CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 118

Il manifesto di “Librolandia” è di Sara Colaone

La XXXVI edizione del Salone del libro sarà ispirata alla raccolta di scritti intitolati “Vita immaginaria” di Natalia Ginzburg, uscita esattamente cinquanta anni fa.

“Questo salone – spiega Annalena Benini, la direttrice editoriale – rappresenta un omaggio alla vita immaginaria, in tutte le sue forme, al suo modo creativo, malinconico, fiducioso e sempre nuovo di creare altri mondi e di farli incontrare, sperando che qualcuno di essi possa diventare reale”.

“Il manifesto di quest’anno – aggiunge Annalena Benini – è stato creato dall’illustratrice Sara Colaone ed è il racconto di un territorio dove lo sguardo si fa libero di immaginare e di contemplare vite e pensieri che crescono in modo autonomo. Un inno alla immaginazione e alla comunità, un invito a inventare insieme mondi nuovi e spazi nuovi, che appartengono alla collettività. Sogniamo insieme pagine, parole, vite che già esistono e si nutrono”.

MARA MARTELLOTTA

Graal e Sindone a Torino: leggende fra magia e religione

Spesso magia e religione sono due mondi che condividono alcune sfumature. Entrambe infatti si occupano della sacralità, in maniera differente. Non c’è da stupirsi dunque che la città esoterica per eccellenza presenti anche una forte impronta di matrice cattolica. Infatti attorno ad essa orbitano proprio le storie di due reliquie di estrema importanza per la cristianità: si tratta del Graal e della Sindone, di cui Torino pare che custodisca i segreti e le storie.

Graal Sindone Torino I Il Torinese
Graal Sindone Torino

Graal e Sindone: Torino e le leggende

Il Sacro Graal è, secondo il mito, il calice con cui Gesù celebrò l’ultima cena e il contenitore in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il suo sangue durante la crocefissione. Infatti l’etimologia della parola pare derivare dal latino medievale “gradalis” (vaso), poi storpiato nel francese “Greal”: da qui nasce l’equivoco linguistico che trasforma il “san Greal” in “sang real”. Questa accezione del sangue reale andrà poi a gettare le basi al mito fondativo della dinastia dei Merovingi, che fecero risalire la loro stirpe ai figli di Cristo e Maria Maddalena.

Tutte queste narrazioni sono delle rielaborazioni fantastiche, dovute principalmente all’ampia letteratura che si è ispirata a quest’oggetto. Infatti si può trovare nei poemi cavallereschi francesi, principalmente nell’opera di Chretien de Troyes. L’autore l’ha associato per la prima volta alla figura di Parsifal, eroe del ciclo arturiano. Secondo le leggende metropolitane il Graal è collegato alla Gran Madre. In particolare per trovarlo risulterebbe fondamentale la statua che regge una coppa e scruta oltre il fiume. Seguendo il suo sguardo sarebbe possibile risolvere uno dei misteri più grandi di tutti i tempi.

 

Graal Sindone Torino Duomo I Il Torinese

I fatti storici

La Sindone invece è conservata all’interno del Duomo di Torino ed è visibile al pubblico solo in determinate occasioni di ostensione. Si tratta di un lenzuolo su cui è riportata l’impronta di un uomo con una corona di spine, che presenta delle ferite compatibili con una morte in croce. Dal 1889, momento in cui è stato reso pubblico il negativo di una foto scattata a questo sudario, sono iniziate varie indagini scientifiche per comprenderne la natura ed attestarne l’autenticità. Solo recentemente però è stata rilevata una datazione più precisa. La prova del carbonio 14 ha collocato storicamente la Sindone in un periodo che può variare dal XIII al XIV secolo.

La sua presenza a Torino è principalmente dovuta alla casata dei Savoia: il prezioso lino infatti era di proprietà di Goffredo di Charny. L’uomo lo donò alla Collegiata di Lirey. Dopo la sua morte, tornò in possesso della figlia Margherita a causa della guerra civile: il timore infatti era quello che potesse venire distrutto durante gli scontri. La donna però ne approfittò per venderlo ai Duchi nel 1453, scatenando non pochi malumori. Fu infatti scomunicata e citata in giudizio per ripristinare i precedenti equilibri, ma senza successo. Inizialmente il velo venne conservato a Chambéry ma poi venne trasportato da Emanuele Filiberto a Torino nel 1532. Fu questa infatti l’occasione del trasferimento della capitale dalla Francia al Piemonte.

Prima di queste date alcune fonti storiche ne riportano l’esistenza: l’unico dato sicuro risiede nella sua comparsa nella cittadina di Lirey a metà Trecento. Non si è tuttora riusciti a ricostruire in maniera certa la sua origine -anche se sono state rilevate tracce di pollini della Terra Santa- e il suo eventuale percorso fino all’Europa.

Francesca Pozzo

Leggi anche – Torino e le leggende fondative: il toro rosso e la discendenza egizia

La gara di scrittura per aspiranti scrittori

Bob Marley one Love, sugli schermi dal 22 febbraio

Bob Marley one Love, sugli schermi dal 22 febbraio la vita ,la storia, la musica del re del reggae. Le lotte in Giamaica, il successo ,le tournée, il ritorno in patria in un concerto che ha riunificato l’ isola Caraibica. La vita di un bambino come tanti cresciuti con i suoi fantasmi, una grande fede che le ha permesso di vivere e fare della sua
musica un mezzo di  lotta contro l’oppressione politica e razziale e all’invito all’unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà e l’uguaglianza. L’aspetto politico della sua vita è stato più importante di quello artistico. Un film bello che esalta la breve ed intensa vita del famoso musicista Giamaicano.

GD

Un ballo in maschera, il Maestro Riccardo Muti torna al Teatro Regio per il capolavoro verdiano

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Atteso ritorno al teatro Regio di Torino di Riccardo Muti  per dirigere l’Orchestra e il Coro del teatro Regio e un cast di interpreti di eccezione in ‘Un ballo in maschera’ di Giuseppe Verdi.

Il nuovo allestimento andrà in scena per sei recite da mercoledì 21 febbraio prossimo fino a domenica 3 marzo ed è firmato da Andrea De Rosa, direttore del TPE teatro Astra di Torino

Saranno protagonisti del capolavoro verdiano Piero Pretti nei panni di Riccardo, Luca Micheletti, protagonista dell’ultimo don Giovanni, nel ruolo di Renato, e Lidia Fridman in quello di Amelia.

“Siamo emozionati e orgogliosi di accogliere nuovamente al teatro Regio il maestro Riccardo Muti – dichiara Mathieu Jouvin – insieme al direttore artistico Cristiano Sandri abbiamo programmato la stagione 2023/2024 intitolata ‘Amour toujours’intorno a due punti centrali, Giacomo Puccini, nell’anno delle celebrazioni del Centenario, e la presenza straordinaria del maestro Muti con una nuova produzione del capolavoro verdiano”.

Regista teatrale di prosa e opera lirica, Andrea De Rosa è statodirettore del Teatro Stabile di Napoli e ora è  alla direzione del TPE teatro Astra di Torino. Poche opere verdiane ebbero tanti problemi con la censura come “Un ballo in maschera “. Nel 1859, anno della sua prima messinscena, era scandalosa unadrammaturgia che prevedesse un regicidio, una scena di magia e un amore extraconiugale. Per Verdi fu una sfida irrinunciabile.

“La corte di Riccardo, governatore di Boston – afferma Andrea DeRosa  descrivendo un ‘Ballo in maschera’ – sarà costantemente immersa in un clima di festa. Sin dalla prima scena tratteggerò un’atmosfera di spossatezza, stanchezza, ubriacatura, come sefossimo alla fine di uno dei tanti balli in maschera che si svolgono in questa casa. Ho immaginato un Riccardo Giovine che, prima di essere governatore, è un uomo che sprigiona un’energia vitale simile, per certi versi, a  quella di don Giovanni. Per un uomo così l’amore impossibile per Amelia, la moglie del suo migliore amico, diventa il limite invalicabile che egli è tentato di scavalcare. Il lato oscuro di questo amore, che trascina i malcapitati verso la rovina e la morte, avrà il volto di Ulrica, maga e veggente che, come le streghe in Macbeth, darà la spinta definitiva a quello che stava già precipitando.

La maschera sarà il tema centrale di tutta l’opera, non soltanto nel Ballo finale, ma nella messa in scena di tutto lo spettacolo.

Il melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Somma tratto dal dramma di Eugène Scribe, “Gustave III, out le bal masqué” debuttò al teatro Apollo a Roma il 17 febbraio 1859 e non a Napoli come previsto, dopo un’estenuante disputa con la censura borbonica che impose a Verdi di mascherare i messaggi potenzialmente antimonarchici al centro della vicenda. Riccardo, conte di Warwick e governatore di Boston, Renato, suo segretario, Amelia, moglie di Renato, questi i personaggi principali. Il conte ha organizzato un gran ballo in cui potrà rivedere Amelia, la donna di cui è innamorato segretamente, ma che è sposata con Renato. Questi lo avverte di una congiura ordita dai suoi nemici Samuel e Tom, mentre l’indovina Ulrica predice che la morte di Riccardo avverrà per mano di Renato,  profezia che nessuno ascolta. La scoperta dell’amore tra Riccardo e Amelia convince Renato a collaborare per uccidere il conte. Tutto accade durante la celeberrima scena del ballo in maschera quando Riccardo viene colpito a morte da Renato, accecato dalla gelosia.

Nell’opera, tratta da una storia vera, convivono in equilibrio magistrale il comico e il tragico, la frivolezza del paggio Oscar,  unico personaggio en travesti del teatro verdiano, e la passionalità del duetto d’amore del II atto e della grande aria di Renato “Eri tu che macchiavi quell’anima”.

La nuova produzione si avvale delle scene estremamente elegantie raffinate di Nicolas Bovey, premio Ubu 2021 per la miglior scenografia de “La casa di Bernarda alba” e “Le sedie”, premio Ubu 2022 per il miglior disegno e luci de “La signorina giulia” e “I due gemelli veneziani”.

I costumi sono firmati da Ilaria Ariemme, torinese, ma che vive e lavora a Milano. I movimenti coreografici sono di Alessio Maria Romani, le luci di Pasquale Mari. Il coro del teatro Regio è istruito  dal maestro Ulisse Trabacchin.

Muti sarà nuovamente sul podio del Teatro Regio dopo esservi stato in “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart, presentato in streaming nel marzo 2021, e dopo Don Giovanni, sempre di Mozart, nel novembre 2022.

L’Anteprima Giovani, riservata agli under 30, è in programma lunedì 19 febbraio alle 20.

MARA MARTELLOTTA

Emma Stone è Belle, un lungo percorso verso la conoscenza e la libertà

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Yorgos Lanthimos, ateniese d’origine e classe 1973, fa cinema ormai da più di vent’anni, ventitrè per l’esattezza, lasciando presto le sponde dell’Egeo per essere chiamato a Hollywood e trovarvi successi e candidature agli Oscar e opere controverse. Film che non possono esimere nessun critico o spettatore dalla discussione, anche la più accesa, film che sconquassano, che non ti lasciano certo indifferente. Capolavori, come qualcuno li definisce senza alcun freno? Interessanti, controversi, barocchi, discontinui, assurdi, violenti, eccessivi, insopportabili, ammirevoli. Si ammirano e/o si detestano. Esci e avverti che qualcosa ti hanno lasciato, altro ti hanno immesso a forza. Capolavori io definirei “Il sacrificio del cervo sacro” e “La favorita” per la loro interiore quanto diversa “bellezza”, su altri titoli dubito.

Oggi, dopo il Leone d’oro veneziano, dopo gli osanna arrivati dalla stragrande parte della critica, arriva sugli schermi “Povere creature!” – con tanto di punto esclamativo ben in vista rispetto all’originale “Poor Thinghs” – che il regista ha affidato in primo luogo alla sceneggiatura di Tony McNamara, scivolato a sua volta nelle pagine dell’omonimo romanzo dello scozzese Alasdair Grey, scomparso nel 2019. E ci ritroviamo nuovamente a decidere quanto e se l’ultima fatica possa godere del termine “capolavoro”. Due Globe alle spalle e undici candidature agli Oscar di marzo, e qui pare che abbia già parecchie certezze sui podi definitivi e più alti: pieni convincimenti? leggi del cinema d’oltreoceano? la finale quanto inevitabile lotta con il superfavorito (assai più robusto) “Oppenheimer” per cui qualcuno non dormirà la notte e che dal giorno dopo la premiazione farà versare gli antichi fiumi d’inchiostro?

In una Londra vittoriana spruzzata qua e là da tracce di una fantasiosa modernità (scenografie di Shona Heath e James Price, oscarizzabilissimi, come i costumi della collega Holly Waddington), una donna, elegante nel suo abito blu, si suicida gettandosi da un ponte. In una fotografia (di Robbie Ryan, altra candidatura altra statuetta?) in bianco e nero, che si aprirà poi a sinfonie di colori, chiuso al riparo del suo gabinetto scientifico, cultore del più freddo positivismo, con il solo aiuto di un dolcissimo quanto in seguito innamoratissimo assistente, agisce il professor Godwin Baxter (Willem Defoe) – un viso distrutto e vistosamente ricucito, larghe orribili fessure che lo attraversano, una sorta di Frankestein uscito dalla mente di Mary Shelley, lo si udrà chiamare semplicemente God, radice divina, come il Godot beckettiano – che riporta alla vita la povera donna innestandole il cervello del feto che aveva in grembo. Ha inizio una storia d’amore e di protezione, una storia che s’immerge nell’horror, un percorso di ribellione e di emancipazione, un attraversamento di gironi danteschi a far assaporare tutto il male della terra, un urlo contro la sopraffazione dell’uomo nei confronti dell’essere femminile? Bella, questo il nome della nuova creatura, poco a poco impara ad assumere la posizione eretta, a leggere e a scrivere, a mangiare senza sputare nel piatto o addosso a chi è a tavola con lei; impara e predilige alla scoperta il piacere sessuale, quotidiano, mai trattenibile, fuori di ogni norma e misura.

Per soddisfarlo maggiormente, seguirà un avvocato (l’istrionico, famelico Mark Ruffalo), un bellimbusto che le farà gustare piaceri e viaggi attraverso varie città europee e non solo, sino all’ultima tappa parigina, in cui l’amante è messo di fronte ad una brusca ribellione e abbandona l’impresa, mentre Bella può anche saggiare i peccati del bordello e la varietà di esseri che ci bazzicano in cerca di compagnia. Nel ritorno a casa, sarà Bella a uscire netta vincitrice al traguardo di quel lungo, estenuante, eroticissimo (intriso di filosofia nelle chiacchierate di una coppia con cui si ritrova ad attraversare il mare) cammino: annientando in ultimo anche un preteso consorte, avendo appreso appieno quella scienza che un tempo vedeva operare dal suo forse folle professor Godwin.

Surreale, felicemente fanciullesco (come non sorridere davanti a quegli pseudo animali usciti fuori da una favola e dagli esperimenti di God?), sghembo, furbo (figuriamoci se il cinema si lasciava scappare il soggetto di Grey), liberissimo e trasgressivo come forse di rado si è visto sullo schermo, ardito per quanto riguarda il corpo (spesso nudo) e la interpretazione della protagonista, nonché coproduttrice, Emma Stone (è da incubo vedere come Lanthimos sappia rigirarsela tra le mani qui, dopo i già alti livelli della “Favorita”, e guardare soprattutto nella parte iniziale – la più convincente – i movimenti, le giravolte, gli squilibri, i gorgoglii, i gesti inaspettati con cui l’attrice riempie la sua Belle), probabilmente prossima migliore attrice anche se (e direi che il doppiaggio italiano insiste su questo versante) con lo svilupparsi del personaggio nelle varie stazioni di quella che potremmo intendere come la sua “crescita” tenda ad appiattirsi, s’egualizzi in una fissità (forse imposta?) che sottrae qualcosa a Belle. Anche se “Povere creature!” esula dal cinema che sta nelle preferenze e negli amori di chi scrive queste note, è innegabile la visionarietà, la costruzione di perenni fuochi d’artificio, la folle e strampalata immaginazione, il desiderio di stupire, il talento, il piacere nello sbrigliare il cervello e la pancia, da parte del regista, in un susseguirsi senza freni, smodato, ineguagliabile, di invenzioni e di aridità di (umani?) sentimenti, di sensazioni venute su allo stato brado. Viene il desiderio di andarsi a leggere subito subito “Poor Things” per vedere, conoscendo come a volte siano più stretti i confini del cinema, quanto della pagina scritta sia stato trasportato con fedeltà – tutta? in parte? – sullo schermo, quanto le pulsioni, gli smodati appetiti, la sfrontatezza, i desideri irrefrenabili, le novità di prospettiva, la lotta forse non del tutto chiarita della protagonista nemmeno a se stessa siano state rese da Lanthimos.

Il Bolero di Sarajevo nel giorno di San Valentino

ACCADDE OGGI

Quattordici febbraio 1984, giorno di San Valentino. Quarant’anni fa a Sarajevo si svolgevano le XIV Olimpiadi invernali, ultima grande occasione di festa e di pace prima che la città finisse sotto assedio nella prima parte della “decade malefica” dei conflitti balcanici nell’ultimo scorcio del Novecento, segnata dalla violenza e dalle atrocità della guerra. Attorno a Sarajevo le montagne innevate (il Trebevic, dalla vetta del quale si domina la città; l’Igman, severo e imponente; la Bjelašnica, immensa e bianca principessa delle nevi, e l’impettita Jahorina) ospitarono gran parte delle gare. Di fronte allo stadio Olimpico, nel quartiere di Koševosotto le volte del palaghiaccio Zetra, una coppia di pattinatori inglesi di Nottingham, Jayne Torvill e Christopher Dean, raccolsero un incredibile successo nella danza su ghiaccio in una gara contro i rappresentanti dell’allora Unione Sovietica, Natalja Bestemianova e Andreij Bukin. Una gara entrata nella storia del pattinaggio e che nessuno potrà mai dimenticare. La coppia dell’URSS presentò nella danza libera, ultima prova della disciplina, la Carmen di Bizet ma Torvill e Dean trionfarono sulle note del Bolero di Maurice Ravel con una interpretazione che fece venire i brividi agli spettatori. Fu qualcosa di straordinario, di irripetibile e i due pattinatori danzarono leggeri sul ghiaccio come creature appartenenti a un altro mondo. Il loro fu un programma perfetto che meritò l’oro olimpico e dodici sei, il massimo punteggio raggiungibile a quel tempo. Jayne Torvill e Christopher Dean entrarono a buon titolo nella leggenda delle olimpiadi e trent’anni dopo tornarono nel giorno della festa degli innamorati nello stadio Zetra ricostruito dopo la guerra, e pattinarono nuovamente accompagnati dal ritmo incalzante e sensuale del grande compositore francese. I fondi raccolti con l’esibizione vennero utilizzati per costruire una pista di pattinaggio permanente e il ricordo di quella giornata è rimasto impresso negli occhi di chi ama le evoluzioni artistiche sul ghiaccio e crede nello sport come mezzo di promozione di una cultura di pace e dialogo.

Marco Travaglini

San Valentino al museo: un solo biglietto a chi si presenta in coppia

Mercoledì 14 febbraio

offerta valida per le mostre temporanee e le collezioni permanenti

Tutti gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

Anche quest’anno i musei della Fondazione Torino Musei – GAM, MAO e Palazzo Madama – celebrano San Valentino e l’amore in tutte le sue forme.

Mercoledì 14 febbraio i musei offrono un solo biglietto a chiunque si presenterà in coppia (coniugi, fidanzati, genitori e figli, amici o parenti). La promozione è valida sia per le collezioni permanenti sia per le mostre temporanee Hayez e Gianni Caravaggio alla GAM, Tradu/izioni d’Eurasia al MAO e Liberty a Palazzo Madama.

Grande offerta di visite guidate speciali a tema a cura di Theatrum Sabaudiae: il pubblico potrà scegliere per scoprire le infinite declinazioni dell’amore nelle collezioni e mostre di GAM, MAO e Palazzo Madama.

GAM | LOVE IS LOVE (collezioni permanenti del ‘900)

Mercoledì 14 febbraio ore 16, sabato 17 febbraio ore 16:30 e domenica 18 febbraio ore 15

Il percorso nelle sale del 900 intende affrontare uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d’indagini e rappresentazioni, l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Passionale, coniugale, materno ma anche amore per gli animali, la natura, amore verso se stessi e per l’arte. Un viaggio tra pittura, scultura e materiali a partire dall’inizio del 900 fino ai giorni nostri.

GAM | HAYEZ IN LOVE (mostra Hayez)

Mercoledì 14 febbraio ore 16:30, sabato 17 febbraio ore 15 e domenica 18 febbraio ore 16:30

La mostra dedicata al genio di Francesco Hayez, massimo esponente del Romanticismo in Italia, permette di affrontare uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d’indagini e rappresentazioni nell’arte, l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Da quello passionale ed extraconiugale – guardando, nello specifico, la sua musa prediletta, nonché amante, Carolina Zucchi – ma anche politico e tormentato, con, ad esempio, L’ultimo addio di Giulietta e Romeo, la tela intitolata Imelda de Lambertazzi e L’Accusa segreta, appartenente al famosissimo Trittico della vendetta. Un viaggio tra alcuni dei più importanti capolavori dell’artista che ci permettono di scoprirne un lato narrativo ricco di spunti legati alla nostra contemporaneità che hanno, come punto di partenza, l’aspetto amoroso e di coppia.

Costo della visita guidata: 7€ a partecipante

Costo aggiuntivo: un biglietto di ingresso alla collezione 900 o alla mostra Hayez per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Piemonte Card)

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Prenotazione obbligatoria e pagamento online

MAO | LE MILLE E UNA DECLINAZIONI DELL’AMORE NELLE OPERE DEL MAO

Domenica 11 febbraio ore 10.30 e mercoledì 14 febbraio ore 16:30

Il percorso di visita condurrà i partecipanti alla scoperta delle opere d’arte del museo accomunate dal tema amoroso e sessuale in ambito buddhista e induista. L’apprezzamento dell’estetica delle opere del Subcontinente indiano e della Regione Himalayana andrà di pari passo con l’approfondimento di tematiche connesse alla sfera amorosa nelle sue innumerevoli sfumature, dalla castità al tantra.

Prenotazione consigliata, disponibilità fino ad esaurimento posti.

Costo della visita guidata: 6 € a partecipante.

Costo aggiuntivo: biglietto di ingresso al museo per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Piemonte Card).

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio

Palazzo Madama | AMORI DA MITO

Domenica 11 febbraio e mercoledì 14 febbraio ore 15

In occasione della ricorrenza di San Valentino il museo propone una visita guidata ispirata agli amori famosi rintracciabili fra dipinti, decorazioni, lambriggi, ceramiche e oggetti di lusso custoditi nelle sale di Palazzo Madama.

Diana e il suo amato Endimione, Giove che si trasforma in pioggia d’oro per la sua Danae, Venere e Cleopatra. Amori celebri fra mitologia e realtà. Il percorso di visita si snoda sui tre piani, dalla sala Acaja fino alla sala ceramiche, ricercando le coppie famose, i putti, gli amorini che scoccano dardi d’amore, i nodi di fedeltà che testimoniano legami e nobili biografie.

Un San Valentino diverso, arricchito da una interessante visita, ricercata e inedita.

Costo della visita guidata: 6 € a partecipante

Costo aggiuntivo: biglietto di ingresso al museo per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Per te, che puoi fare a meno di me

Mostra-evento effimera dedicata alle Storie d’Amore interrotte, allo spazio Antro

Antro, 14/02/24, Torino, Largo Saluzzo 34/e – In occasione della festa degli innamorati, che quest’anno coincide con il Mercoledì delle ceneri, dopo l’ultimo giorno di Carnevale, Antro accoglierà una mostra-evento effimera dedicata alle storie d’amore interrotte. Questo evento trae ispirazione dal progetto Brokenships e dal Museum of Broken Relationships di Zagabria, promuovendo una riflessione sulla natura mutevole e spesso dolorosa dell’amore.
La giornata del 14 febbraio sarà un’opportunità alternativa per esplorare e riscoprire il significato dell’amore attraverso una varietà di esperienze artistiche e interattive. La mostra-evento si propone di celebrare il gioco delle forme che l’amore assume nelle vite di ciascuno di noi, offrendo uno spazio sicuro per la condivisione e la riflessione sulle esperienze passate.
Gli oggetti esposti rappresenteranno testimonianze tangibili di storie d’amore finite, invitando i visitatori a esplorare la complessità delle relazioni umane e a riconsiderare il significato dei simboli materiali o virtuali che hanno segnato il proprio percorso sentimentale.
La mostra-evento, aperta al pubblico dalle 16 fino alle 23, offrirà un’occasione unica per partecipare ad un’azione di risignificazione personale e collettiva. Antro e le sue stanze si trasformeranno in uno spazio di introspezione e meditazione, dove ognuno sarà invitato a esplorare la propria connessione con l’amore e la sua presenza nella vita quotidiana attraverso le emozioni che accompagnano una rottura d’amore. Sul tema, l’evento ospiterà anche un concerto, una performance e una stand-up comedy.

L’ingresso è gratuito per tesserati Antro, la prenotazione è consigliata al fine di garantire un’esperienza migliore. Di seguito il link: https://bit.ly/42G9ndm

Per ulteriori informazioni e dettagli sull’evento:
Pagina Instagram di Antro: @antro_torino Mail: info@antropo.it
Numero di telefono: +39 3667304077

Alla Galleria d’arte Spazio44 “Simboli, segni e sogni”

 

 

“Simboli, segni e sogni” raggiunge la sua terza edizione presso la galleria torinese Spazio44, in via Maria Vittoria 44, una rassegna di arte contemporanea che si terrà dal 16 febbraio al primo marzo prossimo.

Si tratta di una collettiva artistica che mutua un concetto imprescindibile dell’arte: il segno e il suo simbolo.

Ciò a cui assistiamo è una ricerca che accosta  la “realtà altra” alle forme e alle sue significazioni.

L’arte proposta in mostra ha lo scopo di rendere visibile la sacralità del quotidiano e l’interiorità dell’artista in una commistione mai banale di tecnica ed emozioni vissute.

Attraverso il simbolo, come riporta lo studioso Mircea Eliade, il mondo si spiega ed assume significato attraverso di esso.

Sviluppando un cosmo vivente articolato e significativo, secondo il pensiero simbolico il mondo non è solo “vivo”, ma anche “aperto”, perché un oggetto è altresi segno di una realtà che trascende l’essenza stessa dell’oggetto rappresentato.

La collettiva promossa dalla curatrice Elisa Bergamino, in collaborazione con Infinito Arte, pone sulla scena un dialogo bifronte che mostra e svela lo spazio immaginario e immaginatoche divide l’arte dall’espressionismo artistico.

 

Mara Martellotta