CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 124

Il pensiero libero di Bruno Segre

 

La scomparsa di Bruno Segre, decano degli avvocati torinesi e protagonista delle più importanti battaglie per i diritti civili, ha rinnovato i ricordi dei tanti momenti vissuti insieme, le discussioni e i racconti, le sue battute argute, i viaggi nei luoghi della memoria con gli studenti ai quali volle partecipare. Era amatissimo dai ragazzi e rammento il loro stupore e gli occhi sgranati quando, davanti al sacrario della Grande Guerra a Redipuglia e ai resti dei camminamenti e delle trincee spiegò che lui era nato ai primi di settembre del 1918, quando ancora tuonavano i cannoni e, fallita l’offensiva austriaca di giugno, si stava preparando la terza battaglia del Piave, la durissima e decisiva battaglia di Vittorio Veneto. L’avvocato era un brillante affabulatore, un uomo dall’immensa cultura e dalle mille esperienze che amava intrattenersi e raccontare le esperienze di una vita che coincise con il novecentesco “secolo breve” e la prima parte dei duemila. In quelle occasioni si poteva assistere a vere e proprie lezioni di storia, come accadde più volte a Trieste o in Emilia, alla casa museo dei Cervi a Gattatico, al campo di transito di Fossoli ( dove venne internato anche Primo Levi) o al museo della deportazione di Carpi. In quella occasione insieme a Bruno partecipò anche Franco Berlanda, grande comandante partigiano e notissimo architetto amico di grandi protagonisti del Novecento come Picasso, Giulio Einaudi e Le Corbusier. Quando mi chiese di collaborare a L’Incontro ne fui felicissimo e onorato. Le due passioni della sua vita coincisero con le professioni che lo videro per decenni sulla ribalta della vita torinese e italiana: l’avvocatura e il giornalismo. Infatti, oltre ad indossare la toga per settant’anni con memorabili e appassionate arringhe, dopo aver collaborato a numerose e prestigiose testate fondò L’Incontro nel 1949. Un mensile indipendente, con un programma politico culturale “ispirato alla pace, alla difesa dei diritti civili, al laicismo, all’opposizione a razzismo e antisemitismo”. Quattro grandi pagine con un formato su nove colonne e la testata in rosso che, ininterrottamente per settant’anni, diede voce alle idee di quest’uomo straordinario, mai rassegnato  e sempre pronto – con un’invidiabile lucidità e impareggiabile dialettica – a dar battaglia per i suoi ideali libertari e socialisti, per la laicità delle istituzioni e per i diritti umani. Mi diede anche l’ambito tesserino di riconoscimento del giornale che conservo come una reliquia. In occasione del suo 99° compleanno (ogni anno, fino all’ultimo, erano occasioni speciali per festeggiarlo ) venne pubblicato un bel  libro:  Libero pensare, una giornata nello studio dell’avvocato Bruno Segre. Un omaggio a cura di Marisa Quirico composto da 18 scatti in bianco e nero del fotografo Renzo Carboni, accompagnati da una prefazione di Davide Manzati e dagli interventi (in rigoroso ordine alfabetico) di Luciano Boccalatte, Nino Boeti, Carlo Greppi, Nico Ivaldi, Maria Mantello, Pietro Polito, Donatella Sasso e Guido Vaglio. Alberto Bolaffi, nella dedica al libro, offrì un sintetico e autentico profilo di Segre: “Caro Bruno, parafrasando Giovannino Guareschi, penso che tu sia uno dei migliori interpreti del suo pensiero quando, da prigioniero in Germania, scrisse che libertà esiste ovunque esiste un cervello libero”.Ultimo allievo di Luigi Einaudi, laureato in legge nel 1940 e discriminato dalle leggi razziali nei confronti degli ebrei, Bruno Segre venne arrestato una prima volta nel dicembre del 1942 per “disfattismo politico” e una seconda nel settembre del 1944 quando venne catturato e rinchiuso nella caserma di via Asti e poi trasferito nelle carceri Le Nuove dalle quali riuscì fortunosamente a fuggire qualche tempo dopo. Un’esperienza alla quale dedicò un libro-memoriale, Quelli di via Asti, scritto nell’estate del 1946 ma pubblicato solo nel 2013. Partigiano nelle file di Giustizia e Libertà, antifascista tutto di un pezzo e irriducibile paladino delle battaglie per la laicità e i diritti civili , Bruno Segre è stato protagonista delle più importanti vicende lungo un secolo intero. Una su tutte: la difesa, davanti al Tribunale militare di Torino nel 1949 di Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza in Italia. Bruno Segre è stato tutto questo e molto altro. Le foto di Carboni contenute in quel libro, scattate nello storico studio dell’avvocato al n.11 di via della Consolata, ci regalano un’immagine di quella wunderkammer tra imponenti schedari e tantissimi libri. Era lì, al secondo piano di un antico palazzo del settecento che, entrando nello studio di Segre, il fotografo ebbe l’impressione di “attraversare lo specchio di Alice”. Era un luogo dove si respirava l’aria di una storia che vide protagonista un uomo che, parlando di se stesso e parafrasando il titolo di un suo libro-intervista, poteva affermare a testa alta e senza alcun timore di non essersi mai arreso.

Marco Travaglini

“Salone del Libro” in trasferta, per quattro giorni, a Parma

“Mi prendo il mondo”

Strepitoso successo per la nuova iniziativa 

Parma

Il programma si è tenuto largo e di grande interesse: dialoghi, lezioni magistrali e incontri con autrici e autori, divulgatrici e divulgatori, giornaliste e giornalisti “scelti per il loro sguardo sul mondo, la loro visione sui temi dell’attualità, la loro capacità di immaginare il futuro, le loro storie e le loro esperienze in grado di fungere da esempio per le nuove generazioni”. Questo, quanto messo in campo dalla prima edizione di “Mi prendo il mondo – In dialogo con le nuove generazioni su formazione, crescita, lavoro”, la nuova iniziativa ideata dal “Salone Internazionale del Libro di Torino”, insieme a “Direzione futura” (associazione di una cinquantina di studentesse e studenti di Parma e del parmense, di età fra i 15 e i 23 anni), in collaborazione con la “Città di Parma” e con il sostegno di “Fondazione Cariparma”Da giovedì 25 e domenica 28 gennaio scorsi: quattro giorni di trasferta per il “Salone”, guidato dalla nuova direttrice Annalena Benini, nella città della “Certosa” (di stendhaliana memoria), dove un pubblico di oltre 5.500 lettrici e lettori – soprattutto giovani – ha affollato il “Paganini Congressi”, decretando un successo strepitoso per l’iniziativa. Diverse sono state le aree al centro del dibattito (arricchite da workshop, laboratori, attività e presentazioni realizzati dalle realtà culturali locali), dove s’è registrato un “sold out” per tutti i personaggi invitati: dalle scrittrici e scrittori (solo per citarne alcuni) Chiara ValerioAlessandro D’Avenia e Marco Malvaldi, fino agli affollatissimi appuntamenti con Annalisa Camilli e Benedetta Tobagi sulle figure di coraggiose giornaliste italiane come Tina Merlin. Grande successo anche per la filosofa ed editrice Maura Gancitano e per il filosofo della biologia ed evoluzionista Telmo Pievani, non meno che per il fumettista Leo Ortolani, per la nuotatrice paralimpica Giulia Ghiretti e lo sciatore nautico paralimpico Daniele Cassioli. Per quanto riguarda i “confronti – dialoghi”, seguitissimi quello fra la filosofa Giorgia Serughetti e lo scrittore Jonathan Bazzi, così come quello fra l’imprenditore Federico Marchetti e il giornalista Luca Sommi. Di forte richiamo anche l’incontro (fra i tanti) con l’imprenditore digitale Raffaele Gaito.

“Mi prendo il mondo” si inserisce nel percorso di candidatura della “Città di Parma” a “European Youth Capital 2027”, in un contesto territoriale caratterizzato dalla presenza di “Università” e “Istituti di formazione” di alto livello, da un tessuto economico e imprenditoriale innovativo, capace di favorire opportunità di crescita per giovani, e da una storia culturale di rilievo, che rendono da sempre Parma luogo privilegiato di incontro.

Sottolineano i giovani rappresentanti di “Direzione futura”:  “Per noi l’iniziativa ha rappresentato prima di tutto la possibilità di prendere parola, farci presenti, renderci visibili. La possibilità di dimostrare che abbiamo la voglia e la capacità di partecipare e renderci protagonisti del nostro presente e del nostro futuro. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non avessimo trovato persone e istituzioni decise a prenderci sul serio, ad aprirci le porte e a condividere gli strumenti per cambiare le cose. E ora non ci resta che prenderci il mondo”.

E ai giovani, fa eco Michele Guerra, sindaco di Parma: “La prima edizione di ‘Mi prendo il mondo’ è stata esattamente come l’avremmo voluta: un pubblico numeroso e appassionato ha gremito le sale del ‘Parco della Musica’ e tra loro un numero altissimo di giovani, che non è né usuale, né semplice coinvolgere in incontri come questi. Il valore ‘ispirazionale’ su cui queste giornate hanno fondato il loro programma si è espresso nella sua forma più concreta e il passaparola in città ha portato al ‘sold out’ di moltissimi appuntamenti. Ringrazio il ‘Salone Internazionale del Libro’ per aver accettato di scommettere su Parma e cominciamo a lavorare subito per l’edizione 2025 e per rafforzare sempre di più questo progetto così innovativo”.

g.m.

Nelle foto:

–       Gruppo di lavoro, terza da sinistra Annalena Benini, direttrice “Salone del Libro di Torino”

–       Immagine guida di “Mi prendo il mondo”

–       I giovani di “Direzione futura”

Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli si presenta

Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli Francesco Manacorda, che ha assunto l’incarico a inizio anno, ha incontrato la stampa oggi, martedì 30 gennaio 2024, per presentare le linee guida del suo mandato e il Programma espositivo 2024.

Francesca Lavazza, Presidente del Museo, nel dare il benvenuto al nuovo Direttore, ha affermato Con l’ingresso del nuovo Direttore Francesco Manacorda, il Castello di Rivoli riconferma la propria identità e prospettiva nel contesto artistico internazionale. Da quarant’anni, il Museo ha sviluppato una cultura dinamica che ha consolidato la propria posizione di spicco nell’ambito dell’arte contemporanea e dei suoi linguaggi. Questa istituzione ha contribuito a esplorare la complessità della nostra epoca, partendo dai movimenti creativi che qui si sono generati, e che da qui si sono diffusi. Il Castello di Rivoli è un punto di riferimento per un pubblico sempre più ampio, grazie all’apertura verso nuove iniziative progettuali, che sono certa Francesco Manacorda porterà avanti con entusiasmo, lungimiranza e competenza. Fin dalla sua fondazione nel 1984, il Museo ha anticipato tendenze e sperimentazioni, che hanno permesso di comprendere e interpretare il mondo in continua evoluzione. Voglio augurare un buon lavoro al nuovo Direttore, e a tutta la squadra del Castello, per la realizzazione di un programma ambizioso quanto innovativo”.

La missione principale di un museo di arte contemporanea è quella di ‘incastonare’ l’arte nella società civile, rendendola visibile, rilevante e significativa.” – afferma Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – “In questo processo, il Museo deve costruirsi attorno una crescente comunità di persone che comprendano, interpretino e partecipino alle innovazioni artistiche. Il punto centrale di questa vocazione civica risiede nella modalità in cui il museo valida, ovvero dà forza e valore all’arte contemporanea, e nel suo dovere di abilitare il pubblico all’esperienza intellettuale ed emotiva di tale validazione. Il Museo ha chiari doveri verso il pubblico, gli artisti e la cultura di cui è strumento. Per il pubblico, il Museo deve essere una piattaforma in cui, attraverso la cultura, mette i suoi partecipanti in condizione di decodificare il mondo che li circonda. Nei confronti degli artisti, deve amplificare la loro voce e permettere loro di rappresentare i temi per loro più urgenti. In relazione alla cultura, il Museo ha il compito di far dialogare civiltà lontane e continuare ad arricchire il patrimonio artistico della sua comunità”.

Atteso ritorno di Enrico Dindo con l’Orchestra RAI di Torino

Il noto violoncellista torinese Enrico Dindo, è protagonista del concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI in programma giovedì primo febbraio, alle ore 20:30, all’Auditorium RAI “Arturo Toscanini” di Torino, anche in live streaming su raicultura.it., in replica venerdì 2 febbraio, alle ore 20:00, su Rai Radio 3. Vincitore del Premio Rostropovič di Parigi nel 1997, Dindo è ospite regolare di orchestre internazionali e festival prestigiosi al fianco di direttori del calibro di Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung e Riccardo Muti. Sul podio salirà il direttore lettone Andris Poga, che proporrà due prime esecuzioni RAI a Torino, “D’un matin du printemps et d’un soir triste” di Lili Boulanger.

Scritti entrambi tra il 1917 e il 1918, i due brani sono fortemente evocativi e in netto contrasto tra loro, rappresentando diversi stati d’animo della compositrice francese. Il primo richiama sentimenti di speranza e ottimismo, il secondo di angoscia e dolore. La compositrice morì pochi mesi dopo averli scritti a soli 24 anni. In chiusura, Poga propone la Suite sinfonica dal balletto “L’oiseau de feu” di Stravinskij, nella seconda versione che il compositore russo riorchestrò in Svizzera nel 1919, dopo quella preparata nel 1911, immediatamente a ridosso della “prima” parigina dei Ballets Russes di Djagilev.

“L’oiseau de feu” rappresenta un’opera cardine nell’esperienza creativa di Stravinskij, che trasforma il compositore ventottenne da discepolo semisconosciuto di Rimskij-Korsakov, a grande autore internazionale. Non a caso si tratta dell’opera che segna l’inizio della collaborazione tra Stravinskij e la compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. Quest’ultimo aveva conosciuto Stravinskij nel gennaio 1909 a Pietroburgo e, colpito dalla musica e dalla fantasia orchestrale “Feu d’artifice” aveva immediatamente pensato di aggregare il compositore al gruppo di suoi collaboratori, composti da personaggi prestigiosi come il coreografo e danzatore Michail Fokin, i pittori Leon Bakst e Alexandre Benois, in vista del trasferimento a Parigi della sua compagnia.

“L’oiseau de feu” doveva rimanere una delle partiture più popolari del compositore, tanto che ben tre furono le Suite pubblicate, con la revisione dell’autore nell’arco di oltre trent’anni. La prima vide la luce nel 1911 e consiste nell’estrapolazione di cinque momemti musicali; la seconda Suite, del 1919, la più diffusa, è basata su un’orchestrazione ritoccata e su una selezione di pagine quasi interamente differente; la terza, del 1945, si basa su dieci numeri complessivi, cinque dei quali sono quelli della Suite del 1919, scelta anche dal direttore d’orchestra Poga per il suo concerto.

 

Auditorium RAI, piazza Rossaro 10124 Torino

Telefono: 011 8104996

 

MARA MARTELLOTTA

Quando si dice “Stand Up Comedy”

 

Per una settimana a Torino si ride con il teatro “che permette ancora di ironizzare su argomenti ormai intoccabili”

Da mercoledì 31 gennaio a domenica 4 febbraio

“Sono una donna adulta, matura e sento finalmente di aver raggiunto una certa stabilità. Negli ultimi anni ho investito molto su di me e ho fatto un lungo percorso che comprende tutto quello che potete immaginare tra la psicoterapia e la costruzione del tamburo sciamanico, nuda nel bosco, dopo aver mangiato strane bacche a forma di merde di animali selvatici. Adesso lo posso proprio dire: io sto bene. E in questo spettacolo le sparo più grosse del solito”. Dalla presentazione che l’attrice comica Giorgia Goldini fa del suo spettacolo “Sto bene di brutto” (Produzione “Teatro della Caduta”, 2022) già si può ben capire cosa ci aspetta con la settimana teatrale dedicata alla “Stand Up Comedy” (cinque spettacoli), in programma da mercoledì 31 gennaio a domenica 4 febbraio, allo “Spazio Kairos”, il teatro aperto dalla Compagnia “Onda Larsen”, in via Mottalciata 7, a Torino, in una ex – fabbrica di colla, al confine fra Barriera di Milano, Regio Parco ed Aurora. Genere decisamente di stretta attualità, che va oggi più che mai alla grande, la “Stand Up Comedy”, spiega Riccardo Di Leo, vicepresidente di “Onda Larsen”, é “uno strumento di satira forte sulla società  che permette ancora di ironizzare su argomenti ormai intoccabili, è una trasgressione del buon costume e del ‘politically correct’.

E su questo filone, per cinque giorni, allo “Spazio Kairos” verranno proposti cinque spettacoli diversi: tra i titoli, anche un “debutto nazionale”.

Il via proprio con Giorgia Goldini in “Sto bene di brutto” (mercoledì 31 gennaio, ore 21) la cui, già di per sé divertente, presentazione abbiamo citato a inizio articolo, seguita (giovedì 1 febbraio, ore 21) dalla torinese Giulia Cerruti con “Monologo di donna con pecorino”, da “Teatrosequenza” (venerdì 2 febbraio, ore 21) con “Harold” e dal mattatore Dario Benedetto interprete di “Plastica fantastica” (sabato 3 febbraio, ore 21) al debutto nazionale. “Se il futuro – dice Debenedetto – sarà di plastica, perlomeno che sia fantastica”. A chiudere la cinque giorni (domenica 4 febbraio, ore 19) i comici Francesco Giorda e Stefano Gordo del “Teatro della Caduta” in “Imp(r)ostori”, coinvolgeranno gli spettatori e le loro storie, dando vita ad una drammaturgia che nasce qui e ora, direttamente in scenaI due comici -alfieri navigati nell’arte della stand-up comedy e dell’improvvisazione– con rigore quasi socratico, fedeli assertori dell’arte della maieutica, con il rigore di due novelli ostetrici, attingono alle esperienze e alle storie del loro pubblico, tirandone fuori il meglio. E il peggio. Qui accade la magia. O l’imbroglio? Gli spettatori lasceranno la sala con la ferma sensazione di aver dato alla luce, partorito, uno straordinario spettacolo”.

Da ricordare che “Onda Larsen” organizza nei suoi spazi, in via Mottalciata 7, fra i numerosi corsi di teatro, anche un percorso aperto a tutti di “Stand Up Comedy”, tenuto proprio da Dario Benedetto.

Per info: “Onda Larsen”, tel. 339/3881949 o www.ondalarsen.org

g. m.

Nelle foto:

–       Giorgia Goldini

–       Dario Benedetto

–       Francesco Giorda e Stefano Gordo

 

“E ti parlerò di lei tanto che la scorderai Te la strapperò dall’anima e tu mi vorrai”

Music tales la rubrica musicale

“E ti parlerò di lei tanto che la scorderai

Te la strapperò dall’anima e tu mi vorrai”

Corre l’anno 1982, la canzone è “pieno d’amore” la voce quella inconfondibile di Loretta Goggi; si proprio lei, “quella” di Maledetta prinmavera.

 Classe 1950. Loretta è una cantante, attrice, imitatrice, conduttrice radiotelevisiva, doppiatrice e scrittrice italiana.

È uno dei volti più conosciuti della TV italiana, della quale è divenuta protagonista sin dagli anni sessanta detenendo alcuni primati, come quello di essere stata la prima donna a condurre il Festival di Sanremo nel 1986 e la prima a condurre un quiz, il Loretta Goggi in quiz.

È stata inoltre il primo personaggio Rai a lasciare l’azienda pubblica per passare a Canale 5; ha infatti condotto nel 1981 il primo varietà della rete, Hello Goggi, e il primo varietà della Rete 4 mondadoriana, Gran varietà, nel 1983. È considerata inoltre la prima imitatrice donna della TV italiana, tra le prime a introdurre elementi di satira al di là della semplice parodia.[1] Dal 2012, in qualità di storica imitatrice televisiva, è giurata di Tale e quale show. Tra le altre sue trasmissioni di maggior successo si ricordano Canzonissima 1972, Formula due, Il ribaltone, Fantastico, Il bello della diretta, Canzonissime, Ieri, Goggi e domani, Viva Napoli.

Ma oltre tutto questo curriculum di tutto rispetto, la Loretta nazionale è una cantante interprete di numerosi brani rivelatisi grandi successi, anche internazionali, nonché interprete live di numerose cover di altri artisti.

Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui cinque dischi d’oro, cinque di platino e quattro Telegatti in quattro diverse categorie.

Loretta Goggi è considerata un’icona gay, grazie al suo costante supporto alla comunità LGBT nel corso degli anni e alla sua natura artistica “camaleontica”.

Non tutti sanno di lei che suo padre avrebbe proprio sognato di avere una figlia musicista e cantante.

Nel 1979, la rivista Playboy le ha dedicato una copertina, con annesso servizio fotografico.

Ha avuto un unico grande amore, conosciuto sul set dello show Fantastico: si tratta di Gianni Brezza (Primo ballerino, coreografo e regista n.d.r.).

 Loretta Goggi ha trascorso con lui tutta la sua vita da quando i due si sono conosciuti e innamorati. Lui si è separato dalla moglie e con Loretta ha ritrovato quella felicità che oramai sembrava perduta.

Così, sono diventati compagni di lavoro e di vita, e nel 2008 hanno deciso, dopo 29 anni di convivenza, di celebrare il loro matrimonio. Purtroppo, però, nel 2011 Gianni è stato portato via da un tumore, un lutto che è stato davvero difficile da superare per Loretta. “Sono stata malissimo, sei mesi in casa, senza uscire“, ha raccontato a Gente. “Non riuscivo a camminare né a mangiare. Ma anziché dimagrire, ingrassavo: il dolore mi aveva bloccato la tiroide, aveva smesso di funzionare”.

Un dolore che sfociò in malattia, e che Loretta dovette combattere con tutte le sue forze, ma che alla fine è riuscita a sconfiggere.

Per quanto riguarda i figli, Loretta Goggi non ne ha mai avuti.

“Mi sono ritirata tre volte, quando sentivo che mi mancava qualcosa: nel 1973 per recuperare la vita di una ragazza normale; nel 1981 per non sottrarre tempo prezioso a Gianni [Brezza, il marito]; nel 1991 perché avevo capito che la televisione era cambiata, con i giochi, i fagioli… non c’era più spazio per una come me. Mi sono data al teatro.”

Vi invito all’ascolto di questo remake che mi è arrivato in faccia pochi giorni fa:

Buon ascolto

CHIARA DE CARLO

Il duetto di Loretta Goggi e Giorgia – Benedetta Primavera 24/03/2023 (youtube.com)

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Carmen Korn “Tra oggi e domani” -Fazi Editore- euro 20,00

E’ il secondo capitolo (dopo “Quando il mondo era giovane” del 2021) della saga della scrittrice e giornalista tedesca Carmen Korn, nata a Düsseldorf nel 1952. La Korn -che oggi vive con la famiglia ad Amburgo-è anche autrice della trilogia di successo, tutta al femminile e sciorinata nell’arco del Novecento, scandita in: “Figlie di una nuova era”, “E’ tempo di ricominciare” e “Aria di novità”, pubblicati da Fazi editore.

In questa nuova serie (che in Germania è andata a ruba) ci racconta le vicende di vari personaggi legati tra loro da vincoli di parentela, amicizia e affetto, dislocati in Germania ad Amburgo e Colonia, e a Sanremo sulla riviera ligure. Un decennio in cui tre famiglie si muovono sullo sfondo degli anni Sessanta. Sono gli Aldenhoven a Colonia, i Borgfeldt ad Amburgo e i Canna a Sanremo.

Ci si appassiona alle loro vite sulle quali incombe ancora il passato nazista (nel precedente romanzo le tre famiglie erano a un nuovo inizio e alla ricostruzione delle loro vite negli anni 50); ora scopriamo poco a poco le loro vicissitudini tra amori, gravidanze, dolori della seconda generazione. Quella che ha visto la guerra, l’arrivo di russi e americani, ed ora è aggrovigliata nella preoccupazione per il futuro.

Le loro esistenze vanno avanti tra l’altalenarsi di difficoltà e momenti buoni. A Colonia la galleria d’arte di Gerda e Heinrich è favorita dall’arrivo del pittore Karl Jentengs. Ad Amburgo invece Ursula dopo molti tentativi falliti tenta di avere un bambino. A Sanremo, dopo la morte dell’arcigna matriarca, l’azienda di floricoltura deve affrontare qualche problema.

Molti i filoni del racconto che mettono a nudo le dinamiche dei rapporti interpersonali sullo sfondo degli avvenimenti storici.

 

Ta-Nehisi Coates “Il danzatore dell’acqua” -Einaudi- euro 21,00

L’autore è uno dei più importanti intellettuali americani contemporanei e questo è il suo primo romanzo, in vetta alle classifiche del New York Times, eletto libro del mese da Oprah Winfrey.

Ta-Nehisi Coates (nato a Baltimora nel 1975) porta avanti il genere più antico della narrativa afroamericana -la slaves narrative (racconto degli schiavi)- e vi aggiunge elementi di realismo magico per narrare più a fondo l’esperienza della schiavitù.

La vicenda è ambientata prima della guerra di secessione a Lockless, una piantagione di tabacco in Virginia. Protagonista è il 19enne Hiram Walker, figlio illegittimo del proprietario della tenuta che l’ha avuto con una schiava, poi venduta.

Hiram è una creatura eccezionale, ha una memoria infallibile e capacità intellettuali ed oratorie superiori alla media. Il padre gli permette di istruirsi e lo chiama nella sua dimora, ma solo per fare da precettore al figlio legittimo ed erede della fortuna di famiglia.

Così Hiram, che sognava di prendere in mano le redini della proprietà per farla risorgere, si trova invece a contatto col fratellastro Maynard le cui facoltà intellettuali sono scarse.

Argomento di grande spessore che Coates sviscera magnificamente attraverso i vari personaggi, portandoci dritti nelle percezioni e nelle esistenze degli schiavi.

Nessun compiacimento nel raccontare tutto l’orrore dello schiavismo, non indugia sulle violenze psicologiche e fisiche subite dagli schiavi. Però tratteggia la durissima America dell’800 e smaschera l’idea di uno schiavismo paternalistico e giustificato in parte, come per esempio in “Via col vento”.

E’ anche la messa a fuoco di pratiche strutturali di quell’epoca, tra le quali lo smembramento delle famiglie di schiavi i cui membri erano venduti a discrezione dei padroni. La dura realtà viene narrata senza tralasciare il soprannaturale e l’animismo che sono retaggio antico della cultura africana, soffocata dai bianchi….

 

Jessa Hastings “Magnolia Parks” -Garzanti- euro 16,90

Interessante è la genesi di questo libro. Il romanzo è stato autoprodotto e deve il suo successo in primis a Tik Tok sul quale l’autrice l’ha divulgato. Poi il passa parola ha fatto il resto e da lì in un attimo ha attirato l’attenzione delle case editrici sempre alla ricerca di successi commerciali.

Jessa Hastings è l’australiana che oggi vive in California e ha sfornato questo corposo romance che promette di diventare una serie anche televisiva. Parte del successo risiede nella trama leggera; è una lettura di evasione, una sorta di Gossip Girl che piace soprattutto ai giovani e non impegna più di tanto.

La vicenda è piuttosto patinata, ambientata nell’alta società inglese e gira tutta intorno alla travagliata storia d’amore tra Magnolia -figlia dei Parks, una delle famiglie più in vista di Londra- e B.J col quale ha una relazione altamente tossica.

Ben 451 pagine di una scrittura accattivante e semplice, a volte ripetitiva, per raccontare il continuo tira e molla tra i due.

Sia Magnolia che B.J. sono mossi principalmente dal bisogno di sentirsi amati, però lui ha tradito lei e si sono lasciati. Ufficialmente non stanno più insieme, ma qualcosa continua a legarli. Non smettono di cercarsi, ferirsi, allontanarsi e ricercarsi; con tanto di corollario di amici –spesso discutibili e vuoti- di entrambi gli schieramenti. Chissà se ci sarà o meno un lieto fine?

 

Bruno Vespa “Kennedy. Fu vera gloria? Amori e potere di un mito” -Rai Libri- euro 21,00

A 60 anni dalla morte e dopo una messe infinita di libri dedicati a J. F. Kennedy, Bruno Vespa tira le fila e guarda al mito dell’uomo, ma anche ai suoi errori e difetti. Qui ripercorre la vita privata e politica del presidente assassinato a Dallas nel pieno degli anni e dopo solo due anni di presidenza.

E’ stato sicuramente uno dei protagonisti più importanti a livello mondiale, nelle file dei democratici targati USA: bello, ricco, giovane, di successo. Ma nel suo libro Vespa non teme di sottolineare anche gli aspetti meno nobili del personaggio. Il suo è lo sguardo acuto e critico del cronista che racconta il dietro le quinte del mito.

A partire dai problemi fisici che nascondeva al mondo, poi la sua bulimia sessuale che lo faceva macinare una donna dopo l’altra, e Jackie che sopportava. Non sapremo mai se i due si amassero davvero o fossero legati da altri motivi: lei la moglie di rappresentanza che spendeva a piene mani ed accettava i compromessi pur di essere la First Lady del primo paese al mondo.

Poi gli errori in politica, e non da poco: i principali sicuramente la Baia dei Porci che sporse il mondo sul baratro della guerra nucleare ed il Vietnam. Tutto ricostruito con l’attenzione e l’accuratezza del grande giornalista che non si fa intimidire dal mito e ne sottolinea luci e ombre.

 

Clint Hill – Lisa McCubbin Hill “My travel with Mrs. Kennedy” -Gallery Books- $ U.S 35,00

Questo volume racconta anche per immagini i viaggi di Jackie Kennedy ai quattro angoli del mondo, narrati dall’agente dei servizi segreti Clint Hill che viaggiava al suo seguito. Fu incaricato di proteggerla dal momento dell’elezione di Kennedy alla presidenza e le fu accanto fino al 64, vivendo anche in prima persona l’assassinio a Dallas nel 1963.

Nel 1975 Clint Hill decise di ritirarsi a vita privata e scrisse parecchi volumi dedicati ai Kennedy.

Dunque una fonte preziosa che in un baule nel seminterrato della sua casa in Virginia, ad Alexandria, conservava un tesoro di lettere, foto, regali e viaggi al seguito di Jackie. Con l’aiuto della moglie ha messo ordine in tutto questo materiale e lo ha trasformato in libro.

Volume che svela anche momenti più privati e autentici della donna più famosa al mondo; quelli in cui la riservatezza istituzionale lasciava spazio a fasi più spensierate e aperte in cui si godeva a pieno vita e privilegi.

E allora scorrono immagini della First Lady in Colombia, Croazia, India, Messico, Pakistan, Venezuela, Italia, Antigua, Marocco, Grecia e Parigi; sempre sotto la protezione di Hill, suo angelo custode.

Malinpensa by La Telaccia, Federico Montesano: “Transito metafisico”

Si è inaugurata giovedì 25 gennaio, alla galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, la personale dedicata a Federico Montesano dal titolo “Transito metafisico”, in programma fino al prossimo 8 febbraio.

 

Federico Montesano, nato a Monza nel 1990, si è diplomato e specializzato in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, e ha frequentato il corso di Scenografia dell’Accademia del teatro alla Scala. Da sempre opera nel campo delle arti visive, spaziando tra pittura, disegno e installazioni, oltre che nel campo della scenografia. Ha partecipato con successo a diverse mostre, tra cui quella collettiva al museo-fondazione Luciana Matalon, e a numerosi concorsi che l’hanno visto vincitore di alcuni premi. A Milano ha esposto alla Zoia Gallery, alla galleria Spazioporpora e presso Arnaout Spazio Arte. Ha partecipato alle mostre dell’associazione culturale Circuiti dinamici ed è stato finalista al Premio Arte 2016 a Palazzo Reale di Milano. Con le sue opere ha preso parte ad eventi internazionali quali il Convegno Geometry et Fine Arts and Design Faculties-Fine Arts of the University di Porto. Ha conseguito il premio Paris Artexpo 2021 presso la galleria Thuillier di Parigi e ha preso parte alla nona Biennale di Montecarlo. In passato ha già partecipato a una mostra presso la galleria torinese Malinpensa by La Telaccia nella collettiva “In scena la natura”. Nel 2022 ha debuttato alla galleria Magenta nella personale “Cavalleresco contemporaneo”. Nel 2023, sempre alla galleria Malinpensa by La Telaccia è stato protagonista della mostra personale dal titolo “Stanze introspettive”.

Le opere di Federico Montesano trasportano lo spettatore in una dimensione onirica altamente suggestiva, in quanto capaci di cogliere l’immediatezza del tempo e di comunicare emozioni e contenuti di vera intensità poetica che coinvolgono interamente il fruitore della sua arte. Le sue vedute paesaggistiche, dalla “Tematica” a “Transito metafisico” di chiara valenza simbolica, oltrepassano la realtà andando al di là del soggetto, per rappresentare l’essenzialità, la spiritualità e il grande mistero dell’esistenza. L’artista Federico Montesano si dedica ad un ampio progetto che comprende anche i disegni su carta e le opere in plexiglass, dimostrando sempre una accurata analisi sia nella resa formale sia negli effetti scenici e strutturali. Le tematiche “Oltre lo spazio fisico” e “Racconto introspettivo” fanno emergere una propria individualità e una rinnovata espressività che si traducono nei materiali quali la tela, la carta, l’acrilico, la garza e il plexiglass. Tutti in grado di mettere in rilievo la sua ricerca e il suo rigoroso impegno.

 

Tra natura e concetto si respira un silenzio universale in cui la terra, a volte inaridita da sole, priva di vegetazione o presenza umana, emette un’azione dinamica della luce di notevole elaborazione, capace di scandire l’immagine di un valore sentimentale e di un vedutismo scenografico unico e personale. Questo dimostra una sua alta manualità e intellettualità. La solarità atmosferica, accentuata da bagliori e dettagli di pennellate incisive dal forte tonalismo riescono a creare un gioco da cui nasce un contrasto vivace di cromatismi di rara narrativa pittorica. Le accentuazioni luministiche e la spazialità del segno si diffondono in uno scenario di alta qualità estetica e di solida modalità tecnica. Colore, luci e ombre sono ben calibrati nell’opera e generano caldi riflessi cromatici in cui i gialli e i colori ocra fanno da contrappunto, nell’opera, con il blu del cielo, definendo il suo percorso ricco di studio e di coerenza. Ogni sua opera è avvolta da una soluzione straordinaria dal punto di vista formale, che assume un diverso impatto visivo e si carica di una notevole forza vitale. Si tratta di una realtà affascinante interpretata con un preciso stile compositivo, in cui la pittura diventa un puro stato d’animo e esprime una sensibilità diffusa.

Gli accordi armonici, il senso volumetrico, l’ampiezza prospettica vengono alimentati da una ricerca ininterrotta che si concretizza in un risultato artistico tangibile che è sempre capace di comunicare, nel fruitore, delle emozioni. I movimenti della luce, che nell’opera di Montesano si accendono di una vibrazione assolutamente unica, svelano una pittura intrisa di effetti chiaroscurali magistrali, dall’ampia risonanza e dal forte impatto emotivo. La natura, maestosa nelle sue opere, si sublima di una forza descrittiva e di una evidente simbologia, diventando spazio dell’anima e inserendosi in una struttura pittorica vibrante di grande rilievo estetico e emotivo. L’originalità dell’arte di Federico Montesano consiste, quindi, nella fluidità della materia ad acrilico su tela, nei toni preziosi del colore e nella strutturazione del disegno, capaci di accendere la sua opera di emozioni.

Galleria Malinpensa by La Telaccia, C.so Inghilterra 51, Torino

Orario: 10:30/12:30 – 16:00/19:00

Contatti: 011 5628220

 

Mara Martellotta

 

Ville, palazzi e castelli di Cereseto dal medioevo al conte Gualino

 

L’esistenza del feudo di antica origine, considerato una piccola isola autonoma soggetta alla giurisdizione di Vercelli, non era concepibile nell’epoca in cui le fortune aleramiche erano in auge in Monferrato e venne assorbito dalle dinastie del marchesato. Sorto, come opposizione al potere dei nobili, Cereseto acquistò una personale fisionomia solo nel 1358 con la pubblicazione degli statuti e la costituzione dei consorzi famigliari che tutelavano sia i feudatari che i sudditi. Nei parlamenti di Moncalvo del 1388 e di Pontestura del 1432 furono trattate le questioni commerciali, i tributi, la libertà personale, le milizie, la polizia interna, il diritto personale civile e il foro ecclesiastico dei comuni. Il gettito tributario del comune signorile di Cereseto era superiore di quattro volte il gettito dei comuni maggiori e di quindici volte quello dei comuni minori. Il consorzio si manifestò con la costruzione della torre e della loggia comune, simbolo di prestigio e potere. L’abitato si era spostato dalla collina di San Cassiano sull’attuale colle nel XVI° secolo e la antica pieve venne unita ai benefici della vecchia parrocchiale di San Pietro, situata accanto all’antico castello in stato cagionevole e rovinato del tutto già alla fine del XVII° secolo. Il feudo di Cereseto fu investito dal duca Vincenzo I° Gonzaga al marchese Germanico Savorgnan, celebre ingegnere militare e architetto veneziano quale ricompensa per la progettazione della Cittadella di Casale.
Dal 1693 al 1700 il feudo era proprietà del marchese Giacomo Bartolomeo Gozzani di Treville, vice presidente del Senato monferrino, succeduto al marchese Mario Germanico Savorgnan pronipote del famoso ingegnere, difeso nella disputa dal conte Cesaro Antonio Ardizzoni. Il marchese Gozzani era difeso dal causidico Francesco Lodovico Perracino, podestà del castello di Pontestura e padre di Brigida, moglie del cugino Bernardino Gozzano ultimo proprietario della casa Gozzano di Luzzogno abitanti nella villa Monromeo di Serralunga di Crea, antica casa dei discendenti del condottiero Facino Cane. Nella lista dei beni feudali sono elencati: un molino nella contrada Collobrio, la cascina Merli e la contrada Tavolara proprietà del castello con i terreni sopra le fini di Ozzano e Pontestura, le masserie delle Sturelle e Buffalora, i beni della pieve di San Cassiano, il palazzo del castello con le sue fosse, l’osteria e le case adiacenti.
Il palazzo esistente tra la chiesa e l’antico castello era sede dei diciotto notai di Cereseto dell’epoca e di Giacomo Meda, notaio e castellano, ormai con poche stanze abitabili già nel 1711. La linea dei Savorgnan si estinse nel 1726 con la morte di Francesco e il feudo, devoluto alle finanze, venne acquistato dal primo marchese di Cereseto e secondo conte di Piová Massaia Francesco Antonio Ricci nel 1728. Governatore di Casale, comandante della polizia urbana e mercante di tela, non riuscì ad elevare a marchesato la contea di Piová. Sposato con Maria Maddalena Callori, era figlio del podestà Fabio Federico, primo conte di Piová e cognato del conte Antonino Gozzani di San Giorgio. Il secondo marchese di Cereseto e terzo conte di Piová Fabio Federico Ettore Ricci, sposato in seconde nozze con Giulia del Carretto, decurione e provveditore di Casale, edificò la villa Ricci sui ruderi dell’antico castello di Cereseto e il palazzo di Piová.
Il quarto marchese di Cereseto e quinto conte di Piová Giuseppe Ricci, sposato con la contessa Teresa Visconti figlia del conte Emanuele Luigi e di Giuseppina Gozzani di San Giorgio, vendette la villa barocca e i beni di famiglia del feudo di Cereseto ereditati dallo zio Vincenzo Stanislao, terzo marchese di Cereseto e quarto conte di Piová, al conte savoiardo di Caraz e Castelgrana Giovanni De Maistre, figlio del conte Luigi e di Giuseppina Sannazzaro di Giarole. Giovanni dilapidò il patrimonio al gioco e vendette la
villa Ricci e il castello di Motta dei Conti, poi riscattati dalla moglie Giuseppina. La elegante villa di Cereseto con giardino all’inglese passò in eredità al genero Giuseppe Lovera dei marchesi di Marie (contea savoiarda di Nizza) e alla figlia Giulia De Maistre, venduta nel 1908 dal loro figlio Giacinto all’industriale e mecenate conte Riccardo Gualino. La villa Ricci fu alienata per costruire l’attuale maniero neogotico per l’ambiziosa moglie e cugina Cesarina Gurgo Salice su progetto del casalese ing. Vittorio Tornielli. La splendida dimora fu inaugurata nel 1912 in occasione del loro quinto anniversario di matrimonio e gli invitati indossarono abiti medioevali per essere in accostamento allo stile del castello.
Nei primi anni del ‘900, Cesarina frequentò il collegio femminile gestito dalle Filles de la  Sagesse, congregazione di monache monfortiane provenienti dalla Vandea fondata da San Luigi Grignon da Montfort nel 1703 (Alta Provenza) che migrarono in Italia e nel mondo dopo che la Francia aveva messo al bando gli istituti religiosi, istituto che si era trasferito da Casale al castello di San Giorgio proprietà del conte Giuseppe Cavalli d’Olivola, figlio di Alessandro e della contessa Paolina Gozzani. Nel teatro del castello di Cereseto il maestro Alfredo Casella diresse un concerto dedicato a Igor Stravinskij e nel circolo culturale dei coniugi Gualino entrarono grandi personaggi: Emma Gramatica, Jacques Dalcrole di Ginevra padre della danza moderna, Pietro Canonica scultore di Moncalieri, Carlo Levi, Luigi Pirandello, Benedetto Croce, Amedeo Nazzari, Leonardo Bistolfi, Felice Casorati e la moglie Daphne Maugham, Sibilla Aleramo, Rajssa Gourevitch (che sposerà nel 1927 Giorgio De Chirico) e Richard Strauss. La collezione della musa Cesarina, stregata da Lionello Venturi storico e figlio del critico d’arte Adolfo, fu valutata in 250 milioni di lire nel 1931, compresi i sette Modigliani acquistati a Parigi nel 1921 e parte delle opere furono destinate alla Galleria Sabauda.
Oltre al castello, i coniugi Gualino lasciarono come unica testimonianza la lapide in bronzo del Canonica posta alla base del maniero, altorilievo neogotico destinato al monumento dello zar Nicola II° a San Pietroburgo, acquistato dal Gualino dopo la rivoluzione bolscevica. Però la grande notorietà fu il seme della loro rovina. La crisi americana del 1929 coincise con il tracollo finanziario del Gualino ed ebbe inizio la decadenza del castello, messo all’asta dalle Finanze nel 1933 unitamente alla tenuta Gambarello dei marchesi Ricci. Gualino fu incarcerato in Francia e a Torino ed in seguito confinato per cinque anni a Lipari nel 1931, rappresentando l’opposizione liberale alla dittatura mussoliniana. Dopo l’avvento dei diversi proprietari, l’immagine dei castello fu deteriorata nel 1980 da una gang di malviventi nota come French Connection che produceva eroina fornendosi di oppio e morfina dal Medio Oriente, segnando il culmine della decadenza del maniero.
Armano Luigi Gozzano 

Al Pannunzio conferenza sulla morte nella letteratura antica

Lunedì 29 gennaio ore 17,30 al Centro Pannunzio in via Maria Vittoria 35 H  la storica  delle letterature classiche Gabriella de Blasio sul tema della morte nella letteratura antica: da Omero ai tragici greci, da Virgilio a Petronio e Apululeio. Una grande lezione di letteratura classica sul tema della morte precedente al Cristianesimo.