Mughini, il “rompicazzi” come categoria dello spirito

È il polemista italiano più attenzionato dai retequattristi in fascia preserale. Siamo tutti o quasi sintonizzati lì, a sentire i dati sull’audience.
Situazionismo, smorfie narcise e torture alla sedia. E’ Giampiero Mughini, opinionista di vecchia scuola. Analogico per anagrafe. Dotato di profonda cultura e vasta bibliofilia. Un passato in gioventù, nel radicalismo politico marxista di Lotta Continua, subito lasciato alle spalle, per manifesto odore di bruciato. Il suo ultimo libro:”I rompicazzi del Novecento, piccola guida eterodossa al pensiero pericoloso” ( Marsilio, collana gli specchi, 2022, 248 pagg., €. 19) è la rivelazione letteraria di un “altro” Mughini. Scrittore di vaglia.
Inizia la narrazione, trattando estesamente della Romania sotto il feroce regime fascista e antisemita di Corneliu Codreanu. Nei primi decenni del secolo scorso. Attraverso le storie di vita, di tre intellettuali di punta di quel periodo, Emil Cioran, Mircea Eliade e Eugène Jonesco, spiega la natura dell’oppositore, nelle pieghe più sottili del suo comportamento e della sua psicologia. Esistenze vagliate e analizzate ai raggi x. Prosegue su questa falsariga, a raccontare dell’Italia in guerra di Giovanni Ansaldo, Giaime Pintor e Giuseppe Prezzolini. Degli “estremisti moderati” li avrebbe definiti Mario Pannunzio. Vissuti tra la pratica prudente del dissenso e l’anelito insopprimibile alla libertà. Sempre, purtroppo, sotto lo sguardo vigile della dittatura mussoliniana. E non si poteva nascere altrove.
Il “rompicazzi” come categoria dello spirito, rifiuta il tutto che lo ingloba. Il tutto conforme. Una spallata a destra e una a sinistra. Rischiando il carcere e a volte perdendo la vita. La dove la linea di demarcazione tra l’ ‘onore’ e la ‘vergogna’ diviene sempre più sottile e indecifrabile. Il nostro poi, uscendo dalla storia politica, ci porta dentro l’anticonformismo rompicazzista ravvisato nel costume del dopoguerra. Attraverso le vite dello scrittore Giovanni Celati, della band inglese dei Rolling Stones e della regina degli scandali mondani capitolini Marina Ripa di Meana. E poi la sua vita da “rompicazzi orgoglioso di esserlo”, come si autodefinisce al calar del sipario testuale, Mughini Giampiero. Tra licenziamenti e congedi dai giornali di ogni colore, sempre in direzione ostinata e contraria. Sia che fossero “lib” oppure “lab”. Senza compromessi volti a sacrificare il suo libero pensiero critico. Pagando sempre di persona. Mai utilizzando il “come dire” tanto in voga oggi, nel parlato intercalare del linguaggio radio-televisivo. “Come dire” virgola e poi niente. Un unicum di cui hanno buttato via lo stampo. Irreplicabile, se non da se. Chi vuole se lo perda. In video, su carta. Lui non fa una grinza.

ALDO COLONNA

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