E’ sempre un piacere incontrare un sorriso, ed un sorriso timido ma sincero è qualcosa di più. Valerio Mazzola si presenta come un ragazzone forte e deciso, ma nei suoi occhi si illuminano sprazzi di una intelligenza di qualità differente dal comune corroborata da un’attenzione al mondo non comune. E’ un ragazzo che sa di essere fortunato e di questo ne è consapevole in maniera ragionata, e cerca forse di vivere al meglio questo momento che sta realizzando nella nostra città come giocatore di serie A nella squadra locale di Basket della FIAT Auxilium Cus Torino.
Abbiamo provato a scoprire nel suo passato le tracce di questo basket che è ora la sua professione, ma sarete stupiti di incontrare come principale una passione che ancora oggi è nel suo cuore: il calcio. E fino a 14 anni l’obiettivo era quello di diventare un calciatore e forse la sfortuna di un infortunio che fino ai 17 anni lo ha bloccato nel giocare a calcio si è trasformato in una sliding – door che apre il suo pertugio verso il basket. Per chi non lo conoscesse, ora Valerio è un giovanotto…alto quanto una persona normale che sale su una sedia, e immaginarlo come calciatore può sembrare strano ma si sa, al cuor non si comanda… . E andare allo stadio fin da piccolo lo esalta come poche cose sanno fare.
E allora comincia a frequentare alla veneranda età di 18 anni squadre “parrocchiali” di basket, ma, si può ben immaginare, la classe non è acqua e non può fare da raccattapalle alle partite di quelli bravi per molto. Ed è quello che fa: con umiltà e dignità si ritrova dopo poco a giocare con quelli per cui recuperava i palloni. La dote di buon ragazzo gli deve essere congenita e un sorriso passa nei suoi occhi quando ci dice che forse uno dei motivi che lo ha “convinto” ad andare sul parquet e non sui campi da calcio potrebbe essere stata anche sua mamma… . Il calcio è uno sport in cui l’abbigliamento che usi, estate inverno e primavera e anche autunno…, tende un pochino a sporcarsi tanto, e lei forse in un momento di illuminazione gli ha chiesto uno sport meno “fangoso” e con meno roba da lavare… . Sicuramente non è solo questo il motivo, ma Valerio sembra proprio avere un cuore buono, … e credo che il motivo della mamma non sia così indifferente.
Però è sì un bravo ragazzo, ma è determinato e forte. Non si spaventa di iniziare a giocare quando tutti gli altri sono già lì da diversi anni. Parte dalla gavetta, gioca nella sua squadra di età, in quella dei “grandi” e dopo allenamento resta ancora un po’ per migliorarsi ulteriormente. Quanto poco si possa vedere di chi raggiunge un risultato! Tutti gli “scarsi” si vantano di infortuni che hanno bloccato la loro carriera, mentre i “grandi” si rimboccano le maniche e corrono il doppio! E tutti a dire che sei stato fortunato, e può darsi, ma la fortuna entra se tu le apri la porta e Valerio sembra averle costruito un portone di altri tempi.
Si accorge che quello che prima era un ripiego incredibilmente (forse solo per lui, mentre altri avevano già intuito le sue qualità) può diventare una professione. Da Ferrara dove inizia a giocare “professionalmente” si ritrova a Montegranaro e condivide la propria vita con una ragazza che studia Ingegneria, … e che tutte le mattine si alza per andare in facoltà e che quando rientra studia e si ritrova ad addormentarsi sui libri. Osserva il suo mondo e capisce che se dall’alto gli hanno donato un talento non è corretto lasciarselo sfuggire, e riconoscendo la fatica altrui apprezza ogni singolo momento della sua vita sportiva, che è si faticosa, sicuramente impegnativa e non priva di aspetti non belli, ma insomma, definirla bella è sicuramente restrittiva. All’inizio questo girare da nomade in alberghi, questa vita sempre un po’ in valigia con amici poco al seguito ma con compagni di squadra molto importanti con cui condividere quasi tutti i momenti della giornata gli sembra difficile. Ma l’intelligenza si intravvede in chi sa apprezzare la vita e piano piano si accorge che la fortuna è in arrivo e la insegue a tutta forza.
E’ una persona profonda e sa riconoscere chi lo ha aiutato: sceglie ad esempio di giocare con il numero 14 perché era il numero di Romeo Sacchetti che lo ha allenato e tanto ha contribuito nella sua vita. A Torino vorrebbe cambiare e prendere il 7 ma Luciano Vendemini (compianto) ha la prerogativa da sempre e allora aggiunge 7 al suo numero e usa il 21. Tra i giocatori che ricorda per particolari doti sportive lo ha da sempre impressionato Jobey Thomas con cui ha condiviso i colori di Montegranaro, e tra i suoi più importanti “aiuti” alla carriera il suo ricordo vola a Daniel Farabello che lo ha sempre sostenuto e consigliato nei primi momenti da professionista in quel di Ferrara. Per chi legge non è facile capire come si possa intravvedere un moto di ringraziamento nelle sue parole dalla emozione con cui pensa ai tempi (recenti) della sua storia e che selezionare un nome non sia facile, perché forse vorrebbe ringraziare tutti e credo che lo faccia sempre. Forse un rimpianto è per la Nazionale che gli è sfuggita per un infortunio che non gli ha permesso di salire al momento giusto sul treno per l’azzurro, e che forse meriterebbe di transitare nuovamente dalle sue parti
Valerio è però un ragazzo buono e vivo in tutti i sensi. Se possibile, con la giusta moderazione del professionista, uscire con gli amici è qualcosa di bello e se qualcuno lo riconosce per strada lo vedrete sorridere perché è bello che qualcuno voglia salutarti e fare una foto con te. Ma non sarà lui a chiedervelo. E’ troppo ben educato ma la gentilezza dell’animo trapela appena gli parlate un istante. Lui non promette mai come fanno tanti, ma garantisce il massimo impegno tutti i giorni, in quello che fa per onorare la fortuna che lui stesso sa di avere e sa di avere la responsabilità di mantenere. E’ splendido vedere un ragazzo così giovane (anche se gli eroi dello sport sembrano non avere età visti dalle tribune) con così tanta energia nella mente da erogare ai muscoli per rendere entusiasti i piccoli avventori degli spalti che dalle sue e altrui gesta molte volte fanno dipendere la propria “temporanea” felicità.
Ma ha ancora un sogno: il prato verde lo incanta sempre. Sarebbe bello immaginarlo calcare un manto erboso dove il suo sogno di trequartista possa prendere piede… magari tra qualche anno visto quanto di buono sta facendo con la palla a spicchi. E poi, proprio a Torino, qualcuno che si chiami Mazzola e abbia il nome che inizia per Vale… dovrebbe ricordare qualcosa.
Chissà, i suoi occhi si illuminano ancora per il calcio e sogna i suoi amici che sul campo di calcetto hanno continuato a giocare e forse giocano ancora. Ma il gigante gentile Valerio Mazzola, sui campi da basket ha molto da offrire al suo pubblico e a tutti coloro che apprezzano chi lavora per mantenere vivo il proprio sogno. A presto Valerio, e buon lavoro!
Paolo Michieletto
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