Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Monica McInerney “Le madrine” – Fazi Editore- euro 18,00
L’autrice è australiana, ma vive a Dublino con il marito irlandese, ed ha al suo attivo 12 best seller internazionali. Qui racconta con tocco profondo, ma lieve, il rapporto che lega una giovane donna alle sue madrine e alla madre, in un alternarsi tra passato e presente.
Protagonista è Eliza Miller, cresciuta dalla madre Jeannie, che proprio stabile non è, ma quella figlia l’ha voluta a tutti i costi, anche se senza un compagno al suo fianco e tra mille difficoltà.
Jeannie nella vita da ragazza madre si è arrabattata sempre come ha potuto, cambiando continuamente luoghi in cui vivere con la piccola Eliza che ad appena 8 anni ha già svoltato molte case in posti sempre diversi.
Jeannie ha promesso di svelarle il nome del padre al compimento dei 18 anni; peccato che alla soglia dei 40 anni venga trovata morta nella vasca da bagno, lasciando dietro di sé il dubbio tra suicidio o incidente dovuto all’abuso di alcol.
Fortuna vuole che Eliza sia cresciuta supportata anche dall’affetto delle migliori amiche della madre, che sono diventate le sue madrine, Olivia e Maxie. Negli anni le due vice-madri l’hanno ospitata, amata e protetta.
Ora, quando Eliza ha 30 anni, una vita amorosa inesistente e si dedica solo al lavoro, viene licenziata e sfrattata di casa. E’ il momento giusto per raggiungere le madrine in Scozia e fare una sorpresa a Maxie che sta per sposarsi. Il viaggio si trasforma nell’occasione per uscire dal guscio in cui si era protetta e andare alla scoperta non solo del passato della madre (che le madrine avevano custodito e protetto) ma anche a quello del padre.
Patrick Deville “Kampuchea” -Nottetempo- euro 17,00
Patrick Deville è uno scrittore e viaggiatore francese 65enne, direttore della Maison des Écrivains Étrangers et des Traducteurs; e tra i tanti premi ottenuti è stato anche insignito del Gran Premio di letterature dall’Académie Française.
In questo libro, tra romanzo e diario, rievoca orrori e pagine di storia dell’Indocina in epoca coloniale, ma non solo.
Un Sudest asiatico raccontato da Joseph Conrad, Somerset Maugham, dall’esploratore Henri Mouhot, che cercando farfalle si imbatté invece nei meravigliosi templi di Angkor Wat letteralmente avvolti e attraversati dalla giungla. E aggiungo io, uno dei siti più affascinanti al mondo che se avete l’occasione vi consiglio di visitare perché lasciano letteralmente senza fiato per la loro bellezza e la storia antica che racchiudono.
Deville ha intitolato questo suo romanzo-non romanzo del 2011 “Kampuchea”, cioè “Cambogia” in lingua Khmer, e attraversa la storia recente del paese, sconfinando anche in Laos e Vietnam, riavvolgendo i fili delle tappe che portarono i francesi ad appropriarsi dell’Indocina nell’Ottocento. Ripercorre anche il tracollo coloniale nel 1954, poi i conflitti ripetuti. Soprattutto il massacro, metodicamente organizzato e messo in pratica, di quasi due milioni di persone, ad opera dei Khmer rossi, che tra 1975-1979 distrussero un intero popolo e ogni influsso occidentale.
L’autore rimanda spesso agli avventurieri del passato; ne riassume gesta, scoperte ed errori, in una sorta di diario di viaggio documentatissimo, nel corso del quale ha raccolto anche preziose memorie e testimonianze di reduci, poliziotti, sopravvissuti.
Ricerche e reportage che documentano pure il processo a Kang Kei Iev, detto Duch,
uno dei 5 leader dei Khmer Rossi. Personaggio tra i più spietati e forieri di morte, direttore dell’S-21, il luogo di tortura e orrore all’ennesima potenza. Viene processato e nel 2010 condannato a 35 anni di prigionia per crimini contro l’umanità.
Proprio come fece Conrad prima di lui, Deville si avventura nel cuore di tenebra dell’Indocina che attraversa in lungo e in largo anche risalendo il fiume storico Mekong.
Sebastian Barry “Mille lune” -Einaudi- euro 19,00
E’ decisamente un West rivisitato in chiave moderna quello dello scrittore irlandese Sebastian Barry che racconta la storia di due soldati gay che adottano un’orfana lakota, e l’idea di questa trama in ambiente western ha un’origine particolare.
Infatti tutto è partito da una rivelazione che le fece il nonno prima di morire circa 50 anni fa; dunque una gestazione di quasi mezzo secolo nella mente dell’autore irlandese. L’antenato gli disse che il suo bis-zio aveva preso parte al genocidio degli indiani; e a Sebastian venne spontaneo interrogarsi su come un irlandese fosse finito dall’altra parte del mondo, nel lontano West e a contribuire al terribile genocidio dei nativi americani.
Per scrivere questo libro Barry ha compiuto un’approfondita e puntigliosa ricerca documentandosi su oltre 150 libri a tema western; solo allora ha collocato il suo racconto all’interno di una dolorosa pagina di storia.
Protagonista è la piccola indiana lakota Ojinjintka (nella sua lingua di origine significa “rosa”), ha avuto un’infanzia serena, cresciuta con amore dalla madre coraggiosissima e famosa tra la sua gente.
Poi sono arrivati i soldati e hanno sterminato tutti gli indiani del villaggio: «Per loro non eravamo niente……e mi domando cosa vuol dire quando un altro popolo decide che vali così poco che può solo ammazzarti».
Su questo si interroga la bimba, unica superstite del massacro in cui ha visto morire tutta la sua famiglia. E questa è la tranche del suo passato.
Poi si apre il suo futuro. Fondamentale è l’incontro con gli ex soldati Thomas McNulthy e John Cole che la adottano e amano, anche perché dice lei: «..ero la figlia di niente». Ed ecco la sua seconda vita con il nome di Winona.
Cresce protetta dall’amore di Thomas e John, al riparo dalle brutture che toccano agli indiani e alle persone di colore nel Tennessee nel 1870, dove la portano i suoi salvatori creando una famiglia arcobaleno.
Lavora con successo e soddisfazioni come contabile nello studio di un avvocato; mentre sul versante sentimentale viene corteggiata dal commesso Jas Jonski che vorrebbe sposarla. Winona tentenna indecisa e intanto va avanti con la sua vita, ma un’altra tragedia è all’orizzonte. Viene brutalmente aggredita e violentata; e man mano che la nebbia del trauma si dirada riesce a mettere a fuoco il volto del colpevole e ad agire di conseguenza.
Tracy Rees “Casa Silvermoor” -Neri Pozza- euro 19,00
Inghilterra, Yorkshire, estate 1897, contea di Grindley che vive grazie alla miniera di carbone diventata il destino dei suoi abitanti, e a volte perdono la vita nel profondo delle gallerie senza aria. Tommy Green è all’ultimo giorno di scuola: intelligente, brillante, lo studente migliore che emerge sulla classe di ignorantelli e sogna un futuro diverso, lontano dalla miniera. Oppure una parentela con il conte Sedgewick di Casa Silvermoor, sua lussuosissima magione; non per un sogno di agi e ricchezze, quanto piuttosto per la possibilità di viaggiare ed avere una vita lontana dall’estrazione del carbone.
Invece il suo sembra un destino ormai segnato come quello degli avi, tutti consumati dal lavoro in miniera. Anche lui allo scoccare dei 14 anni dovrà abbandonare gli amati studi per scavare carbone nelle viscere della terra.
Pure Josie Westgate è figlia di un minatore del paese di Arden, da sempre in rivalità con Grindley. I padroni della miniera di Arden, i conti Berridge, sono decisamente più avidi e spietati dei Sedgewick, e le condizioni di vita dei concittadini di Josie sono pessime. La sua stessa famiglia ne fa le spese. In più lei non ha vita facile tra le mura domestiche, vessata dai continui rimproveri della madre, che propende invece per i figli maschi.
Intorno al 1898-99 i due ragazzi si incontrano, Josie ha 13 anni e coglie subito la tristezza che ammanta Tracy. Il romanzo alterna le narrazioni in prima persona dei due ragazzi, e la Rees mantiene un ritmo costante, dimostrando una grande attenzione nel ricostruire contesti storici e culturali di quel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Notevoli le sue descrizioni dell’ambiente e del paesaggio, nonché della durissima vita dei minatori inglesi. E non manca una certa suspense abilmente orchestrata con lievi tocchi gotici.
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