Moncestino, la Storia diventa attualità

Il passato, talvolta, è più attuale del presente. E non occorre riferirsi ai grandi eventi, sovente ci sono piccoli accadimenti che dimostrano realtà più ampie. Sovente si è battuto il tasto sul rigore amministrativo e contabile ai tempi del Regno di Sardegna, prima dell’Unità d’Italia. La controprova arriva da un libro che racconta la storia di un piccolo paese collinare, Moncestino, estrema propaggine settentrionale della Provincia di Alessandria, confinante con la Città Metropolitana di Torino e con la Provincia di Vercelli. Nel volume, stampato nel 1993 in una edizione limitata a 500 copie, “Moncestino – Storia e tradizioni”, l’autore Romano Ghitta, sindaco di Moncestino dal 1970 sino alla sua scomparsa nel 1991 (e segretario comunale in diversi centri dell’allora Provincia di Torino, ultimo fu Villardora) narra di un “ Morbo epidemico bovino sul finire del Settecento”: In pratica il 22 dicembre del 1795 l’allora sindaco Giobatta Porta adotto una deliberazione con la quale si prendeva atto della morte di quattro buoi, proprietà di tal Giovanni Cerutti, per un mordo epidemico. Per rimuoverli il sindaco non era riuscito a coinvolgere nessuno dei concittadini in quanto tutti i proprietari di animali bovini si erano rifiutati anche se precettati e l’unico cavallo del paese era stato dichiarato non idneo dal maniscalco “perché troppo vecchio e debolissimo”. Per questo il 21 dicembre si era recato a Varengo, allora comune, oggi frazione di Gabiano, e con l’aiuto del segretario comunale “si accordò con cinque uomini robusti, che chiesero un compenso di 75 lire, oltre le cibarie (che ammontavano a lire 5) per eseguire il trasporto e l’interramento dei tre animali morti”, i quali vennero poi sotterrati nelle giare di Moncestino. Il Porta, e qui siamo davvero in altri tempi, nonostante gli sforzi e l’impegno che aveva profuso, venne richiamato dal Prefetto “perché aveva speso una cifra superiore a quella spesa nel Comune di Morano per detto morbo epidemico”. Unica consolazione per il Porta fu il sostegno avuto all’unanimità dal Consiglio comunale di Moncestino e poter costatare che il morbo non si era ulteriormente esteso. Un altro legame di Moncestino, ma con la storia più recente sono le proprietà che Luigi De Vecchi, padre di Cesare Maria, quadrumviro della Marcia su Roma e capo fascismo torinese aveva sul territorio comunale, testimoniate da un busto che lo ricorda nel palazzo municipale, memoria che non ci sarebbe stata se si fosse riferita al figlio superfascista e monarchico.

Massimo Iaretti

 

 

 

 

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