CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 124

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Marco Meier “Ingemaus” -Feltrinelli- euro 22,00

Marco Meier ci racconta i primi 29 anni di questa donna straordinaria, morta a 87 anni, il 20 settembre 2018, della quale molto sappiamo nelle sue vesti di editrice lungimirante. Ma in queste pagine conosciamo la sua vita antecedente l’incontro con Giangiacomo Feltrinelli.

Era nata con il cognome Schöntal in Germania, a Essen, il 24 novembre 1930, da padre ebreo e madre luterana. In famiglia la chiamavano Ingemaus (topolina), e di fatto risultava una mezzosangue perseguitata dai nazisti; istruzione scolastica negata e rischio di essere deportata. Il padre Siegfried riuscì a mettersi in salvo perigliosamente e grazie al coraggio della moglie; ma oltreoceano si rifece una vita senza tornare più indietro.

Inge cresce con la madre Trudel, donna dalla tempra d’acciaio, che unisce il suo destino a quello di un ufficiale delle cavalleria tedesca, Otto. Uomo per bene che diventa un patrigno amorevole e riesce a proteggere la sua nuova famiglia per un certo tempo tra le mura della caserma di Gottinga. Ma con la fine della guerra perde tutto e la famiglia precipita verso la fame, tanto più che sono nati i fratellastri di Ingemaus, Maren e Olaf.

Nel libro scorrono l’infanzia di Inge, le amicizie, gli studi; poi finita la guerra, nel 1950, carica la sua bici gialla su un furgone, e parte in direzione Amburgo verso un futuro tutto da costruire.

Ci riuscirà benissimo. Gli inizi sono come assistente della fotografa Rosemarie Pierer. Inge dorme in uno stanzino, ma impara tutto il possibile sull’arte della fotografia. E’ minuta, bellissima, intrepida, impertinente, intuitiva, spavalda e anche fortunata; temeraria e capace di affrontare mille difficoltà, superandole, finisce quasi sempre per trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

Decide di voler diventare una fotoreporter e nulla più la fermerà. Inizia a lavorare per la popolare rivista femminile “Constanze” e ben presto si distingue come una delle fotoreporter tedesche più ricercate. Inizia a girare il mondo e inanella un reportage di successo dopo l’altro.

Decisivi per il salto di carriera lo scoop della foto che coglie la diva Greta Garbo per strada, e le apre la porta di “Life” ovvero l’Olimpo dei fotografi; quando arrivi su quelle pagine sei in vetta. Poi varca le porte dei maggiori fotografi, spesso senza neanche un appuntamento. Semplicemente e arditamente si presenta e conquista con la sua personalità pezzi da novanta come Avedon, Rawlings, Blumenfeld.

Tra gli incontri e gli scatti più importanti Anna Magnani, Billy Wilder, Haudrey Hepburn, ma anche Churchill e Kenndey. I colpi maestri sono Picasso ed Hemingway che la ospita a Cuba per tre settimane e lei ritrae con il famoso Marlin appena pescato.

E’ una fotoreporter di conclamato successo quando incontra a una festa il giovane editore italiano Giangiacomo Feltrinelli, i due si innamorano e si sposano. Inizia così la seconda vita di Inge, il cui ingresso in casa editrice si rivelerà strategico, soprattutto per la sua abilità nel tenere i contatti con gli scrittori internazionali.

E sarà lei a salvare la Feltrinelli dal disastro dopo che il marito si lega ai gruppi armati di estrema sinistra, e muore il 15 marzo 1972, ufficialmente dilaniato dalla bomba che stava per far detonare ai piedi di un traliccio dell’alta tensione a Segrate.

 

 

Cathleeen Shine “Qui tutto è possibile” -Mondadori-

Euro 20,00

La Shine, nata a Westport in Connecticut nel 1953, diventata famosa con “La lettera d’amore” nel 1996, questa volta ci avvolge con una storia che ne racchiude tante altre – dal nazismo a Hollywood- e ruota intorno a una protagonista strepitosa.

Solomea (Mamie) Künstler è un’arzilla splendida signora di 93 anni -capelli rossi, orgoglio di razza e tempra di acciaio- che vive in una villa di Venice con un cane San Bernardo e l’amica-domestica-braccio destro Agatha, che è pure mezza sorda.

Durante il lockdown ospita il nipote Julian, 24enne intelligente che non sa ancora bene cosa fare da grande; forse lo sceneggiatore, e per il momento è ben felice di fare da chaperon alla nonna che si è rotta il polso e vive vicino a Hollywood.

Julian è alla ricerca di ispirazione e non potrebbe trovare di meglio della storia di quella nonna incredibile che gli racconta la sua lunga vita, degna di un romanzo.

Mamie, di famiglia ebrea, aveva 11 anni nel 1939, quando insieme ai genitori artisti e al nonno, era fuggita da Vienna invasa dai nazisti e, a bordo del transatlantico Ȋles de France, aveva raggiunto l’America, terra di nuove opportunità.

La famiglia si era poi stabilita in una villetta sul litorale di Santa Monica, a due passi da Hollywood, che in quegli anni divenne avamposto della Mitteleuropa dando lavoro a rifugiati di ingegno e talento.

I Künstler si trovarono così a gravitare proprio nel glamour hollywoodiano: tra lavoro, party, émigré esponenti del mondo del teatro (noti alla madre) e della musica (che conoscevano il padre). Una sorta di colonia europea che annoverava personaggi del calibro di Thomas Mann, Bertolt Brecht, il regista, attore, sceneggiatore e produttore cinematografico Ernst Lubitsch, tedesco naturalizzato statunitense. E ancora, Scönberg e Stravinsky, ma soprattutto la divina Greta Garbo.

Ed è intorno all’attrice che il racconto della nonna si fa ancora più intrigante. Perché tra i tanti capitoli del passato c’è anche la relazione romantica….e forse non solo…tra la giovanissima Mami e la diva che insieme scompaiono per un periodo. Ma tra gli aneddoti e i ricordi di una vita lunga quasi un secolo ci sarà molto di più …

 

 

Pierre Adrian “I giorni del mare” -Atlantide- euro 22,00

Non per caso si tende a tornare spesso in uno stesso luogo per le vacanze; e non per caso il giovane protagonista 30enne Andrea fa ritorno nella casa di famiglia in Bretagna, a Brest. Luogo avito e magico in cui ha trascorso innumerevoli estati che l’hanno formato.

Nella casa bretone dell’infanzia si ritrovavano ad agosto nonni, zii e cugini, anno dopo anno tutti amorevolmente insieme, secondo i soliti ritmi consolidati e diventati certezze.

Il breve romanzo del francese Pierre Adrian, giovane talentuoso, nato nel 1991, è un tenerissimo tuffo all’indietro nel passato che si trasforma ora in dolce malinconia. Andrea scandisce capitoli che riproducono quei ritmi lenti, vacanzieri, di giochi, scorribande e nuotate insieme alla pletora di cugini.

Un ritmo pacato in cui si affacciano personaggi memorabili, a partire dalla nonna quasi centenaria, scenari meravigliosi come le spiagge bretoni con alte e basse maree a rendere indimenticabile l’aurea del luogo. Ritornano alla mente di Andrea le estati fatte di momenti infiniti, le colazioni tutti insieme sotto il portico, i bagni di mare e le pigre serate nei letti pieni di sabbia. Poi gli incontri con nuovi amici, come Anna, conosciuta quando era bambino e di cui aveva perso i contatti; e uno su tutti il cuginetto Jean che rimane nel cuore.

 

 

Francesca Sgorbati Bosi “Nobili contraddizioni” -Sellerio- euro 20,00

In questo accurato saggio, la studiosa del Diciottesimo secolo in Francia e Gran Bretagna, racconta come in quel tempo in Inghilterra fu messo a punto un nuovo codice di comportamento con lo scopo di differenziarsi dai detestati francesi.

Con l’ambizione di creare una nazione di eroi in grado di conquistare il mondo, elaborarono un modello preciso di donne e uomini inglesi al quale bene o male il paese si adattò.

Alcune contraddizioni però non vennero sanate da questo galateo. Per esempio, il gentiluomo inglese doveva avere il massimo self control, ma nella realtà la violenza serpeggiava anche nelle scuole. Tra gli altri ideali c’erano: onestà e lealtà (ma adulteri e scandali imperavano); razionalità (ma si perdevano fortune al gioco d’azzardo); buon gusto e sobrietà (ma andavano pazzi per le feroci lotte tra animali che invece scandalizzavano gli stranieri). E tra i numerosi dictat anche l’essere cosmopoliti (eppure giravano per il mondo pieni di pregiudizi inscalfibili) e andare fieri della libertà inglese (ma le donne non ne usufruivano).

Molte contraddizioni non si risolsero, ma insieme al galateo elaborato nel Settecento, crearono il British Style che, nel bene e nel male, tutt’ora conosciamo.

L’autrice riesce a raccontare tutto questo in modo documentato, ma anche divertente e facilmente accessibile. Sottolinea come gli inglesi, a differenza di francesi e italiani, impressero al loro galateo un forte significato nazionalistico che li identificava.

Mettendo a punto una sorta di politeness dettagliata ci si ispirò al comportamento degli aristocratici, e si sostenne che per essere considerati dei veri gentleman occorreva comportarsi esattamente come loro.

 

Rock jazz e dintorni a Torino. “Divina Commedia” rap per Tedua, il sold out per Giorgia

/

Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Al teatro Carignano prosegue fino a domenica “Fred!”, tributo a Buscaglione, di e con Matthias Martelli, le musiche live del sestetto di Fabio Bosso e la regia di Arturo Brachetti. Al Le Roi recital di Don Backy.

Martedì. Al Pala Alpitour tutto esaurito per Tedua e la sua originale versione rap de “La Divina Commedia”. In scena al Blah Blah, tributo al Bowie berlinese da parte del trio composto da Fabio Bosco, Luca Swanz Andriolo e Onyricon. All’Osteria Rabezzana una serata di musiche da film con l’Ensemble di Marco Nieloud. Al Circolo della Musica di Rivoli luci puntate sul gospel dell’americano di Cleveland, Pastor Ron. Allo Spazio Varco di Cuneo microfoni per François Camburzat.

Mercoledì. Al Pala Alpitour gran serata per Giorgia, anche lei ad un passo dal sold out. Al Cap10100 il pop elettronico del duo scandinavo Lust for Youth.

Giovedì. Ancora al Pala Alpitour, arriva il tour di Irama e Rkomi. Al Barrio, dalla scena punk di New York, luci su The Casualties. All’Hiroshima Mon Amour il cantautore salernitano Napoleone; all’Off Topic la musica di Narratore Urbano. Al Cafè Neruda il jazz del quartetto di Sandro Gibellini e Riccardo Zegna. Al Bunker, per quattro serate di seguito, Carlo Roncaglia è il protagonista di “Canzoni delle osterie di fuori porta”, spettacolo omaggio all’arte di Guccini. I 99 Posse suonano al Cinema Vekkio di Corneliano d’Alba; Elio e le Storie Tese si esibiscono allo Splendor di Aosta.

Venerdì. All’Hiroshima Mon Amour i Casino Royale; al Folk Club l’Elastic Trio di Riccardo Tesi; allo Spazio 211 i Sick Tamburo. Il duo veneziano Queen of Saba è on stage all’Off Topic e la milanese Caro Wow suona al Capodoglio. L’Imbarchino ospita i livornesi Weekend Martyr e i bolognesi Di Notte. Il dj statunitense Seth Troxler è sotto i riflettori dell’Audiodrome di Moncalieri e l’ex frontman degli Iron Maiden, Paul Di’Anno, è ai microfoni del Civico 25 di Casellette.

Sabato. Al Pala Alpitour ancora un sold out, questa volta per lo show di Calcutta. All’Auditorium del Lingotto suona per beneficenza Stefano Bollani; James Walsh, degli inglesi Starsailor, si esibisce in solo al Folk Club. Allo Spazio 211 il rap di Radical; allo Ziggy il metal dei Plakkaggio. Al Magazzino sul Po palcoscenico per il toscano Andrea Guerrini, in arte Arco, a seguire i siciliani Basiliscus. Allo Zac di Ivrea live show degli X-Mary; al Palco 19 di Asti luci accese per i Folkstone.

Domenica. Al Blah Blah la musica di Surfer Joe e della sua band. Per Novara Jazz, al Piccolo Coccia (alle 11,30) tocca al tributo “The Jazz Side of Bacharach”: suonano il Wally Allifranchini Quartet e Fabrizio Bosso.

Pier Luigi Fuggetta

L’università ricorda Giorgio Cavallo

VENERDÌ 15 DICEMBRE ALLE ORE 17 nell’Aula Magna “Giorgio Cavallo” dell’ Università di Torino, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche (Via Santena 9), avrà luogo un convegno dedicato al “RICORDO di GIORGIO CAVALLO a 100 ANNI DALLA NASCITA”.
Interverranno:
Prof. Stefano GEUNA, Rettore Università di Torino
Prof. Alessandro NEGRO PONZI, Microbiologo
Prof. Giovanni BUSSOLATI, Accademico dei Lincei
Prof. Guido FORNI, Accademico dei Lincei
Prof. Piero CAPPUCCINELLI, Accademico dei Lincei
Prof. Pier Franco QUAGLIENI, Direttore Centro “Pannunzio”
Dott. Carlo DI GIAMBATTISTA, Presidente della Famiglia Abruzzese e Molisana.

Il presepio vivente di San Francesco, il primo della storia

Città e paesi si preparano ad accendere la magia del presepe vivente. Accanto al presepio originale che riscalda e illumina le nostre case è sempre più consolidata la tradizione del presepe vivente con decine e anche centinaia di figuranti che danno vita ad una processione lungo le vie dei borghi e a una vera rappresentazione della Natività. I paesi sono coinvolti in modo intenso, le scenografie e i costumi sono realizzati dai residenti e vengono ricostruiti i luoghi e i personaggi della Terra Santa di duemila anni fa, con i pastori, i soldati romani, il mercato e le botteghe artigiane. In modo molto più semplice di come avviene oggi ma non per questo meno suggestivo fu la preparazione del primo presepio vivente della storia, 800 anni fa, in un paesino del Lazio, a Greccio, in provincia di Rieti, pensato, voluto e preparato con le sue mani nientemeno che da Francesco d’Assisi. Era il 1223, dopo un viaggio in Terra Santa Francesco d’Assisi rimase molto impressionato dalla rappresentazione del Natale nei luoghi sacri del cristianesimo e il borgo di Greccio, a 700 metri di altezza, gli ricordava Betlemme. A quel punto sorse in lui il desiderio di rievocare la nascita di Gesù e di farlo in mezzo alla natura, con una grotta, la mangiatoia, il bue e l’asinello. Il 24 dicembre 1223, a mezzanotte in punto, si animarono i personaggi del primo presepe vivente della storia e da quel giorno Greccio divenne un paese famoso in tutto il mondo e ogni anno, a Natale, si rivive la stessa atmosfera di ottocento anni fa. Il presepe di Greccio è la tredicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco della Basilica Superiore di Assisi, attribuiti a Giotto, dipinta alla fine del Duecento.            Filippo Re
nella foto  il Presepe vivente di Greccio, autore Giotto

Da signora della danza a Cavaliere della Repubblica…

Il 14 dicembre, dalle mani del Prefetto Loredana Furno riceverà l’ onorificenza per una vita dedicata alla danza, dopo aver portato l ‘arte di Tersicore in tutto il mondo e formato migliaia di danzatori, tra cui Roberto Bolle.
Grande artista, danzatrice dal temperamento drammatico, imprenditrice di successo ha portato il talento torinese in tutto il mondo con la sua compagnia Teatro di Torino

All’età di nove anni muoveva i suoi primi passi nella scuola del Teatro Regio di Torino.
Scuola che allora era gratuita. Era diretta fra l’altro da Grazioso Cecchetti appartenente alla celebre famiglia. Dopo di lui subentrarono il figlio Riccardo e poi Regina Doria.
Entrò con audizione nella scuola di Susanna Egri, i primi lavori in Rai,
Collaboratrice di Massimo Mila all’ Unità, arrivò al Teatro Alla Scala sotto la direzione di Luciana Novaro. Lavorò molto per affinare la sua tecnica, fino ad arrivare ad assumere il ruolo di prima ballerina, prima a Milano e poi al Teatro Regio di Torino dove rimase per quindici anni. Ha lavorato con la compagnia di Carla Fracci con ruoli importanti fino al 1976 quando dopo anni di tournée decise di tornare a Torino a gestire la scuola di danza del Teatro Nuovo con la figlia del sovrintendente del Teatro Regio, Germana Erba.
Un anno dopo venne costituito il Collettivo di Danza fino al 1983 data di fine sodalizio con i Mesturino e trasformazione della Compagnia in Balletto Teatro di Torino, che tutt’ora esporta danza e coreografie sotto la guida della figlia Viola Scaglione.

GABRIELLA DAGHERO

Mostre d’arte al MIIT

Al museo MIIT museo internazionale Italia arte due doppie inaugurazioni di mostre giovedì 23 nov3mbre alle 18 e giovedì 30 novembre

Al museo MIIT, Museo Internazionale Italia Arte, si sono tenute due doppie inaugurazioni giovedì 23 novembre alle 18:00 e giovedì 30 novembre sempre alla medesima ora. Il 23 novembre scorso è stata inaugurata la mostra “Torino contemporanea” curata in occasione del mese dell’arte contemporanea. In mostra le personali di Leo Giampaolo, Kuris Akis, Anna Rota Milani e una selezione di artisti stranieri e italiani contemporanei che dialogano con linguaggi e stili diversi, ma molto suggestivi e efficaci, sviluppando ognuno con le proprie idee una personale visione dell’arte contemporanea attraverso ricerche e sperimentazioni creative.

La personale di Leo Giampaolo, dal titolo “Fiori perduti”, si concentra sulla sua visione pop della vita e della memoria attraverso una scelta di opere profonde nel significato, ma estremamente godibili nei vibranti cromatismi accesi. Il significato autentico dei suoi lavori si esprime nei dettagli e nei simboli che abitano le opere di Leo Giampaolo che, come scrive, “rappresentano fiori già dispersi nel cielo, poi preservati in una prigionia platonica come esemplari florilegi dei nostri valori perduti che, disfacendosi, vanno a combinarsi in un infinito senza ordine”.

La personale di Kuris Akis si muove all’interno dell’idea di esprimere i motivi del cuore e dell’anima dell’artista, trasmettendoli all’osservatore con una diretta e potente espressione. La società con tutte le sue ingiustizie, la spiritualità e l’afflato verso il Divino e l’Eterno, la denuncia dei mali del mondo sono solo alcuni temi sviluppati da Kuris Akis, attraverso una pittura concettuale fortemente simbolica che attinge dal mito e dal contemporaneo con una forza iconografica di alta suggestione. I suoi personaggi fantastici e le sue figure ancestrali sono semplicemente l’incarnazione, come per gli antichi, delle nostre paure e dei nostri tormenti della parte più oscura di noi che però, nell’arte di Kuris Akis, lascia spazio all’ironia e alla speranza che esorcizzano l’oscuro.

La personale di Anna Rota Milani è incentrata su una serie di opere dedicate alle città vuote, metafisiche e dinamiche rappresentazioni metaforiche della solitudine dell’uomo e della sua perenne ricerca di identità. La città diventa un palcoscenico silente dello scorrere inesorabile del tempo, uno spazio mentale in cui l’essere nasce, lavora ed esiste immerso nel vortice del tempo. La città vuota assume i contorni delle “Città invisibili” di Italo Calvino, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita. Osservate sotto una lente di ingrandimento che mette a fuoco la crisi della vita urbana, quasi un sogno, come lo definì lo scrittore, che nasce dal cuore delle città invivibili. Le città di Anna Rota Milani sono però anche ricordo e memoria di viaggi e scoperte, proprio come il racconto di un viaggiatore ritorna il topos letterario del Marco Polo calviniano e di tanta parte della letteratura di ogni tempo, e l’artista ne evidenzia con una pennellata rapida e il segno deciso, la tendenza al monocromo, l’essenzialità delle linee prospettiche e degli spazi.

La mostra prosegue con la collettiva degli artisti italiani e internazionali che presenta le opere di diversi artisti: Aase-Hilde Brekke, impegnata nella ricerca spirituale e buddhista, Francesca Coccurello, Silvia de Franceschi, Maria Laura Olivieri, Mauro Russo e Vincenza Spiridione sono artisti seguiti dalla galleria Gregorio VII di Roma, con cui il MIIT collabora da tempo. Francesca Coccurello esprime, nelle opere che raffigurano radici contorte, non soltanto il suo amore per gli elementi naturali, per la continua metamorfosi ma anche il concetto intrinseco delle origini dell’uomo, in particolare le condizioni delle donne africane e non solo, simbolo di resistenza e fatica dignitosa del vivere. Silvia de Franceschi dipinge en plein air i paesaggi che le suscitano emozione, fortemente dinamici e contrastati nelle pennellate, sempre terse, pure nel colore e capaci di esprimere un’idea di bellezza e speranza, simboliche e rarefatte fino al punto di suggerire solamente il soggetto lasciando allo spirito più che all’occhio il gusto di goderne appieno la luce. Maria Laura Olivieri conduce una ricerca basata sullo studio della figura e sul dinamismo del segno della pennellata, che diventano strumenti di intima indagine psicologica. Rappresenta l’aspetto nascosto di ognuno, quello che esprime la vera essenza dell’essere pur essendo spesso celato e complesso. Mauro Russo e la sua pittura impressionista raccontano paesaggi e vedute naturali con vivacità espressiva e rapidità di sintesi gestuale sempre ritmata da accostamenti di colori puri, capaci di conferire alle opere verità e vitalità. L’effetto ottico crea profondità e prospettiva, contrasti pulsanti di energia e di luce. Vincenza Spiridione esprime la sua arte con una visione tra il figurativo e l’astratto, sempre concettuale e simbolica nella definizione del tema. La Spiridione, pittrice e scultrice, osserva il mondo e ne sintetizza l’essenza plasmando la materia dall’argilla al gesso, dalla pietra al bronzo, fino al plexiglass, al polistirolo, al poliuretano, creando sculture dal messaggio informale ma sempre riconoscibile nella figurazione. In pittura dà vita a forme e colori modulati che raccontano storie, figure e momenti, denunciando i mali del nostro mondo.

Oltre a questi artisti, in mostra figurano le opere di Claudio Bellini, che si esprime con oggetti in resina, di design e arredamento, dalle scacchiere alle piramidi che racchiudono piccoli universi vegetali come composizioni di fiori di erbe, oppure oggetti della memoria che scandiscono il tempo, come gli orologi immersi nella resina e bloccati per sempre a testimoniare un momento, dai simboli alchemici agli oggetti di moda come i farfallini, che possono donare un tocco di originalità a ogni vestito. La sua arte è orientata al quotidiano, all’utilizzo gioioso e giocoso del manufatto che acquista così una valenza profonda di arte, eleganza e bellezza. È istintiva e gestuale la pittura di Federica Bertino, che non persegue tematiche specifiche, se non la sua sete di libertà e giustizia, che le permette di raccontare le sue e le altrui emozioni con una pittura veemente, gestuale, fantastica e onirica al tempo stesso.

Patrizia Caffaratti dona ad ogni soggetto l’essenza della sua anima con dinamismo e felicità. Secondo Capra realizza opere in vari materiali anche di recupero e la sua arte è orientata al mondo naturale e ai suoi archetipi culturali, come l’albero.

Sergio Cavallerin presenta alcune caratteristiche estroflessioni su tela, sintetiche e concettuali. Dalla fotografia al fumetto, dai polimeri all’arte dell’illustrazione, dall’arte dinamica alla pop art, indagando l’universo artistico a 360 gradi. Cavallerin gioca con l’arte con una rigorosa visione stilistica e un coerente percorso espressivo.

Giorgio Cestari è maestro maturo e risolto nella sua espressione del mondo sempre condotta con veemente gestualità pittorica e potenza cromatica. I suoi dipinti dalla tecnica tradizionale, ma sempre nuova nella composizione originale inaspettata, trasmettono una vibrante emozione nella luce e nel loro segno istintivo. La natura, la visione dal vero, la freschezza dell’istante colto con maestria e sensibilità,diventano la cifra stilistica inconfondibile dell’artista, attento a cogliere il momento e lo spazio che definiscono una storia.

Ettore Della Savina ha al suo attivo centinaia di mostre e presenze ai massimi livelli istituzionali e la sua arte è una pietra miliare della cultura non soltanto torinese. Antesignano di tecniche pittoriche e elaborazioni sperimentali, Della Savina esprime la genialità che ha segnato tutta la seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri, trattando tecniche e stili diversi, dalla pittura tradizionale alle ricerche sulla videoarte.

Un altro artista in mostra è Giuseppe Firera, che presenta un pastello su carta pastelmat, astratto e definito nelle forme e nei volumi, dando vita a una pittura dal sapore spazialista e optical, suggestivo e coinvolgente nella sua impostazione tecnica e cromatica. Il monocromo, bianco e nero, fa risaltare il contrasto, elemento simbolico delle catene. Il titolo dell’opera è “Chains”, in cui le catene costringono e liberano al contempo l’essenza di ognuno.

L’artista Enzo Forgione, vincitore del premio Trieste 2023, presenta i suoi lavori dedicati alle orchidee, fiori come elementi simbolici, tra iperrealismo e astrazione dall’elegante armonia cromatica, calibrati nelle trasparenze tonali e nelle composizioni complesse. Degni di nota sono i lavori geometrici dell’artista Jessica Gabbai Poliakoff, veri e propri alfabeti contemporanei dai cromatismi accesi e definiti. Si tratta di un’artista eclettica che si occupa di ceramica, design, moda, dal linguaggio contemporaneo basato sullo studio delle forme e dei colori.

Vito Garofalo e le sue anime dai mille volti e dalle mille sfaccettature tutte da scoprire, sta percorrendo una strada pittorica a artistica incentrata sul sentire intimo delle emozioni.

Un’artista tradizionale è Maria Pia Giacomini, che presenta una selezione di opere dal sapore fauve, molto valida nel saper trasmettere emozioni colte al momento attraverso una pittura en plein air.

Proseguono l’esposizione i lavori di Fonachi, sempre elegante e raffinata nella sintesi segnica dei suoi paesaggi immaginati. A Santina Portelli è dedicato un omaggio per ricordarne l’energia vitale, artistica e umana attraverso le sue pitture inconfondibili per atmosfere e poesie. Maria Elena Ritorto è presente con due lavori dal forte impatto coloristico e tonale, a metà tra il figurativo e l’astratto, realizzati con una pittura materica e incisiva.

Massimo Ricchiuto è maestro indiscusso dell’arte contemporanea non soltanto nel panorama italiano e non solo, presenta una composizione complessa e materica, ricca di accesi cromatismi e di profondi contrasti. Utilizza resine, stucchi, pigmenti, assemblaggi di materiali diversi, che abitano le sue tele trasmettendo all’osservatore l’essenza dell’anima dell’artista in un rimando di forte impatto emotivo e psicologico. Nei suoi lavori il colore, il segno, I tagli di luce che si creano in modo naturale con i giochi dei chiaroscuri diventano metafore delle mille sfaccettature dell’esistenza e dello spirito.

Anche Cesare Savani ama raccontare il mondo attraverso l’arte, questa polimaterica, realizzata con oggetti e elementi naturali di supporto e di recupero, pittosculture intense nei colori e nella complessità della composizione. L’artista lascia al pubblico il compito e il piacere di dare un eventuale significato alle opere, ma ne suggerisce uno più profondo, come nell’opera intitolata “Genetika”, giocata sulla contestuale fusione e dissoluzione delle forme. Marco Wilme esprime una ricerca artistica indipendente, onirica e psicologica al tempo stesso, simbolica e metafisica nell’indefinita strutturazione dello spazio. Nell’astrazione delle immagini Marco Wilme ritrova l’energia creativa che si esprime nelle sfumature dell’olio, nelle velature attente e profonde, in un’intima ricerca di una luce personale, capace di diventare espressione universale.

L’arte di Marco Wilme palpita e vive delle sue emozioni.

 

Museo MIIT Corso Cairoli 4

Torino contemporanea

Mostre personali di Anna Rota Milani, Kuris-Akis e Leo Giampaolo

 

Mara Martellotta

Cenerentola. Rossini all’opera al Teatro Concordia

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Domenica 10 dicembre, ore 16

 

Per Favole a Merenda un percorso di avvicinamento alla musica attraverso il confronto tra le forme musicali classiche e le forme narrative teatrali

 

 

Con “Cenerentola. Rossini all’opera” si entra nel mondo dell’opera, per assistere alle vicende del grande compositore Gioachino Rossini, colto nel momento in cui sta creando la sua nuova opera “Cenerentola ossia il trionfo della bontà”. Rossini viene immaginato immerso nel suo mondo musicale, nella sua quotidianità, travolto dagli impegni, ossessionato dal cibo e dalla pigrizia. In scena tre personaggi: la Musica, personificata dal maestro Rossini; le Parole, cioè il librettista Jacopo Ferretti e il Canto, ovvero una giovane ragazza di nome Angelina che sta facendo le pulizie in teatro e aiuta i due artisti ottocenteschi a unire musica, parole e canto in un’opera lirica. Tre personaggi che giocano in una girandola di emozioni, intrecciandosi come fili a comporre immagini, quadri poetici surreali e comici sulla trama della celebre fanciulla che perde la scarpetta.

Sul palco la coppia inossidabile formata dagli attori-autori Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci. Insieme a loro l’attrice Mirjam Schiavello, giovane interprete di grande talento. La parte musicale è affidata al pianista Diego Mingolla che da anni collabora con la coppia di attori e che ha curato anche l’adattamento della partitura di Rossini. La regia è affidata a un uomo di teatro per le nuove generazioni quale Nino D’Introna, attore, autore e regista, cofondatore e responsabile artistico del Teatro dell’Angolo fino al 2004 (oggi Fondazione TRG onlus).

 

Domenica 10 dicembre, ore 16

Cenerentola. Rossini all’opera

Favole a merenda

Di Pasquale Buonarota, Nino D’Introna e Alessandro Pisci

Musiche di Gioachino Rossini

Adattamento musicale e al pianoforte Diego Mingolla

Con Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci, Mirjam Schiavello

Regia Nino D’Introna

Scene Lucio Diana

Costumi Roberta Vacchetta

Trasformazioni a cura di Studio Mutazioni/Michele Guaschino

Creazione luci Bruno Pochettino

Tecnico audio e luci Emanuele Vallinotti/Mattia Monti

Una produzione Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani onlus

Lo spettacolo fa parte del progetto Favole in Forma Sonata

Biglietti: adulto 10 euro – bambino 7 euro

A Bardonecchia la mostra fotografica ispirata al cinema “Art for film”

 

Il cinema che diventa fotografia o la fotografia che diventa cinema. Inaugurata, oggi, nella sala mostre del Palazzo delle Feste di Bardonecchia, l’esposizione “Art for film”. Undici scatti di Paolo Angelillo per un progetto curato da Sabrina Sottile, che ha già riscosso grande successo, lo scorso anno, al Museo del Cinema di Torino. Un racconto inedito dedicato al grande cinema girato e prodotto in Piemonte. Si tratta del primo appuntamento della rassegna “Scena 1312”, organizzata dal Comune di Bardonecchia e da Estemporanea, che propone spettacoli, mostre e presentazioni letterarie.

“L’idea è nata nel 2020 – racconta Sabrina Sottile – in occasione dell’appuntamento ‘Torino città del cinema’. Un progetto nato anche dalla mia grande passione per il cinema, che ha trovato in Paolo Angelillo il perfetto interprete”.

“Ho accettato di buon grado questa idea – aggiunge Paolo Angelillo – e mi sono adoperato per riuscire a tradurre ogni pellicola in un fotogramma”.

Tra i pezzi esposti a Bardonecchia non manca qualche interessante curiosità.
A cominciare dalla fotografia di
“Venuto al mondo” ispirato al film di Sergio Castellitto, che “fa da ponte – spiega Angelillo – tra due miei progetti fotografici, il primo “Caravaggio reloaded”, dove si reinterpretavano i quadri di Caravaggio ed Art for film. Questo quadro è assolutamente ispirato alla Deposizione di Caravaggio”. Ed ancora, la fotografia “Dopo Mezzanotte”, “realizzata in una sala del Museo del Cinema che oggi non c’è più e che rappresenta in un certo senso, quindi, un pezzo di storia “.

Dove è stato possibile i set fotografici sono stati realizzati proprio dove sono stati girati i film. Si veda “Italian Job” girato a Palazzo Madama sullo Scalone dello Juvarra o “Guerra e pace” nel Castello del Valentino”.

Un racconto di cinema e fotografia, che ha conquistato il pubblico presente, oggi, all’inaugurazione e che potrà essere visto fino al prossimo 22 dicembre al Palazzo delle Feste di Bardonecchia.

 

In un libro tutto il Piemonte Romano

In 160 pagine e 180 immagini c’è tutto il Piemonte nell’età romana. Scritto dall’archeologo Sandro Caranzano, il libro “Piemonte Romano”, Edizioni del Capricorno, narra una storia lunga molti secoli. Un volume che fa rivivere gli eventi della nostra regione nell’età tardorepubblicana e sotto l’Impero con un’esposizione molto documentata e avvincente. Ampio spazio e risalto viene dato anche alle più recenti indagini archeologiche sui siti della romanità in Piemonte.
In evidenza alcune curiosità, tra le tante, che si trovano nel libro e che riguardano Torino: una testa in bronzo dorato di età Augustea fu scoperta, nell’estate 1901, immersa nell’acqua e nel fango, all’interno di un pozzo di epoca romana a sei metri di profondità durante alcuni lavori edili tra via Monte di Pietà e via Barbaroux e ora si trova nel Museo di Antichità (Musei Reali) a Torino. O la stele funeraria con la lupa capitolina e i due gemelli che venne alla luce scavando in piazza Castello nel 1925 ed è conservata a Palazzo Madama. I Romani giunsero in Piemonte nel II secolo avanti Cristo con l’obiettivo di controllare i valichi alpini e la via d’accesso delle Gallie. Cominciarono subito a edificare le prime città piemontesi vicino o su preesistenti insediamenti di origine celtica, su un territorio che ospitava i Liguri insieme ad altri popoli tra i quali i Taurini. Iulia Dertona (Tortona) fu la prima colonia del Piemonte romano fondata intorno al 120 a.C. seguita da Aquae Statiellae (Acqui Terme) con ciò che resta del suo acquedotto ad arcate vicino al fiume Bormida, dalla Vercelli dei Romani sorta nel territorio abitato da una tribù celtica con le terme e l’anfiteatro del I secolo, da Eporedia (Ivrea) edificata nel 100 avanti Cristo sulla riva sinistra della Dora Baltea, all’imbocco della Valle d’Aosta, per controllare la via delle Gallie e da Libarna (Serravalle Scrivia) alle falde dell’Appennino ligure, verso il valico della Bocchetta. Seguirono Alba Pompeia (Alba) con i resti del tempio del foro cittadino in Piazza Pertinace, dal nome dell’imperatore romano Publio Elvio Pertinace, albese, che regnò appena tre mesi, la città romana di Pollentia (Pollenzo), oggi frazione di Bra, attorno alla quale il generale romano Stilicone annientò i barbari di Alarico, re dei Visigoti nel 401 d.Cristo, Cavour (Forum Vibii Caburrum)che appunto fu un “forum”, un luogo di mercato e di incontro, e Carreum Potentia, ovvero Chieri, sorta su un insediamento celto-ligure. Con Augusto si cambiò sistema e nell’Italia nordoccidentale nacquero due colonie romane, Aosta (Augusta Praetoria) e Torino (Augusta Taurinorum).
Sorsero poi Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna) e Susa (Segusio) posta fuori dai confini dell’Italia romana e fondata sotto Augusto intorno al 10 a.Cristo, con le tribù celtiche della valle che si allearono con Roma. Hasta è Asti e sembra essere stata fondata nel I secolo a.Cristo sui resti di un “forum” di età tardorepubblicana mentre Novaria (Novara) fu una medio-piccola città romana di età primo-imperiale. L’Italia di Augusto finiva in bassa Valle di Susa, nella zona di Avigliana. e dalle “chiuse” in poi iniziavano le Gallie. E siamo a Iulia Augusta Taurinorum (Torino), colonia fondata sotto Augusto il 30 gennaio del 9 avanti Cristo, ai piedi delle Alpi, non lontano da un insediamento di Taurini, dai quali la città capoluogo potrebbe aver preso il nome. Alla datazione di Torino si è giunti con certezza solo pochi anni fa grazie alle ricerche dell’archeologo Caranzano, autore del libro, che insieme a dei collaboratori è riuscito nell’impresa incrociando dati archeologici, storici e calcoli astronomici. Più di altre città dell’Italia antica, “Torino ha mantenuto la rigida scacchiera delle strade romane che si riflette ancora oggi nel “Quadrilatero”, stretto tra via Giulio, via della Consolata, via Cernaia, via Santa Teresa, via Egidi, piazza Castello.
Straordinaria continuità che ne fa un gioiello urbanistico”, ben noto agli studiosi di archeologia. La terra piemontese è stata teatro nell’epoca romana di due grandi battaglie: nel 312 dopo Cristo, nell’area tra Alpignano e Rivoli, sotto il Musinè, l’imperatore Costantino riportò una grande vittoria contro le truppe di Massenzio e verso la fine dell’Impero, nel 402, il generale romano Stilicone sconfisse i Visigoti del barbaro Alarico nella zona di Pollenzo intorno a Bra. Nei pressi di Rivoli si trovano i resti della Villa romana di Almese risalente al I secolo dopo Cristo, un’antica residenza lussuosa con estesi possedimenti circostanti collocata ai margini della strada delle Gallie in un luogo centrale per il commercio e gli scambi con il resto del territorio. Un prezioso apparato illustrativo con schede e approfondimenti storici e artistici sulla civiltà romano-piemontese completa il volume.
  Filippo Re
nelle foto:
Copertina libro “Piemonte Romano” di Sandro Caranzano
Porta Palatina con statua di Ottaviano Augusto
testa in bronzo dorato scoperta in un pozzo nel centro di Torino
stele con la lupa e i due gemelli trovata in piazza Castello (Torino)

Gospel live show, una magica serata

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Sabato 9 dicembre, ore 21

 

Il sound e il ritmo del gospel più autentico e contemporaneo con il Sunshine Gospel Choir

 

 

Una magica serata sold out in attesa del Natale con il Sunshine Gospel Choir.

Fondato e diretto da Alex Negro, è da oltre 20 anni il più rappresentativo e uno dei migliori cori di musica gospel in Italia. Vincitore del Gospel Jubilee Award come “Migliore coro gospel italiano distintosi per professionalità ed impegno”. Sulla scena dal 1998, anche se le prime apparizioni della stessa formazione risalgono al 1996 con MDV Gospel Choir, ha all’attivo 8 album e un dvd, centinaia di concerti in Italia e all’estero, dove si è esibito in chiese, piazze, programmi televisivi, teatri.

 

Sabato 9 dicembre, ore 21

Gospel live show

Biglietti: intero 20 euro, ridotto 18 euro