RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Xochitl Gonzalez “Olga muore sognando” -Fazi Editore- euro 19,00
Tra rincorsa al successo, rivalsa e solitudine, questo romanzo di esordio della scrittrice (americana di origine portoricana e messicana) può essere letto anche come potente satira sociale. “Olga muore sognando” è stato proclamato miglior libro del 2022 da “New York Times”, “New York Post” ed altre prestigiose testate.
Protagonista è la brillante Olga Isabel Acevedo, nata a Brooklyn; lei e il fratello Prieto sono figli di genitori portoricani, attivisti in un movimento di estrema sinistra. Quando Olga aveva 13 anni, la madre Blanca aveva abbandonato la famiglia per consacrarsi alla lotta per l’indipendenza di Porto Rico e muoversi in clandestinità. Invece il padre tossicodipendente era morto di AIDS.
Diciamo che le vite di Olga e Prieto sono partite subito in ripida e faticosa salita; eppure loro due si sono sempre sostenuti a vicenda, riuscendo ad avanzare spavaldi sulla strada del successo.
Olga è diventata la wedding planner più richiesta dall’high society newyorkese ed ha uno spazio seguitissimo in una trasmissione televisiva, dai cui schermi dispensa i segreti delle buone maniere.
Invece Prieto si è dedicato alla politica; è deputato ed è definito l’Obama latino-americano. Due giovani che, nonostante tutto, ce l’hanno fatta a suon di intelligenza, impegno, forza di volontà e disciplina.
L’unico contatto con la madre è epistolare e a senso unico, dato che lei non è mai contattabile. Comunque segue i figli a distanza e le lettere che gli spedisce grondano contenuti ideologici e -peggio ancora- esprimono giudizi negativi sulle loro scelte. Blanca critica duramente il materialismo che permea le loro esistenze; tanto per dire, definisce la wedding planner una cameriera.
Olga, nonostante la vita brillante, glamour e sempre al top si ritrova avvitata su se stessa in una spirale di solitudine. In crisi finisce anche Prieto che si rifiuta di riconoscere la sua omosessualità. Condannato a una vita di finzione, in lui serpeggia la vergogna e l’angoscia di essere politicamente ricattabile.
Sullo sfondo c’è poi la complicata situazione di Portorico; paese caraibico storicamente flagellato da catastrofi naturali e politiche.
Kaveh Akbar “Martire” -La nave di Teseo-
Euro 22,00
Kaveh Akbar è un poeta iraniano-statunitense che con questo romanzo si affaccia alla prosa, e lo fa dimostrando un notevole talento; infatti “Martire” -finalista al National Book Award 2024- promette parecchio bene. Una storia in parte autobiografica e romanzo di formazione che tratta in modo personalissimo la morte, il martirio, il lutto e il senso di alcune vite.
Il protagonista, Koroosh Shams, per tutti Cyrus, è l’alter ego dell’autore; la sua vita è stata precocemente dilaniata dalla morte (poco dopo la sua nascita) della madre Roya, tra le vittime di un disastro aereo.
Era a bordo del velivolo civile iraniano che nel 1988 (nell’ambito di alcune manovre preventive di guerra) fu abbattuto da un missile statunitense. Tragedia che gli Stati Uniti negarono fosse un atto premeditato e dopo molto tempo la derubricarono a semplice incidente ed errore.
Per Cyrus è un trauma che gli scalpella l’anima e non lo lascerà mai più. Il padre decide di abbandonare l’Iran per andare a cercare fortuna proprio nel paese che gli ha strappato la moglie.
Cyrus, che all’epoca era troppo piccolo per metabolizzare quel lutto, cresce con un perenne vuoto interiore che ne condizionerà la vita di ragazzo iraniano –statunitense.
Riempie la voragine con disperazione, droghe, alcool, farmaci e notti insonni.
Studente mancato all’Università dell’Indiana, si mantiene con sporadici lavoretti, profondamento segnato dalla morte della madre, si dedica a un progetto letterario sul martirio, e cerca costantemente una risposta alla domanda: per che cosa si muore?
Il romanzo arriva fino al 2017, nel frattempo Cyrus è cresciuto e sullo sfondo scorrono anche avvenimenti storici; dalla guerra Iran e Iraq a riferimenti all’11 settembre, fino alla prima presidenza Trump… ed altro.
Scopriamo un Cyrus preda dell’ossessione per il martirio e affascinato da tutti i martiri; da quelli di fede islamica che si fanno esplodere in nome di Allah, a quelli che si danno la morte per la patria in guerra, o ancora, quelli per motivi politici. Cyrus è attratto anche da chi ne ha fatto una scelta di vita o artistica in virtù di un valore ritenuto superiore all’esistenza stessa.
Punto di svolta del romanzo è l’incontro con Orkideh, famosa e quotata artista iraniana, omosessuale e malata terminale di cancro, che a Brooklyn realizza l’installazione Morte-Parla (performance alla Marina Abrahamovic). Sarà l’artista a confermargli che l’arte resta, senza essere deteriorata dal tempo che passa; un valore supremo al quale dedicarsi. Tutto accompagnato da un’enorme sorpresa finale.
Fred Vargas “Sulla pietra” -Einaudi- euro 20
E’ il ritorno di Fred Vargas al giallo dopo 6 anni; ma anche il riaffacciarsi sulla scena di uno dei suoi protagonista di maggior successo; l’eccentrico detective Jean Baptiste Adamsberg, visionario commissario della squadra anticrimine del XIII arrondissement di Parigi.
L’azione avviene in Bretagna, nell’immaginario villaggio di Louviec, funestato da una serie di misteriosi delitti.
Il borgo è nei pressi dell’antico Castello di Combourg; era stato la residenza del visconte François René de Chateaubriand (1768- 1848) autore delle “Memorie d’oltretomba”, opera postuma in 12 volumi.
E’ lì che si svolge la decima indagine di Adamsberg; classico eroe anticonformista, apparentemente sempre svagato, in realtà sottilmente perspicace. Nel paesino bretone pare aggirarsi un killer, inoltre circola la leggenda di un fantasma che si aggirerebbe tra le case. Gli abitanti sostengono che il suo arrivo venga annunciato da inquietanti colpi che anticipano due omicidi.
Una vicenda che si dipana tra spettri e menhir, sui quali Adamsberg si sdraia per riflettere. E tra le pieghe del giallo ci sono anche precisi riferimenti storici sciorinati con cognizione di causa perché la Vargas è anche archeologa e medievalista.