico gastronomo Bonelli, premio di alta gastronomia “Mario Soldati”. I supermercati hanno vinto. L’unico che conserva un po’ di stile gastronomico è  l’Esselunga  che ha mantenuto alto il nome del fondatore Caprotti. A contribuire a mettere in ginocchio i negozi è  stata anche  Eataly di Farinetti nata  sull’onda del profeta e vate Petrini. Eataly ebbe  i locali gratis del Comune, un privilegio assurdo per un’impresa commerciale enograstronomica a prezzi sempre molto alti, al di là della pubblicità. Farinetti che fa anche politica, è anni luce diverso rispetto a Rosaschino che aveva una boutique della bontà fatta con vera arte. Oggi a Torino non si trova più un salame ungherese originale.  Rimane inalterato solo  il  prestigio di Borgiattino, il re dei formaggi di alta qualità. In passato c’erano tre negozi  di Borgiattino, ora uno solo, ma la qualità  e la varietà sono rimaste  tal quali. Un equivalente di Pech, il negozio di salumeria di eccellenza da oltre 140 anni  a Milano, non c’è più da troppi anni. Forse a Torino non c’è mai stato. Anche la Fiat era molto meno dell’Alfa Romeo.

Al San Giuseppe il convegno del “Pannunzio” su Giovanni Gentile

Lunedì 11 novembre alle ore 15 al Collegio San Giuseppe (via San Francesco da Paola, 23) il Centro “Pannunzio” organizza un Convegno dal titolo “Giovanni Gentile: delitto politico o giustizia partigiana?” a 80 anni dall’assassinio del filosofo, a cui parteciperanno gli studiosi Hervé A. Cavallera, Carla Sodini, Valter Vecellio, Gianni Oliva, Pier Giuseppe Monateri, Nino Boeti, Luciano Boccalatte, Maria Grazia Imarisio e Giuseppe Parlato. Con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Piemonte, del Consiglio regionale del Piemonte, della Città metropolitana di Torino, del Comune di Torino. Ingresso libero.

Castello di Miradolo, Storie e storielle per futuri re e regine 

Domenica 10 novembre

 

Lettura nel Castello per bambini e visita guidata al parco storico tra i colori d‘autunno

 

 

Domenica 10 novembre alle ore 10.30 è in programma al Castello di Miradolo una mattinata incantata e avventurosa con “Storie e storielle per futuri re e regine”, dove i bambini potranno immergersi in un mondo di fiabe e racconti magici. Un evento speciale dedicato ai piccoli sognatori di età compresa tra i 2 e i 5 anni, che desiderano esplorare regni fantastici e incontrare personaggi straordinari. L’appuntamento, a cura di Fondazione Cosso, è all’interno della rassegna “Di Festa Teatrando 2024” di Nonsoloteatro.

Alle ore 15, con “La magia del foliage” e la guida di Emanuela Durand, naturalista e guida escursionistica, si scopriranno gli alberi centenari del parco e i ritmi biologici delle piante, osservando i cambiamenti che sopraggiungono nel giardino in queste settimane con l’avvento dei primi freddi e la preparazione al lungo inverno. Le foglie seccano e lentamente si tingono d’oro, di rosso e di arancione, come per mano di un abile pittore. Il giardino appare in una veste davvero insolita e affascinante.

INFO

Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (TO)

Domenica 10 novembre, ore 10.30

Lettura nel Castello per bambini

Storie e storielle per futuri re e regine

Età: 2 – 5 anni

Costo: 6 euro a partecipante, per gli accompagnatori biglietto di ingresso alla mostra

Domenica 10 novembre, ore 15

La magia del foliage

Costo: 6 euro a partecipante + biglietto di ingresso al parco

Biglietti:

MOSTRA: 15 € intero mostra + parco, 12 € ridotto gruppi, convenzioni e over 65, 10 € 12-26 anni, studenti universitari | PARCO: 6 € intero parco, 4 € ridotto scuole, PineCult

Gratuito: bambini 0-11 anni, Disability card e accompagnatore, Passaporto culturale, Tessera Abbonamento Musei

Giorni e orari di apertura:

Sabato, domenica e lunedì ore 10-18.30

Informazioni: 0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it

www.fondazionecosso.com

Torino tra architettura e pittura. Felice Casorati

Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7  I Sei di Torino
8  Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)

 

6) Felice Casorati (1883-1963)

Lungi da me sostenere che esistono periodi artistici di facile e immediata comprensione, ogni filone, ogni movimento e ogni tipologia d’arte necessita di un’analisi approfondita per penetrarne il senso, tuttavia mi sento di affermare che da una certa fase storica in poi le cose sembrano complicarsi.

Mi spiego meglio: siamo abituati a considerare “belle opere” le architetture classiche, così come le imponenti cattedrali gotiche o ancora i capolavori rinascimentali e gli spettacolari chiaroscuri barocchi; il comune approccio alla materia rimane positivo ancora per tutto il Settecento, ma poi, piano piano, con l’Ottocento le questioni si fanno difficili e lo studio della storia dell’arte inizia a divenire ostico. I messaggi di cui gli artisti sono portavoce diventano maggiormente complessi, entrano in gioco le rappresentazioni degli stati d’animo dell’uomo, del suo inconscio, si parla del rapporto con la natura e d’improvviso l’arte non è più quel “locus amoenus” rassicurante a cui ci eravamo abituati. La sensazione di spiazzante spaesamento raggiunge il suo apice con le opere novecentesche, le due guerre dilaniano l’animo degli individui e la violenza del secolo breve si concretizza in dipinti paurosi che di “bello” non hanno granché. I miei studenti, giunti a questo punto del programma, sono soliti lamentarsi e addirittura dichiarano che “potevano farli anche loro quei quadri” o che “sono lavori veramente brutti” e ci vuole sempre un lungo preambolo esplicativo prima di convincerli a seguire la lezione senza eccessivo scetticismo.
Nel presente articolo vorrei soffermarmi su di un autore che si inserisce nel difficile contesto del Novecento, un autore le cui opere sono cariche di inquietudine e rappresentano per lo più immote figure silenziose, come imprigionate in atemporali visioni oniriche.  Sto parlando di Felice Casorati, uno dei protagonisti indiscussi della scena novecentesca italiana, attivo a Torino, dove si circonda di ferventi artisti volenterosi di proseguire i suoi insegnamenti.


Ma andiamo per ordine e, come mi piace sempre ribadire in classe, “contestualizziamo” l’artista, ossia inseriamo l’artista in un “contesto” storico-culturale ben determinato per meglio definire il senso e il portato dell’opera.
Nei primi anni Venti del Novecento, grazie all’iniziativa della critica d’arte Margherita Sarfatti, si costituisce il cosiddetto gruppo del “Novecento”, di cui fanno parte sette artisti in realtà molto differenti tra loro: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi. Le differenze stilistiche sono più che evidenti poiché alcuni sono esponenti vicini al Futurismo, altri invece si dimostrano orientati verso un ritorno all’ordine, altri ancora hanno contatti con la cultura mitteleuropea. La definizione di “Novecento”, con cui tali pittori sono soliti presentarsi, allude all’ambizione di farsi protagonisti di un’epoca, di esserne l’espressione significativa. Il gruppo si presenta alla Biennale di Venezia del 1924 come “Sei pittori del Novecento”(Oppi presenzia all’avvenimento con una personale). L’esposizione viene felicemente acclamata dalla critica, tanto che, sulla scia del successo ottenuto a Venezia, la Sarfatti si impegna ad organizzare in maniera più incisiva il movimento, quasi con l’intento di trasformarlo in una “scuola”. I risultati si manifestano chiaramente: nel 1926 al Palazzo della Permanente di Milano viene organizzata un’esposizione con ben centodieci partecipanti. Il movimento “Novecento” si è ormai allargato tanto da comprendere gran parte della pittura italiana: fanno parte della cerchia quasi tutti gli artisti del momento, da Carrà a De Chirico, da Morandi a Depero, da Russolo allo stesso Casorati.  Tra i soggetti prediletti rientrano la figura umana, la natura morta e il paesaggio. Presupposti comuni sono il totale rifiuto del modernismo e un continuo riferimento alla tradizione nazionale, soprattutto a modelli trecenteschi e rinascimentali.

Con il passare degli anni il gruppo si fa sempre più numeroso e l’organizzazione del movimento si trasforma, la direzione delle iniziative artistiche ricade anche nelle mani di artisti di prima formazione quali Funi, Marussing e Sironi, insieme a personalità conosciute come lo scultore Arnolfo Wildt e i pittori Arturo Tosi e Alberto Salietti. Diventano via via numerosi i contatti con centri espositivi internazionali; alcuni artisti italiani trasferitisi all’estero si fanno appassionati organizzatori di “mostre novecentesche”, come dimostra ad esempio l’iniziativa di Alberto Sartoris, architetto torinese residente in Svizzera, il quale si occupa di organizzare nel paese di residenza un’ampia esposizione artistica del gruppo. Nel 1930, addirittura, il “Novecento” espone a Buenos Aires, avvenimento doppiamente importante, poiché grazie a tale iniziativa la critica Sarfatti riesce a ricapitolare nel catalogo della mostra le molteplici tappe del movimento. Espongono in Argentina ben quarantasei artisti, tra cui Casorati, De Chirico e Morandi.

 


Come è evidente, l’eterogeneità del gruppo manca di direttive e connotati chiari e univoci. Il tedesco Franz Roth conia appositamente per gli artisti di “Novecento” l’espressione “realismo magico”, che indica una rappresentazione realistica –domestica, familiare- ma al tempo stesso sospesa, estatica, come allucinata. Esemplificativo per esplicitare tale concetto è il dipinto di Antonio Donghi, “Figura di donna”, opera in cui domina una straniante immobilità incantata, la scena è immobile e l’osservatore percepisce che nulla sta per accadere e nulla è accaduto precedentemente.
Ed ecco che di “realismo magico” si può parlare anche per Felice Casorati (1883-1963), artista attivo nella prima metà del Novecento e docente di Pittura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
Egli nasce a Novara, il 4 dicembre del 1883; il lavoro del padre, che è un militare, comporta che la famiglia si sposti spesso. Felice trascorre l’infanzia e l’adolescenza tra Milano, Reggio Emilia e Sassari, infine la famiglia si stabilisce a Padova, dove il ragazzo porta avanti la sua formazione liceale. A diciotto anni inizia a soffrire di nevrosi, ed è costretto a ritirarsi per un po’ sui Colli Euganei; proprio in questo periodo, Felice inizia a dedicarsi alla pittura. A ventiquattro anni -siamo nel 1907- si laurea in Giurisprudenza, ma decide di non proseguire su quel percorso, per dedicarsi all’arte, nello stesso anno parte per Napoli per studiare le opere di Pieter Brueghel il Vecchio, esposte presso il Museo Nazionale di Capodimonte.


Nel 1915, si arruola volontario nella Prima Guerra Mondiale, lo stesso fanno molti suoi contemporanei come Mario Sironi, Achille Funi Filippo Tommaso Marinetti, Carlo Carrà, Gino Severini, Luigi Russolo e Umberto Boccioni.
Nel 1917, dopo la morte del padre, Felice si trasferisce a Torino, dove attorno a lui si riuniscono artisti e intellettuali della città. Tra questi vi è Daphne Maugham, che diventerà sua moglie nel 1930 e dalla quale avrà il figlio Francesco, anche lui futuro pittore.
Casorati a Torino ha molti allievi nella sua scuola e presso il corso di Pittura dell’Accademia Albertina. Gli artisti più noti legati al suo insegnamento sono riuniti nel gruppo “I sei di Torino”, tra questi Francesco Menzio, Carlo Levi, Gigi Chessa e Jessie Boswell.
La sua ascesa artistica è sostenuta da diverse amicizie, tra cui il critico d’arte Lionello Venturi, la critica milanese Margherita Sarfatti, gli artisti di Ca’ Pesaro, il mecenate Riccardo Gualino e l’artista di Torinese Gigi Chessa insieme al quale partecipa al recupero del Teatro di Torino.
L’artista non lascerà più il capoluogo piemontese, e qui morirà il 1 marzo del 1963 in seguito ad un’embolia.
L’autore è da considerarsi “isolato”, con un proprio personalissimo percorso, pur tuttavia incrociando talvolta le proprie idee con altre ricerche artistiche di gruppi o movimenti a lui contemporanei.
Secondo alcuni critici, le opere di Casorati sono intrise di intimità religiosa. Lo stile pittorico dell’autore si modifica nel tempo, i primi lavori sono infatti decisamente realistici e visibilmente ispirati alle opere della Secessione Viennese; negli stessi anni si può notare l’influenza di Gustav Klimt, che porta Felice ad abbracciare per un breve periodo l’estetica simbolista. L’influsso klimtiano è particolarmente evidente in un’opera del 1912, “Il sogno del melograno”, in cui una donna giace dormiente su un prato fiorito. Il prato intorno alla fanciulla è cosparso di una moltitudine di fiori di specie differenti, mentre dall’alto pendono dei grossi grappoli di uva nera. I riferimenti all’artista viennese sono concentrati nella figura della ragazza, con chiari rimandi ai decorativismi delle “donne-gioiello” protagoniste di raffigurazioni quali “Giuditta” (1901), “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”(1907) o il celeberrimo “ll bacio” (1907-08).
La figura del soggetto ricorda inoltre le opere preraffaellite, nello specifico l’ “Ofelia” di Sir John Everett Millais.


Negli elaborati degli inizi del Novecento, invece, sono evidenti i riferimenti a capolavori italiani del Trecento e del Quattrocento; nello stesso periodo l’autore si concentra su una generale semplificazione del linguaggio e sullo studio di figure sintetiche. Intorno agli anni Venti del secolo scorso impronta il suo stile a una grande concisione lineare, anche se è nel primo dopo-guerra che egli definisce il suo stile peculiare, caratterizzato da figure immobili, assorte, rigorosamente geometriche, quasi sempre illuminate da una luce fredda e intensa. Appartengono a questi anni alcuni dei suoi capolavori, come “Conversazione platonica” o “Ritratto di Silvana Cenni”. Per quest’ultima opera Casorati si rifà al celebre capolavoro rinascimentale “Sacra Conversazione” di Piero della Francesca, di cui riprende l’atmosfera sospesa, quasi metafisica, ottenuta grazie alla rigidità con cui Felice ritrae la donna  –seduta, assorta e immobile-  alla resa scenografica del paesaggio e alla fittizia disposizione degli oggetti all’interno della stanza. Le figure di Casorati sono volumetriche, solide e immote, come pietrificate, l’artista ne esalta i valori plastici grazie al sapiente uso del colore tonale. Nelle ultime tele, le fanciulle ritratte risulteranno quasi geometrizzate, esito di una notevole sintesi formale.
L’illuminazione risulta artificiale e per nulla realistica, effetto sottolineato dal fatto che Casorati non mostra quasi mai il punto di provenienza della luce; il risultato finale è quello di un mondo sospeso, raggelato e senza tempo.
Negli anni Trenta Casorati si dedica a dipingere nature morte con scodelle o uova, soggetti che ben si prestano ad interpretare il suo linguaggio plastico semplificato; egli esegue inoltri diversi nudi femminili in ambienti spogli e alcune tele che presentano disturbanti maschere, tema a lui già caro, come testimonia l’opera “Maschere” del 1921.
Davanti ai lavori di Felice Casorati non possiamo che rimanere attoniti e pensosi, intrappolati nel suo mondo metafisico.
L’arte è così, lo vedo con i miei studenti, non finisce mai di metterci alla prova, continua a incentivare pensieri e confronti e per quanto possa essere “lontano da noi” essa è capace di stimolare discussioni su tematiche sempre inesorabilmente e meravigliosamente attuali.

Alessia Cagnotto 

Pio Carlo Barola, percorso di un artista

La rassegna antologica, nel castello di Casale Monferrato, è uno splendido omaggio all’intero percorso artistico di Pio Carlo Barola, pittore e incisore con all’attivo prestigiose esposizioni accompagnate da entusiastiche recensioni di importanti critici tra cui Albino Galvano, Raffaele de Grada, Angelo Dragone oltre a incisori famosi quali Remo Wolf, Andrea Disertori e Francesco Tabusso.

Con originalità e stile personale Barola è riuscito, affidandosi ad una tecnica sperimentata di linea e colore, a conciliare molteplici suggestioni dell’arte del passato con le avanguardie storiche e le provocazioni dell’arte contemporanea. Avvolte in un sottile divertimento, che a sua volta Albino Galvano definì “scanzonato”, si armonizzano tra loro linee liberty avvolgenti e decorative accanto allo svettante dinamismo futurista, colori fauves accanto a chiaroscuri luministici come nella trasposizione del “S.Girolamo” di Caravaggio trasferito ai giorni nostri con un pacchetto di sigarette e un orologio al polso a simbolo di memento mori. Interessante anche il dipinto “omaggio a Zurbaran”, a cui toglie sacralità e misticismo secentesco risolvendolo nel clima novecentesco del realismo magico.

Da rilevare il suo grande impegno come organizzatore, insieme ad Antonio Barbato e a Gianpaolo Cavalli, riguardo la Biennale di grafica ed ex libris che da tempo si svolge con successo nella sala Chagall del castello Paleologo di Casale Monferrato.

Giuliana Romano Bussola

Emanuele Luzzati tra Fiaba e Fantasia

 

Nelle sale di “Palazzo Salmatoris” a Cherasco, si ricorda, con un’esaustiva retrospettiva, l’eclettico artista genovese

Dal 9 novembre al 23 febbraio 2025

Cherasco (Cuneo)

Di fronte alle oltre 80 opere a firma di Emanuele Luzzati, presentate da sabato 9 novembre a domenica 23 febbraio 2025 nel seicentesco “Palazzo Salmatoris” di Cherasco (Cuneo), i torinesi, soprattutto, non potranno non andare subito, con occhi cuore e memoria, al magico fiabesco “Presepe” – abitato dai Santi, dagli Angeli e dai personaggi della tradizione mescolati a colorati vivaci protagonisti delle fiabe, dipinti su tavole di legno e adornati con pezzi di stoffa – che dal 1997 (fu allora la prima delle “Luci d’Artista” volute dall’indimenticato assessore comunale alla “Cultura”, Fiorenzo Alfieri) inaugura le subalpine feste natalizie in alcuni delle più iconiche location della Città, a partire, solo per citarne alcune, dal “Giardino Sambuy” di piazza Carlo Felice fino al “Borgo Medievale” e agli interni ed esterni del “Teatro Regio” in piazza Castello, dopo aver traslocato per un anno nella Capitale.

Luzzati, dunque, e il suo magnifico, unico e fantastico, “Presepe”. Ma Emanuele (Lele) Luzzati, nato nel 1921 in “quella Genova – scriveva – dove si entra dai tetti delle case … labirintica come un bosco, la mia migliore musa” e a Genova scomparso, nel 2007, fra le mura di quella casa di via Caffaro dove ha abitato quasi tutta la vita, è stato nel mondo dell’arte tante e tante e tante altre “cose”. Così tante da rendere comprensibilmente non poco impegnativo e faticoso un adeguato allestimento espositivo come quello realizzata dalla Città di Cherascoin collaboborazione con l’“Associazione Cherasco Eventi”, sotto la curatela di Cinzia Tesio e Rino Tacchella. Artista in ogni settore dell’arte applicata e fedele “portatore sano” di uno stile personalissimo, “solo apparentemente ‘bambinesco’ – si è scritto – ma partecipe di una cultura figurativa vastissima” (in cui possono ravvisarsi riferimenti al surrealismo di Ghagall o al “Cavaliere Azzurro” di Kandinsky fino alla coinvolgente emozionalità di certo “espressionismo tedesco”), Luzzati, attraverso tecniche le più diverse (dalla terracotta allo smalto, dall’intreccio di lane per arazzi all’incisione su supporti vari, fino ai collage di carte e tessuti), è stato infatti un abile scenografo e costumista teatrale (più di 500 le scenografie realizzate per Prosa, Lirica e Danza nei principali teatri italiani e stranieri), ha illustrato libri per bambini (fra cui le “Fiabe Italiane” di Calvino) e storie per adulti, con regolarità ha prodotto opere in ceramica, sculture e pannelli di grandi dimensioni, ha progettato e prodotto film d’animazione (fra cui “La Gazza Ladra” e “Pulcinella” che gli valsero due nominations agli “Oscar”), ha progettato e decorato interni di case e chiese, ha reinventato graficamente i “mezzari” genovesi, fino a ridisegnare giocosi parchi per bimbi e adulti.

Infinito dunque il materiale a disposizione – proveniente da Collezioni private, dal “Centro Studi Teatro Stabile” di Torino e dalle Gallerie “Il Bostrico” di Albisola e “Il Vicolo” di Genova – che ha indotto gli organizzatori dell’attuale retrospettiva cheraschese ad articolare lo spazio espositivo in tre sezioni tematiche.

La prima dedicata a “ceramica” e scultura” dove sono raccolti dipinti su ceramica e sculture ritagliate nel legno o plasmate con l’argilla o, ancora, vasi inutilizzabili perché bucati con porte o finestre da cui si affacciano i suoi personaggi. A seguire, la sezione dedicata al “teatro”, con progetti di scenografie, costumi dei personaggi disegnati a pastello o costruiti a collage e alcuni esempi di “manifesti” teatrali, come quello realizzato per lo “Stabile” di Torino, datato ’63 e annunciante la messa in scena de “Il bugiardo” di Goldoni. Terza sezione, infine, le “illustrazioni dei libri”,  quasi tutte eseguite con la tecnica del collage utilizzata per l’abbigliamento dei personaggi, mentre gli arti e i volti, estremamente espressivi, sono realizzati con pastelli a cera. In questa sezione, si potranno anche ammirare i “lavori grafici” realizzati con la “tecnica dell’acquaforte” che hanno come caratteristica la lastra non quadrata o rettangolare, ma ritagliata secondo il profilo del personaggio.

Ovunque, e in ogni modo, “racconti” mandati, mano nella mano, con “sogni” improbabili e un’infinita, poetica “fantasia”. A comporli quel “surrealismo dei padri del surrealismo”, come scriveva su “L’Unità” (22 aprile 1979) Edoardo Sanguineti. Racconti, eh sì, perché “la memoria – scriveva Luzzati – è una cosa fredda. Il racconto invece è caldo: è tutta la vita che racconto, io che sono così avaro di parole”.

Gianni Milani

“Emanuele Luzzati tra Fiaba e Fantasia”

Palazzo Salmatoris, via Vittorio Emanuele 31, Cherasco (Cuneo); tel. 0172/427050

Fino al 23 febbraio 2025

Orari:dal merc. al ven. 14,30/18,30; sab. dom. e festivi 9,30/12,30 e 14,30/18,30

Nelle foto: Emanuele Luzzati “Il viaggio (verso il Castello), pastelli su cera, 1997; “Pinocchio e la Fata Turchina”, pastelli a cera su carta, anni ’80; “La casa con sette persone”, scultura in ceramica, 1968; “Il bugiardo”, manifesto originale, 1963

“Interferenze” nello storico Teatro di Barriera

Al via a Torino la stagione teatrale allo “Spazio Kairòs”, nell’ex fabbrica tra “Aurora” e “Barriera di Milano”

Dal 9 novembre

In scena il Collettivo napoletano di “Generazione Disagio”, con il trio Luca Mammoli, Enrico Pittaluga e Graziano Siressi, impegnati nella commedia “Art” scritta dalla drammaturga francese (e tradotta in circa trenta lingue) Yasmina Reza. Si apre, sabato 9 novembre, con questa pièce “crudele e divertente sull’amicizia”, la nuova stagione teatrale, dal titolo “Interferenze”, organizzata dalla Compagnia torinese “Onda Larsen” (con il contributo di “Fondazione CRT”, “Compagnia di San Paolo” e “Regione Piemonte”)  allo “Spazio Kairòs”, ex fabbrica convertita in teatro, situata in via Mottalciata 7, tra “Barriera di Milano” ed “Aurora”. “Interferenze”, perché questo titolo?  “Abbiamo chiamato così la nostra stagione – spiega Riccardo De Leo, vicepresidente di ‘Onda Larsen’ – perché vogliamo distinguerci come qualcosa di positivo che va a interferire, appunto, nella routine quotidiana delle persone. L’interferenza è vista come un cambiamento positivo che spezza i meccanismi di tutti i giorni, una bellezza inaspettata che coinvolge tutti, dai bambini agli adulti. Ma l’interferenza è intesa anche come sovrapposizione, perché noi entriamo nelle vite delle persone grazie al teatro e, senza accorgercene, creiamo bellezza, tutti insieme. Questa è una stagione diversa dalle altre con proposte inaspettate.

La rassegna di quest’anno, infatti, proporrà, fino a sabato 10 maggio, ben 15 titoli di qualità, mescolando monologhi e commedie, testi sull’attualità e spettacoli musicali. Una  stagione che è frutto di una ricerca di spettacoli provenienti da tante regioni italiane con particolare attenzione, laddove possibile, a ospitare “Compagnie” che promuovano spettacoli innovativi, con linguaggi attuali e alte capacità di intrattenimento. Genova,Parma, Cagliari, Modena, Livorno, Roma, Trento eBrescia: queste sono le città da cui arriva il settanta per cento delle “Compagnie” coinvolte, attraverso una scelta fatta mediante lunghe selezioni e in prima persona, cercando spettacoli in linea con l’idea di “Interferenza” di “Onda Larsen”.

Due le anteprime nazionali, “Tekken drama”per adulti e “Animal perfezione?” per i bambini. “Abbiamo poi riproposto – spiega Lia Tomatis di ‘Onda Larsen’ – un ‘format’ molto inclusivo della scorsa stagione che è unospettacolo ‘al buio’ dove viene presentato un grande classico del teatro per una capienza ridotta di spettatori che possono assistere bendati alla ‘performance’. La sensibilizzazione su un tema così delicato è un argomento che ci sta molto a cuore ma che esalta soprattutto un grande classico diShakespeare attraverso una compagnia giovane, ‘under 35’. In questo caso parliamo davvero di innovazione e tradizione. L’interferenza sta in ciò che non si vede. Naturalmente, nel ricco programma in agenda, non mancherà “Onda Larsen” con le sue produzioni “Resti Umani”, “Io, me e Lupin” e “Il sogno di Bottom”.

Ultimo aspetto: i “Generi”. “Ospitiamo – continua Tomatis – dal drammatico alla commedia, passando per la ‘stand up comedy’ e chiudendo con i ‘Moderni’, il concerto di una ‘band’ rinomata del torinese composta da artisti che hanno avuto anche un piccolo successo nazionale grazie ad ‘X Factor’”. Insomma “abbiamo cercato di spaziare su tutto per non avere etichette precise ma solo dare la certezza che a ‘Spazio Kairòs’ il tempo sarà sempre ben speso perché come dice il nome, Kairòs, la nostra è la casa del tempo di qualità.

Per info sul programma dettagliato: tel. 351/4607575 o biglietteria@ondalarsen.org

g.m.

Nelle foto: Generazione Disagio in “Art”; Immagine guida della Rassegna; Onda Larsen in “Il sogno di Bottom”