CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 10

“Carte da decifrare”… a Busca, letteratura e musica tra arte e natura

A Busca saranno il “Castello del Roccolo” e la celebre Collezione “La Gaia” ad ospitare i prossimi appuntamenti della rassegna di “Fondazione Artea”

Sabato 12 e sabato 19 luglio

Busca (Cuneo)

Saranno due fra i più interessanti nomi del panorama della letteratura contemporanea ad animare i pomeriggi di sabato 12 e sabato 19 luglio prossimi dedicati a “Carte da decifrare”(ottava edizione), la rassegna di letteratura,reading e musica dal vivo, vissuti tra arte e natura ed organizzata da “Fondazione Artea”, in collaborazione con il “Comune di Busca” e il “Salone Internazionale del Libro” di Torino: parliamo dello scrittore e saggista romano (classe ’83) Paolo Di Paolo e della latinense (nativa di Scauri – Minturno, classe ’78) Chiara Valerio, ospiti il primo al “Castello del Roccolo”(“revival neo-medievale” edificato sulle colline alle spalle di Busca nel 1831 dal marchese Roberto Taparelli d’Azeglio, fratello del celebre Massimo) e la seconda della straordinaria Collezione di arte moderna e contemporanea – oltre 2mila le opere presenti – “La Gaia”, nata negli Anni ’70 dalla forte passione per l’arte di Bruna e Matteo Viglietta.

Ma andiamo per ordine.

Sabato 12 luglio (ore 18,30), Paolo Di Paolo – conduttore, fra l’altro, su “Rai Radio 3” della trasmissione “La lingua batte” – nel Parco del “Castello del Roccolo” intratterrà il pubblico con il “reading” del suo ultimo “Romanzo senza umani” (finalista “Premio Strega 2024”), in collaborazione con “Feltrinelli Editore”. Per l’occasione, Di Paolo racconterà la storia di Mauro Barbi, uno storico di mezza età che intraprende un viaggio verso il lago di Costanza, in Germania, e, al contempo, un viaggio virtuale in cui ricontatta persone del passato. “Il viaggio fisico è un’esplorazione del lago, mentre quello virtuale è una rassegna di relazioni interrotte e di una memoria che si dissolve”. Ad accompagnare la voce dello scrittore, ci saranno Francesca Naibo e Simone Massaron, in arte “Kreis”, un duo che si basa su “composizione” ed “improvvisazione”, “suono” e “rumore”, posti sullo stesso piano per attingere ad un ampio e ricco spettro espressivo.

In caso di maltempo, la performance si terrà presso il “Teatro Civico” (vicolo del Teatro 1, Busca).

Sabato 19 luglio, invece, una navetta in partenza da piazza Fratelli Mariano a Busca, con due turni, uno alle 16,45 e uno alle 17,30, condurrà il pubblico in visita all’esclusiva Collezione “La Gaia” ad assistere al reading “La fila alle poste”, organizzato in collaborazione con “Sellerio Editore”. Chiara Valerio, una delle scrittrici più eclettiche e coinvolgenti del panorama letterario italiano (lavora anche per cinema e teatro e dal 2018 è “editor-in-chief”della Narrativa italiana presso l’editrice “Marsilio”), dopo averci fatto immergere in un ritratto di donne in costante mutazione con il suo precedente “Chi dice e chi tace”, ci riporterà nuovamente alla sua Scauri per raccontare, attraverso le ossessioni e la fantasia della protagonista, l’avvocata Lea Russo, “i desideri nascosti e la provincia attraente e oscura”. La voce e i suoni di Camilla Battaglia, cantante e compositrice, prenderanno corpo in una forma musicale a cavallo tra jazz ed elettronica, “capace di rimandare alla profonda ricerca filosofico-letteraria dell’artista che riesce a restituire, attraverso le proprie composizioni, i temi più complessi della società contemporanea”.

L’appuntamento è garantito anche in caso di maltempo. L’esperienza, tra l’altro, include anche una breve visita guidata alla “Collezione” d’arte contemporanea.

Sottolinea Marco Pautasso, segretario generale del “Salone Internazionale del Libro”: “Con ‘Carte da decifrare’ le parole risuonano in musica e le note si fanno scrittura in luoghi di rara bellezza e suggestione. In un dialogo costante, il mondo della musica s’intreccia e si amalgama con quello della letteratura, per regalare al pubblico emozioni, riflessioni e nuovi punti di vista”.

Per info: “Fondazione Artea”, corso Nizza 13, Cuneo; tel. 0171/1670042 o www.fondazioneartea.org

g.m.

Nelle foto: Paolo Di Paolo e i “Kreis”; Chiara Valerio e Camilla Battaglia.

“Collisioni”… è corsa vincente al gran traguardo

Ad Alba, grande attesa  per l’arrivo sul palco di piazza Medford, con una line-up d’eccezione, di Irama e Sfera Ebbasta

Sabato 12 e domenica 13 luglio

Alba (Cuneo)

Ormai in “zona Cesarini” la 17^ edizione di “Collisioni”, che per quattro serate – da venerdì 4 a domenica 13 luglio – s’è prefissa (e visto il successo delle prime due, sicuramente ci riuscirà) di trasformare la città di Alba nel cuore pulsante della scena musicale italiana ed internazionale, proseguirà per il botto finale, sul palco di piazza Medford (apertura cancelli, ore 18 – inizio concerti, ore 20), nel weekend di sabato 12 e domenica13 luglio, sempre con una “line up” fittissima.

Ospite d’eccezione, dopo l’ondata di energia portata lo scorso martedì 8 luglio con la data internazionale dei “Thirty Seconds to Mars”sabato 12 luglio sarà l’attesissimo Irama, artista amato da un pubblico trasversale, capace di emozionare giovani e non, ad incantare Alba con un live memorabile e con tutte le sue “hit” che, ad oggi, gli hanno fatto collezionare 53 dischi di Platino e 4 oro e oltre 2,5 miliardi di streaming, consacrandolo come uno degli artisti di maggior successo nell’attuale panorama musicale italiano. A precederlo, il giovane “rapper” italo-tunisino di Genova Sayf , in una serata ricca di emozioni che sarà aperta da un altro ospite: il musicista, produttore, dj, manager e “talent scout” italo-argentino Shablo, accompagnato da tre musicisti e performer d’eccezione, Tormento e Joshua, già suoi soci nell’avventura sanremese, e Mimì, giovanissima e amatissima vincitrice dell’ultima edizione di “X Factor”.

Domenica 13 luglio, tornerà in scena il consueto e attesissimo appuntamento con la “Giornata Giovani”che negli ultimi anni ha caratterizzato il programma del Festival, rendendolo in grado di sintonizzarsi soprattutto con il pubblico dei giovani e dei giovanissimi, privilegiando i nuovi linguaggi ed abbattendo le barriere intergenerazionali.

Quattro gli artisti protagonisti di una “Giornata”, in collaborazione con “Banca D’Alba”, che infiammerà il pubblico con una maratona di oltre 5 ore di musica no-stop : il primo a calcare il palco del Festival sarà “Promessa” , giovane rapper milanese, il cui EP “Vite Sgrammate” , ha totalizzato più̀ di 1milione di stream in meno di un mese dalla sua uscita. A seguire sul palco salirà Nabi , artista classe 2004, madrelingua francese, originaria della Guinea Conackry (Africa occidentale). I suoi singoli “Felicità” in collaborazione con Néza“Guérrila” e “Plaquette” gli hanno permesso di posizionarsi tra i volti emergenti più̀ interessanti del nuovo panorama musicale.

La “Giornata Giovani” proseguirà̀ poi con il live di Kid Yugi, artista rapper italiano di Massafra (al secolo Francesco Stasi); riferimento soprattutto per i giovanissimi fonde musica “rap” e “urban” a citazioni letterarie e di spessore, creando un mix unico e innovativo. Il suo album del 2024 “I nomi del Diavolo” è stato il disco più ascoltato al mondo nei primi tre giorni dall’uscita su “Spotify” (“Top Albums Debut Global Chart”) oltre ad essere stato certificato 4 Platino e aver superato le 200mila copie.
Infine (momento clou della serata) sarà Sfera Ebbasta , il “Trap King” con 230 Dischi di Platino e 32 d’oro, oltre a una solida “fanbase multigenerazionale” che sfiora i 5milioni di “follower” su “Instagram”, a chiudere con un grande live la 17^ edizione di “Collisioni”. Indiscusso recordman di vendite e di sold out, torna sul palco di Collisioni per portare ad Alba la sua storia in musica, dalle origini alla fama globale con l’ultimo album “X2VR” , già quintuplo “Disco di Platino”.

E’ infine importante segnalare l’incontro e la collaborazione, anche quest’anno, fra “Collisioni” e “LoST-EU”, il progetto, sostenuto dall’Unione Europea, dedicato alla promozione in Italia e in Europa delle eccellenze casearie italiane.

Nell’area “ospitalità” sono state e saranno raccontate agli ospiti della manifestazione le storie e le qualità uniche del paniere di formaggi DOP : il Murazzano, il Roccaverano e l’Ossolano dal Piemonte, il Puzzone di Moena dal Trentino, lo Strachitunt dalla Lombardia, la Vastedda dalla Valle del Belice e il Pecorino Siciliano dalla Sicilia, e in ultimo ma non certo per importanza il Provolone del Monaco dalla Campania. Una nuova grande occasione per sensibilizzare anche il grande pubblico, specie quello dei giovani, al tema della sostenibilità, al rispetto per le tradizioni e per l’ambiente , temi chiave del progetto “LoST-EU”, che accomunano tutte le otto DOP di eccellenza del paniere.

I biglietti di “Collisioni” sono disponibili “online” o presso i punti vendita su “Ticketone” e sugli altri circuiti autorizzati.

Per info: www.collisioni.it

g.m.

Nelle foto: Pubblico (immagine di repertorio) e Irama

Srebrenica, 11 luglio 1995. Il buco nero della storia

 

Srebrenica portava l’antico nome latino di Argentaria che si può tradurre in “città dell’argento”. Prima del 1992 era conosciuta per le terme, l’estrazione di salgemma e le miniere. Poi, dissoltasi la Jugoslavia, la storia si è incaricata di consumare tra quelle montagne della Bosnia orientale l’ultimo genocidio in terra europea dalla fine della seconda guerra mondiale. Più di ottomila (ma è più probabile che il numero si elevasse a circa diecimila) musulmani bosgnacchi vennero trucidati dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache e dai paramilitari serbi. L’atroce crimine di massa venne consumato trent’anni fa, tra l’11 e il 21 luglio 1995, dopo che la città, assediata per tre anni e mezzo, il era caduta nelle mani del generale Ratko Mladić. Nel marzo del 1993 Srebrenica era stata proclamata enclave dell’Onu, in virtù della risoluzione 819. In pratica l’intera area doveva essere protetta, difesa. Le cose andarono diversamente quando i serbo-bosniaci misero in atto l’attacco finale. I caschi blu abbandonarono le loro posizioni, consegnarono le armi senza sparare un colpo e si acquartierarono nella loro base nel sobborgo di Potočari. Così, senza muovere un dito, la comunità internazionale volse lo sguardo altrove e quarantamila persone furono lasciate nelle mani delle forze serbo-bosniache e dei paramilitari che tra l’11 e il 13 luglio separarono le donne e i bambini dagli uomini considerati in età militare (dai dodici ai settant’anni), deportando le prime e massacrando in una decina di giorni di sangue e violenza tutti i maschi. Non risparmiarono nemmeno molte donne, soprattutto le più giovani, che vennero prima stuprate e in diversi casi uccise sotto gli sguardi spenti e vuoti dei caschi blu.

Seguendo la logica della cancellazione della memoria e delle identità, gli esecutori dell’eccidio privarono le vittime dei documenti, bruciandoli. Poi gettarono gli uomini, compresi quelli feriti ma ancora vivi, nelle fosse comuni. Alla fine del conflitto, per nascondere le prove del genocidio, queste fosse vennero riaperte con le ruspe dagli stessi carnefici e i resti delle vittime trasportati, orribilmente mutilati, in fosse comuni secondarie, più piccole, o addirittura terziarie. Nel 2003 l’ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton inaugurò il Memoriale di Potočari e il grande cimitero. L’anno dopo, il 19 aprile 2004, il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia (Tpi) definì quello di Srebrenica un genocidio. Quasi tre anni dopo, il 26 febbraio 2007, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja negò le responsabilità dirette della Serbia, asserendo che l’unica colpa di Belgrado fu non aver fatto tutto il necessario per prevenirlo. La Corte, con la medesima sentenza negò i diritti al risarcimento per i famigliari delle vittime. Poi vi furono gli ergastoli per Radovan Karadžić e Ratko Mladić e, piano piano, senza mai arrivare fino in fondo per affermare la giustizia, si fece strada il negazionismo e venne steso un certo velo d’oblio su quella tragedia balcanica segnata da delitti, pulizia etnica, stupri di massa. Ora, trent’anni dopo, le coscienze civili di mezzo mondo si stanno ribellando di fronte a ciò che accade nella Striscia di Gaza. Dal 7 ottobre 2023, giorno dei criminali attentati terroristici di Hamas in Israele, a Gaza sono morte più di 60 mila persone a causa degli attacchi israeliani. Tra i morti, più di 15 mila sono bambini, moltissime le donne e gli anziani. Gaza non doveva diventare come Srebrenica ma è andata decisamente oltre. La politica di Netanyahu e dell’estrema destra israeliana è una miscela infernale di violenza, sadismo e persecuzione che ricorda terribilmente il disegno di pulizia etnica perseguito da Radovan Karadžić e Ratko Mladić. A Gaza come a Srebrenica si è aperta una porta sull’inferno e non si può voltare la testa da un’altra parte. In molti, colpevolmente, lo fecero allora con l’indifferenza di chi pensava che quell’orrore fosse “affare loro”, frutto di odi religiosi o etnici nonostante fosse un falso clamoroso perché fede ed etnie non c’entravano nulla in quella tragedia costruita per fini di potere e sottomissione da chi inneggiava, in un delirio ultra nazionalista, alla “grande Serbia”.

Affermare che si deve riconoscere lo Stato di Palestina e porre fine all’occupazione, investendo nella costruzione della pace e della giustizia, per la sicurezza di tutti i popoli di quell’area mediorientale, e che per questo serve urgentemente una conferenza internazionale di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite, sembra pura utopia eppure è l’unica via per uscirne. Non si può far finta di nulla con gli aiuti spesso bloccati al valico di Rafah mentre migliaia di bimbi muoiono di fame, i superstiti che si nutrono di erba e si spostano ogni giorno per sfuggire alle bombe o sono messi nel centro del mirino dei soldati di Tel Aviv. Non è questione nominale, ma di concreta realtà sostenere che nella Striscia di Gaza si sta consumando un genocidio. Ciò che accade è visibile a tutti, esattamente come durante la prima metà della “decade malefica” delle guerre nei Balcani sul finire del secolo scorso, da Mostar a Sarajevo, da Višegrad a Srebrenica. Come allora i giornalisti sono diventati bersagli. Soprattutto i palestinesi. I giubbotti con la scritta Press rappresentano un obiettivo da colpire. E’ la storia che si ripete come al tempo in cui si raccontava con un microfono, un taccuino, una macchina fotografica o una telecamera l’orrore quotidiano delle città assediate sull’altra sponda dell’Adriatico. Hanno ragione i reporter a sostenere che a Gaza fare informazione è un atto di resistenza contro lo sterminio, la distruzione programmata, l’annientamento sistematico di tutto ciò che può servire a produrre e vivere. Anche trent’anni fa a Srebrenica era più semplice morire che sopravvivere. E come allora è intollerabile l’indifferenza di leader e governi europei che vanno costretti ad assumere un’azione decisa affinché pace e giustizia non siano parole vuote.

Marco Travaglini

Intrepide. Storie di donne, viaggi, sogni e avventure

Alla Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, la fotografa iraniana Marjan Moghaddam racconta la vita di trenta donne straniere residenti in Italia

Dal 28 luglio al 31 agosto

Buttigliera Alta (Torino)

Nonostante tutto. Volti che negli occhi conservano gelosamente la speranza del sorriso. La speranza e il coraggio. Donne forti, determinate, orgogliose delle loro origini, coraggiose, “Intrepide”, come le definisce il titolo della mostra ospitata, da sabato 28 luglio a domenica 31 agosto, nel “Complesso Monumentale” di arte gotica (XII secolo) della Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, lungo la “via Francigena”, nella bassa Valle di Susa, a circa 20 chilometri da Torino.

Trenta donne. In rassegna, fissate con notevole abilità di mestiere e di verve narrativa, i loro volti, accenni di usanze e costumi, espressioni che raccontano tenacia e serenità nell’affrontare esperienze di vita così diverse e in terre così lontane dai loro Paesi d’origine. A fissarle in scatti decisi e nitidi, con occhio attento e pronto a cogliere l’attimo “fuggente” del gesto irripetibile, Marjan Moghaddam, fotografa iraniana, nativa di Teheran, ma dal 1997 residente in Italia, a Torino. E’ lei stessa a raccontare: “La mia ricerca si concentra su temi come la ‘diversity’, ‘equity and inclusion’, la memoria, la tolleranza, l’identità culturale, l’integrazione sociale e i diritti umani; con i miei scatti tento sempre di catturare le emozioni e mettere al centro l’essere umano e la sua realtà, per stabilire un dialogo, capire i suoi stati d’animo e instaurare un rapporto empatico e spontaneo”.

In tal senso, anche “Intrepide” non vuole essere una semplice descrittiva esposizione, ma “un viaggio profondo nelle vite di circa trenta donne provenienti da ogni parte del mondo”. Le loro sono “storie autentiche”, storie che si confondono con mille altre, proprie di chi ha scelto di lasciare, in vario modo e per molteplici ragioni, la propria terra d’origine per iniziare una nuova vita in Italia, inseguendo i sogni di un futuro migliore e ben consapevoli di affrontare sfide non sempre, anzi quasi mai, facili, imboccando strade in salita e percorsi ricchi di ostacoli, di sguardi e parole che feriscono i cuori, di tante resistenti invalicabili barriere e pochi “ponti” e àncore cui affidarsi per superare mari in burrasca. Attraverso i loro volti e le loro storie, fermate da Marjan, emerge comunque, e sempre, un racconto di coraggio, di grande forza e determinazione.

Le fotografie sono arricchite da testi che approfondiscono le esperienze personali delle protagoniste, provenienti da  innumerevoli Paesi, che vanno dall’Armenia alla Romania, alla Russia, via via fino all’India, Singapore, Australia, Camerun, Kenya, Nigeria, Senegal, Brasile, Stati Uniti, Canada e molti altri ancora.

Gli sguardi delle donne emigranti, i loro sorrisi e le loro espressioni sono il “nucleo pulsante” di un Progetto, portato avanti dalla fotografa iraniana insieme ad altri di sicuro effetto: da “Il Romanzo di una Vita” a “Io attraverso Te”. Il primo è un vero e proprio “viaggio fotografico”attraverso sguardi, gesti, parole e ricordi di anziani, “espressioni della nostra memoria”, esposto nel 2023 prima alla “Fondazione Colonnetti” e in seguito all’“Archivio di Stato”di Torino. Il secondo, da poco concluso in collaborazione con l’Ospedale “Molinette” di Torino riguarda il tema della “donazione del sangue” come gesto di generosità e consapevolezza. Il Progetto verrà esposto da luglio fino a dicembre in diverse locationcittadine, fra le quali la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi e ancora l’“Archivio di Stato” di Torino.

In fase di conclusione e di estrema attualità, infine, il Progetto (antecedente, nella sua ideazione e partenza, allo scoppio della terribile crisi mediorientale) “Iran. Famiglia, vita, libertà”. Obiettivo, “quello di sensibilizzare – racconta l’artista – l’osservatore sulla complessa realtà dell’Iran, mostrando soprattutto la forza dei legami familiari e la situazione della vita quotidiana che, sebbene possa sembrare tanto distante dall’Occidente in taluni aspetti, in altri è sorprendentemente vicina a noi”.

Gianni Milani

“Intrepide. Storie di donne, viaggi, sogni e avventure”

Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, Buttigliera Alta (Torino); infowww.ordinemauriziano.it

Dal 28 giugno al 31 agosto

Nelle foto: Marjan Moghaddam, “Fé – USA” ed “Elida – Brasile”

“Manuale operativo per Nave Spaziale Terra”: la 32esima edizione di Artissima

Artissima annuncia le Gallerie e i premi della sua trentaduesima edizione, che si terrà  da venerdì  31 ottobre a domenica 2 novembre prossimi all’Oval Lingotto di Torino.
L’edizione 2025 è  intitolata “Manuale operativo per Nave Spaziale Terra”, ispirato all’eclettica figura di Richard Buckminster Fuller e al suo omonimo libro del 1969 delle edizioni del Saggiatore. Per il quarto anno consecutivo Artissima trae ispirazione dal pensiero di una figura visionaria  per proporre una riflessione collettiva che, attraverso l’arte, la sua comunità e pluralità di linguaggi, intende offrire strumenti per interpretare e attraversare la complessità del presente.

“Il concetto di Manuale operativo – spiega il direttore di Artissima Luigi Fassi – invita a riflettere sulla nostra presenza sul pianeta Terra, “una nave spaziale” affidata alla responsabilità collettiva di chi la abita e che ci rende tutti suoi piloti. Come possiamo prendercene cura bilanciandone risorse e sostenibilità  per tutti i viventi?  Il destino non ci ha lasciato istruzioni, ma Fuller esorta il lettore a superare le barriere  tra discipline e cooperare con uno sguardo più  ampio e consapevole. Sono i grandi visionari come gli artisti a tracciare nuove rotte per comprendere il nostro ruolo di timonieri della nave spaziale terrà. Gli artisti pensano in modo olistico e indipendente, intuitivo e creativo. Sanno trascendere gli specialismi e il valore d’uso immediato, immaginando soluzioni oltre i confini disciplinari.
Proprio loro potranno ispirare la stesura di un Manuale operativo. Artissima, crocevia di mondi e personalità che ruotano intorno al sistema dell’arte contemporanea, invita la sua comunità di visitatori e partecipanti a riflettere su questo tema, per guidare il pianeta nel viaggio attraverso le sfide del tempo presente”.

L’edizione 2025 di Artissima vedrà accolte negli spazi della fiera le  quattro sezioni principali, Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue e Art Spaces & Editions, e le tre sezioni curate, Present Future, Back to the future e Disegni.
Saranno 176 le Gallerie italiane e internazionali a partecipare, di cui 62 presenteranno progetti monografici.
Tra le caratteristiche della 32esima edizione spicca la capacità consolidata da parte delle gallerie di presentare progetti inediti, capaci di aderire al tema cardine di Artissima, coinvolgendo sia giovani artisti sia altri già affermati.
Oltre al calendario di talk, presentazione di progetti, libri, incontri con artisti e curatori, Artissima presenta e organizza progetti speciali all’Oval e diffusi in città, realizzati in sinergia con importanti partner e istituzioni. Si tratta di una fiera di ricerca, a partire dall’individuazione di quelli che saranno gli artisti di domani alla rilettura dei grandi maestri del passato recente, dall’esplorazione di formati nuovi e piattaforme digitali, alla sua capacità di essere un appuntamento di mercato e, al tempo stesso, curatoriale.

Le Gallerie partecipanti ad Artissima 2025 provengono da 33 Paesi e cinque continenti. Significativa è la presenza di gallerie provenienti dall’Europa dell’Est, tra cui Vilnius, Kaunas, Riga, Praga, Varsavia, Lubiana e Bucarest, e dall’America del Sud e centrale come Città del Messico, San Paolo e Buenos Aires. Sul fronte  europeo si conferma una viva partecipazione  di gallerie provenienti da Austria, Francia, Germania, Regno Unito,  Croazia, Grecia e Slovenia.

Nella sezione New Entries, dedicata alla gallerie aperte da meno di cinque anni e presenti per la prima volta in fiera, partecipano 12 gallerie provenienti da tre continenti, a partire da una galleria di Pescara, che esplora tematiche interdisciplinari contemporanee con opere di Adriano Costa, Gaëlle  Choisne, Berenice Olmedo; ArtNoble di Milano che presenta sculture di Jermay Micheal Gabriel sulla natura delle relazioni coloniali; ASNI di Riga, che promuove artisti baltici emergenti; Bliss di Varsavia, che propone l’arte spirituale di Urszula Broli; Bremond Capela di Parigi che ospita una mostra  bipersonale di Corinna Gosmaro e Madeline Peckenpaugh tra astrazione, paesaggio e memoria; Matteo Cantarella di Copenaghen che presenta un’installazione site specific di Therese Bülow e Vibe Overgaard sulle ambiguità  tra natura e industria; la brasiliana Galatea di San Paolo Salvador trasforma lo stand in un’installazione sensoriale di Carolina Cordeiro; Pipeline di Londra esplora la scultura e la fotografia di Giorgio van Meerwijk; Soup di Londra propone nuove pitture di Nina Silverberg su di uno sfondo murale dipinto a mano. Seguono le gallerie nella sezione New Entries Trotoar di Zagabria, che dedica uno stand monografico a Marko Tadić; la galleria Vohm di Seul, che cura una selezione di opere di Hana Kim e Eun Yeoung Lee su spontaneità e nostalgia. La galleria milanese Zazà presenterà l’installazione di Shaan Bevan, reinterpretazione contemporanea della pittura murale antica.

In occasione del suo venticinquesimo anniversario,  la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT incrementa per il terzo anno consecutivo, per un totale  di 300 mila euro, lo storico fondo acquisizioni a beneficio delle collezioni della Gam Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino e del Castello di Rivoli Museo di Arte contemporanea, stanziando il budget più elevato degli ultimi dodici anni. La Fondazione, nel corso degli anni, grazie anche alle acquisizioni effettuate ad Artissima, ha costituito una collezione di oltre 930 opere di arte contemporanea, tra le più prestigiose a livello nazionalé e internazionale,  con un investimento complessivo superiore a 41 milioni di euro.

Anche quest’anno Artissima presenta un articolato programma di Premi, tra cui il Premio Illy  Present Future , promosso da Illycaffé dal 2001, giunto al suo 25esimo anniversario, assegnato al progetto più interessante della sezione Present Future, dedicata alla scoperta di nuovi talenti; il Premio Diana Bracco , imprenditrici ad Arte, nato nel 2023 e promosso dalla Fondazione Bracco, dedicato a valorizzare una gallerista donna emergente quale imprenditrice attenta alla ricerca e alla qualità artistica. Seguono i premi Orlane per l’Arte, che premia lo stand con la migliore proposta espositiva  per la cura e valorizzazione degli artisti presentati, il Premio Tosetti Value per la Fotografia, che seleziona un artista che, oltre a ricevere un riconoscimento in denaro, svilupperà un progetto in dialogo con “Prospettive, l’economia delle immagini” dedicato alla fotografia contemporanea; il Premio Vanni #artistroom, promosso da Vanni Occhiali, che selezionerà un artista in fiera che disegnare una capsule collection di occhiali d’artista in edizione limitata. Infine il Premio Oelle Mediterraneo Antico, promosso dall’omonima fondazione di Catania, giunto alla sua quarta edizione, che premia un artista con la partecipazione ad una residenza artistica in Sicilia; il Premio Pista 500, nato nel 2023 in collaborazione con la Pinacoteca Agnelli, che offre all’artista selezionato l’opportunità di creare un’opera per il billboard sulla Pista 500, ex circuito del Lingotto; il Matteo Viglietta Award, riconoscimento promosso per ricordare il  grande vignettista; il Premio Ettore e Ines Fico, promosso dal Museo Ettore Fico, per premiare , attraverso un’acquisizione, il lavoro di giovani artisti a livello internazionale.
Ultimo ma non meno importante è il Premio “ad occhi chiusi”, nato nel 2021 dalla collaborazione con la Fondazione Merz, che seleziona un artista che parteciperà ad una residenza in Sicilia, i cui risultati saranno visibili presso la Fondazione Merz.

Mara Martellotta

Fiore mio: Cinema nel Parco del Castello di Miradolo 

Giovedì 10 luglio, ore 21.30

 

 

Dopo il successo internazionale de Le otto montagne il primo film scritto, diretto e interpretato dallo scrittore Paolo Cognetti

 

 

 

Dopo il successo internazionale de Le otto montagne, Premio della Giuria di Cannes 2022, esce al cinema nel 2024 Fiore mio (Nexo Studios, 2024), il primo film scritto, diretto e interpretato dallo scrittore Paolo Cognetti.

Protagonista è il tema più viscerale della poetica di Cognetti: quella montagna che l’autore ha esplorato anche nel documentario Sogni di Grande Nord diretto da Dario Acocella, dove ha seguito le tracce del Christopher McCandless’ di Into the Wild negli incredibili e remoti scenari dell’Alaska. Questa volta il viaggio di Paolo Cognetti si fa più vicino allo spettatore e racconta, in modo intimo, introspettivo e mai scontato, la sua montagna: il Monte Rosa, un luogo geografico ma soprattutto un luogo del sentire e un luogo della comprensione di quanto abbiamo intorno. Quando nell’estate del 2022 l’Italia viene prosciugata dalla siccità, Paolo Cognetti assiste per la prima volta all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, piccolo borgo a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di Brusson. Questo avvenimento lo sconvolge profondamente, tanto da far nascere in lui l’idea di voler raccontare la bellezza delle sue montagne, dei paesaggi e dei ghiacciai ormai destinati a sparire o cambiare per sempre a causa del cambiamento climatico. Cognetti racconta così la sua montagna sulla falsariga de Le 36 vedute del monte Fuji di Hokusai, un’opera in cui l’artista giapponese ritrasse il Fuji cambiando continuamente i punti di vista e raccontando la vita che scorre a vari livelli: sui suoi fianchi, nelle valli sottostanti, sulla vetta ma anche nelle città più vicine da dove ancora è visibile, lontano, oltre la nebbia dell’inquinamento, il profilo maestoso della montagna.

Nel suo viaggio sul Monte Rosa Cognetti non è solo. Con lui ci sono il direttore della fotografia Ruben Impens, conosciuto sul set delle Le otto montagne e che firma anche la fotografia di Fiore Mio, e le persone incontrate durante questo viaggio. Come l’amico di una vita Remigio, nato e cresciuto in val d’Ayas, di cui conosce ogni luogo e custodisce la memoria. Ci sono Arturo Squinobal, una vita dedicata alle montagne e un volto che ne ricorda le tracce, e sua figlia Marta, che Paolo conosce sin dall’infanzia e che ha trasformato l’Orestes Huette nel primo e unico rifugio vegano delle Alpi. E ancora ci sono Corinne e Mia, donne dei rifugi che accolgono i viandanti con il sorriso caloroso e rilassato di chi ama ciò che fa. C’è il silenzioso eppure tagliente Sete, sherpa d’alta quota che ha scalato tre Ottomila, Everest, Manaslu e Daulaghiri, e si divide tra Italia e Nepal: lavora qui d’estate e d’inverno, mentre in autunno e in primavera fa la guida per i trekking in Himalaya, dove ha moglie e figli. E poi c’è il cane Laki, inseparabile compagno di camminate. A chiudere il viaggio la presenza preziosa del cantautore Vasco Brondi, amico fraterno di Cognetti e in questa occasione, per la prima volta, al lavoro su un’intera colonna sonora. Per il film, oltre alle musiche originali, Brondi ha scritto e interpretato una nuova canzone Ascoltare gli alberi, che chiuderà il documentario. Fiore mio, la traccia presente nel finale del film e che ne ha ispirato il titolo, è invece da tempo una delle canzoni più popolari di Andrea Laszlo De Simone, cantautore e musicista torinese che ha vinto il Premio César 2024 per la Migliore Musica Originale di Animal Kingdom (Le Règne Animal), divenendo il primo italiano ad aggiudicarsi questo prestigioso premio.

 

CINEMA NEL PARCO

Cinema nel Parco è un’immersione totale nella natura, al centro di un’arena di oltre 2mila metri quadrati disegnata da sette maxi-schermi, nel prato centrale del Castello di Miradolo (TO). Per non disturbare l’equilibrio del parco, l’audio è udibile solo attraverso cuffie silent system luminose.

In programma 8 appuntamenti, dal 26 giugno al 14 agosto, tutti i giovedì alle ore 21.30. I film si possono ascoltare anche in lingua originale, multilingua e/o sottotitolati in italiano per ampliare le possibilità di fruizione. Non ci sono sedie, né posti assegnati: ogni spettatore dovrà portare da casa un plaid per sedersi sul prato e assistere alla proiezione dal proprio angolo preferito. In programma film d’animazione per famiglie (Cattivissimo Me 4, Prendi il volo, Flow. Un mondo da salvare, Inside Out 2, Oceania 2) film drammatici (Trifole. Le radici dimenticate) e documentari (Fiore mio, Il tempo dei giganti). Dalle ore 19.30 pic-nic sul prato.  

INFO

Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (TO)

Giovedì 10 luglio, ore 21.30

Fiore mio (Nexo Studios, 2024)

Biglietti: 8,50 euro a persona; ridotto 0-5 anni 3 euro; gratuito per i bambini che non vogliono la cuffia

Prenotazione obbligatoria al n. 0121 502761 e-mail prenotazioni@fondazionecosso.it

www.fondazionecosso.com

 

Dalle 19.30 è possibile fare un pic-nic nel Parco con i cesti di Antica Pasticceria Castino. È possibile ritirare i cesti direttamente nella Caffetteria del Castello, previa prenotazione. Menù differenziato per adulti e per bambini.

Cesto bimbi: rosetta con prosciutto cotto e mozzarella – 2 quadrotti di pizza – Dolce dell’Antica Pasticceria Castino – bibita o acqua

Cesto adulti: guacamole e chips di mais – sandwich del castello prosciutto cotto, formaggio, uovo, insalata dell’orto e senape al miele – Dolce dell’Antica Pasticceria Castino – birra o bicchiere di vino o succo bio

Cesto adulti veg: guacamole e chips di mais – sandwich dell’orto con hummus di ceci, verdure grigliate, insalata dell’orto e brie – Dolce dell’Antica Pasticceria Castino – birra o bicchiere di vino o succo bio

Costo: 10 euro cesto bimbi, 16 euro cesto adulti.

Non è consentito il pic-nic libero. La prenotazione è obbligatoria: 0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it

www.fondazionecosso.com

Luisa Levi: la signora medico

/

Torino e le sue donne
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile.Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono  figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, EmmelinePankhurst, colei  che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan.  Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere.

.

7 Luisa Levi: la signora medico

Agli albori del mondo, le donne ricoprivano ruoli di guaritrici, curavano i mali dell’anima e del corpo al pari degli uomini, come testimoniano vari reperti delle popolazioni euroasiatiche, africane o azteche. Il brusco cambiamento arriva con l’Inquisizione, che trasforma le conoscenze curative femminili in osceni patti con il maligno e le donne guaritrici in temibili streghe. Da questo momento in poi, per molto tempo, solo gli uomini potevano frequentare le Università e solo i dottori in medicina potevano praticare le arti guaritorie. Unica eccezione fu la scuola di Salerno, all’interno della quale, nell’XI secolo, lavorava Trotula, “sapiens matrona” (“donna sapiente e saggia”), abilissima levatrice proveniente dalla ricca e nobile famiglia de Ruggiero di origine Longobarda. Le donne dovranno aspettare  secoli perché le porte delle Università vengano aperte anche a loro, il che accadrà soltanto tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Se le Istituzioni aprono le porte, l’opinione comune resta serrata e le donne medico devono combattere più degli uomini per veder realizzati i propri obiettivi. Tra le tante “combattenti” ricordiamo Mary Putnam Jacobi: diplomatasi nel 1863 in Farmacia a New York, poco dopo ottiene la Laurea in Medicina al Woman’s Medical College della Pennsylvania; porta avanti la convinzione che per diventare validi medici sia fondamentale avere non solo una buona preparazione scientifica, ma anche una grande compassione per chi soffre. Diventerà portavoce del Movimento Medico Femminile a capo della Working Women’sSociety e dell’associazione per l’Advancement of the MedicalEducation for Women.  In Italia, troviamo Maria Dalle Donne, prima docente di Ostetricia nella Regia Università di Bologna, laureatasi in Filosofia e Medicina nel 1799, e dirigente, nel 1804, presso la Scuola delle Levatrici, e Maria Montessori, nata ad Ancona nel 1870: è lei la prima donna italiana a conseguire la Laurea in Medicina e Pedagogia (ma anche in Scienze Naturali e Filosofia). La nostra storia di oggi ha come protagonista una delle tante donne caparbie e preparate che non si è mai arresa di fronte agli ostacoli frapposti dalle ferree regole della  società: Luisa Levi.  Luisa Levi nasce a Torino il 4 gennaio 1898, diviene medico neuropsichiatra infantile, attenta studiosa di problemi riguardanti la sessualità dell’infanzia. E’ ricordata principalmente poiché è la prima donna medico italiana a pubblicare un lavoro sull’educazione sessuale, intitolato “L’educazione sessuale: orientamento per i genitori”. Scopo del libro è aiutare i genitori a dare un sano indirizzo alla vita sessuale dei loro figli, evitando errori comuni dovuti a pregiudizi. Luisa Levi è figlia di Ercole Raffaele e Annetta Treves, entrambi di religione ebraica. E’ lo zio materno Marco Treves, psichiatra e fratello del noto Claudio Treves, a suscitare in lei il desiderio di diventare medico. Luisa frequenta a Torino il liceo Vittorio Alfieri e in seguito si iscrive, nel 1914, alla tanto desiderata Facoltà di Medicina presso l’Università degli Studi di Torino. Nel suo primo anno di corso stringe amicizia con Maria Coda, l’unica altra donna frequentante. Luisa segue nel corso degli studi il laboratorio di Anatomia e Istologia Normale e quello di Clinica Medic
a, rispettivamente p
resso gli studi di Romeo Fusari e di Camillo Bozzolo e Ferdinando Micheli. La giovane donna riuscirà ad ottenere i premi “Pacchiotti” e “Sperino” per le massime votazioni conseguite negli esami speciali e nella discussione della tesi: “Sopra un caso di endocardite lenta”, con cui si laurea l’8 luglio 1920, conseguendo il massimo dei voti e la lode. Luisa è donna non solo di alta cultura ma anche molto coraggiosa: durante la prima guerra mondiale è infermiera volontaria presso l’ospedale territoriale della Croce Rossa Italiana di Torino, in cui presta servizio come aspirante ufficiale medico nel laboratorio psico-fisiologico dell’Aviazione, diretto da Amedeo Herlitzka. Dopo alcuni anni in qualità di assistente presso diverse cliniche, nel 1928 lavora con il titolo di medico per le malattie nervose dei bambini presso l’ospedale pediatrico Koelliker di Torino, dando così inizio alla sua carriera di neuropsichiatra infantile. Nel 1927 si reca a Parigi per perfezionarsi in malattie mentali e malattie nervose. Sebbene la sua formazione sia ricca di riconoscimenti e nonostante l’ottima preparazione, Luisa incontra non poche difficoltà ad essere assunta nelle diverse cliniche psichiatriche, dove, in caso di pari merito, le vengono preferiti i suoi colleghi maschi. La dottoressa non si arrende e nel 1928 vince un posto, dedicato a sole donne, bandito dai manicomi centrali veneti per la colonia medico-pedagogica di Marocco di Mogliano, fondata da Corrado Tummiati. Negli anni successivi pubblica diversi articoli sulla mente dei bambini e sulla loro rieducazione. Le peripezie di Luisa, però, non sono finite e dopo un anno dall’assunzione il direttore amministrativo la induce a dare le dimissioni. Nel 1932 viene accettata nella Casa di Grugliasco, dove rimane fino all’emanazione delle leggi razziali. Durante la seconda guerra mondiale, privata del lavoro, si ritira nella campagna di Alassio, di proprietà dei genitori, e qui si dedica a lavori agricoli. Dopo l’8 settembre 1943 si rifugia con la madre a Torrazzo Biellese, dove vive sotto falso nome. Qui, grazie al Comitato Femminile di Ivrea, collabora attivamente come medico della settatantaseiesima Brigata Garibaldi. Nel secondo dopoguerra, determinata a portare avanti il suo impegno scientifico e politico, Luisa Levi entra in Unità Popolare e fa parte della sezione PSI “Matteotti” di Torino;  diventa poi membro attivo dell’UDI (Unione Donne Italiane) e si iscrive alla Camera Confederale del Lavoro della città subalpina. Continua a dedicarsi alla neuropsichiatria infantile dopo aver conseguito la libera docenza con la tesi su “Infanzia anormale” nel 1955. Dopo una vita passata a lottare, trova finalmente riposo proprio nella città da cui era partita: si spegne, infatti, a Torino nel dicembre del 1983.

 

Alessia Cagnotto

“La rosa s’aperse”: al Polo Museale di Druogno

Ampia selezione di opere grafiche e pittoriche raccolte in una suggestiva retrospettiva dedicata ad Elisabetta Viarengo Miniotti

Fino al 28 settembre

Druogno (VB)

Fin dal titolo – “La rosa s’aperse” – il messaggio è da subito ben chiaro. Il “viaggio” sarà tutto “ viaggio di poesia”. Poesia, di quella alta, che non ti lascia il tempo di tirare il fiato e ti porta inesorabilmente in quell’universo silenzioso e appartato fatto di armonia e bellezza dov’è giocoforza arrenderti allo smarrimento e alla pura contemplazione. Tant’è. Questo capita aggirandosi fra le sale espositive del “Polo Museale UniversiCà” di Druogno, storica località turistica della splendida Val Vigezzo (Verbano-Cusio-Ossola), che, fino a domenica 28 settembre, ospita, a cinque anni dalla scomparsa, un’ampia selezione di opere grafiche e pittoriche  dell’artista torinese Elisabetta Viarengo Miniotti, pittrice (allieva di Filippo Scroppo e di Giacomo Soffiantino all’“Accademia Albertina” di Torino) e straordinaria maestra di “incisione”, tecnica approfondita a Venezia al “Corso Internazionale di Incisione Sperimentale” sotto la guida di Riccardo Licata. Questo capita. E al sottoscritto, fidatevi!, è più volte capitato (“experientia docet”) trovandosi, più d’una volta, “vis à vis” con le opere dell’artista (Torino, 1937 – 2020). Realizzata dalla “Fondazione Elisabetta Viarengo Miniotti E.T.S.” (aperta a Torino, in via Villarbasse 30, dov’era lo studio della stessa pittrice), con il patrocinio di “Regione Piemonte”, “Provincia del Verbano-Cusio-Ossola”, del “Comune di Druogno”, dell’“Unione Montana Valli dell’Ossola” e della “Comunità Montana Val Vigezzo”, la rassegna è curata e presentata con fine maestria da Gianfranco Schialvino.

Che proprio a quella “rosa s’aperse” (poetico titolo della mostra e contenuto narrativo della “preziosa” acquaforte esposta in rassegna “Il giardino di re Mida” del 2015) s’appiglia per ricordarne la similare immediata affinità letteraria con il dannunziano “fiore s’aperse” dell’“Oleandro”dall’“Alcyone” del “Vate” pescarese (1903), pur propendendo per un miglior approccio alla “rosa fresca aulentissima”, celebre “contrasto” in “volgare” siciliano (XIII secolo) di Cielo d’Alcamo (giullare o poeta di corte?) poiché  “come la pagina miniata – annota Schialvino – di un ‘incunabulo di nostra gente’ l’avventura artistica di Elisabetta Viarengo Miniotti offre e richiede due metodi di lettura: quello dell’ammirazione per la sua perizia tecnica, che le consentiva di passare con disinvoltura dai pennelli agli acidi, dalle tele alla carta, dal bistro ai colori; e quello per i rischi che un artista ama ogni volta affrontare nella ricerca di soggetti nuovi, mai crogiolandosi su quel che ha già raggiunto in perfezione bensì gettandosi a capofitto in sempre diverse avventure”. E ogni pennellata, per Elisabetta, era davvero un “rischio”, una magnifica “avventura”. Rischio linguistico calcolato, rapido, corposo, inventivo, ma sempre in grado di bloccarsi all’istante, laddove l’impulso creativo rischiava di estromettere dai binari dell’“armonia” racconti di uomini e cose- di inquietanti “Arlecchini” nascosti dietro i tronchi biancastri delle betulle – di oggetti, figure e immagini di natura o di animali (poesia pura quella farfalla con la “polvere di giaggiolo” sulle ali!) che nelle sue opere diventavano “corpo unico” (esemplare in tal senso il corpo del nuotatore che diventa massa confusa fra acque ingorde e voraci) nel vigoroso abbraccio del colore o in una gestualità (per la quale si sono trovate importanti numerose assonanze e influenze con alcuni “grandi” dell’arte internazionale) ma che mai riuscì a sfiorarne il benché minimo tentativo di abbandonare la strada di una mai barattabile “singolarità”.

Nel campo soprattutto di “un’astrazione – scrive la critica d’arte e sua sincera amica Donatella Tavernache era piuttosto indefinitezza, poiché il finito, il netto, il fotografico era secondo lei limitante e in un certo senso ottundente”. Parole chiare di chi ben ne conosceva l’indole, l’onestà e l’afflato artistico. “Elisabetta non ha mai cercato clamore – aggiungono ancora i famigliari dell’artista cui si deve la nascita della ‘Fondazione’ a lei dedicata – eppure chiunque l’abbia conosciuta sa bene quanto fosse intensa la sua dedizione all’arte”. Alla visione di un mondo “di cui come famiglia e come ‘Fondazione’ ci sentiamo custodi, desiderosi di condividerla, di farla sbocciare ancora … come una rosa che continua ad aprirsi”.

Gianni Milani

“La rosa s’aperse”

Polo Museale UniversiCà, via Colonia 2, Druogno (VB); tel. 393/2611963 o www.universica.it  .

Fino al 28 settembre

Orari: luglio festivi; agosto, dall’1 al 17, tutti i giorni; dal 18 al 31, festivi; settembre su prenotazione

Nelle foto: Elisabetta Viarengo Miniotti “Giardino di re Mida”, acquaforte, 2015; “Nascondino (Arlecchino)”, olio su tela, 2011; “In vasca 2”, olio su tela, 2003; “Visitazione”, acquaforte a ceramolle, 20

“Quadila Festival” ritorna ad Albugnano e dintorni

Il Festival che porta nel Monferrato teatro, musica e “scambio di saperi”

Dal 10 al 27 luglio

Albugnano (Asti)

Vista mozzafiato. Il “Balcone del Monferrato”, l’astigiana Albugnano (con i suoi siti di storica bellezza, dal “Belvedere Motta” alla “Corte del Gelso Antico” fino al “Cortile dell’antica Canonica” e all’“Abbazia di Vezzolano”) ritorna ad accogliere, da giovedì 10 a domenica 27 luglio, con alcuni Comuni limitrofi e per il quinto anno consecutivo, il “Quadila Festival”, come sempre ideato e realizzato dalla locale Compagnia Teatrale “Lo Stagno di Goethe” – ex “Compagnia Marco Gobetti” – con il patrocinio e il sostegno del “Comune di Albugnano” e della “Fondazione Enrico Eandi”. Definito dagli stessi organizzatori “un crocevia di teatro, musica e ‘scambio di saperi’”, il Festival ruoterà quest’anno intorno al tema “Tragedia e Libertà”, invitando il pubblico partecipante ad una riflessione sul “rapporto tra conoscenza, destino e autodeterminazione”. Le domande che attraversano ed ispirano l’intera proposta sono, a detta sempre degli organizzatori: “Quando la libertà può tramutarsi in tragedia? E viceversa? E’ possibile raggiungere la libertà attraverso la conoscenza?”. Domande da un milione di dollari (o, meglio, se più v’aggrada, di Euro … visto come al momento vanno le cose), sicuramente in attesa di risposte per cui impegnarci di buzzo buono e, nel contesto specifico, attraverso l’accettazione di un palinsesto che propone, in primis, tanto “teatro” con, al centro, tematiche spesso urgenti, come, ad esempio (tanto per citarne alcune), il “caporalato”: è il caso di “Pomodoro” di e con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, in programma domenica 13 luglioalle 21,30, nel cortile dell’“Antica Canonica” di Albugnano.

Mafia, omertà e giustizia saranno invece i cardini su cui riflettere, venerdì 11 luglioalle 21, nell’“Area Panoramica Don Pino Puglisi” di Aramengo, con lo spettacolo teatrale “Il mare a Cavallo”, interprete Antonella Delli Gatti, dedicato a Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato, giornalista siciliano ucciso a Cinisi da “Cosa Nostra” il 9 maggio del ’78.

A seguire “Pompei. Persone di gesso” è, invece, una “lezione recitata” (sabato 19 luglioore 9, al “Giardino don Luigi Bruno” di Pino d’Asti) per ragionare sul rapporto con le paure e i sentimenti altrui, mentre la giornata di sabato 26 luglio sarà interamente dedicata alla scrittrice Gina Lagorio, nel ventesimo anniversario della morte, tramite una maratona letteraria nel chiostro dell’“Abbazia di Vezzolano” e uno scambio di “saperi” con le figlie Silvia e Simonetta.

Uno sguardo all’“attualità” si aprirà con l’appuntamento “Leggenda e popolo ai tempi della Palestina sterminata”, alla presenza di Viviana Codemo, ricercatrice e attivista, che si occupa della Palestina da oltre trent’anni (venerdì 25 luglioalle 21, Albugnano “Cortile dell’Antica Canonica”).

E ancora. Per una nota di internazionalità, ecco “Batallando: la vida es sueño”, uno spettacolo interattivo in collaborazione con “AstiTeatro”, in calendario sabato 19 luglioalle 21,15, sempre nel “Cortile dell’Antica Canonica” di Albugnano.

Le due settimane di appuntamenti – tutti gratuiti – daranno ampio spazio anche alla musica con, tra gli altri, il concerto della “band indie rock” torinese “Perturbazione”, che onorerà l’eredità musicale di De André (venerdì 18 luglioalle 21,30) con il concerto “La buona novella”; mentre, a chiudere il “Festival” saranno i “Lou Dalfin” con “Bistrò Dalfin”domenica 27 luglioalle 21,30. Entrambe le serate sono in programma al “Belvedere” di Albugnano.

Chicca sicuramente gradita e affollata di quest’anno sarà il “Quadila bar”, a cura di “Spiriti in Cantina, nel “Cortile dell’Antica Canonica” di Albugnano.

Per info sul programma nel dettaglio: www.quadila.com

g.m.

Nelle foto: Scene da “Il mare a cavallo” (Ph. Emanuele Basile) e “Pomodoro”; I “Perturbazione”