CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 100

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

L’amore che non muore – Commedia drammatica. Regia di Gilles Lellouche, con Adèle Exarchopoulos, François Civil e Mallory Wanecque. Negli anni Ottanta, gli adolescenti Jackie e Clotaire vivono una turbolenta e appassionata storia d’amore nonostante la loro differenza di classe e d’indole. Uscito di prigione dopo aver scontato 12 anni per un crimine che non ha commesso, Clotaire cerca disperatamente di ricongiungersi con Jackie, ma lei ormai si è sposata e sembra aver voltato per sempre le spalle al loro comune passato. Durata 166 minuti. (Nazionale sala 3)

Aragoste a Manhattan – Commedia drammatica. Regia di Alfonso Ruizpalacios, con Raùl Briones e Rooney Mara. Al The Grill, ristorante iperfrequentato di New York, lavora una moltitudine di persone, tra cucina, sala e uffici. Ognuno con i suoi problemi, ognuno con le sue isterie. Tra di loro ci sono Estela, che trova un posto di lavoro, Julia che dovrà prendere una decisione importante e Pedro, a cui l’esperienza di cuoco cambierà per sempre la vita. Durata 139 minuti. (Eliseo)

Come gocce d’acqua – Drammatico. Regia di Stefano Chiantini, con Edoardo Pesce e Sara Silvestro. Alvaro e Jenny sono padre e figlia, lui camionista e suo primo tifoso, lei promessa del nuoto. Il loro legame si è incrinato quando l’uomo ha deciso di lasciare Margherita, la madre di Jenny: una scelta che la figlia non riesce a perdonargli e non smette di rinfacciargli. Così il loro rapporto, prima forte e tenero, si è trasformato in altro, riempendosi di astio e sofferenza. Tutto però cambia quando Alvaro a causa di un malore ha bisogno di cure continue e viene quindi affidato a un badante, una scelta che Jenny fatica ad accettare. Prova ad andare avanti con la sua vita ma alla fine, travolta dagli accadimenti e dalle emozioni, decide di stare vicino al padre. Quell’unione “forzata” diventa però pian piano un modo di riscoprirsi. Durata 97 minuti. (Fratelli Marx sala Chico, Romano sala 1)

Fino alle montagne – Drammatico. Regia di Sophie Deraspe, con Antoine Duval e Solène Rigot. Mathias, giovane agente pubblicitario di Montréal, decide di lasciare la sua frenetica vita di città per seguire il desiderio di riconnettersi con la natura e diventare pastore nel sud della Francia. Arrivato in Provenza senza alcuna esperienza, Mathias si scontra presto con la dura realtà del mondo pastorale, che lo costringe a mettere in discussione la sua visione romantica della professione. L’incontro con Elise, una giovane impiegata che sceglie di lasciare il lavoro per seguire il ragazzo, porta una nuova luce nel percorso formativo di Mathias, che riacquista così fiducia in se stesso e nel proprio obiettivo. I due, dopo aver ottenuto l’affidamento di un gregge di pecore, partono per la transumanza, compiendo un viaggio negli incantevoli paesaggi montuosi delle Alpi di Provenza, dove si confronteranno con sfide e incontri che li condurranno verso un nuovo stile di vita in montagna. Durata 113 minuti. (Romano sala 3)

Fuori – Drammatico. Regia di Mario Martone, con Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, Corrado Fortuna e Stefano Dionisi. Goliarda finisce in carcere per un furto di gioielli, cinque giorni di carcere, ma a Rebibbia l’incontro con alcune giovani detenute diventa per lei un’esperienza di rinascita. Una volta uscite di prigione, in una torrida estate romana, le donne continuano a frequentarsi. In questo tempo che sembra sospeso, Goliarda stringe una relazione profonda e decisiva per la sua vita, un legame autentico e trascinante che nessuno, lì fuori, riuscirà a comprendere. Questo film racconta un momento della vita di Goliarda Sapienza, scrittrice, una storia di amicizia, di amore e di libertà. Unico film italiano in concorso a Cannes, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani con la seguente motivazione: “Abbandonando qualsiasi ambizione biografica per raccontare l’estate di due amiche che si sono incontrate in carcere e decidono di lasciarsi andare alla deriva, Mario Martone trova non solo l’approccio giusto per raccontare un personaggio complesso come Goliarda Sapienza, ma anche la chiave per arricchire di sfumature il suo approccio realista, rimescolando i piani temporali e disallineando le immagini mentali. Grazie anche alla straordinaria prova delle sue attrici.” Durata 117 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Reposi sala 2)

Mani nude – Drammatico. Regia di Mauro Mancini, con Alessandro Gassmann, Francesco Gheghi e Fotinì Peluso. Un ragazzo è prelevato all’improvviso all’uscita da una discoteca, buttato all’interno di un camion e chiuso al buio in una squallida stanza. All’improvviso, senza un perché. Sarà costretto a prendere parte a incontri di lotta clandestini, a mani nude, organizzati con avversari sconosciuti e sempre diversi da uomini senza scrupoli, un faccendiere e un allenatore che gli faranno conoscere gli aspetti più oscuri e brutali della vita. S’incroceranno altresì rapporti di disprezzo in un primo tempo e di abbandono e fiducia poi, mentre il ragazzo prenderà a conoscere meglio se stesso e tutto quanto gli sta intorno gravitando attorno a quel mondo di scontri. Durata 124 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Reposi sala 5)

La mia amica Zoe – Commedia drammatica. Regia di Kyle Hausmann-Stokes, con Sonequa Martin Green, Natalie Morales, Ed Harris e Morgan Freeman. Coinvolta in uno strano e misterioso rapporto con la sua sarcastica (e defunta) migliore amica, una veterana dell’Afghanistan si riunisce con il burbero nonno reduce del Vietnam, recluso nella casa di famiglia sul lago. Durata 103 minuti. (Romano sala 2)

Mission Impossible – The Final Reckoning – Azione. Regia di Christopher McQuarrie, con Tom Cruise, Hayley Atwell, Vanessa Kirby, Hannah Waddingham e Ving Rhames. Ultima tappa del lungo percorso iniziato nel 1996 da Ethan Hunt e le sue mirabolanti imprese. L’eroe con l’intero suo gruppo è impegnato ad affrontare una nuova pericolosa minaccia: sarà suo compito scoprire due chiavi che possono sbloccare un sistema di intelligenza artificiale, in grado di far esplodere disastri e distruzioni a livello mondiale, entrando in circuiti bancari come gettando nel caos migliaia di chilometri di reti elettriche. Dovranno superare la sfida che gli tende Daniel, misterioso individuo chiuso nel passato di Ethan, anch’egli alla ricerca delle due chiavi. L’impresa sarà quella di impossessarsi del codice sorgente da un sottomarino affondato. Durata 165 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Per amore di una donna – Drammatico. Regia di Guido Chiesa, con Ana Ularu e Marc Rissmann. Anni ’70. Esther, un’inquieta quarantenne americana, alla morte della madre riceve una lettera: deve trovare una donna vissuta negli anni Trenta in Palestina, – all’epoca sotto mandato britannico – che nasconde un segreto sulla sua vita. Arrivata in Israele, Esther è aiutata nella sua ricerca da Zayde, un professore dal passato ingombrante. Anni ’30. Un villaggio di coloni, l’atmosfera di un mondo nuovo. Il contadino Moshe, rimasto vedovo con due bambini, chiama a dargli una mano una giovane donna, Yehudit, che sconvolge la sua vita e quella di altri due uomini, il sognatore Yaakov e il commerciante Globerman. Intrecciando i fili che legano passato e presente, Esther e Zayde scopriranno una sorprendente verità sulle proprie vite. Durata 117 minuti. (Romano sala 3)

Questa sono io – Drammatico. Regia di Michal Englert e Malgorzata Szumowska, con Joanna Kulig e Mateusz Wieclawek. Aniela, fin dall’infanzia, si riconosce donna anche se alla nascita sia stata riconosciuta maschio con il nome di Andrej. Sposa Izabela e ha due figli, continua la vita di sempre ma sempre di più comprende che la sua esistenza non è quella che la sua autentica identità denuncia. Inizia il suo percorso d’affermazione di genere, un percorso fatto di difficoltà dettate nel privato come nel pubblico, continuamente ostile, anche da parte del governo del suo paese, la Polonia dove è nata, un governo avverso a riconoscere un diverso genere, attraverso anni di burocrazia e di intralci. Anche in famiglia le cose non sono facili, se genitori, figli, moglie e fratello si oppongono alla sua decisione. Durata 132 minuti. (Centrale)

Scomode verità – Commedia drammatica. Regia di Mike Leigh, con Marianne Jean Baptiste. Pansy, una casalinga schiacciata dalle sue paure e in conflitto costante con il marito e il figlio, si richiude sempre più in se stessa. Sarà il confronto con la sorella Chantelle, più solare e indipendente, a riaprire vecchie ferite, ma anche a offrirle una possibilità di rinascita. Durata 97 minuti. (Nazionale sala 4)

La trama fenicia – Commedia drammatica. Regia di Wes Anderson, con Benicio del Toro, Mia Threapleton, Michael Cera, Tom Hanks, Scarlett Johansson, Charlotte Gainsbourg e Bill Murray. Sopravvissuto a un incidente aereo per la sesta volta in tutta la sua vita, il magnate internazionale Zsa-Zsa Korda tenta di ricucire i rapporti con sua figlia Liesl, nel frattempo diventata suora, che non vede da troppo tempo. Durata 102 minuti. (Eliseo, Fratelli Marx sala Harpo anche V.O., Massimo V.O., Nazionale sala 2 anche V.O., Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

L’ultima regina – Storico, drammatico. Regia di Karim Aïnouz, con Alicia Vikander e Jude Law. Nell’Inghilterra dei Tudor intrise di sangue, Catherine Parr cerca di destreggiarsi nella politica inglese quando diventa la sesta (e ultima) moglie di Enrico VIII. Verrà nominata reggente mentre lui è fuori a combattere, quando il sovrano tornerà sarà costretta a fronteggiare non soltanto il suo terribile carattere – causa della fine di tutti i matrimoni precedenti, alcuni sfociati nelle morti sanguinose delle regine – ma anche l’intransigenza contro chiunque abbia simpatia per i protestanti. Evidentemente intenzionate a non edulcorare lai il proprio racconto, adattato dal libro “Queen’s Gambit” scritto da Elizabeth Fremantle, Ainouz racconta con stile asciutto e senza risparmiare dettagli cruenti e raccapriccianti una storia di corte che è al tempo stesso un thriller psicologico sulla violenza patriarcale, dentro e fuori le mura domestiche. Un titanico Jude Law è un collerico e delirante Enrico, sovrappeso, in tutti i suoi tratti shakespeariano. Durata 121 minuti. (Due Giardini sala Nirvana)

Volveréis – Commedia. Regia di Jonàs Trueba, con Itsaso Arana, Vito Sanz e Fernando Trueba. Ambientato a Madrid, il film analizza i comportamenti di una coppia – lei è Ale, regista di cinema, lui è Alex, attore – che, insieme da quindici anni, vede il proprio percorso giunto alla fine. Decidono di separarsi, lo faranno di comune accordo, con l’idea che non si festeggiano le unioni ma le separazioni, organizzeranno una bella festa con amici e conoscenti e famigliari per dirsi addio. L’organizzazione s’intreccia con il set in cui i due stanno girando un film insieme: mentre ad ogni attimo riemergono ricordi, un passato in comune, sentimenti condivisi, conversazioni che li hanno uniti o divisi. Un nuovo modo di affrontare la propria unione, forse il modo per pensare a un nuovo avvio? Durata 114 minuti. (Centrale V.O., Fratelli Marx sala Chico V.O.)

Ultimi preparativi in Val Chisone per la XI Edizione del Festival Letterario “Scritto Misto”

La Fondazione Centro culturale valdese di Torre Pellice sta ultimando gli ultimi dettagli del Festival letterario Scritto Misto, giunto all’XI edizione, che si svolgerà dal 12 luglio al 3 agosto. L’evento, promosso in collaborazione con la Città Metropolitana di Torino, l’8×1000 della Chiesa valdese, l’Unione dei Comuni delle Valli Chisone e Germanasca e le municipalità di Perosa Argentina, Fenestrelle e Usseaux  unirà letteratura e musica in un viaggio itinerante per riflettere sul tema che rappresenta il “fil rouge” degli eventi di questa edizione: “Siamo ancora in tempo”. Un argomento che invita a una riflessione profonda sui valori sui valori e l’importanza della memoria, necessari per comprendere il presente e orientare il futuro. “ Ci proponiamo in questa edizione – commenta Deborah Severini, curatrice del Festival – di offrire un’occasione di confronto per riscoprire i principi di libertà, giustizia e solidarietà, per riaffermare il valore della pace tra i popoli e di porre al centro delle nostre azioni le persone in un contesto globale segnato da conflitti e tensioni, come è quello attuale”. Il programma itinerante tra libri e musica si svolgerà tra Perosa Argentina, Fenestrelle e Usseaux e vi prenderanno parte scrittori come Gianni Oliva, Carlo Greppi, Fabio Geda, Marco Travaglini, Monica Canalis, Stefano Garzaro, Cinzia Dutto, Aldo Ferrero e molti altri. Ogni incontro sarà caratterizzato da interventi musicali – con le performance di Le Madamè, Dino Tron, Chaira Effe, Giovanni Battaglino, la Fondazione Accademia di Musica, Le Armoni d’Archi e altri – che si intrecceranno con la letteratura attraverso repertori particolari che spaziano dalla musica classica a quella tradizionale delle valli Chisone e Germanasca, coinvolgendo il pubblico in un percorso culturale variegato e sempre diverso.

Lilo & Stitch: il live action che (finalmente) funziona

Torino si divide, ma il remake Disney conquista con cuore e autenticità

Mentre i cinema torinesi – dal Massaua al The Space, passando per il Reposi e Ideal – continuano a proiettare il nuovo Lilo & Stitch in live action, il film dimostra di essere molto più di un semplice remake.

A differenza di altri live in action Disney accusati di sterilità o eccessiva politicizzazione, questa versione diretta da Dean Fleischer Camp (Marcel the Shell) sembra aver trovato il giusto equilibrio tra fedeltà all’originale e rinnovamento. E il pubblico torinese, seppure con qualche riserva, sembra apprezzare.

Una storia già inclusiva, ma non scontata

Come sottolineano alcuni spettatori intervistati dopo aver visto il film al The Space, «la forza di Lilo & Stitch sta nel fatto che la storia originale era già inclusiva, senza bisogno di forzature». La trama – che ruota attorno a una bambina hawaiana orfana, la sua famiglia disfunzionale e un alieno emarginato – tocca temi universali come l’accettazione, la solitudine e la comunità. «Non è una lezione di wokeismo, è semplicemente una bella storia», commenta una studentessa di 25 anni di Torino.

C’è chi, però, storce il naso su alcune scelte: «Il film a volte sembra un TV movie, soprattutto nei villain, un po’ macchiettistici» (riferimento a Zach Galifianakis e Billy Magnussen, citati nella recensione originale).

Ma il tono generale è quello giusto: «È malinconico e dolce, come l’animazione del 2002, ma con una regia più intima», osserva un padre di 33 anni che ha visto il film con suo figlio al cinema Reposi.

Il segreto? Regista indie e cast azzeccato

La mano di Dean Fleischer Camp, regista indipendente abituato a storie delicate come Marcel the Shell, si sente: «Si vede che non è il solito blockbuster senza anima», dice un frequentatore dell’Ideal.

A contribuire al successo anche il cast, con Maia Kealoha perfetta nel ruolo di Lilo e il ritorno di doppiatori iconici come Chris Sanders (voce di Stitch) e Tia Carrere (ora nel ruolo dell’assistente sociale).

Torino divisa, ma alla fine vince il cuore

Non mancano le critiche: c’è chi avrebbe voluto «più avventura» alcune sequenze. Ma la maggior parte degli spettatori sembra concordare su un punto: Lilo & Stitch funziona perché, in un’epoca di remake iper-costruiti, ha mantenuto intatta l’anima dell’originale. «Alla fine mi sono commosso come quando lo vidi da bambino», ammette un trentenne al Massaua.

E forse, in tempi di cinema sempre più calcolato, è già una vittoria.

CRISTINA TAVERNITI

«Quadila Festival» ad Albugnano: teatro, letteratura e luoghi non comuni

Il 13 e 14 giugno anteprima 

 

Il Festival ideato da Lo Stagno di Goethe Ets tornerà a luglio 2025

 

Uno spazio per permettere al teatro di recuperare il proprio carattere autentico, magico e sociale, in relazione con le altre arti, con la letteratura, la storia e le scienze. Ed è per questo che il Quadila Festival è teatro, musica e saperi con una quinta edizione dedicata al tema “Tragedia e Libertà”, in programma ad Albugnano e nei paesi vicini del Basso Monferrato, da giovedì 10 a domenica 27 luglio.

Il festival, ideato e organizzato dall’associazione culturale e compagnia teatrale Lo Stagno di Goethe Ets, sarà preceduto – a giugno – da una due giorni di anteprime ospitate ad Albugnano, il balcone del Monferrato: si tratta di iniziative pensate per creare un filo diretto tra la passata edizione e quella del prossimo luglio che trasformano luoghi non comuni in esperienze immersive.

«Il Quadila Festival prevede spettacoli, concerti, scambi di sapere, installazioni letterarie e passeggiate – spiega Diego Coscia, coordinatore del Festival insieme a Marco Gobetti –. Quest’anno, con il tema “Tragedia e libertà”, si cercherà di sviluppare gli esiti delle riflessioni pubbliche, delle suggestioni, delle emozioni e degli scambi empatici che hanno caratterizzato le precedenti quattro edizioni per declinarli in alcune domande che attraversano e ispirano l’intera proposta: quando, la libertà può diventare una tragedia? E viceversa? Si può raggiungere la libertà attraverso il sapere?». Il tema di quest’anno estende, dunque, le riflessioni delle edizioni precedenti e invita a un dialogo profondo sulla relazione tra conoscenza, destino e autodeterminazione.

Vediamo il programma. Venerdì 13 e sabato 14 giugno, in occasione della festa patronale primaverile di Albugnano, il Quadila Festival inizierà a contaminare anime e pensieri. Venerdì 13 giugno, alle 17,30 alla Rsa “Il Giglio”, è in programma un momento dal grande valore simbolico e dal potente impatto emotivo con uno scambio di sapere sulle risultanze di “Come sogni stesi al sole: le fiabe della buona vita”, il laboratorio teatrale per anziani e bambini condotto da Enrica Brizzi e Cristina Sertorio durante l’edizione 2024 del Festival. Il pomeriggio è infatti il punto di incontro tra il passato e il futuro di Quadila Festival, mentre sabato 14 giugno, dal sorgere del sole al tramonto, dalle 5,40 fino alle 21,17, Albugnano ospita “Furore dall’alba al tramonto”, installazione letteraria con, tra gli altri, Marco Gobetti, Diego Coscia, Chiara Galliano, Paolo Andriano, Paolo Forsennati, Gloria Bruno, Luis Abel Valencia Ardiles, Silvia Binello, Gabriele Cico. Attori e attrici, ma anche abitanti del luogo o semplici turisti, si alterneranno nella lettura teatrale ininterrotta di “Furore” il capolavoro di John Steinbeck e intersecheranno la versione in lingua originale – incontrando, così, anche la curiosità dei turisti stranieri – a quelle tradotte in italiano e in spagnolo (due delle quattro lingue parlate ad Albugnano): una storia di cultura contadina, sradicamento e di migrazione che anticipa e introduce l’azione Rerooted, protagonista del primo weekend di luglio di Quadila Festival. Per partecipare attivamente, ed essere parte integrante della lettura collettiva, è sufficiente avvicendarsi via via ad attrici e attori. La maratona letteraria si svolgerà in due luoghi: dal mattino fino alle 12 al Prato dei cinque cipressi accanto all’Abbazia di Vezzolano, poi dalle 14 fino a sera in piazza Serra, nel centro di Albugnano. Infine, alle 21,30, la Corte del Gelso Antico in via Roma, ospiterà “I buoi e la memoria del presente”, uno scambio di sapere, un ragionamento pubblico con attori e attrici de Lo stagno di Goethe per scandagliare il rapporto fra le attività umane e la tradizione, che diventa motore di riflessione sul tempo presente e futuro.

L’azione è in programma in occasione della Festa Patronale di Albugnano, dedicata a Sant’Antonio da Padova, e nell’ambito delle attività derivanti dall’adesione del Comune di Albugnano al protocollo per la creazione della Rete Italiana per la Salvaguardia e Valorizzazione di ‘Uomini, buoi e fiori. Processioni devozionali e cerimoniali agrari’, sotto il coordinamento di Ufficio UNESCO del Ministero della Cultura. La giornata propone anche un excursus sugli esiti delle iniziative messe in atto ad Albugnano negli ultimi anni, per vivificare la tradizionale festa, studiandone le radici e mettendo a confronto la ritualità sopravvissuta con quella di altri cerimoniali di Comuni aderenti alla Rete e non solo.

   

Il festival è realizzato da Lo stagno di Goethe – Ets con il patrocinio, la collaborazione e il sostegno di Comune di Albugnano e con la co-operazione e il sostegno di Fondazione Enrico Eandi. Ha inoltre il sostegno di Regione Piemonte, Fondazione CRT, Comune di Aramengo e Comune di Casalborgone, cui si aggiunge il patrocinio di Comune di Montafia, Comune di Moncucco, Comune di Berzano San Pietro e Comune di Pino d’Asti; fra tutti, collaborano anche le Pro Loco di Albugnano, Aramengo e Castelnuovo Don Bosco, il Politecnico di Milano – Dipartimento di Design e Ideazione srl (nell’ambito di “Trame Locali: Percorsi Sostenibili e Narrativi nel Basso Monferrato”, un progetto PNRR – Changes, finanziato da Next Generation EU), associazione culturale La Cabalesta, associazione Incollina e Direzione Regionale Musei Piemonte.

Fra gli altri partner e collaboratori: Unione Culturale Franco Antonicelli, STEMS – Istituto di Scienze e Tecnologie per l’Energia e la Mobilità Sostenibili, Accademia dell’Agricoltura di Torino, AstaroTheatro, biblioteca comunale “Sarboraria-Giachino”, Casa Rosa aps, PIAM Onlus: Progetto Integrazione Accoglienza Migranti, EO Arte, Associazione Albugnano 549, Enoteca Regionale dell’Albugnano, Azienda agricola Pianfiorito, azienda agricola Cascina Sarassi, Ca’ Mariuccia, Agriturismo Arcobaleno, Terra e gente, Bed & Breakfast Ca d’ Pinin, Ristoro dell’Abbazia di Vezzolano.

 

Informazioni su www.quadila.com/edizioni/2025

“Figure”… che si/ci raccontano

Fa scuola, anche nel Contemporaneo, la grande “Arte del Ritratto” ospitata a “Palazzo Bellini SPA – Spazio per Arte” di Oleggio

Fino al 5 luglio 2025

Oleggio (Novara)

“Die Zwei Schwestern (Kammend)”. Niente paura! Semplicemente e letteralmente, dal tedesco: “Le due sorelle (Avvicinandosi)”. Grande olio su tela del 1994, firmato dal pittore tedesco Herman Albert (Ansbach, 1937), in cui compaiono due graziose fanciulle, l’una di spalle all’altra. La prima scruta pensierosa in un piccolo specchio tenuto in alto dalla mano sinistra i suoi lunghi capelli biondi: meglio raccoglierli o sfoggiarli “nature” a coprir la spalle?, pare chiedersi. L’altra dai capelli neri (la sorella, come da titolo) pare assecondare la prima idea: vedi come stai meglio con i capelli sciolti e ben pettinati? Piccola scena di famiglia, sul muretto in primo piano anche un frutto sbocconcellato e un cofanetto nero, forse porta-gioie. Lascio a voi il giudizio “pilifero”. Quello artistico è sicuramente di grande effetto.

La fresca corposità delle due “sorelle” ci riporta a un “fare pittorico” profondamente attratto, pur se tradotto in cifre stilistiche di evidente attualità, dai crismi di una bellezza classica occhieggiante, pur anche, a certo vigoroso realismo formale e concettuale del miglior Picasso post-cubista. In tutti i casi, davvero un bel dipinto di “figure”! Uno fra i 20 “ritratti” selezionati dalla “Collezione Laura e Luigi Giordano” (circa 200 opere) e raccolti, proprio sotto il titolo di “Figure”, in quel prodigio espositivo che è lo “SPA / Spazio per Arte” (o “Centro per il benessere dell’arte contemporanea”) aperto, nel 2023, ai piani superiori del settecentesco (ma di origini medievali) “Palazzo Bellini” nel centro storico di Oleggio (Novara), dai coniugi collezionisti Laura e Luigi Giordano. Curatrice della mostra, in programma fino a sabato 5 luglio, è Federica Mingozzi, che spiega: “Si è imposta nel corso del tempo, una tendenza, che va al di là del realismo, ed è quella secondo la quale si intende per ritratto anche un’immagine distorta della persona, mediata e filtrata dall’occhio dell’artista che ne interpreta la psicologia attraverso un modello cognitivo del tutto personale … Per questa ragione, le distinzioni tra realismo e idealismo perdono molto del loro valore, dando maggiore rilievo al processo emotivo che ogni fruitore deve mettere in atto per decodificare un linguaggio artistico a volte complesso, ma sicuramente efficace nel rivelare anche il mondo intenzionale dell’autore in relazione al soggetto”.

Ad aprire la rassegna “Masked Figure”, le celebri “Figure Mascherate” (opera permanente della “Collezione”) dell’americano David Finn, pittore scultore e storico della scultura, scomparso a cent’anni (New York, 2021) “vero nume tutelare di ‘SPA’”, seguito dai lavori di alcune artiste contemporanee (obbligatoria la sintesi di citazione), fra cui Zehra Dogan, pittrice e attivista curda (che fa dell’arte il suo strumento di comunicazione e denuncia dei limiti imposti da una società brutalmente “patriarcale” e “sessista”) e la meno inquietante Tania Roscic, con “Untitled, Don9t worry. I9m ûne series”, artista dal singolare e ironico linguaggio visuale caratterizzato dall’uso di materiali tratti dalla più semplice quotidianità. A seguire, sempre dagli States “Caffeine” di Georgia Gardner Gray“Shell” di Brandon Landers che usa la matericità del colore per narrare le difficoltà del vivere e tre fotografie anni ’70 di Cindy Sherman (artista, fotografa e regista), tratte da una serie di quindici “autoritratti concettuali”, in cui la Sherman impersona altrettanti passeggeri di un bus.

Decisamente sul chi va là ci fa stare il “Desmond” del tedesco Rainer Fetting con quel volto informe che ne fa uno dei più interessanti protagonisti dell’espressionismo tedesco, ma anche – è stato giustamente osservato – un attento lettore dell’opera di Velasquez e Van Gogh. Nel percorso espositivo, non mancano ovviamente le “opere permanenti” di “SPA”, da “Untitled #3” della giovane cortonese Giulia Cenci (scultura calco di una sagoma da “tassidermista” realizzato con materiali di recupero ed ispirato alla morte di Marat, immortalato come martire della “Rivoluzione francese” in un quadro del 1793 di Jacques-Louis David) al “Senza titolo – Stabat Mater” del beneventano di Paduli, Mimmo Paladino, fra i principali esponenti della “transavanguardia” italiana, magica creatura dell’Achille Bonito Oliva. E l’iter prosegue con altri interessanti nomi dell’arte internazionale (tutti da vedere, tutti da scoprire), in cui il “ritratto” e la “figura” sono sempre, o quasi, “occasione per” … per raccontare storie di anime, messaggi di dolore e di speranza. Di gioco e libere capovolte nell’aria. La vita negli occhi e nei volti di singoli o di intere generazioni. Di una donna, di un uomo, di un popolo. Volti in cui rifletterci e, forse – perché no? – ritrovarci. E leggere un po’ della nostra storia.

Gianni Milani

“Figure”

SPA/Spazio Per Arte – Palazzo Bellini, piazza Martiri della Libertà, Oleggio (Novara); www.spazioperarte.it

Fino al 5 luglio

Orari: ogni primo sabato del mese 9/13; su appuntamento info@spazioperarte.it

Nelle foto: Herman Albert “Die Zwei Schwestern”, olio su tela, 1994; Tania Roscic “Untitled, Don9t worry. I9m ûne series”; Rainer Fetting “Desmond”, tecnica mista su carta, 1993; Mimmo Paladino “Senza titolo – Stabat Mater”

Si inaugura a Omegna la pinacoteca con la collezione Lagostina-Zanasi

Tutto è pronto a Omegna, sul lago d’Orta, per l’inaugurazione della pinacoteca ‘Guido Boggiani’, allestita nella storica e ristrutturata Villa Liberty nel parco Maulini, che accoglie le opere della collezione d’arte dei coniugi Giampietro Lagostina e Maria Grazia Zanasi. Il taglio del nastro è in programma nel pomeriggio di sabato 14 giugno alle 16. Le opere donate dalla signora Zanasi nel 2020, dopo la morte del marito, sono 86, per un valore stimato tra i 500mila e i 600mila euro. La collezione comprende perlopiù opere di pittori italiani come Felice Casorati, Renato Guttuso, Mario Sironi, Ottone Rosai, Massimo Campigli, Antonio Calderara, Aligi Sassu, Siro Penagini, Mario Tozzi, Leonardo Dudreville, Mauro Maulini e Achille Tominetti, ma non mancano opere d’arte sacra, tra cui spicca l’Adorazione dei Magi di Giulio Carpioni, risalente alla metà del Seicento. La collezione annovera anche alcune opere di scuola fiamminga e olandese del 17° secolo, alcune icone russe dell’Ottocento e un olio di Maurice Utrillo, uno dei pochi celebri pittori di Montmartre effettivamente nato nel quartiere parigino. L’esposizione comprende inoltre alcune opere della collezione dell’associazione I Lamberti, una serie di disegni di Boggiani, l’artista e antropologo cui è intitolata la pinacoteca, e alcune sculture. “Questo – ha detto Zanasi commentando l’imminente inaugurazione della pinacoteca – è il regalo mio e di mio marito alla città. Ora questi quadri, che sono sempre stati da noi molto amati, non sono più nostri, ma vostri: guardateli, amateli, portate i vostri figli e i vostri amici”. Villa Liberty, i cui lavori sono costati circa trecento mila euro, sarà aperta al pubblico nei pomeriggi dal giovedì alla domenica e potrà ospitare laboratori per le scuole.

Nel ricordo di Anna Frank

ACCADDE OGGI

Era il 12 Giugno del 1942 e tra i regali di compleanno Anna Frank, che oggi compirebbe novantasei anni, ( 1929 – 1945 ) ricevette un diario con la copertina in tela a quadretti rossi, appunto quello che divenne il suo famosissimo diario letto da tutti, a tutte le età, tradotto in 60 lingue, venduto in tutto il mondo.

Proprio ciò che lei non avrebbe voluto che avvenisse. Nei suoi progetti doveva essere uno scrigno confidenziale e segreto come per ogni adolescente di questo mondo, ma per lei non fu così. Chi non conosce questa ragazzina divenuta simbolo della Shoah, giovane ebrea tedesca nata nel periodo più sbagliato per la sua vita di bimba, lei con la sua dote di scrittrice, sensibile, ottimista e profonda ? E così nei suoi scritti annotò ogni dettaglio della sua vita di rifugiata ad Amsterdam con la famiglia ( nella foto la casa – museo dove è custodito il manoscritto originale ) e dal 42 vita di clandestinità per sfuggire alle persecuzioni naziste. Scoperti nel 44 e arrestati nei campi di sterminio, questa storia di dolore e deportazione si concluderà per Anna con la sua morte avvenuta per tifo nel 45 nel campo di Bergen – Belsen. A lei oggi il nostro ricordo, il nostro affetto ed una rosa rossa sulle tante pagine bianche di un diario di vita mai scritto!

Patrizia Foresto

Horst Bredekamp per “Risonanze” alla Gam

Morfologia senza fine. Sull’intelligenza artistica di funghi, coralli e batteri.

 

Uno dei principali problemi del presente è una conseguenza della separazione cartesiana tra mente e materia. Leibniz ha offerto un’alternativa con la sua filosofia delle petites perceptions. La conferenza ne ripercorrerà la tradizione attraverso una revisione del Libro della Natura di Galileo, dell’Albero della vita di Darwin e della ricezione di questa alternativa da parte di due artisti contemporanei.

Horst Bredekamp, nato a Kiel nel 1947, ha studiato storia dell’arte, archeologia, filosofia e sociologia a Kiel, Monaco, Berlino e Marburgo, dove ha conseguito il dottorato in storia dell’arte nel 1974. Dopo aver lavorato in un museo presso la Liebieghaus di Francoforte sul Meno, ha insegnato come assistente all’Università di Amburgo dal 1976 e come professore di storia dell’arte dal 1982. Dal 1993 è professore di storia dell’arte e della visione presso la Humboldt-Universität zu Berlin e dal 2019 è Senior Speaker del Cluster of Excellence “Matters of Activity”. Dal 2015 al 2018 è stato uno dei tre direttori fondatori della Humboldt Forum di Berlino.  È membro di sei accademie e dell’Ordine Pour le Mérite. Nel 2025 è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana.

Costo: 6€ comprensivo di prevendita  Acquista il biglietto

RISONANZE
Primo ciclo di conferenze tra arte e filosofia

a cura di Chiara Bertola e Federico Vercellone

 

da giugno a ottobre 2025

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

Sala incontri

IL PRIMO APPUNTAMENTO

 

GIOVEDI 12 GIUGNO ORE 18

Horst Bredekamp

Morfologia senza fine. Sull’intelligenza artistica di funghi, coralli e batteri.

Gina Lombroso: quando le donne fanno scienza

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Torino e le sue donne

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce. 

Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono  figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Emmeline Pankhurst, colei  che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan. Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere.  (ac)

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2. Gina Lombroso: quando le donne fanno scienza

Nell’articolo precedente ho voluto ripercorrere, per sommi capi, la storia delle “Venusiane”, (se vogliamo seguire la leggenda secondo cui le donne vengono dal pianeta “Venere” e gli uomini da “Marte”), e sottolineare le numerose battaglie e inauditi sforzi che esse hanno coraggiosamente affrontato in passato e che continuano a fronteggiare a testa alta nell’eterna sfida della vita quotidiana. Moltissime sono state le protagoniste femminili che hanno dato il loro contributo rivoluzionario per modificare il mondo negli ambiti più svariati, dalla politica alla cultura, dalla letteratura alla scienza.  Anche Torino ha avuto le sue paladine coraggiose, le quali hanno lasciato una forte impronta nel tempo, si pensi, ad esempio, a quanto hanno contribuito le Madame Reali per lo sviluppo delle arti e la magnificenza della città, promuovendo costruzioni di chiese, palazzi e residenze. In tempi più recenti le donne torinesi si sono messe in luce anche per il loro intelletto, infatti proprio di Torino era Maria Fernè Veledda, seconda donna laureata del Regno d’Italia in Medicina, nel 1878, e, sempre torinese, è stata la brillante Rita Levi Montalcini, nota per le scoperte nel campo delle neuroscienze, ma che ci ha lasciato anche pensieri profondi e illuminanti sulla condizione femminile, su cui, forse, dovremmo soffermarci a meditare ogni tanto. Un’ultima considerazione in chiave poetico-esoterica sulla nostra città, da sempre divisa in due, in cui alla sfera maschile rappresentata dal Po, ha sempre fatto da contraltare una lunare sfera femminile, silenziosa ma non meno importante, rappresentata dalla Dora. Non a caso a Torino è una delle poche città in cui sorge una chiesa specificatamente dedicata alla Grande Madre: ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Le vicende sono molte e bisogna pur scegliere e da qualche parte iniziare. Con piacere mi accingo a raccontare la storia di alcune donne torinesi, con l’intento che le loro vicende possano ispirare la nascita di altre storie. 
Gina Lombroso nasce a Pavia nel 1872 da Nina De Benedetti e Cesare Lombroso. La famiglia appartiene ad una alta e colta borghesia legata alle tradizioni ebraiche, in cui è centrale la figura del padre, Cesare, celebre antropologo, sociologo e filosofo, padre della moderna Criminologia. Già da adolescente Gina partecipa al lavoro scientifico del padre in veste di segretaria e collaboratrice, seguendo la corrispondenza e affiancandolo nel lavoro redazionale della celebre rivista l’“Archivio di psichiatria”, fondata nel 1880. Fondamentale per la crescita di Gina è la figura di Anna Kuliscioff, ospite frequente del salotto di casa Lombroso. E’ grazie all’influenza di Anna che Gina si avvicina agli ideali socialisti, che si concretizzeranno poi in alcuni studi svolti insieme alla sorella Paola, su temi quali la condizione di vita degli operai, il problema dell’analfabetismo e gli scioperi. Sempre nello stesso periodo Gina collabora alle riviste “Critica sociale” e “Il socialismo”. Nel 1895 Gina si laurea in Lettere presso l’Università di Torino e, successivamente, si iscrive alla Facoltà di Medicina. Pubblica poi alcuni saggi, tra i quali “L’atavismo nel delitto” e “L’origine della specie”. Nel 1901 conclude gli studi di medicina a pieni voti discutendo una tesi intitolata “I vantaggi della degenerazione” davanti ad una commissione che includeva l’igienista Luigi Paliani e il Fisiologo Angelo Mosso. L’argomento della tesi si dimostra estremamente rilevante per il dibattito scientifico dell’epoca, tant’è che verrà approfondito in un volume dallo stesso titolo pubblicato nel 1904. La giovane Lombroso affronta il tema della degenerazione in modo nuovo, avvicinandosi all’ottica biologica con una prospettiva sociologica. I caratteri della degenerazione vengono letti non tanto come un progressivo deterioramento dell’umanità, quanto come la capacità di adattamento dell’uomo alla conseguenze dell’industrializzazione, con particolare attenzione alla relazione uomo-ambiente.

 

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Dopo la laurea prosegue la sua attività di ricerca con il ruolo di assistente volontaria nella clinica psichiatrica dell’Università di Torino, tale incarico verrà portato avanti fino a i primi anni del matrimonio avvenuto nel 1901 con Guglielmo Ferrero, collega di Cesare Lombroso, con cui egli aveva collaborato per scrivere nel 1893 la monografia “La donna delinquente, la prostituta, la donna normale”. Sempre in questo periodo Gina svolge studi clinici sulla pazzia morale, sull’epilessia e sulla criminalità, non tralasciando mai l’intensa collaborazione con la rivista del padre. Nel 1907 segue il marito in un viaggio in sud America, visitando carceri, scuole e manicomi. Le sue riflessioni su tale esperienza verranno stampate l’anno successivo in un volume intitolato “Nell’America meridionale (Brasile Uruguay Argentina)”. Gina, per non farsi mancare nulla, è anche studiosa di lingue straniere, e, grazie a tale competenza, rimane a stretto contatto con l’ambiente scientifico internazionale oltre che italiano. Alla morte del padre, nel 1909, Gina si dedica con affetto alla risistemazione e ripubblicazione delle opere paterne, nell’intento di mantenerne vivo il pensiero nella comunità accademica. Nel 1916 lascia Torino e si trasferisce con la famiglia a Firenze, qui la sua casa diviene sede di incontri e scambi con l’ambiente intellettuale cittadino. Tra i frequentatori più assidui i Salvemini e i Rosselli. In questi anni la Lombroso si dedica allo studio della condizione femminile, teorizzando l’“alterocentrismo” della donna, cioè un innato altruismo fondato biologicamente e legato alla “missione” della maternità. Nei numerosi scritti su tale argomento, Gina intende negare la convinzione imperante dell’inferiorità femminile, in nome di una forte differenziazione dei sessi, che dovevano essere concepiti non in un rapporto gerarchico ma in uno di “complementarietà”. Nel 1917 pubblica l’“Anima della donna”, testo che vede diverse traduzioni e ristampe in Italia e all’estero; nello stesso anno fonda con Amalia Rosselli e Olga Monsani la “Associazione divulgatrice donne italiane”(ADDI) con lo scopo “indurre la donna italiana a prendere parte allo sviluppo scientifico, sociale, politico, filosofico del paese”. A seguito delle persecuzioni politiche da parte del Regime, nel 1930 Gina e il marito Guglielmo sono obbligati a trasferirsi a Ginevra, rimanendo però in contatto con l’ambiente antifascista. Durante l’esilio, Gina approfondisce la problematica del rapporto uomo-macchina, affrontando gli sviluppi della nuova epoca industriale in una prospettiva sociologica. In “Le tragedie del progresso” e “Le retour à la prosperité”, di fronte alle profonde trasformazioni introdotte dalla industrializzazione, viene messa in discussione la fiducia positivista in un progresso indefinito. 
La storia di Gina non ha un lieto fine, l’amore per la scienza che dalla giovinezza l’accompagna non riesce a salvarla né a riportarla a casa. Gli anni dell’esilio vedono la morte del figlio Leo Ferrero, giovane poeta e intellettuale. Gina Lombroso morirà nel 1944 due anni dopo il marito, assistita dalla sorella Paola che l’aveva raggiunta nella città Svizzera. L’ignoranza violenta della guerra ogni tanto vince e l’oscurantismo allarga di un po’ la sua ombra, ma non dobbiamo dimenticarci che “senza cultura e la relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla.” (Albert Camus). Gina ha contribuito a estirpare le erbacce, anche da lontano.

 

Alessia Cagnotto

Primo concerto della Stagione 2025 dell’Orchestra Polledro, “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo”

Sul podio il direttore stabile dell’Orchestra Federico Bisio

La stagione 2025 ha inizio per l’Orchestra Polledro, diretta dal maestro Federico Bisio, con un concerto che si terrà al teatro Vittoria mercoledì 11 giugno prossimo alle 20.30.

Il concerto è intitolato “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” e si riferisce ad un periodo di straordinaria trasformazione culturale e musicale. Il barocco lascia spazio a nuovi ideali estetici, nasce lo stile galante, si affermano i principi del classicismo e il genere sinfonico, che da semplice ouverture operistica diventa una forma indipendente, capace di raccontare emozioni e visioni attraverso l’orchestra.

Protagonisti del concerto “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” sono figure celebri come Mozart, ancora adolescente, ma pienamente consapevole della struttura orchestrale, e Luigi Boccherini, raffinato innovatore capace di fondere grazia italiana e spirito iberico. Accanto a loro riscopriamo la voce solida ed energica di Michael Haydn, esponente autorevole della scuola salisburghese, e quella sorprendente ma purtroppo dimenticata di Giovanni Battista Miroglio, compositore piemontese oggi riproposto per la prima volta al pubblico moderno.

Ogni Sinfonia rappresenta  una tappa di questo viaggio, ognuna con un’identità distinta, dalla brillantezza classica alla cantabilità italiana, dalla chiarezza formale alla ricerca timbrica, il pubblico sarà  accompagnato in un’esperienza d’ascolto che unisce conoscenza, scoperta e bellezza.

Di Luigi Boccherini verrà eseguita la Sinfonia n. 16 in Mi bemolle maggiore Op. 35 n. 2. G 510

Composta intorno al 1782, questa Sinfonia è un esempio splendido  dello stile maturo di  Boccherini, compositore lucchese stabilitosi in Spagna. La Sinfonia G510 si distingue per la sua scrittura chiara e ben strutturata, con una particolare attenzione all’equilibrio tra le sezioni orchestrali. Boccherini, pur essendo noto per la sua musica da camera, dimostra in questa composizione una notevole capacità  di adattare il suo stile alla forma Sinfonica, mantenendo un linguaggio elegante e accessibile.

L’opera si articola in tre movimenti Allegro con spirito – Un movimento vivace e brillante, un tema principale energico e ritmicamente incisivo, che mostra la maestria di Boccherini nel trattare  le dinamiche e le sonorità  orchestrali – Andante, movimento più lirico e meditativo in cui la melodia si sviluppa in modo fluido e cantabile, evidenziando la sensibilità melodica del compositore – Allegro giusto, il tema deriva da uno utilizzato nell’Andante precedente e contribuisce  a sviluppare un finale energico e ritmicamente incisivo, che chiude la Sinfonia con un senso di coesione e completezza.

Il sesnndo brano del concerto sarà la Sinfonia in re maggiore P 42 di Michael Haydn, fratello minore del più celebre Joseph, figura centrale della musica sacra e sinfonica a Salisburgo. Questa sinfonia, vivace e incisiva, evidenzia un linguaggio orchestrale compatto e diretto. Concepita con chiarezza formale e un gusto per il contrasto tematico, l’opera riflette il classicismo nascente, ma conserva una certa espressività barocca, specie nei movimenti lenti. La brillantezza del tono, in re maggiore, e l’equilibrio tra i movimenti, fanno di questo movimento una gemma austrotedesca di fine secolo. La Sinfonia è conservata solo in parte in manoscritti dell’epoca della sua composizione, poiché le parti portano alla data del 1778, dobbiamo concludere che l’opera sia stata composta prima di quella data. La strumentazione prevede due oboi, due corni, primo e secondo violino, viola da basso. Inizia con una introduzione lenta affidata agli archi. L’introduzione sfocia in una Allegro molto con l’intera orchestra all’unisono, motivi brillanti di terzine e accordi enfatici di triadi, che segnano le misure di questo movimento. Come spesso accade in Haydn, ai fiati è assegnato un ruolo di supporto, senza che vi sia una sorta di indipendenza idiomatica. L’Adagio è ricco di sentimento, il Finale Presto mostra la mano di un compositore il cui campo principale era la musica sacra. Gli archi dominano il movimento e si abbandonano a fughe e imitazioni.

Di Giovanni Battista Miroglio (1725-1785), verrà eseguita la Sinfonia in Fa maggiore op.2, che rappresenta la prima esecuzione dei tempi moderni. Miroglio, piemontese, attivo nella seconda metà del XVIII secolo, realizzò questa bellissima Sinfonia, che era un brano quasi dimenticato. La partitura, ricostruita dal Maestro Federico Bisio, mostra un linguaggio elegante con tratti italiani nello stile cantabile dei temi. È una struttura tripartita tipica della prima fase sinfonica. La scrittura orchestrale è significativa e rivela un autore da scoprire. Tre delle sue prime quattro  opere pubblicate sono dedicate a parigini, che a quanto pare erano suoi mecenati o allievi. Nel 1765 iniziò un’impresa che sarebbe stata molto più importante delle sue composizioni e insegnamenti: insieme al pittore tedesco Johann Anton De Peters, fondò il il Bureau d’Abonnement de musique. Per due anni, la Chevardière e altri editori, combatterono il nuovo Bureau in tribunale, coinvolgendo un centinaio di musicisti da una parte e dall’altra. La decisione della Corte fu a favore del Bureau, che continuò a operare fino al 1789. Miroglio è citato come compositore e insegnante almeno fino al 1785. Le sue composizioni presentano caratteristiche francesi, italiane e Mannheim, tipiche della Parigi di quel periodo.

Ultimo brano del concerto è la Sinfonia n.11 in re maggiore K 84 di Mozart. Attribuita a Mozart, che l’avrebbe composta all’età  di circa quindici anni, questa Sinfonia rientra nella produzione giovanile del compositore, probabilmente scritta durante il soggiorno in Italia nel 1770. L’opera è breve e brillante, strutturata in tre movimenti, e riflette l’influenza dello stile italiano appreso durante i viaggi. Il primo movimento si apre con una vivacità dell’Opera Buffa, il secondo propone un Andante dal tono lirico e raccolto, mentre il finale è un Allegro di chiusura. Nonostante la giovane età del compositore, si percepiscono già il talento melodico e l’intelligenza formale che caratterizzano tutta la sua opera.

A dirigere l’Orchestra Polledro è il direttore Federico Bisio che, parallelamente agli studi umanistici, ha frequentato i corsi di Composizione Sperimentale presso il Conservatorio Verdi di Milano. Si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra, e ha completato i suoi studi con il Maestro Gilberto Serembe. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra Polledro.

Concerto a ingresso libero.

info@orchestrapolledro.eu

Mara Martellotta