CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 100

Al Museo MIIT Gianna dalla Pia Casa e  Gian Piero Nuccio

Inaugura giovedì 22 febbraio prossimo una duplice mostra presso il museo MIIT di Torino, in corso Cairoli 4. Si tratta delle due personali di Gianna Dalla Pia Casa “Tristano e Isotta. Opere in acrilico” e Gian Piero Nuccio “Sfasature. Opere di incisione” che si terranno fino al 5 marzo prossimo, con inaugurazione giovedì 22 febbraio dalle 17.30.

Si tratta di artisti e linguaggi differenti, ma al tempo stesso complementari per sensibilità e intuizione creative, che danno vita a una doppia esposizione dai contenuti raffinati e intensi e che pongono in luce idea, mestiere e unicità espressiva.

“Da alcuni anni, dopo il passaggio dall’Iperrealismo, la mia ricerca è orientata all’analisi del segno pittorico e del grafismo della scrittura, al recupero di simboli e soggetti classici e arcaici e alla riflessione sull’impatto del colore. In questa mostra il filo conduttore, palese nei titoli, è la leggenda di Tristano e Isotta, tratta dal celebre “ Tristan und Isolde” di Richard Wagner nella traduzione italiana. Il connubio tra segni di scrittura, stesure pittoriche e immagini simboliche, invitano a una doppia lettura per la stratificazione di significati su sfondi chiaramente astratti. Sono un esempio la “treccia” o intreccio del racconto, il “nodo” o nodo del discorso, l’uso della spirale di Fibonacci, nella sua versione geometrica. Il colore resta importante per le sue suggestioni visive ancor più delle regole principali della pittura. La nuova mostra al MIIT viene pensata come un sistema interattivo, una ripetizione del tema centrale alla ricerca di un’armonia d’insieme”.

“Nietzsche trovò nel Tristano wagneriano – afferma Gian Piero Nuccio – l’opera in cui la logicità apollinea del mondo socratico platonico si scontrava con la dissolvenza incontrollabile del mondo dionisiaco. Un amore indotto da pozioni magiche non riesce a sottostare alla ragione di stato. Acidi cromatismi e sospensioni armoniche creano la suspense e l’incertezza su cui si fonda l’intera opera, mentre la musica non riesce a descrivere la rappresentazione scenica, ma i simboli e i sottintesi che ne nascono. Nietzsche restò affascinato da questo recupero della sensualità dell’irrazionale operata da Wagner, trovandola così vicina alla sua intenzione di un superamento della razionalità, come ben descrive ne “La nascita della tragedia greca” (1872). Affrontare la traduzione di tutto ciò nel linguaggio pittorico è impresa piuttosto ardua. L’artista, ben consapevole del senso di attesa cui lo spettatore è sottoposto, traduce in simbolismi i cromatismi e le sospensioni armoniche. Nulla, dunque, nell’opera pittorica risulta chiaro, esplicito, tutto è lasciato alle interpretazioni. Trecce e nodi ( Isotta? Tristano?) sono sparsi per i vari quadri, indistricabili entrambi, unici soggetti figurativi di tutta l’opera. Il resto è astrazione, fumi di colore che si mescolano l’un l’altro, nebbia che avvolge e nasconde le due figure, segni e scritture non traducibili in sensi letterari conosciuti. La mancata definizione informale, come le catene di dissonanze wagneriane, crea l’attesa mai colmata, come il desiderio che, nei due amanti, si riproduce continuamente. La risoluzione finale starà nella morte dei due protagonisti. Ma nei quadri questo non è detto. L’artista lascia i soggetti indefiniti e lo spettatore si porta dietro questa suspense per tutta la mostra.

Nei lunghi viaggi tra Inghilterra e Irlanda le nebbie marine – qui tranquilli rosa, azzurri, pallidi ocra – offuscano una realtà sempre inafferrabile e quindi tragica, tanto quanto la condizione umana angosciante della non accettazione della propria finitezza”.

Gianna dalla Pia Casa è nata ad Este, nel Padovano, ma vive e lavora a Torino dove conduce un’intensa attività espositiva con mostre personali e collettive. All’Accademia di Belle Arti di Torino è stata allieva di Sergio Saroni, Davico e Francesco Franco. Nel suo interesse perle Arti figurative, ha anche insegnato, trova spazio la poesia visiva che interpreta con particolari declinazioni. Le sue ricerche si sviluppano su diversi piani interpretativi, concettuale, intellettuale e formale, realizzando un percorso unitario tra l’idea, il suo richiamo storico e culturale e la stesura formale che soddisfa il suo piano estetico.

“in uno scritto sulla contemporaneità – precisa Gian Piero Nuccio – Agamben afferma che la contemporaneità è ‘quella relazione con il tempo che aderisce ad esso attraverso una sfasatura o un anacronismo’. Per chi si occupa di arte e, in particolare, di arte contemporanea, questa affermazione risulta particolarmente stimolante. L’arte contemporanea ha da tempo consegnato tutta la validità dell’opera al concetto, ritenendo superati, in un’epoca di incontenibile sviluppo dei mezzi espressivi, problemi relativi al saper fare.

In questo modo l’artista viene liberato dal peso degli inganni “illusionistici” come il chiaroscuro o la prospettiva, che dimostravano la sua capacità di creare una realtà altra, in grado di coinvolgere pienamente lo spettatore nella narrazione. Resta il fatto che si possano generare pericolosi fraintendimenti, quando non facili speculazioni. L’utilizzo della tecnica incisoria, complessa e certamente démodé, dovrebbe eliminare questo pericolo. Di qui l’approdo a quella sfasatura di cui parla Agamben. Questa tecnica arcaica, prossima all’arké, cioè all’origine, continua ad agire nella contemporaneità dove il segno rupestre, il tratto scavato , durano tutt’oggi. L’altra grande responsabilità della contemporaneità risiede negli intenti contenutitrovi che l’artista esprime nelle sue opere. Italo Calvino nelle sue Lezioni americane descrive come , per conoscere in profondità il mondo e per indagarlo e scoprirlo, occorra prenderne le distanze. Solo così lo si può superare e rappresentare.

Lo sguardo va dunque rivolto al mondo con leggerezza per svelare l’invisibile, andare oltre la superficie e scoprire cosa c’è sotto. Rientra in gioco la sfasatura rispetto al tempo corrente. Perseo guarda Medusa riflessa nel suo scudo per non essere tramutato in pietra dal suo sguardo. Le vaste campiture nere sono l’invito a osservare il mondo non direttamente, ma di riflesso. L’ombra definisce le luci. Nella calma, nella profondità e nel silenzio dei neri la leggerezza svela l’invisibile”.

 

Museo MIIT Museo Internazionale Italia Arte

Gianna dalla Pia Casa. “Tristano e Isotta. Opere in acrilico”

Gian Piero Nuccio “Sfasature. Opere di incisione”.

Dal 22 febbraio al 5 marzo 2024

Orario dal martedì al venerdì dalle 15.30 alle 19.30. Sabato 10.30-12; 15.30-19.30

 

Mara Martellotta

Johnny Depp a Torino per il film su Modigliani

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La star a Torino per girare le scene di “Modì“, il biopic su Amedeo Modigliani con protagonista Riccardo Scamarcio. Tra i produttori del film Andrea Iervolino e Monika Bacardi.  “Modì” sarà girato presso la sede dislocata dei Tuscany Film Studios di Andrea Iervolino.

 

Torino, 19 febbraio 2024 – Johnny Depp arriva a Torino per girare alcune scene di “Modì”, biopic su Amedeo Modigliani che lo vede per la seconda volta dietro la macchina da presa. “Modì” sarà girato preso la sede dislocata dei Tuscany Film Studios di Andrea Iervolino.

Sono orgoglioso di portare a Torino una star internazionale del calibro di Johnny Depp, con cui abbiamo spesso collaborato negli scorsi anni, come ad esempio nella serie animata ‘Puffins” e nel film “Waiting for the Barbarians”. Ha commentato Andrea Iervolino, CEO del Gruppo ILBE, di Tatatu e fondatore dei Tuscany Film Studios. “La città di Torino ha il potenziale per affermarsi quale polo cinematografico a livello globale, e la presenza degli studi a Torino, sede dislocata dei Tuscany Film Studios, costituisce un elemento fortemente attrattivo per le produzioni nazionali e internazionali. I Tuscany Film Studios nascono infatti per portare l’arte di fare cinema in tutta Italia, non solo in Toscana“.

Oltre alla regia di Johnny Depp, nel cast sono già stati annunciati Riccardo Scamarcio, che interpreta Modigliani, Al Pacino, nelle vesti di Maurice Gangnat, e Luisa Ranieri, nei panni di Rosalie.

Apocalisse di San Giovanni, opera da 250 x 3 metri di Enrico Mazzone

Ospitiamo l’intervento dell’artista torinese Enrico Mazzone attualmente “rifugiatosi” in Finlandia

 

Si conclude in data 1 febbraio 2024, in Finlandia il primo segmento dell’opera colossale inerente alla rappresentazione dell’ Apocalisse di San Giovanni, riprodotto su di un foglio da 250 x 3 metri.
La bobina di carta nera ( tinta NERO VANTA ) è sponsorizzata dalla cartiera tedesca Koehler, con sede a Greiz, non distante dalla celebre Foresta Nera.
Materiale, trasporto e presentazione ad Amburgo è stato offerto e sponsorizzato dall’organico della sede principale con a vertice Holbach- Basler-Braun-Rühling.

Il foglio nero è disegnato con penna rossa, a l fine di giorcare sulla visione ottica di raccapezzare la trama avvicinandosi al foglio. A differenza dell ́opera precedente ( Rubedo ), diligentemente disegnata a tecnica puntinista e in stile figurativo sul foglio da 97 x 4 metri , L’Apocalisse ha segni definiti da linea di contorno, in quanto il nero e´in grado di assorbire in prominenza parziale la visione . Inoltre, in quanto anche conosciuto come ” Libro della Rivelazione ” le immagini letteralmente si rivelano all’osservatore in un percorso in cui l´avvicinamento è
parte della performance dell’opera ( per non citare una retta oculazione alla fede di vedere apparire qualcosa ).
L´opera nasce da un incidente accaduto alla Filanda di Monesiglio , in cui l’opera Rubedo accidentalmente collassa nella sua struttura e si strappa, creando un danno notevole che porta l’opera ad essere restaurata al centro restauro di Venaria, grazie all’ intervento certosino della Dottoressa  Maddalena Trabace. Lo strappo ha creato di primo acchito dolore e rabbia, ma per tale motivo ho scritto di polso ( e stomaco ) delle rime , che oggi ufficialmente fanno da “invocazione o Proemio ” verso la città ́di Torino, che in modo funesto fa da scenario ad una possibile futura esposizione alla Mole Antonelliana.
Da questa trafila di pensieri contorti ma molto articolati ( ed accurati ) nasce dunque la voglia di mettermi in gioco e riprodurre in immagine il mio pensiero, anche al fine di trascendere l’amarezza passeggera, terminati con una bella gita a Genova, nel sontuoso Cimitero di Staglieno che diede il colpo di grazia per essere stimolato dalle voluttuose statue, unica su tutte la Tomba Pizzorni dello scultore Vittorio Lavezzari.
Vorrei dissacrare il Tuo funerale
con il canto del Capro ed il grugnito del maiale
per versare sul tuo capo, battezzato Augusta
il solenne pentimento di vantare un’eta’ si funesta.

Fosti creola per convenienza,
imputtanita di abbellimenti e simulacri cristiani ,
egizi fortuiti ardenti gia’ mai su fondazione coesa
o per riluttante e schietta demenza dei tuoi incensi
ove i figli senili circondan le falde.

Taurasia fu un sogno ch’il disagio manco’
al Giovanni Padre assalito dalla visione dell’Apocalisse
che rende sì attuale delle sette cetre ,
le Corde a timone delle tue coscie calde
sui rispettivi peccati.

La fuga di un Sudario ( se lercio s’ affoga )
Fu’l sussulto d’Emilio ” degli Antecristi e’ mai l’ora !
 ” Augusta superba dinanzi al Gemello,
 concedi perdono al Suicida Novello “
Tra Praga e Salgari, mai metter coltello !”

Del poliamorismo poi fosti corteccia
sul suolo fangoso ( con lacrime e feccia )
a renderti otre, pelosa bisaccia
lussuria d’incanto e dincesto due fiumi
ti rigan feconda dei malvagi numi .

L’Avaro poi avanza dal basso dei Monti
fe’ del periscopio il ragguaglio dei Conti
 mai al 45 la storia s’avvinse
se nel Settentrione l’unione ammalata
dei gradi abbassaron diottria si oculata.

 Accidio il terreno per ogni stagione
i Figli s’atteggian con la presunzione
di aver tra le cinta un gran benestare
tra flemma, distacco e pretesa di amare
Giaveno qui insegna l’istina pittura
di Vera certezza su Coerva Bravura

Augusta ricordi di esodi libici
austera all’invidia di Templi Augustei..?
Se fosse diaspora di ebrea matronale
Cuciresti due nei tra il Giovane Oriente e la Madre Puttana perinealmente

Di Gola e Mestizia intercedano tre fochi
Tre Punti Superbi che lascino rochi
per grida iraconde le Anime Avulse
A chi pensa ” Io Folle o Io Apocrifo !:
” Espulse !” da quella grondaia attraverso la quale
il Gran Vecchio primeggia su di una Torino letale.


Con quanta rivalsa io noto gibboso
sul metabolismo di spazio concesso
non dato, non visto, sentito e odorato
da generazioni private del sesso:
L’eterno riposo , schifoso latrato
dal canto del capro mi sento umiliato.
Vorrei infine lanciare un appello a Michelangelo Pistoletto ed avere un fraterno ma profondo confronto al fine di smantellare la messa in mostra di Arte Povera in una città´come Torino, in cui banche e fondazione private hanno da 60 anni impegnato grandi quantità di  denaro che hanno in parte rattrappito luoghi pubblici con opere non consone e forse un po’ oblique al patrimonio artistico cittadino.  Se mi sono infatti rifugiato in FInlandia è proprio grazie all’ottusità ed aridità che in campo artistico a Torino primeggia sotto l’ípocrisia di street Art , Gallerie da circoli e “Arte Povera” per ricchi.
Enrico Mazzone
foto di  Riitta-Liisa Metsämarttila

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Ken Follet “Le armi della luce”

-Mondadori- euro 27,00

Ken Follet -mostro sacro della narrativa mondiale- con questo monumentale romanzo conclude il quinto e ultimo capitolo della saga iniziata con “I pilastri della terra”, ambientata a Kingsbridge, l’immaginaria città inglese di cui ha narrato l’evoluzione.

In “Le armi della luce” leggiamo le vicissitudini dei protagonisti nell’arco di tempo che va dal 1792 al 1824; epoca in cui il progresso si scontra con le tradizioni più radicate del vecchio mondo rurale, e il potere dispotico delle élite intende trasformare l’Inghilterra in un Impero commerciale.

Al centro c’è la strenua lotta dei lavoratori degli opifici tessili che vogliono riunirsi in un sindacato che li tuteli. Follet narra le

vicende di un gruppo di famiglie legate tra loro, alle prese con l’industrializzazione e i nuovi macchinari che consentono un nuovo tipo di produzione. Un cambiamento epocale con il quale si confrontano personaggi memorabili come la coraggiosa Sal e il geniale Spade.

A muoversi sono anche molte altre figure alle prese con le conseguenze della guerra: la rivolta delle donne per il pane, il diritto degli operai alla tutela sindacale, la legislazione repressiva esercitata da personaggi avidi e discutibili. Un magnifico romanzo tra storia e fantasia, quella suprema di Ken Follet….

 

 

Enrica Tesio “I sorrisi non fanno rumore”

-Bompiani- euro 17,00

Cosa può succedere se una scrittrice molto amata sale su un palco e smantella una delle bugie più grandi in cui si culla l’infanzia? Ovvero che Babbo Natale non esiste ed è solo un’invenzione degli adulti spacciata ai più piccoli. Apriti cielo e giù palate di disapprovazione a catinelle.

La distruttrice di mondi è la scrittrice per l’infanzia Antonia Baldi che in un momento di incauto sfinimento lancia questo meteorite. Subito una pletora di genitori la lapida sui social e in ogni dove, i bimbi ora la odiano, tutti intorno le fanno il vuoto.

E’ una commedia tragicomica in cui si ride parecchio, e mette in scena un caos familiare che Tesio racconta con penna acuta da anni. Sotto la trama serpeggia la difficoltà di essere adulti e genitori. Ne è un esempio Antonia che deve fare i conti con una figlia di 8 anni in rotta di collisione, un ex marito e la sua nuova famiglia. Ma anche con agenti letterari, avvocati e altri personaggi che popolano il suo quotidiano e le danno filo da torcere.

C’è la riflessione sull’epoca in cui tutto corre in rete e su Watshapp, con i figli che cliccano i regali direttamente sui siti di vendita online. E la malinconia diventa acuta quando Antonia si rintana nella casa della madre che non c’è più…e medita sulla sua vita e i suoi inciampi.

 

 

Kathleen Farrel “La malizia del vischio”

-Fazi Editore- euro 18,50

E’ la prima volta che viene pubblicata in italiano questa sferzante commedia intrisa di humor della scrittrice inglese (nata nel 1922, morta nel 1999) che diede alle stampe il libro nel 1951 riscuotendo successo immediato in patria.

E’ la cronaca a tratti esilarante, ma anche impietosa, di una rimpatriata natalizia che mette insieme i disparati membri di una famiglia nella casa della matriarca Rachel sulla costa del Sussex. Al caldo scoppiettante del rassicurante camino acceso si avvicendano vari personaggi, mentre sotto la cenere covano antichi rancori, segreti, drammi personali.

Il romanzo mette in scena l’anziana e tirannica Rachel che tenta di tenere uniti i parenti, ma rischia di fare esplodere conflitti sottesi da tempo. Con lei vive la nipote Bess che ne asseconda ogni minimo capriccio, ma sogna di scappare ed è segretamente innamorata del giovane Piers. Poi c’è Marion, donna in carriera e dispotica con il consorte. Il rampollo Adrian che arriva alla festa obnubilato dall’alcol e più immaturo che mai. Inviso al clan perché si è già preso una parte di eredità ed è stato allontanato all’estero.

Tutti sono sotto la lente di ingrandimento della cameriera Mrs Page, che si arrovella inutilmente sulle stranezze della famiglia riunita più per ferirsi che amarsi.

Tra tè, pasticcini e preparativi è un continuo scambio di frecciatine velenose, sottintesi malevoli, dialoghi serrati che svelano ambizioni mancate, frustrazioni varie, desideri e debolezze.

 

 

Zadie Smith “L’impostore” -Mondadori- euro 22,00

Zadie Smith, nata 48 anni fa a Londra da padre inglese e madre giamaicana (oggi docente di narrativa alla New York University), in queste pagine si avventura in un romanzo storico. E trae spunto da un fatto realmente accaduto.

Il celebre caso Tichborne che appassionò la società vittoriana londinese. Lo spunto è nato quando ha visitato alcune tombe in un cimitero londinese: quella dello scrittore del XIX secolo quasi dimenticato, William Harrison Ainsworth (1805- 1882) e della sua governante -forse anche amante- Eliza Touchet.

Invece in un altro camposanto riposano i resti del macellaio australiano Arthur Orton che aveva affermato di essere il baronetto Sir Roger Tichborne, erede di una colossale fortuna, dato per morto durante un naufragio.

Nel romanzo l’autrice intreccia le vite di più personaggi. Lo scrittore di luoghi comuni che ebbe successo ma era privo di talento. Sua cugina Eliza, governante di origini scozzesi, libera e particolarmente arguta. Il falso baronetto e l’avvocato al processo, Kenealy amico di Ainsworth. Una trama in cui si parla di schiavismo, Giamaica, temi politici e razziali, bisogno di appartenenza. E nelle pagine compaiono anche Dickens e Tackeray.

 

Eleonora Lucchese vince il Talent Vision Speciale Sanremo

Eleonora Lucchese, 12 anni, di Verolengo, in provincia di Torino, ha vinto
la Finalissima del Talent Vision 2024, Speciale Sanremo, del Patron Domenico Trotta
ed è arrivata Prima Sezione Iunior al Premio Battiatto del Patron Daniele Morelli
eventi collaterali al Festival della Canzone Italiana a Sanremo.

Un percorso di crescita innarestabile per la giovane talentuosa piemontese che ormai dimostra di essere sempre più una promessa della moda e della canzone.

Innumerevoli attestati di stima e interviste e
il riconoscimento della sua bravura da parte del grande Maestro Meozzi.

Di Eleonora Luccehese, ne siamo certi, ne sentiremo parlare spesso in futuro.

Rock Jazz e dintorni a Torino. Seeyousound e Mike Dawes

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Al Cafè Des Arts suona il quartetto israeliano Sandia.

Martedì. Allo Spazio 211 si esibisce il chitarrista Mike Dawes.

Mercoledì. Al Blah Blah sono di scena i Raining Nails. All’Osteria Rabezzana suona il Creative Jazz Quartet.

Giovedì. Al Peocio di Trofarello è di scena David Ellefson. All’Hiroshima Mon Amour suonano i C’mon Tigre. Al Blah Blah si esibisce James Ionathan Clancy.

Venerdì. Inizia Seeyousound al cinema Massimo. L’inaugurazione è affidata al lungometraggio su Cindy Lauper “Let The Canary Sing” preambolo dell’esibizione della cantante Lamante. All’Hiroshima si esibisce il rapper Kaos  accompagnato dal Dj Craim. Allo Ziggy suonano i 99th Floor mentre al Cafè Muller si esibiscono i Desidia. Al Kontiki suonano i Follia Nuda e gli Invernice. Al Blah Blah sono di scena i Bluedaze. Al Magazzino sul Po suonano i Bengala Fire. Al Folk Club suona il bluesman Francesco Piu. Allo Spazio 211 è di scena Edda.

Sabato. Al Bunker serata intitolata “La grande notte del jazz torinese”. Tanti i musicisti da segnalare: Luigi Tessarollo, Alessandro Chiappetta, Claudio Bonadè, Max Gallo e Alfredo Ponissi. Per Seeyousound il documentario sul pioniere del suono elettronico Morton Subotnick preceduto dal trio Solar Pulsers. Al Blah Blah suonano i Burn The ocean. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce la cantante Sheol Dilù Miller. Allo Ziggy sono di scena i Putan Club.

Domenica. Per Seeyousound il documentario “Rèveiller Les Vivents” su Brigitte Fontaine e “Even Hell Has Its  Heroes” sui metallari Earth. All’Imbarchino suona la violinista Catherine Graindorge mentre al Magazzino sul Po si esibisce il percussionista Manu Delago.

Pier Luigi Fuggetta

Prima nazionale al Carignano per l’Otello di Shakespeare in lingua ungherese

Per  la regia di Kriszta Székely,dal 22 al 25 febbraio 2024

 

Andrà in scena al teatro Carignano, il 22 febbraio prossimo in prima nazionale, alle 19:30, l’Otello di William Shakespeare, per la drammaturgia di Ármin Szabó – Székely, diretto dalla regista ungherese Kriszta Székely, artista associata al Teatro Stabile di Torino che, nella passata stagione, ha firmato la regia del Riccardo III con l’interpretazione di Paolo Pierobon. Lo spettacolo, prodotto dal Katona József Színház e dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, resterà in scena per la stagione in abbonamento dello Stabile fino al 25 febbraio 2024. Lo spettacolo è in lingua ungherese con soprattitoli in italiano. Nella regia di Kriszta Székely la chiave del dramma di Shakespeare e Iago, che odia, mente, non è chi dice di essere e, con le sue bugie, distrugge tutto. Proprio come Riccardo III è determinato a essere un cattivo e subordina tutte le sue azioni a questo scopo. Non vacilla, va avanti, non si tira indietro di fronte a nulla, e diventa un uomo di spettacolo e un illusionista. È ferito, il suo capo non lo ha nominato Colonello ed è rimasto Capitano. Questa frustrazione  è l’odio cieco guidano tutto. Otello incarna l’outsider sempre presente che, per qualche meschino motivo, viene stigmatizzato, condannato e emarginato: non può inserirsi nella società ed è il bersaglio perfetto per una comunità che, attraverso lui, sfoga la frustrazione, la rabbia e l’impotenza represse. Alla fine diventa ciò che gli altri vogliono che sia: si libera dell’uniforme militare e scatena l’aggressione che uccide Desdemona.

“Non sono quel che sono” dice Iago, un Capitano che vuole diventare Colonnello, geloso di tutti, mente a tutti. È consapevole della manipolabilità delle persone e del fatto che la realtà non è inequivocabile. Tutto dipende da come viene presentato. Sente le crepe tra amanti, amici e alleati, e con le sue bugie contribuisce a rendere queste crepe degli abissi. Spacca in due il mondo e fonda le sue azioni sull’incertezza, sulla paura e sui pregiudizi, divide e impera. Otello crede alla sincerità di Iago perché il suo sottoposto è bravissimo a recitare la parte dell’uomo onesto. Nel mondo ingenuo del moro, Desdemona è additata come adultera, perché l’apparenza è contro di lei. La bugia rende più grande la parte peggiore delle cose, fa cadere tutto a pezzi in un batter d’occhio.

La regia di Székely non si limita a trattare il tema degli estranei, ma esamina il cancro del nostro presente, la volontà egoistica distruttiva di potere, il meccanismo socialmente dominante delle fake news, e tratta sentimenti molto umani come la frustrazione, causata dall’abbandono e dalla gelosia, che è una delle forze motrici dietro le azioni di quasi tutti i personaggi. L’aspetto inquietante è il metodo, il fatto che niente e nessuno abbia importanza, che il fine debba essere raggiunto senza tener conto del costo richiesto. Oggi vediamo molti casi, figure e metodi di questo tipo intorno a noi. Forse è per questo che lo spettacolo tocca rapidamente lo spettatore, poiché egli vede ciò che vive ogni giorno. Si tratta di un effetto alimentato da uno stile di messa in scena fresco, dinamico e contemporaneo.

 

Teatro Carignano, piazza Carignano 6, Torino

Dal 22 al 25 febbraio 2024

Orari: giovedì e sabato ore 19:30/venerdì ore 20:45/domenica ore 16:00

Biglietti: intero € 37 – ridotto € 34

 

Mara Martellotta

Paola Turci in “Mi amerò lo stesso”

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Sabato 17 febbraio, ore 21

 

Il monologo della cantautrice che ripercorre le tappe cruciali della sua vita

 

 

Mi amerò lo stesso  è un monologo che a volte vorrebbe essere un dialogo. Paola Turci si racconta, ma certe volte non è più lei a parlare, ma qualche personaggio che ha incontrato nel corso della sua vita, a cui lei presta solo la voce, a volte mostra il punto di vista di sua mamma, personaggio che torna in ogni momento importante, a volte sono protagonisti di un solo momento.

Un monologo sincero e divertente in cui alla realtà si mischiano i sogni e nei sogni entra la vita. Il racconto della vita di una donna, in cui è facile identificarsi: i suoi desideri e le sue debolezze, i ricordi e le speranze per il futuro.

Il tutto legato da alcune canzoni che hanno fatto da colonna sonora ad ogni fase della sua esistenza. Paola Turci si mette a nudo e lo fa con un monologo che porta sul palco uno dei più grandi insegnamenti che la vita le ha regalato: qualunque cosa accada…mi amerò lo stesso.

 

Tra Melville e il garage rock

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Chi non conosce “The Turtles”? Gruppo californiano famoso e di gran successo che legò le proprie fortune soprattutto al brano “Happy Together”, pezzo ben apprezzato anche a livello di pubblicità televisiva italiana. L’etichetta di Los Angeles legata a doppio filo con la band era ben nota per il logo caratterizzato da una balena bianca e non a caso recava nome “White Whale”. Ma, come ormai ben saprete, il sottoscritto non ama parlare di bands celebri o etichette di grande cabotaggio; e infatti prendo spunto dalla balena bianca di “White Whale” per procedere per somiglianza e passare direttamente ad un’etichetta di Chicago (molto meno nota e di medio-piccolo calibro).

Il logo era perlomeno curioso e recava un capodoglio quasi “sorridente” con coda davvero minuscola; il nome (manco a dirlo) era “Mobie”, ritagliato su suggestioni letterarie alla Herman Melville.

La veste grafica rimase sostanzialmente invariata negli anni (tra 1966 e 1968), a differenza di quella cromatica che passò dal logo color argento su fondo canna di fucile (anche alternato alla stessa cromia ma invertita), all’argento su fondo blu (in alcuni casi con tono argento scuro il logo era poco visibile per la natura dell’accostamento di colori, che a dirla tutta rendeva problematica anche la lettura del nome delle bands, dei titoli dei brani e degli autori…).

L’etichetta presentava caratteristiche musicali e stilistiche piuttosto omogenee ed uniformi (a differenza di altre in cui risultavano mescolati generi sovente parecchio differenziati tra loro), incentrata soprattutto su garage rock e rock psichedelico. In tutta sincerità il rischio di restare “di nicchia” e di venire oscurata da realtà musicali “cetacee” ben più note era alto, ma per fortuna il giusto lascito musicale per gli appassionati di garage rock l’ha spinta a comparire più e più volte in parecchie “compilations” [in primis “Ho-Dad Hootenanny! Beer-Blast ‘65!”; “Buzz Buzz Buzzzzzz. Vol. 2”; “Psychedelic Crown Jewels. Vol. 3”; “Brain Shadows. Vol. 2”; “Psychedelic States: Illinois in the 60s. Vol. 1”] grazie ad alcuni brani garage e psych garage prodotti anche da James Hallessey Manning Jr., che nell’elenco qui di seguito verranno puntualmente evidenziati:

–  Ron Jones and The “C” Notes  “Goodbye Linda / Why?”  (3419)  [1966];

–  Ronnie Jones  “Silly Little Fool / Little Jezebel”  (3421; MW831-832)  [1967];

–  CHY GUYS  “You’ll Never Believe Me / Say Mama”  (3423)  [1967];

–  THE COBBLESTONES  “It Happens Every Time / I’ll Hide My Head In The Sand”  (3424) [1967];

–  THE COBBLESTONES  “Flower People / Down With It”  (3425; MW941-42)  [1967];

–  THE IRON GATE  “Get Ready / You Must Believe Me”  (3429)  [1968];

–  THE RAVELLES  “Psychedelic Movement / She’s Forever On My Mind”  (3430)  [1968];

–  THE SHIRT TAIL RELATION  “The Reason Why / You Don’t Know Like I Know”  (3432) [1968];

–  THE SUMMIT  “How You Move My Soul / Oh What Can I Do”  (3433)  [1968];

–  Skip Wulf  “Soul Lovin’ Baby / Summer Love”  (3435)  [1968];

–  Deanna and The Here & Now Singers  “Isolation / Attic Of My Mind”  (3436)  [1968].

Gian Marchisio

Palazzo Madama, “Europa”: fino al 2 aprile 2024

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Palazzo Madama inaugura il 2024 proseguendo la propria missione di Museo Civico nell’ottica della valorizzazione delle collezioni comunali torinesi e del dialogo con il territorio, della presentazione delle donazioni e della proposizione di nuovi allestimenti temporanei.

Se all’inizio dell’anno si andava a ridefinire, per motivi di conservazione e tutela dei beni, la sezione dedicata ai tessuti, si presenta per la prima volta al pubblico l’importante collezione di peltri, donata da Attilio Bonci e presente nel piccolo Guardaroba e nel Gabinetto cinese. Febbraio è il mese consacrato al completamento del progetto iniziato nel 2022 e dedicato ai valori fondanti dei popoli europei. Con i suoi 2000 anni di storia, palazzo Madama incarna la storia e le identità europee, nel primo secolo era porta decumana di Augusta Taurinorum, dal XIII secolo castello medievale e residenza rinascimentale; nel Settecento fu capolavoro del Barocco e nell’Ottocento sede del Senato che decretò l’Italia unita; dopo aver redatto lo Statuto Albertino, la Carta Costituzionale, nata dal ciclo rivoluzionario e dai moti europei del 1848, spesso definiti “la primavera dei popoli” in Europa. Promulgato da Carlo Alberto di Savoia Carignano il 3 marzo 1848, con l’Unità d’Italia del 17 marzo 1861, lo Statuto divenne la carta fondamentale del Regno, fino all’entrata in vigore della nostra Carta della Costituzione Repubblicana, che trova ancora in esso i suoi fondamenti.

Palazzo Madama, dopo la commissione da parte del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in occasione della Giornata dell’Europa del 9 maggio 2023, a integrazione di quanto compiuto nel maggio 2022 nelle sue sale per la riunione del Consiglio d’Europa, sta avviando il progetto “Europa – l’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli”, che ha accompagnato in 43 Paesi del mondo in cinque continenti. Palazzo Madama ha scelto di completare questo intervento con un’illustrazione dedicata allo Statuto Albertino, realizzata da Marta Signori, che ha preso spunto dalla chiosa del proclama che annuncia lo Statuto con le parole di Carlo Alberto. Un’accelerazione della nostra storia moderna che vede protagonista nuovamente palazzo Madama con un nuovo documento essenziale per la costituzione dell’Europa: 18 ottobre 1961 ospitò i firmatari della Carta Sociale Europea, il Trattato del Consiglio d’Europa, che protegge i diritto di ogni individuo nella sua vita quotidiana. Sono il diritto all’abitazione, alla protezione della salute, all’istruzione, al lavoro, alla tutela giuridica e sociale, alla libera circolazione delle persone e alla non discriminazione. Sono i diritti generati dai valori fondanti dei popoli europei, la libertà, il rispetto della dignità umana, l’uguaglianza, la democrazia, la scienza e il rispetto dei diritti umani, a cui si affiancano i valori primari dell’Unione Europea, la fraternità, il lavoro, la cultura, la pace, l’ambiente, lo stato di diritto e l’inclusione. Le illustrazioni sono state compiute nel 2022 da Lucio Schiavon, Ale Giorgini, Emiliano Ponzi, Bianca Bagnarelli, Marina Marcolin, Francesco Poroli e Giulia Conoscenti. Ora si completano con l’opera dedicata ad Andrea Mongia alla Carta Sociale Europea. Si tratta di un insieme di immagini capaci di raccontare un’Europa composta da una comunità di Nazioni che si riconoscono nella convivenza pacifica di una molteplicità di linguaggi, sensibilità e valori in costante dialogo tra loro.

Palazzo Madama, Museo Civico di Arte Antica, piazza Castello, Torino

Orari: lunedì e da mercoledì a domenica 10:00/18:00 – martedì chiuso

 

Mara Martellotta