La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: A riguardo dei Consiglieri – Firpo repubblichino? – Il teorico dello studio di gruppo – Auricolare all’esame – Lettere

A riguardo dei Consiglieri
Io non mi sono molto stupito del discorso in libertà del Consigliere del Quirinale oggetto di tante polemiche. Parecchi anni fa, quando era presidente Giorgio Napolitano con cui ebbi rapporti cordiali, mi imbattei in un suo consigliere addetto alle visite del Quirinale. Questo signore non ebbe dubbi a dire a me, persona quasi a lui  estranea, che il governo Berlusconi era intollerabile (uso un aggettivo diverso perché si rivolse a me con un termine napoletano ancora più pesante). Mi stupii, ma non più di tanto.
Conobbi anche un consigliere che partecipava senza problemi a manifestazioni monarchiche con discorsi che travalicavano il protocollo. Alcuni la definirebbero libertà di pensiero, altri la definirebbero come una inopportunità  o  addirittura un atteggiamento incompatibile con il ruolo ricoperto. Tendo  più a condannare il consigliere che parlava non a cena, ma ai raduni monarchici, non nascondendo la veste istituzionale allora ricoperta.
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Firpo repubblichino?
Luigi Firpo, il grande studioso di Campanella, è stato umanamente demolito dai due figli  in un libro  pubblicato da  Aragno, oggi introvabile. I gemelli Firpo ipotizzano senza prove che il loro padre, imboscato a Moncalieri durante la seconda guerra mondiale, malgrado il suo conclamato fascismo che giunse all’antisemitismo come Giorgio Bocca, tra il ‘43 e il  ‘45, si fosse, almeno per un certo periodo, arruolato nella Rsi.
Adesso leggo in una celebrazione del professore che omette anche gli scritti fascisti e lo considera un “allievo ideale” di Luigi Einaudi, che nel 1944 ebbe una corrispondenza con un collega per la pubblicazione della futura rivista sul pensiero politico. Così cadrebbe la tesi secondo cui Firpo fosse riparato in clandestinità non certo per fare il partigiano, ma vivere tranquillo la sua vita. Resta in piedi l’ipotesi della Rsi, ma finora le prove non sono arrivate.
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Il teorico dello studio di gruppo
Francesco de Bartolomeis, pedagogista celebratissimo è considerato un venerato maestro morto a 105 anni. Si era laureato a Firenze nel 1930 con Ernesto Codignola, allora seguace di Gentile, salvo poi redimersi attraverso il marxismo dopo l’omicidio del maestro. De Bartolomeis approfittò invece dell’aiuto di Benedetto Croce per pubblicare il primo libro e godette anche dell’appoggio di Adriano Olivetti che spesso incappò in collaboratori inaffidabili. Il professore diventato torinese ebbe il suo momento di celebrità con l’invenzione a scuola del lavoro di gruppo.
Sull’onda di questa idea rinacque  a nuova vita il Movimento di cooperazione educativa, composto da ideologici astratti e anche un po’ fanatici. Nacque così l’antipedagogia che ebbe un rapporto fecondo con la contestazione studentesca e il PCI. Lo studio è un fatto individuale, quasi mai di gruppo. Il confronto con altri è utile dopo aver studiato seriamente e aver seguito attentamente le lezioni. Pensare che dei ragazzi possano mettersi a studiare in gruppo è nella migliore delle ipotesi una utopia. Il gruppo determina quasi immediata divagazione. E’ questa l’esperienza dei docenti che furono costretti a rinunciare alla lezione frontale per assecondare le balzane idee dell’antipedagogia che provocò danni devastanti alla scuola. Oggi l’ anti – pedagogista è dimenticato , ma non escluderei che qualche orfano delle sue idee viva ancora sotto le ceneri del disastro della scuola italiana .
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Auricolare all’esame
Uno studente iraniano del Politecnico  di Torino è  stato sanzionato perché si è servito di un auricolare nascosto per affrontare l’esame, ricevendo suggerimenti. Il TAR ha annullato le sanzioni per insufficienza di motivazioni. Lo studente colto sul fatto che aveva riconosciuto la grave scorrettezza commessa, viene salvato dal TAR.
Sembra una cosa priva di senso, ma sicuramente il Tar avrà agito nel senso migliore, specie nei confronti dello studente. L’effetto sugli altri studenti è facilmente immaginabile.  Viene inoltre intaccato il prestigio del Politecnico che non può tollerare studenti di quel tipo.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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La fine del partito di Cavour
Ho letto il Suo articolo sul prelievo forzoso fatto agli Italiani nel 1992 dal presidente, assai poco Amato. Ho appreso con sorpresa che i liberali al governo, in primis il ministro Costa, non ebbero nulla da obiettare su un  vero e proprio attentato al risparmio e al diritto  perché fatto con decreto retroattivo. Lo stesso  partito liberale di Altissimo tacque. In passato votai Costa, se avessi saputo non lo avrei mai  fatto.    Giulia Desole
Il PLI incominciò a morire prima ancora che per Tangentopoli per quel decreto illiberale che mise le mani nelle tasche degli italiani. Una vergogna per i liberali e anche per i repubblicani che sembravano aver imboccato una via liberale, anche se  il figlio di La Malfa aveva tenuto a sottolineare la differenza tra liberali e repubblicani. Il tradimento degli elettori liberali ebbe effetti devastanti su un partito già ridotto ai minimi termini . Una fine ingloriosa del partito che fu di Cavour, di Giolitti, di Soleri, di Croce, di Einaudi e di Pannunzio.
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Giunte rosse
Ho letto che in Comune si terrà un convegno sulle giunte rosse nate nel 1975 con Novelli. Non è un convegno storico, ma meramente celebrativo dei pochi reduci, neppure i più qualificati, delle giunte di sinistra. Mi appare scandaloso che i vicesindaci socialisti Scicolone e Biffi Gentile non compaiano tra i relatori. Dopo 50 anni si fa la storia e non si celebrano i vari Marzano.
Tina Delmastro
Se avessi tempo andrei a sentire il convegno degli ex consiglieri che può contare solo sui reduci del 1975. Concordo con Lei che un po’ più di storicizzazione ci vorrebbe. Perché non invitare a parlare i consiglieri di opposizione ancora viventi? Forse l’allora  liberale Bastianini oggi esalterebbe Novelli e la sua giunta.
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I cortigiani
L’ultimo numero del giornale “Il tricolore” riporta un articolo curioso per un giornale monarchico dedicato ai cortigiani con apprezzamenti molto duri, penso in seguito al ciclone Emanuele Filiberto che specie su Facebook ha fatto lanciare una campagna legittimista molto aspra estranea allo stile che fu di Umberto II. Secondo detta campagna la monarchia fu il capro espiatorio della storia e non ebbe responsabilità nell’avvento del fascismo, nelle leggi razziali, nella guerra perduta. Una visione antistorica che non ha fondamento . Tale scelta dipenderebbe dai nuovi cortigiani scelti dal Principe. Io, di sentimenti monarchici liberali e democratici anche per ragioni di famiglia, sono rimasto esterrefatto.  Giuseppe Vittorio Giacchino
Non saprei dirle qualcosa di documentato  su questi temi di cui non mi sono occupato e da cui mi tengo lontano . Il principe che rivendica il trono, ha fatto delle scelte che sembrano trovare consensi nel mondo legittimista italiano almeno sui social dove tutto viene estremizzato e semplificato. Vedremo cosa succederà in futuro.
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