Cinquant’anni fa la legge sul divorzio

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni      Il 1° dicembre 1970, cinquant’anni fa, il Parlamento italiano votò la legge sul divorzio chiamata anche “Fortuna –  Baslini“ dal nome dei deputati che stesero il testo. Loris Fortuna era un socialista riformista, mentre Antonio Baslini era un liberale malagodiano. Fu cosa difficile introdurre in Italia una legge sullo scioglimento del matrimonio perché  i vari tentativi fatti negli anni successivi all’ Unità d’Italia  vennero bloccati sul nascere dalla forte opposizione della Chiesa cattolica e di forze cattoliche e conservatrici

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Il Governo Zanardelli ai primi del ‘900 fu promotore di un disegno di legge che venne battuto in Parlamento da 400 voti contrari. Giolitti di fatto bloccò ogni tentativo divorzista perché  la sua politica, volta a trovare l’appoggio dei cattolici, e il patto Gentiloni in particolare, impedirono di procedere su quella strada, malgrado lo statista di Dronero fosse laicissimo. L’ Italia aveva conosciuto il divorzio solo durante la dominazione napoleonica. Il fascismo, che firmò il Concordato con la Chiesa cattolica, mise il divorzio in soffitta. Solo con la ripresa della democrazia il deputato socialista  Luigi Sansone tentò di riaprire il discorso in Parlamento con una legge relativa al “piccolo divorzio“ che naufragò miseramente. Il deputato Loris Fortuna riprese le fila  di quella battaglia e dopo varie vicende  si giunse all’approvazione di cinquant’anni fa. Ad essere decisiva fu la battaglia ingaggiata fuori dal Parlamento dalla LID ( Lega Italiana per il Divorzio), dal partito radicale e soprattutto da Marco Pannella. Fu una battaglia fondata sul confronto civile di opinioni e sulla considerazione difficilmente contestabile che uno Stato laico non possa considerare il matrimonio un sacramento indissolubile, ma un contratto. Ernesto Rossi disse allora che non si poteva andare in Paradiso accompagnati dai Carabinieri, evidenziando che una scelta religiosa non può essere imposta da una legge dello Stato. Certo ad ingarbugliare la materia fu il matrimonio concordatario celebrato, con effetti civili, in chiesa. Lo stesso Papa Paolo VI si schierò contro la legge sul divorzio, vedendola come un “vulnus” al Concordato. Il partito comunista, per quanto impegnato in linea di principio per il divorzio, fu molto esitante perché anche lui interessato a stabilire un buon rapporto con i cattolici, come già  dimostrò il voto all’articolo 7 della Costituzione che inseriva in essa in Patti Lateranensi. Non fu facilissimo spiegare che non si trattava di una riforma “borghese, ma che già allora  riguardava mezzo milione di coppie “ irregolari “ conviventi. La legge Fortuna –  Baslini era una legge austera e severa che nulla aveva a che vedere con certi divorzi all’americana. Se al Senato passò per pochi voti con la mediazione del cattolico liberale Giovanni Leone e con il voto del senatore a vita Eugenio Montale, fu perché essa era una legge seria e meditata.
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Io giovanissimo partecipai a quella battaglia (come poi negli anni successivi a quella del referendum per impedirne l’abrogazione) insieme a Zanone  Magnani Noya, Segre  accusato come avvocato di volersi accaparrare futuri clienti), Pannella e il coraggioso magistrato Mario Berutti. Con Pannella e Zanone allora nacque un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Furono giorni entusiasmanti di volantinaggio e di comizi appassionati, anche se io scelsi fin da allora il confronto pacato delle posizioni laiche  con il mondo cattolico, una scelta che portò ad un grande risultato al referendum del 1974: la nascita dei cattolici del No con gli amici Passerin d’Entréves e Traniello. A Torino va anche ricordato, tra gli altri, Francesco Proietti Ricci che fu il segretario della LID e seppe operare con moderazione ed equilibrio nel rispetto delle convinzioni cattoliche , pur in un confronto dialettico appassionato. Proietti Ricci si diceva cattolico e affermava che non avrebbe mai fatto uso della legge sul divorzio che non era un obbligo ma una scelta di libertà. Vincemmo e andammo a festeggiare con una grande cena  con Mario Berutti che divenne anche lui mio grande amico. Il Presidente Saragat firmò subito la legge che però non ebbe immediata attuazione a causa della lentezza degli Organi giudiziari nel creare le apposite sezioni a cui rivolgersi per il divorzio. Era stabilito un termine minimo di 5 anni tra separazione e divorzio , poi ridotto a tre. Non sarebbe onesto se non riconoscessi che quella legge giusta e necessaria ebbe anche come conseguenza quella di matrimoni affrontati più alla leggera e culminati spesso nel divorzio. Era il tema che stava a cuore ai giuristi cattolici preoccupati degli effetti  sulla tenuta delle famiglie. Non ci furono però  gli sconvolgimenti intravisti e molti cattolici fecero ricorso al divorzio, persino chi lo aveva combattuto come il missino Giorgio Almirante e tanti altri.
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Poi negli anni Duemila si volle un divorzio all’americana, molto facile e immediato che addirittura si può ottenere attraverso gli uffici anagrafici . E’ stata una scelta che non ho condiviso perché era giusto un periodo di ripensamento e di tregua dopo un naufragio matrimoniale. Il matrimonio è una cosa seria. Chi non si sente di accedervi può convivere o scegliere l’unione civile che non riguarda solo i gay. Lo scioglimento del matrimonio così come è oggi finisce di provocare delle inevitabili conseguenze sulle famiglie. Lo scardinamento di ogni vita morale – anche laica – ha creato delle situazioni di sfaldamento sociale oltre che famigliare. Uomini rigorosi ed austeri come Croce e Salvemini che condussero laicamente vite esemplari, non sarebbero d’accordo con l’attuale legge perché  esistono diverse moralità laiche con delle regole precise, come ci ha insegnato Bobbio. Essere laici non significa essere libertini , come pensava Scalfari prima dell’incontro con Papa Francesco. Il mondo attuale, creato ed incoraggiato  da certi programmi TV a dir poco “disinvolti”, è devastato e a sua volta  devastante . Sicuramente non è laico, ma profano, anzi fa pensare in piccolo a Sodoma e Gomorra. Il <<s’ei piace, il lice >>, di cui scrisse l’animo tormentato del Tasso, non può trovare nelle feste più o meno eleganti  il suo volgare ed avvilente corrispettiv , che troppo spesso sfocia nel dramma e nella tragedia . Il clima di trasgressione attuale è cosa totalmente diversa dal modo di interpretare laicamente e seriamente la vita di chi cinquant’anni fa volle il divorzio. Basta rileggere il resto di quella legge per comprendere qual era lo spirito che mosse Fortuna e Baslini : fu in anteprima un lib – lab ,rafforzato da Pannella. Un qualcosa che sarebbe piaciuto anche a Mario Pannunzio.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com
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