Lodevole retrospettiva, al “Collegio San Giuseppe” di Torino, dedicata all’artista di origini pugliesi “sospeso tra Sud e Nord”
Fino all’8 febbraio
La “Torino dell’arte” non è mai stata troppo generosa e attenta, come invece avrebbe dovuto essere, nei confronti dell’attività pittorica di Antonio Galano, artista pugliese originario di Foggia (1911 – 1970), trasferitosi sotto la Mole alla fine degli anni Quaranta, “con un vivace bagaglio di immagini e colori della sua terra”. A rimediare alle dimenticanze di una città che fra gli anni ’50 e ‘60 smaniava appresso tendenze di avanguardie e post-avanguardie sopraggiunte in forza da Paesi d’oltralpe e d’oltreoceano, è indubbiamente lodevole l’iniziativa del “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, a Torino (sempre più prestigioso spazio espositivo, oltreché riferimento didattico di alto livello per la Città) che a Galano ha inteso dedicare, fino giovedì 8 febbraio, un’interessante retrospettiva (la prima, dopo oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa), promossa dalle figlie Enza e Teresa, con la curatela di Giulia Caffaro. Significativo il titolo della rassegna, “Un pittore sospeso tra Sud e Nord”, che presenta 23 dipinti della “Collezione privata Galano”, articolati nelle tre sezioni “Scorci del Sud”, “Ritratti” e “Scorci del Nord”. In tutti è ben chiaro il valore di un pittore onesto, assolutamente credibile, votato alle regole di un “figurativo” appreso alla “Scuola di Belle Arti” (fondata a Napoli dal maestro – suo compaesano – Nicola Parisi) capace però di piacevolmente scivolare in irrequiete pagine d’impronta post-impressionista in quell’uso rapido e bizzarro del segno indefinito e di colori lasciati volentieri liberi di esprimere piacevoli e poetiche sensazioni legate ai soggetti affrontati. Quando Galano approda a Torino (in “valigia” le assolate visioni delle “piane” e dei “paesaggi” e della “gente” di Puglia, dono artistico a quel Nord che presto imparerà ad amare nelle sue “piazze” e nei suoi “portici” e nei suoi “mercati”, come nelle sue “colline”, nei suoi verdi “scorci boschivi” e nelle sue magiche “montagne”), troverà un, forse inaspettato, incontenibile fermento culturale, un milieu artistico legato alle figure di Felice Casorati, pittore, e di Luigi Carluccio, critico e gallerista a “La Bussola” insieme alla galleria “Notizie” di Luciano Pistoi, cui si deve la riscoperta del “Secondo Futurismo torinese” e dell’ “Informale” europeo e americano fino allo sbarco sotto la Mole – pigmalioni il gallerista Sperone e il critico Celant – del Gruppo dell’ “Arte Povera” celebrata dai vari Pistoletto, Merz, Gilardi, Paolini, Penone e altri. Tutto questo urlato “vociare” lo destabilizza non poco. Cerca di carpirne le “filosofie” e le “motivazioni”, ma con onestà non se la sente di svicolare dai suoi “principi” e capisce con tristezza che, “per i pittori ‘tradizionalisti’ come lui, è rimasto poco spazio nel ‘magma artistico’ della grande ripresa italiana”. Si prende, quindi, una piccola “pausa di riflessione”, ritirandosi a vita privata , “per poi tornare – sottolinea Giulia Caffaro – sulla scena artistica piemontese qualche anno più tardi, con una tecnica pittorica più raffinata, post-impressionista, lirica e narrativa. Nel suo studio paesaggi naturali e abitati hanno il pregio di una realtà viva, piacevole, senza enfasi né retorica. Si tratta di brevi e semplici racconti suggeriti dalla natura e dagli angoli dei centri urbani, macchie colme di colore e di calore, miscelate senza contorni netti”. Assolutamente piacevole quell’“Ombra e luci di Porta Palazzo”, olio su tela del ’68, dove il soggetto appare frammentato in mille rivoli di colore, fra antiche mura, palazzi, piccole quotidiane realtà osservate dall’alto dal cinquecentesco cupolone della “Chiesa di Santa Croce” posta a ridosso della “Galleria Umberto I”; colori che ancora mantengono il calore del Sud (“Dopo la messa”, 1959), pur appropriandosi di più umbratili tonalità proprie della terra d’adozione, come in “Melodia del bosco” (1967) o nel fontanesiano “Al calar del sole” del 1965. E poi i “Ritratti”, figure “che paiono scolpite nel tempo e nella fatica” o che esplodono nell’eccentricità del “Giovanotto” (1960), fino a sbizzarrirsi in un frenetico gioco espressionista nello “Sciuscià” (sempre del ’60). Al termine del percorso espositivo, a salutarci è un ritratto a lui dedicato nel ’61 da Salvatore Scognamiglio, fra gli amici del “Gruppo Nazionale degli Artisti Autonomi” (“G.N.A.A.”), costituito a Foggia e dal ’68 diventato realtà torinese: memoria di un uomo e di un pittore che ha fatto dell’onestà morale e artistica, “in un’epoca – per dirla con un signor critico, quale fu Vittorio Bottino – piena di bari e di traditori dell’arte”, il suo primo obiettivo di vita.
Gianni Milani
“Antonio Galano. Un pittore sospeso tra Sud e Nord”
Collegio “San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it
Fino a giovedì 8 febbraio
Orari: lun. – ven. 10,30/12,30 – 16,30-18,30; sab. 10/12
Nelle foto:
– “Ombre e luci a Porta Palazzo”, olio su tela, 1965
– “Dopo la messa”, olio su tela, 1959
– “Al calar del sole”, olio su tela, 1965
– “Giovanotto”, olio su tela, 1960
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