CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 115

A teatro l’importanza di chiedere scusa

Allo Spazio Kairos domenica 25 febbraio alle 16,30

TEATRO PER FAMIGLIE

Lo spettacolo ha vinto “Nuove generazioni” in Trentino Alto Adige


Torna il teatro per le famiglie allo Spazio Kairos di via Mottalciata 7. Onda Larsen organizza domenica 25 febbraio alle 16 la merenda (che viene offerta), seguita alle 16,30 dallo spettacolo di “Scusa” del Collettivo Clochart di Trento,  un testo scritto e diretto da Michele Comite con Viviana Pacchin e Stefania Favero.
“Scusa” è lo spettacolo vincitore della “Piattaforma per la circuitazione dello spettacolo professionale in Trentino Alto Adige – Nuove Generazioni”, bando promosso dallo Stabile di Bolzano, Centro Santa Chiara e Coordinamento Teatrale Trentino.

Lo spettacolo

E’ uno spettacolo che parla dell’importanza di chiedere scusa quando si sbaglia o nel chiedere una cortesia quando si interrompe qualcosa o qualcuno. Saper chiedere scusa influisce sulle nostre relazioni. Basta una frase di scuse, poche semplici parole, ed un possibile litigio finisce in un abbraccio o una stretta di mano e tutto si risolve per il meglio.

Chiedere scusa non è segno di debolezza, ma di grande intelligenza. È segno di maturità, di prendersi le proprie responsabilità ed essere capaci di capire di aver sbagliato.

Per i bambini il litigio è un fatto assolutamente naturale, quasi un’attività ludica endemica alle dinamiche relazionali. I litigi tra bambini sono delle occasioni di crescita cognitiva, emotiva e sociale. Le due protagoniste vivranno in una carambola divertenti dispute che provengono dal mondo infantile che spesso però ritroviamo anche negli adulti ed ecco perché è uno spettacolo da condividere

con le famiglie.

“Scusa”, una parola contro migliaia di azioni. Ci sono molti modi di chiedere scusa, in certi casi vanno usati tutti in altri ne basta uno. Così chiedere scusa può essere un gesto che rafforza l’amicizia, chiarisce i dubbi, è un rimedio contro l’odio che aiuta a riflettere senza essere mai un segno di debolezza. Chiedere scusa è educazione saperlo fare è arte.

SCUSA

Collettivo Clochart (TN)

Scritto e diretto da Michele Comite

Con Viviana Pacchin e Stefania Favero

Coreografie a cura di Hillary Anghileri

Musiche a cura di Daniela Savoldi

Scenografie a cura di Gigi Giovanazzi e Gianmarco Sartori

Costumi a cura di Elisa Caleon

Durata 50’

Teatro danza, di figura e narrazione

Dai 4 anni in su

Biglietto unico (con merenda omaggio alle 16): 8 euro.  Info: biglietteria@ondalarsen.org

 

Facciamoci un bel ripasso sulle due vite del “fu” Mattia Pascal

Repliche sino a domenica 25 al teatro Gioiello

Lo ricorda ancora qualcuno? “Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: “Io mi chiamo Mattia Pascal.”

Grazie, caro. Questo lo so.”

E ti par poco?”

Incipit d’altri tempi. Sembra che in un’epoca frettolosa, arida e capace quasi soltanto di comunicare attraverso messaggi e messaggini, attraverso forme abbreviate, attraverso pollici in su o in giù e faccine sorridenti o disperate, tutti l’abbiano dimenticato. In maniera vivace, per nulla sonnacchiosa, veloce e sbrigliata, assai modernamente, (forse) in modo lodevole, ci pensa Giorgio Marchesi a ricrearci la mente, a costruire questo bignami pirandelliano di poco più di un’ora a soccorso e conforto – si “traveste” persino, in qualche modo, con il suo elegante frac bianco e cilindro contaminati da un paio di anfibi: ma, sicuro che ne sentano così visceralmente il bisogno? “Abbiamo voluto sperimentare un linguaggio che potesse essere accessibile e appetibile a tutti, anche e soprattutto alle nuove generazioni” – delle nuove generazioni appunto che io credo, la maggior parte, gli possano rispondere come l’Abbondio del Manzoni: “Pascal, chi era costui?”

È in scena al Gioiello sino a domenica 25 con un adattamento e una regia che fanno capo a lui e Simonetta Solder, sua compagna d’arte e di vita, felice di venire incontro con più di un sorriso e con carrettate di ironia a quanti vedono in quel romanzo del 1904 soltanto serietà, messaggi e un pizzico di spiccia filosofia, lanternino e coscienza compresi. Su di un palcoscenico minimal, un attaccapanni, una sedia e un microfono a cui sta ben aggrappato come una palma su di un’isola in mezzo all’oceano il suo sodale Raffaelle Toninelli con il suo contrabbasso per gli interventi musicali, Marchesi ricostruisce attimo dopo attimo, impacchettando definitivamente la precisione dell’epoca e spalmandola al contrario entro l’intero secolo per “assecondare la contemporaneità dei temi trattati nell’opera”, tutto il bagaglio surreale del personaggio, la sua vita spaccata in due, laggiù alla gora del mulino, e la sua doppia esistenza. La vita nel paesino ligure di Miragno – non andatelo a cercare nelle carte geografiche, è un’invenzione dell’agrigentino -, con il Batta Malagna pessimo amministratore di beni e Romilda con cui stringere un odiato matrimonio, il grugno e la voce imperante della vedova Pescatore, sua suocera, il buon Pomino che impalmerà – più danni che piaceri – la “vedova”; e poi la vincita ai tavoli da gioco di Montecarlo, le ottantamila lire e passa con cui rifarsi una vita, la tragica ma non troppo notizia sul giornale della sua dipartita, l’improvvisata ricostruzione di un passato, l’andata a Roma, con quei quadretti saporiti che sono i tanti personaggi di casa Paleari, con il buon capo di casa Anselmo che gli viene ad aprire la porta “in mutande di tela” e “con un fervido turbante di spuma in capo”, la signorina Adriana e il lestofante Papiano, la Caporali e le sue sedute spiritiche. Al centro di tutto non più lui, il “fu” Mattia Pascal, ma un rinnovato Adriano Meis. Un nuovo battesimo. Ma tutto suonerà fasullo, tutto impossibile se quella nuova identità non gli consentirà neppure la denuncia di un furto. Meglio tornare a Miragno, lasciare pure Romilda al suo Pomino, strapazzare, questa volta sì, la vedova Pescatore, e rintanarsi nella vecchia biblioteca del paese, andando in qualche bella giornata a leggere la lapide che i concittadini avevano voluto porre a quel povero ignoto che s’era suicidato alla Stìa, declinando ancora una volta a qualche curioso le proprie antiche generalità.

Divertito, divertente, a tratti esplosivo, vitalissimo e irriverente, capace di entrare più in maniera convincente nella storia, pronto a correre e ad alleggerire sornionamente le pagine del romanzo, giocando con i dialetti e accennando dall’interno ai tanti personaggi rivisitati, un cambio d’abito con un colorato bomber, mosse e movenze, squittìi e urletti di rilassamento, azzeccate sottolineature, del tutto godibile, buon amico fraterno di “chi non sa”, Marchesi offre un’occasione lontana da quelle abituali – io ricordavo il primo Albertazzi e Pino Micol e il più recente Pino Quartullo -, un buon percorso didascalico che sembrerebbe non guastare se il tutto è valso a rinfrescare le (poche?) idee a quanti hanno i piedi più o meno saldi nel nuovo millennio.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Fabio Lovino

Le scomposte. I mondi di Marguerite

 

Per “ContemporaneA. Parole e storie di donne”, alla Galleria “Bi-Box” di Biella, si entrerà nel profondo della vita e dell’opera di Marguerite Yourcenar

Sabato 24 febbraio, ore 16,30

Biella

Scrittrice e poetessa francese, prima donna ad essere eletta nel 1980 all’“Académie  française” e candidata nel 1951 al “Premio Nobel per la Letteratura” per “Memorie di Adriano” (il suo più celebre capolavoro realizzato nell’arco di un trentennio), Marguerite Yourcenar, al secolo Marguerite Antoinette Jeanne Marie Ghislaine Cleenewerck de Crayencour (Bruxelles, 1903 – Mont Desert, 1987), sarà al centro con la sua avventurosa e non semplice vita e con la sua opera letteraria, della prossima lezione (sabato 24 febbraio, ore 16,30) di “Le scomposte”, il corso organizzato presso la Galleria “Bi-Box Art Space” di Biella (via Italia, 38), da “ContemporaneA. Parole e storie di donne”, a cura di Maria Laura Colmegna: un’altra occasione (dopo l’incontro dedicato a Toni Morrison, prima scrittrice afroamericana a vincere il “Nobel” nel 1993) per conoscere da vicino la vite e le opere di scrittrici del passato che “con il loro talento hanno saputo intrecciare il loro tempo al nostro, in maniera indissolubile”. L’appuntamento sarà condotto da Eugenio Murrali, giornalista, collaboratore de “Il Foglio” e “Vatican News” nonché autore di libri  tra cui, con Dacia Maraini e prefazione di Dario Fo, “Il sogno del teatro. Cronaca di una passione” (BUR, 2013) e “Vincere le delusioni. Contromosse per superarle e non farsi avvelenare la vita” (con Pascale Chapaux-Morelli; Feltrinelli Urra, 2017).

A partire dal suo primo romanzo “Marguerite è stata qui” ( pubblicato da “Neri Pozza” e omaggio appassionato di uno scrittore esordiente “a una scrittrice vertiginosa e amatissima”, in cui biografia romanzata e memoir si intrecciano), nella lezione alla biellese “Bi-Box”, dal titolo “I mondi di Marguerite Yourcenar” , Murrali descriverà la vita avventurosa di Marguerite Yourcenar (pseudonimo scelto dalla scrittrice anagrammando il cognome originario, Crayencour), raccontata dalle figure che l’hanno “abitata”. Tra narrazione e monodia, vengono ripercorse le varie tappe: a Bruxelles la nascita segnata dalla perdita (dieci giorni dopo) della madre, l’infanzia in un castello tra gli alberi centenari della Fiandra francese nel Mont-Noir, le cure delle bambinaie Barbe e Camille, lo sguardo di Michel René, il padre innamorato che la inizierà ai segreti della conoscenza e della bellezza. “È anche – sottolinea Murrali – un viaggio dentro le geografie dei sentimenti e degli spazi: la costa olandese affacciata sul mare del Nord, la Grecia, l’Italia, l’America come nuova casa e quell’isola nel Maine dove la scrittrice troverà un luogo di possibile abbandono e concluderà la stesura delle Memorie di Adriano’”. Murrali, nel corso della sua “lezione” darà corpo al significativo itinerario di una donna “coraggiosa e libera” che ha percorso il “secolo breve”, attraversando due conflitti mondiali, la guerra fredda e, nella vita privata, le passioni degli anni Trenta, il lungo amore condiviso con la sua compagna Grace Frick(insegnante di letteratura inglese) e l’ardore doloroso degli ultimi anni con Jerry Wilson, giovane fotografo americano. Fino alla scomparsa della scrittrice presso l’ospedale di Bar Harbor, sull’isola di Mont Desert (Maine) il 17 dicembre 1987. La sua tomba si trova a Somesville, nel Maine, accanto a quelle di Grace e Jerry.

Per info e prenotazioni: tel. 392/5166749 o www.contemporanea-festival.com / segreteria.contemporanea@gmail.com

 

Nei prossimi incontri: Elena Varvellopresenterà Flannery O’Connor, la scrittrice delle visioni (23 marzo) e Patrizia Bellardone, presidente di “BI-BOx Art Space”, racconterà il rapporto tra la storia dell’arte e la storia delle donne a partire dal romanzo di Anna Banti“Artemisia” del 1947, dedicato ad Artemisia Gentileschi (20 aprile).

g.m.

 

Nelle foto:

–       Marguerite Yourcenar, Bailleul, 1982 – Bernard De Grendel

–       Immagine guida di “Le scomposte”

–        Eugenio Murrali

“Sol di Soldi” al cinema teatro Gobetti di San Mauro Torinese

In programma sabato 24 febbraio

 

Sabato 24 febbraio prossimo, al cinema teatro Gobetti di San Mauro Torinese, andrà in scena “Sol di Soldi” della bravissima Maria Pia Timo, che proporrà uno spettacolo comico sull’ultimo, vero argomento tabù che tocca tutti in maniera trasversale: il denaro e il nostro rapporto con esso, dalla quotidianità spicciola a come condiziona la nostra vita. Dalla gestione familiare dei conti alle criptovalute, passando dalla storia delle prime monete in terracotta dei popoli antichi fino a PayPal. La moneta vera, falsa, coniata, scritta, scarabocchiata, strappata e rattoppata con lo scotch, l’inflazione, lo spread, il taeg, gli eurobond. Chi sono questi sconosciuti ? Non si tratta di un testo improvvisato, ma di uno spettacolo esilarante e coinvolgente scritto dalla stessa interprete e da Roberto Pozzi, che ne cura la regia con la consulenza di una banking trainer, per ridere di un intero mondo finanziario di cui non capiamo nulla o quasi, e ci affidiamo ad altri, ma sempre ignari, tenendo le dita di una mano incrociate.

Uno spettacolo che non vuole insegnare niente, o quasi. Indaga nella nostra ignoranza e scopre il lato comico, a tratti tragicomico, della nostra epoca. Di soldi non se ne hanno mai abbastanza, ma se vengono a mancare non si sa come chiederli e, nel caso in cui se ne abbia, non si sa più dove metterli o casa farci.

Sabato 24 febbraio, ore 21:00

Cinema Teatro Gobetti, via Martiri della Libertà 17, San Mauro Torinese (TO)

Info: 011 0364114

 

Mara Martellotta

Weekend con Michelangelo Pistoletto

Un’occasione unica per una visita serale alla mostra Molti di uno con l’artista e per ascoltarlo in conversazione con Marcella Beccaria
In occasione dell’ultimo weekend della mostra Michelangelo Pistoletto. Molti di uno, venerdì 23 febbraio 2024 alle ore 18 il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea organizza un incontro per presentare il libro La formula della creazione(Cittadellarte Edizioni, 2022) alla presenza dell’artista e del Vicedirettore e curatore della mostra Marcella Beccaria.Dopo l’incontro, Michelangelo Pistoletto sarà a disposizione del pubblico per autografare le copie del suo libro al terzo piano della Manica Lunga, nel contesto della mostra.

La mostra rimarrà straordinariamente aperta sino alle ore 20.30
Il volume La formula della creazione (Cittadellarte Edizioni, 2022) è acquistabile nel Bookshop del Museo o nel Bookshop online.

La conversazione con l’artista è a ingresso gratuito previa prenotazione (rsvp@castellodirivoli.org) e fino a esaurimento posti.
La mostra è visitabile dalle ore 18 alle 20.30 con ingresso a tariffa ridotta di € 6,50 (inclusi possessori di Abbonamento Musei; € 4,50 per studenti e under 26) e presenza dell’artista per firmacopie.
Si consiglia di procedere all’acquisto del biglietto online.

Nel percorso creativo di Michelangelo Pistoletto, l’intreccio tra creazione artistica e scrittura è un fenomeno ricorrente. La genesi di ogni nuova opera prevede uno studio transdisciplinare ed è mossa da un bisogno di esprimere il concetto artistico anche attraverso la scrittura, intesa come ulteriore strumento di approfondimento. Ripercorrendo le tappe fondamentali dell’attività pluriennale di Pistoletto, La formula della creazione (Cittadellarte Edizioni, 2022) è un volume che esplora il processo della creazione a partire dall’origine di religioni, politica, scienza e culture servendosi del fermento germinale dell’arte. Negli anni sessanta, Pistoletto emerge nel contesto internazionale grazie ai celebri Quadri Specchianti. Questi fungono da base per la sua ricerca, permettendogli di giungere anni dopo alla “Formula della Creazione”, paradigma teorizzato dall’artista e consistente nel disegno di una linea incrociata due volte a formare tre cerchi. Nelle pagine del volume, l’artista offre una prospettiva unica su come questa formula sia riscontrabile in ogni aspetto del reale e sia, pertanto, alla base della vita stessa.

La mostra è realizzata in collaborazione con Cittadellarte

“C’è una foto di noi in uno strato di polvere…”

MUSIC TALES – LA RUBRICA MUSICALE

“C’è una foto di noi

In uno strato di polvere

Sulla mensola del camino

Proprio accanto alle sigarette che fumo da quando te ne sei andata

Perché hai detto che dovevi volare

Nel tuo cielo di ottobre”

Yebba, pseudonimo di Abigail Elizabeth Smith classe 1995, è una cantautrice statunitense.

Salita alla ribalta con la sua vittoria ai Grammy Award nella categoria Miglior interpretazione R&B tradizionale per How Deep Is Your Love, ha visto la svolta commerciale nel 2019 dopo aver collaborato con Mark Ronson nel singolo Don’t Leave Me Lonely, incluso nel suo album in studio Late Nights Feelings, che le ha valso il suo primo ingresso nella Official Singles Chart.
La cololaborazione con Sam Smith la mette in luce ancora di più e consolida quella che è la sua posizione nel panorama musicale.
Adoro questa voce, spero piaccia anche a voi.
 Scelgo questa canzone per la delicatezza e per l’armonia coinvolgente.
“October Sky” è un nostalgico tributo alla splendida stagione autunnale e all’importanza del ricordo, anche di chi non c’è più.
Un versione live di estrema intensità che sono certa vi regalerà momenti di malinconia mista a leggerezza.

Finché ci sarà l’autunno non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo.

(Vincent Van Gogh)

Vi invito all’ascolto di questo acustico che mi è fa sognare ogni volta

Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=8ysq5GzTXfc

CHIARA DE CARLO

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Scurati il Commendatore

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
Il prof. Quaglieni

Anch’io nel lontano 1987 venni nominato dal presidente Cossiga commendatore dell’ordine della Repubblica, ma nessuno allora disse o scrisse che quella nomina avesse un qualche rapporto con la mia carriera di docente e di studioso e che desse ad essa una qualche autorevolezza aggiuntiva. Poi mi  promossero con onorificenze più importanti, ma nessuno pensò che esse mi dessero titoli scientifici maggiori. Anzi qualcuno mi prese un po’ in giro su un giornale  perché solo chi non ha titoli più importanti si fregia di queste titoli che Vittorio  Emanuele II non negava a nessuno insieme ad un sigaro. Vi racconto queste piccole annotazioni personali perché in Liguria c’è stata una presentazione di uno dei soliti libri faziosi di Antonio Scurati presentato  come commendatore della Repubblica e Ambrogino d’Oro. I titoli scientifici non ci sono perché  Scurati è un romanziere che si è proposto di scrivere libri pseudo-storici, avrebbe detto Croce, contro l’odiato Mussolini contro cui conduce una sua crociata personale. Scurati non sa che la storia non è mai giustiziera e che ascolta, anzi deve ascoltare anche l’altera pars. Forse non ha neppure studiato il latino e quindi il commendatore non sa di cosa stia parlando. Non citiamo neppure Renzo De Felice che ha dedicato la vita a studiare il fascismo e Mussolini e che il romanziere non deve avere mai aperto perché considerata da Nicola Tranfaglia un’opera da mettere all’indice dell’antifascismo. Una volta si ironizzava sui ricchi commendatori con tanto di pancia che erano protagonisti  di barzellette spesso sconce. Scurati che non ha la pancia e scrive libri, non suscita ilarità né barzellette. Lui è un reduce dell’antifascismo che combatte una battaglia che invece di creare nuovi adepti rischia di incrementare le truppe della Meloni. Senza voler  esibire  un pizzico di cultura elitaria, è proprio il caso di parlare  di “eterogenesi dei fini”. Detto più semplicemente, il libro raggiunge scopi diversi, anzi opposti, da quelli che si proponeva.

La scelta di Macron: Missak Manouchian al Panthéon

Con l’ingresso di Missak Manouchian al Panthéon, il tempio laico parigino della storia e della repubblica francese, il presidente Macron ha celebrato i partigiani stranieri ai quali la “Francia è riconoscente”. È la prima volta che viene reso omaggio a degli stranieri resistenti. Joséphine Baker, entrata al Panthéon tre anni fa, aveva acquisito la nazionalità francese mentre la Resistenza era già rappresentata da Jean Moulin fino a Geneviève De Gaulle-Antonioz. L’armeno Missak Manouchian, operaio emigrato in Francia dopo il genocidio del suo popolo, resistente antifascista, comunista e poeta, capo militare dei Ftp-Moi ( i Francs Tireurs Partisans ) venne fucilato al Mont-Valérien, alle porte di Parigi, con altri ventuno partigiani del cosiddetto “gruppo Manouchian”. Aveva 37 anni e la moglie Melinée, anch’essa resistente di origini armene le cui spoglie riposeranno al Panthéon assieme a quelle del marito che sono state traslate dal cimitero parigino di Ivry, sopravvisse alla guerra e morì molti anni dopo, nel 1989. Tra i martiri fucilati quel 21 febbraio 1944 al Mont-Valérien c’erano resistenti di origini italiane Rino Della Negra (operaio di 20 anni, promessa del calcio alla Red Star di Argenteuil ), Spartaco Fontanot, Cesare Luccarini, Antoine Salvadori e Amedeo Usseglio. Al Panthéon, accanto ai due feretri inumati nel caveau numero XIII, ci sarà una targa con i nomi dei 23 condannati a morte al processo cosiddetto dell’Affiche Rouge che furono ricordati nel 1955 da Louis Aragon nel poema Strophes pour se souvenir, parafrasando l’ultima lettera scritta da Manouchian alla moglie. Una poesia che venne successivamente trasformata nel 1959 nella canzone L’Affiche Rouge da Léo Ferré. L’Affiche Rouge fu un manifesto dove dominava il color porpora, affisso nel marzo 1944 in 15mila esemplari dagli occupanti tedeschi per denunciare i “liberatori”, definiti “l’esercito del crimine”, equiparati a terroristi, denigrati come stranieri e giudeo-bolscevichi. Venivano rappresentati i volti di dieci “criminali”, sette dei quali erano ebrei. Il Manifesto Rosso, grazie ad Aragon e Ferré, diventò il simbolo dell’eroismo degli stranieri nella lotta antinazista. La decisione di portare le spoglie di Manouchian nel luogo simbolo dove riposano, tra gli altri, Voltaire e Rousseau, Victor Hugo ed Emile Zola, Alexandre Dumas e i coniugi Curie, era stata annunciata da Emmanuel Macron lo scorso 18 giugno in occasione dell’anniversario dell’Appello di De Gaulle alla resistenza. Una scelta con la quale il capo dello Stato francese ha inteso rendere simbolicamente omaggio alle migliaia di resistenti stranieri che lottarono contro l’occupante nazista e i collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. ”Ebrei, ungheresi, polacchi, armeni, comunisti, hanno dato la loro vita per il nostro Paese”, ha dichiarato Macron in un’intervista al giornale comunista l’Humanité. Attraverso di essi, ha aggiunto, “è tutta la resistenza comunista e straniera” ad entrare nel tempio delle grandi figure della Patria, al fianco di Jean Moulin e della resistenza gollista, onorata già dagli anni Sessanta. La prossima personalità che verrà tumulata al Panthéon sarà Robert Badinter, il ministro della Giustizia socialista negli anni di Mitterand che abolì la pena di morte nel 1981, con una scelta coraggiosa pur avendo contro buona parte dell’opinione pubblica.

Marco Travaglini

L’espressionismo di Pier Tancredi de Coll’ in mostra in Versilia a villa Bertelli

Si è aperta a villa Bertelli, a Forte dei Marmi, nel cuore della Versilia, la personale di Pier Tancredi de Coll’, curata da James Castelli.

L’evento vede anche l’esposizione di alcune opere del celebre artista Mario Schifano, scelte per creare un ponte generazionale tra due interpreti significativi dell’arte contemporanea. L’esposizione è stata inaugurata il 17 febbraio scorso e sarà visitabile fino al 15 marzo.

Tancredi de Coll’, nato a Torino nel 1959, ha iniziato il suo percorso artistico presso lo studio del pittore Serafino Geninatti, emergendo come vignettista per importanti quotidiani. La sua versatilità artistica si è espressa non solo attraverso collaborazioni interdisciplinari, ma anche con pubblicazioni di disegni e poesie.

Innumerevoli le mostre che lo hanno affermato nel panorama artistico italiano.

Al primo piano di Villa Bertelli sono presenti circa 25 opere pittoriche della collezione Art & Design dell’artista piemontese, selezionate dal gallerista romano James Castelli.

Soggetto preferito in questi dipinti acrilici su tela sono le scene in ambienti dell’alta borghesia, tema caro all’artista, che lo reinterpreta in chiave contemporanea.

Apertamente influenzato dalla pittura del Novecento, come lui stesso afferma, De- Coll’ fa parte della corrente romana dell’Effettismo, ispirata ai canoni dell’espressionismo.

Mario Schifano, figura chiave del panorama artistico del Novecento, è conosciuto a livello mondiale per il suo ruolo pionieristico nel postmoderno. È il maggior esponente della pop art italiana, influenzato dai grandi innovatori internazionali quali Andy Warhol, Jaspers Johns e Robert Rauschenberg. L’utilizzo di svariati materiali come lo smalto e l’acrilico e la carta da imballaggio come supporto in lui si accompagna alla sperimentazione di nuove tecniche, tra cui la rielaborazione grafica tramite il computer, le cosiddette tele computerizzate. È stato tra i primi a proporre la contaminazione tra pittura, fotografia, musica, cinema e video. Nella rappresentazione della natura tende all’astratto e all’informale.

Le sue opere spaziano dalla pittura alla fotografia e alla videoarte, offrendo una lettura critica della società contemporanea e del rapporto tra uomo e tecnologia.

La mostra è a ingresso libero, aperta in orario pomeridiano fino al 15 marzo prossimo.

MARA MARTELLOTTA