Il termine “fake news” è entrato prepotentemente nella nostra cultura con lo sviluppo di internet e dei giornali online.
Fino a qualche anno fa, ogni notizia pubblicata da un giornale cartaceo o da un notiziario radio-televisivo portava con sé un‘aura di rispettabilità, affidabilità e, soprattutto, consentiva in caso di mancata verifica della notizia di investire l’ordine dei giornalisti per l’eventuale irrogazione di sanzioni a carico dell’iscritto.
Lo sviluppo di siti che non sono considerati “stampa periodica” e che, pertanto, non necessitano di un direttore responsabile ha portato al diffondersi di notizie spesso totalmente inventate, quando va bene adattate “ad usum delphini”, prive di fondamento e, quindi, pericolose.
Non mi riferisco soltanto alla stampa parlamentare, politica in generale, o riferita a scoperte che richiedano un approfondimento scientifico; penso, per esempio, a quando viene citato un politico che avrebbe detto X, quando viene comunicata la morte di un personaggio dello spettacolo che, invece, legge la notizia toccandosi i gioielli apotropaici, viene annunciata la presentazione di un disegno di legge che a nessuno dei 600 parlamentari (senatori a vita esclusi) è mai venuto in mente di presentare.
Come fare a difendersi da tali notizie e, soprattutto, a non farsi influenzare da notizie quasi sempre create per attirare utenti sui siti, per aumentare il ricavo pubblicitario o la permanenza di un sito in un livello elevato di affluenza?
Il primo consiglio, che parrebbe il più banale, è affidarsi soltanto a testate giornalistiche, radio- televisive di sicura affidabilità: Rai, Mediaset, La7, Corsera, Gruppo GEDI per citarne solo alcune. Poi valutare come la notizia venga presentata: se per comprendere la notizia occorre scorrere 5-6 pagine intervallate ognuna da una pubblicità è evidente che all’editore (se così lo possiamo chiamare) interessa più curare il marketing che la diffusione.
Se per capire il senso della notizia devi scorrere pagine su pagine, dove viene l’ansia perché non si evince se il soggetto sia morto o ancora vivo, possiamo tranquillamente lasciar morire di fame l’editore.
Con la rete di informazioni in cui ognuno di noi è immerso, in aggiunta, ogni e qualsiasi notizia ci giunga, potrà essere confermata o confutata senza difficoltà andando a cercare ulteriori informazioni sul motore di ricerca più famoso della rete; certo, se il signor X è appena morto forse non tutte le agenzie hanno già lanciato la notizia, ma di sicuro i primi a diffonderla non saranno “La gazzetta di Samantha” o “Le uniche news attendibili” o altri nomi che fanno rimpiangere il napalm.
La Rai ha dedicato numerosi spot, ormai oltre un anno fa, all’attenzione che va prestata nei confronti delle fake news; forse qualcosa è cambiato, ma se non cambia il nostro approccio al mondo delle notizie poco possono i media seri.
L’ignoranza in deciso aumento in tutta la popolazione, un QI che tende al ribasso, la scuola che non aiuta a sviluppare determinate competenze sono tutti fattori di rischio, esattamente come colesterolo, ipertensione e glicemia nei confronti della sindrome metabolica.
E le fake news sono come il cibo spazzatura che trova proseliti in quanti non si curano di alimentarsi in modo sano, ma continuano a mangiare come la moda dilagante impone.
Ovviamente, tra qualità e quantità c’è di mezzo l’onestà: essere una testata affidabile, una fonte di divulgazione delle notizie contro essere un mezzo di marketing travestito da media.
Il giornalista è un mediatore tra la fonte della notizia e chi la riceve: se devo inventare una notizia per attirare clienti, non sono un giornalista ma un illusionista, in più truffaldino.
Sergio Motta
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