A Chieri le pergamene di Federico II

Per vederli ci vogliono i guanti bianchi. Come avviene per tanti altri tesori abbandonati o nascosti nei depositi di musei, gallerie e biblioteche. Sono due fogli di pergamena, due piccoli documenti, intatti, risalenti alla prima metà del Duecento, che dimostrano l’interesse dell’imperatore Federico II di Svevia nei confronti di Chieri.

Non sono mai stati srotolati prima d’ora né sono stati esposti in mostre o convegni di studi. Da otto secoli sono conservati e protetti in una sorta di forziere. I documenti non si sono mai visti alla luce del giorno, sono un po’ polverosi ma intatti, perfettamente conservati e protetti. Si trovano nell’archivio storico della biblioteca comunale di Chieri. “Il Torinese” li ha fatti uscire allo scoperto per la prima volta e chissà, magari un giorno, verranno esposti in una grande mostra sulla presenza dello svevo nelle terre piemontesi. Cosa spinse Federico II, lo Stupor Mundi, ad avvicinarsi al territorio chierese? Amore sfrenato per la cittadina alle porte di Torino? Lui che conosceva bene il Piemonte, che aveva alleati in queste terre ribelli manteneva un’attenzione particolare per Chieri, quasi ossessiva. Si nascondeva forse una delle tante amanti del sovrano, reduce dall’avventura con la contessa astigiana Bianca Lancia, la sua ultima moglie? No, era solo volontà di dominio, di potenza, aveva bisogno che Chieri finisse sotto la sua autorità per controllare meglio il territorio alle porte di Torino.
L’imperatore infatti non si accontentò solo di governare il meridione d’Italia ma cercò anche di sottomettere una parte delle regioni del nord. Il Piemonte a quell’epoca era diviso e spezzettato tra signorie e feudi, marchesati e comuni, c’era il Marchesato di Saluzzo e il Marchesato di Monferrato, entrambi sotto la dinastia degli Aleramici, il Principato del Piemonte sotto i Savoia-Acaia e diversi comuni tra cui Asti e Chieri. E come se avesse confessato ai suoi consiglieri più fidati che Chieri, che contava allora poche migliaia di abitanti, gli serviva, gli apparteneva e quindi doveva sottostare alla sua autorità. Lo scopriamo leggendo due documenti di un’antica pergamena scritti con un’elegante calligrafia dal suo cancelliere personale, mai restaurati, mai esposti in pubblico. Manca solo il sigillo pendente, andato purtroppo perduto. “Federico II, per grazia di Dio, imperatore dei romani, re di Gerusalemme e di Sicilia” dichiara Chieri, nell’aprile 1238, sua “camera specialis”, unendo così strettamente alla sua persona la cittadina di Chieri, diventato comune nel 1168.
In un secondo documento, del 1245, l’imperatore la sottrae a tutti i vincoli stabiliti in precedenza con qualunque signore liberando la comunità chierese da patti e convenzioni stretti con località o con privati cittadini. Lo Stupor Mundi cercava amici e alleati anche in una terra ribelle che osteggiava la dinastia germanica degli Hohenstaufen. Cent’anni prima l’esercito di Federico I Barbarossa, nonno di Federico II, passò da queste parti, distrusse Chieri e devastò il chierese. Non è una novità che i depositi degli archivi storici conservino preziosi tesori. Un gioiello appartenuto allo stesso imperatore svevo, rimasto per decenni chiuso in una cassaforte, è ora in mostra all’Istituto italiano di cultura di New York. Si tratta del quarzo che adornava la fibula del mantello con cui Federico II venne deposto in un sarcofago nella Cattedrale di Palermo. La pietra non era mai stata esposta e ora è tra i tesori della rassegna dedicata alle donne che furono fondamentali per l’imperatore. Quattro donne di potere, legatissime a Federico II e tutte battezzate con il nome Costanza: la madre, Costanza d’Altavilla, la prima moglie Costanza d’Aragona, l’imperatrice Costanza, figlia di Federico II e Bianca Lancia e infine la regina Costanza, figlia di Manfredi, altro figlio di Federico II. Filippo Re
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