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Bassi redditi, diete malsane e stili di vita a rischio: studio torinese lancia allarme per la salute dei bambini

Uno studio internazionale mostra come fin dalla culla e in contesti urbani anche molto diversi i bambini con uno stato socioeconomico basso hanno stili di vita più malsani, creando uno svantaggio che inciderà sulla salute lungo tutto il corso della vita.
Torino è una delle undici città europee prese in esame da uno studio che ha coinvolto oltre 60mila bambini, condotto nell’ambito dei progetti internazionali ATHLETE e LifeCycle – a cui partecipa l’Unità di Epidemiologia dei Tumori della Città della Salute di Torino e dell’Università degli Studi di Torino – i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Social Science & Medicine.
Le altre città sono: Oslo, Copenaghen, Bristol, Bradford, Rotterdam, Nancy, Poitiers, Gipuzkoa, Sabadell, Valencia, dunque contesti urbani eterogenei sotto molteplici punti di vista (ubicazione geografica, amministrazione, popolazione, cultura, ecc.). L’Italia ha contribuito allo studio grazie ai dati raccolti dal [ http://www.progettoninfea.it/ | progetto NINFEA ] , coordinato dall’Unità di Epidemiologia dei Tumori della Città della Salute di Torino e dell’Università degli Studi di Torino (diretta dal professor Lorenzo Richiardi).
“La distribuzione dei rischi ambientali e la vulnerabilità ai loro effetti variano tra i gruppi socioeconomici. Il nostro obiettivo – dichiara la professoressa Costanza Pizzi, prima autrice dell’articolo – era quello di analizzare la relazione tra la posizione socioeconomica (SEP) del bambino alla nascita e diverse caratteristiche relative agli stili di vita dei bambini ed all’ambiente urbano in cui vivono in età prescolare (0-4 anni) in differenti contesti urbani utilizzando l’approccio dell’esposomica.”
L’esposoma, ossia la totalità delle esposizioni ambientali di una persona nel corso della sua vita, è costituito da una moltitudine di esposizioni provenienti da fonti sia esterne (ad es. sostanze chimiche, inquinanti atmosferici, stile di vita, dieta) sia interne (ad es. metabolismo, fattori infiammatori, microbiota), molte delle quali sono interconnesse. In questo studio ci si è concentrati sull’esposoma esterno. I due indicatori SEP presi in esame per lo studio sono: il reddito famigliare ed il livello di istruzione materna.
La prima infanzia, infatti, è un periodo chiave in cui le disuguaglianze in termini di possibili esposizioni esterne (ad es. il tipo di alimentazione, l’esposizione al fumo passivo ed all’inquinamento atmosferico, la fruizione di aree verdi, ecc.) possono modellare le traiettorie di salute nel corso della vita. Le esposizioni sperimentate dagli individui possono differire in base alla SEP, contribuendo ad accrescere le disuguaglianze.
Esaminare la relazione tra SEP ed esposoma nella prima infanzia è essenziale per informare le politiche atte a mitigare le diseguaglianze nella distribuzione di importanti rischi ambientali e le disuguaglianze sanitarie e stabilire come e dove agire più urgentemente.
Nello studio, i bambini con basso SEP (costantemente pur nelle differenti aree urbane) erano allattati di meno al seno e rivelavano un ridotto consumo di uova, pesce, frutta, verdura; mentre risultava maggiore il tempo trascorso davanti alla TV (screen time), il possesso di animali domestici, l’esposizione al fumo passivo, il consumo di latticini, patate, bevande dolci, biscotti salati e patatine, grassi e carboidrati.
Ancora prima di iniziare la scuola, quindi, i bambini con uno stato socioeconomico basso partono svantaggiati rispetto ai coetanei con SEP più elevato.
In che modo dunque intervenire per ridurre le disuguaglianze sociali? Grande attenzione andrebbe posta fin dal periodo dell’età prescolare, con l’obiettivo di intervenire sul miglioramento della dieta e degli stili di vita dei bambini con basso SEP.
I risultati delle associazioni SEP – ambiente urbano evidenziano poi la necessità di un approccio che tenga conto del contesto: pianificatori locali e decisori politici dovrebbero infatti considerare, nella pianificazione urbana, un modello specifico di città che non può più ignorare i rischi ambientali e le disuguaglianze.

Montagna, da maneggiare con cura

In montagna si può vivere, si può lavorare, si può produrre cibo buono, pulito e giusto: è il messaggio che Slow Food lancia da Terra Madre Salone del Gusto 2024, a Parco Dora fino al 30 settembre. Si può fare, e lo dimostrano pastori, casare, contadine, castanicoltori, apicoltrici che si sono dati appuntamento a Torino per raccontare al pubblico il loro lavoro, a patto che non si applichi alle terre alte lo stesso modello di sviluppo che, a partire dal secondo dopoguerra, in Italia ha causato lo svuotamento delle aree interne.

 

Secondo Rossano Pazzagli, docente di Storia moderna presso l’Università degli Studi del Molise, «bisogna uscire dalla logica dei numeri per entrare in quella della qualità della vita. Si tratta di sostituire al modello basato su competizione, crescita e velocità, un approccio orientato alla cooperazione, all’equilibrio, alla lentezza». Di ricette, dice, «non ne esistono: ma ci sono esempi». Uno di questi è l’agronomo forestale Carlo Murer che a Valmorel, in provincia di Belluno, insieme ad alcuni amici ha preso in gestione una malga e oggi lavora il latte delle loro vacche in una delle ultime tre latterie turnarie d’Italia, luoghi simbolo della cooperazione montanara. «Fino a qualche decennio fa, da noi c’erano quattro malghe e si allevavano 500 capi – racconta Murer –. Oggi due di quelle strutture sono diventati ostelli e le altre hanno visto ridursi la superficie disponibile al pascolo a causa dell’avanzata del bosco». L’avanzata del bosco, che «oggi occupa il 40% della superficie dell’Italia, per complessivi 12 milioni di ettari» ricorda il presidente di Uncem Marco Bussone, non è necessariamente un buon segnale per la biodiversità, perché coincide con la perdita di terreni un tempo lavorati e custoditi, e per questo anche messi in sicurezza da incendi, frane e smottamenti, dissesti idrogeologici. We are nature, il claim scelto per l’edizione 2024 di Terra Madre Salone del Gusto, significa anche questo: che uomo e natura non sono in antitesi, e che una corretta gestione delle attività antropiche negli ecosistemi naturali può generare benefici per tutti: emblematico, sotto questo profilo, il progetto Salviamo i prati stabili e i pascoli, da pochi giorni entrato ufficialmente a far parte dei Presìdi Slow Food.

 

Le terre alte non sono però soltanto pascoli e allevamento: in una borgata di Ostana (Cuneo), a 1500 metri di quota, Serena Giraudo coltiva verdure, patate, legumi, cereali e frutta su due ettari di terreni in forte pendenza, un tempo abbandonati: «Produco in biologico e trasformo alcuni dei prodotti in composte» spiega. A causa della morfologia dei terreni la fatica è davvero tanta, ma «continuo a pensare di vivere in un luogo privilegiato. In ogni caso bisogna fare attenzione a non idealizzare la scelta di vivere in montagna: le difficoltà ci sono – sottolinea –, ad esempio ai disagi in caso di nevicate, che possono causare l’isolamento».

 

Sul piatto della bilancia, in effetti, vanno posti anche alcuni limiti infrastrutturali delle terre alte. «Tra il 1950 e il 1970 il nostro Paese ha vissuto una grande trasformazione che è stata chiamata con nomi altisonanti come boom e miracolo – aggiunge Pazzagli – ma che in realtà è stato uno sviluppo squilibrato, che ha accentuato le disparità tra pianura e terre alte, così come tra coste ed entroterra. Queste disparità territoriali presto sono diventate disparità sociali: oggi sono aree povere di servizi, ad esempio la sanità, i trasporti, l’istruzione, quindi sono povere di diritti». Un paradosso, se si pensa che la metà dei Comuni italiani, 3850 su 7896, sono montani: «Serve maggiore coesione tra i piccoli comuni, che uniti possono avere più forza e potere decisionale, e servono anche maggiori relazioni tra soggetti pubblici e soggetti privati, perché spesso le aziende attive nelle aree montane sanno trovare risposte ai problemi» sottolinea Bussone. Le reti tematiche di Slow Food lo fanno già: quella dei castanicoltori, ad esempio, unisce comunità, condotte, produttori, cuochi e tecnici consapevoli che le castagne non sono soltanto un frutto straordinario per qualità nutrizionali, versatilità gastronomica, possibilità di conservazione e trasformazione, ma anche un patrimonio eccezionale di biodiversità e una possibilità economica concreta. Una ricchezza delle terre alte, così come lo è il miele. In Italia i Presìdi Slow Food che lo tutelano sono sei, in ogni angolo del Paese: da quello che coinvolge i produttori dell’intero arco alpino a quello sull’Appennino aquilano, dal Carso ai Monti Iblei, fino al Ponente ligure.

 

A Terra Madre, le terre alte si raccontano negli spazi Noi custodiamo Natura, attraverso le  conferenze che vedono i produttori protagonisti, nei Laboratori del Gusto e negli spazi del Mercato Italiano e internazionale. Ecco alcuni appuntamenti ancora disponibili del programma di Terra Madre, mentre il catalogo espositori è consultabile qui:

 

Ci saranno ancora pascoli e pastori?

Sabato 28 settembre alle 18, Spazio Noi custodiamo natura

Su Alpi e Appennini la chiusura di piccole aziende è incessante e lo spopolamento continua.

Le ragioni sono tante: dalla difficoltà a trovare pascoli e alpeggi in affitto – a volte anche a causa di fenomeni mafiosi – alla chiusura dei macelli di piccola dimensione in tutto il Paese, che ha dato una botta definitiva all’allevamento delle razze autoctone. La burocrazia incombe sui piccoli e chi resiste non ha vita facile. I contributi pubblici non riconoscono i servizi ecosistemici resi da chi vive e gestisce le terre alte. Produrre qualità lavorando il latte crudo è sempre più complicato, perché i consumatori sono poco informati. Ne va del futuro delle nostre produzioni alimentari più tradizionali e identitarie ma non solo: anche dell’equilibrio ambientale dei territori più fragili.

 

L’Appuntamento a Tavola

 

Un pranzo alla scoperta del micelio. Antonio Chiodi latini con BIOARTLAB e Federico Chierico

Domenica 29 settembre alle 12, Torino – Ristorante Antonio Chiodi Latini,

Via Bertola, 20/B

Bosco, fogliame, funghi, cibo, raccontati in una forma non convenzionale e attraverso un’esperienza inedita: un pranzo in cui la materia prima diventa conoscenza, portata dopo portata, grazie alla collaborazione tra realtà che escono dagli schemi per costruire un domani diverso. La cucina di sperimentazione di Antonio Chiodi Latini arriva a Terra Madre Salone del Gusto in un pranzo di divulgazione in cui il cibo è parte di un percorso di consapevolezza, di piacere, di immersione nella natura.

Il cibo in primo piano con “Play with food”

 

Si è inaugurata sabato 28 settembre fino al 6 ottobre prossimo la tredicesima edizione di “Play with food”, la scena del cibo, primo ed unico festival teatrale interamente dedicato al cibo e alla convivialità, sotto la direzione artistica di Davide Barbato e promosso dell’Associazione Cuochilab. Al centro del Festival l’universo del cibo, ma visto attraverso gli occhi del teatro. Oltre a proiezioni e spettacoli teatrali dedicati al cibo e alla convivialità, sarà possibile scoprire le eccellenze gastronomiche del territorio. In programma, durante i nove giorni, 63 appuntamenti dislocati in tutta la città, con due prime assolute e due prime regionali, con artisti affermati e compagnie emergenti del panorama italiano. Sarà possibile conoscere appartamentiprivatoi, piccoli spazi di produzione culturale, ex cimiteri, ex fabbriche che diventeranno palcoscenici teatrali.

Il programma coinvolge diversi quartieri cittadini, Santa Rita, San Salvario, San Donato, Pozzo Strada, Centro, Aurora Porta Palazzo, Madonna di Campagna.

Il primo spettacolo è stato il 28 settembre alle 20, con Valerio Aprea che leggeva Gola e altri pezzi brevi alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, in corso Galileo Ferraris 266/C.

Da domenica 29 settembre a sabato 5 ottobre ogni 30 minuti dalle 19 alle 21.30 sarà presente una minicena alla Falegnameria in via San Donato 45. Mercoledì 2 e giovedì 3 ottobre alle 20 la Saga Salsa alle Fonderie Ozanam, in via Foligno 14.da Mercoledì 2 a sabato 5 ottobre alle 20.30 e sabato 5 e domenica 6 ottobre alle 12.30 è in programma “Noi siamo un minestrone” con Zerogrammi a Casa Luft, in via Monginevro 262 int.8.

Sarà coinvolto anche Fiorfood in galleria San Federico 26 venerdì 4 ottobre alle ore 20 e sabato 5 ottobre alle ore 20, con “I danni del pomodoro” nella zona del teatro di San Pietro in Vincoli.

chiedi@playwithfood.it

 

Mara Martellotta

TELT e SNCF Réseau aprono le porte dei loro cantieri

Il 5 e 6 ottobre, TELT e SNCF Réseau apriranno le porte dei loro cantieri a Saint-Jean-de-Maurienne e nel tunnel di base del Moncenisio, una struttura chiave della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Le iscrizioni sono aperte su jpolyonturin.eu

Per tutto il fine settimana, i visitatori potranno dare uno sguardo dietro le quinte di questo progetto internazionale, con visite guidate in sotterraneo e alla scoperta dei lavori all’aperto.

In questa occasione, TELT e SNCF Réseau offriranno ai visitatori una visione privilegiata dell’avanzamento dei lavori e chi lo desidera potrà anche scendere nel cuore della montagna e osservare il fronte di scavo della galleria. Un’occasione rara per immergersi nel patrimonio della regione e scoprire l’innovazione che sta plasmando il suo futuro. I lavori in corso per l’interconnessione ferroviaria (futura stazione internazionale e viadotto sull’Arvan, muri di sostegno e sbancamenti) saranno oggetto di una presentazione specifica e di visite del cantiere dedicate. Queste giornate si rivolgono a tutti i pubblici, con una serie di attività, tra cui un’area giochi per bambini, stand gastronomici e presentazioni interattive sulla storia e le sfide tecniche del progetto.

Sarà possibile accedere a due dei dieci cantieri attualmente in corso:

  • Il cantiere del tunnel di base (CO8), i cui lavori sono iniziati nel dicembre 2022, a Saint-Julien-Montdenis. Lo scavo di questa sezione viene effettuato con un martello demolitore o con esplosivi, secondo il metodo tradizionale.

  • Il cantiere operativo di Saint-Jean-de-Maurienne (CO9), dove SNCF Réseau sta eseguendo i lavori di interconnessione ferroviaria con la linea storica.

Dopo la grande partecipazione alle precedenti edizioni, le Giornate Porte Aperte dei cantieri della Torino-Lione sono un appuntamento molto atteso da residenti e curiosi, per poter vedere dal vivo questo straordinario progetto che trasformerà la mobilità di domani tra Francia e Italia, nell’ambito della Rete Transeuropea di Trasporto (TEN-T).

(foto di repertorio)

Torino città gemellata

Sono molti gli accordi e i legami come “twinned town” della nostra citta’.

Sara’ capitato a molti di leggere dei vistosi cartelli bianchi all’entrata di una citta’ o di un paese con l’indicazione di gemellaggio con un altro luogo del mondo. Oramai e’ una pratica usuale, ma non tutti  sanno che questo simbolico, ma anche concreto, legame tra  localita’, talvolta molto lontane tra loro, si e’intensificato durante la Seconda Guerra Mondiale dopo le unioni intraprese nei primi anni del 1900 e le “amicizie” tra entita’ non statali della Francia e Germania moltissimi anni prima. Le ragioni di questi consorzi tra centri possono essere diverse come, per esempio, avere lo stesso nome, come e’ accaduto tra Toledo in Spagna e Toledo in Ohio,  la condivisione di obiettivi in ambito culturale, politico, economico o l’appartenere alla medesima comunita’ di destino. Questo rapporto tra autonomie locali si puo’definire “diplomazia cittadina” e si traduce effettivamente in tutta una serie di attivita’ che operano in parallelo con convenzioni internazionali, rapporti tra ambasciate e governi. `Oltre ai “gemellaggi” esistono anche degli “accordi” sottoscritti tra autonomie locali; l’ente responsabile all’autorizzazione nel caso dei primi e’ il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie (DARA) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel secondo caso invece interviene il Ministero degli Esteri. Nei fatti questi legami formali si traducono in viaggi e visite reciproche, scambi culturali, partecipazione condivisa ad eventi e a tematiche importanti come la sostenibilita’ o altri argomenti di interesse comune. Prima di far partire un processo di “associazione” e’ necessario conoscere la cultura, la religione e i costumi  del luogo con cui si intende fare il gemellaggio sia in maniera informale, che attraverso la creazione di progetti comuni,questo per esaminare e poi confermare che ci siano tutte le condizioni per una alleanza.

Torino e’ una citta’ molto partecipe da questo punto di vista e colleziona ben 31 relazioni internazionali tra gemellaggi e accordi.

Il piu’ vecchio e’ quello del 1957 con citta’ francese di Chamberya seguito del quale si sono attuati molti progetti culturali, sportivi, legati all’innovazione, ma anche scolastici e universitari.

Nel 1958, invece, si realizzo’ quello con Colonia, Esch-sur-Alzette, Liegi, Lille e Rotterdam firmato per promuovere l’integrazione e la solidarieta’ tra citta appartenenti alla Comunita’europea. Le attuali collaborazioni tra questi centri sono dedicate agli scambi tra i giovani e alla cultura, ma riguardano anche le politiche urbane ed economiche.

Anche negli anni ’90 furono diversi i gemellaggi  a cui e’ stata data vita:

con il Guatemala, per esempio, proposta dal Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchú, cittadina onoraria di Torino dal 1992, scaturita dopo la firma degli Accordi di Pace del Guatemala del 1996; con l’americana Detroit per promuovere scambi economici, scientifici, tecnologici e culturali, con Ekaterinburg della Federazione Russa e con Gaza City. Nel terzo millennio, invece, le “amicizie” stipulate da Torino sono state quella con Zlin della Repubblica Ceca, con cui si collabora anche in campo cinematografico, multimediale e audiovisivo, con le cinesiWenzhou, Shenzhen e Shenyang per cementare ulteriormente i rapporti tra i due paesi, con Skopje, in Macedonia, che ha favorito una cooperazione in fatto di protezione dell’ambiente edenergetica, istruzione, cultura, patrimonio archeologico e storico, la cooperazione tra professori, ricercatori e studenti e gli scambi tra le università; e poi ancora ci si e’ “legati”  a Yangon in Myamar, San Pietroburgo, Salvador de Baja, Salt Lake City, Rosario in Argentina, Praia Capoverde, alla giapponese Nagoya, Nantes, L’Avana, Haifa in Israele, Gwanju in Corea, Glasgow, Cannes, Bacau in Romania a diverse altre.

MARIA LA BARBERA

“Maccaia” a fumetti. Al “Circolo dei lettori” di Torino

La presentazione del nuovo libro “a fumetti” dello scrittore Bruno Morchio e dell’illustratore Marco D’Aponte

Lunedì 30 settembre, ore 18

“Maccaia”!? Ma che diavoleria di nome (e di titolo d’un libro) sarà mai? Non state ad arrovellarvi. Ve lo spiega subito l’autore. “Genova – spiega – è una città che ha due facce, a seconda che il vento tiri dai monti o dal mare. Quello che soffia dal mare, gonfio di sale e di umidità, è lo scirocco, e si esaurisce in un’aria immobile. Quell’aria sospesa, dove tutto può accadere e niente mai accade. Noi genovesi la chiamiamo ‘maccaia’”. Ecco, dunque, svelato l’arcano. E l’autore è evidentemente genovese. Si tratta di Bruno Morchio, scrittore e psicologo, autore di romanzi appartenenti al genere “noir mediterraneo” e fortunato “papà” del detective Bacci Pagano che quest’anno festeggia il ventesimo genetliaco agghindandosi nell’intrigante forma di “graphic novel” (edizione a fumetti) realizzata dalla matita graffiante del pittore ed illustratore torinese, Marco D’Aponte. Uno “zeneize” e un “turineis”, gran bell’accoppiata.

Pubblicato da “Edizioni del Capricorno”, il libro della coppia Morchio – D’Aponte (160 pagine, 15 Euro) sarà presentato sotto la Mole al “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, lunedì 30 settembrealle ore 18. Prevista anche la presenza del “nostro” Alessandro Perissinotto.

In estrema sintesi, eccovi due notizie per avvicinarvi non impreparati alla storia. L’investigatore privato Bacci Pagano viene ingaggiato da una compagnia assicuratrice per indagare sulla morte di un anziano strozzino, in apparenza morto sbranato da un lupo nel “Parco delle Mura” (erette a difesa della città e del suo porto nel XVII secolo), più comunemente chiamato dai genovesi “Parco Peralto”. L’uomo aveva stipulato un’assicurazione milionaria sulla vita, con beneficiaria la giovane moglie panamense e Bacci Pagano si troverà a dover portare avanti un’indagine insolita, tra evidenze obiettive e menzogne, personaggi che spuntano dal nulla e altri che non sono quello che sembrano, cercando allo stesso tempo di gestire i rapporti con le tre donne della sua vita: l’ex moglie rabbiosa, la fidanzata e la figlia Aglaja. L’intera vicenda si svolge in una Genova assediata, per l’appunto (come da titolo) dalla “maccaia” primaverile, un’aria immobile e sospesa, un tepore umido e salmastro, che gronda “salsedine e noia”. Ed è proprio il capoluogo ligure, qui visto attraverso le splendide tavole di Marco D’Aponte, a essere allo stesso tempo “ambientazione e protagonista dell’indagine”.

Due “dritte” anche per meglio avvicinarvi agli autori.

Bruno Morchio ha esordito, in ambito letterario, nel 2004 creando l’investigatore privato Bacci Pagano (“Una storia da carruggi”), diventato il protagonista di una fortunata serie che, al momento, può contare su quindici titoli ambientati a Genova. “Maccaia. Una settimana con Bacci Pagano” è stato pubblicato nel 2004. Nel 2023 Bruno Morchio ha vinto il “Premio Scerbanenco” con “La fine è ignota”.

Marco D’Aponte, diplomato all’“Accademia Albertina” di Torino, pittore e illustratore, ha esordito negli anni Ottanta sulla rivista “Orient Express” diretta da Luigi Bernardi. Ha realizzato numerosi “graphic novel” tratti da celebri romanzi, come “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi e “La luna e i falò” di Cesare Pavese. Con le “Edizioni del Capricorno” ha pubblicato “Storia di Torino a fumetti”“Il Grande Torino a fumetti” e “Il magnifico 7”. Vive tra Torino e Sestri Levante.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Cover “Maccaia” (“Ed. del Capricorno”)

–       Marco D’Aponte

–       Bruno Morchio

Il Digitale è Popolare, festival a Torino 

 

Ridurre le distanze, superare le diseguaglianze è il filo conduttore della tre giorni di incontri e dibattiti organizzati per una terza edizione del Festival del Digitale Popolare che si presenta ancora più aperta alla città e desiderosa di alimentare il dibattito pubblico intorno ai temi del digitale, che ormai coinvolgono ogni ambito della nostra vita lavorativa e personale.

Il programma e gli ospiti dell’evento, atteso a Torino dal 4 al 6 ottobre 2024, sono stati illustrati  in conferenza stampa a Palazzo Civico: presenti Chiara Foglietta, assessora alla Transizione Digitale, Francesco Di Costanzo, presidente della Fondazione Italia Digitale, Alberto Anfossi, segretario generale della Fondazione Compagnia di San Paolo e Fabio Malagnino, coordinatore del programma.

Tanti gli ospiti attesi per questa edizione, tra i quali Giorgio Chiellini, il divulgatore di Geopop Alessandro Beloli, i giornalisti Giuseppe Cruciani, Karima Moual, Cecilia Sala e Andrea Pennacchioli, l’influencer e autrice Giorgia Soleri, lo scrittore Max Collini, la calciatrice della Juventus Women e della Nazionale Italiana Cecilia Salvai, la vincitrice di XFactor 2023 SaraFine, il torinese ‘comico dei quartieri’ Davide D’Urso e il food influencer Emanuele Ferrari.

Parteciperà con un video messaggio anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Alessio Butti, mentre la vicepresidente della Camera Anna Ascani interverrà sul tema della regolamentazione degli influencer.

Programma completo disponibile su https://festivaldigitalepopolare.it/

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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La cittadinanza con lo sconto – Giorgia all’Onu – Lettere

La cittadinanza con lo sconto
La legge del 1992 sulla cittadinanza si è rivelata un’ottima legge, una delle poche ottime leggi.  Infatti nessun governo della II Repubblica l’ha cambiata, ne’ quelli di destra, ne’ quelli di sinistra. Oggi tre gatti di finti radicali di + Europa e i residuati bellici di quello che fu il partito socialista hanno lanciato un referendum per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per la cittadinanza italiana, approfittando della raccolta delle firme (sempre 500mila, pochissime!) per via elettronica. Hanno dimenticato che il voto implica ancora di recarsi ai seggi di persona e che i referendum non hanno da tempo raggiunto il quorum necessario e hanno fatto sprecare denaro pubblico inutilmente. L’abuso di referendum andati in fumo per mancanza del quorum ha depotenziato lo strumento, screditandolo. Questo referendum è meramente strumentale perché una cittadinanza non può essere un dono, ma essa deve essere legata al rispetto di certe condizioni stabilite dalla democraticissima legge del 1992. I finti radicali di Magi (che è tutto fuorché un leader) non sono affidabili e non possono essere confusi con Pannella che mai si è lanciato in un referendum farlocco come questo.
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Giorgia all’Onu
Ho visto fotografie della presidente Giorgia Meloni che parlava all’ONU davanti ad una sala semivuota. Che tristezza per l’Italia, assai poco considerata, se penso che il ministro degli Esteri Fanfani, unico italiano, divenne presidente eletto dell’Onu. Neppure il fluido inglese della Meloni è bastato.  Tutto il suo impegno per la politica estera non ha dato frutti. Sono argomenti su cui meditare,  se consideriamo che l’impegno estero l’ha distolta dai problemi italiani abbandonati a ministri spesso non all’altezza del compito. Floris ha esibito quelle fotografie alla inguardabile 7, io che pongo l’Italia sopra tutto, sono amareggiato.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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Corso Maroncelli e Italia ‘61

Una della arretratezze di Torino è  il caso della rotonda di corso Maroncelli e di Italia ‘61 che provoca lunghe code a tutte le ore. Cosa vogliono fare i sindaci di Torino e di Moncalieri? Non si può continuare così.  Elvira Ferraris

L’unico modo per togliere le code è un sottopasso tra Torino e Moncalieri, di cui si parla da anni,  ma non sembra sia in programma. Un sindaco competente come Lo Russo credo che comprenda il problema, anche per il collegamento strozzato con l’autostrada e la tangenziale; il sindaco di Moncalieri, invece, si sta baloccando con una Ztl collinare che davvero fa sorridere, se non facesse piangere, per non parlare della cultura dove sta disfacendo il lavoro decennale dell’assessore Pompeo.

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Don Ottaviano

Don Piero Ottaviano morto nel 2005 era un salesiano che insegnò religione al liceo Segre’ di Torino , pur avendo fatto studi alla Facoltà di Matematica forse senza conseguire la laurea . Aveva un grande carisma ed era un trascinatore. Andrebbe ricordato: io fui suo allievo.     Filippo de Sanctis

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Ho conosciuto don Ottaviano con cui ebbi scontri televisivi piuttosto aspri molti anni fa. Non era certo un diplomatico , era un credente molto convinto. Quando ci conoscemmo a tu per tu, capimmo che avremmo potuto andare d’accordo e così è stato per molti anni perché le cose che ci univano erano molte. So che tanti giovani e non giovani avevano per lui una venerazione e credo che l’uomo e il sacerdote lo meritasse per davvero. Io sono stato molto amico del filosofo e sacerdote ,docente in quello stesso liceo, don Luigi Lo Sacco. Lui, forse più ancora di 0ttaviano, andrebbe ricordato. A Lo Sacco ho voluto bene e l’amicizia è stata totale. Oggi esistono insegnantini di religione che non sono neppure comparabili con Ottaviano.

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Cossetto
Ho saputo che è stata inaugurata una targa che accomuna la martire delle foibe Norma Cossetto, medaglia d’oro al valor civile e una giovane partigiana comunista titina uccisa dai tedeschi. Mi sembra un accostamento del tutto improprio, anzi vergognoso.   Curzio Filippi
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Concordo con  Lei e con la indignazione della sorella di Norma Cossetto. Fui io a proporre al presidente  Ciampi la medaglia d’oro a Norma che Ciampi  conferì immediatamente. La partigiana titina appartiene ad un’altra storia, a quella degli infoibatori, dei persecutori, non degli oppressi. Questo è buonismo stupido e non in buona fede. Che la targa sia stata posta in una scuola appare una indecenza di cui il preside dovrebbe rispondere disciplinarmente.

Pensare positivo: un potere che può trasformare la nostra vita

Pensare positivo significa innanzitutto allineare la nostra mente a uno stato di positività, superando gli abituali schemi negativi sussistenti di pensiero, e creandone di nuovi, più ottimisti e sani, con l’obiettivo concreto di affrontare con fiducia la nostra esperienza di vita.

E di raggiungere un benessere psicofisico decisamente più elevato. Significa avere una attitudine mentale per cui ci si attendono risultati favorevoli da ciò che ci accade, dalla nostra vita, dal rapporto con gli altri, ecc. I nostri pensieri sono materia viva e creativa.

In grado di condizionare in modo potente la nostra esistenza, e sui quali ognuno di noi ha ampie possibilità d’intervento. Qui occorre fare subito un bel distinguo tra pensiero positivo e ingenuità, perché pensare in positivo non significa illudersi o vivere fuori dalla realtà, ma essere perfettamente consapevoli di ciò e di chi ci circonda.

Una mente positiva si attende la felicità, la salute, e la conclusione ottimale di ogni situazione. Non si tratta di avere aspettative esagerate e irreali dalla nostra vita, dalle situazioni e dagli altri, ma di metterci nella posizione migliore di fronte a ogni accadimento possibile.

Poiché la nostra mente influisce in modo importante e spesso determinante sulla nostra esistenza, iniziamo a diventare più consapevoli di noi stessi e proviamo a gestire meglio le nostre emozioni e i nostri pensieri, anche assumendoci la piena responsabilità della nostra vita. Possiamo così cambiare le credenze e le convinzioni limitanti radicate dentro di noi.

Agendo sui nostri pensieri, possiamo modificare la realtà esterna. Potrebbe sembrare illusorio e presuntuoso, ma così non è. E prima troveremo il coraggio di iniziare il lavoro su di noi per cambiare modo di pensare, prima riusciremo a trasformare la nostra vita. Diventando consapevoli del nostro potere e artefici del nostro destino.

(Fine prima parte)

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Facebook Consapevolezza e Valore

 

Rubrica  su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

La Regione finanzia 25 progetti per gatti randagi e colonie feline

La Regione Piemonte ha assegnato 170.000 euro a 25 Comuni per progetti legati al benessere degli animali da compagnia con particolare riferimento alla popolazione felina, nell’ambito di un bando annuale che punta alla tutela della salute e del benessere degli animali da affezione e al contrasto al randagismo.

In particolare, le risorse sono destinate al censimento dei gatti randagi e alla loro cura, sterilizzazione nonché per il sostegno e la gestione delle colonie feline con anche per alcune la realizzazione delle casette all’interno degli spazi urbani.

Sono stati proposti progetti di recupero dei cuccioli senza mamma per i quali è organizzata l’adozione consapevole, di recupero e cura dei gatti ammalati per un loro reinserimento, di recupero e distribuzione di cibo per il mantenimento delle colonie feline, ma anche di campagne di sensibilizzazione sulla tutela e tenuta della popolazione feline. Gran parte delle attività progettuali sono condotte in sinergia con enti del Terzo settore e con veterinari liberi professionisti.

«Con queste risorse riusciamo a finanziare 25 progetti idonei presentati dalle amministrazioni per una migliore integrazione dei gatti all’interno degli ambiti urbani – dichiara il presidente della Regione Alberto Cirio, che ha conservato per sé la delega al Benessere animale – Negli ultimi due anni sono oltre 50 i progetti finanziati con questa misure che intendiamo continuare a sostenere nella convinzione che il benessere degli animali da compagnia, e la loro buona integrazione anche all’interno dei paesi e delle città, sia un segno distintivo di una comunità».

Gli interventi per il benessere della popolazione felina si inseriscono all’interno delle attività che la Regione porta avanti a tutela degli animali che hanno portato nei primi mesi del 2024 a dotare il Piemonte di una legge specifica dedicata al benessere degli animali d’affezione. Tra i progetti principali di questi anni c’è il finanziamento degli interventi di apertura, ristrutturazione e potenziamento dei canili sanitari di prima accoglienza. Da segnalare poi il programma, primo e unico in Italia, di apertura presso le Aziende sanitarie locali degli ambulatori veterinari sociali destinati agli animali d’affezione detenuti dalle persone seguite dai servizi sociali, che offrono cure gratuite. Sono 16 in tutto il Piemonte, finanziati con un investimento complessivo di 310.000 euro, ed erogano prestazioni quali la visita clinica, le vaccinazioni, l’esame del sangue e delle feci, l’identificazione degli animali, i trattamenti antiparassitari e tanto altro.

I Comuni finanziati (suddivisi per provincia)

Alessandria: Mornese con 3.800 euro, Fabbrica Curone con 12.700 euro

Asti: Canelli con 13.000 euro, Castelnuovo Don Bosco con 6.000 euro

Biella: Occhieppo Inferiore, Masserano, Graglia e Sagliano Micca con 7.000 euro ciascuno

Cuneo: Bernezzo con 12.500 euro, Moretta con 15.000 euro, Mombarcaro con 13.750 euro

Novara: Borgomanero con 36.000 euro, Trecate con 9.600 euro, Casalino con 8.000 euro,

Gattico Veruno con 6.000 euro

Torino: Carmagnola con 20.000 euro, Caluso con 10.000 euro, Condove con 11.500 euro,

Nichelino con 13.000 euro, Borgiallo con 6.500 euro, Brandizzo con 7.500 euro,

Frossasco con 5.700 euro, Baldissero Torinese con 6.200 euro, Chiomonte con 11.900 euro

Vercelli: Cigliano con 5.000 euro.