_DSC3483, Ethiopia, 06/2016, ETHIOPIA-10525. Older man weaves on wooden machine. retouched by ekaterina savtsova 07/02/2016

“Steve McCurry. Texture” Al “Filatoio” di Caraglio, gli scatti del grande fotografo americano

Una mostra realizzata dalla cuneese “Fondazione Artea”

Da giovedì 29 settembre a domenica 29 gennaio 2023

Caraglio (Cuneo)

“Se sai aspettare , le persone si dimenticano della tua macchina fotografica e la loro anima esce allo scoperto”: le parole sono dell’americano di Filadelfia, Steve McCurry, da oltre cinquant’anni fra le voci più autorevoli della fotografia mondiale. Dalla street photography alla fotografia di guerra, a quella “urbana” e a tanta tanta ritrattistica. Chiamata a cogliere, in uno scatto improvviso o improvvisato, l’anima della gente. Ovunque nel mondo. Nei luoghi di guerra e nei Paesi di pace. L’anima. Gli occhi. Il volto. I gesti. E gli abiti. Eh, sì. Anche gli abiti. Siano essi intessuti di materia pregiata o di povera e misera fattura. Anche gli abiti, i tradizionali costumi celano e raccontano l’anima di un essere umano, l’anima di un popolo. Parte di qui l’idea della mostra “Steve McCurry. Texture”, promossa e realizzata dalla cuneese “Fondazione Artea” (curata da Biba Giacchetti con il contributo di Maddalena Terragni), ospitata da giovedì 29 settembre a domenica 29 gennaio 2023, negli spazi dell’antico Setificio – Museo di via Matteotti, a Caraglio (Cuneo). Trame di vita.

 

E “tessere” trame di vita è infatti il fine del progetto: le trame impresse nei 100 scatti fotografici provenienti da tutto il mondo a firma del celebre fotografo della “Magnum Photos”, con i tessuti e la storia del luogo, ex fabbrica di seta e oggi “fabbrica culturale”. Gli scatti più famosi e iconici di McCurry ci sono tutti. Compreso il ritratto, arcinoto nel mondo, di Sharbat Gula. Gli occhi verdi, il volto sorpreso, sospettoso (ignaro di cosa mai fosse quel marchingegno posto davanti a lei, fra le mani di uno sconosciuto occidentale) della “Ragazza afgana” ritratta in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan. Quel volto diventerà la “foto di copertina” nel giugno dell’’85 del “National Geographic” e sarà, nel tempo, ampiamente utilizzato sulle brochure di “Amnesty International”, oltre che su poster molteplici e calendari vari. Un volto, tanti volti, tante storie di un difficile e rischioso reportage in Afghanistan (travestito, McCurry, con abiti e folta barba da Mujahideen), proprio quando l’invasione russa chiudeva i confini a tutti i giornalisti occidentali, che gli varrà il “Magazine Photographer of the Year”, fra i tanti premi e riconoscimenti e mostre a lui (oggi 72enne) dedicate ovunque nel corso degli anni. L’esposizione organizzata oggi nell’antico “Filatoio” di Caraglio, dove la memoria del glorioso passato di “fabbrica della seta” è ancora viva dopo quasi 400 anni, vuole indagare “il rapporto intrinseco – scrive la curatrice Biba Giacchetti – tra l’essere umano e il modo di vestire, acconciarsi e apparire, attraverso un’ampia selezione di foto del celebre artista che hanno come ‘focus’ il tessuto, in un percorso espositivo che intreccia trama visiva e trama emotiva. Una narrazione che parte da una sezione dedicata alla manifattura e alla produzione che, in ogni paese, per tradizione e disponibilità, si avvale di mezzi e strumenti di realizzazione differenti ma allo stesso tempo è simile nell’approccio manuale e creativo, per proseguire con una galleria dei più celebri ritratti di McCurry, in cui le persone esprimono con fierezza il loro ‘essere’, tanto nei ricchi abiti tibetani quanto nelle più semplici condizioni dei rifugiati afgani come la tanto amata Sharbat Gula”.

Ad arricchire il percorso espositivo sono anche alcuni dei frammenti più significativi della “Collezione Antonio Ratti”: carte tecniche relative alla produzione tessile, antichi velluti e damaschi cinesi, pannelli ricamati della cultura “Kuba” del Congo, matrici di stampa a riserva giapponesi, velluti turchi, tessuti “ikat” dell’Asia centrale, coloratissimi indumenti provenienti dal centro America e una sezione significativa di sete settecentesche europee capaci di entrare in profondo dialogo con le fotografie di Steve McCurry. “Nasce così – conclude Maddalena Terragni, responsabile della ‘Collezione Tessile’ e della programmazione della ‘Fondazione Artea’ – un racconto capace di avvolgere nella sua forma estetica e di proiettare l’immaginario in uno spazio abitato dai riflessi propagati da forme artistiche che qui si fondono diventando complementari”.

Gianni Milani

“Steve McCurry. Texture”

“Filatoio” di Caraglio (Cuneo), via Matteotti 40; tel. 0171/618300 o www.fondazioneartea.org o www.filatoiocaraglio.it

Da giovedì 29 settembre a domenica 29 gennaio 2023

Orari: giov. e ven. 15/19; sab, dom. e festivi 10/19

Nelle foto:

–       “Omo Valley” Ethiopia, 2016

–       “Peshawar – Sharbat Gula” Pakistan, 1984

–       “Tagong” Tibet, 1999

–       “Rajasthan” India, 2005

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