CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 127

A teatro “Funeral Home”, di e con Giacomo Poretti

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Martedì 23 gennaio, ore 21

Funeral Home 

Di e con Giacomo Poretti, del trio Aldo Giovanni e Giacomo, e Daniela Cristofori

 

 

“Funeral Home” di e con Giacomo Poretti, del trio comico Aldo Giovanni e Giacomo, e Daniela Cristofori, è la storia di una coppia di anziani, Lui e Lei, che si sta recando a un funerale: lui vuole sfuggire alla realtà e lei tenta di riportarcelo in un inseguimento follemente divertente e poetico.

Lei è tutta in ghingheri, tailleur e gioielli, lui è un misto tra abito da cerimonia e gita fuori porta. Lei vuole andare, arrivare presto, lui non ne ha la benché minima voglia. Rita e Ambrogio litigano, come solo due anziani sanno litigare, con ferocia, ma anche molto teneramente. In realtà dopo essersele date di santa ragione su qualsiasi argomento, avrebbero anche il tempo di rendere omaggio alla salma che è nella stanza accanto, ma Ambrogio non ne vuole proprio sapere. Perché? Ovvio: perché la morte lo terrorizza, come solo sa terrorizzare gli anziani, anzi non ne vorrebbe proprio parlare. Rita, invece, ne vuole parlare, proprio come ne parlano gli anziani, curiosi, intimoriti, rassegnati e speranzosi.

Martedì 23 gennaio, ore 21

Funeral Home

Di e con Giacomo Poretti e Daniela Cristofori

Collaborazione ai dialoghi, regia e disegno luci di Marco Zoppello

Scenografia Stefano Zullo

Costumi di Eleonora Rossi

Musiche originali e sound design di Giovanni Frison

La canzone è interpretata da Gianni Caro

Assistente alla regia Michele Mori

Assistente scenografa Nina Donatini

Assistente costumista Federica Famà

Datore luci Luca Farioli

Fonico Marco Broggiato

Service MaMaSound

Produzione Teatro de Gli Incamminati

Biglietti: intero 20 euro, ridotto 18 euro

Sentimenti Travolgenti all’Osteria Rabezzana

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 24 gennaio, ore 21.30

Il progetto solista di Oscar Giammarinaro, cantante e fondatore della mod band torinese Statuto

Oscar Giammarinaro in versione solista presenta mercoledì 24 gennaio in Osteria Rabezzana uno spettacolo con “lo stile emozionante e la musica elegante” dei brani soul, jazz e pop contenuti nel suo album “Sentimenti Travolgenti” più alcuni brani particolari degli Statuto, mai eseguiti dal vivo.

La band che lo accompagna, orfana dello storico bassista Rudy Ruzza, è formata da Enrico Bontempi alla chitarra, Gigi Rivetti alla tastiera, Marco Ruggiero alla batteria e Alessandro Loi al basso.

«La decisione di lavorare a un progetto solista – dichiara Oscar Giammarinaro – deriva dall’aver raggiunto con l’esperienza una maturità tale che mi ha portato al bisogno di comporre canzoni più intime e personali. Questo lavoro non si sostituisce alla realtà degli Statuto, è un percorso nuovo e parallelo che trova nella proposta cantautorale la sua dimensione più adatta. In un momento in cui il panorama musicale italiano sembra trascurare la ricercatezza compositiva, ho voluto lavorare ad un progetto artistico attento allo stile e all’eleganza “totale”: nelle sonorità, negli arrangiamenti, nei testi e nelle grafiche. Questi brani parlano di sentimenti in diversi modi, ma sempre senza inibizioni, in maniera molto istintiva, diretta e passionale. Da qui il nome dell’album “Sentimenti Travolgenti”».

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Duecentomila Lire per il monumento di piazza Bodoni

/

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Il monumento equestre si erge fiero ed imponente nel centro della piazza. Il generale Alfonso Ferrero della Marmora viene rappresentato con indosso la sua divisa militare, il mantello sulle spalle ed il capo calzato di feluca voltato verso sinistra, mentre è in sella ad un elegante cavallo con la zampa sinistra sollevata in segno di forza ed autorevolezza

Eccoci di nuovo pronti ad accompagnare i nostri lettori alla scoperta delle meravigliose opere d’arte presenti a Torino. Oggi vogliamo soffermarci sulle maestosità equestri, prendendo come soggetto della nostra usuale passeggiata “con il naso all’insù”, il monumento dedicato ad Alfonso Ferrero della Marmora. (Essepiesse)

***

Il monumento equestre si erge fiero ed imponente nel centro di Piazza Bodoni. Il generale Alfonso Ferrero della Marmora viene rappresentato con indosso la sua divisa militare, il mantello sulle spalle ed il capo calzato di feluca voltato verso sinistra, mentre è in sella ad un elegante cavallo con la zampa sinistra sollevata in segno di forza ed autorevolezza. Il generale ha gli stivali infilati nelle staffe e mentre con la mano sinistra stringe le briglie, con la destra impugna la spada puntandola in avanti, di fianco alla gamba. La statua poggia su un piedistallo lapideo quadrangolare arricchito da importanti volute angolari e ornato con elementi in bronzo, foglie d’acanto e teste di leone. Nel gennaio 1878 morì a Firenze Alfonso Ferrero della Marmora, tenente generale e comandante dell’esercito, ministro della Guerra nei governi Pinelli, Gioberti, D’Azeglio e Cavour, governatore di Milano, prefetto di Napoli nel 1861 e primo ministro a Torino dal 1864 al 1866. Due giorni dopo la città di Torino, con una delibera della Giunta, decise di rendere onore alla memoria del generale erigendogli un monumento pubblico, mettendo a disposizione 20.000 lire e aprendo una sottoscrizione di ampiezza nazionale. 

***

Il proposito era quello di realizzare un’opera di particolare rilevanza sia dal punto di vista artistico che dimensionale, un “Monumento Nazionale” per l’appunto, il cui costo fu stimato intorno alle 200.000 lire. Al finanziamento dell’opera partecipò anche il capitano Luigi Chiala, deputato al Parlamento e amico intimo di La Marmora, che inviò le 9.011 lire ricavate dalla vendita delle sue memorie, intitolate “Ricordi della giovinezza di Alfonso La Marmora” e “Commemorazione di Alfonso La Marmora”. La raccolta di fondi, nonostante la notevole partecipazione, riscontrò una notevole difficoltà nel raggiungere la cifra necessaria, tanto che il Municipio di Torino dovette mantenere aperta la sottoscrizione per ben dodici anni. Visto l’evolversi della situazione il marchese Tommaso della Marmora, nipote del generale e suo erede, preoccupato per il protrarsi dei tempi e per l’insufficienza dei fondi fino ad allora disponibili (nel 1890, anno della chiusura della sottoscrizione, si era raccolta la cifra di 73.639 lire) propose alla città di occuparsi direttamente della realizzazione dell’opera, integrando la somma raccolta con capitali propri. Tale proposito, che evidentemente aveva in mente da qualche tempo, l’aveva portato ad affidare il disegno del bozzetto di “una statua equestre in bronzo, grande circa due volte il vero, con proporzionato piedistallo” al conte Stanislao Grimaldi, aiutante in campo del generale e Regio disegnatore del re Vittorio Emanuele II che, si presume, portò a compimento l’opera senza ricevere alcun compenso. Nell’ottobre del 1886 Tommaso della Marmora, in accordo con lo scultore Grimaldi, propose al Municipio di collocare la statua al centro della nuova piazza Bodoni. Su richiesta del Sindaco di Torino, nel 1889 il Ministero della Guerra venne coinvolto nella realizzazione dell’opera equestre, rendendosi disponibile a fornire il bronzo necessario; la fusione del monumento venne eseguita nel 1891 nel Regio Arsenale di Torino, a spese del Ministero.Per la protezione del monumento si ebbe l’idea di realizzare una cancellata su disegno dell’Ing. Lorenzo Rivetti, già ideatore dell’elegante piedistallo su cui poggia la statua, ma fotografie di Mario Gabinio del 1924, testimoniano invece la presenza di una delimitazione costituita da catene poggianti su pilastrini in pietra, che venne in seguito rimossa. 

***

Finalmente il 25 ottobre 1891, alla presenza di numerose autorità politiche, civili e militari, venne inaugurata l’opera dedicata a Alfonso Ferrero della Marmora; per l’occasione il Municipio di Torino “vestì a festa” piazza Bodoni addobbando i balconi delle case, allestendo alcuni palchi e studiando una “illuminazione straordinaria”.Va ricordato e fatto notare che il monumento a La Marmora è l’unico monumento equestre, presente a Torino, dedicato ad un militare e uomo politico. Per quanto riguarda un piccolo accenno alla piazza che ospita l’opera, va ricordato che Piazza Bodoni (inserita nel cosiddetto Borgo Nuovo), ha origini ottocentesche ed è stata realizzata frammentariamente nel corso di oltre un secolo. Il primo intervento edilizio risale al primo decennio dell’Ottocento ma, per giungere alla conformazione attuale della piazza, bisognerà attendere fino al 1928, anno nel quale venne realizzato l’edificio che accoglie l’Istituto Musicale Giuseppe Verdi, diventato dal 1936 Conservatorio di Stato.Nel 2002 piazza Bodoni è stata interessata da un intervento di riqualificazione: è stata pedonalizzata e ripavimentata con lastre in pietra poste secondo un disegno a cerchi concentrici che hanno come fulcro il monumento a Alfonso Ferrero della Marmora.

 

 

Simona Pili Stella

(Foto: www.museotorino.it)

 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Claudio Baglioni e Mario Venuti

/

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Cafè Des Arts suona il trio Liquid Jazz. Al Lambic si esibisce Mario Venuti.

Martedì. Al Blah Blah è di scena Daniele Guerini.

Mercoledì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Alex Wise. Al teatro Colosseo tributo a Ennio Morricone proposto dall’Ensemble  Symphony Orchestra. All’Osteria Rabezzana è di scena Oscar  Gianmarinaro degli Statuto. Al Blah Blah suona il quartetto Phat Dat.

Giovedì. Al Cafè Neruda si esibisce il quartetto di Alfredo Ponissi. All’Inalpi Arena (ex Pala Olimpico), primo di 3 concerti consecutivi per Claudio Baglioni. Al Blah Blah suonano Andrea Manges & The Veterans con i The Odorants. Al Capolinea 8 suona il trio di Flavio Bonifacio.Al teatro Colosseo doppia data con lo spettacolo dantesco “Paradiso XXXIII” per Elio Germano e Teho Teardo. All’Hiroshima è di scena Umberto Maria Giardini. Al Museo d’Arte Orientale si esibisce il duo Ya Tosiba. Al Jazz Club tributo ai Beatles con Vince Tempera.

Venerdì. All’Imbarchino è di scena il duo AB Uno. All’ Hotel Hilton si esibisce il quartetto della vocalist Denise King. Allo Spazio 211 suonano I Bachi di Pietra. Al Magazzino sul Po sono di scena i Mundial. Allo Ziggy suona Sylvaine con Die Sunde. Al Blah Blah si esibiscono i DSA Commando. Al Circolo Sud sono di scena I Principi. All’Off Topic si esibisce la cantante Flo.

Sabato. Al Blah Blah suonano gli Skarabazoo. All’Auditorium del Lingotto canta Luca Barbarossa per il Giorno della Memoria. Al teatro dei Bottoni di Candiolo sono di scena gli Animaux Formidables. Michele Gazich e Federico Sirianni rendono omaggio a Michele Straniero al Folk Club. Allo Ziggy suonano gli Aneurysm. Al Magazzino sul Po si esibiscono i Dub Pigeon. Allo Spazio 211 è di scena Marta Tenaglia.

Domenica. Sempre al Magazzino sul Po suona il Jazz RapSody Collective.

Pier Luigi Fuggetta

(Foto: una pagina de La Stampa)

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione al MIIT

 

Museo internazionale Italia Arte

 

Grande successo di pubblico in occasione della doppia inaugurazione presso il museo MIIT, Museo internazionale Italia Arte con due mostre di eccezione dal titolo “Arte sul Po” e “New Art Prize 2024 prima sessione”, il cui vernissage si è  tenuto venerdì 19 gennaio scorso alle 18 nella sede di corso Cairoli 4, a Torino.

In mostra sono una quarantina di artisti contemporanei  che presentano I loro lavori con la curatela del museo MIIT in collaborazione con B.M. Events. L’esposizione  “Arte sul Po”presenta opere di artisti torinesi e non solo che si confrontano con tecniche e materiali diversi, quali olio, acrilico, grafica eacquerello; dall’altra, nell’ambito di “New Art Prize”, emergono opere di valore, di scultura,  pittura e video.

Il New Art Prize edizione 2024 proporrà una selezione accurata di autori che avranno la possibilità di presentare i propri lavorinell’edizione straordinaria  di Italia Arte, presente come media partner al Grand Palais Ephémere di Parigi durante l’artefieraparigina ArtParis ArtFair dal primo al 4 aprile prossimi.

In fase di realizzazione , infatti, i numeri speciali di Italia arte.

Tra le opere in mostra segnaliamo i figurativi di Elisa Borghi e Antonella Elleri, generi tra loro diversi, da reale al fantasy, ma estremamente curati. Seguono i lavori di Paolo Avanzi tra l’astratto e la pop art, per proseguire con le opere di Vito Garofalo, anime colorate ricche di dinamismo, con i lavori di Federica Bertino, Silvana Martino e Maria Elena Ritorto, in cui il colore e la luce diventano protagoniste assolute delle composizioni.

“Si tratta di una mostra che abbraccia generi differenti e stili complessi – spiega il curatore Guido Folco, che ha realizzato l’esposizione in collaborazione con le curatrice Antonella Bovino e Fabiana Macaluso – ma il fil rouge rimane sicuramente l’originalità  e la qualità delle opere presenti in esposizione,  nonché il dialogo internazionale che si sviluppa tra gli autori che provengono da culture e paesi differenti, quali Italia, Cina, Germania, Olanda, Austria, Argentina e Romania”.

 

Doppia inaugurazione venerdì 19 gennaio 2024 e giovedì 1 febbraio 2024 alle ore 18. Esposizione fino al 15 febbraio 2024.

Museo MIIT Torino

Corso Cairoli 4

 

Mara Martellotta

Raffaella De Chirico: dialogo tra artisti storicizzati e giovani artisti

RITRATTI TORINESI 

 

Raffaella De Chirico è una gallerista di provenienza torinese con un importante percorso che è iniziato con la collaborazione presso la nota galleria Mazzoleni, è proseguito nel 2011 con l’apertura della sua prima galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea in via Vanchiglia 11/A fino ad approdare alla città di Milano, che oggi rappresenta il suo luogo di riferimento lavorativo, senza dimenticare Torino e tutti gli artisti con cui ha lavorato e con i quali continua a collaborare.

Nel 2011, dopo l’importante esperienza lavorativa nella galleria Mazzoleni, Raffaella De Chirico apre un suo spazio con un focus artistico ben preciso, ovvero quello di creare un dialogo intessuto nelle varie esposizioni tra artisti storicizzati ( ovvero tutti quegli artisti dimenticati dal mercato, ma con alle spalle un percorso artistico importante) e i giovani artisti di talento con le loro opere inedite o quasi del tutto inedite. Si tratta di una modalità di esposizione in cui si sviluppa un percorso tracciato da tempo, ovvero tra passato e presente.

La carriera di Raffaella De Chirico prosegue con l’apertura di una nuova galleria in via della Rocca 19 a Torino, a pochi passi da piazza Maria Teresa, una galleria formata da due spazi distinti, uno dedicato agli artisti emergenti, l’altro dedicato agli artisti storicizzati.

 

In epoca Covid la galleria si è trasformata direzionandosi sugli artisti cosiddetti di “secondo mercato” (le cui opere vengono messe sul mercato dopo una prima compravendita gallerista-artista), una modalità di esposizione e commercio dell’arte direzionata ai circuiti privati dedicati ai collezionisti, anziché a quelli pubblici vietati nel periodo pandemico, quando non era possibile allestire mostre aperte al pubblico.

Una terza galleria torinese viene aperta da Raffaella De Chirico in via Barbaroux 16.

“Lo spazio di Via Barbaroux – precisa Raffaella De Chirico – è stato protagonista di quattro importanti personali, la prima del torinese Fabio Perino, la seconda del talentuoso artista albanese Arjan Shehaj, la terza di Matteo Procaccioli della Valle, con una proposta di architettura di viaggio abbinata a una selezione polaroid del progetto ‘Private’, di cui era presente il libro curato da Benedetta Donato e, infine, quella di Sergio Ragalzi, che comprendeva una testa atomica, un’ombra atomica, un embrione, una scimmia liquida e una testa atomica a scultura, e con cui prosegue la mia collaborazione considerandolo l’artista più strutturato con cui abbia lavorato. Proprio di Sergio Ragalzi porterò in mostra a New York le sue “Teste atomiche” e le “Scimmie”, tra i soggetti più conosciuti di questo artista e oggetto di diverse esposizioni da me curate”.

“Sempre di Ragalzi ricordo – aggiunge Raffaella De Chirico – la bellissima esposizione temporary, in occasione di Artissima, di una sua opera intitolata “La Grande Madre”, avvenuta in un locale sfitto di via Mazzini a Torino e che ha un valore oltre che artistico anche emotivo per me perché ha coinciso con la malattia terminale di mia madre. Questa sua Grande Madre piena di connotati femminili molto forti mi ha sempre emozionato e lo ritengo un tema personale molto caro. Considero Ragalzi un artista importante che ebbe grande visibilità negli anni Ottanta e Novanta e che aveva come gallerie di riferimento Sargentini con l’Attico a Roma ( nota per aver esposto i dodici cavalli vivi di Jannis Kounellis), la Bruno Grossetti a Milano e la Paludetto a Torino. Con questo artista vorrei organizzare proprio a New York Armory Show del 2024.

“A Torino – precisa Raffella De Chirico – gestisco gli artisti di primo e secondo mercato a seconda del cliente, e l’esposizione di opere viene soddisfatta attraverso mostre temporary, di cui la parte espositiva verrà mostrata a maggio durante i festival della fotografia. Si tratterà di una collettiva di fotografia ospitata in uno spazio temporary che sto scegliendo in questo periodo e di cui faranno parte tre artisti storicizzati e altri inediti, come sempre all’interno delle esposizioni da me organizzate”.

A Milano Raffaella De Chirico, dopo l’apertura di un primo spazio in via Farini, ha deciso di esplorare il quartiere di Brera aprendo una nuova galleria in via Monte di Pietà 1/a. La zona è dotata di una bella visibilità, ricca di turisti, di modo che la galleria possa godere del cosiddetto “pubblico casuale”. In galleria si accede tramite appuntamento.

La gallerista ha deciso di privilegiare, anche grazie all’apertura di questa galleria a Brera, l’attività di art advisor e di curare non più di due mostre all’anno, anteponendo la qualità artistica alla quantità.

 

Mara Martellotta

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

L’omaggio di Torino a Giuseppe Mazzini

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo

Collocato in via Andrea Doria, angolo via Dei Mille, precisamente sullo spiazzo di confluenza tra le due vie, Giuseppe Mazzini viene raffigurato in una scultura bronzea, seduto in atteggiamento pensoso, avente una mano poggiata a sostenere il capo e l’altra su un pastrano adagiato sulle gambe. Il piedistallo lapideo è ornato da simboli della classicità rappresentati superiormente da due tripodi, collocati ai lati della statua e inferiormente, da pannelli bronzei disposti in sequenza. Nel pannello centrale è rappresentata la lupa capitolina nell’atto di allattare i gemelli, in riferimento alla Repubblica Romana, mentre sui restanti prospetti figurano corone di lauro che circondano i nomi dei principali sostenitori di Mazzini. Il sottostante basamento presenta, anteriormente, dei gradini simmetrici in ascesa verso la scultura. Nato a Genova il 22 giugno 1805 (quando Genova era ancora parte della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese), Mazzini è stato un patriota, uomo politico, filosofo e giurista italiano. Costituì a Marsiglia nel 1831 la Giovine Italia, fondata sui principi di “Dio e popolo” e “pensieri e azioni” volti a promuovere l’indipendenza della penisola dagli stati stranieri e la costituzione dell’Italia fondata sui principi della repubblica. Anche se osteggiato dal protrarsi dell’esilio forzato e dai contrasti in patria con la ragione di stato (promossa da Camillo Benso Conte di Cavour e da Giuseppe Garibaldi), Mazzini perpetuò il suo impegno politico che contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato Unitario Italiano.

.

Nello stato riunificato risiedette nell’ultimo decennio della sua vita come “esule di patria”, sotto falso nome; morì a Pisa il 10 marzo del 1872. In Torino come in altre numerose città della nazione, quale atto di riconoscimento al suo impegno, fu eseguito postumo il monumento in suo onore. Per quanto riguarda la città di Torino, nell’intenso programma delle manifestazioni svolte nella città per il giubileo dell’Unità d’Italia, nel 1911, venne istituito un apposito Comitato per erigere un monumento in memoria di Giuseppe Mazzini, distintosi come uno dei principali rappresentanti del Risorgimento italiano. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Repubblicana Torinese, sorse in concomitanza alla ricorrenza del quarantesimo anniversario dal decesso del patriota genovese, di cui erano in corso i preparativi per le celebrazioni. Il Comitato sottopose all’Amministrazione comunale la domanda di aderire all’iniziativa ma la proposta venne osteggiata in quanto, si affermava, fosse avanzata da un gruppo partitico; per non pregiudicare l’esito della richiesta venne costituito un nuovo Comitato dichiarante l’estraneità ad ogni questione politica. Nel 1913 l’istanza di questo nuovo Comitato venne favorevolmente accolta dal Consiglio Comunale. Assunse l’incarico per l’ideazione del complesso scultoreo, Luigi Belli, docente presso la regia Accademia Albertina di Belle Arti ed esecutore di significative opere nella città. Belli accettò l’incarico senza richiedere alcun compenso per la sua attività (consapevole forse che sarebbe anche stata la sua ultima opera data l’avanzata età) ma domandò unicamente il rimborso per le spese sostenute nella realizzazione della proposta.

.

Nonostante la rinuncia dell’artista, il bozzetto dell’opera venne approvato stimando un importo considerevolmente superiore a quello stabilito per l’esecuzione del monumento, quindi per arginare i limiti economici incorsi, l’Amministrazione concesse una agevolazione per il pagamento del dazio sui materiali, contrattò con il Ministro della Guerra in Roma per l’acquisizione del bronzo necessario ad un prezzo agevolato, mentre il Comitato promosse una pubblica sottoscrizione presso municipi, istituti civili e militari nazionali. Successivamente i modelli in creta a scala reale della statua e di un altorilievo, furono inviati alla fonderia scelta dal Belli, con sede presso Milano, per eseguirne la fusione in bronzo; la statua bronzea ed il relativo modello in gesso, vennero recapitati a Torino, su un carro ferroviario atto al trasporto speciale, l’11 maggio 1917. Il complesso scultoreo fu posto in opera, nonostante fosse privo dell’altorilievo rappresentante la “Libertà” (non consegnata forse a causa di un compenso non corrisposto dal Comitato), figurando ugualmente come un altare alla repubblicana libertà. L’inaugurazione della scultura commemorativa dedicata a Mazzini si svolse il 22 luglio 1917. La cerimonia del monumento si celebrò in presenza di autorità nazionali e cittadine, in una città dall’atmosfera poco festosa a causa della popolazione mobilitata sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo.

 .

(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella

Il minitrampoliere sui 45 giri

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Nonostante la nostra rubrica sia strettamente musicale, non ci si stanca mai qui di richiamare suggestioni extramusicali che frequentemente si manifestavano sulle etichette dei 45 giri del rock (garage e non solo) americano degli anni tra 1963/64 e i primi anni Settanta. Ed è da sempre indiscutibile l’abitudine tutta “a stelle e strisce” di valorizzare e rendere quasi iconico qualsiasi aspetto della vita umana e (“latu sensu”) naturale della società nordamericana. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli, ma qui ne riportiamo uno legato ad una realtà intensa e significativa per “birdwatchers” e appassionati nello stato dell’Oklahoma. Nel periodo tra fine marzo e prima metà di aprile migliaia e migliaia di esemplari di uccelli migratori, dopo l’inverno trascorso in climi miti (Centro e Sud America), si spostano verso le vastissime aree canadesi transitando e sostando momentaneamente nelle terre dell’Oklahoma; le aree predilette di questa zona sono tradizionalmente Beavers Bend State Park (McCurtain County) e J.T. Nickel Preserve (Cherokee County). Poteva una realtà del genere passare inosservata per un brand musicale commerciale? Certo che no! E infatti registriamo nella zona di Norman (Oklahoma) l’esistenza di un’etichetta discografica, attiva tra 1964 e anni Settanta, il cui logo presenta un allegro pennuto canterino e ballerino su fondi con colorazioni parecchio variabili (dal giallo, al blu, all’arancio, al rosa, al bianco); il nome è inequivocabile: “Shore Bird Records”, dove “shorebird” è per l’appunto la denominazione generica di tutta una famiglia di trampolieri migratori (di taglia variabile) attivi lungo specchi d’acqua di vario tipo.

Etichetta eterogenea di medio-piccolo cabotaggio, spaziava tra rock ‘n roll, folk, country e garage rock; nonostante il suo carattere misto, è tuttavia ancora oggi nota agli appassionati di garage rock per la presenza di almeno tre incisioni del biennio 1966-1967, che evidenziamo in carattere maiuscolo nella lista riportata qui di seguito:

–  Freddy McDuff  “Jack Daddy / Streets Of Baltimore”  (SBR-7002)  [1964];

–  Melvin Nash  “In Front Of Your House / True Lovin’ Woman”  (SB-1001)  [1966];

–  THE ORFUNS  “Gettin’ it On / Put You Down”  (SB-1004)  [1966];

–  THE OUTCASTS  “I Wanted You / Little Bitty Man”  (SB-1005)  [1966];

–  Tom Rivers  “I Won’t Cry / Right Where You Want Me”  (SB-1007)  [1967];

–  Melvin Nash  “When The World Was Young / Sad Little Man”  (SB-1010)  [1967];

–  Russ Clements  “Lonesome Old World / I Love You Still”  (SB-1011)  [1967];

–  THE GROUP  “Yesterday Is Today / Tell Me Why”  (SB-1013)  [1967];

–  Blue Grass Country Boys  “What Will I Do Without You / I’m Hanging On”  (SB-1015) [1968];

–  Bobby Lee Warren and Cross Country  “I’ll Never Let You Go / Big Mable Rucker The Semi-Trucker”  (SB. 781)  [1978];

–  Wayne McDaniel  “Count The Tears / Pain Is Part Of Everyday”  (SB-7202);

–  Harold Campbell and The Country Rhythm Boys  “Rainbow On The Ocean / Red Bird”  (SBR-7001);

–  Leo Stephens  “Mister Be My Daddy / Don’t Throw Our Love To The Wind”  (SBS-402).

Gian Marchisio

Intervista esclusiva ad Andrea Villa, l’artista dietro il manifesto 1984 su Chiara Ferragni

/

Se avete passeggiato, pochissimi giorni fa, per le strade diTorino, esattamente in Via Reggio e in Corso Regio Parco, o avete seguito le ultime notizie sul Web e Social Network riguardanti la città di Torino e la Street Art, sicuramente avrete notato un manifesto d’arte che ha attirato l’attenzione di molti: si tratta di un’opera che raffigura la sagoma e il logo di Chiara Ferragni , la famosa influencer e imprenditrice, con la scritta “Big Sister is watching you” su uno sfondo a tema 1984 di George Orwell.

Quest’ultima impresa artistica, è una conseguenza agli ultimi e attuali fatti che coinvolgono l’imprenditrice digitale e lo scandalo del Pandoro Balocco, venduto nel periodo natalizio2022.

L’opera è un invito alla riflessione che riguarda non soltanto il caso citato.

Il manifesto è firmato da Andrea Villa, artista torinese che si occupa di arte digitale e street art, che ha lasciato un messaggio alla società contemporanea, influenzata dai mass media e dal web, e sul ruolo degli influencer nella formazione dell’opinione pubblica.

 

Abbiamo avuto l’occasione di intervistare in esclusiva Andrea Villa, che ci ha raccontato la genesi e il significato del suo manifesto, il suo stile artistico e i suoi riferimenti culturali, e la sua visione dell’arte di strada a Torino.

1 . Come abbiamo inteso, il tuo manifesto si focalizza sull’opera 1984 di George Orwell, il cui
libro potrebbe essere definito “una denuncia” contro le forze che tendono ad annullare la
libertà e la dignità individuale.In questo caso si parla del mondo dei mass media e del web,
una realtà che potremmo definire un’arma a doppio taglio. Com’è successo a ChiaraFerragni.
Qual è il tuo pensiero in proposito? Cosa ti ha spinto a creare questa tua nuova opera?
Quale messaggio l’artista Andrea Villa vuole lanciare?
 
–Ho deciso ultimamente di concentrare il mio lavoro sui concept culturali, visto che sembra che la scena di street art mainstream sia concentrata perlopiù solamente a seguire i trend del momento. Volevo si parlare di temi attuali, ma con un punto di vista distaccato e analitico. L’ arte deve sempre essere analitica, e mai farsi trascinare dai sentimenti e dalle opinioni di attualità o modaiole. Far ragionare su come funzionano i meccanismi della società moderna è il fulcro del mio lavoro, e non voglio essere politicizzato o riferito ad una determinata parte politica e di pensiero: preferisco lavorare con libertà intellettuale solo su temi che ritengo importanti, senza prese di posizione.
 
2.Come hai scelto il luogo e il momento per esporre il tuo manifesto su Chiara Ferragni? C’è un
significato simbolico o una strategia di comunicazione dietro la tua scelta?
 
–Il luogo l’ ho scelto perchè era in una zona molto frequentata da giovani, ovvero adiacente l’ Università, che è il target di persone che potrebbe capire questo tipo di lavori.
E’ inoltre una zona molto frequentata da pedoni, che così possono vedere bene il mio lavoro, mentre spesso chi usa le automobili non ha tempo di fotografare.

3. Credi che il tuo manifesto possa avere un effetto educativo o critico sulle persone che lo
vedono?
 
–Io cerco solo di dare degli spunti di riflessione, non voglio educare nessuno. Sta allo spettatore analizzare e decidere il suo punto di vista.

· 4. Cosa pensi del ruolo degli influencer nella società contemporanea e del loro impatto sulle
scelte delle persone?
 
–Penso che se decidi di parlare di qualcosa, o lo fai con spirito di amatorialità oppure se sei serio rischi di creare dei danni, poichè ci sono persone che studiano apposta determinati argomenti e non puoi improvvisarti storico, matematico o medico. A meno che tu non sia un divulgatore, ma il confine è labile
·
· 5. Come valuti la reazione del pubblico e dei media alla tua opera? Hai ricevuto critiche o
apprezzamenti?
 
— Soprattutto apprezzamenti, molti mi hanno fatto i complimenti per il testo critico che ho scritto sul mio lavoro. Non credo perchè fosse particolarmente bello, piuttosto perchè penso che nei lavori di street art di alcuni miei colleghi manchi una ricerca concettuale, e basta fare un lavoro analitico minimo per poter “emergere” dai concorrenti.

· 6. Come definiresti il tuo stile artistico e quali sono i tuoi riferimenti culturali e artistici?
 
–Mi riferisco sopratutto alla street art e all’ arte digitale, mi ispiro molto al cyberpunk e al movimento Dada. Rielaborare le immagini che esistono già è il fulcro del mio lavoro.

7. Ultima domanda. La città di Torino, da Artista Street Art, pensi sia “un terreno fertile” per
questa forma d’arte?
 
— Si assolutamente, è una città che mi ha aiutato molto e mi segue molto a livello creativo

 

Ringraziamo Andrea Villa per il suo tempo e per aver realizzato con noi questa intervista.

Cristina Taverniti

Le Venezie di Marco Polo 700 anni dopo

Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia”. Perché le Venezie di Marco Polo sono tante e si possono visitare e scoprire nel libro di Ermanno Orlando “Le Venezie di Marco Polo, storia di un mercante e delle sue città”, il Mulino. Lo storico medievista di Ca’ Foscari ci porta in viaggio nelle città che Marco ha conosciuto e attraversato. Con una particolarità: il grande viaggiatore resta sullo sfondo mentre i luoghi visitati si prendono per intero la scena. E così vediamo Venezia, vissuta, lasciata e ritrovata, e poi salperemo per San Giovanni d’Acri, Trebisonda, Costantinopoli, Tabriz… e infine torneremo a Venezia, “la città continuamente cercata nelle altre e cambiata nello spazio di un viaggio che pareva infinito”. Sono trascorsi 700 anni dalla morte di Marco Polo, il 9 gennaio 1324, e su di lui esiste una montagna di libri tradotti in numerose lingue che narrano le sue straordinarie vicende di viaggio che aprirono agli europei il lontano e leggendario Oriente, raccontate da numerosi autori. Pochi anni fa un’esposizione eccezionale al Mao di Torino ci fece conoscere anche l’anima dell’esploratore e i suoi segreti. Per alcuni mesi nelle sale del Museo d’arte orientale fu esposto il testamento di Marco Polo, una riproduzione perfetta della pergamena originale di pecora su cui il viaggiatore e scrittore veneziano dettò le sue ultime volontà poche ore prima di morire.
È il 1271 quando il giovane Marco insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo partono da Venezia che a quell’epoca era una metropoli multietnica con 100.000 abitanti. Prima tappa San Giovanni d’Acri in Terra Santa, poi un lungo itinerario attraverso Turchia, Persia, Afghanistan, il deserto del Gobi e nel Catai, la Cina del nord, alla corte di Qubilay, il Gran Khan dei Mongoli, nipote di Gengis Khan. In Cina i Polo resteranno quasi vent’anni prima di ripartire per Venezia che rivedranno nel 1295 dopo un altro viaggio avventuroso. Viaggiatore, scrittore, ambasciatore e mercante, Marco Polo ha raccontato i suoi viaggi in Asia e in Estremo Oriente nell’opera letteraria “Il Milione”, un’enciclopedia geografica conosciuta in tutto il mondo. A San Giovanni d’Acri, nelle terre crociate, scopriamo scorci di Venezia tra la fortezza dei cavalieri templari, il palazzo del bailo, il bazar, i bagni e le taverne per i mercanti che affollavano la città che a fine Duecento contava 40.000 abitanti. “Chiunque giungeva ad Acri vi respirava Venezia nella foggia degli edifici, nel vociare dei commercianti, negli odori dei cibi, negli stili di vita…E poi Costantinopoli, “la più nobile tra le capitali del mondo, per tre ottavi veneziana, così bella da togliere il fiato, con le sue possenti mura, le smisurate cupole, le sue colonne svettanti”. I veneziani erano di casa a Bisanzio che, al passaggio dei fratelli Polo, contava ben 400.000 abitanti. Il loro quartiere era immenso, ben più ampio di quello delle altre colonie straniere presenti in città. Erano ricchi, potenti e anche prepotenti, “spadroneggiavano come se tutto fosse loro concesso, senza leggi e senza scrupoli, lasciando agli altri solo le briciole”.
A quasi 70 anni Marco Polo si ammalò gravemente. Il viaggiatore-mercante stupisce il mondo con il suo favoloso viaggio e sorprende anche per il suo testamento. In punto di morte chiama un notaio e nella sua camera da letto, pur molto provato nel fisico ma ancora estremamente lucido, decide di donare parte delle sue ricchezze alla chiesa per salvarsi l’anima, denaro e beni alla moglie e alle figlie in un momento storico nel quale si lasciava tutto ai maschi. E tra i beni lasciati ai parenti ci sono anche oggetti favolosi come stoffe in oro, drappi di seta, il pelo di yak, pietre e perle di gran valore. La pergamena-testamento è stata ritrovata all’interno di un manoscritto veneziano. Molti studiosi avrebbero voluto esaminarla da vicino ma i rischi di danni per l’usura erano gravi. Così nel 2016 il ministero dei Beni Culturali e la Biblioteca Marciana decisero di realizzare una copia perfettamente corrispondente al testamento originale. Venezia celebrerà i sette secoli dalla morte di Marco Polo con una grande mostra a Palazzo Ducale dal 6 aprile al 29 settembre.
Filippo Re
nelle foto:
Libro “Le Venezie di Marco Polo”, il Mulino
San Giovanni d’Acri (oggi Akko in Israele), ricostruzione delle fortezza Templare
Marco Polo lascia Venezia, miniatura del XV secolo