NUMERI TRIPLICATI IN TRE ANNI
Hikikomori è un termine giapponese utilizzato per indicare l’isolamento e il ritiro sociale.
Il fenomeno, conosciuto in Giappone dagli anni ‘70, esordisce a causa delle restrittive regole sociali volte alla perfezione e all’imposizione di ruoli e carriere ben definiti.
Secondo le analisi del CNR-IRPPS (Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali), i casi di Hikikomori in Italia sono triplicati nel giro di tre anni, complici la pandemia da Covid-19 e la transizione digitale.
I ragazzi coinvolti nel fenomeno manifestano un ritiro sociale evidente, spesso non frequentano nemmeno la scuola dell’obbligo e faticano a uscire dalla porta della loro stanza, sempre chini sui loro dispositivi digitali.
I sintomi più manifesti sono l’ansia e la depressione, in alcuni casi con rischio suicidario.
I ragazzi hikikomori manifestano disinteresse nella cura di se stessi e prediligono la consumazione dei pasti all’interno delle mura della loro stanza.
L’incontro con amici virtuali, che popolano la rete, consente loro di interagire con un mondo fittizio ma controllabile e di sopperire al bisogno di relazioni sociali reali, tipico della loro età.
All’origine di questo fenomeno possiamo trovare situazioni di fallimento scolastico e sociale, un basso livello di autostima, delle aspettative troppo elevate da parte degli adulti, un utilizzo eccessivo della tecnologia e la presenza di episodi di bullismo o cyberbullismo.
I genitori dei ragazzi hikikomori faticano a gestire il disturbo dei loro figli, molto spesso sono anche impreparati davanti al riconoscimento dei segnali di allarme e non sanno come intervenire.
La terapia, solitamente, prende in carico sia i ragazzi che le loro famiglie, offrendo un intervento che possa lavorare non solo sul paziente, ma anche sul contesto in cui vive.
Accanto all’intervento dei professionisti specializzati, risultano indispensabili anche le attività di sensibilizzazione sul fenomeno, coinvolgendo così famiglie, scuole e, in senso più ampio, la società.
Dott.ssa Irene Cane, psicologa
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