Quando la solidarietà trabocca sul marciapiede

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FRECCIATE

L’idea, sulla carta, è di quelle che scaldano il cuore: un contenitore in strada dove deporre abiti usati, destinati a nuova vita grazie a qualche associazione benefica. Un piccolo atto di civiltà, una carezza all’ambiente e al prossimo.

Poi, però, c’è la realtà. Passate da via Duchessa Jolanda, a Torino. Lì, quel contenitore appare come la versione laica di un confessionale che ha smesso di contenere peccati. Gli abiti straripano, come se il cassonetto fosse stato colpito da un’epidemia di bulimia tessile. E allora i cappotti cadono a terra, i maglioni si trascinano sul marciapiede, le camicie ondeggiano al vento come bandiere di resa.

Il risultato? L’iniziativa, che doveva essere un aiuto al prossimo, si trasforma in un regalo al degrado. E così, paradossalmente, quel cassonetto che avrebbe dovuto dire “noi ci prendiamo cura” finisce col gridare “noi ce ne freghiamo”.

Iago Antonelli

 

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