“Studio per le Serve”, l’inizio della lunga strada dei Marcido

Da martedì 18, nel teatro Marcidofilm

Era il giugno del 1985, quarant’anni fa, tondi tondi. Tutt’altra aria a Torino, forse non teatrale, dico la stagione appena conclusa, in mezzo ai vecchi e consolidati – la vecchia triade – Pirandello Shakespeare Goldoni gli Stabili e le compagnie di giro si buttano a tentare sorprese e innovazioni, Testori propone “I Promessi Sposi alla prova” e Otomar Krejca guarda con occhi nuovi a Cecov, Brusati (quando ancora si scrivevano testi) mette in scena la sua “Donna sul letto” per Edmonda Aldini – oggi molti si chiederanno, come don Abbondio, “ma costoro, chi erano?” -, arriva Peter Handke con “Attraverso i villaggi” e il russo Yurij Ljubimov guarda al Dostoevskij di “Delitto e castigo”, sopraggiunge un altro sberleffo di Paolo Poli, “Magnificat”. Ma tutto rimaneva più o meno chiuso in certe regole ben precise e delimitate. Per restare da quelle parti manzoniane: il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare. Invece il coraggio arrivò, proprio in quello stesso giugno, in una mansarda di via Berthollet, tra quelle vie in cui oggi non ci piace più tanto passare, lassù, “per le antiche scale” avrebbe detto Mario Tobino, lassù dove i neonati Marcido Marcodorjs – una sorta di declinazione? – e Famosa Mimosa – una pianta rarissima? – mettevano in scena “Studio per le Serve, una danza di guerra” di Jean Genet poeta maledetto. E l’atto rivoluzionario era compiuto: “una performance che produsse un’eco non secondaria nel panorama della ricerca teatrale italiana – scrive oggi il Marco Isidori, anima del gruppo, ricordando quel tempo -, suscitando adesioni appassionate ed altrettanto appassionati dissensi.

Adesioni, come quella di Giuseppe Bartolucci che tre anni dopo avrebbe sottolineato “Bisogna rifarsi ai tempi gloriosi della soffitta di via Berthollet, per respirare, per cogliere il mito dei Marcido; quando salirne le scale era già un’iniziazione d’animo, un batter fitto del cuore, uno scoprire ed accogliere visi ed azioni di antica familiarità e di grande semplicità. E poi quell’improvviso squillo di battaglia, quel rovente duello con la lingua di Genet, in uno spazio ovattato e riflesso da tanto colore rosso da sembrare un palcoscenico pronto ad ospitare un assalto mortale”. Era nato qualcosa di nuovo, di inaspettato, un “rito svolto con pura passione, però esattissimo, esaltato fino al parossismo, però rigorosamente descritto”.

Quarant’anni, anniversario d’un evento e di una compagnia, e ritorna il successo delle “Serve”, oggi, primo esempio di un rigore costantemente inseguito, di un linguaggio “facilmente riconoscibile”, di una recitazione lucida e grottesca, dell’importanza e della ricerca continua del suono e della parola, portata suggerita urlata decifrata anatomizzata, di invenzioni scenografiche che, fattrice Daniela Dal Cin, hanno costruito la storia di testi e di palcoscenici: tutto questo mentre viene anche pubblicato per i caratteri della casa editrice Editoria&Spettacolo, con la prefazione di Raimondo Guarino, e presentato, “I Teatri della Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa II”, storia di una lunga avventura scenica. Ritorna il successo di Maria Luisa Abate, come Solange – affiancata da Paolo Oricco che è Claire -, espressione alta dell’odio verso la propria padrona, capaci entrambe di inscenarne ogni sera l’assassinio. Ritorna il testo di Genet (ispirato a un fatto di cronaca nera) che qui vede “la signora” sparire dalla scena per vivervi unicamente nei gesti, nelle parole e nelle viscerali imitazioni di Solange, innalzandosi con bella intuizione di Isidori al tema del doppio, una piena osmosi tra le due sorelle, la costruzione di un alter ego, nel lontano ricordo personale una Solange agghindata a Madonna e una corona fatta di mollette da bucato che le circonda la testa, un’unica lampadina a illuminarle il viso. Su tutto la voce, le voci, che si sprigionano acute e piane, feroci e melense, poetiche e acri. “Nella strenua condensazione dei suoi segnali, uno spettacolo dalla forza drammatica molto inusuale, sia per l’inflessibile determinazione coreografico/vocale che ne reggevo lo scheletro, sia per la prestazione superlativa e veramente fuori misura di Maria Luisa Abate”, riassume oggi l’Isi voltandosi a guardare ancora una volta alla sua creazione. Da martedì 18 novembre alle 20,45 (durata 45’, repliche sino a domenica 23, alle ore 16), spettacolo d’apertura della stagione 25/26, nel teatro Marcidofilm di corso Brescia 4.

Elio Rabbione

Nelle immagini, le “origini” delle “Serve”, con Maria Luisa Abate e Lauretta Dal Cin (credits Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa)

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