CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 128

Quattro artisti in mostra alla Fondazione Amendola in “Contrappunto”

Ermanno Barovero e Ariel Soulé per la pittura e Roberto Bricalli e Elio Garis per la scultura

‘Contrappunto’ è il titolo di una mostra che unisce in un sodalizio artistico i lavori di due pittori, Ermanno Barovero e Ariel Soulé, e due scultori Roberto Bricalli e Elio Garis, ospitata nella sede della Fondazione Giorgio Amendola, in via Tollegno 52 a Torino. Inaugura giovedì 10 aprile alle 17.30 e rimarrà aperta fino al 3 maggio prossimo.

Dopo la prima tappa a Morbegno, in provincia di Sondrio, la mostra itinerante fa tappa a Torino e chiuderà il suo percorso a Cuneo, nella sede di palazzo Samone.

“Contrappunto, il titolo della mostra – spiega il suo curatore Luca Motto – sottolinea la molteplicità delle voci che, pur producendo un canto individuale e personale, formano un insieme armonico e coerente. L’arte è sempre un rito che mette ordine nella realtà e l’artista cerca sempre di rendere docile qualche aspetto incontrollabile della realtà. L’arte è incantesimo. Ci si arresta davanti a un dipinto, davanti a una scultura. La contemplazione è un’azione magica. L’arte è ordine Ma l’ordine non è necessariamente giusto, benevolo. L’ordine può essere arbitrario, duro, crudele. L’artista non fa dell’arte per salvare gli uomini, ma per salvare se stesso. L’arte è un luogo sacro. Tutto ciò che è immesso in questo spazio si trasfigura. Tutto questo fa parte delle ricerca dei quattro artisti in mostra, che trasformano lo spazio espositivo in cui mescolanza e unione sono dionisiaci, tutto fuoco e passione.

La separazione e l’individuazione sono apollinei, tutta estetica e logica. Nella mostra “Contrappunto” i quattro artisti fanno dell’occhio un occhio esplorante e la loro arte testimonia il linguaggio specifico delle immagini sia pittoriche, sia scultoree, che rimandano ad una realtà altra e stupefacente”.

La mostra è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19. Sabato 9.30-12.30. Ingresso libero.

 

Mara Martellotta

Corno da Caccia: due giorni di musica e tradizione tra Stupinigi e Torino

Torna l’appuntamento con l’Arte Musicale dei Suonatori di Corno da Caccia dell’Accademia di Sant’Uberto

Palazzina di Caccia di Stupinigi: 12 aprile, dalle 15.15 alle 17.30

Concerto gratuito con biglietto d’ingresso

Piazza e Corte d’Onore di Palazzo Carignano: 13 aprile, dalle 10.15 alle 12.30

Concerto gratuito

 

 

L’arte musicale del corno da caccia torna protagonista con le Giornate Internazionali del Corno da Caccia 2025, in programma il 12 e 13 aprile. Un doppio appuntamento all’insegna della musica e della tradizione, che si svolgerà prima nella splendida cornice della Palazzina di Caccia di Stupinigi e poi nel prestigioso Palazzo Carignano.

L’evento è organizzato dall’Accademia di Sant’Uberto come parte della rassegna musicale Cerimoniale e Divertissement 2025, alla sua seconda edizione, che celebra il connubio tra il patrimonio culturale immateriale dell’umanità UNESCO (grazie alla convenzione del 2023) dell’arte del corno da caccia e un altro importante patrimonio UNESCO del Piemonte, le Residenze Reali Sabaude (convenzione del 1972).

Questa tradizione musicale, nata nelle corti europee della seconda metà del Seicento, vede oggi la partecipazione di ensemble provenienti da tutta Europa: LesTrompes de Bonne dall’Alta Savoia (Francia), i gruppi con Parforcehorn in Mib dell’Alto Adige e della Repubblica Ceca, e con la partecipazione dei corni delle Alpi con il gruppo “I Corni del Generus” di Bellinzona (Svizzera) e LesBriançonneurs (Francia). Si esibiranno in un programma che coinvolge circa 60 suonatori, rendendo omaggio ad uno strumento naturale, senza fori, valvole o pistoni, nato per comunicare tra foreste e montagne e trasportato nei secoli nella musica d’arte da compositori come Vivaldi, Haendel e Alessandro Scarlatti.

Il programma dei concerti

Le Giornate Internazionali del Corno da Caccia 2025 prevedono due appuntamenti:

  • Sabato 12 aprile – Palazzina di Caccia di Stupinigi, Nichelino: Concerto all’aperto con esibizioni dei gruppi internazionali di corno da caccia e dei corni delle Alpi. L’ingresso è gratuito ma con il biglietto d’ingresso alla Palazzina.
  • Domenica 13 aprile – Palazzo Carignano, Torino: Concerto conclusivo in cui si alterneranno i diversi gruppi, con esecuzioni sia collettive che singole, mettendo in risalto le differenti tecniche e strumenti legati a questa affascinante tradizione musicale. Il concerto è gratuito.

Le iniziative sono possibili grazie al supporto del Ministero della Cultura ai patrimoni Culturali Immateriali dell’Umanità UNESCO (Legge 77/2006) e della Fondazione CRT.

Per maggiori informazioni e aggiornamenti, è possibile consultare il sito ufficiale delle Residenze Reali Sabaude (www.residenzerealisabaude.com) e quello dell’Accademia di Sant’Uberto (www.accademiadisantuberto.org), dove trovare anche il link al canale YouTube degli eventi musicali.

Per informazioni: info@accademiadisantuberto.it

L’arte musicale del corno da caccia e il riconoscimento UNESCO: un po’ di storia

Il corno da caccia è stato inserito nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO nel 2020, grazie a una candidatura internazionale che ha coinvolto Francia, Italia, Belgio e Lussemburgo. Per l’Italia, i partner ufficiali sono: Regione Piemonte, Città di Venaria Reale, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, Città di Nichelino, Palazzina di Caccia di Stupinigi/Fondazione Ordine Mauriziano e Liceo Classico Musicale Cavour di Torino.

La promozione e il recupero di questa antica arte in Italia è opera dell’Accademia di Sant’Uberto – ETS, fondata nel 1996 da un gruppo di persone con diverse competenze, già attivo ai primi anni ’90 per il recupero e la promozione della Reggia di Venaria, all’epoca ancora in stato di degrado. Nell’ipotesi di un recupero, l’obiettivo era quello di salvaguardare l’identità storica della residenza, legata al loisir di corte, al tema ludico, per mettere a fuoco la civiltà delle corti d’Europa sotto diverse prospettive: musica, esercizi del corpo, feste, cerimonie. In questo quadro il corno da caccia era l’elemento rappresentativo del loisir di corte all’epoca più importante, la Venatio Regia – la caccia Reale, e certamente non come semplice svago o divertimento, ma per l’educazione del principe alla difesa del suo territorio, insieme ai giovani aristocratici che ne avrebbero seguito le sorti, in pace e in guerra, e per comunicare la magnificenza attraverso il complesso cerimoniale venatorio. Il corno da caccia divenne quindi per L’Accademia di Sant’Uberto emblematico del valore del tema ludico di corte in tutti suoi diversi aspetti. Da allora il tema è stato sviluppato in diversi modi: musica del corno da caccia e barocca, studi, ricerche, pubblicazioni e mostre sul tema ludico.

Nel corso dell’iter di candidatura UNESCO del corno da caccia la presa di coscienza del valore del patrimonio immateriale ha sviluppato un diverso modo di collaborare con i siti UNESCO, con le Residenze, beni “materiali”. Non può essere UNESCO un patrimonio immateriale che non sia vivente, ossia legato ad una comunità di praticanti che nel corso del tempo, spesso di secoli, ha creato la sua arte, l’ha modificata e sviluppata fino ai nostri giorni, diversa, ma sempre viva e aperta al futuro, con i giovani. Questo aspetto ha incoraggiato una proposta di valorizzazione del patrimonio in generale, rispettosa del passato, ma attenta alla pratica di oggi. Il patrimonio immateriale, vivente, ben si presta a rivitalizzare siti UNESCO, a mettere in luce pratiche esercitate da chi ci viveva, creando un ponte tra passato e presente, mantenendo vivo l’interesse e la curiosità di conoscere. Le antiche fanfare di caccia della corte di Luigi XV oggi si suonano sempre con un corno naturale, ma con tecniche diverse; l’antico gioco della pallacorda, gioco educativo per destrezza, tuttora praticato, è diverso dal suo erede, il tennis di oggi, ma la visione viva e d’insieme di una attività contribuisce a superare le barriere del tempo e a ritrovare l’emozione di un nuovo percorso di visita.

Questo impegno culturale e di comunicazione ha portato alla recente pubblicazione del volume Il corno da caccia. Musica a corte tra Piemonte ed Europa (Secc. XVI – XIX), a cura di Renato Meucci (edito da Olschki), che raccoglie i contributi di 15 esperti da 8 Paesi diversi. È stato peraltro ritrovato un prezioso corno da caccia sabaudo della seconda metà 700, che certamente avrà suonato a Stupinigi, e due copie sono state eseguite, anche per impiego nei concerti barocchi e formazione di giovani musicisti nei corsi tenuti dall’Accademia alla Reggia di Venaria. In Italia sono conservati solo 13 corni realizzati tra il Seicento e il Settecento, dopo le fusioni avvenute nel secondo conflitto mondiale.

Al castello di Agliè la mostra “Nobili tappeti”

Testimonianze d’arte tessile orientale tra XVI e XIX secolo di collezioni private

Al castello di Agliè viene ospitata fino al 4 maggio prossimo una mostra curata da Luca Emilio Brancati  dal titolo “Nobili tappeti. Testimonianze d’arte tessile orientale tra XVI e XIX secolo da collezioni private”, ideata e prodotta in collaborazione  con il Rotary Club Cuorgnè e Canavese e con la galleria Mirco Cattai.

Curatore della mostra è il professor Luca Emilio Brancati del Dipartimento di Storia dell’arte dell’Università di Torino e coordinatore nella scelta delle opere da esporre il noto antiquario del settore Mirco Cattai, insieme al socio rotariano Gianni Sella, in collaborazione quanto la mostra rappresenta l’evento celebrativo del quarantennale della fondazione del RC Cuorgnè e Canavese.

Si tratta ei una straordinaria esposizione di tappeti orientali rari, provenienti dalla Persia, Anatolia e Caucaso e rappresenta un’occasione unica per immergersi nella bellezza e nell’arte tessile orientale, con un’accuratezza nella selezione di opere che narrano secoli di tradizione e maestria.

La mostra si apre nel grande salone di ingresso al castello con una sezione dedicata a esemplari provenienti dall’area di Tabriz, territorio montagnoso nel nord ovest persiano, all’incrocio delle rotte commerciali verso la Russia. Questi tappeti erano molto richiesti nell’Ottocento dal mercato americano ed europeo, prevalentemente in seta, materiale che giungeva dalla Cina e dall’India. Nella sala d’aspetto è esposto un gra de tappeto che appartiene al villaggio di Bacshaiesh, di grandissime dimensioni. Nella galleria Le Tribune prosegue il percorso espositivo dove si incontra un primo nu Leo di tappeti provenienti dall’Anatolia occidentale e risalenti al 500 e 600, di provenienza di Ushak. Giunsero nelle corti europee esportati in epoca ottomana da mercanti genovesi e veneziani, gli stessi che compaiono nei dipinti di Tintoretto e Lorenzo Lotto. Vi è anche un esemplare appartenente alla collezione della Fondazione Francesco Federico Cerruti, oggi inserita nel polo museale del Castello di Rivoli. Non mancano tappeti presenti sempre nella galleria come transilvani . Si tratta di un nucleo di esemplari che provengono dalle chiese della omonima Regione della Romania. Decorazioni geometriche a stella o a raggiera, sono tipiche dei tappeti provenienti dai villaggi, costituiti da lane più pesanti e da colori vivaci e contrastanti.

Durante tutto il periodo di apertura della mostra, giovedì 17 aprile alle ore 15, si terrà una visita con laboratorio didattico per famiglie, dal titolo “Trame di colore”, che consentirà di scoprire segreti dell’arte e i colori di tappeti. L’attività è prevista nell’ingresso al castello.

Info: prenotazione obbligatoria su drm-pie.aglie.sed@cultura.gov.it

Castello di Agliè- piazza Castello 1

Da lunedì a domenica dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 19. Martedì chiuso

Info:0124 330102

Mara Martellotta

A Moncalieri la rassegna cinematografica per l’80° della Liberazione

Proiezione di LIBERE il film – documentario di Rossella Schillaci dedicato alle donne italiane dell’epoca

 

Biblioteca Civica A. Arduino, Via Cavour 31, Moncalieri (TO)
Ingresso libero.

Mercoledì 16 aprile, nell’ambito del programma delle celebrazioni per l80°Anniversario della Liberazione promosso dal Comune di Moncalieri e dall’Associazione culturale Avvalorando, sarà proiettato il film-documentario LIBERE (2017).

 

L’opera è dedicata a ricordare l’impresa delle partigiane durante la Resistenza attraverso foto, filmati d’archivio e interviste dirette alle protagoniste e traccia un ritratto vivido di quell’esperienza così significativa per le sorti dell’Italia e delle donne nel nostro paese.

LIBERE pone l’attenzione sia sull’entusiasmo vissuto per quell’esperienza così dirompente nella vita di ogni singola partigiana e così determinante per le sorti del Paese, sia sulla delusione patita dopo, nell’Italia liberata, quando molte di quelle speranze vennero disattese e non si tradussero in un futuro diverso per molte donne italiane.

Alla proiezione, in programma alle 20.30 presso la Biblioteca Civica “A. Arduino” di Moncalieri, sarà presente la regista Rossella Schillaci che presenterà il film, dialogando col pubblico. Introdurrà la serata l’Assessora alla cultura del Comune di Moncalieri Antonella Parigi.

L’ingresso è gratuito. Per informazioni e prenotazioni: 011-6401600.

 

L’evento è promosso dal Comune di Moncalieri, dall’Associazione culturale Avvalorando e dalla Biblioteca Civica “A. Arduino” di Moncalieri.

Le torri del Re saranno salvate

Svettano ancora oggi, ben visibili, sul territorio villanovese, nell’astigiano, a una trentina di chilometri da Torino. Sono lì da cinque secoli, abbandonate, ma si reggono ancora in piedi. Rischiavano di essere abbattute ma adesso per loro comincia una nuova vita.
Sono le due torri di Villanova d’Asti, chiamate bissoche, innalzate dai francesi all’inizio del XVI secolo durante le guerre tra i due sovrani più potenti d’Europa, Francesco I, Re di Francia, e Carlo V Re di Spagna e imperatore. Le cinquecentesche torri non verranno demolite, anzi rinasceranno. Così ha voluto il Comune che sta per acquistare i simboli storici del paese dopo un faticoso braccio di ferro con il Demanio militare, a cui appartengono, e con la Soprintendenza. Le torri di avvistamento, di San Martino e di Supponito, che si innalzano in aperta campagna, tra fattorie, terreni e aziende agricole, verranno salvate con una serie di interventi di ristrutturazione. Almeno una delle due torri diventerà un’attrazione culturale e turistica per rivivere le vicende storiche dell’epoca in cui le torri venivano usate. L’amministrazione comunale sta cercando di ottenere un finanziamento dai fondi di coesione per procedere con i lavori. Manca ancora un passaggio importante per chiudere la vicenda ma c’è ottimismo tra i villanovesi. Ci vuole la firma dal notaio per l’acquisto e poi sarà possibile ricevere i soldi. C’è tempo fino a dicembre 2027 e a quel punto il Comune diventerà proprietario delle due strutture che potranno finalmente essere consolidate e messe in sicurezza. Per salvarle si era mosso anche il Fai, il Fondo Ambiente italiano, con una campagna di sensibilizzazione sull’importanza del recupero delle torri ed era stato addirittura chiesto al presidente francese Macron di finanziare almeno una parte del restauro. Il capo dell’Eliseo però non rispose: aveva affari più urgenti da sbrigare, Una pagina di grande storia piemontese e di respiro europeo sta per rivivere. Villanova era 500 anni fa una delle piazzaforti militari francesi più importanti del Piemonte insieme a Torino, Chieri, Chivasso e Pinerolo. Francesco I volle dotare il borgo di nuove fortificazioni per contrastare gli spagnoli che avevano basi militari in altre zone del Piemonte. I lavori iniziarono nel 1520 e terminarono nel 1548. Il nuovo sistema difensivo era completato da torri di avvistamento a nord e a sud della città. Le due torri sono ripiene di terra fino alle porte di ingresso collocate a dieci metri dal terreno circostante. I soldati di vedetta entravano da queste porte usando scale a corda che venivano poi ritirate mentre in cima salivano dall’interno con scalini di pietra sporgenti dal muro in mattoni. Di qui, con fuochi notturni e bandiere di giorno, comunicavano con la torre del Comune interna alla fortezza in modo da consentire, in caso di pericolo o di assedio, la chiusura in tempo delle porte della città. Nelle torri di avvistamento si trovavano i viveri e le riserve d’acqua e ai livelli superiori, la cucina, l’armeria, la camerata. Erano piccole fortezze, straordinarie sentinelle per i francesi.

Filippo Re

A Palazzo Lascaris “Meraviglia Unesco di Langhe, Roero e Monferrato”

Dal 9 aprile al 30 maggio prossimo a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte, è esposta la mostra fotografica “La meraviglia Unesco di Langhe Roero e Monferrato”, realizzata in collaborazione con l’associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato e curata da Gian Mario Ricciardi.

All’inaugurazione il 9 aprile scorso a palazzo Lascaris sono intervenuti Domenico Ravetti e Fabio Carosso, vicepresidente e consigliere segretario del Consiglio regionale del Piemonte, Giovanna Quaglia e Bruna Bertero, presidente e direttore dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato; Enzo Massa, Carlo Avataneo, Enzo Isaia, fotografi autori delle immagini esposte.

I magnifici scenari delle colline puntellate di vigneti e antichi borghi compongono la mostra fotografica con gli scatti di tre fotografi locali, Enzo Massa, Carlo Avataneo e Enzo Isaia, che hanno saputo immortalare la vera essenza di questi luoghi ormai conosciuti in tutto il mondo. L’esposizione è composta di sessanta immagini a colori, è aperta al pubblico nella galleria Spagnuolo di Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15 a Torino fino al 30 maggio prossimo.

Orario dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, ingresso gratuito

Questo territorio è entrato a far parte della World Heritage List Unesco il 22 giugno 2014, riconosciuto “paesaggio culturale Patrimonio dell’umanità grazie all’autentica e antica arte della vinificazione che si è evoluta nel corso dei secoli, divenendo un fulcro della vita economica e sociale del territorio, testimonianza dell’interazione tra l’uomo e l’ambiente.

“Dobbiamo promuovere e proteggere la bellezza meravigliosa di questi luoghi – hanno affermato Ravetti e Carosso – un bene naturale curato dall’uomo che sta aumentando la consapevolezza di coloro che qui vivono e lavorano da sempre”. “ Invito tutti ad organizzare una visita in questo territori meravigliosi e a perdersi tra le colline – ha affermato Giovanna Quaglia, presidente dell’Associazione- stiamo facendo tutto il possibile per conservare il territorio e andare verso un turismo sostenibile e di qualità”.

“Compito del fotografo – ha detto Carla Avataneo anche a nome dei due colleghi- è far vedere attraverso le immagini ciò che il passante guarda soltanto. Oltre alle colline e ai borghi abbiamo inserito in ogni immagine anche gli elementi naturali tipici del panorama delle nostre zone, il Monviso e il fiume Tanaro”.

L’Associazione per il Patrimonio dei paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato è nata nel 2011 con lo scopo specifico di presentare la candidatura all’Unesco e dal 2014 di gestire il sito. All’associazione aderiscono oltre cento comuni, numerose associazioni e aziende, non solo legate alla sfera vitivinicola, ma che operano a vario titolo sul territorio e che partecipano attivamente all’ambizioso progetto legato all’unicità e eccezionalità di questo paesaggio.

I territori che fanno ufficialmente parte dei Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità comprendono 10 mila ettari nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo e sono: la Langa del Barolo, il castello di Grinzane Cavour, le colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e l’Asti Spumante, il Monferrato degli Infernot.

 

Mara Martellotta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Savigliano le immagini in mostra di Exodos, popoli in cammino

 

Dal 12 aprile al 4 maggio “Exodos, popoli in cammino”, la mostra fotografica nata da un’idea dell’Associazione degli ex allievi del Master di Giornalismo Giorgio Bocca e promossa dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, sarà visitabile a Savigliano (Cn) nel palazzo Muratori-Cravetta in via Jerusalem n.4. L’evento è frutto di grazie una collaborazione tra l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Oasi Giovani – Progetto Oceano, e l’Assessorato alla cultura del Comune di Savigliano con l’obiettivo di dare volto, voce e immagine alle donne e agli uomini in viaggio. Nel 2024 la mostra dall’evocativo titolo ( Exodos-Exit, dal greco uscita) è stata rilevata dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte che ha deciso di riproporla aggiornandone i contenuti. Ne sono coinvolti tredici fotoreporter piemontesi ( Marco Alpozzi, Max Ferrero, Stefano Stranges, Mauro Donato, Giulio Lapone, Matteo Montaldo, Giorgio Perottino, Mirko Isaia, Simona Carnino, Mauro Ujetto, Andreja Restek, Renata Busettini, Paolo Siccardi ) che nel loro percorso professionale hanno descritto il fenomeno delle migrazioni in diversi contesti mondiali. Un racconto che parte dai paesi di origine dei migranti, in contesti spesso sconosciuti al grande pubblico, per arrivare a quanto accade nei nostri confini, da Trieste alla Val Susa fino a Ventimiglia.

Immagini per testimoniare e per indurre alla riflessione su un fenomeno talvolta analizzato e discusso dimenticando che dietro ai freddi numeri delle persone in viaggio ci sono le storie e i volti di persone in carne, cuore e ossa. Del resto, come sosteneva il grande Henri Cartier-Bresson, “la fotografia può fissare l’eternità in un attimo” e un buon fotografo deve cercare “ di mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio”. Exodos, come nella tradizione del migliore giornalismo, non ha l’obiettivo di indicare soluzione politiche, ma vuole fornire a chi la visiterà qualche strumento in più per formarsi un’opinione libera e documentata su un fenomeno complesso che non può conoscere semplificazioni. La mostra è già stata esposta in quaranta città italiane e nel 2017 al Parlamento Europeo a Bruxelles, ottenendo la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica Italiana, il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e il patrocinio dell’Alto Commissario della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). L’allestimento conclude il ciclo sulla memoria de “La guerra fuori, la guerra dentro” del progetto Oceano. Sarà visitabile il sabato, dalle 15 alle 18, e la domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.

M.Tr.

La luce invisibile

Al Palazzo delle Feste la mostra fotografica di Vittorio Palma con le immagini della Val di Susa ripresa con la tecnica dell’infrarosso.

Si intitola “La luce invisibile. La Valsusa si veste in infrarosso”, la mostra fotografica di Vittorio Palma, che sarà inaugurata, il prossimo 12 aprile, alle 17,30, al Palazzo delle Feste di Bardonecchia.

La mostra si compone di circa 50 immagini scattate in Val di Susa “con fotocamere appositamente modificate – spiega Vittorio Palma – per catturare l’infrarosso vicino, ossia una luce invisibile, senza colori, che si traduce in immagini in bianco e nero dal forte contrasto ed in cui la vegetazione risulta quasi bianca, molto luminosa. Ecco, quindi, che gli incantevoli paesaggi della Valsusa, seppure ancora riconoscibili, si trasformano in una proiezione interiore dell’occhio del fotografo”.

La mostra si compone di tre aree tenatiche: la prima consiste di immagini di paesaggi esclusivamente in bianco e nero (infrarosso puro), la seconda di immagini dai falsi colori e la terza immagini ravvicinate di soggetti naturali.


Ogni fotografia è accompagnata da una didascalia, che include versi tratti da poesie famose o citazioni di personaggi celebri e frasi scritte dal fotografo.

“Credo – conclude Vittorio Palma – che sia la prima volta in assoluto che la Valsusa viene mostrata e ripresa in questa ‘luce invisibile’ e di questo mi sento orgoglioso visto che amo da sempre questa Valle”.

La mostra sarà visitabile fino al prossimo 4 maggio.

 

“Nulla materno”, dal lutto un percorso per capire il rapporto madri-figlie

La ricostruzione di una storia taciuta, per riempire post mortem il nulla che ha caratterizzato la vita di una madre. Esce in Italia il romanzo d’esordio di Christine Vescoli
Cosa succede quando una figlia si accorge, con la morte della propria madre, di non sapere nulla della vita della persona che l’ha messa al mondo? È la premessa del primo romanzo di Christine Vescoli, Nulla materno, pubblicato in lingua tedesca nel 2024 e arrivato ora in Italia, dopo il successo di pubblico e critica riscosso in Germania e Austria, per la collana TravenBooks di Edizioni Alphabeta Verlag.
Il romanzo, reso in italiano dalla traduttrice torinese Cristina Vezzaro, parte dalla necessità della protagonista di elaborare il lutto della madre e affronta il tema del rapporto intergenerazionale fra madri e figlie, inserendo le vicende familiari in un contesto storico, quello del Sudtirolo della prima metà del Novecento, una terra segnata dalla miseria e dell’atavica legge del “maso chiuso” e della servitù agricola.
Il “nulla materno” non è solo la scomparsa fisica, ma il silenzio di una madre che, ancora in vita, preferisce stendere sul proprio passato una coltre di reticenza, tra racconti frammentati e domande che rimangono senza risposta, costringendo la figlia ad andare in cerca delle sue tracce nei luoghi che l’hanno vista crescere e tra rari e ingialliti documenti fotografici. Laddove quel “nulla” viene sovente colmato con ipotesi, congetture, testimonianze a mezza voce. Emerge così la storia di una famiglia attraverso le sue generazioni e di una donna che, ancora bambina, viene allontanata dal proprio nucleo familiare per prestare servizio presso un maso – tipica proprietà fondiaria del Tirolo oggi preservata nella sua forma di azienda agricola a conduzione familiare – in qualità di serva. Una condizione riconosciuta e accettata dalla bambina, che non pone domande, non cerca spiegazioni, non mette in dubbio le scelte dei genitori. Con uno stile che trasforma a tratti la prosa in vera poesia, attraverso l’opera di Christine Vescoli è possibile così ricostruire la vita contadina nelle valli dell’Alto Adige e il mondo feudale del “maso chiuso”, e la storia di un’intera comunità: l’annessione all’Italia, l’arrivo prima del fascismo e poi del nazismo, fino ai nostri giorni.
 
L’autrice
Christine Vescoli (Bolzano, 1969), ha svolto studi in Germanistica e Storia dell’Arte all’Università di Vienna, laureandosi con una tesi su Robert Walser. Attualmente è insegnante di liceo, editor e pubblicista. Si occupa, tra l’altro, di critica letteraria per la “Neue Südtiroler Tageszeitung”. Dal 2009 è direttrice dell’associazione Literatur Lana, per cui dirige la rivista “Adligat”, nonché curatrice dei Literaturtage Lana, la più prestigiosa rassegna letteraria internazionale in Alto Adige/Südtirol. Mutternichts (Nulla materno) è il suo sorprendente esordio letterario, segnato da uno straordinario successo di pubblico e critica in Austria e Germania. Uscito all’inizio del 2024, dopo appena tre mesi andava già in ristampa.
Recensioni
«Il romanzo d’esordio di Christine Vescoli, scrittrice bolzanina di madrelingua tedesca, si colloca nell’ampio novero dei memoir che interrogano il rapporto madre-figlia, ma lo fa dalla specola delle Alpi più remote del Sudtirolo premoderno, dove a fame e povertà si univa il gelo di una terra inclemente.» (Il manifesto)
«Il nulla appare come un destino comune a tante donne. È un libro straordinariamente intenso quello della Vescoli» (Alto Adige)
«Vescoli si fa strada a tentoni, con sensibilità e delicatezza, tra i reperti della vita di sua madre. Un racconto più che notevole, anzi, profondamente impressionante; un vo lume “di peso”, solo esteriormente sottile» (Der Standard)
«Meraviglioso, sorprendente, coraggioso, un libro assolutamente unico. Inquietante, a tratti accusatorio, ostinata mente indagatore, lo sguardo a ritroso su una madre che non c’è più diventa grande letteratura» (Michael Krüger)
 

“Al cuore dei tabù”: Contemporanea. Parole e storie di donne

Presentazione, al “Circolo dei Lettori” di Torino, del tema scelto per la sesta edizione del Festival

Sabato 12 aprile, ore 16

Una giovane ragazza si apre un varco fra la fitta vegetazione “simbolo della complessa rete di regole e restrizioni disseminate da sempre lungo il cammino delle donne”. Il volto é però sorridente, proprio di chi, pur se a fatica, riesce comunque a farsi strada superando le non poche e rischiose difficoltà incontrate nel percorso; la bocca è aperta “a rappresentare la parola liberata”. L’immagine – guida della sesta edizione di “Contemporanea. Parole e storie di donne”, progetto della biellese Associazione “BI-Box – APS” (a cura di Irene Finiguerra, Barbara Masoni, Stefania Biamonti, Laura Colmegna, Patrizia Bellardone e Mariangela Rossetto) rappresenta alla perfezione il tema della nuova edizione del Festival “Al cuore dei tabù”ed è opera egregia per intuizione concettuale, segno nitido e vibrante cromia dell’artista romana, residente a Parigi, Francesca Protopapa(alias “Il Pistrice”). Dunque, “tabù”. “Tabù” di genere.

 

E quanti, mai del tutto superati, per le donne! “Tuttavia – sottolineano da ‘BI-Box’ – in ogni tabù si nasconde un’opportunità per sfidare i limiti e riscrivere le regole. Nel 2025, il fil rouge che caratterizzerà il festival di settembre (da venerdì 26 a domenica 28) invita a superare ciò che ci trattiene, a mettere in discussione preconcetti e tradizioni e a dare spazio a ciò che non può essere detto. Si va insieme al cuore dei ‘tabù’, trasformandoli in storie di possibilità, apertura e forza creativa”.

L’appuntamento per l’anteprima del Festival è in programma sabato 12 aprile, al torinese “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, dalle 16 alle 19,15, con otto ospiti d’eccezione impegnate a declinare il tema di quest’anno, ognuna a proprio modo.

Si inizia con un “monologo” di Barbara Frandino scritto appositamente per l’occasione, in cui si affronta un tabù “poco esplorato”: quello dell’ infelicità”. Obiettivo della scrittrice, quello di “rivalutare l’accettazione della sofferenza come atto rivoluzionario di consapevolezza e libertà”.

A seguire focus sul “linguaggio dell’arte”,utilizzato da “Contemporanea” come chiave di lettura del mondo fin dalla sua prima edizione. Ecco allora, su questa linea, l’incontro con Francesca Alinovi, protagonista dell’appuntamento con la giornalista e critica musicale Giulia Cavaliere , che approfondisce la sua opera a partire dal libro “Quel che piace a me” (Electa, 2024), restituendo il ritratto di una critica “carismatica, anticonformista e visionaria”Anna Peyron (la “gallerista di Pistoletto, Merz e Boetti” nonché magica fondatrice del “Vivaio Anna Peyron” di Castagneto Po, specializzato nella coltivazione di rose antiche e botaniche, ortensie, clematidi, piante e bulbi per amatori) racconta invece un periodo di grande fermento culturale attraverso il saggio “L’arte che abbiamo attraversato” (add editore, 2024): un viaggio nella Torino del “boom economico”, tra entusiasmo e trasformazioni che hanno segnato la scena artistica della città.

A partire, invece, da “Il mito della bellezza” di Naomi Wolf, Simona Gavioli, critica d’arte e curatrice indipendente, osserva e riflette sulla trasformazione dell’ideale di bellezza imposta da “tabù da infrangere”, diventando un campo di battaglia nell’arte contemporanea.

L’evoluzione del “ruolo del femminile” è al centro dell’incontro successivo con Eloisa Morra(professoressa associata di “Letteratura italiana contemporanea” all’“Università di Toronto”, dove coordina il progetto “Sciascia Archive”) che si svilupperà intorno al testo La mela e il serpente” (nottetempo, 2025) di Armanda Guiducci: un testo definito dalla stessa Morra “radicale nel  pensiero e nelle pratiche”, che, intrecciando esperienza individuale e collettiva, mescola antropologia e memoir per costruire una nuova consapevolezza delle donne e del loro posto nel mondo.

Alle 18, il contributo dell’Associazione biellese (attiva sul tema della violenza contro le donne) “Mafalda VocidiDONNE” rende omaggio alla scrittrice milanese Brunella Gasperini (1918 – 1979) con la lettura di un racconto tratto da “Storie d’amore, storie d’allegria”, Rizzoli 1976 . Un momento di ascolto dedicato a una “voce libera e fuori dagli schemi, ancora oggi attuale nel suo messaggio”.

A chiudere la giornata, lo speech della giovane scrittrice torinese Giulia Muscatelli che prende le mosse dal suo ultimo libro “Io di amore non so scrivere”, un’indagine sul linguaggio e sulle esperienze degli adolescenti di oggi, per capire come siano vissute e raccontate dai giovani le relazioni nell’epoca digitale.

Ricordiamo ancora che, sabato 17 maggio, “Contemporanea” sarà a Milano, ospite per la prima volta della “Fondazione Mondadori”, con una nuova tappa di avvicinamento alla data d’inizio Festival. Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito.

I possessori della Carta “Io leggo di Più” del “Circolo dei Lettori” possono prenotare (tel. 011/8904401 o info@circololettori.it ), fino a esaurimento posti.

Per ulteriori info e programma dettagliato: www.contemporanea-festival.com

g.m.

Nelle foto: Francesca Protopapa, Immagine-guida “Contemporanea 2025”; Barbara Frandino (Ph. Denitza Diakovska); Anna Peyron; Simona Gavioli