La Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Torino ha vissuto stanotte un’altra drammatica esperienza che evidenzia lo stress operativo e il peso psicologico del lavoro dei Baschi Azzurri. Lo denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Alle ore 01:15 circa, un Agente addetto alla vigilanza della 10^ sezione del Padiglione C, durante il giro di controllo, ha notato un’anomalia nel blindo di una cella. Grazie alla sua prontezza e al suo istinto investigativo, pur trovando lo spioncino bloccato, è riuscito ad aprire parzialmente la cella, scorgendo immediatamente un detenuto, un uomo di quasi 50 anni con diverse detenzioni alle spalle, appeso alla finestra con un cappio di stoffa attorno al collo”, spiega Vicente Santilli, segretario SAPPE per il Piemonte. “È scattato un tempestivo quanto disperato intervento: l’Agente, coadiuvato dal personale di supporto immediatamente giunto sul posto, ha aperto la camera, staccato il cappio e avviato le prime manovre di soccorso in attesa del personale sanitario e del 118. Nonostante la celerità dell’intervento – con i soccorsi sanitari giunti in Istituto alle 02:00 – le operazioni di rianimazione sono state vane e intorno alle 02:30 non si è potuto fare altro che constatare il decesso. Rivolgiamo il nostro più sentito plauso e la vicinanza umana all’Agente e a tutto il personale che, in una manciata di minuti, ha svolto un lavoro eccezionale e disperato, dimostrando umanità, professionalità e freddezza. Purtroppo, nonostante la prontezza e il tentativo eroico, non è stato possibile salvare la vita del detenuto”. Per il SAPPE, “questo dramma riporta alla luce importanti interrogativi riguardo al sistema di assistenza psicologica e sanitaria negli Istituti. La Polizia Penitenziaria si trova a lavorare in condizioni di emergenza seria, dove spesso le carceri sono utilizzate come ospedali psichiatrici improvvisati. In mancanza di personale esperto, molte problematiche individuali vengono sottovalutate e la gestione di tali situazioni ricade sulla Polizia Penitenziaria, che deve essere pronta a svolgere ruoli diversi come quello del vigile del fuoco, della polizia giudiziaria, della pubblica sicurezza, ma anche di primo soccorso, medico, infermiere, psicologo e persino mediatore culturale. Non è responsabilità del Corpo sopperire alle persistenti e gravi carenze della Sanità Penitenziaria, né lo Stato può pensare che i Baschi Azzurri siano sempre in grado di compensare le lacune quotidiane del sistema penitenziario. È fondamentale attuare interventi rapidi e concreti per rafforzare il personale medico e psicologico specializzato, fornire strumenti e protocolli adeguati per prevenire gesti estremi, così come garantire un maggior supporto psicologico agli operatori, spesso chiamati ad affrontare eventi fortemente stressanti. Solo investendo nella prevenzione e nel benessere psicofisico dei detenuti sarà possibile alleggerire il carico, già pesantissimo, sulle spalle degli Agenti di Polizia Penitenziaria”, conclude Santilli. Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “le recenti notizie sui suicidi tra i detenuti mettono in luce come persistano gravi problemi sociali e umani all’interno dei penitenziari, lasciando spesso il personale di Polizia Penitenziaria isolato nella gestione di queste emergenze. Il suicidio rappresenta frequentemente la causa principale di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari sono tenuti a garantire la salute e la sicurezza dei detenuti e, da questo punto di vista, l’Italia dispone di normative avanzate per prevenire tali tragici eventi. Tuttavia, il suicidio di un detenuto è fonte di grande stress sia per gli altri detenuti che per gli agenti di Polizia Penitenziaria, che svolgono il loro lavoro ogni giorno con professionalità, impegno e umanità in condizioni difficili. Ecco perché risulta fondamentale adottare programmi di prevenzione del suicidio e organizzare servizi di intervento efficaci, misure necessarie non soltanto per i detenuti ma per tutto l’istituto coinvolto. In Italia la questione della prevenzione viene affrontata con attenzione, ma purtroppo continuano a verificarsi casi di detenuti che decidono di togliersi la vita durante la reclusione”. Pe Capece, “è importante sottolineare che soltanto grazie all’impegno dei poliziotti penitenziari – veri eroi silenziosi a cui va la riconoscenza del SAPPE – il numero delle tragedie in carcere resta limitato. È però evidente la necessità di intervenire tempestivamente per affrontare le criticità che permangono nel sistema penitenziario: il Governo ne è consapevole e si auspica a breve un incontro per definire strategie condivise d’intervento. Perché il suicidio rimane purtroppo una delle principali cause di morte nelle carceri e, sebbene l’Italia abbia leggi avanzate per prevenirlo, restano ancora casi di detenuti che si tolgono la vita in cella”.
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