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Perseguita coppia di coniugi per anni Fermato dai carabinieri

Perseguita coppia  per sette anni, i carabinieri arrestano stalker

Torino, 13 dicembre I carabinieri hanno arrestato un cinquantasettenne italiano, abitante a Torino, per atti persecutori.
L’intervento dei militari dell’Arma è stato richiesto al 112 da una coppia di coniugi che ha segnalato la presenza di un uomo, già autore di atti persecutori violenti nei loro confronti in passato, fermo in macchina vicino al loro ufficio.
I carabinieri della Stazione Torino Borgo San Secondo sono intervenuti e hanno fermato e identificato l’uomo, parcheggiato con l’auto in strada, che interpellato circa il motivo della sua presenza in quel luogo, non ha fornito risposte convincenti.
L’atteggiamento del fermato ha indotto i carabinieri a perquisire la macchina e nel bagagliaio è stata trovata una mazza da golf in metallo di colore grigio con impugnatura in gomma della lunghezza di circa 1 metro. Anche su questo oggetto, l’uomo non ha dato alcuna spiegazione plausibile.
Allo scopo di acquisire maggiori dettagli sulla dinamica dei fatti, sono stati sentiti i coniugi che erano letteralmente “barricati” all’interno del loro ufficio, per paura che l’uomo potesse andare da loro.
Entrambi hanno dichiarato di essere vittime di pedinamenti minacce e appostamenti da molti anni, da circa sette anni. Motivo per il quale il 57enne era già stato arrestato e sottoposto al divieto di avvicinamento in passato. Secondo il racconto della coppia l’uomo si è accanito nei loro confronti dopo l’interruzione dei rapporti lavorativi avuti in passato. Il cinquantasettenne è stato collocato ai domiciliari.

Ladro arrestato in sella alla mountain bike

Torino. Controlli disposti dal Comando Provinciale dei Carabinieri, 6 arresti, di cui 4 ricercati

Nell’ambito dei controlli del territorio disposti dal Comando Provinciale, intensificati in questo periodo per vigilare sul rispetto della normativa anti covid, i Carabinieri hanno arrestato 6 persone nelle ultime 24 ore.

A Torino, nel quartiere Mirafiori, i carabinieri hanno rintracciato e arrestato un italiano di 48 anni di Torino, destinatario di un ordine di carcerazione per furto. L’uomo è stato collocato ai domiciliari. L’uomo è stato riconosciuto mentre passeggiava in strada dai carabinieri della Stazione di Torino Borgata Mirafiori.

A Torino, in via Cigna, i carabinieri del Nucleo Radiomobile hanno arrestato un marocchino di 30 anni, in Italia senza fissa dimora, subito dopo aver rubato all’interno di un supermercato. I militari dell’Arma di pattuglia in zona hanno visto l’uomo uscire di corsa dal negozio e si sono insospettiti e sono intervenuti. Al momento dell’arresto il maghrebino non ha opposto resistenza.

A Chieri, nell’hinterland torinese, i carabinieri hanno arrestato un italiano di 52 anni per furto. L’uomo è stato fermato in via Roma a Chieri, vicino alla stazione ferroviaria, in sella a una mountain bike con una borsa contente diversi capi d’abbigliamento, un cappotto, cinque pantaloni, diverse t-shirt, camicie, ancora provvisti di etichetta. I carabinieri del locale Nucleo Radiomobile hanno verificato che tutto il vestiario era stato rubato poco prima da un centro commerciale di Chieri, mentre la bicicletta era stata rubata da una rastrelliera condominiale. La refurtiva è stata riconsegnata ai legittimi proprietari.

A Orbassano, nell’hinterland torinese, i carabinieri hanno rintracciato e arrestato una nomade di 48 anni, domiciliata nel campo nomadi, destinataria di un ordine di carcerazione per furto aggravato.

A Carmagnola, nell’hinterland torinese, i carabinieri hanno fermato e bloccato un altro ricercato per furto. Si tratta di un italiano di 57 anni, di Carmagnola, destinatario di un ordine di carcerazione.

A Rivarolo, sempre nell’hinterland torinese, i carabinieri hanno arrestato un italiano di 41 anni, residente a Cuorgnè, perché destinatario di una misura cautelare in carcere per violenza, minaccia, violazione di domicilio e possesso di un coltello.
L’uomo, lo scorso 4 dicembre, si era presentato a casa di un imprenditore armato di coltello e dopo aver scavalcato la recinzione condominiale, lo aveva minacciato per ottenere una somma di denaro. La vittima aveva chiamato il 112 e l’intervento dei carabinieri della locale Stazione aveva permesso di bloccare l’uomo che alla vista dei militari dell’Arma aveva gettato il coltello a terra. In quell’occasione, l’uomo era stato denunciato a piede libero e ora gli è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Calci e pugni ai poliziotti Finisce in manette

In carcere per evasione, catturato dagli agenti del commissariato San Donato. Diversi i tentativi messi in atto per eludere il controllo

Nei giorni scorsi gli agenti del commissariato San Donato sono intervenuti su un autobus della GTT dove un autista aveva segnalato poco prima una lite tra due soggetti a bordo.

Giunti sul posto, gli operatori hanno invitato entrambi a scendere dal mezzo, dopodiché hanno proceduto al loro controllo. In fase di accertamenti è emerso come la discussione fosse nata per futili motivi, dovuta anche allo stato di ubriachezza di uno dei due, un cittadino marocchino di 27 anni. Questi appare da subito poco collaborativo con i poliziotti, tentando inizialmente la fuga, senza successo, per poi cercare di colpire gli agenti con calci e pugni. L’uomo, accompagnato presso gli uffici della Questura, ha nuovamente tentato di eludere i controlli fornendo delle false generalità. Ennesimo tentativo fallito. Viene appurato che lo straniero è irregolare sul territorio Nazionale, ha numerosi precedenti di Polizia, un avviso orale del Questore di Torino ed attualmente è posto agli arresti domiciliari a seguito dell’arresto avvenuto lo scorso agosto.

Come era già accaduto in passato, sono scattate le manette per evasione. Inoltre, l’uomo è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale, falsa attestazione e sanzionato per ubriachezza.

“Tamponi alla polizia penitenziaria, troppa burocrazia”

“I paradossi della burocrazia”…così intervengono i Segretari delle Organizzazioni Sindacali del SAPPe e della FNS CISL
Vicente Santilli ed Antonio Napoli, continuano: ”dopo gli opportuni solleciti avanzati dal Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria e dalla compagine sindacale del comparto sicurezza relativi all’ingiustificata esclusione del personale di Polizia Penitenziaria dai programmi di screening epidemiologici, la Direzione di Sanità e Welfare della Regione Piemonte, ha invitato le ASL sedi di Istituti penitenziari del distretto, ad attivare ed adibire il proprio personale sanitario ad effettuare le operazioni di prevenzione e screening nei confronti dei poliziotti penitenziari.
Ci sembra paradossale che, allo stato attuale, solo al personale in servizio presso la Casa Circondariale di Torino non è stata effettuata nessuna misura di prevenzione “siamo profondamente amareggiati”… continuano con le loro dichiarazioni i due segretari… “perché ancora una volta per colpa della troppa burocrazia e dei troppi passaggi istituzionali, si rischia la pelle di servitori dello Stato che tutti i giorni assicurano la legalità all’interno degli Istituti penitenziari e che sono soggetti giornalmente all’epidemia, con un livello di rischio particolarmente molto elevato, vista la sua contagiosità”… e concludono infine…“ Anche il Provveditore Regionale dott. D’Andria si è  raccomandato con le Direzioni penitenziarie, ad avviare le giuste iniziative con i servizi sanitari, titolati all’esecuzione della campagna collettiva di tamponatura, che però, in questo delicato periodo, rischiano di rimanere nei magazzini del carcere di Torino e di scadere, per responsabilità che di certo non deve pagare sempre e solo la Polizia penitenziaria”… “Ancora una volta”…. in conclusione dell’intervista…”dobbiamo registrare il totale fallimento del passaggio della sanità penitenziaria alle Aziende Sanitarie, che risalta sempre di più, una assoluta necessita di istituire la figura medico del Corpo e del personale sanitario interno all’Amministrazione, così come hanno i Carabinieri e la Polizia di Stato”…

 

Tornano le Mascherine Tricolori: “Comprate nei negozi”

Riceviamo e pubblichiamo /  In centro a Torino per ribadire il loro invito ad acquistare nei negozi della città e non su Amazon. Questa volta i partecipanti si sono ironicamente presentati mascherati da Jeff Bezos.

“Il ghigno di Jeff Bezos, che abbiamo ironicamente voluto portare sulle nostre maschere, è l’emblema di come il governo stia trattando i tanti commercianti che da anni pagano tasse su tasse e stanno fallendo, mentre permettono a piattaforme come Amazon di arricchirsi senza pagare le tasse. – hanno affermato gli attivisti – Ricordiamo che Jeff Bezos, approfittando della crisi sanitaria, ha incrementato il suo patrimonio personale che oggi si aggira intorno ai 200miliardi di dollari, rendendolo l’uomo più ricco al mondo. Per questo, con la nostra azione di oggi, rinnoviamo il nostro fermo invito per queste feste, ma anche nella vita normale, ad acquistare nei negozi della nostra città così da sostenere tutte quelle famiglie che rischiano di rimanere senza un reddito.”

Docente di liceo molestava le studentesse

Nella vita era un docente di storia e filosofia di un liceo cittadino, che vantava una carriera impeccabile ed una lunga esperienza nell’insegnamento, tanto da farlo apparire come un punto di riferimento per i suoi studenti, di cui amava circondarsi anche nell’ambito di attività extrascolastiche.

Purtroppo però, come scoperto dalla Polizia di Stato di Novara dietro a questo quadro rassicurante si nascondeva un’altra realtà.

Sono state le stesse vittime che, con il loro racconto agli investigatori, hanno rotto il muro di silenzio, consentendo alla Squadra Mobile di Novara, a seguito di una lunga e delicata indagine, di appurare che l’insegnante, facendo leva sul proprio ruolo, induceva giovani alunne a sottostare ad approcci di natura sessuale.

In particolare è stato accertato che il docente, con un vero e proprio comportamento seriale, individuava giovani studentesse di suo gradimento e abusando del suo ruolo nonché insistendo sul fatto che occorresse svolgere degli approfondimenti assolutamente necessari in vista della maturità, o per il completamento di ricerche e la scrittura di libri (alcuni di essi pubblicati), fissava con le stesse incontri privati in aule particolarmente appartate della scuola o, addirittura, presso la propria abitazione.

Era in queste occasioni, artatamente create, che metteva in atto gli abusi sessuali consistenti in baci sulla bocca e sul collo, palpeggiamenti in zone erogene ed in varie parti del corpo, attuando un contatto fisico non voluto e dal quale le giovani, sebbene sopraffatte dall’insegnante e scioccate dal suo comportamento, cercavano di divincolarsi in ogni modo o, in alcuni casi, impietrite, erano costrette a subire.

Su delega della Procura di Novara, si è proceduto ad esperire una perquisizione domiciliare ed il sequestro di alcuni supporti informatici in uso all’indagato (telefono cellulare, personal computer, tablet), nonché all’escussione di alcune ragazze, allieve o ex allieve del docente, emerse a seguito dell’analisi del materiale probatorio.

L’esame del materiale informatico sequestrato e l’escussione delle giovani ragazze ha consentito di raccogliere numerosi elementi probatori e suffragare il quadro accusatorio a carico dell’insegnante, già altamente circostanziato, che lo vedono autore di abusi sessuali in danno di almeno cinque studentesse, quattro appena maggiorenni ed una di 17 anni.

Nel corso dell’attività d’indagine è emerso che questi comportamenti lo stimato professore li poneva in essere da anni e che, nell’ambiente studentesco, alcuni  suoi discutibili atteggiamenti pubblici, erano tollerati e scambiati per dei “gesti affettuosi” mentre, in realtà, celavano un preciso modus operandi finalizzato a carpire la fiducia delle giovani vittime.

Il GIP presso il Tribunale di Novara, su richiesta della Procura di Novara – ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza per ripetute violenze sessuali continuate, aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale e dall’aver approfittato dello stato di inferiorità delle vittime, nonché integrati il pericolo di reiterazione del reato e quello di inquinamento probatorio – ha emesso nei confronti dell’insegnante, la misura cautelare dell’interdizione dalla professione di docente per la durata di un anno, che è stata eseguita il 9 dicembre scorso.

Oltre ai risvolti giudiziari di questa triste vicenda preme evidenziare alle cittadinanza, ed in particolare alle parti offese di queste tipologie di reato, che la Polizia di Stato e le Istituzioni sono molto attente al contrasto di questi vili reati. Denunciare è l’unico modo per far emergere deprecabili comportamenti e porre fine ad incresciose situazioni che possono creare, nel tempo, anche dei danni psicologici alle fragili vittime.

 

Nasconde la droga a casa dell’ex compagna Lei lo scopre e gli danneggia l’auto

Sono da poco passate le 21 in zona Barriera Milano ed una cittadina segnala al 112 NUE la presenza di una persona intenta a danneggiare i finestrini e il parabrezza di un veicolo parcheggiato con un oggetto metallico.

La Volante giunta sul posto rintraccia una donna, trentaseienne originaria della Repubblica Centrafricana, che ammette quanto appena causato alla macchina motivandolo con un scatto d’ira nei confronti dell’ex compagno, proprietario del mezzo in questione. La trentaseienne poco prima aveva scoperto che l’uomo, un coetaneo proveniente dalla Nigeria, usava la sua abitazione per nascondere sostanza stupefacente e materiale da confezionamento. A questo punto i poliziotti perquisiscono la residenza della donna dove trovano suddetto materiale, insieme a quello da taglio, all’interno di un armadio della camera da letto mentre in un ripostiglio sul balcone due buste contenenti cocaina, per circa 30 grammi, erano occultate all’interno di un tappeto.

Il nigeriano, con diversi precedenti di Polizia, è stato arrestato per detenzione di sostanza stupefacente mentre la sua ex compagna denunciata per danneggiamento.

Il giorno di piazza Fontana finì la mia fanciullezza

12 dicembre 1969. Alle ore 16.37 una bomba scoppiata alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano causò 17 morti ed 88 feriti.

 

La storia l’ha catalogato come il primo atto di una ‘strategia della tensione’ che insanguinò l’Italia e diede il via ad una scia di sangue che si protrasse per tutti gli anni Settanta e parte degli anni Ottanta, ponendo fine al sogno italiano, quasi una cesura con gli anni Sessanta del ‘boom economico’. Il 12 settembre del 1969 anche a chi scrive rimarrà impresso nella memoria per tutta la vita e fu il giorno che, suo malgrado, finì la fanciullezza e capì come vita fosse una corsa ad ostacoli e non un cammino lastricato di fiori. Alle 14, circa, mia mamma Lucia, terminò il suo cammino terreno, consumata da un cancro al seno, da due mastectomie e dalla cobaltoterapia. Avrebbe compiuto 36 anni il giorno dopo, Santa Lucia. A 50 anni di distanza quella maledetta giornata la ricordo minuto per minuto come fosse un film (ma purtroppo era tutto, drammaticamente, vero) e i ricordi si intrecciano con quelli di quanto era avvenuto a Milano.

 

Al mattino, a scuola, avevo scritto in un tema che speravo che la mamma guarisse, poi a pranzo dai nonni, anche per evitare che fossi lì quando l’inevitabile sarebbe accaduto (mio fratello Fabrizio era da amici di famiglia), i titoli di Tuttosport, la vittoria della promessa dello sci Gustavo Thoeni in Val d’Isere. Poi la telefonata di mio padre Marco, la faccia sconvolta della nonna Rosa, la mia domanda ‘La mamma è morta’ rimasta senza risposta in un silenzio eloquente, la corsa da via Savio a Via Morini e …. L’entrata nell’età adulta senza volerlo e senza saperlo. Ma anche il pomeriggio con Davide, un amico che se n’è andato anche lui troppo presto (ma con lui e la sua famiglia c’è un ricordo che nessuno potrà mai sciogliere, mai, mai, mai), la notizia che era successo qualcosa a Milano. E alla sera, tornando dai nonni in via Savio, la notizia che Carosello, un rito per i bambini di allora, non c’era, per “rispetto delle vittime di piazza Fontana”, come disse l’annunciatrice dopo il telegiornale.

 

Questo è quello che ricordo di quel giorno. Ma piazza Fontana tornò nella mia vita, qualche anno dopo. Francesco, il padre di Marisa, mia seconda mamma mia e di mio fratello, (una donna stupenda che lasciò Milano e un lavoro di segretaria alla Locatelli per venire a Casale e crescere due figli che non erano nati da Lei e fu per noi una Mamma in tutto e per tutto), era di Milano. E negli anni Sessanta aveva l’ufficio in via Larga ed il conto proprio alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana. Parlando ad un Massimo ormai diventato ragazzo, mi disse che il venerdì, essendo giorno di mercato, ed essendoci la presenza di molti agricoltori venuti dalla provincia era d’uso fermarsi per chiudere magari delle contrattazioni e la banca rimaneva aperta oltre l’orario solito. Quindi chi aveva messo la bomba, a suo avviso, l’aveva fatto per fare il maggior danno possibile in termini di vite umane. E una volta che l’avevo accompagnato proprio nell’agenzia BNA di piazza Fontana mi presentò un cassiere che, dopo, mi disse, era stato ferito quel maledetto giorno. Ecco perché piazza Fontana e il 12 dicembre li porto sempre con me indissolubilmente.

 

Il giorno dopo per l’Italia venne portata ad una drammatica realtà, per me finirono i sogni di bambino e conobbi la dura realtà della vita. E sono ricordi che non dimenticherò mai. Ma che mi hanno fatto conoscere cosa vuol dire soffrire, cosa vuole dire reagire, cosa vuol dire costruire, cosa vuole dire avere attorno una famiglia meravigliosa e degli amici che ti stanno vicino nei momenti più bui. Perché, grazie a Dio, dopo l’ora più buia torna il sole.

 

Massimo Iaretti

 

Si aggirano furtivi nella notte tra i veicoli del deposito…

Volante arresta trentaquattrenne straniero per tentato furto

Domenica sera un cittadino ferma una Volante in transito su via Botticelli. L’uomo riferisce che dal proprio smartphone, grazie al quale monitora le telecamere della sua depositeria, aveva visto poco prima due soggetti intenti ad armeggiare sui veicoli presenti. I poliziotti raggiungono rapidamente la struttura ed, una volta al suo interno, iniziano il sopralluogo volto alla ricerca dei due. All’improvviso il rumore di un oggetto metallico caduto al suolo rompe il silenzio: i due individui, spaventati alla vista degli operatori, hanno abbandonato il loro bottino e stanno correndo in direzione del muro di cinta per tentare la fuga. Il primo, approfittando di un varco nella recinzione, riesce a scappare mentre il secondo, trentaquattrenne di nazionalità romena, dopo aver superato dei rovi ed alcuni motocicli, scavalcando un cancello, cade in terra. Un poliziotto posizionato nei pressi dell’area d’ingresso raggiunge lo straniero e lo blocca.

Il trentaquattrenne, con precedenti specifici, viene arrestato per tentato furto aggravato.

Quattro allievi dal Piemonte all’accademia navale di Livorno

Tra i 118 futuri ufficiali della Marina Militare che hanno gridato “lo giuro!” anche quattro giovani piemontesi provenienti da Caresanablot, Casale Monferrato, Novi Ligure e Santhia

 

Nei giorni scorsi 118 allievi frequentatori dell’Accademia Navale di Livorno hanno giurato fedeltà alla Repubblica alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone e del comandante delle scuole della Marina, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino.

Tra i 114 allievi della 1^ Classe del Corso Normale e i 4 del XX Corso Piloti di Complemento che entrano oggi a far parte ufficialmente della grande famiglia della Marina Militare, anche quattro ragazzi che provengono dal Piemonte, per la precisione da Caresanablot, Casale Monferrato, Novi Ligure e Santhia.

L’Accademia Navale di Livorno è stata, per la prima volta, testimone del grido degli allievi senza la presenza di parenti e amici più cari per le precauzioni da seguire per prevenire contagi da COVID-19.

“Il rammarico più grande è quello di non avere qui oggi le vostre famiglie”, ha esordito il Capo di Stato Maggiore, “e a loro va il maggior credito, perché hanno saputo instillare i valori basici, fondamentali, irrinunciabili, su cui la Marina poi costruirà il vostro futuro, formerà il vostro carattere e le vostre professionalità”.

I familiari e gli amici hanno però potuto seguire attraverso una diretta streaming sui Social della Marina Militare la formula del giuramento, con la quale gli allievi hanno consacrato il loro legame alla Patria.

“E’ un passaggio di testimone, perché noi oggi riceviamo un bene incommensurabile dalle radici sane e profonde”, che la Marina ha il dovere di valorizzare. “L’Accademia, per fare in modo tale che questi germogli sboccino, mette a disposizione vostra quanto di meglio ha”. Queste le parole iniziali del discorso del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio di Squadra Giuseppe Cavo Dragone, che ha poi continuato dicendo: “L’Accademia cercherà di insegnarvi quanto è importante il mare, che è l’ambiente dove voi lavorerete in futuro, quanto sia importante per il nostro paese, quanto siamo legati e vincolati a questo dominio, per la nostra economia, per la nostra democrazia e per la nostra sicurezza”. Ed infine ha concluso: “la Marina ha bisogno di donne e di uomini capaci, convinti, energici, eclettici, che possano proseguire e far continuare a vivere quegli ideali che hanno animato noi e tutti i nostri eroi e fare in modo tale che la Marina rispetti e porti egregiamente a termine le missioni che il nostro Paese ci affida”.

A causa delle restrizioni dovute alle norme in vigore per il contenimento dei contagi da COVID-19 il Giuramento si è svolto in forma statica, rimandando al prossimo anno tradizioni secolari quali il consueto defilamento della Bandiera nazionale e degli allievi lungo Viale Italia o la caratteristica “ritirata degli allievi” la sera prima del giuramento, nella quale i giuranti avrebbero sfilato, accompagnati dalla Fanfara dell’Accademia Navale, da Terrazza Mascagni sino all’ingresso in Istituto attraverso il varco di San Jacopo.

La cerimonia può essere rivista sul canale Facebook e sul canale Youtube della Marina Militare.

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