CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 104

Alessandro Baricco: “Abel”, come un western metafisico

Ti prende dall’incipit e ti porta rapidamente al fuoco della narrazione. L’ ultimo romanzo di Alessandro Baricco è in qualche modo una novella zen, in salsa western ( Abel, Feltrinelli, i narratori 2023 €.17, pagg. 146). L’ “autobiografia morale” dello scrittore torinese. Un ‘western metafisico’ si dichiara nel sottotitolo. La ricerca del significato dell’ esperienza del dolore e, leggi malattia, è palese nel testo. Delle molte facce che può assumere ai nostri occhi, solitudine, catarsi addirittura epica e intreccio avventuroso. Ma sempre alla ricerca del senso, di un senso che fa appello al lettore come in Calvino. Senso  attribuito, interpretazione. Baricco ci insegna che il romanzo può dire tantissimo, in poche pagine, se vuole ottenere la profondità. Nel tempo filmico il re è Woody Allen, che manda mai oltre i 90′ le sue pellicole. Già il genere western fu rivisitato da Baricco, con il magnifico “Smith & Wesson” un testo prevalentemente dialogico. Quest’ultimo chiaramente intimista, freudiano, a suo modo buddista. Il romanzo descrive un West crepuscolare e post moderno. Perché il western è il più moderno dei generi. Classico perché ci parla di un passato lontano e in qualche modo epico, moderno perché raccontato in un presente assoluto. Tanto da essere stato esautorato, dal cinema americano stesso. Scomparso. Troppo storico, troppo ‘lo ieri americano’. E’riemerso in Tarantino, fuori dai suoi stilemi.

“Prendete un fatto “isolatelo” tutto ciò che rimane della realtà è narrazione”, ha detto recentemente lo scrittore torinese intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Così è Abel. Un testo che ha preso all’autore anni, nella stesura. Ricca la ricerca bibliografica, cui ha attinto. Testimoniata dalle note in calce. Scrivere il western basato in prevalenza sull’immaginario visivo, è un pó “narrare un quadro” come l’autore ha anche fatto alcuni fa in un suo saggio-racconto ( Mr. Gwin, Feltrinelli,  2011). Ma è anche sempre il West del bonelliano Tex e dei suoi pards, di Lilith.

Il West di Wim Wenders in “Paris Texas” dei grandi spazi, delle cavalcate, dei silenzi, dei canyons, dei saloon, del fango, del sudore, del destino, delle chitarre di Ry Cooder, della sensualità di Nastassja Kinsky. Allora il West commuove. Ci vedi dentro Torino e i ricordi di quando eri bambino e poi giovane adulto, che aspettavi all’edicola l’uscita dell’ultimo albo di Tex, allora disegnato da Aurelio Galeppini (Galep). Che concludeva la storia, iniziata nel numero precedente, come in un fuilleton. Lo si aspettava come la partita del Toro la domenica, perché il Western è granata, è sempre “tutto una storia in salita”. Sanguigno, popolare, passionale. Marlon Brando riaprì il genere ‘scomparso’ dalle sale nei settanta con “Missouri”, poi il West sociale del “Piccolo grande uomo”. Oggi Alessandro Baricco, dal calamo. Formidabile.

Aldo Colonna

1944, deportazione politica e Resistenza in Piemonte

La Sezione ANPI “Eusebio Giambone” di Torino organizza Venerdì 16 febbraio 2024 alle ore 17,30 presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli in via Cesare Battisti 4 a Torino l’incontro pubblico sul tema “1944. Deportazione politica e Resistenza in Piemonte”. Interverranno gli storici Barbara Berruti, direttrice dell’Istoreto “Giorgio Agosti” e Bruno Maida, professore di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino. I lavori saranno introdotti da un saluto di Daniele Valle, vicepresidente del Consiglio regionale e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione. La vicenda dei deportati politici italiani, condotti dall’Italia nei campi di concentramento del Terzo Reich per la loro opposizione al regime nazifascista tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, rappresenta una delle pagine più dolorose e drammatiche di quell’epoca, accanto al dramma della popolazione ebraica e dei militari che vennero deportati dopo il rifiuto di aderire alla repubblica fascista di Salò. Nei vari campi in cui gli antifascisti e i partigiani furono detenuti erano contrassegnati da un triangolo rosso e sottoposti a un durissimo regime carcerario e di lavoro coatto che causò per molti la morte. Le preziose testimonianze, orali e scritte, di Lidia Rolfi sulla deportazione femminile e l’immane lavoro di ricostruzione del fenomeno da parte di Italo Tibaldi sono alla base delle successive ricerche storiche. L’evento è patrocinato dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Comitato Resistenza e Costituzione.

Palcoscenico Danza 2024, l’altra metà del mondo

Sono otto gli appuntamenti della rassegna diretta da Paolo Mohovic per il teatro Astra

 

Sono otto gli appuntamenti di Palcoscenico Danza 2024, l’altra metà del mondo, la rassegna diretta da Paolo Mohovic, progetto del TPE Teatro Astra. Coreografi di rilievo nazionale e internazionale metteranno in scena le loro creazioni, due prime assolute, una produzione TPE, due coreografie firmate da Mohovich.

Il 10 febbraio prossimo andrà in scena al teatro Astra Cultus della compagnia Zappalà Danza.

Il 13 febbraio prossimo al Teatro Astra andrà in scena ‘Svelarsi’ di Silvia Gallerano, uno spettacolo rivolto alle donne o a chi si sente tale per riappropriarsi dello spazio negato dal patriarcato. E per farlo non si può che parlare di corpo, il corpo femminile. Invasione, mancanza di spazio, compressione da una parte. La potenza, lo strabordare, la risata travolgente dall’altra. La cultura patriarcale che ancora ci circonda insegna alle donne sin da piccole a limitare i propri desideri di potenza e ad accettare invasioni di campo da parte dell’altro sesso, dove il campo è il corpo, a mettersi in disparte e per senso di costrizione spesso a esplodere. Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune, l’umiliazione, la mutilazione, l’invisibilità.

Dal 15 febbraio al 17 marzo sarà di scena la pièce “Le mie parole vedranno per me” di Marco Cosucci e Andrea Dante Benazzo.

L’indagine sullo sguardo e il non vedere di Marco Cosucci si traduce in uno spettacolo immersivo e site specific realizzato in Area X, nell’ambito della stagione sostenuta da Intesa Sanpaolo.

Settanta registrazioni, diari sonori e tecnica binaurale, quando la tecnologia si pone al servizio della creazione artistica. In questo spettacolo sonoro immersivo due giovani promesse del teatro contemporaneo indagano il rapporto tra vedere e non vedere, portando in scena le testimonianze di persone cieche o ipovedenti. Lo spettatore, affiancato da un performer, viene messo al centro di un universo percettivo che contempla una pluralità di spazi, voci e suoni, ascoltando in cuffia ricordi e riflessioni di persone con cecità totale e parziale. In questo modo viene portato a interrogarsi sulla percezione della realtà e sul rapporto tra cecità e sguardo nel processo di formazioni di immagini. Marco Corsucci realizza così uno spettacolo che inverte le logiche dell’accessibilità: “Le mie parole vedranno per me” fa dell’accessibilità l’elemento portante del suo linguaggio.

Dal 16 al 18 febbraio prossimo al Teatro Astra andrà un scena il ‘Capitale’ di Enrico Baraldi e Nicola Borghesi, che narra la storia dell’incontro tra una compagnia di teatro e un gruppo di operai metalmeccanici in una fabbrica occupata, insieme sulla scena. La compagnia Kepler-452, per affrontare il Capitale di Karl Marx, ha vissuto per due mesi all’interno della fabbrica GKN di Campi Bisenzio, occupata dal 9 luglio 2021. Una compagnia di teatro sceglie di mettere in scena il Capitale di Karl Marx, perché, dopo la fine del primo lockdown, avverte la necessità di mettersi in ascolto di chi, nella fase immediatamente successiva, avrebbe perso il posto di lavoro. Nicola ed Enrico decidono di girare l’Italia alla ricerca di quei luoghi in cui le pagine di Marx diventano persone, spazi, avvenimenti. Parlano con braccianti agricoli, sikh, lavoratori della logistica, sindacalisti di base. Un giorno finiscono in una fabbrica, la GKN di Campi Bisenzio, che ha appena chiuso. La mattina del 9 luglio 2021 i 422 operai della GKN ricevono una mail. Non devono tornare al lavoro il giorno dopo. Sono licenziati. Da quel giorno occupano la fabbrica, organizzano una mensa, un ufficio propaganda, dei turni di guardia. All’inizio dell’autunno la compagnia entra per la prima volta alla GKN. Gli operai li invitano a mangiare con loro.

Il 17 febbraio alle 21 si terrà il dialogo con Francesca Coin e Laura Bevione dal titolo “Perdere o lasciare. Il lavoro oggi” cui interverranno anche Enrico Baraldi e Nicola Borghesi, in collaborazione con la Fondazione Circolo dei Lettori. Ci si interrogarsi sul motivo per il quale sempre più persone lasciano il proprio lavoro. Francesca Coin, sociologa, è autrice del volume “Le grandi dimissioni”( Einaudi)

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Prenotazione consigliata a dialoghi@fondazionetpe.it

Biglietti abbonamenti e informazioni su fondazionetpe.it e in biglietteria al teatro Astra ( martedì-sabato 16/19)

MARA MARTELLOTTA

Cechov… per sempre Alla “Soms” di Racconigi

La compagnia teatrale “Muta Imago” si confronta con le “Tre sorelle” del grande drammaturgo russo

Sabato 10 febbraio, ore 21

Racconigi (Cuneo)

Opera iconica, fra le più rappresentate, nel tempo e alle più varie latitudini (del 2000 una versione giapponese della scrittrice Ai Nagai), le “Tre sorelle” – composta da Anton Cechov nel 1900, cui seguirà nel 1903 “Il giardino dei ciliegi” – sarà presentata, quale quinto appuntamento della rassegna teatrale “Raccordi”, nata nel 2022 dalla collaborazione dell’Associazione “Progetto Cantoregi” con la Fondazione “Piemonte dal Vivo”sabato 10 febbraioore 21, alla “Soms – ex Società Operaia di Mutuo Soccorso” a Racconigi (via Carlo Costa, 23), messa in scena  dalla Compagnia Teatrale romana “Muta Imago”, guidata da Claudia Sorace, regista, e Riccardo Fazi, drammaturgo e “sound artist”.

Il dramma cechoviano, ispirato, oltre un secolo fa, alle tre sorelle Zimmermann di Perm’ (figlie di un generale morto l’anno appena trascorso rispetto alla storia narrata: Maša sposata giovanissima a Kulygin, un professore di ginnasio che non ama; Ol’ga, la maggiore, insegnante liceale, e Irina, la più giovane) si apre e si dipana intorno ad una domanda che percorre insistente corpi e anime: “Perché ricordare?”.

In questa riscrittura, la Compagnia (abilmente diretta da Claudia Sorace) mette in scena la vita delle tre protagoniste e la loro volontà di “rendere la propria casa un luogo inviolabile contro lo scorrere degli eventi”. In una sorta di “buco nero”, sospeso tra passato e futuro, che non lascia spazio a vie d’uscita, le tre donne rivivono momenti, luoghi e situazioni che hanno segnato le loro vite, dalla morte del padre alla guerra, dagli amori ai fantasmi del passato. La loro é una sorta di “performance esoterica”, dolorosamente tesa a capire come liberarsi da ciò che è stato per aprirsi definitivamente verso il futuro. 

Spiega la regista, Claudia Sorace“Le parole pronunciate in scena saranno solo quelle di Cechov. Si è trattato piuttosto di togliere, di sottoporre il materiale a un lento procedimento alchemico di condensazione e colatura, che alla fine ha fatto restare l’essenziale. Abbiamo cercato ogni parola dove risuonasse la lotta, lo sforzo continuo di costruire un luogo inviolabile contro l’inevitabile scorrere degli eventi. Quel che rimane, e che continuerà a riecheggiare nel tempo, è la voce di tre donne, viste come le future fondatrici di mondi futuri”.

“Maghe” o “medium”, le sorelle “vengono attraversate dalle voci e dai corpi dei protagonisti maschili”. La morte del padre, l’arrivo dei soldati, gli innamoramenti, le violenze, i discorsi sul tempo e sul futuro, il carnevale notturno, l’incendio: tutto riaffiora, “torna e ritorna all’interno del meccanismo drammaturgico che rappresenta l’ultimo esito della riflessione sul rapporto tra ‘Tempo’ e ‘Identità’ che da anni è l’oggetto della ricerca di ‘Muta Imago’”.

Per info: tel. 349/2459042 o www.progettocantoregi.itg.

g.m.

Nelle foto: immagini dallo spettacolo

“Te l’avevo detto”, Ginevra Elkann alla sua seconda prova

 PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Una tragedia climatica che sconvolge corpi e menti Siamo colpiti da tragedie climatiche, siamo colpiti nei corpi e nelle menti, un paio di anni fa ce le raccontava Virzì con quella siccità che prosciugava il grande fiume della capitale, poi gli incendi e le ceneri palpabili di Sollima, dovremo aspettarci di qui a non molto la pioggia di rane di Anderson a schiacciarsi sulle strade e sui parabrezza delle auto. Torniamo ai terrori dell’antichità, il futuro ci spaventa. E non poco. Dopo “Magari”, Ginevra Elkann arriva alla sua opera seconda con “Te l’avevo detto” e annega Roma in una insopportabile calura che inaspettata la ricopre durante i mesi invernali, un imperituro disco solare fisso nel cielo, una luce rarefatta, un impasto di giallo e arancio che la fotografia di Vladan Radovic coglie con esemplare quanto più che insistita esattezza. Un deserto africano, calore, corpi sudaticci e affaticati, tutti quanti persi in un girone dantesco di smarrimento, di insicurezza, di ricerca di una strada che li riporti a ritrovare un’aria più fresca e pulita.

Una via d’uscita cercasi. Simbologie volenterose ma quantomai facili. Nella scrittura concepita con Chiara Barzini e Ilaria Bernardini, di qualche pregio e di notevoli difetti, Elkann accompagna le vicende di una mezza dozzina di strampalati esseri umani (quanta voglia abbiamo di gente normale!), ad iniziare dalla Gianna di una sempre convincente – nel suo logorroico isterismo – Valeria Bruni Tedeschi, ossessionata da un versante religioso (madonnine e sacricuoredigesù abbondano) come dal suo e dal passato di Pupa (Valeria Golino, godetevela tutta, lei sì), pornostar con ritocchini e parrucca bionda, calata ormai sul viale del tramonto e che certo non dice di no ai selfie degli ultimi fan, colpevole di averle rovinato la vita sul versante coniugale e non soltanto: per tacere della di lei figlia, Mila, un brutto rapporto con il frigorifero e uno po’ di quattrini da definirsi stipendio facendo da badante alla vecchia signora Maria Antonietta, una immobile Marisa Borini. Alba Rohrwacher, madre che combatte contro l’alcolismo anche il giorno in cui il suo piccolo vorrebbe festeggiare con lei il proprio compleanno e che invece s’ingolla i fondi dei bicchieri che ritrova sui tavoli della festa: Rohrwacher continua a essere la (insopportabile) Rohrwacher e Scamarcio, che ormai sappiamo da sempre sui binari di un’unica espressione, trovandosi di passaggio sul set ha dato una mano all’amica regista nel ruolo di padre. Quello di Caterina e Riccardo è il raccontino peggio raccontato, insulso, prevedibile, vuoto, senza un’ombra di sviluppo, con due attori disadatti a gettare loro addosso uno straccio di emozione e di sentimento. Forse qualcosa di buono, più che un barlume di autenticità, ci viene dal prete Bill di Danny Houston, eroinomane a scacciare le tentazioni, poca voglia di fedeli e di confessioni, che vede non proprio di buon occhio l’arrivo della sorella Fran (Greta Scacchi: una bella coppia d’attori) che dagli States porta le ceneri della madre, per seppellirle al cimitero acattolico, accanto alla tomba di Keats, secondo i voleri. Ma riaffiorano ricordi e infanzie non troppo felici (è il film della tensione di rapporti tra generazioni, le madri messe all’angolo, forse in una scrittura che inevitabilmente porta con sé un tratto anche fievole di autobiografia? i padri sono una fotografia incorniciata, un’assenza, una presenza senza capo né coda), egoismi e soprusi, un affetto schiacciato da anni e una mal sopportazione, un equilibrio ritrovato: le ceneri della defunta non vedranno esaudite le proprie volontà e finiranno davvero irrispettosamente male. Ambizioso e zoppicante, fragile e inconcludente, prevedibile e soltanto ben intenzionato a tratteggiare storie con una qualche robustezza, “Te l’avevo detto” non mi pare sia la somma di qualche passo avanti fatto dall’autrice di “Magari”. Al centesimo minuto di proiezione ti rimane davvero poco da portarti a casa e rimpiangi quei film corali, intelligentemente intrecciati e profondi, che portavano le firme di Altman e di Kasdan, di Anderson e di Haggis. Certamente, Elkann non ha ancora i mezzi adatti.

Paesaggi, natura e città nuova mostra alla galleria d’arte Pirra

Dal  9 febbraio al 2 aprile 2024

 

“Paesaggi, natura e città” è il titolo della nuova mostra ospitata alla galleria d’arte Pirra da venerdì 9 febbraio 2024.

Il paesaggio costituisce un percorso tematico che permette di essere declinato in molti modi, a volte anche antitetici, valorizzando la natura incontaminata o il contesto urbano ed è stato scelto per questa mostra in virtù della sua vaghezza, per consentire, come presso amiamo fare, di spaziare liberamente tra i tanti nostri artisti, spesso distanti per epoca o formazione.

Tra le opere italiane spiccano una bellissima veduta dalle alture di Torino di Enrico Reycend (1855-1928), sorella di una tela di proprietà della Gam e un paesaggio futurista di Taro (1896-1974).

Saranno esposti altri dintorni torinesi e una veduta di Salerno di Edgardo Corbelli (1918-1989), oltre a una veduta di Venezia e a un lungofiume a Parigi rispettivamente di Angelo del Bon (1898-1952) e Cesare Breveglieri (1902-1948). Saranno presenti anche i non luoghi di Fernando Farulli, pittore fiorentino che partecipò alla Biennale di Venezia nel 1952 dalle violente dissonanze cromatiche.

Gli autori francesi sono rappresentati da Henry Biva (1848-1928) con l’opera “Paysage”, esposta in diverse mostre istituzionali tra cui la recente esposizione “Impressionisti. Tra sogno e colore” al Mastio della Cittadella nel 2023, Henry Maurice Cahours (1889-1974), con le incantevoli marine tra Bretagna e Normandia, e l’ormai iconica Dora Maar (1907-1997), con i suoi paesaggi astratti. In mostra anche l’opera del tedesco Ernst Liebermann (1869-1960), con un suggestivo quasi fiabesco paesaggio notturno, essendo stato egli stesso illustratore di fiabe, tra le quali quelle dei fratelli Grimm. Altre opere in mostra sono quelle degli artisti russi delle Scuole di Mosca e San Pietroburgo che, refrattari alle tematiche del regime, nel paesaggio esprimono al meglio il profondo legame con la terra madre e i grandi spazi aperti, come il loro vissuto quotidiano fatto di scorci urbani.

 

La mostra rimarrà aperta fino al 2 aprile 2024

Corso Vittorio Emanuele 82

Tel 011543393

info@galleriapirra.it

 

Mara Martellotta

A teatro: “Foibe. Il ricordo”

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Giovedì 8 febbraio, ore 21

 

 

 

La foiba di Basovizza è diventata simbolo di un eccidio a lungo dimenticato. Da lì parte “Foibe. Il ricordo”, di e con Anna Tringali e Giacomo Rossetto, il racconto della tragedia di quegli italiani che a migliaia finirono gettati nelle tante grotte carsiche, uccisi così, barbaramente, negli anni che conclusero e seguirono la Seconda Guerra Mondiale. A questa vicenda terribile si aggiunse quella di tanti altri connazionali, circa 250mila, protagonisti di un doloroso esodo dall’Istria e dalla Dalmazia verso l’Italia: esuli in patria.

Tra eventi storici e testimonianze, “Foibe. Il ricordo” vuole essere un cammino alla riscoperta di una pagina del nostro recente passato che merita memoria. Il 10 febbraio 2007, dopo una serie di lavori di recupero e di restauro dell’area, a Basovizza è sato ufficialmente inaugurato il nuovo Sacrario in onore dei martiri delle foibe. Il 10 febbraio ricorre il Giorno del Ricordo.

 

Giovedì 8 febbraio, ore 21

Foibe. Il ricordo

Di e con Anna Tringali e Giacomo Rossetto

Biglietti: intero 5 euro

Libri per San Valentino: “Quello che il cuore non vuole sentire”

La storia di un amore vero, puro, commovente nel primo romanzo di Alberto Mossotto

Tutti abbiamo desideri nascosti, tutti abbiamo avuto paura o sofferto per qualcosa, tutti desideriamo essere felici. Max era presuntuoso, orgoglioso, a volte anche arrogante. Voleva e pensava di avere sempre tutto sotto controllo, almeno sino al momento in cui la vita si mise di traverso. L’universo disse basta, il cuore uscì prorompente a dire la sua, spazzò via la ragione, il controllo, tutto”.

Quello che il cuore non vuole sentire, romanzo di esordio di Alberto Mossotto, è la storia di un cuore in viaggio, la storia di come Max – il protagonista – ha imparato, inconsapevolmente, ad ascoltare il suo cuore, a trasformare le energie, le occasioni, le emozioni in opportunità, in scelte, in tasselli invisibili, creando un filo conduttore che lo ha portato a essere quello che è ora e a intraprendere questo viaggio di rinascita fuori e dentro di lui….

Il romanzo di esordio di Alberto Mossotto, in parte autobiografico è, come rivela l’autore, un viaggio. La scrittura una medicina, una via terapeutica alla ricerca di sé, dei valori autentici della vita oltre che del giusto rapporto con le persone che ci circondano.

Mi sono sempre dedicato anima e corpo al lavoro – racconta Mossotto -, per 25 anni non ho mai mollato un attimo. Passione ed emozioni, queste le due parole che mi hanno sempre contraddistinto. La curiosità, la creatività e ovviamente anche l’ambizione mi hanno sempre guidato. Un percorso lavorativo incredibilmente bello che mi ha dato l’opportunità di crescere ed imparare. Ero felice. Poi tutto è cambiato, sono approdato a situazioni diverse, ove le persone e le passioni non erano più importanti, contava solo ed esclusivamente il fatturato a tutti i costi e con ogni mezzo”.

Questo cambio di prospettiva accende in Alberto Mossotto, alias Max, domande che trovano una chiara risposta, la strada della scrittura. “Mi sono chiesto – prosegue l’autore – cosa mi avrebbe restituito la felicità. Scrivere è stata la risposta. Nella mia vita ho scritto migliaia di post, di articoli, di interviste, blog…ma non avevo mai pensato a scrivere un libro. Ad agosto mi sono immerso anima e cuore nella stesura di un libro, e sottolineo stesura, non scrittura, o forse anche meglio ‘emozioni su carta’. È stata la cosa più bella ed emozionante che abbia mai fatto. Una bolla, un mondo mio, un magico e strepitoso esperimento. Scrivevo tutto il giorno, spesso anche la sera, ed ero felice, spesso mi scendevano le lacrime…”.

Nel leggere questo libro, molti lettori troveranno similitudini con l’esperienza di Alberto, perché come conclude l’autore: “Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto su quanto non pensiamo a ciò che ci rende davvero felici, presi come siamo dal lavoro, lasciamo da parte noi stessi, i nostri desideri, le nostre passioni, la nostra felicità che difficilmente troveremo se non ci chiediamo cosa davvero ci rende felici!”.

Alberto Mossotto nasce a Torino nel 1971. Papà di Bianca, il suo grande amore, la sua amica, la sua confidente. Studia Psicologia ma abbandona poco prima del traguardo. Una brillante carriera nel settore Commerciale e Marketing, ma da sempre alla ricerca di ciò che lo rende felice.

Quello che il cuore non vuole sentire Casa editrice Youcanprint

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di Alessandro Sartore

“Incipit Offresi” a Moncalieri

 

Sarà alla “Biblioteca Civica” di Moncalieri, la nuova tappa del primo “talent letterario” per aspiranti scrittori

 Giovedì 8 febbraio, ore 18

Moncalieri (Torino)

Ideato e promosso dalla “Fondazione ECM – Biblioteca Archimede” di Settimo Torinese, in sinergia con Regione Piemonte, “Incipit Offresi” – in tempi di “talent”, il primo a carattere “letterario” dedicato agli aspiranti scrittori – farà tappa, il prossimo giovedì 8 febbraio (ore 18), nell’ambito della sua nona edizione, presso la “Biblioteca Civica” di piazza Vittorio Emanuele II, a Moncalieri (Torino). A presentare l’appuntamento sarà l’attrice, autrice e comica Giorgia Goldini del “Teatro della Caduta” di Torino.

Novità di questa edizione: la vincitrice o il vincitore di tappa si aggiudicherà un buono libri del valore di 50 euro.

Format a tappe, la sfida si gioca, da programma, “a colpi di incipit” all’interno di biblioteche e luoghi di cultura, ma anche attraverso gare di scrittura e letture animate nei mercati.

L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, ma “scovare nuovi talenti”. In otto anni “Incipit Offresi” ha scoperto più di 60 nuovi autori, pubblicato 70 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali.

I partecipanti, in una sfida “uno contro uno”, avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio “incipit” o “raccontare il proprio libro”. Il/la concorrente che, secondo il giudizio del pubblico in sala, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio “incipit” prima del giudizio della giuria tecnica che assegnerà un voto da 0 a 10.

Una volta designato il/la vincitore/trice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla “gara di ballottaggio”. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinaliper giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2024.

I concorrenti primo e secondo classificatoriceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 750 euro; saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il “Premio Italo Calvino”, “Indice dei Libri del Mese”, “Golem”, “Leone Verde”, “Circolo dei Lettori” ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

La partecipazione a “Incipit Offresi” ègratuita e aperta agli scrittori, esordienti e non, maggiorenni e di tutte le nazionalità.

I candidati dovranno presentare le prime righedella propria opera: l’“incipit”, appunto, per un massimo di mille battute con le quali catturare l’attenzione dei lettori e una descrizione dei contenuti dell’opera (max 1.800 battute).

L’“incipit” deve essere inedito (le opere autopubblicate sono parificate alle inedite poiché prive di regolare distribuzione). La gara si svolgerà in lingua italiana. La possibilità di partecipare alle tappe è garantita fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Il “Premio Incipit” e il “campionato” sono dedicati alla memoria di Eugenio Pintore (Bonorva- Ss, 1956 – Gassino-To, 2019), uno dei massimi bibliofili e cultori dell’“arte bibliotecaria”, già direttore della Biblioteca di Settimo Torinese, dal 2003 dirigente della “Regione Piemonte” con l’incarico di riorganizzare tutta la rete dei sistemi bibliotecari e di dare avvio al “Sistema Bibliotecario Area Metropolitana” di Torino (con la partecipazione di circa settanta Comuni della prima e della seconda cintura torinese), fino al 2008 quando assunse l’incarico di Dirigente del “Settore Regionale Biblioteche, Archivi e Istituti Culturali”, con la responsabilità sul patrimonio archivistico, gli istituti della cultura e l’editoria. A lui si devono anche i progetti “Nati per leggere” e “Lingua Madre” ( introdotto al “Salone Internazionale del Libro” di Torino), nonché l’attuazione della “Legge per la Piccola Editoria piemontese”, tesa a favorire la promozione e la diffusione delle opere degli editori locali, anche attraverso il sostegno alle traduzioni e la loro partecipazione alle principali “Fiere nazionali” ed internazionali.

Per info: “Incipit Offresi”, tel. 339/5214819 o www.incipitoffresi

g.m.

Nelle foto: immagini di “tappe” precedenti e di Eugenio Pintore

 

Andrea Abbadia Quartet in Osteria Rabezzana

Via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 7 febbraio, ore 21.30

 

Presentazione del disco d’esordio “Maschere” del quartetto jazz formato da Andrea Abbadia, Lello Petrarca, Luca Varavallo e Alex Perrone. Un quartetto la cui peculiarità è rappresentata dal suono inusuale del sax baritono di Abbadia che, unito al virtuosismo e al forte interplay fra i musicisti, con pianoforte, contrabbasso e batteria, rende le esecuzioni dei brani dell’album molto particolari e interessanti.

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

INFO PER LA STAMPA

Ufficio stampa Osteria Rabezzana, Simona Savoldi

Tel: 339.6598721 – E-mail: press@osteriarabezzana.it